Sotto i ponti

15 agosto 18 

di Marco Travaglio 

http://www.ilbenecomunenewsletter.it/le-news-in-tempo-reale/37-mediafriends/38730-sotto-i-ponti-editoriale-di-marco-travaglio-sul-fatto-quotidiano-del-15-agosto-2018.html

Quando un viadotto autostradale si sbriciola in un secondo seppellendo morti e feriti, tutte le parole sono inutili.

Ma quelle di chi incolpa la pioggia, il fulmine, il cedimento strutturale, la tragica fatalità imprevedibile, il destino più cinico e più baro della “costante manutenzione”, sono offensive.

Se l’ennesima catastrofe da cemento disarmato si potesse prevedere, lo accerteranno i tecnici e i giudici. Ma che si potesse prevenire già lo sappiamo, visto che il ponte Morandi aveva due gemelli italiani, di cui uno già a pezzi e l’altro in manutenzione: per tenere sotto osservazione il terzo non occorreva uno scienziato, bastava il proverbio “non c’è il 2 senza il 3”.

Se “il monitoraggio era costante”, allora faceva schifo.

Se non c’erano “avvisaglie”, è perché non erano state rilevate. Ora, come dopo ogni terremoto o alluvione di media entità e di enorme tragicità, rieccoci a far la conta dei morti e dei danni, mentre le “autorità” giocano allo scaricabarile. E i palazzinari e i macroeconomisti si fregano le mani per gli affari e gli effetti sul Pil della ricostruzione.

Se il “governo del cambiamento” vuole cambiare qualcosa, deve partire proprio di qui.

Cioè da zero. Con scelte di drastica discontinuità col passato: rivedere le concessioni ai privati che lucrano sui continui aumenti delle tariffe in cambio di manutenzioni finte o deficitarie; e annullare le grandi opere inutili, dal Tav Torino-Lione in giù, per dirottare le enormi risorse (anche ridiscutendone la destinazione con l’Ue) su piccole e medie opere di manutenzione, prevenzione e ammodernamento delle infrastrutture esistenti (finora ignorate perché la grandezza dei lavori e delle spese è direttamente proporzionale a quella delle mazzette).

Da quando i partiti che hanno sgovernato finora hanno perso le elezioni e il potere, non fanno che esortare i successori a non disperdere il grande patrimonio ereditato.

Invece proprio questo un “governo del cambiamento” deve fare: buttare a mare la pseudocultura dello “sviluppo” gigantista e della “crescita” faraonica; e invertire la scala dei valori e delle priorità.

Il crollo di ieri ci dice che un ponte pericolante, figlio di un sistema marcio e corrotto, fa più danni di tutti i terroristi islamici, i migranti clandestini, le epidemie di morbillo e le altre “emergenze” farlocche o gonfiate che occupano l’agenda industrial-politico-mediatica.

Se vuole cambiare seriamente, il governo si occupi di cose serie con politiche serie.

Confindustria, Confcommercio, Confquesta, Confquellaltra e i loro giornaloni si metteranno a strillare? Buon segno: è a furia di dar retta a lorsignori che siamo finiti tutti sotto quel ponte.

L’articolo completo sul Fatto Quotidiano oggi In Edicola.
https://www.ilfattoquotidiano.it/il-fatto-quotidiano-prima…/

Ultimi Articoli

Crollo del ponte Morandi, no fatalità ma precise responsabilità!

http://www.notav.info/post/crollo-del-ponte-morandi-no-fatalita-ma-precise-responsabilita/

post14 agosto 2018 at 17:14

Arrivano come un pugno nello stomaco le immagini del crollo del ponte Morandi a Genova, mentre i soccorritori scavano tra le macerie cercando le persone scomparse e si spera che la conta delle vittime non salga ulteriormente.
Una tragedia che colpisce ancora una volta il nostro paese, lasciando dietro di se morti e devastazione e tante domande che rimangono senza risposta.
Alcune cose però le sappiamo, una di queste è che le fatalità non esistono.
Le cose accadono perchè sussistono le condizioni affinchè si realizzino e ciò che è reale e determinante in questa tragica storia sono le priorità politiche che questo paese si è sempre dato e la messa in sicurezza dei territori non è mai stata una di queste.
Prioritario, e lo dimostra la tarantella sulle grandi opere che 5 stelle, leghisti e pd stanno facendo da quando questo governo è stato eletto, è l’equilibrismo politico, quello dei grandi interessi, il business delle grandi opere inutili figlie degli interessi dei soliti noti. Il denaro è ciò che muove il business delle grandi opere, non la sicurezza dei cittadini, un sistema che il governo “del cambiamento” aveva detto avrebbe disarticolato ma noi lo vediamo ancora vivo e vegeto, pronto a drenare altri soldi pubblici ed indirettamente sottrarre a tutti noi il denaro necessario per vivere senza rischiare di morire nei nostri territori.
Non c’è solo qualcosa che non funziona, non si tratta di fare tarantelle polemiche, è un sistema marcio che continua a vivere e rinnovarsi, nonostante le roboanti dichiarazioni dei volti politici della tv.
I politici nostrani tramite tweet e brevi dichiarazioni si accusano a vicenda, provando a tenere per ora bassi i toni nonostante la campagna elettorale perenne e convergendo su un generico “le responsabilità verranno accertate dalla magistratura”.
Abbiamo sperimentato in questo ultimo anno sulla nostra pelle cosa vuol dire svegliarsi in mezzo alle fiamme o avere la montagna che ti crolla sulla testa, pensiamo a quello che accade nel nostro paese ogni volta che piove un po’ più del dovuto, quando la terra trema, quando i treni deragliano. Tutti questi morti sono nostri, sono famiglie, gente comune, persone che vanno a lavorare, che portano i figli a scuola, che tirano avanti per come si può.
Per questo oggi pretendere che vengano bloccate le opere inutili e dannose non è una battaglia di parte, ma è punto di partenza se si vuole davvero dare le giuste priorità a questo paese. Con pochi centimetri di Tav quanti chilometri di strade e autostrade potrebbero essere messe in sicurezza? Questa domanda oggi pesa come un macigno e andrebbe posta a tutti coloro che occupano poltrone nelle istituzioni e che in questi minuti hanno il coraggio di mostrarsi in tv.
Siamo vicini a tutte le famiglie colpite da questa ennesima tragedia.
Anche per loro continueremo a lottare.

SULLA DIATRIBA LEVA SÌ LEVA NO—– CITTADINI AL SERVIZIO, MILITARE O CIVILE, DELLA COLLETTIVITA’, O MERCENARI AL SERVIZIO DEI SIGNORI DELLA GUERRA?

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/08/sulla-diatriba-leva-si-leva-no.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 14 AGOSTO 2018

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. (Costituzione, art.52)

A dispetto che me ne verranno alcune ragionate obiezioni e un mucchio di biecamente strumentali anatemi (reazionario, nazionalista, sovranista, populista, rossobruno e via nella scia del sinistro sinistrismo), sento l’urgenza di inserirmi con due parole nella diatriba scatenata da Salvini con la proposta di tornare al servizio di leva obbligatorio, militare o civile. Per otto mesi. Io ne feci 18 e se parto da me non è per il narcisismo di coloro che trattano il mondo come se fosse una giostra di calcio in culo dove tutto è mosso dal perno centrale e gli ruota intorno  e quel perno sarebbero loro. Avete presente Luciana Castellina, Furio Colombo, Roberto Saviano, Mattia Feltri, Eugenio Scalfari, per restare sul ramo della comunicazione?

Dal Parnaso alle stalle di Augia

Diciotto mesi sul finire degli anni 50, appena finita l’università, quando avevo ancora poca barba, tantissimo testosterone e lavoravo a Milano all’ufficio Stampa della Mondadori, frequentando e promovendo la creme de la creme (la tastiera non ha l’accento grave) della migliore intellettualità che l’Italia abbia avuto da allora: Montale, Quasimodo, Moretti, Vittorini, Calvino, Fenoglio, Palazzeschi, Bacchelli, Sereni, Arpino, Rea, Pratolini, Buzzati, Moravia… Li elenco e richiamo l’aria che in quelle temperie respirava un giovinastro appassionato di penna e lettura, per paragonarla a quella rancida e pervasa da sudori e disinfettante che girava per le camerate di una caserma. Si può immaginare il trauma. Superato  quello già non lieve della visita medica, tutti nudi con le mani incrociate sul bene prezioso e il maresciallo della Sanità che ti tastava le gonadi per vedere se eri affetto da qualcosa. I primi tempi di caserma erano da depressione. Ma non si finiva depressi. Proprio perché si era in tanti e la comunanza dava forza. Incazzati, magari, ma è diverso, è positivo. A me il militare ha fatto capire che ero parte di qualcosa.

Prima i fatti, poi la morale

La prima caserma era quella di Ascoli Piceno e la libera uscita, rigorosamente in divisa, ci vedeva a Piazza del Popolo, inguattati nei portici a occhieggiare ragazze i cui sguardi ci attraversavano come fossimo trasparenti. Il massimo dei massimi era la cena-baraonda nella bettola del vicolo che ci costava un terzo del soldo mensile. La seconda caserma, sempre da allievo ufficiale, era a Caserta, allora mica la scintillante città di oggi, più un borgo espanso e polveroso dove, per la libera uscita, c’era la reggia e una ragazza che ti faceva la prestazione su un lettone dietro a una tenda sorvegliata dall’anziana madre che faceva la maglia e dondolava una culla. Poi vennero, per il comando di un plotone e poi di una compagnia, Roma e quello che allora era il buco di culo del Nord Est e oggi una “ridente cittadina”: Sacile del Friuli, Brigata Corazzata Garibaldi. Infine, il ritorno da Mondadori: allora ai militari si conservava il posto.

Alla scuola allievi di Ascoli dopo i tre mesi, si poteva volontariare per un’arma: cavalleria, fanteria, alpini, commissariato, genio… Di solito, prese le tue misure, venivi accontentati. Ma per i bersaglieri c’erano da superare alcune prove, durette: percorso di guerra, salto mortale, arrampicate e soprattutto una mezza maratona. Arrivai terzo, stremato, strisciando. Il colonello selezionatore per questo decise di ammettermi, nonostante l’handicap inibitore degli occhiali: “Sei un bersagliere”, disse. Scelsi i bersaglieri perché mi piaceva correre e ne avevo letto le imprese nelle guerre d’indipendenza, soprattutto la breccia di Porta Pia e, con quella, la fine dello Stato della Chiesa e, si pensava, la fine del potere temporale del papa. Eppoi li circondava quell’aura da tardo ottocento della Scapigliatura, irriverente e antibigotta, e da primo novecento futurista, intriso di libertà di movimento, velocità, canzoni sbarazzine e ragazze. Tutto questo simboleggiato dalle piume di gallo cedrone (poi di cappone), “l’ala del bersagliere”, che doveva nella formula moderna, con la corsa, spazzare la via ai mezzi corazzati.

Lamarmora, come salvare la pelle

Del generale Lamarmora, il fondatore, non gradito ai Savoia, ma giudicato tra i migliori strateghi della storia militare, mi aveva colpito un cambiamento dell’arte della guerra. Con i suoi bersaglieri aveva posto fine all’avanzata compatta di schiere di soldati, agevolmente falcidiati in massa dal nemico, le “onde umane” usate da secoli con sommo disprezzo per le vite degli uomini. Aveva inventato il metodo di far muovere i bersaglieri sul campo di battaglia in unità di tre, sparpagliate, con sapiente uso dei ripari forniti dal terreno. Grande risparmio di vite. Conservo ancora il cappello piumato, ma di tutto questo non ho la minima nostalgia, anche perché è mescolato alla stupidità intrinseca della gerarchia, a certe violenze implicite in chi si approfittava dell’essere titolare di un rapporto dall’alto in basso, a fatiche immonde, a punizioni immeritate, a un sottile, sempre presente, senso carcerario, del sentirsi alla mercè di una volontà arbitraria. E quello che ai bersaglieri professionisti, insieme alle altre specialità, vien fatto fare da comandi obbedienti a decisori esterni al mio paese, non mi riguarda e mi ripugna.

C’era comunque il buono e il cattivo. C’era il colonello che ti perseguitava con le punizioni e la negazione dei permessi perché, con la tua confidenza data alla truppa da ufficiale giustificavi gravi ma inconsistenti sospetti di omosessualità; e c’era il capitano pittore che ti invitava nella sua stanza  a scoprire sul registratore Miles Davis, Brassens e Paul Anka. C’erano le esercitazioni a fuoco in cui qualcuno ci poteva rimettere l’incolumità di un braccio, o peggio, e c’era la soddisfazione per aver passato la prova grazie a un coraggio e una lucidità che pensavi di non avere.

E, per chiudere sul piano personale, di molto buono per me c’è stato che, arrivato in caserma da mangiapreti, sì, visto che venivo da un collegio di frati (per cui Porta Pia), ma anche da destro dichiarato e convinto, e ne uscii da convinto comunista. La prima condizione veniva da un passato infantile e adolescenziale tra Figli della lupa e camicie brune in Germania, la seconda dall’incontro con il carrista Marcello, universitario fiorentino (come me), figlio di ferroviere comunista, comunista saggio ed elastico anche lui. A forza di libere uscite sulla mia moto Zigolo, vane cacce comuni all’entità femminile, estenuanti discussioni e il fatto che lui, nonostante mie ostinate stupidaggini, non mi ha mai mandato a fare in culo, ho attraversato il rubicone.

La morale

Ritorno dalla Somalia

Quello che ho, abbiamo, hanno vissuto nei 18, poi 12, mesi di leva militare, mi fanno dire che Salvini, per una volta, ha ragione. E’ un forte sostegno alla sua ragione gli danno coloro che il servizio di leva lo abolirono: D’Alema, caporale Nato in Jugoslavia, nel 1999 ne ventilò la fine, Berlusconi nel 2004 la sancì. Bei tipetti, ottimamente motivati. Dalla Nato. Che tutto propone, pone e dispone nel nostro paese. Un processo avviato e poi imposto a tutti i paesi del giro che aveva iniziato a muoversi verso la fine della sovranità popolare, della democrazia, della pace. Quelli di Stay Behind, Gladio, che avevano mosso le pedine De Lorenzo, Borghese, Gelli e stragisti vari, per un “regime change” in salsa yankee, che allontanasse il PCI dal potere, si erano resi conto che con quattro guardie forestali, un manipolo di ufficiali di medio rango, qualche poliziotto e qualche Delle Chiaie, si andava per fichi. Che ci sarebbe voluto l’esercito, l’aeronautica, la marina, o almeno grossi pezzi di questi.

Ma con un esercito di leva, cioè di cittadini di tutti i colori, perlopiù portati alla pace e alla vita senza avventurismi di sapore fascista, ovviamente niente da fare. E neanche per mandare Giulio il bracciante, Oreste lo studente di architettura, Mario l’operaio Fiat, Riccardo l’infermiere, Palmiro il giornalista di Paese Sera a sparare e farsi sparare in Russia, Serbia, Iraq, Sud Tirolo. Ci sarebbero voluti i volontari, i professionisti, i mercenari. Quale mamma avrebbe potuto presentarsi all’ufficio di leva per strappare il figlio, autodeterminato a fare la guerra, dalle grinfie del maresciallo reclutatore?

Questa è la considerazione basilare per porre fine al turpe allevamento di carne da cannone e di combattenti, in casa e fuori, per il Nuovo Ordine Mondiale dell’élite dollarocratica, a difesa dei confini della patria tra Herat, Mogadiscio, Baghdad, Tripoli e dove cazzo la famiglia Rothschild e il suoi salottini Trilateral, Bilderberg decidono di avanzare verso quel nuovo ordine. Poi ce ne sono altre che con le guerre e armi c’entrano poco o punto. Pensate a otto mesi in cui ragazzi tra i 18 e i 25 anni possono tirare fuori lo smartphone solo la sera, in libera uscita. A questi giovanotti coccolati e rimpinzati dalla famiglia fino a 40 anni (mica per colpa loro, s’intende) senza mai dover subire l’affronto di un monte fisico o psicologico da superare, una difficoltà da contenere o raggirare, un sopruso da subire senza farsene abbattere. Senza mai aver dovuto affrontare un forte disagio ambientale, umano, morale, costretti a convivere anche all’ingiustizia senza poterla scaricare su altri, ma dovendola condividere.

Fare comunità

Ecco condividere. Fare comunità. Da iperindividualisti che si era e come vorrebbero che fossi: mors tua vita mea, competere non cooperare. Ritrovarsi in un destino comune, anche se solo temporaneo. Con gente che altrimenti avresti incontrato mai, con la quale mai avresti pensato di dover, poter, condividere alcunché. Il siciliano e quello della Valsugana, l’umbro e il leccese, quello che rientra dal laboratorio genetico di Londra e quello del Rione Sanità. Il musicista e l’impiegato di banca, lo studente e il figlio del contadino lucano, lo stronzo e il simpatico. E dove tutto quello che hai alle spalle non conta nulla, e tocca remare: siete nella stessa barca, branda, taverna, camera di punizione, guardia alla polveriera, mangiate lo stesso rancio, condividete frustrazioni, attese e resistenze. L’uguaglianza sociale sta lì e si rivela ottima cosa. Stai lì per la collettività.

Dice che oggi l’esercizio delle armi è a livelli tecnologici tali che in otto o 10 mesi non si combina nulla. A parte il fatto che non è vero e che le tecnologie militari e militariste sarebbe bene riconvertirle, anziché misurare l’angolo di impatto del missile sulla base del frattale che si aggira tra il tuo schermo e il satellite, o piuttosto che bardarti di macchinari con cui colpire quella che sembra una famiglia al matrimonio, ma è un’accolita di terroristi, sarebbe bene imparare come intervenire su un argine rotto dall’esondazione. Su un terremoto.

Esercito di popolo

Un esercito di popolo non sarebbe neanche quello che abbiamo conosciuto nei decenni del dopoguerra, sempre intriso di quell’impostazione gerarchica senza basi valoriali civiche e  consenso legittimante. Noi di Lotta Continua, con l’organizzazione “Proletari in divisa”, ci impegnammo a fondo negli anni ’70 per strappare alla politica e all’apparato militare sclerotizzato su concetti addirittura pre-napoleonici, il diritto a spazi democratici e di autodeterminazione dei soldati. L’idea, da riproporre oggi per un’eventuale nuova leva, militare o civile, è quella dell’intima connessione tra forze armate e società civile, territorio, istanze e bisogni popolari. Un esercito scuola di costruzione della democrazia a partire dai suoi cittadini organizzati in servizio di leva, dalla compartecipazione di militari, comandi e politica nelle decisione riguardanti attività di difesa e di intervento nelle problematiche nazionali, nell’assoluto rispetto dell’art.11 della Costituzione.  Per cui missioni all’estero, che non siano per aiutare a estrarre persone da sotto le macerie del terremoto in Iran o nelle Filippine, neanche a sognarle.

 

Garibaldi e Anita

https://www.youtube.com/watch?v=ZJFF0f8geaE

Io che, per i casi della vita, avevo colorature e marcature tedesche profonde, da militare ho scoperto gli italiani e mi sono scoperto uno di loro. A livello personale avevo fatto come Garibaldi, l’unità d’Italia. E non salti ora fuori il solito rampognoso a parlarmi delle nequizie dei garibaldini, del Mazzini e del Garibaldi massoni (altra massoneria quella), magari pagati dagli inglesi (e bene fecero), dei Savoia chiaviche colonialiste, dei briganti del Sud e degli ottimi Borbone. Tutto giusto, ma l’unità d’Italia andava fatta, storicamente, moralmente, politicamente, economicamente, culturalmente. Lo chiedeva la sua lingua. L’avevano chiesto Dante e Leopardi. L’hanno chiesta quelli della repubbliche insorte da Roma a Napoli a Milano, a Venezia. E chiedono di conservarla, mantenerla, coltivarne le radici, senza le quali non si hanno fioriture e passa il glifosato mondialista. Quello che non fa prigionieri.

Un tempo la battaglia per l’esercito di popolo e contro il mercenariato dei professionisti la combattevano quelli che la pensavano come il mio compagno carrista Marcello. Quelli che sono contro l’esercito di popolo sono anche quelli che inneggiano alla cessione della sovranità di popolo a Juncker e a Draghi. Diceva Calamandrei, oggi ricordato dal “Fatto Quotidiano”: “L’esercito di popolo, questo è Garibaldi”.  La cui rivoluzione non poteva essere un pranzo di gala. Poteva essere fatta meglio. Come ogni cosa. Ma guai se non ci fosse stata.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:42

ZITTO ! —- LIBERTÀ DI STAMPA, DI OPINIONE, DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO ASSASSINATA DAI SIGNORI DEI SOCIAL —– RISPONDO CON I MIEI DOCUMENTARI

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/08/documentari-per-saperne-di-piu-di-cosa.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 7 AGOSTO 2018

“Ti è stato impedito di pubblicare elementi in via temporanea

Questo blocco temporaneo avrà una durata di 24 ore, durante le quali non potrai pubblicare su Facebook.

Se pubblicherai di nuovo contenuti che non rispettano i nostri standard, il tuo account  verrà bloccato per 3 giorni. Se in seguito si verificheranno ulteriori violazioni, il tuo account verrà bloccato per un periodo ancora più lungo.

Tieni presente che gli account delle persone che pubblicano ripetutamente contenuti non consentiti su Facebook potrebbero essere disattivati in modo permanente”.

NIENTE PAURA, NON SUCCEDE NIENTE A CHI CONDIVIDE I MIEI POST INCRIMINATI

Cari amici, questo è il comunicato che ho trovato ieri, martedì 7 agosto 2018, quando ho tentato di postare su Facebook l’intervento che trovate qui sotto. E’ probabile che il provvedimento si riferisce al mio articolo “Razzista (d)a chi?” nel quale non c’è un insulto, una calunnia, un falso, ma vi si menzionano, nelle loro funzioni e attività, personaggi sacri come Boldrini e Bonino, nel contesto di una denuncia di come l’uragano delle accuse di “razzismo” rappresenti il vero “discorso dell’odio” e serva come strumento di criminalizzazione degli oppositori dell’establishment. Per questo FB mi banna e minaccia altri provvedimenti, magari anche per altri articoli “inappropriati per i nostri standard”, senza neanche fornirmi le motivazioni, al di là dell’affermazione che avrei violato questi loro “standard” del tutto misteriosi. Standard del Signor Zuckerberg che lo hanno portato davanti a diverse commissioni d’inchiesta e inflitto cospicue multe per il “disinvolto” trattamento di dati personali (vedi lo scandalo della cessione a Cambridge Analytica).  Nel frattempo negli Usa una delle voci più autorevoli  e seguite di critica al governo Usa e alle sue guerre, Alex Jones del sito “Infowars”, è stato bannato da Youtube. L’ondata repressiva contro chi, nei social, osa contraddire e criticare l’immane flusso di fake news dei media di sistema, ha raggiunto questi livelli. Io denuncerò quanto inflittomi all’Ordine dei giornalisti e alla Federazione della Stampa, ma occorre una risposta collettiva.

In caso di ulteriore mia arbitraria esclusione da Facebook, ricordatevi che potete trovare i miei articoli sul sito www.fulviogrimaldicontroblog.info

Nel frattempo vi ripropongo alcuni dei miei lavori di documentazione filmografica su temi di bruciante attualità. La diffusione di questi documentari vuole essere una risposta all’ondata censoria e di solidarietà con chi subisce queste offese alla libertà di stampa, oltre a far circolare verità che l’élite considera sempre più intollerabile. Possono essere richiesti a fulvio.grimaldi@gmail.com


https://www.youtube.com/watch?v=EWwWPCGw6cI&t=314s (Trailer “O la Troika o la vita”)

https://www.youtube.com/watch?v=EWwWPCGw6cI (Trailer “Fronte Italia-Partigiani del 2000”)

https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&t=9s  (Trailer “Target Iran”)

https://www.youtube.com/watch?v=tFBAq6ulfOA&t=112s  (Trailer “L’Italia al tempo della peste – Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi Crimini)

Recenti avvenimenti di grande portata, come l’ennesima strage di migranti dei campi pugliesi, il vero e proprio scontro sulle Grandi Opere (TAP e TAV) che minaccia di lacerare la coesione del governo detto gialloverde, la crescente minaccia israelo-statunitense di aggressione all’Iran dopo la sconfitta subita in Siria, hanno dato nuova attualità ad alcuni miei lavori che documentano nel dettaglio  origini, cause, responsabilità, effetti proprio di questi avvenimenti e sviluppi e del loro retroterra geopolitico.

Ripropongo dunque questi miei documentari di quattro dei quali potete vedere i trailer su youtube. Altri sono elencati nella colonna di destra del mio sito www.fulviogrimaldicontroblog.info. Per i dettagli su ordini e spedizioni dei Dvd, scrivere a fulvio.grimaldi@gmail.com. Vi risponderà l’incaricata della distribuzione.

Di strettissima attualità è il recente “O la Troika o la vita – Non si uccidono così anche i paesi”(90’), realizzato con Sandra Paganini, che, partendo dalla distruzione della Grecia, per mano della cricca euroatlantica (UE, BCE, FMI, Berlino), sullo sfondo della geopolitica mondiale dell’imperialismo, illustra e analizza le aggressioni analoghe al nostro paese, alle sue comunità, alla sua salute, al suo ambiente, perpetrate nella complicità del governo Renzi: lo sfregio all’ecosistema e al patrimonio ambientale e storico del Salento programmato dal gasdotto TAP, di nessuna utilità per l’Italia per la sovrabbondanza delle forniture in atto, ma che, provenendo dall’Azerbaijan, paese cliente degli Usa, taglia fuori la Russia e il suo gas, per noi più conveniente sul piano economico e logistico. La ferita del TAP viene poi criminalmente completata dal gasdotto SNAM che deve portare l’idrocarburo al Nord, passando sulla faglia sismica che ha originato il disastro dell’Italia centrale e concentrandosi in una serie di megadepositi e impianti per l’iniezione del gas sottoterra, in zone ad ampio rischio sismogenetico. A questo si affianca la denuncia della spaventosa proliferazione di trivelle in terra e piattaforme di estrazione in mare tra Adriatico e Jonio, con enormi danni all’ecosistema marino, ittico e vegetale e all’integrità territoriale. Un ampio capitolo tratta delle gravissime responsabilità istituzionali per la malagestione del terremoto del 2016, degli scandalosi ritardi e della totale assenza di ricostruzione. Su tutti questi temi parlano poi gli esponenti della resistenza sociale alle aggressioni.

“Fronte Italia-Partigiani del Duemila” e “L’Italia al tempo della peste – grandi opere, grandi basi, grandi crimini” sono due documentari (ognuno di 90’), precedenti al primo rispettivamente di uno e di tre anni, che trattano in profondità gli aspetti deleteri di alcune delle Grandi Opere che la componente leghista dell’attuale governo vorrebbe realizzare. Sono lavori che denunciano altre devastazioni del territorio, lo sgretolamento della sovranità popolare, la guerra dei pochissimi contro i tanti. Protagonisti di “Fronte Italia” sono i devastatori della Val di Susa e dell’Appennino del Terzo Valico con l’inutile TAV e la risposta che ormai da oltre vent’anni gli oppone una popolazione che non si arrende, insieme a coloro che lottano contro la grande base satellitare di guerra Usa “MUOS” , che deve gestire le guerre in Africa e Medioriente, in Sicilia a Niscemi.  “L’Italia al tempo della peste” percorre l’intera penisola al seguito del grande movimento di lotta del “NO”, No Mose, No Grandi Navi, No Nato, No Basi, No Tap. No Triv… 

Capitoli specifici sono dedicati ancora al TAP nel Salento, al tragico espianto di ulivi che comporta e contro cui si batte la comunità salentina; alla terrificante devastazione ENI e Total della Basilicata, dove una regione dalle rare bellezze naturali e dalle pregiate produzioni ortofrutticole è stata inquinata e trasformata in una specie di stagno di residui chimici e petroliferi;  alla criminale aggressione a Venezia e alla sua laguna con le mostruose navi e il pernicioso Mose; e alla Sardegna infestata da basi Usa e Nato, dove si esercitano le forze armate e le società di armamenti di mezzo mondo, con il conseguente inquinamento dei territori e la morìa di persone e animali.

“Target Iran” è stato girato nell’Iran di Ahmadinejad, il presidente che ha preceduto l’attuale, Rouhani, e che aveva rifiutato di sottomettersi al diktat Usa-israeliano di bloccare lo sviluppo di energia nucleare a fini pacifici (energia e medicina), diktat invece accettato dal suo successore. Visitiamo un Iran, già allora sottoposto a sanzioni di cui gli Usa pretendono che siano osservate anche da tutti gli altri paesi (con perdite enormi per l’Italia, primo paese negli scambi con l’Iran) e, per questo, in drammatiche difficoltà sul piano economico e sanitario (a proposito dei diritti umani rivendicati dagli aggressori), che non hanno tuttavia piegato la volontà di resistere della popolazione e, al laico Ahmadinejad, di sollevare dalla povertà milioni di cittadini. Si scopre, contro ogni aspettativa, determinata dalle campagne diffamatorie dei media, un paese libero, cordiale, con aperti rapporti tra i sessi, ospitale, attento al suo patrimonio ambientale e archeologico, ricco di cultura e creatività artistica, i cui dirigenti e protagonisti ci illustrano un passato, sotto lo Shah, protetto dagli Usa, di incredibili misfatti nei confronti dell’opposizione repubblicana. 

Misfatti oggi affidati a forze che lavorano alla destabilizzazione del paese: la rivoluzione colorata del 2009, che voleva mettere in discussione la vittoria di Ahmadinejad; il terrorismo stragista del MEK (Mujahedin e Khalk), setta esoterica sanguinaria, armata e finanziata da Mossad e Cia, responsabile di infiniti attentati dinamitardi contro civili e di assassinii mirati;  la penetrazione, attraverso il confine con l’Afghanistan, di droga dai campi di oppio sotto contro delle forze d’occupazione americane, mirata a diffondere eroina nella popolazione iraniana. Ne esce un quadro completo dell’Iran, con la sua storia millenaria, la sua sofferenza, il suo orgoglio, le sue bellezze.

“L’Asse del Bene” racconta un viaggio attraverso la lotta vittoriosa di emancipazione sociale e politica dei paesi latinoamericani che si sono ribellati alla manomorta dell’imperialismo yankee e dell’oligarchia feudale che ne era il complice locale. La rivoluzione bolivariana di Hugo Chavez attraverso l’incredibile successione di conquiste sociali, il colpo di Stato fallito con cui gli Usa avevano tentato di rimuovere il presidente diventato faro per tutta l’America Latina; il rovesciamento di un regime autoritario secolare in Bolivia da parte di una coalizione indigeni-discendenti iberici guidata dall’indio Evo Morales, la conquista del potere in Ecuador da parte della “revolucion ciudadana” di Rafael Correa con la quale le ricchezze del paese sono tornati al popolo. E naturalmente, all’origine di tutta questa rivolta all’ordine coloniale costituito, Cuba. Ma Cuba per quello che era e che rappresentava, prima dell’attuale involuzione. Un documentario che indica la via e incoraggia la fiducia.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 12:31

ISRAEL DANS L’IMPASSE SUR LE GOLAN ET LE FRONT LIBANO-SYRIEN

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 08 06/

0_630 (1)

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans ‘REPORTAGE’ du 5 août 2018 sur PRESS TV (Iran)

Sources :

* Sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERROGE LUC MICHEL:

ISRAEL DANS L’IMPASSE SUR LE GOLAN (5 AOUT 2018)

sur https://vimeo.com/283410938

* Les interrogations de PRESS TV (la Télévision d’Etat iranienne

francophone) sur l’actualité du Golan et du Front libano-syrien, où Tel-Aviv fait face à l’Axe de la Résistance (Syrie – Iran – Hezbollah libanais et irakien) :

« Alors qu’Israël a été amené à déclarer forfait au Golan et à accepter le retour en force de l’armée syrienne, il est pointé du doigt après l’assassinat d’un scientifique syrien à l’ouest de Hama.Israël est soupçonné d’être à l’origine de cette attaque parce qu’il avait déjà pris pour cible le centre d’études et de recherches où ce chercheur travaillait.

Israël se trouve-t-il dans une impasse ?

Luc Michel, géopoliticien, s’exprime sur le sujet. »

LE GOLAN ENJEU STRATEGIQUE MAJEUR

Annexé par Israël (au mépris des Lois internationales), le Golan syrien a été tout d’abord un butin de guerre.

Mais il est devenu aujourd’hui un enjeu géostratégique et géopolitique (riche en hydrocarbures et en eau, la matière stratégique de ce XXIe siècle), au cœur de la confrontation entre la Syrie, le Liban (avec en arrière-plan la Russie et l’Iran) et Israël …

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY …

OU VA ISRAEL ? (III) :

LE GOLAN, DE BUTIN DE GUERRE ANNEXE A ENJEU GEOSTRATEGIQUE

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/25/luc-michels-geopolitical-daily-ou-va-israel-iii-le-golan-de-butin-de-guerre-annexe-a-enjeu-geostrategique/

OU VA ISRAEL ? (I) :

LA DEGRADATION IRREVERSIBLE DES RAPPORTS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV …

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/23/luc-michels-geopolitical-daily-ou-va-israel-i-la-degradation-irreversible-des-rapports-entre-moscou-et-tel-aviv/

GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT:

POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (III). LA FIN DE LA NEUTRALITE BIENVEILLANTE AVEC ISRAEL

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/20/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iii-la-fin-de-la-neutralite-bienveillante-avec-israel/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire – Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme (Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

‘RD CONGO : LE COUP DE MAITRE DE KABILA ?’

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 08 10/

vignette-zoomkabila

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ZOOM AFRIQUE du 10 août 2018 sur PRESS TV (Iran)

Sources :

* La video sur :

PANAFRICOM-TV/

RDC. LE PRESIDENT KABILA DESIGNE SON SUCCESSEUR (ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV DU 10 AOUT 2018 – AVEC LUC MICHEL)

sur https://vimeo.com/284380208

* L’article sur :

RDC: le coup de maître de Kabila?

https://www.presstv.com/DetailFr/2018/08/10/570659/Nigeria-la-Chine-repousse-les-USA

* Press TV :

Interview express du géopoliticien Luc MICHEL depuis Bruxelles … « RDC : Joseph Kabila se retire de la course à la présidentielle en présentant l’un de ses anciens ministres comme son successeur potentiel » (Comment le président congolais a conduit son pays à des élections stables, malgré les pressions américaines, françaises et belges – l’ex colon …)

* Video Reportage (ZOOM du 9 août 2018) :

« RDC : Kabila jette l’éponge mais … » (Comment le président congolais a résisté à la déstabilisation occidentale …)

L’ARRIERE-PLAN POLITIQUE :

LA DESTABILISATION DE LA RDC, CIBLE PRINCIPALE DU « PRINTEMPS AFRICAIN »

Quels sont les questions essentielles que pose la déstabilisation occidentale de la région des Grands-Lacs, de la RDC et du Burundi :

Pourquoi la région des Grands-Lacs, et singulièrement le Burundi et la RD Congo, sont les cibles permanentes et prioritaires du soi-disant « Printemps africain » depuis 2014 ?

Quelle est la vision de la Géopolitique franco-américaine sur cette région et comment Washington entend y appliquer la « Théorie des dominos » ?

Pourquoi ces attaques constantes des ONG occidentales contre Kinshasha ?

Quel est le dessous des cartes de la déstabilisation du Congo ?

Pourquoi les attaques incessantes de l’ONU contre le Burundi et aussi la RDC ?

Qui mène ces affaires et pour le compte de qui ?

* Sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL: DESTABILISATION DES GRANDS-LACS. LE COMPLOT CONTRE LE BURUNDI & LA RDC CONTINUE ! (SUR LIGNE ROUGE)

sur https://vimeo.com/257858492

* Et aussi sur PANAFRICOM-TV/ LUC MICHEL:

GRANDS-LACS. LE PANAFRICANISME FACE AU NEOCOLONIALISME (DECRYPTAGE, TELE50, KINSHASA)

sur https://vimeo.com/166779297

L’ARRIERE-PLAN GEOPOLITIQUE :

LA RDC PIVOT GEOPOLITIQUE DE L’AFRIQUE

Etat-continent au cœur de l’Afrique, des rives de l’Atlantique aux Grands-Lacs, l’ex Congo belge est dès 1960 « le point de fixation de la Guerre froide ». « L’ancienne colonie belge, prise dans la spirale de la guerre civile entre 1960 et 1965, a été en réalité le premier théâtre africain de la Guerre froide ».

Le Congo ne cessera depuis d’être un enjeu majeur pour les puissances occidentales, l’impérialisme américain (qui imposera son agent Mobutu au pouvoir pour une longue dictature) et la Françafrique de de Gaulle et Focart.

La géopolitique de Focart, deus ex machina de la France en Afrique (avec ses réseaux et ses « barbouzes », marque encore aujourd’hui la Géopolitique des stratèges américains, qui rêvent depuis le « Sommet USA-African Leaders » d’Août 2014 à Washington de conquérir la RDC et d’y imposer un régime fantoche compradore.

Foccart fixe au « Congo-Kinshasa occupe une place centrale, une place d’équilibre géopolitique, en Afrique francophone ». La Géopolitique définit aussi le Congo comme « le pivot de l’Afrique centrale et australe ». Qui déstabilise le Congo déstabilise toute l’Afrique. Qui contrôle le Congo domine le continent …

* Sur EODE-TV/ LUC MICHEL:

GEOPOLITIQUE DU CONGO. LE PIVOT DE L’AFRIQUE

sur https://vimeo.com/195241814

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire – Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme (Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

KESSLER: “IO, MAGISTRATO ANTI-FRODE, SACRIFICATO IN UN’OPERAZIONE DI “PULIZIA” POLITICA”

http://www.lastampa.it/2018/08/11/italia/kessler-io-magistrato-antifrode-sacrificato-in-unoperazione-di-pulizia-politica-Ln9Oyj9hmeWjiU5GtjdPGL/pagina.html

Il direttore dell’Agenzia Dogane e Monopoli appena rimosso dal governo: «Di Maio mi definisce un trombato della politica? Non sa di cosa parla. In sette anni ho guidato l’Ufficio europeo che ha perseguito illeciti commessi da presidenti della Repubblica e leader come la Le Pen, truffe per svariati miliardi»

 Giovanni Kessler
Pubblicato il 11/08/2018
FABIO MARTINI

Con una storia professionale come la sua, Giovanni Kessler tutto si sarebbe aspettato tranne un benservito come quello che gli ha riservato Luigi Di Maio: «Quando ho sentito che mi definiva un trombato della politica, tra me e me ho pensato: ma il ministro sa di cosa parla? Sa di chi parla? Non mi lamentodell’avvicendamento che rientra tra gli eventi possibili, ma quella definizione sembra rispondere al bisogno di fabbricarsi delle ragioni, di urlare anziché spiegare. Una vicenda deludente e anche un po’ preoccupante…». 

La sera dell’8 agosto Giovanni Kessler è stato rimosso dall’incarico di Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, incarico al quale era arrivato a conclusione di un lungo percorso nel quale la politica è entrata, ma in modo marginale. Sessantadue anni, nato a Trento ma sempre in giro per il mondo per effetto di un’attività da magistrato e da manager pubblico, italiano ed europeo, che lo ha visto trasferirsi volontariamente a Caltanissetta come pm antimafia e successivamente diventare vice-capo della missione Osce in Kosovo, Alto Commissario per la lotta alla contraffazione,Direttore generale dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode e dall’ottobre 2017 Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli su nomina del governo Gentiloni. Una storia professionale e politica, quella di Kessler, interessante perché aiuta a capire vizi e virtù delle nomine politiche. 

Ci sono degli incarichi nei quali a decidere è la politica, nel bene e nel male. Di Maio è l’ultimo di una lunga sequenza…  

«Di Maio fa il Di Maio, ma il suo modo di commentare l’avvicendamento è deludente. Un vicepresidente del Consiglio dovrebbe conoscere la storia delle persone. Definirmi un ex deputato è riduttivo, mentre definirmi trombato della politica semplicemente non è vero». 

Nel 2010 lei assume l’incarico di direttore generale dell’Ufficio europeo anti-frode: la politica in che modo pesò?  

«Neanche un po’. In Italia al governo c’era Silvio Berlusconi, che come primo atto aveva deciso la cancellazione dell’Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione da me guidato e dove ero stato nominato dal governo precedente. A Bruxelles era stato indetto un concorso internazionale per l’Ufficio anti-frode e al quale potevano partecipare magistrati, giuristi, dirigenti delle Polizie dei 28 Paesi. Il concorso durò 9 mesi: alla fine restammo in sei. Fummo sottoposti a panel, colloqui, audizioni, valutazioni delle società specializzate e a tre distinte valutazioni da parte della Commissione, del Consiglio, del Parlamento europeo. Il tutto in una lingua che non è la tua. Ok?». 

Ok, ma come finì?  

«L’unico ritenuto idoneo da tutte e tre le istituzioni fu il sottoscritto. Divenni direttore e per anni abbiamo lavorato sodo». 

Avete pestato i piedi a qualcuno?  

«Abbiamo fatto il nostro dovere di cane da guardia delle istituzioni europee. L’Ufficio antifrode è un organismo investigativo indipendente, composto da 500 persone di 28 Paesi, che indaga sui casi di corruzione, di illeciti di tutti i membri delle istituzioni europee. La truffa di Marine La Pen l’abbiamo scoperta noi, abbiamo fatto dimettere un commissario maltese, il presidente della Repubblica ceca è sotto accusa nel suo Paese per un rapporto che abbiamo mandato noi. Per non parlare dell’Ungheria. O della truffa scoperta alle dogane inglesi, dove avevano chiuso gli occhi su merce cinese. Dopo un’indagine di due anni abbiamo calcolato 9 miliardi di dazi evasi in 4 anni. La Commissione li ha richiesti al governo inglese». 

In un organismo del genere, quale è il ruolo del direttore?  

«Per 7 anni è il sottoscritto che ha deciso di aprire e chiudere centinaia di indagini, spesso recuperando i fondi illecitamente accumulati». 

Poi le è tornato in Italia ed è il governo di centro-sinistra che la nomina alle Agenzia Dogane e Monopoli. Sempre politica è…  

«Stava scadendo il terzo mandato del mio predecessore (che era stato confermato da governi di diverso orientamento), ho mandato il mio curriculum e una lettera di interessamento. Non era previsto un concorso, era una nomina politica, il ministro Padoan mi ha voluto incontrare. Sono stato indicato dal Consiglio dei ministri, non dagli amici». 

Avrà pesato il suo passato da parlamentare dell’Ulivo?  

«Immagino che abbia pesato il mio curriculum. Naturalmente ho le mie idee, amo la politica e la legalità. Per una legislatura sono stato deputato, eletto come indipendente nelle liste dell’Ulivo. Nel 2006, con Porcellum non sono stato ricandidato. Nel 2010 ero presidente del Consiglio provinciale di Trento, eletto nelle liste Pd, ma ho lasciato io. prima della scadenza, per andare a Bruxelles. Trombato, non direi…». 

Prima di essere stato rimosso, ha imbastito riforme che possono avere dato fastidio all’attuale governo?  

«Non credo. Nel 2012 Monti decise la fusione tra strutture distinte e parallele come Dogane e Monopoli. Un matrimonio “combinato” e non consumato che noi stavamo completando. E abbiamo investito sul ruolo securitario delle dogane, dalle quali passano troppe cose diverse dalle merci». 

Nello spoil system del nuovo governo sembra prevalere una vocazione da piazza pulita, che non distingue meritevoli e non. Lei è stato con l’Osce in Kosovo: si sente vittima di un’operazione di pulizia etnico-politica?  

«La legge non obbligava a mandarmi via. Ma aver compreso nello spoil system le Agenzie, soggetti per definizione indipendenti dalla politica, è un doppio errore. Induce i prescelti a privilegiare conformismo, opportunismo, inerzia. E favorisce operazione da “pulizia” politica». 

 

Kessler ovviamente non può e non vuole ricordare l’esposto No TAV all’OLAF  (del quale era il direttore) inviato per evitare che LTF pagasse con i fondi europei del progetto Torino-Lione (cioè dei cittadini) le fatture di vitto e alloggio ai poliziotti a guardia dei cantieri delle trivelle ospitati negli alberghi della bassa valle Susa, come sollecitato dalla Prefettura di Torino.

Dopo mesi di nostro duro lavoro e una visita a sorpresa a Bruxelles negli uffici di OLAF, questo ente (leggasi Kessler) ha scelto di chiudere la “pratica” senza attivare un contenzioso con LTF – per evitare guai agli amici politici di Kessler – semplicemente chiedendo a LTF di ritirare la richiesta di rimborso delle fatture alberghiere in conto fondi europei, cfr. la e-mail al fondo del messaggio che riporta nell’oggetto un diplomatico ringraziamento per la nostra irruzione nei loro uffici.

Propongo di inviare una Lettera aperta al Ministro Toninelli per domandargli perché la velocità di rimozione di Giovanni Kessler non sia stata ancora utilizzata per Mario Virano.

Eppure la rimozione potrebbe essere fatta in cinque minuti senza nemmeno dover giustificarsi:

STATUTO TELT

http://www.telt-sas.com/wp-content/uploads/2016/10/TELT_STATUTO_agg010716.pdf

Articolo 13 Il Direttore Generale

13.1 La Società è diretta e amministrata da un direttore generale unico ai sensi dell’articolo L.227-6 del Codice di Commercio (il «Direttore Generale»), nominato dallo Stato italiano per una durata rinnovabile di 6 (sei) anni.

Il Direttore generale è membro di pieno diritto del Consiglio di Amministrazione.

Le funzioni del Direttore Generale sono obbligatoriamente rivestite da una persona fisica. Lo Stato italiano può porre fine alle sue funzioni in qualsiasi momento, senza preavviso né indennità e senza necessità di un giustificato motivo.

CEDEAO-CEEAC. ‘LA RÉSISTANCE AFRICAINE SE CONFIRME’

 

* Voir la video sur PANAFRICOM-TV/

LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV – ED. DU 6 AOUT 2018 – AVEC LUC MICHEL: SOMMET BILATERAL CEDEAO-CEEAC DE LOMÉ.

« LA RESISTANCE AFRICAINE SE CONFIRME »

(PRESS AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/284018899

Capture

* Press TV :

« CEDEAO : la Résistance africaine se confirme » « Sommet de CEDEAO à Lomé : Idriss Déby Itno plaide pour le renforcement des liens africains contre les forces occidentales (…) Déby ne mâche plus ses mots. »

Le géopoliticien Luc MICHEL, depuis Lomé au Togo (*) :

Du point de vue du Néopanafricanisme – pour un Bloc continental de la Méditerranée au Cap -, le géopoliticien Luc MICHEL conduit une analyse perspectives des potentialités d’un rapprochement CEDEAO-CEEAC, deux unions régionales africaines. « Pour autant que la CEDEAO échappe des mains des régimes pro-occidentaux (Maroc, Côte d’Ivoire, Sénégal,

Nigeria) qui la dominent actuellement !

Appuyé sur la « géopolitique des grands espaces et des Blocs continentaux » (Haushofer, Thiriart, Kadhafi, notamment) et la « géoéconomie des grands états en voie de développement et d’unification » (Friedrich List), le Néopanafricanisme voit d’un œil favorable tout ce qui réduit les frontières à l’intérieur de l’Afrique. « Mais encore faut-il se méfier des chevaux de Troie occidentaux », dit Luc MICHEL …

(*) La première partie de l’AFRICA TOUR 2018 du géopoliticien Luc MICHEL vient de se terminer, centrée sur le soutien aux processus de paix en Afrique : Malabo (Guinée Equatoriale) pour le VIe Dialogue national, Lomé (Togo) pour le Dialogue national, Addis-Abeba

(Ethiopie) pour soutenir le diplomatie du nouveau président éthiopien (Ethiope même, pacification avec l’Erythrée et au Sud-Soudan).

Luc MICHEL a aussi participé au combat contre la déstabilisation du Cameroun (en vue de la présidentielle 2018) à Douala et au Sommet commun de la CEDEAO et de la CEEAC à Lomé.

_______________

# PANAFRICOM/

PANAFRIcan action and support COMmittees :

Le Parti d’action du Néopanafricanisme !

* Suivre Panafricom-Tv/

https://vimeo.com/panafricomtv

* Découvrir notre WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Blog PANAFRICOM-NEWS

http://www.scoop.it/t/panafricom

* Voir notre Page Officielle Panafricom/ https://www.facebook.com/panafricom/

* Aborder notre Idéologie panafricaniste/ Panafricom II – Néopanafricanisme https://www.facebook.com/Panafricom2/

* Panafricom sur Twitter/

@Panafricom

https://twitter.com/Panafricom

LE NOUVEL AXE LONDRES-TOKYO (INTRODUCTION À LA GÉOPOLITIQUE DE L’IMPÉRIALISME BRITANNIQUE III)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 08 09/

30uk02

: « Le Japon est le nouveau pouvoir médian clé; Le Royaume-Uni dispose de nombreuses technologies. Bien que cette mesure renforcera la position du Royaume-Uni à la fois dans la mer de Chine méridionale et dans l’océan Indien, il s’agira probablement de voler dans les plumes de Pékin »

– Robert Fox (King’s College de Londres).

o0296045214091279647

« C’est de la diplomatie de la canonnière post-moderne »

– Robert Fox (King’s College de Londres).

Dans mes analyses précédentes sur le sujet, j’ai expliqué comment l’Impérialisme britannique se redéployait (1). Et comment le Brexit était la marque de l’apparition d’une nouvelle version 2.0 de celui-ci. Phénomène d’ailleurs encore plus vaste, puisqu’il est aussi l’occasion d’un renouvellement de l’Impérialisme anglo-saxon, cette alliance des « cousins » de Washington et de Londres. Où les britanniques sont appelés à jouer un rôle accru de « second » de la domination américaine dans le monde. Aussi bien en Europe face à Moscou que dans le Pacifique face à Pékin …

J’expliquais aussi que le Brexit était une opération américaine, destinée à briser l’Union Européenne (le principal ennemi économique et financier – dollar vs euro – des USA) et à ramener Londres dans l’orbite directe américaine (2). Oubliez tous les écrans de fumée sur la soi-disant « ingérence russe dans les élections » (qui sont une comédie reposant – ou montée – sur les erreurs et l’amateurisme de certains médias russes) et regardez le phénomène, bien réel celui-là, des « Big Datas ». Dont l’affaire de « Cambridge Analytic » n’est que la pointe émergée de l’Iceberg, mais a révélé la véritable manipulation des scrutins présidentiels aux USA et du référendum sur le Brexit. Dévoilant notamment les lobbies et les réseaux qui ont porté Trump au pouvoir (dont les milliardaire US, la famille Mercer).

A part quelques complotistes français lunatiques (qu’un journal libanais a appelé les « pom pom girls de Trump »), il n’y a que les aveugles pour encore voir dans Trump un « nationaliste » (sic) « en guerre contre l’establishment US » (resic). Le dernier président américain est le choix d’un scénario politique et a été porté au pouvoir par les lobbies et les réseaux les plus radicaux de cet establishment US (ceux qui pensent que les USA peuvent gagner le prochaîne guerre mondiale et « faire du XXIe siècle un nouveau siècle américain ») : club des 121 généraux et amiraux du genéral Mattis, lobby pro-israélien AIPAC, lobby militaro-industriel (le programme de Trump prévoit la course aux armements aux USA et veut l’imposer à l’OTAN), lobbies du charbon et des hydrocarbures de schiste, lobby pro-Taiwan, neocons (dont Oox News TV) …

LE REDEPLOIEMENT DE L’IMPERIALISME BRITANNIQUE APRES LE BREXIT : L’AXXE LONDRES-TOKYO

« Pourquoi la marine britannique a-t-elle jeté l’ancre à Tokyo? », interrogeait ce 6 août la Lette d’information anglo-saxonne ‘The Monocle Minute’. Qui y répondait immédiatement dans le même titre : « La réponse, semble-t-il, consiste à tracer un parcours autour des obstacles dressés par le Brexit » (3).

‘Monocle’ expose comment l’Impérialisme britannique se redéploie après le Brexit sur de nouvelles positions stratégiques. Et noue une nouvelle alliance géopolitique avec Tokyo et un Japon qui renoue avec sa tradition militariste, sous les encouragements américains. Face à Londres et Tokyo : la Chine. Et évidemment les USA. Les stratèges américains, ceux de Stratfor, le puissant think tank lié au Pentagone et au Lobby militaro-industriel US, voient la confrontation avec Pékin comme inévitable et une défaite chinoise possible. Ajoutons que les mêmes influents stratèges voient dans le Japon, la Pologne et laTurquie, les trois grandes puissances émergentes du XXIe siècle. Une prévision qui repose à la fois sur la position géographiques de ces trois états (« la politique c’est la géographie » disant déjà Napoléon I) et sur leur passé géopolitique (Empire japonais de 1900-1945, « Grande-pologne » des XVe-XVIIe siècle, Empire ottoman). On comprend mieux le rôle attribué à Londres par Washington dans cette configuration géopolitique !

« LA DIPLOMATIE DE LA CANONNIERE POST-MODERNE »

L’analyse de ‘Monocle’ (revue anglo-saxonne publiée à Londres, New-York et Hong-Kong, qui reste indulgente avec les britanniques) met l’accent sur le caractère anti-chinois de l’alliance Londres-Tokyo :

« Parce que les liens avec ses plus proches voisins européens sont mis à rude épreuve par le Brexit, le Royaume-Uni va plus loin pour protéger ses intérêts à l’étranger. Le vendredi, l’un des plus gros bateaux de l’arsenal de la Royal Navy, le HMS Albion, navire de guerre amphibie de 22 000 tonnes, a accosté à Tokyo. Le plan de la visite est de permettre aux fonctionnaires et au personnel de l’industrie de la défense de faire un tour du navire et, après cela, il y aura quelques jeux de guerre (wargames) : le navire transporte environ 120 Royal Marines qui doivent s’entraîner avec les Forces de défense japonaises dans les prochains jours ».

« Une telle coopération est un signe des temps », selon Robert Fox, chercheur principal au King’s College de Londres : « Le Japon est le nouveau pouvoir médian clé; Le Royaume-Uni dispose de nombreuses technologies. Bien que cette mesure renforcera la position du Royaume-Uni à la fois dans la mer de Chine méridionale et dans l’océan Indien, il s’agira probablement de voler dans les plumes de Pékin ». « C’est de la diplomatie de la canonnière post-moderne », dit Fox.

NOTES :

(1) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

INTRODUCTION À LA GÉOPOLITIQUE DE L’IMPÉRIALISME BRITANNIQUE

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/25/luc-michels-geopolitical-daily-introduction-a-la-geopolitique-de-limperialisme-britannique/

Et :

INTRODUCTION À LA GÉOPOLITIQUE DE L’IMPÉRIALISME BRITANNIQUE (II): LE ROLE ET LA PLACE DE LONDRES …

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/26/luc-michels-geopolitical-daily-introduction-a-la-geopolitique-de-limperialisme-britannique-ii-le-role-et-la-place-de-londres/

(2) LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ ENCORE ET TOUJOURS L’IMPERIALISME ANGLO-SAXON

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/05/luc-michels-geopolitical-daily-encore-et-toujours-limperialisme-anglo-saxon/

(3) Cfr. “Making waves. Why has the UK’s navy dropped anchor in Tokyo? The answer, it seems, lies in charting a course around Brexit-shaped obstacles”, THE MONOCLE MINUTE, Monday 6 August 2018

(Sources : The Monocle Minute – Stratfor – EODE Think Tank)

Photos :

Jusqu’en 1918, britanniques et japonais étaient d’étroits alliés …

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

ANALYSE DU SOMMET DE SINGAPOUR (I): UNE CRISE ISSUE DE LA GUERRE FROIDE (LUC MICHEL SUR GEOPOLITIQUE INTERNATIONALE)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 07 24/

Le Flash Vidéo du jour …

xx

Le géopoliticien Luc MICHEL dans GEOPOLITIQUE INTERNATIONALE du 30 avril 2018 sur AFRIQUE MEDIA

Partie I :

Chaque jour davantage, le ton monte et la relation éphémère amorcée entre Washington et Pyong-Yang se dégrade. Les sanctions américaines et onusiennes n’ot jamais cessé.

Dans mes analyses, je n’ai jamais tenté de sous-estimer tous le fondamental idéologique de chacun des régimes. Qui ne permettent aucun rapprochement durable.

De Reagan aux généraux du Pentagone (comme Mattis, l’homme fort du régime Trump), la Corée du Nord est un état-voyou, le mal absolu, mais surtout une survivance de la Guerre froide inacceptable.

En RPDC, la « dissuasion nucléaire du faible au fort », version nord-coréenne de celle de la France du général de Gaulle, est inscrite dans la Constitution depuis 2012. Elle représente 30 ans d’un effort absolu. Et elle repose sur une analyse lucide des destructions de l’Irak ba’athiste et de la Jamahiryah libyenne de Kadhafi.

Sources :

* Sur PCN-TV/

ANALYSE DU SOMMET USA-RPDC DE SINGAPOUR (I):

UNE CRISE ISSUE DU CŒUR DE LA GUERRE FROIDE ET UN HERITAGE DE L’ORDRE DE YALTA sur https://vimeo.com/282575765

Thème de l’émission :

RENCONTRE HISTORIQUE DES 2 COREES – L’ORDRE MULTIPOLAIRE EN MARCHE ?

Le géopoliticien Luc MICHEL :

Pourquoi le dossier coréen n’a strictement rien à voir avec la marche du monde vers un monde multipolaire, mais est un héritage du vieil ordre bipolaire de Yalta en 1945, passé dans l’ordre unipolaire de

1991 (« Nouvel Ordre Mondial » du Régime Bush I).

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY …

* DEBAT : COMMENT INTERPRETER LA RENCONTRE KIM JONG UN – TRUMP ET LEURS POURPARLERS DIPLOMATIQUES SUR LA PENINSULE COREENNE ?

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/13/luc-michels-geopolitical-daily-debat-comment-interpreter-la-rencontre-kim-jong-un-trump-et-leurs-pourparlers-diplomatiques-sur-la-peninsule-coreenne/

* DEBAT : ELEMENTS POUR ANALYSER LE SOMMET DE SINGAPOUR (COMMENT INTERPRETER LA RENCONTRE KIM JONG UN – TRUMP II)

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/20/luc-michels-geopolitical-daily-debat-elements-pour-analyser-le-sommet-de-singapour-comment-interpreter-la-rencontre-kim-jong-un-trump-ii/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire – Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme (Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/