ALFANO: BLOCCARE I BARCONI SAREBBE UN DANNO ECONOMICO! “PER CHI”?

SEMPRE ALFANO AMMETTE :NON POSSIAMO RIMPATRIARE I NON AVENTI DIRITTO, MANCANO GLI ACCORDI INTERNAZIONALI! “SCHENGEN E’ SALVO” CONTROLLI FINO A 2 ANNI!
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Alfano, non possiamo rimpatriare i non aventi diritto perché mancano accordi internazionali. Quindi tanti ne arrivano e tanti ce ne teniamo  Alfano ammette pure che bloccare i barconi sarebbe un danno economico. Io vorrei sapere per chi, esattamente.
Migranti, Alfano: “Schengen è salvo” Estensione controlli fino a 2 anni
 
Il ministro dellʼInterno ad Amsterdam: “Stiamo valutando la realizzazione degli hotspot anche nellʼarea nord-est dellʼEuropa”
 
“Alla fine di questa giornata di lavoro Schengen è salvo, almeno per ora”. Così Angelino Alfano al termine della riunione dei ministri dell’Interno della Ue, ad Amsterdam. “Abbiamo poche settimane per evitare che si dissolva tra gli egoismi nazionali”, ha aggiunto il titolare del Viminale. Di tutt’altro avviso è invece il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner: “Schengen sta per saltare, deve succedere qualcosa velocemente”.
 
Su Schengen “a mio avviso fino a maggio siamo in tempo per ragioni tecniche e politiche”, ha dichiarato Alfano. Il ministro ha poi rivolto un messaggio “a tutti quelli che credono che per l’Italia la soluzione sia chiudere Schengen: ma si rendono conto o no che non possiamo mettere il filo spinato nel mar Mediterraneo e nemmeno nell’Adriatico e il danno economico sarebbe enorme?”.
 
Redistribuzione e rimpatrio – Dopo la riunione, il ministro italiano ha affidato al suo profilo Twitter il suo pensiero sulla crisi migratoria. “L’ho ribadito: serve redistribuzione europea dei profughi e rimpatrio degli irregolari”, ha scritto.
“Valutiamo hotspot nel nord-est” – Alfano è poi intervenuto in merito alla realizzazione degli hotspot: “Stiamo valutando anche l’area del nord-est perché dobbiamo tenerci pronti ad un’ipotesi di flusso dalla frontiera nord-est a seguito della rotta balcanica”. Nessuna conferma al momento su Tarvisio o al Brennero.
 
Slovacchia: “Se cade Schengen, guai per Balcani” – Un’eventuale dissoluzione del sistema Schengen di libera circolazione in Europa avrebbe conseguenze molto pesanti per i Paesi dei Balcani occidentali, secondo il ministro degli esteri slovacco Miroslav Lajcak. “Se questo sistema cade saranno i Paesi dei Balcani occidentali a patire le conseguenze più pesanti”, ha aggiunto il ministro slovacco sottolineando di una politica unitaria e credibile per risolvere l’emergenza migranti.
 
“Chiesta estensione controlli fino a 2 anni” – La maggioranza dei ministri dell’Interno Ue ha quindi chiesto alla Commissione europea di attivare le procedure previste dall’articolo 26 del Codice delle frontiere di Schengen. Le norme permetteno, a certe condizioni, di prorogare dagli attuali sei mesi a due anni le misure di ripristino temporaneo dei controlli alle frontiere interne dell’area di libera circolazione, quando queste misure siano state adottate da uno o più Stati membri a causa di una “minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna”. A chiederlo sei Stati membri dell’Ue (Germania, Austria, Danimarca, Svezia, Francia, Slovenia) e un settimo paese membro dello spazio Schengen ma non dell’Ue, la Norvegia.

Igea Marina: Si spara alla testa, “Non riesco a pagare i debiti”.

ssh CENSURARE, si sa che gli italiani sono ricchi e si inventano i suicidi SOLO PER NON PAGARE LE TASSE
 
Si è sparato in faccia con un fucile, poi si è trascinato fino nella piazza Falcone-Borsellino di Igea Marina. E’ lì che l’hanno trovato le forze dell’ordine che lo cercavano da ore. L’uomo, 74 anni, residente a Gatteo, ha parte del volto devastato dal colpo e i medici dell’Infermi stanno cercando di ricostruirglielo. Le sue condizioni sono gravi, ma non sembra in pericolo di vita. Nella sua auto, i carabinieri di Bellaria hanno trovato un biglietto destinato alla famiglia in cui annuncia il suicidio perchè non riesce più a pagare i debiti. L’allarme al 112 scatta nel primo pomeriggio, da parte della famiglia dell’anziano che, uscito di casa poco dopo le 10, non era rientrato, nè rispondeva al cellulare. Le ricerche partono subito, la prima ipotesi è che l’uomo abbia avuto un malore e non sia in condizioni di chiedere aiuto. L’ultima cosa che la famiglia sospetta è che l’anziano abbia deciso di togliersi la vita, ma via via che passano le ore la preoccupazione cresce sempre di più. Di lui sembra non esserci traccia da nessuna parte, e soltanto poco prima delle 22,30, i carabinieri della Stazione di Bellaria trovato la Opel Astra dell’uomo che stanno cercando. E’ parcheggiata nei pressi del Beky Bay, ma è quello che c’è dentro a far scattare una vera e propria mobilitazione. I militari trovano infatti un biglietto di poche righe, in cui l’anziano annuncia l’intenzione di farla finita a causa dei debiti che non riesce più a pagare.(…)gio, Dic 29th, 2016
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Terremoto in Umbria, nuove scosse e Natale in tenda. Lo sfogo: “Ci trattano come bestie”

ma dai vi hanno regalato il concertino non siete contenti? Due strimpellatori per capodanno ed ogni tragedia si risolve, no?

dicembre 30, 2016
Nuove scosse di terremoto in Umbria, mentre ancora si attende la ricostruzione promessa a fine agosto, e ribadita a inizio novembre. Intanto le case sono inagibili e gli abitanti di Norcia hanno trascorso il Natale in tenda.
 
24 agosto e 30 ottobre. Queste due date hanno significato un vero spartiacque per gli abitanti delle zone colpite dal terremoto che tutti noi conosciamo. Le immagini di ciò che è accaduto tra l’Umbria e le Marche hanno invaso i media per settimane, accompagnate dalle promesse di ricostruzione e ripristino della normalità.
 
L’interesse mediatico si è esaurito e social e giornali hanno smesso di parlarne. Si potrebbe credere che la classe politica abbia mantenuto le promesse, che la ricostruzione sia completata, che le persone abbiano di nuovo un tetto sulla testa.
 
Ma al momento tutto resta immutato. Chi ha perso la propria casa è ancora nelle tendopoli o nelle palestre, e non ha idea di quando e come potrà tornare a una vita normale dopo il terremoto.
Foto: umbria24.it
 
Arrivano le prime casette
 
Su Umbriaon leggiamo che da qualche giorno qualcosa sembra smuoversi. A San Pellegrino, a pochi passi dalla tendopoli, gli operai sono a lavoro per montare le prime casette prefabbricate. Per ora sono arrivate le strutture richieste dopo il sisma del 24 agosto, ma ancora nulla si sa di quelle rese necessarie dopo il 30 ottobre.
 
Ce ne sono per ora sette da 60 mq, che potranno ospitare fino a 4 persone, e dodici da 40 mq, fatte per 2-3 persone. Gli operai si stanno occupando di realizzare i basamenti per poterle poggiare, in quanto le case sono già pre-assemblate.
 
Secondo le previsioni, potrebbero essere consegnate alle persone entro la fine di gennaio. Ma quanto ancora dovranno aspettare gli abitanti di Norcia? A loro non è stato ancora detto nulla.
 
Lo sfogo di chi abita le tendopoli dopo il terremoto
 
E sempre davanti alle telecamere di Umbriaon c’è chi non riesce a trattenere l’amarezza e la frustrazione, e si lascia andare allo sfogo. La gente di Norcia che è alloggiata nelle tendopoli fa del proprio meglio per andare avanti e svolgere una vita che si avvicini il più possibile a quella normale, ma a volte è proprio dura. Soprattutto all’idea di festeggiare il Natale in tenda, invece che in quella che era la propria casa e che ora non esiste più.
La casa di qualcuno non è crollata, ma solo dichiarata inagibile, e l’accesso vi è stato precluso per motivi di sicurezza. Ma qualcuno sceglie di aggirare il divieto e si rifugia nella propria vecchia casa almeno per lavarsi. Infatti, nelle tende si sta molto al caldo, ma i bagni sono lontani e al freddo.
 
E qualcuno si sente trattato “peggio delle bestie”. Soprattutto per il silenzio e il disinteresse che arriva da parte delle autorità, che si stanno perdendo in lungaggini burocratiche e in vuote promesse. Ma le persone non vogliono arrendersi e sono decise a non lasciare la città.
 
La terra trema ancora
 
Un’altra scossa di terremoto di magnitudo 3.2 è stata avvertita il 20 dicembre e un’altra di 3.3 il 21 pomeriggio, sempre con epicentro a Norcia, costringendo anche l’ultimo abitante di Castelluccio a lasciare il paese.
 
Fonte: qui

Elenco immobili di Bersani: ne ha per un miliardo di euro

additiamo il giornalista di stalkeraggio. Siamo certi che il kompagno solidale Bersani come tutti loro, dividono e condividono la loro fortuna con i più deboli, magari lavoratori licenziati, SFRATTATI, disoccupati, anziani malati e terremotati vero? Sono o no la società civile antirazzista? Bello vivere senza pensare ai debiti vero? E gli anatemi contro gli evasori dove sono andati a finire?bersani

Elenco immobili di Bersani: ne ha per un miliardo di euro
 
I partiti, anche quelli che non esistono più, hanno moltissime case. Chi è il più ricco? Il segretario dei democratici
 
Forse non lo sanno nemmeno loro, ma al catasto non hanno dubbi. La più grande immobiliare di Italia è quella della politica. E il palazzinaro per eccellenza di Palazzo è Pierluigi Bersani. Incrociando come dovrebbe Attilio Befera i dati dei registri delle Camere di commercio con quelli di Sister dell’Agenzia del Territorio, Libero è stato in grado di disegnare la prima vera e completa mappa immobiliare della politica italiana. I partiti politici, le loro organizzazioni territoriali, i circoli, le società immobiliari controllate direttamente e indirettamente hanno in mano oggi 3.805 fabbricati sparsi in tutta Italia e 928 terreni.
Le loro rendite catastali, agrarie e dominicali sommate ammontano a circa 2,8 milioni di euro, che ai fini della nuova Imu di Mario Monti indicherebbero un valore fiscale di circa 500 milioni di euro. In media per avere un valore reale di mercato bisognerebbe più che raddoppiare questa cifra, arrivando quindi a circa 1,2 miliardi di euro.
Di questa somma l’80% circa riguarda proprietà immobiliari che risultano ancora in capo alle forze politiche in cui pianta le sue radici il Pd. Significa che sparso ovunque e gelosamente custodito  in forzieri, fondazioni e strutture territoriali, Bersani può contare su un patrimonio immobiliare che vale quasi un miliardo di euro in caso di valorizzazione.
 
Gran parte è intestato ancora al Partito democratico della sinistra e alle sue strutture territoriali (unità di base, federazioni regionali, comunali e territoriali di varia natura), nonché alle immobiliari che risultano ancora di sua proprietà. Solo nell’area Pci-Pds-Ds-Margherita-Ppi-Pd sono 831 i diversi codici fiscali che risultano intestatari di fabbricati.
Vecchie sezioni – Fra questi ci sono sicuramente le sezioni del vecchio pci, che risulta ancora intestatario al catasto di ben 178 fabbricati e 15 terreni. Ma vedendo numeri di vani e caratteristiche di ciascun immobile, è difficile che proprietà accatastate come abitazioni di 12 o 14 vani o uffici di metrature ancora più ampie possano corrispondere al classico identikit delle vecchie sezioni territoriali.
I democratici di sinistra controllano gran parte del patrimonio immobiliare attraverso le nuove fondazioni che ha costituito con pazienza il tesoriere Ugo Sposetti.
Particolarmente ricche quelle umbre e quella di Livorno. Fra Pds, Pd, Ds e vecchio Pci sono ben più di 3 mila i fabbricati di proprietà. E non è manco detto che ci sia una mappatura completa, e che le varie federazioni di sigle ormai in disarmo ne abbiano l’esatto controllo. Non è escluso che qualche vecchio amministratore locale non ne abbia nemmeno fatta menzione al partito.
 
La mappa immobiliare è comunque l’unica che rende in qualche modo tangibile il fantasma più classico di ogni partito politico: quello del bilancio consolidato. Per capire quanti soldi sono girati e girano, e quale è la forza economica bisognerebbe infatti mettere insieme i conti nazionali che vengono resi pubblici con i rendiconti delle centinaia di strutture territoriali che invece sono nascosti.
 
Forza economica – L’emergere di tante proprietà immobiliari fa comprendere meglio di ogni altra cosa come il Pd sia il partito che ha alle sue spalle la forza economica più impressionante della politica. L’unica cosa che non si capisce è come gli amministratori locali di Bersani continuino ad impiegare fondi che il partito gira alle strutture territoriali nell’acquisto di nuovi immobili.  A Genova, dove non mancano certo proprietà delle varie sigle che stanno alle spalle del Pd, è stato comprato un appartamento da 5 vani nel 2010.
A Crespino, in provincia di Rovigo, quattro fabbricati. A Montecchio, provincia di Reggio Emilia, acquistati nell’aprile 2011 addirittura due terreni erbosi. Acquistati immobili e terreni nel piacentino. Così nello spezzino, dove esisteva una celebre immobiliare del pds. Sarà forse un buon investimento in momento di crisi, perché certo il mattone dà più soddisfazione e sicurezza dei fondi in Tanzania. Resta difficile comprendere perché nella sinistra italiana faccia tanto ribrezzo potere prendere una sede di partito o un ufficio per i propri dirigenti in banale affitto come accade a molte altre forze politiche.
 
Il papa laico – Re Bersani a parte, dalla banca dati della Agenzia del Territorio emergono molte sorprese: tutti i partiti ufficialmente morti e sepolti hanno ancora appartamenti e perfino palazzine di un certo valore.
 
Dalla Dc al partito socialista. Ne posseggono anche partiti che certo non hanno invaso le cronache politiche, come quello del Papa laico o quello dell’armonia. Ma la sorpresa delle sorprese viene dal partito nazionale fascista, che non solo è morto, ma è stato sciolto per legge. Tutti i suoi beni sono passati al demanio pubblico, ma l’operazione non è riuscita per quattro fabbricati e due terreni. Uno di questi risulta ancora di proprietà del Pnf e dato un uso ad Anagni, nel frusinate, al Fondo edifici di culto del ministero dell’Economia.

Cassazione: licenziamento legittimo se l’azienda vuole aumentare i profitti

fortuna che le toghe difendono il profitto dall’assalto di populisti socialisti. Per fortuna che ci sono tanti tanti difensori dei lavoratori impegnati che lottano duramente senza paura, bei risultati. L’importante sia salvaguardata mafia capitale, chi se ne frega dei licenziamenti, sono tutti choosy che sono tra i piedi di Mr Poletti..licenziato

Cassazione: licenziamento legittimo se l’azienda vuole aumentare i profitti
La Corte ribalta il giudizio di appello dove il licenziamento era stato bocciato perché “motivato soltanto dalla riduzione dei costi e quindi dal mero incremento” dei guadagni, mentre è legittimo anche nel caso di una “più efficiente organizzazione aziendale”. Di LUCA PAGNI
 
Dic 29, 2016
MILANO – Il datore di lavoro può licenziare un dipendente non solo in caso di difficoltà economiche e in situazioni di ristrutturazioni aziendali dettate da una congiuntura negativa, ma anche per “una migliore efficienza gestionale” e per determinare “un incremento della redditività”. In altre parole: per cercare di aumentare i profitti.
 
La Corte di Cassazione, con una sentenza depositata il 7 dicembre scorso (segnalata dal quotidiano ItaliaOggi), scrive una nuova pagina nel campo del diritto del lavoro. Destinata a fare giurisprudenza e quindi a essere presa come riferimento anche dai tribunali di primo e secondo grado, chiamati a decidere sulle controversie tra imprenditori e dipendenti.
 
La Cassazione è intervenuta sul caso di un dipendente messo alla porta dall’azienda dove lavorava, dopo due sentenze tra di loro in contrasto. Il giudice di primo grado aveva stabilito che il licenziamento era legittimo in quanto “effettivamente motivato dall’esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando e quindi la gestione aziendale”. Giudizio ribaltato in appello , dove il giudice ha ritenuto illegittimo il provvedimento in quanto non era stato motivato dalla necessità economica e dalla presenza di eventi sfavorevoli, ma essendo stato “motivato soltanto dalla riduzione dei costi e quindi dal mero incremento del profitto”.
 
Appellandosi anche all’articolo 41 della Costituzione che prevede la libera iniziativa economica dei privati, citando le direttive comunitarie sul tema, ma anche riferendosi a decisioni del passato, la Cassazione ha ritenuto che non sia necessario essere in presenza necessariamente di una crisi aziendale, una calo di fatturato o bilanci in rosso per procedere a un licenziamento. Il provvedimento può essere così giustificato anche per migliorare l’efficienza di impresa o per la soppressione di una posizione o anche per adeguarsi alle nuove tecnologie. In poche parole, se l’attività dei privata è libera, deve esserlo anche la possibilità di organizzarla al meglio.  Rimane, ovviamente, potestà del giudice verificare l’effettiva ragione presentata dall’azienda per giustificare il licenziamento per riorganizzazione e il nesso di casualità tra i due eventi (così come lo è in caso di licenziamento per motivi economici).
 
Il passaggio destinato a fare giurisprudenza – nonché a far discutere – è il seguente: “Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo – si legge nel dispositivo – l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell’impresa, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l’esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale adottata dall’imprenditore”.

Mabro, è finita. Dichiarato il fallimento, 178 licenziamenti

quando finiranno per loro le poche scabrose tutele (per loro fortuna ancora esistono, per tantissimi altri tipi di lavoratori manco per niente, alla faccia dell’eguaglianza) per il periodo di disoccupazione la tanto solidale società civile pagherà loro, affitto, mutuo, bollette o vitto e alloggio in hotel???? Saranno salvate queste famiglie come MPS? AH son discorsi populisti.

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Licenziati 178 operai. Il sindaco: “Notizia terribile”
Ultimo aggiornamento: 28 dicembre 2016
 
Grosseto, 28 dicembre 2016 – Dopo circa un’ora di camera di consiglio è stata messa dai giudici del tribunale di Grosseto la parola fine sulla Mabro, l’azienda tessile grossetana con 178 dipendenti in amministrazione straordinaria da più di due anni, dichiarata ora fallita.
 
Fine del lavoro quindi anche per il commissario per la Prodi bis Paolo Coscione che nelle scorse settimane aveva avuto due proposte per rilevare l’azienda, una da un gruppo a maggioranza cinese, Mondo Risparmio, e da un’altra cordata bulgara. I lavoratori intanto stamani hanno firmato l’accettazione delle lettere di licenziamento e hanno iniziato l’iter per la mobilità.
 
“La notizia del fallimento dell’ex Mabro è terribile per tutta la città di Grosseto: la mia vicinanza a tutte quelle persone che ormai sono conosciute come le Vestaglie azzurre è reale e il mio dolore sentito”. Lo dice Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, dopo che i giudici hanno dichiarato fallita l’azienda tessile e licenziato 178 dipendenti. “La firma sulla mobilità, però – prosegue – dà garanzie ai lavoratori. Come amministrazione saremo vigili sugli sviluppi futuri della vicenda, che ovviamente non finisce qui. Adesso quello che possiamo fare, fin dalla ripresa delle attività dopo l’Epifania, è avere fiducia nell’operato del Tribunale. Oggi finisce un pezzo importante della storia e dell’identità di Grosseto, l’ultima realtà produttiva della Maremma. L’augurio che possiamo fare ai lavoratori e alla città tutta è che ci possa essere un futuro, diverso ma non meno importante”.
 
“Il Comune ha assistito dall’esterno a questa vicenda, impegnandosi oltre le proprie prerogative e avendo a cuore, come unico obbiettivo, la dignità dei lavoratori – ha detto invece Riccardo Ginanneschi, assessore alle Politiche produttive – Non è stato possibile nessun tipo di intervento diretto o diverso da quello che abbiamo portato avanti: l’amministrazione, infatti, non ha strumenti né competenze per poter essere protagonista attivo all’interno della Prodi Bis. Siamo sempre stati resi partecipi di tutto ciò che accadeva da parte del commissario Coscione, che si è impegnato massimamente per cercare di concludere una trattativa che potesse mettere in salvo l’azienda. Così purtroppo non è stato. Quello che rimane è una grande amarezza e la volontà di sostenere, in ogni modo che ci sarà possibile, tutti i lavoratori”.
 
“Oggi è un giorno triste. Per le lavoratrici e i lavoratori di Mabro, per tutti noi e per la città di Grosseto che in questi anni ha in qualche modo lottato al loro fianco. Una storia che sembrava infinita, tante volte vicina ad un epilogo positivo e altrettante di fronte a grandi delusioni. Oggi è finita, dobbiamo mettere un punto. Ma da questo punto dobbiamo ripartire, insieme”; è il commento del capogruppo Pd in consiglio regionale, Leonardo Marras.
 
 
Le operaie della ex Mabro

Almaviva, fallisce la trattativa. Una lavoratrice attacca il sindacalista

colpa dei dipendenti che sono troppo choosy Mr kompagno Poletti? Li vuole fuori dai piedi anche loro? VIDEO AL LINK IN FONDO

Almaviva, fallisce la trattativa. Una lavoratrice attacca il sindacalista

dicembre 29, 2016
Risultati immagini per alma viva protesteChiude la sede romana di Almaviva e partono le lettere di licenziamento per 1.666 lavoratori del call center. Dopo il rifiuto delle Rsu all’ipotesi di accordo, è fallito anche l’ultimo tentativo di mediazione del ministero dello Sviluppo economico. Il viceministro Teresa Bellanova ha spiegato che “purtroppo l’azienda ha avanzato difficoltà anche dal punto di vista della tenuta della procedura e, quindi, ha ribadito il mantenimento dell’accordo dei lavoratori di Napoli e il mancato accordo con Roma”.
 
La sede di Roma è inattiva dallo scorso 22 dicembre. In un tweet il viceministro Bellanova esprime “profonda amarezza” per la conclusione della vicenda. “Nonostante ultimo tentativo su Roma – scrive – non si revocano licenziamenti. I lavoratori dovevano essere ascoltati prima”.
 
“Le Rsu hanno ritenuto quell’accordo inaccettabile e quindi hanno determinato la perdita di lavoro di oltre 1.600 persone”, ha spiegato la Bellanova, in merito al mancato accordo sulla sede romana di Almaviva, avvenuto “perche’ il 22 dicembre” quando si e’ raggiunta un’intesa transitoria per evitare i licenziamenti “non si è voluto prendere tempo”, nonostante i segretari generali dei sindacati avessero giudicato “la nostra proposta positiva”. Rimane in piedi, ha proseguito Bellanova, la trattativa su Napoli: “Si avviera’ un confronto che spero proficuo per la stabilizzazione di quei posti di lavoro”.

POVERO ITALIANO LASCIATO MORIRE DI FAME E FREDDO . E’ BUFERA

già. Doveva entrare a breve in una sistemazione, peccato  che nel frattempo per lui alberghi non ce ne erano. LA SOLIDARIETA’ ETICA DISCRIMINA eccome in base alla nazionalità. I tiggi poi zitti.
 
POVERO ITALIANO LASCIATO MORIRE DI FAME E FREDDO . E’ BUFERA : “Il Comune pensa solo agli immigrati”
 
ROVIGO – Un povero italiano residente in un Comune della provincia di Rovigo muore di freddo e fame nella più totale indifferenza dell’amministrazione. E immediata è divampata la polemica su Facebook, con alcune persone che parlano di gravi responsabilità appunto dell’amministrazione accusata di una disparità di trattamento con gli immigrati clandestini.
 
Lendinara (Ro) – “E’ morto di fame e freddo, non aveva neppure più le lacrime per piangere”. Questo l’attacco lanciato via Facebook, sul gruppo di Lendinara, all’amministrazione comunale da una lendinarese che dà conto della tragedia avvenuta nel pomeriggio del 28 dicembre, quando si è spento, S. P. un uomo di Lendinara. Una tragedia per la quale viene criticata l’amministrazione comunale di Lendinara, che non avrebbe, secondo alcuni fatto molto per aiutare questa persona.
Da parte sua, Francesca Zeggio, assessore di Lendinara e facente parte del gruppo, tramite il quale vengono spesso veicolate notizie importanti per il Comune, ha ricordato come non tutto possa essere fatto dall’amministrazione comunale che però – assicura – aveva trovato una nuova sistemazione a questa persona, nella quale sarebbe dovuta entrare a breve.
 
Una spiegazione che ha convinto molti, ma non tutti. Un utente, in particolare, ha sollevato la questione del trattamento che a suo avviso ricevono alcuni extracomunitari mentre accade che italiani si spengano così, in povertà.
 
29 dicembre 2016

ISTANBUL E DINTORNI. IL PUNGIGLIONE DELLO SCORPIONE PESTATO – GUERRA A MOSCA PRIMA CHE ARRIVI TRUMP.

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/istanbul-e-dintorni-il-pungiglione.html

MONDOCANE

DOMENICA 1 GENNAIO 2017

Indipendentemente da quanto ci verrà propinato dalle varie fonti interessate e dai soliti prestigiosi analisti al soldo, materiale o morale, delle note centrali di disinformazione, la mattanza di questa notte a Istanbul (39 morti, 70 feriti, per ora) si inserisce logicamente nello tsunami di russofobia scatenato dai perdenti della contesa elettorale statunitense, i neocon e tutta la consorteria che si fa rappresentare da Obama-Clinton, bloccati nella strategia della guerra alla Russia (che forse verrà sostituita da un’accentuata bellicosità verso la Cina e forse no, ma intanto scompagina tutti i piani del partito antirusso).

Una strage vicaria, per far sanguinare i russi

Non importa chi ci verrà rifilato come esecutore della strage, curdi o jihadisti dell’Isis lo sono di prammatica in Turchia. Come nel caso degli attentati in Occidente, attribuiti a islamisti che però si rivelano tutti sbevazzoni, puttanieri, puttane e spacciatori laicissimi,  si tratta di lanzichenecchi mercenari dell’Occidente e di Israele. per quanto singolarmente questi sicari e pali possano essere convinti (stati convinti) di lavorare per una causa loro. Chi ha inferto questa mazzata all’imperio di Erdogan non può che essere chi dissente dalle sue più recenti mosse di avvicinamento alla Russia e di intesa con Mosca e Tehran sulla Siria. Sulla natura e sul comportamento del velleitario sultano turco restano vaste zone d’ombra e di ambiguità, troppo recente essendo il suo ruolo Nato di ufficiale pagatore, armatore, addestratore e rifornitore del terrorismo jihadista inteso a frantumare Iraq e Siria.Tuttavia un risultato concreto, in forte controtendenza rispetto a questa linea, è il vertice di Mosca tra russi, turchi e iraniani che ha tagliato fuori coloro che si consideravano i più poderosi  e titolati protagonisti del Nuovo Medio Oriente-Grande Israele, Usa, Israele, Arabia Saudita e Qatar e ha imposto una tregua alquanto funzionante e la prospettiva di un negoziato risolutore in Kazakistan che – horribile dictu – non preveda la rimozione di Bashar El Assad. Ma elezioni dalle quali, come al solito, uscirebbe vincitore a mani basse. Poi, ciliegina sulla torta , il Consiglio di sicurezza che approva una risoluzione russa a conferma delle condizioni di tregua stabilite a Mosca. Momentaccio per i criminali di guerra. Stelle che si sbracciano per Putin.

Il Nuovo Medio Oriente sbucciato

Anatema per gli esclusi, che si vedono sconvolto un assetto della regione, e quindi degli equilibri geopolitici, preparato con grande cura ed enorme impegno di mezzi. Aggiungiamo a questa sberlona, il rapido sciogliersi di un tessuto di alleanze, clientele e dominio nell’area in questione e non solo: l’Egitto, perno storico, demografico, economico, strategico e geopolitico dell’intera regione, che si schiera con Putin e Assad e orienta la gestione della Libia a scapito delle brighe neocoloniali occidentali travestite da ONU; la stessa Libia dove il filo-egiziano e filo-russo generale Haftar ha appena costretto il pagliaccetto di polistirolo Serraj a subordinare le sue istanze a quelle ormai consolidate della coalizione Egitto-gheddafiani-Tobruk (unico organismo eletto dai libici) su rotte e terminali petroliferi e l’intero sud del Fezzan. Poi l’Algeria che se ne esce dal riserbo e trova l’aria che circola favorevole a espressioni di indipendenza, difende la sovranità di Damasco e, mediando tra Serraj e Haftar, rafforza la credibilità del generale nazionalista come interlocutore imprescindibile. Del piccolo, povero, marginale, disarmato e bloccato Yemen  e della sua resistenza popolare non si riesce ad avere ragione né con le bombe italo-saudite, né con i droni Usa, né con il logoro strumento Al Qaida, né con un embargo genocida. Mezzo mondo arabo sunnita forma un fronte comune con l’arco scita. Satrapi del Golfo isolati e, come sembrerebbe, ridotti al silenzio. La Turchia pare aver raccolto la ciambella di salvataggio lanciata da Putin. Roba da far impazzire il più velenoso degli scorpioni.

Dagli “hacker russi” a noi tutti

A livello di comunicazione si è reagito con la forsennata campagna antirussa, fondata sulla del tutto indimostrata, anche un po’ cretinetta, fola della Cia che Putin in persona avrebbe hackerato i contenuti dei siti del Partito Democratico, evidenziandone le porcate a detrimento di Sanders e favorendo così la vittoria di Trump. Come effetto collaterale della psicosi suscitata circa la manipolazione che un potere esterno avrebbe effettuato sulla conoscenza, coscienza e scelta degli americani, sono stati collocati in simbiosi con i manipolatori russi tutti coloro che diffondono “fake news”, cioè notizie e valutazioni   difformi dalle vulgate “ufficiali” e agli autori di queste  sgradite. E, colossale bue che dà del cornuto al ciucciarello, il menzognificio del sistema si è lanciato in una campagna di criminalizzazione della rete e dei suoi siti indipendenti tesa a sopprimere qualsiasi comunicazione non approvata dal finalmente costituito orwelliano “Ministero della Verità”. Caccia maccartista alle streghe della controinformazione partita dal Congresso Usa, e subito rilanciata da clienti e vassalli: parlamento europeo, Bundestag tedesco e, da noi, dal grottesco Pitruzzella, capo dell’Autorità Antitrust (che con l’informazione non c’entrerebbe una mazza), il quale vaticina la cattura e messa a silenzio di tutti noi che violiamo le regole di una buona informazione diventata monopolio di Stato e fonte obbligatoria di abbeveramento. Caccia alle streghe alla vaccinara, ma non per questo meno pericolosa.

Dall’assassinio dell’ambasciatore alla mattanza del Reina Club: bersaglio Mosca

All’interna di una siffatta atmosfera di isterismo collettivo, si colloca come logica successione l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara, avvertimento al “rinnegato” e ai suoi nuovi partner in procinto di incontrarsi a Mosca per risolvere la questione siriana in modo da recidere gli artigli degli avvoltoi. Il fatto che la pesantissima mossa non abbia tuttavia distolto gli intimidendi dai loro propositi, ha suscitato nell’agonizzante e putribondo grumo bellicista nella Casa Bianca una tale esplosione di collera e frustrazione da fargli ordinare l’espulsione, all’evidenza del tutto dissennata e puramente strumentale, di quasi 40 funzionari diplomatici russi. Mossa meravigliosamente controproducente e che ha offerto alla raffinata saggezza di Putin l’occasione per una figurona mondiale di eleganza e superiorità: niente espulsioni di statunitensi per rappresaglia, anzi inviti e doni natalizi agli ambasciatori occidentali e alle loro famiglie. Dio acceca coloro che vuol perdere.

E’ da qui che parte l’ultima reazione di una banda di scorpioni pronta a giocarsi il tutto per tutto con un attentato stragista come quello di Istanbul. Il tutto per il tutto perchè o Erdogan, terrorizzato da chi ha dimostrato di poter far saltare per aria ogni cosa, dalle Torri Gemelle alle discoteche e redazioni parigine ai mercatini di Natale berlinesi e al 14 luglio sul lungomare di Nizza, si ravvede e torna all’ovile, con tanto di rinnovato vigore turco-jihadista anti-Assad, o per lui sarà armageddon. Ma come? Bombardandolo da Incirlik? Quanto a rimuoverlo con un putsch, che lui diceva attribuibile agli Usa (io non ci credevo,ma forse mi ricredo), s’è già visto che non è andata. Un assassinio? Ci vorrebbe lo specialista Mossad. Chi la durerà? Di Erdogan non c’è troppo da fidarsi, se non che, opportunista rotto a qualsiasi cambio di casacca, si pieghi ai nuovi, inediti rapporti di forza geopolitici che, come s’è visto, sfavoriscono i suoi vecchi soci e padrini Nato-Saudi-Israele. Per loro la partita pare mezza persa e, comunque, ancora una volta non vinta (come in Afghanistan, in Somalia, in Libia, in Iran…). Erdogan, che è pazzo, ma non scemo, lo sa.

Terrorismo? E’ la globalizzazione, bellezza!

Aggiungo qualche considerazione sulla strategia dei nuclei terroristi facenti capo all’élite mondialista, detti negli Usa anche “Stato profondo”. Si possono individuare due fasi del terrorismo che ha accompagnato il processo della globalizzazione. Il terrorismo che doveva spianare la strada alla globalizzazione neoliberista e militarista all’offensiva e dunque doveva sostituire nella consapevolezza del 99% dell’umanità massacrata da quel processo il nemico artificiale islamista al nemico vero mondialista. E siamo nella fase dei grandi attentati di New York, Londra, Madrid, Bali, Amman, Mumbai. Con le stragi di Parigi, Boston, Bruxelles, Monaco, Berlino, ieri Istanbul, gli operatori di tutte queste False Flag, pur mantenendo in piedi il golem islamico  che colpisce prevalentemente comunità occidentali e cristiane (ma non solo, vedi il terrorismo di vendetta alla sconfitte militari che imperversa a Baghdad e Damasco), ora sulla difensiva, puntano a riattaccare i cocci di una globalizzazione che si va sfaldando.

Il nuovo baubau: Putin cum populisti

La chiave inglese gettata negli ingranaggi del progetto di schiavizzazione mondiale è russa, ma molta sabbia vi è finita anche per mano dei popoli resistenti in Medioriente e, per quanto riguarda l’Occidente l’emergere dei grandi movimenti che i globalisti e i loro utili idioti e amici del giaguaro di una pseudosinistra pseudumanitaria ed effettiva quinta colonna infiltrata tra chi la globalizzazione l’ha sgamata e vi resiste, chiamano “populisti”, “ultradestra”, “razzisti”, “xenofobi”. Epiteti, comodamente applicabili a settori decerebrati dalla paura per il collasso delle proprie prospettive di vita decente e indotti alla guerra tra poveri. Ma che, con molta maggiore ragione, andrebbero indirizzati a chi, alla ricerca del dominio e dell’omologazione mondiali, nel nome della retorica dei diritti umani e della democrazia già annientati a casa propria, perpetua la sua eterna vocazione al colonialismo e rade al suolo stati nazione, sovranità, identità, vuoi con le guerre che spopolano, cancellano culture e civiltà, provocano destabilizzanti e alienanti  migrazioni di massa, vuoi con frantumazione della coesione sociale mediante armi culturali e tecnologiche. Chi più populista e razzista dei superkiller Obama, Blair, Hollande, Juncker, Merkel, del Bergoglio che agita il dito ad Assad e mai a qualcuno delle nostre parti e, nel nostro piccolo, dei quaquaraquà Renzi, Napolitano, Mattarella?

Oggi alla minaccia islamica si è sovrapposta quella russa che, non a torto, è vista come innesco delle esplosioni anti-sistema, “populiste”, che serpeggiano da un lato all’altro dell’Atlantico con la vittoria di Trump (prescindendo da chi sia e cosa farà), la Brexit, la rivendicazione di altre liberazioni dalla garrota UE, una sempre più percepibile tensione di massa verso l’Eurexit e la propria liberazione nazionale. Ne è stata espressione sicuramente, a livello istintivo, perlopiù, anche il No al referendum che ci voleva togliere., con la Costituzione, un residuo di sovranità.

Terrorismo, arma suprema del capitalismo

Un marxista di razza come Diego Fusaro, rivendicatore contro UE, euro e globalizzazione della nostra sovranità nazionale e demistificatore dell’arma imperialista che sono le migrazioni, parafrasa Lenin affermando, a mio avviso con ragione, che l’arma suprema del capitalismo è il terrorismo. Nota giustamente che gli attentati “si abbattono sempre e solo sulle masse subalterne, precarizzate, supersfruttate … e mai suoi luoghi reali del potere occidentale, banche , centri della finanza ecc.”. Aggiunge che il terrorismo dinamitardo vuole spostare lo sguardo dalla contraddizione principale, dal terrorismo quotidiano del capitalismo finanziario, a quello fabbricato islamico. E’ evidente che a questo obiettivo si affianca quello del paradigma securitario, come lo vediamo in questi giorni elevato a livelli parossistici nelle capitali europee con il pretesto del povero tunisino Amri. Agnello sacrificale, come tanti altri prima di lui,  miracolosamente scampato a tutte le telecamere berlinesi, miracolosamente identificato due giorni dopo grazie al solito documento ritrovato, miracolosamente passante inconsapevole abbattuto da due poliziotti nazisti senza tentare di arrestarlo, giacchè, come in tutti gli attentati, “uomo morto non parla”.  Grazie all’ennesimo Amri, alle vittime incazzate della globalizzazione, ai “populisti”, paura, controlli, manette. E i pernacchi del “manifesto”.

Va però detto che il terrorismo dello “Stato Profondo”, le innumerevoli False Flag tutte uguali, oltre a fornire ai complici governanti di paesi subordinati gli strumenti per la repressione delle opposizioni, possono avere anche lo scopo di destabilizzare governi e gruppi dirigenti che si vedano tentati da giri di valzer fuori dall’orbita imperialista. O che, semplicemente, vadano messi sull’avviso a prescindere. Se è dubbio che questo aspetto possa valere per la Francia e, ancor meno, per l’indispensabile pilastro atlantista tedesco (ma chissà cosa succede nell’ombra delle cancellerie e dei rapporti economici), mi pare che invece possa valere per gli ultimi episodi terroristici in Turchia, l’ambasciatore russo e la carneficina nella discoteca di Istanbul. Erdogan, avendo spazzato via circa 100mila potenziali critici, di suo ha già sufficienti strumenti per imbrigliare eventuali opposizioni di massa (che peraltro non appaiono all’orizzonte, anzi). Questi episodi sanguinosi non gli fanno bene, non rafforzano il ruolo autoassegnato di restauratore ottomano e, forse, e qui mi ricredo circa quanto ho pensato prima, vanno messi nella stessa categoria del tentato colpo di Stato.

Informare, contraddire, rivelare. Finchè si può.

“Arma suprema del capitalismo”. Arma finale contro la quale non s’è ancora trovato alcun antidoto, alcuna difesa. Ma sul campo uno c’è. E’ l’informazione non di regime, e il coraggio di chi sa, ha scoperto le coordinate, ma non ha ancora parlato, documentato, provato. E’ la crescita di uno schieramento che studia ed esce allo scoperto. Rendendosi conto che rischia. E’ contro di lui che è partita la guerra alla verità, quella parallela alle bombe sulle centrali della comunicazione nei paesi da obliterare, la guerra alle “fake news”, partita ancora una volta, come tutte le aberrazioni, dagli Usa, e subito scimmiottata dagli sguatteri. Una volta che l’ondata delle contestazioni inoppugnabili al falso dell’11 settembre avrà raggiunto la massa critica per farne il punto di non ritorno, si potrà vedere la luce in fondo al tunnel. Hic  rhodus, hic salta. Per questo, cari amici che mi invitate alla moderazione e alla riconciliazione, ritengo inaccettabile tra noi chi cade nelle trappole – o le fa sue –  che il “Deep State” appronta lungo il cammino della rivelazione. Tipo chi  confonde le acque con le società civili, i diritti umani, le accoglienze indistinte, le “dittature”. Tipo quelli che ad abbattere le torri sono stati piloti dirottatori. E perlopiù sauditi.

Follia russofobica, ambasciatore ucciso, strage a Berlino, diplomatici espulsi, ambasciatore ucciso, strage a Istanbul… da qui al 20 gennaio, insediamento di Trump, la vedo brutta. E anche dopo non è che ci sarà tanto da divertirsi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:55

Meningite, tre casi in 24 ore in Toscana. Ventenne colpita dal tipo C: ricoverata nella notte di Capodanno

tre decessi nel giro di una settimana, un bimbo di 22 anni, un ragazzo di 18, un’insegnante, ed una donna grave in Liguria. Stando almeno ai casi di cui ci rendono edotti in quei pochi minuti in cui se ne parla. Guai i a creare panico, meglio raccontare frottole facendo credere sia normale, mentre scassano i cosiddetti con il vaccino antiinfluenzale. I farmacisti nelle altre regioni raccontano di clienti che chiedono informazioni su come vaccinarsi perché devono recarsi in ToMeningite, tre casi in 24 ore in Toscana. Ventenne colpita dal tipo C: ricoverata nella notte di Capodannoscana, ma immagino sia normale e queste persone sono solo paranoiche. I medici in Toscana hanno il divieto di parlare degli ospedali pieni di casi di TBC, tutto normale.
PER MAFIA CAPITALE si deve morire. Se ti vuoi vaccinare costa 150 euro a vaccino (uno per ogni ceppo). Se non era obbligatorio sto vaccino un motivo c’è, è lo stesso per il quale non ci si vaccina per la TBC, era estinta.
E’ condivisione KULTURALE anche questa. AH e per chi subito invoca alla censura per non diffondere “odio” ricordo che pure chi lo porta sto virus rischia la vita e sarebbe bene curarlo. MA GUAI.
 
Meningite, tre casi in 24 ore in Toscana. Ventenne colpita dal tipo C: ricoverata nella notte di Capodanno
Negli ultimi due anni nella regione si sono registrati 60 casi di meningite C, 13 sono stati fatali. Gli esperti: “Non è epidemia, c’è solo più attenzione mediatica”
di F. Q. | 1 gennaio 2017
Tre casi di meningite in 24 ore in Toscana. Uno è da meningococco di tipo C e due di tipo B. Il primo episodio è stato confermato dal laboratorio dell’ospedale Meyer di Firenze per una ragazza di 20 anni residente a Prato, ricoverata nella tarda serata dell’ultimo dell’anno in terapia intensiva all’ospedale Santo Stefano. L’Asl di Prato ha attivato tutte le procedure per la profilassi sottoponendo a copertura antibiotica, già dal mattino di Capodanno, familiari e amici che hanno avuto contatti con la giovane nei 10 giorni precedenti ai primi sintomi. Secondo quanto scrive Repubblica la giovane era stata vaccinata a settembre. I casi di tipo B riguardano invece un 83enne di Venturina ricoverato a Livorno (le condizioni sono serie e l’anziano è in prognosi riservata) e un 55enne di Impruneta ricoverato al Santa Maria Annunziata di Firenze.
Sono 60 i casi di meningite C registrati nella regione negli ultimi due anni, 31 nel 2015 e 29 nel 2016, che hanno portato a 13 decessi (6 più 7). A questi si aggiungono un decesso per meningite di ceppo B e la morte, nel novembre scorso, di un paziente colpito da meningite pneumococcica. L’incidenza maggiore del virus si è registrata nella fascia di età 20-29 anni, seguita dalla fascia 0-19. Solo in 19 casi le persone affette avevano più di 40 anni.
 
Tutte le autorità sanitarie precisano che non c’è una particolare incidenza della malattia in questi anni rispetto al passato. Come spiegava due giorni fa Antonio Chirianni, primario di Malattie infettive all’ospedale Monaldi-Cotugno-Cto di Napoli e presidente del Simit, società italiana di malattie infettive e tropicali: “Non c’è una maggiore concentrazione di decessi per meningite, in questo momento c’è per lo più un’attenzione mediatica”. “Non è una malattia debellata e le meningiti sono tante – ha aggiunto Chirianni – perché gli agenti che le provocano sono diversi”. In questo momento, i casi che si sono registrati sono dovuti al “meningococco, una delle tante forme”. Dunque non c’è una maggiore concentrazione di decessi. La meningite è “una malattia sempre presente che ogni anno fa registrare un certo numero di pazienti che la contraggono e ha un tasso di mortalità tra il 5 e il 10%”. “Ma un aumento, a livello nazionale, tra l’1 e il 2% – ha proseguito – non è tale da fare statistica”. Il consiglio è sempre quello di vaccinare: “Il vaccino copre un certo numero di meningiti, non è obbligatorio, ma nella maggior parte delle regioni italiane, è gratuito e offerto soprattutto ai bambini”. Ad oggi, però, nonostante la gratuità del vaccino, “la copertura è molto bassa”. La responsabilità “è la cattiva informazione fatta da alcuni sui vaccini e le vaccinazioni in senso più ampio e non legata solo alla meningite”.
 
di F. Q. | 1 gennaio 2017