L’Europe remet le Lyon-Turin sur les rails

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La coordinatrice européenne a confirmé mardi à Lyon, que les voies d’accès étaient éligibles au fonds de mobilité. Elle a même proposé de relever la participation communautaire à hauteur de 55 %.
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Le percement du tunnel de 57 kilomètres entre les deux pays est la pièce majeure du projet, mais la mise à niveau des voies d’accès est tout aussi importante, plaident ses partisans

Riccardo Dalle Luche/IP/SIPA

Par Lea Delpont

Publié le 04/06 à 18h22
Mis à jour le 04/06 à 18h40

Les feux passent au vert pour le Lyon-Turin. Alors que depuis des mois le projet ferroviaire transfrontalier s’enlisait côté italien , les élections européennes et municipales du 26 mai ont vu « les forces pro-TAV (le nom du projet en Italie, NDLR) remporter 85 % des suffrages dans le nord du pays », se réjouissait mardi le président de la Confindustria Piémont, l’équivalent du Medef, devant l’Assemblée Générale de la Transalpine à Lyon. Et c’est devant ce comité-lobby réunissant les plus fervents partisans de cette liaison qu’une responsable de la Commission européenne a fait deux annonces susceptibles de changer radicalement l’économie du chantier.

Alors que l’Europe devait financer le tunnel de base à hauteur de 40 %, une aide portée à 50 % l’an dernier , la coordinatrice du corridor européen Iveta Radicova a surenchéri à « plus 5 % » à la surprise générale. Le geste s’adresse surtout aux Italiens qui doivent débourser 3 milliards d’euros pour le percement du tunnel de 57 kilomètres à travers les Alpes, et la France seulement 2 – alors que 80 % du tracé se trouve en territoire français. Le motif de cette distorsion : rééquilibrer le financement des accès aux tunnels, beaucoup plus conséquents en France (200 kilomètres) que dans la Botte (60 km).

Le coup de pouce de Bruxelles

D’où le deuxième message – à la France cette fois – d’Iveta Radicova : les accès, qui sont « aussi importants que le tunnel » a-t-elle insisté, sont éligibles au Mécanisme d’Interconnexion Européen (MIE). Une révolution pour la suite des travaux dont le coût est estimé côté français à 8 milliards d’euros. Cette somme rédhibitoire a poussé les gouvernements successifs à l’immobilisme sur ce sujet.

L’émissaire de l’Union européenne est venue fluidifier le dossier avec un dégrippant sonnant et trébuchant. « Nous serions appauvris, affaiblis en arrêtant ce projet. On ne le fait pas pour relier deux pays mais pour connecter les citoyens des 26 Etats membres », a-t-elle rappelé en évacuant déjà le Royaume-Uni.

« Un coup de théâtre »

C’est à ce titre que l’UE est prête « non plus à financer la moitié du tunnel mais la moitié de la ligne de Lyon jusqu’à Turin. C’est un coup de théâtre », s’enthousiasme Stéphane Guggino, délégué général de la Transalpine. « A condition que les Etats le demandent, c’est oui, oui, et oui », a répété la coordinatrice.

Anticipant sur cette annonce, la ministre des Transports Elisabeth Borne a chargé il y a quelques semaines SNCF Réseau de produire des études de phasage de réalisation des accès. « Il faut abandonner le tout ou rien et procéder à un phasage pragmatique », réclame Jacques Gounon, président de la Transalpine et par ailleurs PDG du groupe GetLink (Eurotunnel). En matière d’accès, avec 4 milliards d’euros, on pourrait déjà faire beaucoup de choses ». En comptant sur 2 milliards de l’UE et 1 milliard promis par les collectivités d’Auvergne-Rhône-Alpes très favorables au projet, l’Etat n’aurait plus qu’à apporter 1 milliard pour rendre l’infrastructure viable, avancent les partisans du projet.

Du coup, le monde économique local repart à la charge avec une motion CGPME, Medef et CCI « en faveur de la réalisation complète et coordonnée de la liaison transalpine ». Et une lettre à la ministre attend d’être timbrée dans le tiroir du maire de Lyon, Gérard Collomb. En miroir des résultats électoraux italiens, les bons scores des écologistes en France, farouchement opposés au Lyon-Turin, n’entachaient pas l’enthousiasme retrouvé de la Transalpine.

Léa Delpont (Correspondante à Lyon)

La  coordinatrice europea ha confermato martedì 5 giugno a Lione che le vie di accessi al tunnel sono ammissibili al fondo per la mobilità. Ha persino proposto di aumentare il contributo comunitario al 55%.

Il tunnel di 57 chilometri tra i due paesi è la parte principale del progetto, ma il miglioramento delle vie di accesso è altrettanto importante, sostengono i suoi sostenitori.

Riccardo Dalle Luche/IP/SIPA – Di Lea Delpont Pubblicato il 04/06/2019

La luce passa al verde per la Torino-Lione. Mentre per mesi il progetto ferroviario transfrontaliero si è arenato dalla parte italiana, le elezioni europee e comunali del 26 maggio scorso hanno visto “forze pro-TAV (il nome del progetto in Italia, NDLR) vincere l’85% dei voti nel nord del paese”, il Presidente di Confindustria Piemonte, l’equivalente di Medef, si è rallegrato martedì scorso all’Assemblea Generale Transalpina di Lione. Ed è stato davanti a questo comitato di lobby, che ha riunito i sostenitori più accaniti di questa relazione ferroviaria  che un funzionario della Commissione Europea ha fatto due annunci che potrebbero cambiare radicalmente l’economia del cantiere.

Mentre l’Europa avrebbe dovuto finanziare il 40% della galleria di base, l’anno scorso gli aiuti sono aumentati al 50%, la coordinatrice europea del corridoio del Mediterraneo Iveta Radicova ha offerto fino al “più il 5%” con sorpresa di tutti. Il gesto è rivolto principalmente agli italiani, che devono pagare 3 miliardi di euro per il tunnel di 57 chilometri attraverso le Alpi, e solo 2 in Francia, mentre l’80% del percorso è in territorio francese. La ragione di questa distorsione: riequilibrare il finanziamento dell’accesso al tunnel, che è molto più significativo in Francia (200 km) che per l’Italia (60 km).

L’aiuto di Bruxelles

Da qui il secondo messaggio di Iveta Radicova – questa volta alla Francia -: gli accessi, che sono “importanti quanto il tunnel”, ha insistito, sono ammissibili al finanziamento del Meccanismo Europeo di Interconnessione (CEF). Una rivoluzione per il seguito dei lavori, il cui costo è stimato dalla parte francese a 8 miliardi di euro. Questa quantità proibitiva di denaro ha costretto i governi che si sono succeduti a rimanere fermi su questo argomento.

L’inviata dell’Unione europea è venuta a rendere la questione più fluida con le sue affermazioni. “Saremmo impoveriti, indeboliti dall’arresto di questo progetto. Non lo stiamo facendo per collegare due paesi, ma per collegare i cittadini dei 26 Stati membri”, ha ricordato, non considerando il Regno Unito.

“Un coup de théâtre”

Per questo motivo l’UE è pronta a “non solo a finanziare al 50% il tunnel, ma metà della linea Lione – Torino”. È una svolta teatrale”, si entusiasma Stéphane Guggino, delegato generale della Transalpina. “A condizione che gli Stati lo richiedano, è sì, sì, sì, e sì,” ripete la coordinatrice.

Alcune settimane fa, in previsione di questo annuncio, il ministro dei trasporti Elisabeth Borne aveva incaricato SNCF Rete di produrre studi per determinare i tempi della costruzione delle vie di accesso al tunnel. “È necessario abbandonare il tutto o il nulla e procedere con un fasaggio pragmatico “, afferma Jacques Gounon, presidente della Transalpine e anche CEO del gruppo GetLink (Eurotunnel). Circa gli accessi, con 4 miliardi di euro, potremmo già fare molte cose. Contando su 2 miliardi dell’UE e 1 miliardo promesso dalle autorità locali dell’Auvergne-Rhône-Alpes molto favorevoli al progetto, lo Stato francese dovrebbe contribuire con un solo miliardo per rendere l’infrastruttura redditizia, dicono i sostenitori del progetto.

Di conseguenza, il mondo economico locale torna ad essere responsabile con una mozione di CGPME, Medef e CCI “a favore della realizzazione completa e coordinata del collegamento transalpino”. E una lettera al Ministro è nel cassetto del sindaco di Lione Gérard Collomb in attesa di essere timbrata. All’opposto dei risultati elettorali italiani, i buoni punteggi degli ecologisti francesi, ferocemente contrari a Lione-Torino, non hanno espresso il rinnovato entusiasmo della Transalpina.

Léa Delpont (corrispondente a Lione)

L’inquinamento, i Tir e la sicurezza: nuove balle in difesa del Tav

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/06/05/linquinamento-i-tir-e-la-sicurezza-nuove-balle-in-difesa-del-tav/5232787/

L’Osservatorio di Palazzo Chigi, guidato dal fan dell’opera Paolo Foietta, torna a contestare l’analisi costi-benefici. Ma le sue accuse non reggono alla prova dei numeri
L’inquinamento, i Tir e la sicurezza: nuove balle in difesa del Tav

Se i cantieri del Tav Torino-Lione vivacchiano in attesa di una decisione politica sul destino dell’opera, prosegue invece a pieno ritmo la produzione di documenti da parte dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione guidato dall’architetto Paolo Foietta (anche se il suo mandato è scaduto a fine 2018). 

L’ultimo Quaderno appena pubblicato contesta il gruppo di lavoro che ha redatto l’analisi costi-benefici dell’opera per il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.

Le accuse sono: 1) “fideismo tecnologico, alla riduzione del carico ambientale provvederà l’evoluzione tecnologica del sistema stradale e dei mezzi di trasporto” 2) “grossolani errori di sottovalutazione di impatti e benefici ambientali” per cui sarebbe falso che “anche una significativa riduzione dei flussi di lunga percorrenza avrebbe un impatto marginale sui livelli di inquinamento destinati a ridursi ulteriormente grazie al rinnovo del parco veicolare”.

La tecnologia. Riguardo al primo capo di imputazione, sarebbe legittima l’accusa contraria. La stima dei costi ambientali e di quelli relativi alla sicurezza del trasporto nell’analisi costi-benefici è stata prodotta ignorando probabili innovazioni future: nessun veicolo elettrico, nessuna ipotesi di convogli di veicoli (semi)automatizzati. Solo una presa d’atto della radicale riduzione delle emissioni di inquinanti locali – un Tir Euro0 inquina come dieci EuroVI – e del declino dei tassi di mortalità sulla rete autostradale (-90 per cento dal 1970).

L’ARIA. Foietta considera una “tesi estrema” la seguente affermazione di chi scrive: “La qualità dell’aria, a Torino come in tutta Europa è in miglioramento da decenni. Tale tendenza proseguirà grazie alla progressiva sostituzione dei mezzi più inquinanti”. Gli autori dello studio per il ministero sono accusati di “costruire i presupposti per trasformare la Val Susa in una camera a gas”. Ma forse Foietta non ha mai sfogliato i Rapporti della Qualità dell’aria dell’Arpa Piemonte che mostrano come da trent’anni la concentrazione degli inquinanti sia in calo. Perfino nel Quaderno di Foietta si legge che “i dati Ispra 2018 confermano che anche in Italia si è registrata la diminuzione progressiva delle emissioni inquinanti negli ultimi anni, avvenuta nel settore dei trasporti grazie all’introduzione di catalizzatori, filtri per particolato e altre tecnologie”. A sostenere che tale evoluzione proseguirà in futuro è ancora l’Arpa Piemonte, nel Piano regionale della qualità dell’aria: “Al 2030 si prevede una consistente e diffusa riduzione delle concentrazioni di biossido di azoto, mentre, per quanto riguarda il particolato, si osserva una riduzione delle concentrazioni in particolare nell’Agglomerato di Torino e in altre aree urbane, legato alla prevista riduzione delle emissioni da traffico per le innovazioni tecnologiche e il miglioramento dei carburanti”. Spostare dalla strada alla ferrovia 3-4.000 Tir non modificherebbe in modo apprezzabile il quadro. Non è un caso che in nessuno dei documenti dell’Osservatorio si fornisca una stima di quanto migliorerebbe la qualità dell’aria a Torino e dintorni grazie al Tav.

La Co2 risparmiata. Nel Quaderno si scrive di un presunto “risultato estremamente positivo [con] benefici che valgono dal 2030 oltre un milione di tonnellate di CO2 risparmiate ogni anno”. La stima proposta si basa su un irrealistico risultato in termini di “spostamento modale” (passaggio dalla strada alla ferrovia). Una valutazione meno estrema, contenuta nell’analisi costi-benefici, porta a una quantificazione dimezzata. Ma prendiamo per buono il milione. È tanto o è poco? Nella Ue le emissioni del settore trasporti sono pari a 1,2 miliardi di tonnellate. Il Tav le ridurrebbe quindi di meno di un millesimo. La sostanziale irrilevanza degli investimenti ferroviari ai fini della riduzione delle emissioni è confermata dalla Svizzera, Paese che – si afferma nel Quaderno – dovremmo assumere come esempio, ma che ha emissioni nei trasporti superiori del 15% rispetto alle nostre.

LA SICUREZZA. L’Osservatorio scrive di “condividere nel merito e nel metodo quanto scritto e specificato” in un post su Facebook (sic!) secondo il quale il completo cambio modale, azzerando i flussi su strada da e per la Francia, porterebbe a una riduzione annua di 170 morti.

Sarebbe stato sufficiente consultare il Bollettino semestrale pubblicato dall’Aiscat, l’associazione dei concessionari autostradali, per scoprire che negli ultimi dieci anni i mezzi pesanti su tutte le autostrade a pedaggio in Italia hanno causato in media 82 vittime. Quelle davvero evitabili grazie alla nuova linea si contano sulle dita di una mano. Identico risultato potrebbe essere conseguito investendo non una decina di miliardi ma qualche decina di milioni in misure di controllo e di repressione.

In nessun Paese europeo il riequilibrio modale ha avuto un ruolo di qualche peso nella riduzione degli incidenti stradali conseguita negli ultimi 25 anni (da 77 mila a 25 mila vittime in Europa). Meglio evitare di sprecare le nostre scarse risorse in costose cure omeopatiche e concentrarci sulle terapie che hanno dato prova di essere efficaci. E senza costi per la finanza pubblica.

Tav Torino-Lione, la Ue conferma: pronti a finanziare fino al 55% dei costi

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-06-04/tav-torino-lione-ue-conferma-pronti-finanziare-fino-55percento-costi-164250.shtml?uuid=ACn1HIM

L’Unione europea è disponibile ad aumentare la sua partecipazione al finanziamento della linea ad alta velocità (Tav) tra Torino e Lione fino al 55% dei costi per la realizzazione del tunnel di base e l’intera tratta transfrontaliera. La conferma ufficiale è arrivata martedì 4 giugno da Iveta Radicova, coordinatrice del Corridoio mediterraneo europeo. Per il fronte italiano la notizia potrebbe essere a questo punto dirimente, dopo la “frenata” al progetto imposta soprattutto dalla componente M5S del governo a seguito della contestata analisi costi-benefici realizzata da un team di esperti coordinati dall’esperto e consulente Marco Ponti.

GUARDA IL VIDEO / Tav, Salvini: è opera fondamentale, con M5S si troverà accordo

Proprio nei giorni scorsi, il vicepremier Matteo Salvini, all’indomani del successo della Lega – da sempre favorevole al completamento della Tav – alle elezioni europee, era tornato sull’argomento affermando che «se l’Europa sarà disponibile ad aumentare la propria partecipazione l’alta velocità Torino-Lione si farà», riaprendo, di fatto, uno dei fronti caldi all’interno dell’alleanza di governo giallo-verde.