LE CANTONATE DEI GRANDI

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 16 AGOSTO 2018

SAMIR AMIN CONTRO GHEDDAFI


In merito ai giusti tributi riservati al grande marxista e combattente antimperialista, Samir Amin, scomparso giorni fa, che mi regalò alcune perle di saggezza arabo-marxista in un caffè del Cairo nell’estate 1967, in vacanza da Parigi, mi sembra giusto evitare il vezzo italiano per cui del morto non va detto mai niente di critico. Ecco, per esempio, una citazione di Samir che rappresenta superficialità e supponenza spesso rilevabili nei marxisti duri e puri e che Marx avrebbe redarguito, un giudizio abnorme su uno dei più grandi combattenti per l’unità e il riscatto arabi e africani e colui che al suo popolo aveva dato il più alto livello di vita dell’intero continente. Macchia nera e gdiudizio non circumnavigabile.

Gheddafi non è stato altro che un pulcinella di cui il vuoto di pensiero trova il suo riflesso nel suo famoso “Libro verde”. Operando in una società ancora arcaica, Gheddafi ha potuto permettersi di tenere in successione discorsi – privi di portata reale – “nazionalisti e socialisti”, per poi orientarli il giorno dopo verso il “liberismo”. Ha fatto questo “per fare piacere agli Occidentali”!, come se la scelta del liberismo non producesse effetti sulla società. Tuttavia, ne ha prodotti, e molto banalmente, per la maggior parte ha aggravato i problemi sociali.


E sarebbe per questi meriti occidentali che l’Occidente avrebbe squartato lui e raso al suolo il suo paese? Aggiungerei, sempre sullo sfondo di un marxismo da comunista iperteorico e poco pragmatico, la sua avversione, dopo un’iniziale adesione, al panarabismo, forza motrice strategica del risveglio di una grande nazione e per questo aggredita con tutti i mezzi dall’imperialismo; il sostegno al recente intervento colonialista francese in Mali e in tutta la regione del Sahel, giustificato con l’intento di evitare che la colonizzazione e la rapina dei beni minerari fossero compiute da Usa, UK e Germania; l’ambiguità poco lucida, per un attentissimo studioso delle tecniche provocatorie dell’imperialismo, sugli attentati dell’11 settembre, sì, secondo lui, sfruttati dagli Usa per guerre d’aggressione, ma compiuti dagli immaginari dirottatori di Bin Laden mentre Cia e Mossad si sarebbero limitati a lasciar fare; l’accredito di altri attentati, come Charlie Hebdo o Bataclan, a radicali jihadisti ed estemisti locali per costringere la Francia a mollare il Sud della Libia; la scelta maoista, legittima, accompagnata dalla feroce critica, ingiustificata, a un presunto espansionismo sovietico; l’appassionata adesione ai movimenti dei Forum Sociali di Porto Alegre, con gli esiti che conosciamo; il passaggio dal maoismo spinto alla difesa dell’attuale modello cinese, definito con l’ossimoro “socialismo di mercato”, alternativa alla globalizzazione neoliberista.

Avendo capito benissimo come l’accumulazione capitalista e il mondialismo si stavano concentrando sulla spoliazione dei paesi dalle ricche risorse attraverso lo sradicamento delle loro popolazioni e sulla destabilizzazione degli Stati nazionali (sparò a zero contro i secessionisti catalani), la sua autorevole voce avrebbe potuto con forza e chiarezza denunciare l’operazione migranti e i suoi manutengoli Ong.

Mi pare giusto accompagnare ricordi e apprezzamenti con riserve riguardanti questi e altri punti, giusto per non indurre chi si fida a fare l’eterno errore dei fideisti di accettare tutto tout court. Sempre meglio distinguere, no? Del resto, “nessuno è perfetto”, come si conclude in “A qualcuno piace caldo”.