‘ALIGNÉE DERRIÈRE TRUMP : LA NOUVELLE EXTRÊME-DROITE NÉOCONSERVATRICE PRO-AMÉRICAINE’

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LUC MICHEL SUR LE ‘REPORTAGE’ DE ‘PRESS TV’(IRAN) CE 23 JUIN 2019

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Une analyse-choc : le véritable dessous des cartes et les non-dits de ce que les médias de l’OTAN dénomment confusément « la vague populiste » !

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* La présentation de PRESS TV:

“Il y a moins d’une semaine, le vice-Premier ministre italien a été reçu par le secrétaire d’État américain Mike Pompeo à Washington. Il a affiché sa « proximité » avec l’administration de Donald Trump. Matteo Salvini a évoqué de nombreux sujets internationaux et critiqué les fragilités de l’Union européenne. Il a attaqué le mauvais bilan, à ses yeux, de la cheffe de la diplomatie européenne, sa compatriote Federica Mogherini, à la veille de son propre déplacement à Washington. Comment peut-on analyser cette visite ?

Luc Michel, géopoliticien, revient sur ce sujet. Écoutons-le.”

* Voir sur le Website de PRESS TV :

UNE EUROPE DROITIÈRE ALIGNÉE DERRIÈRE TRUMP?

L’article

sur https://www.presstv.com/DetailFr/2019/06/23/599232/Une-Europe-droitiste-aligne-derrire-Trump-

+ la video sur https://www.youtube.com/watch?v=5x2PYTp-UDE

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Tav, spunta il progetto alternativo. Così Conte lavora al compromesso

http://www.affaritaliani.it/economia/tav-spunta-il-progetto-alternativo-cosi-conte-lavora-al-compromesso-612147.html

Tav, spunta il progetto alternativo. Così Conte lavora al compromesso 

Si avvicina la scadenza dei sei mesi che il governo si era dato per trovare una soluzione sulla Tav. Così Giuseppe Conte, che si è intestato la ricerca di una soluzione sullo spinoso dossier che vede Lega e M5S su due fronti opposti, starebbe definendo secondo quanto rivela il Fatto Quotidiano a un tracciato alternativo a cui a cui ha lavorato l’ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano e che nei prossimi giorni sarà sottoposto alla votazione di quel Consiglio comunale e poi di quelli degli altri paesi della Valsusa.

Un progetto che prevede una modifica sostanziale del tracciato che cancellerebbe il tanto contestato tunnel di base, e che “eviterebbe – spiega Durbiano – di scavare tre gallerie, andata, ritorno e di servizio, per complessivi 162 chilometri” e che incontrerebbe il favore della Lega. Quindi, invece dei 162 chilometri complessivi del tunnel di base, il progetto Durbiano che il governo Conte starebbe valutando “prevede un tunnel di soli 15 chilometri tra Oulx e Modane: si tratterebbe semplicemente di un’a ltra canna parallela alla galleria del Frejus”.

“Si arriverebbe a 23 milioni di tonnellate di merci l’anno su quella linea contro le 3 trasportate adesso”, insiste Durbiano. Bisognerebbe quindi ripartire completamente da zero? Non secondo Durbiano, perché “i lavori in questo modo, dovendo scavare così poco, terminerebbero qualche lustro prima rispetto a quanto necessario col progetto attuale”.

Retromarcia M5S: “Sulla Tav si può discutere”

http://www.ilgiornale.it/news/politica/retromarcia-m5s-sulla-tav-si-pu-discutere-1715417.html?fbclid=IwAR0snCIkfJ1n8QA6_2CZlhmHz-W7XQczgg80e9ECPAMU65DvrGN1iw2418k

“Sull’Alta velocità, stando al governo, ho capito che non tutto è bianco o nero”, ha dichiarato il viceministro all’Economia Laura Castelli

Il dossier sulla Tav è in mano al presidente del Consiglio che incontrerà le controparti europee e francesi.

Si tratta di un progetto vecchio di 20 anni che necessariamente va rivisto, ma al governo ho capito che non è tutto bianco o nero”. Lo ha affermato il viceministro all’Economia Laura Castelli.

Intervistata da Repubblica, la Castelli ha fatto capire che c’è stato un cambio di prospettiva M5S sull’alta velocità. Lei stessa, convinta attivista no Tav, adesso convinta non lo è più di tanto. Sembrerebbe infatti che l’idea dei pentastellati sia ora quella di ridiscutere il progetto e non di fermare tutti i lavori.

Una clamorosa retromarcia su uno dei più importanti punti di frattura del governo giallo-verde. L’alta velocità ha sempre visto M5S e Lega schierati da parte completamente opposte: Storicamente contrario” Luigi Di Maio con i suoi grillini, Una priorità” per Matteo Salvini e i leghisti.

Ci sono anche sindaci no Tav della Val Susa che stanno lavorando a un progetto di compromesso“, ha spiegato il viceministro grillino. Ora tutto sembra essere di nuovo sul tavolo del confronto

COSA HANNO IN COMUNE ZEFFIRELLI, BERLINGUER, MORSI? —— LESA MAESTA’——— E ER MEJO FICO DEL BIGONCIO (NON) RISPONDE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/06/cosa-hanno-in-comune-zeffirelli.html

MONDOCANE

DOMENICA 23 GIUGNO 2019

 Possiamo facilmente perdonare a un bambino di aver paura del buio. La vera tragedia nella vita è quando gli uomini hanno paura della luce”(Platone)

Er mejo Fico del bigoncio (non) risponde

Una premessa. A proposito della mia “lettera aperta a Roberto Fico, presidente della Camera dei deputati”, molti si sono chiesti se mai Fico avrebbe replicato. I più si sono dati una risposta negativa. Hanno avuto ragione. Lettere che richiedono risposte argomentate che confermino o ribattano considerazioni, dati e fatti espressi possono essere ignorate, o perché imbarazzanti, o perché non si hanno quegli argomenti, o perché non ci si abbassa al rango del troppo poco meritevole corrispondente. Scegliete voi tra queste possibilità. Comunque una risposta, seppure indiretta, a noi tutti è arrivata dal cosiddetto “rosso” e “sinistro” del MoVimento. Ed è una conferma, se non della buonafede, che non potevo non attribuirgli in assenza di una sua ricevuta di guiderdone da George Soros, di tutti i motivi per cui Fico è gradito al consorzio monopolarista destro-sinistro, che ne intravvede l’uso come piede di porco tra posizioni divergenti nei 5 Stelle.

La risposta indiretta a chi gli spiegava quali fossero i retroscena geopolitici e propagandistici dell’assalto all’Egitto tramite Regeni e quale fosse il retroterra, diciamo, di “intelligence”, del collaboratore italiano dello squadronista della morte John Negroponte, è venuta da quanto Fico ha replicato a Mohamed Saafan, ministro del Lavoro egiziano che aveva osato affermare che quello di Giulio Regeni era “un omicidio ordinario che avrebbe potuto accadere a chiunque in qualunque Stato”. Ha alzato il ciuffo, il presidente della Camera, e ha reagito da par suo: “Queste parole sono un’offesa all’intelligenza e alla dignità dell’intero popolo italiano” (RF ha imparato da Renzusconi a rivendicare il diritto di parlare a nome di 60 milioni di italiani). “Sappiamo benissimo (lui!) che la rete degli apparati di sicurezza egiziani lo ha inghiottito. Giulio Regeni è stato ucciso già una, due, tre, quatto volte”. Roberto Fico, non solo terza carica dello Stato (ohibò!), ma anche inquirente, accusa, giuria e giudice. Difesa? Non se ne parla.

Non basterà, perché quando a Berlino si riuniranno le Commissioni Esteri e Comunitari UE, la delegazione italiana capeggiata da Fico, non mancherà di dare risalto internazionale, sia alla sentenza da lui pronunciata alla faccia di ogni divisione costituzionale dei poteri, da noi e in Egitto, sia alla battaglia perché sradicamento e accoglienza di manovalanze gestite da Ong private diventino immediatamente principio fondante della così avverantesi globalizzazione. Perseverare diabolicum.

Premessa lunghetta, ma la dovevo ai miei ottimi interlocutori.  Passiamo a quanto adombrato nel titolo. E se il meme “lesa maestà” è tra quei termini che fanno calare l’ostracismo di Google e Facebook, di tutto questo non leggerete una cippa.

Come combattere la ‘ndrangheta? Ma in processione, no?

Del Rio a Cutro

Il nuovo millennio è fausto per la ‘ndrangheta a Reggio Emilia. La provincia vanta una delle più alte densità mafiose d’Italia. Che vota compatta. La sua capitale è però ancora in Calabria, a Cutro, dove regna il clan Grande Aracri. Nel 2009 è sindaco a RE Graziano Del Rio. Afferma che la città è gemellata con Cutro per cui è giusto avventurarsi fin laggiù a prenderlo di petto quel clan. Come, partecipando alla cerimonia, messa e corteo, del Santissimo Crocifisso, annualmente celebrata in onore dei Grande Aracri. E perché mai non dovrebbe farlo? L’evento è in onore dei defunti e ai defunti non si nega nulla, tanto meno i massimi onori. Anche se quelli di Cutro, a cui Del Rio ha intitolato la più grande strada di Reggio Emilia, sono più vii che mai.

Ecco, in Italia siamo abituati così. Una celebrità muore e, che abbia fatto miracoli per l’umanità o solo per se stesso e, magari, a danno del resto, non importa: va celebrato, ingigantito, gonfiato, magnificato, pianto più che la mamma. Muori e la tua reputazione è salva, per quante tu ne abbia combinate. Non seguire questo benevolo, generoso, costume ti fa sotterrare dall’indignata accusa di lesa maestà.

Lesa Maestà: Franco Zeffirelli, regista dei santini

Prendiamo Franco Zeffirelli al quale mi uniscono tre cose e nient’altro. Uno: siamo nati a Firenze e battezzati da Arno in Battistero; due: abbiamo vissuto sulle colline di Fiesole; tre: orgogliosamente e dolorosamente abbiamo tifato Fiorentina. Il “nient’altro” è tutto il resto di Zeffirelli, il maestro, il genio, quello che ha messo in scena opere epocali, girato film capolavoro. Santo subito. Visconti, che ne condivideva il barocchismo, ma col gusto selezionato da generazioni di lignaggio abituato al bello, che allo Zeffirelli faceva difetto, lo chiamava “arredatore”. E, per umana carità, non aggiungeva “di posticce chincaglierie”. Ma diciamolo, non è solo alla morte che uno che ha fatto regie di gigantesca fuffa, film di un kitsch inguardabile, deve tanta gloria postuma. Infatti, gli è stata tributata anche in vita. Segno che a volte la santificazione è merito non solo della scomparsa dalla scena, ma anche della degenerazione estetico-etica che contrassegna certi tempi all’americana. Eppoi, non serpeggia sotto tutto questo la speranziella che, se dico tanto bene degli altri, quando sarà il turno mio magari i posteri ricambieranno……

Lesa Maestà: Berlinguer

E’ ricorso l’anniversario della morte di Enrico Berlinguer, il 35esimo. Avete sentito, percorrendo per intero ogni arco, costituzionale, extracostituzionale o arcobaleno che fosse, un pur timido, vago, pudico, accenno di critica a colui che ha fatto dei lavoratori, degli onesti, degli umiliati e sfruttati il più grande Partito Comunista d’Occidente, per poi farli arrivare in mano, via via, agli Occhetto, D’Alema, Veltroni, Bersani, Renzi, Zingaretti, ? No, non l’avete sentito, si sarebbe subito elevato l’urlo di lesa maestà. E pour cause. Come non potrebbero celebrare, esaltare, quel politico dietro alla cui altissima morale oggi possono nascondere, anzi giustificare, i propri arretramenti-tradimenti-sparimenti? Essendo lui la causa e loro gli effetti?

Perché è per la causa della liberazione dei popoli e dell’emancipazione del proletariato che Berlinguer, preso in mano il testimone di Togliatti (mentre quello di Gramsci si perdeva nella polvere) ha proseguito quella” lunga marcia attraverso le istituzioni” che ci avrebbe portato, inesorabilmente, non al lugubre e sanguinario esito della rivoluzione, bensì a quello sorridente, benevolo, inclusivo della socialdemocrazia. Quella contraffatta, però. L’arma sinistra del capitale. Con l’altosonante compromesso storico si sono stroncati decenni di lotta partigiana e civile per un assetto sociale rovesciato rispetto a tutti i capitalismi, fascisti e non. Ci si é messi d’accordo tra cervi reali ridotti a pecore e rettili cobra rimasti tali. 


Lama cacciato e chi lo ha cacciato

E quando a questi ultimi sembrava venisse a mancare il fiato, glie lo abbiamo insufflato a forza di “austerità” e di “sacrifici” Erano gli anni ’70 e c’era chi, ancora una volta, come nel ’48 dell’800, nei ’20, nei ’40 del secolo successivo, per tutto il paese faceva riecheggiare il grido di ogni giustizia: “vogliamo tutto”. I padroni, alla vigilia di una nuova salto d’epoca, dall’industriale alla tecnologica, si trovavano in affanno di accumulazione. L’austerità  di quanti stavano sotto era quella che li avrebbe facilitati. Erano anche gli anni della delazione, della repressione a fianco dello Stato delle stragi e, coerentemente, con Pinochet, quelli del Berlinguer che ci trascina tutti verso l’ombrello sotto il quale si sentiva, lui, “più sicurola Nato”. Hai voglia poi ad andare ai cancelli della Fiat, a batterti per lo Statuto dei lavoratori. Atti di contrizione. Non ti avevano giocato, te l’eri giocata. Anzi, ci avevi giocati.

Anche se una mano, una sola, l’avevamo vinta a coronamento del migliore ‘68 e ancora mi ci ringalluzzisco: la meravigliosa cacciata del tuo emulo sindacale dall’Università. E c’è chi si meraviglia se oggi stiamo al Prodi, ai D’Alema, agli Orfini, ai Calenda, agli Zingaretti, alle Serracchiani, ai Marcuzzi, ai Lotti. E, dopo Lama i Cofferati, trovati sulle liste UE di Soros, le Camusso, i Landini,  in piazza assieme alla Confindustria e a quelle degli uteri in affitto. E poi c’è chi parla di dinastie a proposito della Corea del Nord. Era già stato tutto scritto. Da Palmiro, poi da Enrico. Con Gramsci in carcere.
  

Lesa Maestà. Una che farà particolarmente piacere a Fico.

Si chiamava Mohamed Morsi, ex.presidente d’Egitto tra il 2012 e il 2013, morto d’infarto durante un’udienza in tribunale, ma per Fico e tutti i media e politici che stanno compatti, unipolarmente, sotto l’ombrello caro a Berlinguer, “assassinato dal regime Al Sisi”. Come Giulio Regeni. Destino che in quel mattatoio incomberebbe anche sui 60mila detenuti nelle orrende carceri egiziane. Detenuti “politici”, è ovvio. Magari catturati nel Sinai, dove, come braccio armato Isis della Fratellanza Musulmana, con armi fornite da Qatar e Turchia, sotto il benevolo sguardo dei nostalgici Usa di Morsi, sgozzano infedeli, bruciano villaggi, scannano poliziotti, bazookano caserme. Oppure presi con le mani ancora impastate di tritolo dopo aver fatto saltare una dozzina di chiese copte. O, ancora, messi in prigione per aver assassinato alcune delle più alte cariche della magistratura. Insomma valorosi combattenti di una guerra civile alla libica o alla siriana, e dunque “prigionieri politici”. Lasciamo perdere, sono le cose di Amnesty International e Human Rights Watch.

Ma chi era Morsi? L’unico presidente eletto democraticamente in Egitto? Mica vero. Vedi Wikipedia. Eletto dal 17%degli aventi diritto, con per unico antagonista un detrito del vecchio regime di Mubaraq, dato che tutti gli altri avevano disertato le urne. E, appena un anno dopo, spazzato via da una rivolta di massa come non si era mai vista in quel paese e alla quale i suoi hanno reagito sparando sulla folla e ammazzando centinaia di persone. Altre centinaia di oppositori li aveva fatti uccidere nelle proteste di novembre-dicembre 2012.Dopodichè il popolo ha preferito votare in massa per i militari anziché per lui. Che aveva modificato la costituzione per darsi pieni poteri sulla magistratura, per imporre la sharìa, la legge islamica che subordina e controlla ogni particella della vita umana; che aveva vietato gli scioperi, che aveva perseguitato i copti, che aveva convinto Hamas a Gaza di mettersi d’accordo con Israele. Un dittatore se ce ne’è uno. Ma caro al “manifesto”.

Morsi e Hillary Clinton

Morsi non poteva non essere salutato con entusiasmo da Obama e Clinton, visto che aveva la nazionalità statunitense, avendo lavorato negli Usa per la Nasa e godendo addirittura di un nullaosta di intelligence del Pentagono, cioè era una spia abilitata. Diventa presidente dopo che la commissione elettorale era stata minacciata di morte da suoi sostenitori armati se non lo avesse proclamato vincitore a dispetto di fantastici brogli e interventi manipolatori. Da presidente ha esaltato le imprese dei confratelli a Luxor, dove il 17 novembre 1997 furono massacrati, accoltellati, mutilati, 64 visitatori stranieri di un sito archeologico. Fece governatore di Luxor uno dei responsabili di quella strage. Ha ridotto in brandelli l’economia egiziana, ha provato a vendere al Qatar il Canale di Suez (che poi al Sisi in un anno ha raddoppiato).

Chi gli ha dedicato il necrologio più agiografico è una  vecchia conoscenza britannica dei miei giri in Medioriente, fin dal 1967, Guerra dei Sei Giorni. L’ultima volta l’ho incontrato a Baghdad, mentre si divertiva a irridere al nostro gruppo di “scudi umani” contro l’allora imminente attacco Usa. Passa per essere filopalestinese e competente sulle questioni arabe. Scrive per l’Independent ed è sicuramente in eccellenti rapporti con l’MI6, servizio segreto del Regno Unito per l’estero. Di cui, novello Lawrence d’Arabia, prova a rappresentare l’ala che cinguetta con i Fratelli musulmani e spara a palle incatenate contro i “dittatori arabi”. Quelli disobbedienti. Di Morsi ha celebrato, con la lacrima sul ciglio, l’eloquenza straordinaria, l’altissimo senso dell’onore. E, guardate, Fisk è molto anziano, ma per niente rincoglionito. Da noi ci sono tanti piccoli Robert Fisk in sedicesimo, per i quali la questione se stanno bene o male di testa non si pone nemmeno. Non c’è mezzo d’informazione italiano che non ne abbia esibito uno. Girano come tante figurine nella giostra del tirassegno. Basta vederci bene e le tiri giù.

Il vero problema nostro è che quando c’è da far strada allo straniero, tedesco, americano, Total, Exxon, BP, Shell, che sia, da noi non ce n’è per nessuno.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:44

‘GOLFE PERSIQUE, CASUS BELLI AMÉRICAIN CONTRE L’IRAN ?’

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LUC MICHEL A DEBATTU AVEC ‘PRESS TV’(IRAN) CE 21 JUIN 2019 :

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* PRESS TV présente LE DÉBAT de ce 21 juin :

« La défense aérospatiale du Corps des gardiens de la Révolution islamique (CGRI) a abattu un drone-espion américain dans la province côtière du sud du pays, le Hormozgan. L’appareil a été intercepté et détruit aussitôt entré dans le ciel de cette province. Dans un communiqué publié jeudi matin, le CGRI a annoncé que le drone d’espionnage américain de classe Global Hawk avait été abattu par la défense aérospatiale du CGRI à proximité du mont Mobarak, situé dans le district de Jask, après avoir violé l’espace aérien iranien. Le commandant en chef du Corps des gardiens de la Révolution islamique (CGRI), le général Hossein Salami, a averti que la violation des frontières de la République islamique d’Iran était la « ligne rouge » à ne pas franchir. En allusion à la destruction d’un drone d’espionnage américain jeudi dans la province du Hormozgan dans le Sud iranien, le général Salami s’est exprimé en ces termes : « Les frontières iraniennes font partie de nos lignes rouges et tout ennemi qui les franchira sera anéanti. »

Quelques heures après l’interception et la destruction d’un « Golbal Hawk » US au-dessus de la province iranienne de Hormozgan, le commandement central américain (Centcom) a réagi dans un communiqué à la nouvelle. L’un des porte-parole du CENTCOM, Bill Urban, n’a pas hésité à confirmer la destruction du drone espion américain par l’Iran et il a avancé sa propre version : « Le drone abattu n’opérait pas dans l’espace aérien iranien. »

Richard Labévière, journaliste, et Luc Michel, géopoliticien, s’expriment sur le sujet.»

* Au sommaire du Débat, l’actu du jour aussi :

Trump dit avoir annulé des frappes contre l’Iran à la dernière minute, dit l’AFP !

« Donald Trump a affirmé vendredi avoir annulé à la dernière minute des frappes contre l’Iran pour éviter un bilan humain dramatique, tout en maintenant ses menaces de représailles contre Téhéran qui a abattu un drone américain. Surprenant de la part d’un président des Etats-Unis, l’ancien homme d’affaires a, dans une série de tweets matinaux, fait le récit détaillé de la soirée de jeudi, donnant un aperçu inédit – et très personnel – de sa prise de décision sur ce dossier aux lourds enjeux militaires et stratégiques. “Nous étions armés et prêts à riposter la nuit dernière contre trois sites différents quand j’ai demandé combien (de personnes) allaient mourir”, a-t-il écrit. “150 personnes, monsieur, a été la réponse d’un général. 10 minutes avant la frappe, je l’ai stoppée, c’était disproportionné par rapport à une attaque contre un drone”… »

* Voir sur le Website de PRESS TV :

Golfe Persique, casus belli américain contre l’Iran ?

L’article

sur https://www.presstv.com/DetailFr/2019/06/21/599051/Golfe-Persique–casus-belli-amricain-contre-lIran

et la video

sur https://www.youtube.com/watch?v=iLUultsqWrU

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IRAN: È GUERRA ALL’EURASIA ——- STRANAMORE, STRANAMMORATI, STRANAMORINI

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 20 GIUGNO 2019

 

Hannibal ante portas? Non è più procurato allarme.

Ne va della potenza egemonica, dell’eccezionalismo,  del “Destino manifesto”, della globalizzazione a direzione unica, del governo mondiale, della controffensiva colonialista fondata su migrazioni che svuotano di energie umane e professionali il Sud da predare. Il Golfo Persico è il pettine al quale questi nodi vengono. E quando gli scienziati nucleari mettono l’orologio dell’Apocalisse a due minuti da mezzanotte, più o meno dove stava nell’immediato post-Hiroshima e Nagasaki, c’è stavolta poco da parlare di procurato allarme.

Chi segue meticolosamente le uniche fonti di notizie e analisi affidabili, che ormai sono quasi solo in rete (finchè dura e Facebook chiude un occhio), legge e vede da almeno un paio di lustri l’annuncio dell’imminente terza e ultima guerra mondiale. Giulietto Chiesa, addirittura, annunciava l’imminenza del conflitto totale fin dai primi anni del nuovo millennio. Al punto che, ripetuta in conferenza su conferenza, intervista su intervista, la funesta certezza decadeva in giaculatoria a cui più nessuno dava peso. Una specie di al lupo al lupo che si inseriva inconsapevolmente in una strategia della paura, anzi del panico, che pian piano sfiancava e distraeva da ogni altro fronte di  lotta. Tipo il capitalismo. Un po’ come la questione climatica da GretaThunberg universalizzata in minaccia globale, peraltro priva di responsabilità identificate, che tutte le altre riassume (e annulla) in sé. Qualcuno ha parlato di nuovo oppio dei popoli, come quello, che mai si è cessato di fumare, della religione.

False Flag, la bandiera dell’Occidente

Tuttavia, a partire dalle micce posate nel Golfo Persico da chi conduce guerre e genocidi, e ne campa, da trecento anni a queste parti, il tema ha acquistato una pregnanza senza precedenti, anche perché si appoggia ad accadimenti analoghi che in molti casi alla guerra guerreggiata hanno portato. Parliamo di provocazioni, oggi dette “False Flag”, messe in atto onde vantare davanti all’opinione pubblica un buon, anzi un irrinunciabile, motivo per commettere qualche grossa efferatezza, altrimenti impossibile da giustificare. A molti verranno in mente le nostre stragi di Stato, da Piazza Fontana, attribuito ad anarchici, a Moro fatto far fuori alle BR, e agli attentati della “trattativa”, con manovalanza mafiosa e, a monte, Gladio, servizi nostri e atlantici, la cupola anti-Urss.

Storia scontata, storia fattaci dimenticare, circoscritta al ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e come fronte orientale del “mondo libero”, Di più vasta portata le False Flag all’origine delle guerre del nostro tempo: Lusitania, nave britannica fatta passare per carica d’armi e perciò affondata dai tedeschi, trappola che innesca l’ingresso degli Usa nella Prima Guerra Mondiale; Maine, nave Usa alla fonda a Cuba, incendiata dagli stessi Usa, che ne traggono il pretesto per sottrarre alla Spagna Cuba e le Filippine; Operazione Northwoods che prevede l’abbattimento sopra Cuba di un aereo Usa pieno di studenti per incolparne Castro e far partire una nuova invasione (bloccata da Kennedy, che la pagò); Golfo del Tonkino, falso assalto a nave Usa  attribuito ai nordvietnamiti, da cui stragi bombarole su tutto il Nordvietnam; neonati strappati dai soldati iracheni alle incubatrici del Kuwait, panzana inventata dal Pentagono che lancia la prima guerra del Golfo; i bombardamenti di Gheddafi sulla popolazione di Tripoli, il viagra somministrato ai propri soldati perché stuprassero con più vigore; gli ospedali bombardati con barili esplosivi ad Aleppo; le armi chimiche di Duma, gli aiuti alimentari in fiamme sul ponte tra Colombia e Venezuela; le armi di distruzione di massa di Saddam; l’11 settembre….. Tutte False Flag fatte sventolare anche dalle più celebrate Ong dei diritti umani, con gli effetti sui diritti umani che si sono visti.

Proviamo con le petroliere

E oggi alcune petroliere colpite nel Golfo, di cui una giapponese mentre il premier giapponese Shinzo Abe discute a Tehran come circumnavigare l’embargo; un’altra di un armatore norvegese disposto a violare le sanzioni Usa contro l’Iran. Prove zero, incluso un grottesco video che vede un motoscafo togliere qualcosa dalla fiancata di una nave. Ma ecco, subito stranamore, stranammorati Nato e stranamorini dei media dire che sono stati gli iraniani, “maggiore potenza terrorista del mondo”, “massima minaccia alla pace”. E’ come se Cheney desse del terrorista a Danilo Dolci. La spesa militare di questa “minaccia” è di 15 miliardi di dollari, il 25% di quanto l’Iran spendeva sotto lo Shah. I suoi armamenti risalgono a quell’epoca e a qualche aereo iracheno spostato a Tehran al tempo della guerra del Golfo. La spesa Usa, paese che si assume il compito di contenere la “minaccia”, arriva complessivamente a oltre mille miliardi. Politicamente compattata dalle spaventose sanzioni, ma economicamente e socialmente ridotta a brandelli, la società iraniana ha dovuto ridurre la produzione di petrolio dalla media di 4 milioni di barili al giorno, al tempo delle sanzioni di Obama, a 2 milioni, di cui meno di 600mila riescono ancora a essere esportati. Perlopiù in Cina.

E’ il petrolio, bellezza!

Ci sono buoni motivi perche lo strumento dell’élite all’1% utilizzi il suo strumento fine-del-mondo Usa a partire dall’oceano di petrolio in cui galleggia il Golfo. La riserve accertate di idrocarburi iraniani ammontano a 160 miliardi di barili, subito dopo l’Arabia Saudita (266 miliardi) e il Venezuela (300 miliardi), il boccone più grosso, per ora accantonato visto l’immane fiasco del golpe amerikano di Guaidò. Dunque gas e petrolio, i minerali in continua espansione estrattiva, produttiva e di consumo, da cui esalano i veleni che soffocano il pianeta fino a strozzarlo entro pochi anni, sono quelli di cui si agitano per ogni dove Greta e i gretini e che sono l’impulso alle guerre di cui Greta e gretini non sembrano avere la minima nozione.

Con la prima Guerra del Golfo gli Usa, con al guinzaglio la Nato, dilagano armati su ogni satrapia araba del Golfo dove 50 milioni di cittadini, perlopiù manovalanza immigrata, sono governati, sfruttati, schiavizzati, ottenebrati da alcune migliaia di prìncipi gozzoviglianti , indispensabili amici e guardiani degli interessi e delle armi occidentali. Contro la “minaccia” iraniana. Che è quella di aver disturbato acque e deserti correndo in soccorso alla Siria azzannata, sostenendo la difesa del Libano e dello Yemen, la famigerata “mezzaluna scita” che ai popoli del lato occidentale del Golfo, chissà perché, odora di libertà, dignità, speranza.

Con la seconda e le “primavere” e guerre seguenti (Iraq, Egitto, Libia, Siria, Yemen) puntano alla frantumazione di ogni residua struttura statale sorretta da volontà e coesione nazionale autodeterminata, per delegare il controllo della regione al consorzio di entità arabe e non, famigliari o coloniali, segregazioniste, feudali e schiaviste. Il piano fallisce in Egitto, ma, con il ricorso al terrorismo jihadista, funziona, anche se non del tutto, negli altri paesi, comunque ridotti a brandelli. Il consorzio ha per massimo comune denominatore farla finita con l’anomalia Iran, obiettivo condiviso fin dal 1953, colpo di Stato contro il premier nazionalista Mossadeq, dallo Stato profondo Usa, terminale politico-militare della Cupola mondialista, oggi incorporato nei Neocon di ascendenza talmudista.

Si tende ad attribuire un ruolo eccessivo in questa temperie di guerra imminente a personaggi come John Bolton, consigliere per la Sicurezza Nazionale, e Mike Pompeo, Segretario di Stato, a causa del trucido bullismo con il quale sembrano trascinare Trump agli esiti più drammatici. E’ vero, c’è differenza metodica tra l’Obama che prova a minare paesi come Cuba e l’Iran dal di dentro, promuovendo col sorriso e con accordi la destabilizzazione interna (rivoluzioni colorate affidate a settori bulimici di mercato), e la clava dei due cavernicoli ereditati dal Bush minore. Ma sono opzioni di fase all’interno di una strategia che, da quando nelle vene del capitalimperialismo scorre petrolio, non muta che nelle forme.

La minaccia Iran

Togliamo di mezzo le fanfaluche che ai nostri media, destrosinistri ed eterodeterminati, dettano le centrali propagandistiche della globalizzazione tramite guerre. Il riarmo atomico di un Iran che non aveva mai arricchito il suo uranio oltre quel 20% che serve a usi energetici e medici. Arricchimento, poi, ridotto al ridicolo 3%, insieme alla chiusura di centri di ricerca altamente specializzati, dall’accordo sul nucleare concluso tra Obama è un tragicamente arrendevole presidente Rouhani, succeduto al ben più fermo e consapevole Ahmadinejad. Nè l’agenzia addetta ai controlli, AIEA, aveva mai rilevato una violazione degli accordi a perdere da parte di Tehran.

Ma abbondano da decenni le buone ragioni per fare del Golfo Persico il più gigantesco barile di esplosivo del mondo, a forza di portaerei, flotte aeree e navali, migliaia di soldati, attentati a petroliere da parte di provocatori, probabilmente addestrati in Albania dal MEK  (la setta terroristica attiva su mandato israeliano e statunitense in Iran da decenni, oggi dislocata da Washington in Albania). Il più immediato e dichiarato è il bisogno di Israele, da sempre impegnata a diventare “La Grande”, di togliersi di torno i terminali iraniani presenti nei paesi confinanti e difensori della sopravvivenza di questi, oltreché insidia politica e sociale per l’assetto oscurantista e reazionario degli alleati del Golfo.

Ma la strategia è trasparente, se mettiamo in fila quanto i vecchi colonialisti, francesi, britannici perseguono dai tempi dell’occupazione del Canale di Suez, 1956, e quanto del vecchio imperialismo è stato assunto in proprio dagli Usa, dal sostegno a Israele, attraverso guerre, colpi di Stato, o destabilizzazioni terroristiche in Iran, Iraq, Libia, Siria, Afghanistan, Corno d’Africa, fino al Venezuela. Per mandare avanti il suo sviluppo nei termini stabiliti, potenziare il suo impero, ricattare nemici e amici, accumulare profitto, nello scopo non dichiarato e neppure forse considerato di distruggere il vivente arrostendolo, il grumo onnipotente che manovra lo Stato più bellicoso della Storia deve disporre di ogni possibile risorsa petrolifera e controllare ogni possibile rotta per la quale questa sostanza genocida viene trasportata. E qui, per come incombe geograficamente e politicamente su tutto il Medioriente e sta in mezzo alle direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest, di terra e di mare, l’Iran diventa imprescindibile.

Eurasia, il mondo al giro di boa?

Ma c’è una buona ragione forse ancora più urgente per quanto potrebbe venire scatenato nel Golfo. L’Iran sta proprio al centro dell’enigma euroasiatico, il “cuore del mondo”, come lo definì il competente Brzezinski, un cuore senza il battito del quale il capitalismo occidentale andrebbe alla deriva. Vi dice niente l’acronimo SCO? “Shanghai Cooperation Organization”. Nel cuore euroasiatico oggi c’è lo SCO, non la Nato, o l’FMI, o il WTO. Ne sono membri otto paesuccoli da poco come Russia, Cina, India e Pakistan, più i quattro “stan” dell’Asia centrale. Quasi tutti dotati di immense risorse, o energetiche, o altre. Ci sono poi quattro Stati osservatori, Afghanistan, Bielorussia, Mongola e Iran e sei partner del dialogo: Armenia, Azerebaijan, Cambogia, Nepal, Sri Lanka, Turchia. Entro il 2020 lo SCO crescerà a includere Iran e Turchia. Non tutti questi paesi hanno punti di vista omogenei, in particolare l’India si muove su piani geopolitici ambivalenti, con l’occhio anche a un’Alleanza Indo-Pacifico di marca Usa. Ma tutti sono gradevolmente coinvolti nel progetto cinese, ormai euroasiatico, della Road and Belt Initiative (RBI), la Via della Seta, con propaggini anche in Africa e, grazie a un nostro raro momento di intelligenza in politica estera, Europa.

Intorno al partneriato russo-cinese, coinvolgente la più vasta regione terrestre del globo e, tenendo conto degli altri SCO, il più numeroso agglomerato di popolazione, si vanno mobilitando interessi comuni per un futuro di sviluppo pacifico dalle enormi prospettive di scambio e progresso in chiave non tossica.  Anche tenendo conto che la Cina è già oggi il paese dal più diffuso e avanzato utilizzo di energie rinnovabili e che negli scambi tra questi paesi si vanno facendo strada valute alternative al dollaro, come il rublo e lo yuan. E abbiamo visto cosa è successo a Saddam e a Gheddafi quando hanno adombrato l’affossamento della moneta del dominio Usa, anche se solo a vantaggio del subalterno euro.

Rimane il ruolo assolutamente negativo della Cina, quanto quello degli Usa, nell’adozione e promozione urbi et orbi del 5G, la connessione di quinta generazione il cui inquinamento elettromagnetico è di una tale potenza e capillarità, con le sue antenne ogni 100 metri e i suoi letali 12mila satelliti nello spazio, da sostituire il cambiamento climatico al primo posto nelle minacce alla vita sul pianeta. Di questo s’è già detto in questo blog e se ne dirà.

Si vede, dunque, come gli Usa e, sopra di essi, la Cupola mondialista, abbiano di fronte qualcosa di inedito nella storia dell’imperialismo. Qualcosa che in potenza fa impallidire la competizione che l’asse Germania, Italia. Giappone costituì per lo schieramento anglosassone che, pure, impiegò sei anni a debellarla e ci riuscì soltanto grazie al contributo determinante dell’URSS.

Ogni punto nero è una base Usa, senza contare le 90 italiane

Tutto questo spiega ad abundantiam i movimenti frenetici che nel Golfo la Cupola fa fare all’apparato militare Usa e l’assedio con cui cerca di serrare l’Iran in una morsa mortale. Spiega anche il grottesco inserimento dei Guardiani della Rivoluzione iraniani nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. L’accusa di terrorismo, a partire da quello dell’11/9, è stato immancabilmente il preludio alla guerra. Non faccio il giuliettochiesa e non giuro che la guerra, quella guerra, ci sarà. Rimane una forte controindicazione: per quanto lo si possa bastonare, radendolo al suolo dall’aria, l’Iran può sempre bloccare il Golfo e quindi il 40% dei rifornimenti al mondo. Uno sconquasso planetario che a qualcuno potrebbe dare la sveglia.

Tutto questo non spiega, invece, perché Putin neghi a Iran e Siria, quest’ultima quotidianamente bombardata impunemente da Israele, l’invincibile difesa antiaerea S400. Che, però, concede a Turchia e Arabia Saudita. Misteri della geopolitica.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:52

LETTERA APERTA A ROBERTO FICO, PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/06/lettera-aperta-roberto-fico-presidente.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 17 GIUGNO 2019

 

“Se libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non desidera sentire”(George Orwell)

Caro  Presidente Roberto Fico,

Ti scrivo da elettore e sostenitore dei 5 Stelle, sperando nel grado di credibilità che mi potrebbero conferire sessant’anni di professione giornalistica, con oltre 150 processi per reati di stampa in regime democristo-pidino, e che Alessandro Di Battista ha avuto la generosità di accreditare inserendomi in un elenco di “giornalisti liberi”.

Molti, nell’attuale temperie di neolingue e di capovolgimento di molti termini lessicali, ti definiscono “il Cinque Stelle rosso”, quello di sinistra. Credo che, provenendo da fonti che di sinistra sanno quanto un Aglianico del Cilento sa di patata irlandese, o da altre che il rosso hanno iniziato, ere or sono, a confonderlo con l’arcobaleno a stelle e strisce, anche tu nutra qualche riserva sul cappello messoti in capo.

Tanto più che tue parole e tuoi fatti all’origine di quell’abbaglio nei tanti che campano la vita affetti da compulsione ossessiva di sbattere fuori dall’universo mondo il Movimento a cui appartieni, ma salvando te, di sinistro o rosso nel senso incontaminato, museale, del termine, a me pare non abbiano niente. A dispetto del pugno chiuso, oggi spesso simbolo dei golpe striscianti Usa (vedi Otpor).

Rottura tra Camera italiana e Camera egiziana

Paradosso? Forse che sì, forse che no. Vediamo. Il tuo gesto di maggiore risonanza, accanto alla cauta discrezione osservata dai tuoi amici e colleghi, è stata la rottura dei rapporti tra la Camera che presiedi e il parlamento egiziano. Non so se un tale gesto di portata geopolitica spettasse alle tue competenze. Forse, prevaricava opinioni difformi di qualche eletto. In ogni caso spostava da una Camera di eletti, la tua, su un’altra camera di eletti materia di esclusiva attinenza giudiziaria. Cosa c’entrano i deputati egiziani con il caso Regeni, se non in termini puramente pubblicitari e demagogici?  Poi, caro Roberto Fico, in base a quali certezze hai adottato un provvedimento di così drastica portata retorica? Avevi approfondito i termini della vicenda nei suoi aspetti personali, politici, giuridici, economici? O ti sei fatto trascinare dalla corrente? Da una corrente che si sa da dove viene e dove va a finire?

GIULIO REGENI

Avevi studiato  il percome e il perchè di Giulio Regeni? Che negli Usa si era formato presso specialisti dell’intelligence. Che a Londra, dal 2013, aveva lavorato, con rapporti periodici di intelligence, per una delle maggiori società angloamericane di spionaggio internazionale, industriale e non, la Oxford Analytica. Che i dirigenti di questa impresa sono personaggi dal passato opaco, a dir poco, come  il fondatore David Young, processato perché implicato nello scandalo Watergate che travolse Nixon; John Negroponte, ex-direttore della United States Intelligence Community, ambasciatore e inventore degli squadroni della morte in Centroamerica e Iraq; Colin McColl, ex-direttore del MI6, il Servizio segreto del Regno Unito per l’estero?  Che, collateralmente Regeni faceva il ricercatore all’università di Cambridge avendo come tutor Anne Alexandre e Maha Abdelrahman, entrambe docenti legate alla Fratellanza Musulmana (FM), nemica mortale del governo Al Sisi, ma in ottimi rapporti storici con il Regno Unito?

La Fratellanza Musulmana arriva al potere con il Presidente Mohamed Morsi (2012-2013) che con il 17% vince un’elezione-burletta, boicottata da tutti i partiti egiziani tranne la FM. Nel 2013, dopo aver forzato l’introduzione della sharìa in un paese da sempre largamente laico, proibito gli scioperi e perseguitato i copti cristiani, Morsi venne spazzato via da una rivolta che aveva visto partecipare 22 milioni di egiziani su quasi 99 e in cui si inserirono i militari, poi confermati al potere con un plebiscito, nella persona del generale Abdel Fattah Al Sisi. Forse gli egiziani si sono ricordati che la FM nasce negli anni 20 del secolo scorso, sotto ispirazione britannica, per contrastare l’emergente movimento nazionale, laico, socialisteggiante panarabo e che, da allora e fino all’Isis, è sempre stata la quinta colonna del colonialismo.

Nel giorno in cui Al Sisi incontrava la ministra italiana dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, il 3 febbraio 2016, per chiudere una serie di accordi commerciali e industriali per miliardi di euro, compresa la gestione di Zhor, il più grande giacimento di idrocarburi del Mediterraneo da parte dell’ENI, veniva ritrovato sul lato di una strada il cadavere martoriato di Giulio Regeni. La Guidi venne immediatamente richiamata a Roma e i negoziati si interruppero. Con grande soddisfazione dei concorrenti anglo-franco-americani dell’ENI che già erano riusciti a liquidare il primato italiano nei rapporti con la Libia.

Fin dai tempi del re Faruk, prima delle rivoluzioni nazionaliste e socialiste arabe in Egitto, Iraq, Siria, Libia, Algeria, Yemen, i servizi di sicurezza egiziani erano considerati i più efficienti della regione. E, a detta degli esperti, lo sono rimasti. E’ concepibile, Roberto Fico, che un intelligence di tale forza ed esperienza non faccia scomparire una sua vittima, ma la faccia ritrovare, con tanto di segni di tortura, nel giorno preciso in cui il governo della stessa vittima conclude un gigantesco affare con il Cairo? Tanto da mettere in crisi i rapporti, fino alla rottura diplomatica, eliminare dalla scena il partner privilegiato dell’Egitto, provocare quella che tutti noi conosciamo come l’ininterrotta campagna politica e mediatica contro il regime cairota, giudicato a priori e a prescindere responsabile più diretto che indiretto dell’uccisione, chissà perché, del giovane italiano?

Dirai che non è concepibile che in tre anni gli inquirenti egiziani abbiano sbagliato pista dopo pista e sostanzialmente ostacolato, anche nei rapporti con la magistratura italiana, l’emergere della verità. E sei partito lancia in resta contro il parlamento egiziano che, poco o nulla c’entra dal punto di vista istituzionale. Ne sono rimaste soddisfatte tutte le forze politiche e mediatiche, domestiche ed internazionali, che vedono di malocchio i rapporti tra un grande Stato europeo e il più importante Stato arabo-africano. Hai mai sospettato che l’operazione potesse celare qualche interesse non confessabile? Forse gli egiziani sanno benissimo chi ha ucciso, manomesso e fatto ritrovare Regeni. Forse denunciarlo apertamente metterebbe a repentaglio un delicatissimo equilibrio geopolitico e geo-economico in cui l’Egitto, ora anche amico della detestata Russia e protagonista anti-occidentale sulla scena libica, è costretto a muoversi. Ci hai pensato?

Ti sei guardato bene quel filmato di un’evidenza solare, ma che molti hanno interpretato in senso opposto a quanto risulta. Video in cui Regeni parla con il suo confidente, ritenuto un oppositore sindacale, ma in effetti informatore della polizia messo al controllo di uno straniero con riferimento centrale nella American University del Cairo, perenne covo di spie occidentali, con antecedenti come quelli sopra descritti e quindi decisamente sospetto. A Regeni Mohammed Abdallah aveva provocatoriamente chiesto un aiuto per curare la madre ammalata di cancro. La conversazione è lunga (vedi Google), ma il succo è che Regeni rifiuta e dice di essere stato incaricato di stanziare 10milla dollari, ma per un progetto – “portami un progetto” –, non per la malattia della mamma. E il “progetto” lo chiede a chi pensa essere un oppositore del governo. Come se qui arrivasse un ragazzotto americano con retroterra spionistico e chiedesse a un Landini qualsiasi di preparagli un progetto contro Di Maio. Legale?

Caro Roberto Fico, ci sarebbe molto da aggiungere, di elementi sia materiali che logici fondati su un presupposto solitamente eloquente, il “cui prodest?”. Ma puoi provvedere tu stesso. Gli elementi materiali a disposizione per i bene intenzionati sono numerosi. Penso che a uno attento alle sorti del paese e, più, a quelle della verità, contro ogni pre-giudizio, basti già quanto ho scritto per fare qualche riflessione. Tardiva, ahinoi. Del resto non ci vuole molto: questi sono ripetitivi come una novena.

Ricorda Regeni trovato mentre l’Italia concludeva al Cairo grossi accordi a spese di altri concorrenti; poi pensa al Golfo Persico e a quella successione di petroliere incendiate, compresa una giapponese, proprio mentre il premier giapponese stava concordando a Tehran, sotto attacco e sanzioni Usa, come dribblare l’embargo petrolifero di Trump. Non credo che condividerai l’astuta analisi di dotti esperti che attribuiscono ai governanti di Tehran, con un popolo in pessime acque a causa di sanzioni genocide, la sindrome tafazziana del cretino che, per fare dispetto a Xantippe, si recide le gonadi.

Chiesa copta fatta saltare dai FM

Mi obietterai che, comunque, quello di Al Sisi è un regime dispotico, che maltratta e incarcera gli oppositori. Da giornalista che frequenta quei posti da tanto e ne conosce storia, tradizioni, limiti e virtù, direi: lascialo dire a un egiziano. Il tuo giudizio è alimentato dai media occidentali, gli stessi che ci hanno trascinato a distruggere il più prospero paese del Medio Oriente perché “aveva e minacciava armi di distruzione di massa”. Ciò che non ti dicono è che, da quando i FM sono stati estromessi dal potere (e Al Sisi si fa sentire a Mosca e a Tripoli), il loro braccio armato, che tu sai inventato, finanziato, armato dagli Usa via alleati come Arabia Saudita, Turchia e Qatar, ha messo in piedi una campagna terroristica che non ha nulla da invidiare a quella con cui si è assaltata la Siria. Non passa giorno che non vengano trucidati poliziotti, soldati, magistrati, laici, o che vengano fatte saltare chiese copte con tutta la gente dentro.. Difficile, in queste condizioni, a non essere grilli parlanti, pretendere che si tenga in piedi un governo come lo vorrebbe Platone.

MIGRANTI

Un’altra cosa che non ti dicono i nostri media e, con particolare disponibilità all’occultamento il giornale di cui dici di essere fervente lettore, “il manifesto”. Il quotidiano tanto “comunista” quanto antipopolare e, conseguentemente, il più livoroso di tutti contro il M5S.La virulenza con qui questo giornale, che si finge comunista, si lancia contro ogni provvedimento dei 5 Stelle a sostegno dei deboli e sfruttati, non ha uguali neanche nella stampa ufficialmente dell’élite. E  mi chiedo se ne apprezzi anche l’appassionato sostegno a un’eroina di guerra (Serbia, Libia) e di colpi di Stato (Honduras) come Hillary Clinton e al suo corrottissimo entourage, oppure tutte, ma proprie tutte, le campagne, colorate o meno, che partono dai bassifondi di Washington e dai forzieri del patriarca di tutte le speculazioni, George Soros. Non ti dicono che del “fenomeno epocale, incontrollabile, inarrestabile, emigrazione”, oltre a una linea di arrivo – il gommone in mare, i campi di pomodoro – esiste anche una linea di partenza. Sotto controllo dello stesso circuito coloniale. Perché epocale, incontrollabile e inarrestabile è il colonialismo. La linea di arrivo è quello che riunisce il papa, le Chiese, gli imprenditori agricoli (possidenti, Grande Distribuzione), industriali, logistici, commerciali (Amazon, riders, altiforni, industria del turismo) e la smisurata armata dei buoni e solidali sotto il segno dell’accoglienza senza se e senza ma. Quella di partenza è gestita da agenti in loco dello stesso circuito, sempre Ong, spesso missionari.

Non so se il tuo capo politico, incline a troppe mediazioni a perdere, come dimostrano i recenti esiti elettorali, tenga ancora botta sulla definizione di “taxi del mare” applicata alle Ong dette non governative, private, ma con forti ed evidenti collegamenti a governi e centri finanziari (quelle con Soros, uomo di Belgrado, Maidan, crollo della Lira, sono documentati). O credi davvero che tutti questi precisi appuntamenti tra gommoni, immancabilmente in difficoltà a un tiro di schioppo dalla Libia, e navi Ong sono il risultato di fortuite coincidenze?  E, dato che la giaculatoria che i migranti “fuggono da guerre, dittature e fame” perlomeno in Africa ha perso un po’ di credibilità, ora tocca trovare un altro pretesto che impedisca assolutamente il blocco dei migranti e la loro riconsegna ai libici. Ed ecco che non c’è anima accogliente che non si stracci le vesti sugli orrori dei lager libici, stupri, torture, assassinii.

Altro che Auschwitz. Di cui non si vedono né i segni sulle vittime, se non di qualche rissa, né centinaia di corpi in cura e riabilitazione nelle cliniche. E neppure qualche immagine rubata da cellulari che pure ogni migrante ha. Solo grandi spazi tipo hangar con gente ammassata, indubbiamente non Sharm el Sheik. Ma neppure Auschwitz. Anche perché in tutti questi campi, dello pseudogoverno di Tripoli o delle milizie, ci stanno i rappresentanti dell’UNHCR o dell’OIM, le due agenzie Onu addette a favorire gli sradicamenti. Oggi si fanno passare per attuali foto viste 8 anni fa, quando i nostri amici di Misurata (oggi rafforzati da 500 soldati italiani) catturavano libici neri e li frustavano a morte.

Già, caro Roberto Fico, perché di sradicamentp si tratta. E qui siamo alla linea di partenza. Dalla quale se ne va, magari grazie a qualcuno che gli prospetta il Bengodi in Europa, chi ha subito il furto delle terre da parte della Monsanto, o ha visto la sua valle inondata per colpa della Diga di Impregilo, o la sua foresta abbattuta, o la sua terra devastata e la sua acqua inquinata dall’industria estrattiva, sempre per mano di multinazionali straniere; o la legione francese in tutto il Sahel e oltre occupare militarmente il suo paese, radere al suolo villaggi e comunità che non ci stanno, depredare l’economia a forza di furti di risorse e manomettendo ogni sovranità con la moneta coloniale FCA e le riserve auree nelle banche parigine;  ha visto disintegrare la sua pace  grazie alla semina del solito terrorismo di cui si conoscono da sempre i padrini, o il suo futuro azzerato dalla riduzione al sottosviluppo operato là dove il futuro si prospettava in termini diversi e contrari a quello pianificato dalla globalizzazione neoliberista in armi. E pensiamo a Iraq, Siria, Libia, Afghanistan, America Latina.

  1. Di Battista denuncia la moneta predatrice FCA

Hai visto, come noi che li abbiamo incontrati spiaggiati a Lampedusa o nei ghetti foggiani, che chi lascia il paese lascia la comunità, recide le sua radici, la sua storia, le sue creazioni ambientali e monumentali, la sua civiltà, il suo nome, il suo futuro. E non ne acquista altre: finisce nelle banlieu, nei ghetti urbani del Nord, si raccoglie intorno a disseccati residui di comunità espatriata. E’ esattamente ciò che vuole il colonialismo e ciò che facilitano i “buoni”. E’ calcolato che solo il 3% sfugge a un destino di schiavismo, sfruttamento abietto, emarginazione, alienazione. E diventa altro. Altro da se.

Gli immigrati, non superando l’8% della popolazione, risultano tra il 35 e il 50 % degli autori di reati contro la persona e la proprietà. La mafia nigeriana, che ormai controlla spaccio e prostituzione su mandato delle altre mafie, è il frutto dello sradicamento. Chi non mangia con la Caritas, chi non ce la fa a campare con due dollari all’ora, va lì. Ma non ne troverai mai menzione in qualche Angelus, o in qualche trafiletto del “manifesto”. Eppure anche queste sono vittime. Qualcuno si integra e viene esibito per ogni dove. Buon per lui. Ma cosa ha perso la secolare, millenaria, vicenda costruita dal suo popolo, in cambio di aver mandato le generazioni produttive e riproduttive tra noi, al dumping e alla destabilizzazione sociale. Una conflittualità indotta, dagli accoglitori al pari di Salvini, che distoglie gente come te, come tutti i Cinque stelle, come tutti i vivi,dal combattere i padroni di tutto questo.

Roberto Fico, ci danno del razzista, perché non seguiamo i Bergoglio, gli Zanotelli, i Ciotti, il manifesto, il buonismo degli ipocriti, nel semplicismo irresponsabile e disumano dell’accoglienza senza se e senza ma. La chiamavano tratta fin dal ‘600. E tratta rimane. Il capitalismo non cambia.  E’ l’accoglienza dei nuovi colonialisti. Ci danno del complottista  perché proviamo a guardare dietro le quinte dell’operazione migranti, alle vite prima del presunto naufragio, perché non ci siamo dimenticati, a dispetto di un’operazione di chirurgia genetica che punta al transumano, al passaggio dal già acquisito “uomo senza qualità” a quello senza identità. Replicanti tutti indistinti e uguali, ideali per l’élite della globalizzazione.

Anni fa,  quando altri si erano arresi e intruppati, contro tutto questo era nato un MoVimento. Oggi è in grave difficoltà sotto la controffensiva degli governanti di sempre, e per errori e cedimenti. Un modo per farla finita è quella di mettergli sopra un lestofante che sbraita, che urla, ma con più volume, le stesse cose su migranti o UE e quindi fa apparire timidi e rinunciatari voi. Oppure la butta in caciara xenofobica e razzista antislamista, screditando i motivi sacrosanti per non far partire più nessuno da casa sua con la promessa dello jus soli dell’esilio in cambio della vendita ai colonialisti di quello suo. Un altro è quello di dare del “rosso” a uno e del “giallo” all’altro. Serve solo a spaccarvi. Non ti ci prestare.

Alla Festa della Repubblica, il 2 giugno, hai voluto usare proprio quel palco e quella ricorrenza, tu che occasioni per esternare al popolo ne hai infinite, per sollecitarci a prenderci cura di migranti e rom e chissà di quali altri bisognosi qui capitati. I plausi che ti si sono rivolti hanno un sapore più fetido delle minacce rivolte dai decerebrati di Forza Nuova alla famiglia rom di Casal Bruciato. Sono venuti da chi sulla mala sorte di migranti e rom ha costruito una falsa reputazione e una società di falsi. Occhio, quando ti danno del “rosso”. Intendono il contrario.

E la prossima volta che decidi di rompere i rapporti tra la tua Camera e quella di un altro paese, prova con quella statunitense. Ventuno anni fa il Cermis. Lì qualcuno, ben più noto di chi ha ucciso Regeni, di nostri concittadini ne ha uccisi non uno, venti. Neanche per bloccare un accordo inviso. Per gioco. Per divertimento. Sono ventun’anni che quegli assassini girano liberi e indisturbati. Vogliamo rompere col Congresso o no? E quanto alle centinaia di italiani che sono stati mandati a morire da Usa, Nato e loro servi, con chi vogliamo rompere i rapporti, Roberto Fico?

Un saluto e un auspicio,

Fulvio Grimaldi

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 15:35

DIBOUTI – SRI LANKA – SYRIE : LA CHINE S’ENGAGE DANS UNE GEOPOLITIQUE DE PUISSANCE MILITAIRE

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Info Géopolitique/ Geopolitical Flash News/

2019 06 17/ #028-2018

FLASH.GEOPOL - 028 - Chine vs turkestan oriental (2019 06 17) FR 2

Jusqu’il y a peu, la Géopolitique chinoise était régionale et tournée vers la zone d’expansion traditionnelle de la Chine depuis 1000 ans

(1) : les Mers de Chine et du Japon, l’Indochine et l’Indonésie. Mais les choses changent rapidement. L’émergence de la puissance chinoise, la compétition avec l’Inde pour le contrôle de l’Océan indien (2), ainsi que les « Nouvelles routes de la Soie » de Xi Jinping, en particulier dans leur volet africain (3), ont conduit à une nouvelle Géopolitique chinoise de plus grande envergure.

Notamment au sein de l4organisation de Coopération de Shanghai (OCS) et en Afrique, on pouvait dire que la Russie garantiisait la sécurité militaire et la Chine la sécurité économique. Aujourd’hui, Pékin se tourne aussi vers le domaine militaire. Après l’ouverture d’une Base chinoise à Djibouti (4) et le projet d’une seconde au Sri Lanka, ‘SANA’ l’agence syrienne d’information, nous apprend que voilà Pékin qui est prête à s’engager militairement en Syrie aux côtés de Damas (et de Moscou) dans la bataille d’Idlib (5) en Syrie !

FLASH.GEOPOL - 028 - Chine vs turkestan oriental (2019 06 17) FR 5

« UNE PLUS GRANDE IMPLICATION CHINOISE EN SYRIE » (SANA)

Le ministre syrien des Affaires étrangères, Walid al-Mouallem, s’est rendu dimanche en Chine pour une visite de 6 jours (du 16 au 21 juin).

Le vice-ministre syrien des Affaires étrangères, Walid al-Mouallem, est arrivé en Chine ce dimanche à la tête d’une haute délégation.

Selon les rapports, « le haut diplomate syrien effectue cette visite à l’invitation de son homologue chinois, Wang Yi, le ministre chinois des Affaires étrangères. Al-Mouallem doit rencontrer de hauts responsables chinois et discuter des moyens de renforcer les relations bilatérales Damas-Pékin ».

« Les observateurs politiques voient, à travers cette importante visite, l’annonce d’une plus grande implication chinoise en Syrie, implication qui ne se réduira plus au seul aspect économique », commente l’Agence syrienne. La Chine « a investi dans de nombreux projets de reconstruction en Syrie » et s’est portée candidate pour soutenir le « corridor de la Résistance ».

CONTRE LES DJIHADISTES DU « TURKESTAN ORIENTAL » :

« UNE POSSIBLE PRESENCE MILITAIRE DE PEKIN A IDLIB » (SANA)

« Certaines sources n’écartent même pas une possible présence militaire de Pékin à Idlib, au regard du grand nombre de terroristes d’origine chinoise, qui se revendiquent du Parti al-Turkistani et qui se battent pour un État indépendant dans l’ouest de la Chine, trois fois plus grand que le Kurdistan irakien ». Avec le Front al-Nosra (al-Qaida en Syrie), le « parti du Turkistan », qui regroupe les djihadistes venus des minorités musulmanes de Chine, est un des principaux groupuscules terroristes soutenus par Ankara …

NOTES ET RENVOIS :

(1) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

* ESQUISSE DE LA GEOPOLITIQUE CHINOISE (I).

LA CHINE ET L’AVENIR DE L’EURASIE

sur http://www.lucmichel.net/2019/04/29/luc-michels-geopolitical-daily-les-emissions-qui-completent-lanalyse-esquisse-de-la-geopolitique-chinoise-i-la-chine-et-lavenir-de-leurasie/

* Et ESQUISSE DE LA GEOPOLITIQUE CHINOISE (II).

LES EVOLUTIONS DE LA VISION DU MONDE DE PEKIN

sur http://www.lucmichel.net/2019/04/29/luc-michels-geopolitical-daily-les-emissions-qui-completent-lanalyse-esquisse-de-la-geopolitique-chinoise-ii-les-evolutions-de-la-vision-du-monde-de-pekin/

(2) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GEOPOLITIQUE DE L’OCEAN INDIEN (II) : EN INDE MACRON POISSON-PILOTE DE LA POLITIQUE ANTI-CHINOISE DES USA DE TRUMP

sur http://www.lucmichel.net/2018/03/13/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-de-locean-indien-ii-en-inde-macron-poisson-pilote-de-la-politique-anti-chinoise-des-usa-de-trump/

(3) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ REGARD SUR LES ‘NOUVELLES ROUTES DE LA SOIE’ (II): LES ROUTES AFRICAINES.

sur http://www.lucmichel.net/2019/03/27/luc-michels-geopolitical-daily-regard-sur-les-nouvelles-routes-de-la-soie-ii-les-routes-africaines-de-laxe-eurasie-afrique-a-lunification-de-l/

(4) Voir sur sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL: OU VA LA CORNE DE L’AFRIQUE ?

TRIANGLE ETHIOPIE-ERYTHREE-DJIBOUTI ET DIAGONALE DJIBOUTI-DAKAR

sur https://vimeo.com/305246749

(5) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ FLASH VIDEO/ SYRIE – IDLIB LA MERE DE TOUTES LES BATAILLES ? (VERS L’AFFRONTEMENT FINAL A IDLIB II) sur http://www.syria-committees.org/luc-michels-geopolitical-daily-flash-video-syrie-idlib-la-mere-de-toutes-les-batailles-vers-laffrontement-final-a-idlib-ii/

(Source : Sana – eode Think Tank)

Cartes:

Diverses cartes du soi-disant “Turkestan oriental” (propagande djihadiste actuelle et pendant la guerre civile chinoise – remportée par Mao en 1949 -). Ou comment les islamistes et djihadistes turcophones, soutenus par Ankara et Erdogan, veulent démembrer la République chinoise !

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Infos géopolitiques en bref /

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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