UNE REVOLUTION DE COULEUR EN AMERIQUE ?

# LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN)/

DANS ‘REPORTAGE’ (22 JANVIER 2017) :

PCN-TV/ 2017 01 22/

2017-01-23_201638

Quelle analyse portez-vous sur cette colère qui augmente partout en Amérique mais aussi en Europe, et qui conteste la politique de Trump ? N’a-t-il pourtant pas été élu président des États-Unis ?

Luc MICHEL, analyste politique, répond à cette question.

UNE REVOLUTION DE COULEUR EN AMERIQUE ?

PURPLE REVOLUTION : LE ROI EST NU …

George Söros planifie-t-il des changements en Amérique ?

Dans ‘REPORTAGE. L’INTERVIEW’, PRESS TV (Iran) interroge Luc Michel, géopoliticien …

* Voir sur le Site de PRESS-TV/

Emission complète « Reportage »

Une révolution de couleur en Amérique ? Le roi est nu.

sur http://www.presstv.com/DetailFr/2017/01/22/507329/Le-roi-et-nu

____________________

# PCN-TV

https://vimeo.com/pcntv

# ALLEZ ‘LIKER’ LA PAGE OFFICIELLE DE PCN-TV !

https://www.facebook.com/PCN.NCP.TV/

LES MEDIAS CONFIRMENT QUE LE PS FRANÇAIS A MANIPULE LES RESULTATS DE LA ‘PRIMAIRE DE LA GAUCHE’

# LUCMICHEL. NET/

LM/ En Bref (II)/ 2017 01 23/

LM.NET - EN BREF manipulations primaire de la gauche fr II (2017 01 23) FR

Tricheurs un jour, tricheurs toujours.

Spécialiste de la fraude électorale, les Hollande, Vals et cie ont à nouveau manipulé les chiffres de la soi-disant « primaire de la gauche », comme je l’écrivais ce midi déjà. Et les sociaux-démocrates sont en aveu : « Le Parti socialiste attendait beaucoup de la participation lors de cette primaire de la gauche. Au point de gonfler les chiffres? C’est ce qu’admet à demi-mot Christophe Borgel, l’organisateur, invoquant la pression médiatique » (dixit l’AFP) !

Ce sont les mêmes qui donnent des leçons de « démocratie » (sic), de « bonne gouvernance » en Afrique. Et prétendent venir y juger la qualité des élections …

« les chiffres publiés après minuit, et ceux actualisés dans la matinée sont interpellants. En comparant les pourcentages attribués aux sept candidats à cette primaire, le journaliste des décodeurs, Samuel Laurent, a expliqué que les chiffres ont été gonflés (environ 28%) pour chaque candidat (…) Selon son calcul, il y a 352.013 voix en plus sans que les pourcentages n’évoluent vraiment (0,1% pour Sylvia Pinel). Un sacré hasard. Samuel Etienne établit plusieurs hypothèses en en privilégiant une. “Ces voix n’existent pas, c’est un ajout artificiel pour gonfler la participation”. On ne connaît toujours pas la participation à ce premier tour. »

LM

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel/

http://www.lucmichel.net/

https://twitter.com/LucMichelPCN

LENTI BIFOCALI su Washington, Amatrice, Belgrado

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/lenti-bifocali-su-washington-amatrice.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 23 GENNAIO 2017


E tu onor di pianti Ettore avrai
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato
e finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane

(Ugo Foscolo, I Sepolcri)

“Finchè l’inganno scorreva silenzioso e monotono, tutti ci siamo lasciati ingannare, avallandolo per incoscienza, o forse per codardia”.
(William Faulkner)
Dedicato a Milosevic, Karadzic, Mladic. E al Corpo Forestale dello Stato.

E’ capitato ultimamente che qualcuno abbia profferito rampogne sul blog e su FB, sia a me, direttamente, sia alla senatrice 5Stelle Ornella Bertorotta che, con un’apprezzabile mozione contraria, aveva bloccato la mozione di una camarilla di ratti a stelle e strisce, guidata da Casini e da miserandi fuorusciti o giustamente espulsi dei 5 Stelle, che pretendeva di far votare al Senato un documento di contumelie e calunnie al Venezuela. Iniziativa sulla falsariga del colpo di coda del rettile Obama che, implicando le solite misure delinquenziali della sua amministrazione, aveva dichiarato il Venezuela “Grave e straordinario pericolo imminente alla sicurezza degli Stati Uniti”. L’oggetto della rampogna era che sia la senatrice, occupandosi della diffamazione di un degnissimo paese sovrano e fornendo ragioni inconfutabili in contrario, che il sottoscritto, pur nelle drammatiche temperie del momento nazionale, deviavamo dalle cose vicine per occuparci di cose lontane, secondarie rispetto ai problemi di casa.

A me pare una visione un tantino provinciale, non infrequente nel nostro paesello affollato da chi ritiene il cosmopolitismo costume dei merluzzi in viaggio tra Golfo del Messico e Artico, o da chi a scuola non va oltre Massimo d’Azeglio e quando sente parlare di Bismarck pensa a uova al tegamino. A ma pare anche lo strabismo di chi si affanna a riparare il rubinetto di cucina che perde, mentre trascura la falla apertasi nell’acquedotto fuori casa.

Sappiamo che è una degenerazione del visus vedere male da vicino, miopia, o da lontano, presbiopia, o addirittura da entrambe le distanze. Ci inducono a ciò l’avanzare del decadimento fisico e, nella metafora, l’educazione a vedere soltanto fino alla punta del naso, o soltanto oltre. Per rimediare a questi difetti esiste un rimedio meraviglioso: le lenti bifocali. Alzi lo sguardo verso il settore superiore della lente e vedi nettissimi i cipressi sul crinale; lo abbassi e i caratteri dello stampato che leggi ti balzano nitidi agli occhi. E così, un po’ guardi lontano e vedi che succede dietro “questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, e ti “sovvien l’eterno”. Ma poi accorci lo sguardo e attorno a te ritrovi “le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei”.

Intendendo, l’amico Giacomo, che in questo modo connetti l’eterno al passato e al presente, il lontano al vicino, la luna al pastore errante e, se il poeta mi consente, il modello politico-economico, autocratico-predatore-mafioso, imposto dalla più grande potenza del mondo, alla sciagurata situazione del nostro territorio e di chi ci formicola sopra cercando di scansare gli effetti locali di quel modello. In poche parole, cari soloni, per capire qualcosa, tocca conoscere il contesto e constatare che “tout se tien”.

Quando il diavolo e l’acqua santa fanno festa insieme

Azzardiamo un accostamento ardito. Le megamanifestazioni contro l’insediato presidente, preannunciate da roboanti proclami di guerra al duo satanico Trump-Putin, hanno visto affiancati i “dimostranti del Bene”, donne in testa, e quanti fino a ieri erano definiti i massimi esponenti del Male (Cia, i Clinton, i neocon, i padrini di tutti i terrorismi, gli armaioli). Tout se tien. E’ l’ unità ritrovata, anche se la disparità era già più esibita che giustificata, corrisponde a livello globale a quell’”unità nazionale”, ieri “larghe intese”, che oggi s’invoca da noi a copertura della sciagurata incompetenza, inefficienza, indifferenza, delinquenza, che stanno marchiando d’infamia l’intervento, non intervento, delle autorità a difesa e salvezza degli esseri viventi aggrediti dalla natura manomessa e offesa. Considerazioni che non ci impediranno di certo, una volta sistemati i suoi predecessori nella discarica della Storia, di manifestare e lottare contro l’ ennesimo burattino imperiale e le sue aberrazioni ambientali, geopolitiche, filo talmudiste, scioviniste, razziste.


A Washington, Berlino, Tokio, ovunque il pifferaio talmudista ungherese, CdA della camarilla dei necrofori imperiali, abbia fatto risuonare il suo richiamo, amplificato da esemplari femministi come la novella Santa Giovanna d’Arco, Madonna Ciccone, donne si sono mosse credendo di opporsi a chissà quali future nefandezze di Trump e non facendo altro che obbedire, l’ennesima volta dagli anni del ’68, a nemici di classe, imperialisti, guerrafondai, ladri e genocidi, che depistano dai propri crimini verso la guerra tra poveri, tra subalterni, tra generi. La guida è affidata a machofemministe maternaliste che, insieme a Madeleine Albright, avevano votato per Hillary, il plauso arriva dagli amici del giaguaro. Difatti coloro che ti ci hanno mandato, in piazza, sono i giaguari (chiedo scusa all’animale a cui rubo la metafora) con tra le zanne ancora i resti dei milioni di donne (e altri) sbranate in giro per il mondo. Particolare bello che accantonato.

Faccio contenti i miopi, quelli del rubinetto di cucina, e ricordo che un po’ più di vent’anni fa, allertati da uno di quei comitati di cittadini che sono l’estremo presidio del paese, perforando con la Guardia Forestale dello Stato le colline del Golfo dei Poeti a Pitelli (La Spezia), sprofondammo in un oceano di veleni, lì sepolti da una consorteria di farabutti (politici PCI, poi PD, ammiragli ‘ndranghetisti, imprenditori, banchieri, servizi segreti), che avevano intossicato e ucciso esseri umani e non da Pitelli alla Somalia, compresi la mia collega al TG3 Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e il capitano Natale De Grazia che, anche lui, aveva messo il naso nel business. Noi, le Guardie Forestali sotto lo straordinario maresciallo Gianni Podestà, alcuni PM di La Spezia e soprattutto il PM Luciano Tarditi di Asti, che inchiodò i delinquenti uno per uno, tirammo fuori quelle porcherie assassine e le sventolammo sotto il naso ai responsabili. Noialtri ce la siamo cavata. Ma la magistratura, nei tempi della nostra evoluzione politica, s’è evoluta pure lei: vent’anni dopo, tutti assolti e i veleni sono ancora là.

Un corpo di polizia che fa pulizia.
Rai, Tg3, magistratura, tutti normalizzati. Anche in Abruzzo, dove l’Edison della centrale di Bussi ha avvelenato per vent’anni 400mila persone. Altro delitto, altri criminali scoperti dalla Guardia Forestale.Tutti assolti. E poi Seveso, la Centrale a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure, assassina di almeno 400 persone, la Terra dei Fuochi, alluvioni, frane, incendi. Il Corpo di polizia sicuramente più preparato e prezioso in un paese che prolifera di polizie come nessun altro al mondo, ma, ahiloro, non militarizzato. Vicino a quella che suol dirsi società civile, al territorio. Fondato nel 1822 da chi non pensava a repressione dei subalterni, ma a salvaguardia e promozione di chi non ha voce, animali, terra, piante, acque, faceva la cosa più importante di tutte, quella che nessuno nel Belpaese fa: prevenzione. Ed era composto da gente preparata, onesta, appassionata. E che perciò dava fastidio e doveva morire.

Hanno iniziato a ucciderla a fine anni ’80. Ricordo un mio servizio sul Parco Nazionale dello Stelvio, il primo d’Italia, uno dei più antichi d’Europa. Ci arrivai che, con lacrime invisibili negli occhi, i Forestali svuotavano armadi, impacchettavano dossier, chiudevano gli uffici, partivano. Un decreto gli aveva tolto il compito di vegliare sul parco e l’aveva affidato ai palazzinari e bracconieri delle tre province che ambivano a saccheggiarlo: Lombardia, Trentino, Alto Adige. Oggi è rimasto integro solo questo’ultimo pezzo, sudtirolese.


A decretarne la morte definitiva è stata la superesperta di ambiente e amministrazione pubblica Marianna Madìa. Il decreto Sblocca Italia aveva già tolto di mezzo le soprintendenze ai beni culturali, a che servivano nel paese del 40% del patrimonio artistico mondiale, essendoci una Madia? E, per la valorizzazione, un Briatore, un Ciancimino, un Fuksas? La messa a disposizione delle solite torme di ratti, tipo costruttori all’Aquila, viene completata dalla Madia che, all’insaputa di ogni principio di razionalità ed efficienza, ma alla saputa di speculatori e predatori, elimina il CFS incorporandolo nei più “affidabili” carabinieri. Con i Vigili del Fuoco sotto organico perenne e gravemente sottodotati, i due corpi a cui è affidata la salvaguardia del nostro territorio violato e sgretolato, sono ridotti alla ragione di Stato, di questo Stato. E così i geologi, scienziati di cui l’Italia avrebbe bisogno più dei perfettamente inutili suoi 322mila soldati. Sono troppi, costano troppo. Possiamo spendere 15 miliardi di euro per 90 scarcassoni chiamati F35, che tutti gli altri cancellano. Possiamo regalare 20 miliardi alle banche perché si salvino dalle proprie ruberie e regalie. Sarebbero 35 miliardi con i quali si riaggiusterebbe metà del nostro territorio dissestato e reso stragista. Se i nostri burattini scegliessero diversamente, chi li farebbe lavorare più appesi ai fili?

La meglio Protezione Civile

E così non solo prevenzione nulla e abusi a gogò, allarmi ignorati da prefetti, ritardi surreali nei soccorsi, turbine antineve rotte e non riparate, strade vitali per le emergenze sepolte e nè manotenute, né sgomberate (le province che se ne occupavano abolite pure quelle), gente in tenda sotto tonnellate di neve e tra macerie non rimosse a cinque mesi dal primo sisma, tramvate contro la realtà cialtronesca di regime di un capo dello Stato che biascica “non vi abbandoneremo”. Ma nulla ricorda degli 8000 km di ferrovia, della rete allora migliore d’Europa, tagliati come rami secchi per far posto alla gomma e ai carburanti dei compari. Treni che, aprendosi la strada con i rostri anche nella neve, collegavano tutti quei borghi che oggi si sono visti irraggiungibili. Ma anche tre elicotteri della Guardia Forestale che avrebbero potuto intervenire sull’albergo-tomba di Rigopiano, ma sono rimasti fermi perché la Madia non aveva ancora provveduto a emanare i decreti attuativi necessari l passaggio di consegne ai carabinieri. E tutti ad applaudire gli “eroici vigili del Fuoco e il Soccorso Alpino”, compresi quelli che non fanno che togliere di mezzo l’importuno intralcio alle magnifiche sorti e progressive di crescita e sviluppo.

Spasmi di rabbia e crampi di pena a vedere vagolare in una panorama tutto bianco che, solo al suo apparire sullo schermo cerchi una coperta, animali morituri. Mucche, pecore, maiali, conigli, che non sono solo l’economia della regione, senza i quali la regione si spopola e muore e poi viene giù. Sono creature senzienti, affettive, sofferenti, moriture, disperate, morte di freddo, di fame, di solitudine. Questa combutta di inetti e irresponsabili, cui le nevicate straordinarie erano state anticipate, non ha saputo predisporre, mica casette di legno o container attrezzati, ma semplicemente stalle, quattro assi e una tettoia, per salvare chi vive soffrendo l’indicibile e chi ne vive e annega nella disperazione. Siamo una landa desolata, un paese desertificato nella natura, nell’intelligenza, nell’onestà. A che servono i Forestali in un deserto?

Serbi da morire. Stavolta li ammazziamo di migranti


Se sollevo lo sguardo, passo attraverso la parte delle lenti bifocali che fa vedere lontano. Capita che si veda fino a Belgrado. Come, dopo tre lustri di pudica, prudente, cecità sul corpo di reato, sta succedendo in questi giorni a tutti. Vedono fino a Belgrado. Ma non vedono Belgrado. Vedono migranti al freddo. L’ho già ricordato altre volte, ma oggi c’è lo spunto per ripercorrere il ricordo: era la mattina del 24 marzo 1999, con il concorso di pacifinti alla Sofri e Langer, preti, dirittumanisti, giornalisti venduti o imbecilli, furbacchioni, mercenari Nato di Al Qaida, spie e delinquenti, avevano già sbranato la massima parte della Jugoslavia e si apprestavano all’esecuzione di quanto restava, nonostante tutto, orgogliosamente in piedi. La Serbia. Avevano già fatto pulizia etnica a migliaia di morti ammazzati e centinaia di migliaia di sradicati, in Kosovo, Bosnia, Krajine e si erano coperti inventando stragi serbe a Racak, Srebrenica, Vukovar.

Quella notte criminali di guerra, tra i quali il caporale di giornata D’Alema, avevano iniziato i bombardamenti su Belgrado la cui gente si ostinava a mettersi un ponte con un bersaglio sul petto a cantare canzoni. Quella mattina, in riunione di redazione, ci esaltarono l’opera di Giovanna Botteri portavoce simultaneamente di UCK e Nato e ci dissero che tutti dovremmo riferire così sull’ “intervento umanitario”. Come sempre, prima e dopo, nulla era vero, il dittatore Milosevic, gli stupri, la pulizia etnica in Kosovo, la repressione, le carceri piene di politici. Era vero il contrario. E la Serbia poteva dare esempi di democrazia e moderazione a tutta la sedicente “comunità internazionale”. Quel giorno fu il mio ultimo in Rai e il primo tutto solo e da indipendente.

A Belgrado la notte del nostro arrivo le macerie fumavano, nell’ospedale trovammo le incubatrici spente dalle bombe, così la TV di Stato, come in tutti i paesi che diffondono “fake news”, l’albergo accanto al nostro squartato da un missile, l’ambasciata cinese di fronte affettata da tre bombe, le strade ridotte in torrenti congelati di macerie. E la gente sul ponte con il Target, a cantare. Ne feci un documentario “Il popolo invisibile”. E poi un altro, “Serbi da morire”. E poi un altro, “Popoli di troppo”. Ma i miei reportage a Liberazione dopo un po’ vennero bloccati dal caporedattore Cannavò, ora a “Il Fatto Quotidiano”, e dalla vicedirettrice sotto Sandro Curzi , chihuahua di Bertinotti, Rina Gagliardi. Troppo squilibrato verso Milosevic. L’ultimo pezzo cestinato era sulle bombe a grappolo Usa su Nis e, peggio, un racconto di come bene i serbi accogliessero i rom. Rifiutarono perfino, grandi professionisti, la mia intervista con Slobo, l’ultima prima che lo arrestassero. Uscì poi sul Corriere.

Da allora, la Serbia sparì in un buco nero. Conveniva. La vergogna sotto sotto si faceva sentire. Un’Europa unita che ci dà 60 anni di pace e poi si amputa un arto. Ma la vergogna, il senso di colpa, in fondo al pozzo nero dell’anima di tutti coloro che hanno collaborato alla distruzione di Jugoslavia e Serbia, o l’hanno tollerata, riemerge adesso. E prova ad arrampicarsi dal buio della cattiva coscienza verso la luce di una maleodorante solidarietà. Quella per i profughi. Un uragano di compassione per chi agonizza al freddo, come Enrico IV, nel 1077 per tre giorni e tre notti nella neve, anche allora di gennaio, davanti al portone del castello di Gregorio VII e Matilde. Una bufera di indignazione verso “i serbi che sbarrano le porte”. Serbi come Orban, il “nazista ungherese” che, sia detto tra i denti, governa un paese che, in proporzione alla popolazione, ha il più alto numero di profughi d’Europa e il cui “muro” è un cancelletto rispetto a quello eretto in Palestina o a Calais. Lui però è cattivo, ha cacciato tutte le buone Ong di Soros, ama più Putin di Juncker. Cattivi anche i serbi una volta di più vittime di menzogne e calunnie. Come dal 1990. Come anche prima, quando Tito e Milosevic si ostinavano a tenere il paese fuori dalla camicia di forza delle superpotenze.

Una cattiva coscienza che si nasconde nella solidarietà

Sarete rimasti atterriti dall’uragano di immagini, lacrime, geremiadi, anatemi, che i media di mezzo mondo, hanno scaricato dagli schermi a proposito della tempestivamente re-innescata (ovviamente contro Trump e accoliti che schifano i migranti) rotta balcanica. Come Enrico IV, alle porte di Belgrado, o al confine serbo-ungherese, nel gelo, colonne di fuggiaschi in stracci, senza protezione, assistenza, conforto, attorno a focarelli che lottano contro bufera e nevischio, che si fanno la doccia all’aperto, con acqua di bidoni ghiacciati, bambini e donne (meticolosamente rintracciati tra un 90% di giovani maschi). Una roba, come suggerisce un acuto commentatore al mio blog, che dovrebbe evocare paragoni con l’olocausto, con le turbe di moribondi in marcia dal treno blindato alle presunte camere a gas. Ovviamente, su questa strada, Furio Colombo e la lobby sono sempre in testa.

Diversamente che da noi, anche a Roma, non c’è stato nessuno sgombero forzato, si è negoziato per trovare una soluzione che non ferisse nessuno, si sono messe a disposizione tre caserme (da noi stanno vuote), si è provveduto a fornire vestiario, cibo, calore. I cittadini di Belgrado, cui abbiamo lasciato gli occhi per piangere, si sono mossi in soccorso individuale e collettivo, come li avevo visti fare quando dal Kosovo, lacerato dalle bombe Nato e dai briganti dell’UCK, arrivavano in fuga serbi e rom.

Non hanno parlato di integrazione, di assimilazione di meticciato, e altri trucchi neocolonialisti, coloro che facevano parte del migliore esperimento di integrazione tra etnie e confessioni di una famiglia geografica e storica dallo stesso destino e progetto politico. Ma hanno fatto quel che potevano, da gente stanca, disillusa, sfiancata, mal governata (come piace ai suoi giustizieri), impoverita, demoralizzata, per continuare ad avere il mondo contro. Il mondo che gli ha troncato le gambe e chiuso il futuro. E che oggi pretende di dare lezioni di umanità. Appunto, lo stesso mondo dell’intervento umanitario a forza di bombe e bugie.

Quanto a noi, a quelli che marciano contro Trump per la soddisfazione di Obama, Hillary, signori delle guerre, dei diritti umani, dei LGBTQ, delle donne (bombardate escluse), che magnifica occasione, quella dei poveri rifugiati davanti alle mura dei soliti serbi, per nascondere i carcinomi della nostra coscienza. Per lavarla, questa coscienza, con la candeggina dell’ipocrisia.

 

Pugnalata alle spalle del Venezuela bolivariano, parata al Senato dai 5 Stelle

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/pugnalata-alle-spalle-del-venezuela.html

MONDOCANE

VENERDÌ 20 GENNAIO 2017

 
Mozione presentata dal Senato da Ferdinando Casini e compari, compresi gli espulsi o transfughi dei 5 Stelle (che giustificano una volta di più in pieno la loro espulsione), zeppa dell’ignoranza di tutti i firmatari e del miserabile livore dei reazionari e burattini degli Usa, fondata su tutte le mistificazioni e falsità fornite dalle centrali imperiali della disinformazione e destabilizzazione, di fronte al successo di un processo di liberazione ed emancipazione dalla morsa colonialista e imperialista iniziata con Hugo Chavez e sostenuto dalla stragrande maggioranza del popolo venezuelano.
Mozione della senatrice Ornella Bertorotta e di altri senatori 5 Stelle che è riuscita a bloccare il tentato colpo di mano dei detriti centrodestristi e di esponenti del  PD e a imporre un’ampia discussione in aula martedì prossimo. Correttamente la mozione dei 5 Stelle contrappone al quadro strumentale e mistificatorio tracciato dai firmatari della mozione anti-Venezuela una realtà venezuelana di interventi, senza precedenti in Sudamerica, a favore delle classi deboli, con un riscatto ugualmente senza precedenti su tutti piani dei diritti e dei bisogni del popolo. Realtà di giustizia sociale all’origine della reazione, anche golpista, di un ceto di parassiti predatori sostenuti da chi, all’estero, si sente minacciato dal modello venezuelano. La mozione insiste sulla cessazione delle interferenze straniere che violano la sovranità e l’autodeterminazione del paese, registra le vere cause dell’attuale malessere, in parte dovuto alla corruzione diffusa, al dilagare della criminalità e, in prima istanza, al sabotaggio della grande distribuzione privata che ha in parte neutralizzato un’adeguata possibilità di alimentare la popolazione attraverso i canali pubblici. Preoccupata per le conseguenze della crisi ad arte innescata dai nemici della rivoluzione bolivariana, sui nostri concittadini in Venezuela e sulla popolazione tutta, la mozione sollecita un ritorno al dialogo attualmente boicottato dall’opposizione e una pacificazione che permetta al Venezuela di riprendere il suo cammino di riscatto sociale.
Fulvio 

ORDINE DEL GIORNO
Giovedì 19 gennaio 2017
744a e 745a Seduta Pubblica
alle ore 9,30
Discussione di mozioni sulla crisi del Venezuela (testi allegati)
alle ore 16
Interrogazioni a risposta immediata ai sensi dell’articolo 151-bis del Regolamento al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare su: – problematiche connesse all’inquinamento atmosferico; – gestione del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento alla bonifica dei siti di interesse nazionale.

MOZIONI SULLA CRISI DEL VENEZUELA
(1-00709) (17 gennaio 2017) CASINI, CORSINI, MINZOLINI, PEGORER, RAZZI, SANGALLI, SCHIFANI, VERDUCCI, ZIN, GIANNINI, MOSCARDELLI, SCALIA, PUPPATO, MARAN, CALEO, CUOMO, ANGIONI, DE BIASI, CANTINI, SONEGO, D’ADDA, PEZZOPANE, LAI, RUSSO, CHITI, FILIPPIN, PAGLIARI, SUSTA, DE PIETRO, COMPAGNA, LANIECE, ROMANO, BATTISTA, ORELLANA, LONGO Fausto Guilherme, FRAVEZZI, PANIZZA, ZELLER, BERGER, BUEMI, LIUZZI, BIANCONI, DI BIAGIO, ALBERTINI, CONTE, TORRISI, ROSSI Luciano, D’ASCOLA, AMORUSO, GAMBARO – Il Senato, considerato che: da quasi 3 anni il Venezuela attraversa una profondissima crisi economica, sociale e politica; negli ultimi mesi la crisi economica si è ulteriormente aggravata, principalmente a causa delle scelte del Governo, con il peggioramento di tutti gli indicatori e il raddoppio del tasso di povertà; l’aumento esponenziale del tasso di criminalità ha reso il Venezuela uno dei Paesi più pericolosi del mondo; nonostante una crisi umanitaria sempre più grave, caratterizzata in particolare da carenza di cibo, di medicinali e di dispositivi medici, il Governo ostacola l’ingresso nel Paese di aiuti umanitari e le diverse iniziative internazionali, anche non governative, di sostegno alla popolazione; la preoccupazione nei confronti della situazione venezuelana è condivisa dalla comunità internazionale, a partire dall’Unione europea, dalle Nazioni unite, dall’Organizzazione degli Stati americani e dal G7; la proclamazione dello “stato di eccezione ed emergenza economica” attribuisce al Governo poteri straordinariamente estesi in ogni ambito, con un’inaccettabile restrizione delle garanzie costituzionali e dei diritti civili e politici; la separazione tra i poteri, essenziale in uno Stato di diritto, soffre una grave limitazione, considerando il forte controllo che il Governo esercita nei confronti degli organi giudiziari, del Consiglio elettorale nazionale e in particolare del Tribunale supremo; le attribuzioni costituzionali dell’Assemblea nazionale, organo del quale l’opposizione democratica detiene la maggioranza, sono sistematicamente violate, attraverso decisioni, sia del Governo che del Tribunale supremo, che impediscono lo svolgimento delle sue funzioni legislative e di controllo ed hanno creato le premesse per l’approvazione da parte dell’Assemblea di atti che aggravano ulteriormente la frattura istituzionale in atto; altissimo è il numero delle persone in prigione, agli arresti domiciliari o in liberta vigilata per ragioni politiche, tra cui esponenti politici di primo piano, come Leopoldo López, Antonio Ledezma e Daniel Ceballos; nonostante le rilevanti concessioni dell’opposizione (che ha rinunciato, di fatto, a proseguire l’iter per l’indizione del referendum revocatorio), il dialogo politico, avviato anche grazie alla mediazione vaticana, appare bloccato e rischia di essere utilizzato dal Governo in termini puramente dilatori; in Venezuela vive una numerosa comunità di origine e di cittadinanza italiane, che condivide le privazioni, l’insicurezza e il clima di intimidazione, in cui versa gran parte della popolazione; le imprese italiane che operano nel Paese soffrono fortemente la situazione di crisi economica e di tensione politica, nonché l’atteggiamento di scarsa collaborazione del Governo, anche in relazione ad una posizione creditizia complessiva ormai insostenibile (stimata attualmente in circa 3 miliardi di dollari), impegna il Governo: 1) ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in sede di Unione europea e in collaborazione con gli organismi internazionali, per ottenere dal Governo venezuelano un atteggiamento costruttivo per superare la situazione critica in cui versa il Paese; per impegnarlo a ripristinare la separazione dei poteri e salvaguardare le attribuzioni dei diversi organi costituzionali; per favorire un dialogo effettivo e stringente tra i diversi livelli di Governo, l’opposizione democratica e la società civile; per ottenere la liberazione di tutti i prigionieri politici; 2) ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in sede di Unione europea e in collaborazione con gli organismi internazionali, per alleviare la grave crisi umanitaria del Paese, in particolare a favore dei soggetti più deboli della società; 3) ad approntare un piano straordinario di assistenza ai connazionali residenti in Venezuela, anche attraverso un rafforzamento delle nostre strutture diplomatico-consolari; 4) a continuare a sostenere i legittimi interessi delle imprese italiane che operano nel Paese e vantano crediti nei confronti del Governo.  (1-00712) (18 gennaio 2017) BERTOROTTA, PETROCELLI, LUCIDI, DONNO, SANTANGELO, CAPPELLETTI, SERRA, ENDRIZZI, MORRA, GIARRUSSO, LEZZI, GAETTI, CIOFFI, PUGLIA, PAGLINI – Il Senato, considerato che: da almeno 2 anni il Venezuela vive una forte crisi economica e politica principalmente a causa del crollo dei prezzi del petrolio, con il peggioramento di tutti gli indicatori economici; l’aumento esponenziale del tasso di criminalità ha reso il Venezuela uno dei Paesi più pericolosi del mondo, insieme al Messico, dove gli eccidi indiscriminati sono all’ordine del giorno; il Governo fronteggia il fenomeno del mercato nero e dell’indisponibilità, da parte delle grandi aziende distributrici, a mettere in commercio prodotti alimentari, principale causa della carenza di beni di prima necessità; la situazione è aggravata anche dalla corruzione endemica della pubblica amministrazione venezuelana, che erode consenso alle istituzioni e polarizza ulteriormente le fazioni su posizioni estreme; la situazione venezuelana è oggetto di indebita ingerenza da parte della comunità internazionale, a partire dall’Unione europea, dalle Nazioni unite, dall’Organizzazione degli Stati americani e dal G7; la proclamazione dello “stato di eccezione ed emergenza economica” attribuisce al Governo poteri straordinariamente estesi, nel tentativo di affrontare la crisi economica e la destabilizzazione, anche internazionale, verso il Paese latino americano; la FAO ha premiato il Venezuela per l’impegno dimostrato nel combattere la fame nel Paese, in riferimento al programma “Misión Alimentación”, istituito dal Governo nel 2003. Secondo le statistiche ufficiali, il programma è riuscito a distribuire circa 26,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, arrivando a garantire il 95,4 per cento dei venezuelani con più di 3 pasti al giorno; sono stati compiuti progressi anche nei campi dell’istruzione di massa (l’Unesco ha dichiarato il Venezuela Paese libero dall’analfabetismo nel 2005), dell’assistenza sanitaria, attraverso il programma “Barrio Adentro”, che ha permesso la costruzione di più di 13.000 centri medici di varie tipologie, nel campo della distribuzione dell’acqua potabile, rifornendo circa il 95 per cento della popolazione; in Venezuela è presente una numerosa comunità di origine e di cittadinanza italiana, che vive un profondo sentimento di abbandono da parte dell’Italia; dal maggio 2014, Alitalia ha sospeso i voli da Roma per Caracas, isolando di fatto i nostri connazionali, che sono costretti a fare scalo in Spagna, aumentando considerevolmente i tempi e i costi di spostamento per raggiungere il nostro Paese; l’INPS ha penalizzato i pensionati italiani in Venezuela, attraverso il versamento delle pensioni con un cambio sfavorevole; dall’elezione del presidente Chavez, il Paese vive una contrapposizione infruttuosa tra maggioranza e opposizione e, più in generale, tra classe imprenditoriale e Governi succedutesi dal 1998 in poi, che hanno portato ad un tentativo di colpo di stato nel 2002, i cui responsabili hanno però ottenuto l’amnistia dal Governo dell’epoca; ad un anno dalla morte di Ugo Chavez, stroncato da un fulmineo cancro nel 2014, il Paese ha conosciuto un forte periodo di instabilità, con manifestazioni e scontri, noti come “guarimbas”, che hanno causato la morte di decine di persone, tra cui molti membri della Polizia; in risposta a queste manifestazioni, il Governo ha incarcerato centinaia di persone, accusate di essere responsabili di gravi fatti di sangue, interruzione di pubblici servizi, danneggiamenti e incendi di strutture pubbliche, omicidi mirati o veri e propri attentati terroristici; il Paese sudamericano ha vissuto una turbolenta vita politica fatta di colpi di stato e repressione dell’opposizione che, solo dagli anni sessanta in poi ha permesso il ritorno alla vita democratica, seppur con pesanti ingerenze straniere e delle élite economico-finanziarie, che hanno aumentato la povertà negli strati più deboli della popolazione venezuelana; la contrapposizione tra le fasce più ricche e quelle più povere della popolazione e il boicottaggio delle azioni governative hanno causato un ulteriore aumento delle esposizioni debitorie e generato diffidenza presso gli investitori internazionali; il protrarsi di tale situazione rischia di coinvolgere la comunità italiana nel Paese, in un più generale clima di scontro, anche armato, tra le parti, che non porterà al miglioramento delle condizioni di vita dei nostri concittadini e dei cittadini venezuelani; la recente visita del presidente venezuelano Nicolas Maduro a papa Francesco del 24 ottobre 2016 ha avviato una nuova fase di colloqui di pace, volti a favorire una mediazione tra governo e opposizione e finalizzata al ripristino della pace sociale e della cooperazione tra le parti nell’interesse di tutto il popolo venezuelano; le imprese italiane che operano nel Paese soffrono fortemente la situazione di crisi economica e di tensione politica, anche in relazione ad una posizione creditizia complessiva ormai insostenibile (stimata attualmente in circa 3 miliardi di dollari); il 20 maggio 2014 il Sottosegretario di Stato pro tempore per gli affari esteri, Mario Giro, in relazione alla crisi venezuelana, sosteneva il dialogo tra Governo e opposizione, facendo eco al Ministro pro tempore degli affari esteri, Federica Mogherini, che sosteneva “Credo che non ci sia altra strada percorribile se non quella di sostenere questo difficile sforzo di dialogo nazionale”, impegna il Governo: 1) ad avviare un dialogo con il Governo venezuelano, nel pieno rispetto del principio di non ingerenza negli affari interni di altri Stati, al fine di tutelare la sicurezza e il benessere dei cittadini venezuelani e in particolare degli Italo-Venezuelani; 2) a rigettare con forza qualsiasi posizione oltranzista e ogni pratica violenta, supportando, con ogni mezzo necessario, l’iniziativa di pace della Santa Sede; 3) a chiedere a Caracas di aumentare le misure di sicurezza a protezione della comunità italiana, predisponendo quanto necessario a garantire una vita tranquilla agli italo venezuelani nel Paese; 4) a chiedere all’opposizione venezuelana di fare quanto possibile per isolare i violenti e ripristinare le condizioni di dialogo nell’interesse del popolo venezuelano; 5) ad avviare una contrattazione per ripristinare i voli aerei da e per Caracas dal nostro Paese, agevolando i nostri concittadini nel Paese latino americano, anche con tariffe scontate; 6) a sostenere procedure di pagamento dei crediti vantati dalle imprese italiane anche attraverso contropartite in petrolio, di cui il Paese è particolarmente ricco e i cui prezzi sono in ripresa, permettendo così il recupero delle ingenti somme vantate dalle nostre imprese in tempi più rapidi.

 

ISIS E ANTI-TRUMP: STESSO MANDATO STESSI MANDANTI – Mentre utili idioti e amici del giaguaro marciano contro Trump, Obama avvelena i pozzi in Siria

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/isis-e-anti-trump-stesso-mandato-stessi.html

MONDOCANE

VENERDÌ 20 GENNAIO 2017 

“Molte delle celebrità che dicono di non andare (all’insediamento) non erano mai state invitate. Non voglio le celebrità, voglio il popolo, è lì che abbiamo le più grandi celebrità”. (Donald Trump)
 
“E’ stupefacente e anche un po’ disgustoso vedere quanti cagnetti profumati da salotto si sono messi con il branco di rottweiler a sbranare un botolo che aveva appena cominciato ad abbaiare”. (Ernesto bassotto)
 
Mercenari professionisti
Titolo spiazzante, anzi scandaloso? Vediamo. A cosa vengono impegnati i jihadisti delle varie formazioni mercenarie impiegate in Medioriente (ora anche in Asia e Africa e individuati come attentatori in Occidente)? A mantenere e allargare il dominio, a fini di controllo e sfruttamento, su zone del mondo ricche di risorse, e/o di importanza strategica, e/o la cui sovranità e autodeterminazione costituiscono ostacolo alla globalizzazione Usa, UE e Israele e rispettivi clienti, a volte collusi a volte collidenti, perché ne spuntano gli strumenti armati e/o economici. E, a parte la logica del cui prodest, a chi riconducono, con mille documenti, prove, ammissioni, queste formazioni? Le hanno pagate e rifornite sauditi, turchi, qatarioti, giordani; le hanno armate turchi, israeliani, Usa e Stati Nato; le hanno rastrellate in giro per il mondo i servizi di intelligence e le Forze Speciali di queste entità. Senza questo retroterra e i cordoni ombelicali ad esso connessi per vitto, mezzi, armamenti, soldo, la Jihad non durerebbe e non si espanderebbe dal 2011, ma si sarebbe estinta nel giro di settimane. Ve lo dicono Von Klausewitz e Sun Tsu.
 
Mo’ chi ha pensato, elaborato, spinto ed esasperato tutto questo a partire dall’11 settembre 2001? Chi, da un lato, aveva stabilito in piani ufficiali (Oded Yinon, Israele 1981) che, per il Grande Israele, occorreva frantumare in bantustan etnocentrici e settari gli Stati-Nazione arabi. E chi, dall’altro, ma in consonanza, nel cammino verso un dominio mondiale unipolare, di Stati-Nazione progettava di farne fuori tutti, tranne il suo e quello dei più stretti parenti. Si chiama, dai tempi di Lenin, imperialismo, fase suprema del capitalismo. Ma di mezzo c’erano Russia e Cina, ammazzate che schiacciamento di minchia.
La “guerra al terrorismo”, che si apre con l’innesco delle Torri Gemelle fatte saltare dall’interno e dal Pentagono bucato con un missile, ha una miccia lunga che parte dalla fine del secolo precedente. Quando una cabala di psicopatici, in massima parte talmudisti all’orecchio di Israele, formula il PNAC, il Progetto per un Nuovo Secolo Americano. Sono la squadra messa insieme dalla Cupola dell’1% perché faccia dell’ “eccezionalismo”” eugenetico nordamericano la Weltanschaung e del suo apparato militare da un trilione di dollari lo strumento materiale per la conquista del pianeta e la rimozione dki tutto ciò che vi si frappone o contrappone. La Russia, passata dal “tana liberi tutti” di Eltsin a essere l’antagonista globale con Putin, entra nel centro del mirino PNAC. Tanto più quando si intromette in Medioriente e fa volare le scartoffie neocoloniali e nella marca imperiale Europa, rapita e stuprata dal padre Zeus a stelle e strisce fin da quando l’aveva proclamata “liberata” nel 1945, la Russia diventa partner strategico per l’energia e non solo.
 
Repubblicani e Democratici per Ia Cupola pari son
In preparazione alla resa dei conti sul campo di battaglia, i neocon, la cui strategia la Cupola fa attuare via via, indifferentemente, dai presunti antagonisti repubblicani (Bush) e democratici (Obama), vero Giano bifronte scolpito dalla Cupola, vengono messi in pratica iniziative e strumenti propedeutici. Difensivi in Europa, dove si tratta di impedire lo smantellamento dell’omologa costruzione vassalla UE per mano di chi, tra le macerie economiche, sociali ed antidemocratiche di questa struttura corrottissima e criptocoloniale, sviluppa nostalgie “populiste” per la propria sovranità fondata sulle costituzioni democratiche sorte dalla lotta antifascista. Offensivi, dove lo Stato-Nazione c’è e alberga anticorpi robusti allo sgretolamento. Ed è il caso di paesi come quelli emancipati latinoamericani, l’Afghanistan, l’Iran, l’Ucraina, l’Egitto, l’Algeria, Nigeria, Brasile, e tanti altri, tutti quelli su cui sarebbe prematuro, inopportuno, disagevole, intervenire militarmente, ma dove è necessario e urgente destabilizzare. Tanto più urgente quanto più, nei tempi recenti e di fronte all’aggressività USraeliana, tutte queste realtà statuali, sotto la spinta dei rispettivi popoli, si orientano sempre più via dall’Occidente e in direzione Russia e Cina, aumentando le criticità dei progetti PNAC e Oded Yinon.
 
 
Ci sono spie tra noi
Dove non è utilizzabile lo strumento terrorista siamo alle rivoluzioni colorate, a insostenibili immigrazioni di massa, a colpi di Stato parlamentari, a sanzioni e sabotaggi economici. Vengono creati e messi in campo strumenti di grande potenza finanziaria e capacità mimetica. Alle vecchie fondazioni Ford, Rand, Rockefelleer, ai Think Tank come il Council of Foreign Affairs, gli Istituti Repubblicano e Democratico, si aggiungono vetrine umanitariste a direzione occulta Cia come USAID, National Endowment for Democracy, Amnesty International, Human Rights Watch, Save the Children, Medici e Reporter Senza Frontiere, Avaaz…. Più dinamico e scaltro di tutti, un criminale della speculazione finanziaria ai danni di paesi da spolpare (Italia dal 1992), l’ebreo ungherese-statunitense George Soros, con la sua Open Society Foundation mirata a gabbare, con mille succursali locali, giovani ansiosi di carriera. Soros si potrebbe dire la piovra globale, da cui tentacoli si sviluppano tanti polipi e polpetti sotto forma di scuole, università, centri studi, ONG dei diritti umani, organizzazioni mediche, gruppi mmediatici, associazioni dei diritti civili, ecologisti, pacifisti, soccoritori di migranti, PR e giornalisti infestanti come l’edera nei boschi abbandonati, o i pidocchi alle elementari di qualche tempo fa. Nel Kosovo sulla via della secessione costruisce università, nel golpe di Kiev finanzia nazisti, in Siria, a Sarajevo, o in Irlanda del Nord, s’inventa “costruttori di pace” che minino la lotta di liberazione.
 
Collaborazionisti “dilettanti”
E dunque torniamo al titolo così scandaloso. A cosa puntano in questi giorni, e con quali mandanti e strumenti, coloro che in piazza si agitano, negli Usa a livelli autenticamente eversivi, in Europa in rete, in Germania con marce e marcette (una addirittura, fuori tempo massimo e già arenata, da Berlino ad Aleppo “da salvare”) contro l’insediamento del presidente eletto statunitense? Si intravvedono i tentacoli della nota piovra, sono spuntati i soliti polipi e calamari? Insomma, sono gli stessi del PNAC, dell’11/9, delle varie primavere inventate (Siria, Libia, Serbia), o contaminate e pervertite (Egitto, Tunisia)? Anziché di petto, ti devono prendere alle spalle. Sono la versione soft dei terroristi deti islamici. Supporlo, sospettarlo, arrivare ad affermarlo? Anatema! A me pare invece che lo si debba supporre ed affermare. Li ritrovi oggi in rete a sparare a palle incatenate contro Trump, senza alzare un ciglio sui trascorsi di Hillary e Obama, li ritrovi in piazza a Berlino a gettare il cuore oltre l’ostacolo della trumpizzazione universale, promettono di diventare milioni contro la Casa Bianca per mandare all’aria l’insediamento e, magari, lo stesso Trump.
 
E scopri che sono gli stessi che da edicole e schermi, in assemblee e convegni, in marce e presidi si manifestano per il martire Giulio Regeni (alla faccia del suo provato lavoro al servizio di una manica di rinomati assassini e spioni angloamericani); contro i serbi e ungheresi infami che fanno gelare gli afghani alle porte delle città (l’Ungheria ha il più alto tasso di rifugiati rispetto alla popolazione di tutta Europa; la Serbia non ha che gli occhi per piangere dopo il passaggio del rullo Nato); che invitano migranti a milionate, ma non sognano di mobilitarsi contro coloro che li cacciano di casa. Per la maggiore gioia di datori di lavoro sottocosto e di quelli cui interessa tenere l’Europa sotto schiaffo; che, trasudando diritti umani, dall’alto della loro civiltà superiore, spappagallano di dittatori e tirannie in paesi di cui nulla sanno e i cui popoli disprezzano; per i quali, cittadini di paesi governati da ladri, mafiosi, corrotti, guerrafondai bombaroli, con primati di femminicidi, servilismo mediatico, Putin è omofobo, misogeno, sessista, autocrate, zar; che, all’ombra di belve umane come Thatcher, Hillary, Condy Rice, Madeleine Albright, Samantha Powers e loro capisala come Mogherini, Pinotti, Bonino, distolgono dallo scontro di classe e lacerano la comunità giurando sulla “matrice virile della violenza” e che sessismo, razzismo, nazionalismo, guerra, stermini di interi popoli, devastazioni e stupri non esisterebbero senza i maschi: guerra tra i generi che ha lo stesso scopo della guerra tra poveri.
 
Sono sempre gli stessi che su Aleppo Est invasa e occupata da tagliagole di Al Qaida e Isis, guidati e coordinati dai servizi di Nato, Israele, Turchia e Golfo, hanno per mesi guaito sulle fandonie dei 250.000 bambini sotto le bombe (Save the Children), su un numero incredibile di ospedali distrutti, su un genocidio in atto con bombe a grappolo e bombe-barili, dimenticando che Aleppo libera veniva colpita indiscriminatamente da razzi, mortai e cecchini, che chi fuggiva da Aleppo Est veniva mitragliato, che i corridoi per i soccorsi allestiti dai russi venivano bloccati. E ignorando di come la città interamente liberata sia tornata a vivere nella gioia della libertà, a essere ricostruita, a vedere il rientro dei rifugiati. Soprattutto ignorando chi di questa immane tragedia, diabolicamente inflitta per sei anni ad Aleppo e a tutto un popolo, porta la responsabilità.
 
Lo sconfitto e la sua banda avvelenano i pozzi prima di andarsene.: mattanza obamiana a Deir Ez Zor
 
Sono ancora gli stessi che, manifestando e marciando contro le futuribili ipotetiche cattive azioni di Trump, tengono la testa sotto la sabbia di fronte all’ultimo massacro del regno di Obama che si sta verificando a Der Ez Zor, nell’est della Siria, dove una guarnigione di alcune migliaia di soldati siriani e centomila civili resistono da tre anni all’assedio dei terroristi. Terroristi Isis ora rinforzati dall’afflusso dei jihadisti in fuga da Mosul, reso possibile dalla collaborazione dei lanzichenecchi curdi al servizio degli Usa e dai bombardamenti Usa sulle difese di Deir Ez Zor e sul suo aeroporto. Aeroporto reso impraticabile e dal quale il governo non riesce più a far arrivare rifornimenti alla città. La centrale elettrica è stata distrutta dalle bombe della coalizione a guida Usa, la gente sta al buio, gli ospedali sono fermi. L’esercito siriano sta a 100km di distanza, impegnato a Palmira e non potrà impedire che Deir Ez Zor cada nelle prossime ore in mano a chi compierà l’ennesima mattanza di donne, uomini, bambini, “sospettati di aver collaborato col regime” e, naturalmente, non si priverà delle consuete atrocità sui soldati.
 
Collaborazionisti a voucher
Nel momento in cui l’Europa è attraversata da ordigni e apparati di guerra in direzione Russia, come non si erano mai visti dal 1945, l’associazione tedesca “No-to-Nato”, una coalizione di gruppi antiguerra, indice per il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump, una grande manifestazione a Berlino contro Trump, “per lo svuotamento della democrazia a vantaggio delle multinazionali, contro la violenza del nazionalismo (anti-UE), la violenza sui rifugiati, i cultori delle frontiere, la diseguaglianza sociale, la corruzione, gli indifferenti al cambio climatico e quelli del profitto sopra tutto”. Tutte cosacce attribuite a Trump, prima ancora che abbia messo piede nella Casa Bianca. Si dicono No-to-Nato, ma di Obama, che ha potenziato, esteso e armato la Nato come mai prima, che ha autorizzato il fracking inquinante e sismagenico, che ha fatto 7 guerre e con droni e sanzioni ha ammazzato più gente di tutti i suoi predecessori, che provoca la Russia fino alla catastrofe per mettere i ceppi all’autodeterminazione degli europei, che ha espulso più migranti di ogni presidente Usa, non dicono niente.
 
Negli stessi giorni dell’insediamento del “mostro partorito da Putin”, 20 e 21 gennaio, a Washington è indetta la manifestazione di 1 milione di anti-Trump e la consanguinea marcia di 200mila donne (con pronta adesione anche di Italia, Grecia e altri paesi devastati da Obama e subalterni) contro sessismo, misogenia, xenofobia, razzismo e ogni altra nefandezza di cui il neopresidente trasuda. La convocazione, le parole d’ordine, la piattaforma, gli strumenti organizzativi per queste iniziative sono diretta emanazione del “American Friends Service Committee”, gruppo direttamente finanziato da George Soros. Il cui vessillo di vecchio corruttore di ingenui dirittoumanisti e di Grande Vecchio dei marpioni del globalismo, svetta su diritti civili, femminismo, LGBTQ e gay nell’esercito, abolizione delle frontiere, accoglienza di rifugiati, denuncia del traffico d’armi, abbattimento di dittatori, democrazia da espandere. Valori degni in sé, chi non li riconoscerebbe, ma ridotti in moneta falsa con la quale ottenere il silenzio, l’oblio, su guerre, sanzioni, genocidi, devastazioni di società e relativi carichi e oneri sulle donne, distruzione di nazioni.
Così predicano i media trovatisi nudi senza padrone e così raccomanda Soros alle sue star e starlet dello spettacolo e dall’abissale ignoranza, Trump e Putin sono due cavalieri dell’Apocalisse di cui gli europei faranno bene a non fidarsi, visto che vorrebbero mettersi d’accordo a detrimento irrimediabile per gli europei, vivi e democratici solo con Obama, Hillary e l’ombrello Usa-Nato. E difatti le chiassate europee di tutta questa brava gente di pace e diritto umano coincidono con quelle indette simultaneamente a Washington e in tutti gli Usa dalla bella compagnia che unisce Obama, Hillary, la Cia, il complesso militar-securitario-industriale, Wall Street, la lobby talmudista globale, e tutto l’apparato delle 16 agenzie di intelligence che con Bush e Obama si sono potuti dare alla politica e spadroneggiarvi democraticamente.
 
Una bilancia per Trump
Immaginiamo due piatti della vecchia bilancia da fruttarolo. Su un piatto, diciamo quello di destra, mettiamo le sparate di Trump sui migranti, sul muro messicano, sulle donne da palpare, sui musulmani da bloccare, i suoi generaloni in pensione, i suoi petrolieri che negano l’effetto serra, i suoi reduci da Goldman Sachs, le promesse a Israele, le minacce all’Iran e alla Cina.
 
Sull’altro, quello buono, di sinistra, mettiamo, le pedate ai giornalisti comprati e venduti del New York Times e affini, la mano offerta alla Russia anche per combattere insieme, anziché il legittimo governo siriano, i terroristi che Trump sa essere stati inventati e diffusi da quelli dell’11 settembre, l’elogio al sacrosanto Brexit e ai cittadini europei che si risvegliano, e che qualcuno, odiando i popoli, chiama populisti, i livore talmudista, i pernacchi ai capisala imperiali Merkel e Hollande, il marchio di obsoleta alla Nato, la cancellazione di TTIP; TTP, CESA, TISA, la gogna e i dazi ai delocalizzatori verso lavoro schiavistico. Indi il disprezzo per gli sguatteri UE dei globalisti Usa che si prostrano a chi li sta facendo invadere e sconquassare da milioni di più o meno disperati, sradicati da guerre, fame e sistemati al gelo e al fondo marino anche dai dirittoumanisti, complici dei globalisti, che gli promettono buona sorte via da casa loro. Per chiudere con la livorosa frustrazione di tutto il cucuzzaro anti-Trump, messo fuorigioco ed espropriato della cabina di comando che pilotava le più grave sciagure inflitte al pianeta dal giorno del meteorite dell’estinzione di massa. Quanto più furibonda è la collera di tutti questi, tanto maggiori sono i meriti di Trump.
 
Da quale parte penderà la bilancia lo vedremo. Intanto ognuno a suo gusto valuterà quel che trova sui piatti
 
S’è messo in marcia, in nome di Cia, Pentagono, padrini del terrorismo, lobby talmudista, mondialisti maltusiani, mafie e massonerie, stampa cortigiana, Stato Profondo, il Grande Pifferaio di Hamelin (“Der Rattenfaenger von Hameln”) George Soros. Attratti dal tappeto di sangue, ossa e pelle su cui procede, gli corrono appresso i ratti sbucati dalle fogne dell’ipocrisia e del raggiro, delle armi di distrazione di massa, del buonismo e del politically correct (vedi elenco tentacoli di Soros, per il momento senza le decine di italiani: http://www.discoverthenetworks.org/viewSubCategory.asp?id=1237 ). Ma lo seguono, ahinoi, anche i bambini di Hamelin, che non annusano il fetore, ma percepiscono il profumo di miele che piove sulle loro coscienze dalla solidarietà con i migranti ghiacciati a Belgrado, con i LGBTQ discriminati, con i rifugiati da assimilare nell’universo globale del meticciato, lontano dalle loro patrie, con le donne che se fossero al comando sarebbero solo sorrisi e coccole, con tutti quelli che sono partiti in quarta a lanciare braccia e cuori contro il l’orrendo sovvertitore del nostro sereno e felice assetto planetario.
 
Ragazzi che immane, che inaudito sconvolgimento di senso, di ragione, di verità! E non dateci dei trumpisti. Avremo modo, presto, di misurarci anche con The Donald, il suo parrucchiere, i suoi generali e banchieri, tutta la famigliola. Sappiamo bene che dalla Casa Bianca non è mai sceso nessuno Spirito Santo a ingravidarci.
 

OBAMA: mai nessuno peggio di lui (ma meglio per il “manifesto) – NEOCON-OBAMA-ONG: combattere i russi fino all’ultimo europeo – BIG PHARMA: vaccinare fino all’ultima bufala

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/obama-mai-nessuno-peggio-di-lui-ma.html

MONDOCANE

DOMENICA 15 GENNAIO 2017

Foglie di fico sulle vergogne

Se ne va il peggiore presidente della storia americana, il più sanguinario, il più ipocrita, il più criminale, quello che ha fatto odiare gli Usa nel mondo più di qualunque predecessore. E il “manifesto”, ossimorico quotidiano finto-“comunista” e vero-sorosiano, che ancora qualcuno legge pensandolo onesto e di sinistra, sulle cui oscenità ancora qualcuno traccia con la sua penna foglie di fico, mobilita tutti i suoi embedded e scrive epitaffi che neanche a Che Guevara o Antonio Gramsci.

Un florilegio: “La sua presidenza ha avuto come obiettivo prioritario la costruzione di una democrazia reale… punti che dovrebbero dar corpo all’eccezionalismo americano…conquiste che dovrebbero essere considerate irriversibili sul terreno dei diritti, ma anche quel terreno di relazioni internazionali con paesi che non è più possibile demonizzare e o punire, come è stato fatto prima di Obama (sic !)… Il presidente esce di scena per restare. Per essere un punto di riferimento e di leadership morale… E’ il noi che conta, non l’io, è una scossa a reagire. L’America obamiana non starà alla finestra mentre i repubblicani agitano il piccone… è un leader altro rispetto a una classe politica distante dal popolo… Oggi sembra essere l’unica ripresa di una politica in grado di costruire una prospettiva democratica…” E ci sono firme rispettabili che, pur ridotte a un umiliante lumicino redazionale dalla direzione, ancora si prestano a fornire foglie di fico a queste oscenità
Nei paginoni su paginoni in cui si celebrano gli 8 anni di regime obamiano, si lacrima sulla sua fine, si vaneggia golpisticamente su una rivolta nel nome di Obama contro il presidente eletto, è tutto un profondersi ìn meriti che incideranno per l’eternità il profilo di Obama nelle rocce di Mount Rushmore. Panzane come l’Obamacare (limitato a 20 milioni di persone su 50 senza assistenza sanitaria, e a condizione di consegnarsi mani e piedi legati alle assicurazioni e a Big Pharma), l’apertura ai migranti (1,5 milioni espulsi, più di qualsiasi predecessore), il muro tra Usa e Messico rafforzato ed elettrificato, le pari opportunità, i matrimoni gay (quelli sì), la difesa delle minoranze (licenza di uccidere e impunità alla polizia più violenta del mondo, specie sui neri), la ripresa economica (Usa in totale rovina infrastrutturale, disoccupazione record, salvataggi a gogò delle banche predatrici, delocalizzazione dell’apparato produttivo in paesi con manodopera schiavizzata) e, naturalmente, la fine delle guerre (solo 7, dopo le tre di Bush).

A paragone di questi indecorosi e truffaldini peana, appare contenuto plauso l’incensamento che alla sua divinità dedica il talmudista, hillarista, mossadista storico, Furio Colombo, su “Il Fatto”, giornale atlantista fratello maggiore del “manifesto” (“Obama uomo della diversità, inviolabilità dei diritti, uguaglianza, che lascerà alla parte libera del popolo americano orizzonti grandi, grandissimi”, come ben sanno i neri Usa decimati dalla polizia di Obama, e qualche milione di mediorientali eliminati). Entrambi, gonfiando di aspettative il proposito di Obama di assumere la guida della resistenza a Trump, ne sostengono implicitamente il sabotaggio revanscista eversivo, roba inedita negli Usa.

Il retaggio di un assassino seriale di massa
Scampando alle intossicazioni di questi fogli corifei,i cittadini americani e del mondo registrano: la costituzione smantellata da superpoteri presidenziali assunti da Obama in un paese militarizzato e dalle libertà civili ridotte al lumicino; una corruzione agli alti piani e un arbitrio del potere finanziario di Wall Street senza precedenti, l’elefantiasi e l’illimitata protervia dell’apparato militare, sorveglianza, sicurezza, spionaggio capillari e invasivi come in nessun altro paese del mondo; più neri inermi assassinati, violati nei loro diritti, incarcerati che negli anni del segregazionismo.

All’estero il 44° presidente degli Usa lascia una scia di sangue che cinge il mondo come un cilicio. E’ considerato da miliardi di atterriti e devastati esseri umani il più pericoloso governante mai apparso sulla Terra prima e dopo Hitler. Un macellaio di donne e bambini, di funerali e matrimoni, e di paesi, anche europei, che ha infestato di terroristi suoi mercenari, un guerrafondaio che, sulla base di menzogne, ha esteso guerre genocide a 7 paesi, che ha polverizzato, servendosi di bombe, missili, sicari jihadisti, israeliani, turchi, sauditi, tre grandi e civili nazioni arabe, che ha universalizzato la pratica degli assassinii extragiudiziari con droni, da lui personalmente ordinati, che ha sulla coscienza milioni di morti innocenti, che ha esteso l’impiego di Forze Speciali, cioè squadroni della morte impunibili, a 135 Stati, che ha aumentato la spesa bellica a livelli senza precedenti nella storia del mondo, arrivando a stanziare un trilione di dollari per potenziare l’arsenale nucleare

Che ha usato il mantra della guerra al terrorismo e alla droga come chiave per destabilizzare nazioni e conquistare produzioni e mercati alla droga, che ha consentito alla NSA di distruggere la privacy di ogni cittadino del mondo, che ha violato la sovranità e autodeterminazione dei popoli destabilizzando i loro Stati con rivoluzioni colorate e colpi di Stato affidati a gruppi nazisti o mafiosi (Ucraina, Honduras, Paraguay, Brasile…), che ha strangolato paesi non succubi con sanzioni ed embarghi, che ha artatamente portato all’incandescenza il confronto con una Russia pacifica e rispettosa del diritto internazionale, elevando il rischio della catastrofe termonucleare e coinvolgendovi a forza i paesi sudditi, che ha consacrato la sinergia criminalità di Stato–criminalità organizzata a modello di governance in tutto l’Occidente e nei paesi neocolonizzati, che ha portato avanti e potenziato la necrofora strategia neoliberista e militarista dei Neocon per un governo totalitario mondiale, lanciata con l’operazione 11 settembre. Che ha messo il sigillo ai suoi due mandati di terrorismo interno e mondiale lanciando nell’ultimo anno su parti del mondo 26.171 bombe, tre bombe all’ora per 24 ore ogni giorno.


La bomba e il petardo
Un essere dal bell’aspetto e dalla psiche tarata che, prendendo in giro il popolo cubano in combutta con tre papi e un presidente cubano rinnegato, gli ha rinnovato le sanzioni inoculandogli simultaneamente il virus mortale del capitalismo straccione al servizio del capitalismo dei signori. E mentre a Cuba corrompeva quanto restava da corrompere, ha rinnovato le sanzioni al Venezuela, vi ha scatenato la jacquerie e il sabotaggio dei ceti parassitari fascisti e gli ha annunciato guerra alla morte definendo questo paese inerme e pacifico “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati Uniti”. Quanto finora Donald Trump, il Belzebù, la sentina di ogni male per i politically correct, gli pseudo-sinistri – cripto-destri, ha blaterato in termini di minchiate xenofobe, sessiste, anti-ecologiche, sta a quanto ha combinato questo bruto del “yes we can” in materia di crimini contro l’umanità come un ordigno con la miccia spenta sta a una deflagrazione atomica. Ed è proprio questo delinquente abituale che, consci o no, difendono le torme sorosiane che negli Usa e in Europa si vanno mobilitando per far sì che una piazza obamian-hillariana-neocon-Cia faccia saltare il nuovo presidente e, con lui, le quanto resta delle istituzioni fatte a pezzi da Obama. O, piuttosto, da chi s’è inventato e ha usato questo cinico pupazzo, finto taumaturgo nero, per procedere nel proprio programma eugenetico di pulizia etnica, culturale e sociale. Un idolo, un eroe, un martire per gli sgherri di Hillary. Un criminale di guerra che, al momento, la scamperà grazie alle cortine di fumo stese da sicofanti come, nel suo indecente piccolo, il “manifesto”. Ma che la Storia impiccherà al pennone più alto della flotta pirata. Quella su cui ci ostineremo a navigare, noi comuni mortali.

Negli Usa, con un presidente sconfitto che non sa perdere e un establishment che ha puntato tutte le sue fiches sul rosso della guerra alla Russia, ostacolo insuperabile alla conquista del governo mondiale, siamo allo scontro al calor bianco tra la fazione militarista-securitaria che campa di guerre, insicurezza e terrorismi e lo schieramento Trump che, per quanto equivoco e trasversale, non accetta la priorità dello scontro con chi possiede le più vaste risorse energetiche e minerarie del mondo. Ma preferisce farci affari, prendendosela semmai con la Cina divoratrice di produzioni e mercati.

Addosso alla Russia. O all’Europa?
Svaporate le balle dell’hackeraggio russo che avrebbe convinto gli americani a votare contro Hillary e, quella più miseranda, degli exploit sessuali di Trump a Mosca (inventati dalla spia britannica in disarmo Christopher Steele su commissione di John McCain), che la stessa Cia è stata costretta a smentire, la campagna russofobica è passata al gioco duro. E’ scesa in campo con un’armata di carri armati e di truppe di terra, mare e aria, che hanno attraversato l’Europa da ovest ai confini polacchi e baltici con la Russia, come non la si era vista dalla Seconda Guerra Mondiale. Brividi, tremori, panico. “Much ado about nothing”, direbbe Shakespeare, molto rumore per nulla. Per nulla proprio no, perché le intenzioni dietro la mossa sono comunque criminali. E letali per noi.

Siamo a qualche migliaio di mezzi corazzati e blindati e a 4000 soldati, più i 5000 della Forza di Pronto Intervento, con elicotteri e F15. Non costituirebbe, questo dispiegamento, una minaccia per la Russia neanche se fosse cento volte, anzi, mille volte più grande. Hitler invase la Russia di uno Stalin impreparato con 3.800.000 soldati, 600mila veicoli, 3.350 tank, 7.200 pezzi d’artiglieria, e 2.770 aerei della migliore aviazione dell’epoca. Vi si aggiunse, grazie alla cinica irresponsabilità di Mussolini, l’ARMIR, la spedizione stracciona di morituri italiani. L’Armata Rossa, nonostante le purghe di ufficiali inflittele da Stalin, li divorò tutti e vinse la guerra. E oggi la Russia di Putin, rispetto all’Urss del 1939, se la può tranquillamente ridere di una forza come quella fatta marciare, gagliardetti al vento, tra tromboni e cimbali e spaventose urla di guerra mediatiche, dal Canale della Manica all’Ucraina.

A cosa serve la parata? A far dire ad accattoni e zoccole nei governi UE e nazionali e rispettive presstitute che la Russia è una minaccia mortale (lo zelante premier danese si è superato dicendo che la minaccia incombente russa deve essere prevenuta subito con un’azione di forza), e che sarebbe demenziale se Trump dovesse illudersi di normalizzare le relazioni con Mosca. E’ davvero paradossale, mai visto, che l’apparato militare americano conduca manovre provocatorie a rischio di guerra in aperto contrasto con le politiche annunciate dal neoeletto comandante in capo.

Contro l’Eurasia fino all’ultimo europeo
Rumoreggiando contro i confini russi, Usa ed eurosguatteri al guinzaglio, sanno che nel caso di attacco andrebbero incontro a una sconfitta. Perché allora provocare, correndo il rischio, sempre attuale data la psicopatologia che caratterizza i vertici Usa, che qualche dito finisca sul pulsante rosso? Parrebbe “much ado about nothing” ed è invece molto rumore del kombinat repubblicani neocon-falchi democratici hillariani, accompagnato dagli strepiti delle zoccole mediatiche, attorno a qualcosa di grosso. Si tratta di impedire a tutti i costi il reciprocamente vantaggioso incontro tra una Russia straricca di risorse e un’Europa dell’alta tecnologia e dalla gran fame di energia. E’ il mandato assegnato alle zoccole mediatiche e Ong che coprono i loro servigi atlantisti, talmudisti, antidemocratici e guerrafondai, fingendo di stracciarsi le vesti umanitarie sui migranti al gelo balcanico. Un incontro di pace, quello tra Europa e Russia, dettato da geografia, storia, economia, cultura. Un incontro fisiologico, di mutuo interesse e beneficio, ma che ridurrebbe la potenza Usa, strumento della cupola mondialista, ai margini dei significati e dell’agibilità geopolitici. E che aprirebbe agli europei, agli Stati nazionali, una via d’uscita dalla colonizzazione dell’Impero e dal suo vicerè a Bruxelles.
Questi tamburi di guerra, queste trombe del giudizio, questi fischi del pecoraro alle sue pecore, devono avvelenare i rapporti tra Occidente e Russia sul piano economico, militare, culturale, al punto da rendere estremamente difficile al prossimo presidente di attuare i suoi propositi collaborativi verso Mosca. Gli toccherebbe cancellare tutti i provvedimenti ostili del suo predecessore e contro tale ipotesi si scatenerebbe l’irrefrenabile indignazione, come già in atto, dei massmedia e delle Ong umanitarie asserviti all’establishment militar-securitario: Trump, nient’altro che una marionetta di Putin, avrebbe svenduto all’orrendo orso russo la sicurezza americana. Obiettivo finale: bloccare nel caos l’insediamento del neopresidente, o arrivare rapidamente al suo impeachment. Europa ricondotta nei suoi ceppi atlantici, alla mercè delle predazioni del sistema mafiofinanziario mediante TTIP, il TISA, CETA, NATO. Eurasia kaputt. Psicosi di guerra strutturale e permanente con relativi profitti per chi ci campa e ci comanda. Eventuale conflitto circoscritto al campo di battaglia russo-europeo. Lontano dal suolo americano.. Come in Siria, Iraq, Afghanistan e resto del mondo.

Sostenuta dagli utili idioti e da amici del giaguaro hillariani, tipo Michael Moore o altre celebrità dell’infotainment, che, rimborsati da Soros, annunciano manifestazioni milionarie per i giorni prima e dopo l’insediamento del 20 gennaio e, in Europa, dalle mille Ong pacifinte e migrantofile, i vociferanti LGBTQ, gli umanitaristi e i radicalchic che prediligono manifestare contro il rischio Trump piuttosto che contro gli stivali chiodati di Obama-Hillary-Cia-Pentagono-Neocon in marcia sulle loro pance, l’isteria antirussa punta a un risultato preciso. Non la Russia, l’Europa.

Amnesty e Un Ponte per

Israele fa la sua parte. E pure le pseudo-Ong della Cia.

Nell’operazione non poteva mancare il suggeritore primo della politica estera Usa. Haaretz, quotidiano israeliano critico, rivela che l’intelligence Usa ha avvertito i colleghi israeliani di non collaborare con l’amministrazione Trump, anzi di intralciarla con operazioni militari anche sul terreno della guerra alla Siria che Trump vorrebbe diretta contro i terroristi e non contro Assad. E così Israele, avendo già offerto retroterra strategico e sanitario ai jihadisti Isis e Al Qaida sul Golan, avendogli fornito armamenti, ha ripreso a sostenerli con interventi diretti. I lanci di missili su Damasco e, ripetutamente, sull’aeroporto militare, la riattivazione di attentati terroristici nella capitale, avvengono a sostegno dei jihadisti in difficoltà in varie parti del paese, e soprattutto nella valle di Wadi Barada, riconquistata dal governo dopo che Al Qaida-Al Nusra, occupandone le sorgenti, avevano tagliato l’acqua a 5 milioni di damasceni. Ovviamente anche gli attentati terroristici in Turchia, dall’assassinio dell’ambasciatore russo alla strage della discoteca di Istanbul, con un’escalation parallela e collidente con le varie intese tra Mosca, Tehran e Ankara, indicano la stessa matrice e gli stessi obiettivi dello sbattere di sciabole antirusso in Europa.
Contro le quali intese si sono aperte le fogne e si è data via libera a torme di ratti. Ieri sera a “Blob”, in una caduta di stile e contenuto imputabile solo a un Ghezzi non più padrone di sé, ne sono arrivati un paio, commessi viaggiatori del Dipartimento di Stato: “Amnesty International” e “Un Ponte per”. Indescrivibile come, abbandonata ogni pretesa di imparzialità dirittumanista, abbiano dato sfogo al livore loro e dei loro mandanti per i contraccolpi subiti sul cammino dell’obliterazione di Iraq e Siria. Oltre a riesumare le logore fandonie su universi carcerari siriani, stupri e torture, bombe a grappolo e bombe-barili, bombe su ospedali e scuole, sono arrivati a trasformare le belve mercenarie jihadiste, pur raccontatesi in mille video di orrori, di esecuzioni mediante decapitazioni, crocefissioni, roghi, annegamenti, squartamenti, in protagonisti e martiri della democrazia. Volgare e rozzo contributo alla mobilitazione sorosiana di tutto l’apparato di fessi e farabutti che da anni è chiamato a fiancheggiare, sotto mentite spoglie pacifiste e magari addirittura anti-Nato, la strategia della Cupola di resa dei conti con la Russia. A spese dell’Europa.

Vaccini fino all’ultimo boccalone
Le gigantesche bufale su epidemie globali e assassine, Aids, mucca pazza, peste suina, influenza, ebola, aviaria, non ci hanno insegnato niente. Pareva dovessero ridurre a uno scherzo la peste bubbonica dei secoli andati e sono rimaste circoscritte e in buona parte pura fuffa. Fuffa, sì, ma costosa per noi e redditizia per altri. Venivano attribuite a cause tanto certe quanto poi screditate, ma intanto hanno costretto Stati e, quindi, cittadini, a svenarsi per milioni di dosi di vaccini, in gran parte rimasti sui banchi ad ammuffire. Questa della meningite da meningococco è una delle truffe più plateali e spudorate. Psicosi mediatica e istituzionale ossessiva, basata su dati falsi, ma intanto tutti corrono a farsi iniettare veleni. Con 0,32 casi su 100mila persone nel 2015, 3 casi ogni milione oggi, siamo sotto la media europea che è di ben 14 casi. E in zona di assoluta tranquillità. Nella tanto deplorata Toscana, l’incidenza è di 0,83 su 100mila, largamente sotto l’emergenza. Dei 29 casi del 2016 ben 13 erano vaccinati, il 45%. Il che darebbe da pensare. Dal 2012 i vaccini sono inseriti nel Piano Nazionale Vaccinazioni ed è proprio dal 2012 che si nota un aumento dei casi da sierogruppo C rispetto al 2000. Fatevi una domanda, datevi una risposta. Stessa domanda e stessa risposta che valgono per la mobilitazione anti-Russia e anti-Trump delle tante nostre anime belle.

 

3.600 carri armati alle porte della Russia: MANIFESTARE CONTRO TRUMP E ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA DAI DELIRI BELLICI DI OBAMA E CO.

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/01/3600-carri-armati-alle-porte-della.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 9 GENNAIO 2017

 
Ha scritto questo comunicato all’indirizzo di attivisti anglosassoni che, inconcepibilmente e colpevolmente hanno annunciato manifestazioni pubbliche in Europa contro il presidente eletto Donald Trump. Questo in un momento in cui di Trump si sa solo che ha nominato personaggi discutibili per il suo governo, ma che positivamente conta di ridurre le tensioni con Mosca. Momento in cui invece Obama e tutto l’establishment neocon bellicista è impegnato in una frenesia bellica e propagandistica contro la Russia e, provocando la Russia con l’invio ai suoi confini di enormi armamenti e forze armate, rischia di scatenare un conflitto termonucleare. A noi della Lista No Nato pare drammaticamente urgente manifestare contro questo delirio di governanti e poteri che, prima di uscire di scena, in preda a delirio distruttivo, vogliono prolungare la spaventosa scia di sangue che hanno tracciato in questi anni, fino alla catastrofe globale. Non si tratta di difendere Trump, del quale si valuteranno i fatti una volta che si sarà messo all’opera. Si tratta di denunciare e bloccare chi sta portando il mondo di guerra in guerra, di terrorismo in terrorismo, di depredazione in depredazione.
*************************************************************************************************
COMUNICATO

 
The demonstrations against Donald Trump, planned for the coming days in Europe by people claiming to oppose Nato, are part and parcel, whether consciously or not, of the anti-Russian mass-hysteria whipped up in the US, with follow-ups echoing around the subservient Nato countries, by the losers of the presidential elections.
 
These supporters of years of havoc around the entire world don’t resign themselves to accepting the democratic outcome of these elections and hence blame it on some totally unproven conspiracy by Russian hackers personally directed by none less than the Russian President.
 
In order to disrupt what seems to be the most significant aspect of Trumpì’s foreign policy (letting aside his yet not practised domestic policies), i.e. the effort at diminishing international tensions with regard to Syria and Russia, the US establishment, including the neocon warmongers, the Cia, the Intelligence Community, the financial powers, the military-industrial complex and the aligned mass media, have gone into an almost pathological war frenzy.
 
Thousands of tanks, military equipment, missiles, Special Forces, troops, are being dispatched to the Russian borders.
This incredible provocation and the effort at delegitimising the elected president, with serious prospects of a catastrophic civil war in the very United States, together with the coldlly calculated risk of a thermonuclear war, make demonstrations against Trump at this moment in time appear totally out of place and politically nonsensical, even outrageous. An authentic weapon of mass distraction.
 
We invite those who have called for these demontrastions, that objectively undermine our struggle against war and against Nato and support the crazy drive towards confrontation, to cancel their plans and join us in mobilizing against these final heritage of Obama’s and Hillary Clinton’s unrelenting war-terrorism that has caused the loss of millions of lives and unspoken destruction.
 
Today our enemy are those who push towards a planetarian tragedy, not an elected president who might have disconcerted us with his announcements, but so far has not committed one of the endless crimes that must be charged on his predecessors.
 
Lista No Nato, Italy. 

Fine dell’Impero Statunitense: Navi da Guerra Russe Appena Arrivate nelle Filippine

Il noto critico americano di politica estera e linguista, il prof. Noam Chomsky, ha navi russe Maniladichiarato svariate volte che il potere degli Stati Uniti è costantemente diminuito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Come nota Chomsky, nel 1945, gli Stati Uniti possedevano “metà della ricchezza mondiale, una difesa incredibile, controllavano l’intero emisfero occidentale, i due oceani, e le sponde opposte di entrambi gli oceani.”
 
In quel contesto – e nel contesto degli Stati Uniti che dichiaravano guerra in più paesi in giro per il globo, con la più avanzata tecnologia militare al mondo – è difficile comprendere come questo sia potuto succedere. Ma Chomsky non ha torto.
 
Cominciando negli anni ’40 da quella che fu definita “la perdita della Cina”, gli Stati Uniti hanno cominciato lentamente a perdere territori del sud-est asiatico, cosa che portò l’America a scatenare brutalmente le Guerre Indocinesi. Come nota Chomsky, distruggendo il Vietnam del Sud nella duramente criticata Guerra del Vietnam – una mossa progettata per impedire al Vietnam di raggiungere l’indipendenza e magari diventare uno stato comunista – gli Stati Uniti mandarono un messaggio al resto dell’Indocina: se una nazione avesse tentato di liberarsi dal controllo statunitense-europeo, sarebbe stata bombardata e cancellata dalla faccia della terra. Al tempo la strategia funzionò; come nota Chomsky, al 1965, ciascuno stato della regione era retto da una dittatura, pronta a governare in modo conveniente agli interessi di politica estera americani. Come mostrato dai recenti sviluppi nella regione asiatica, comunque, il successo di questa strategia “da bulli”, ha avuto vita decisamente breve.
In ogni caso, gli Stati Uniti hanno perso anche il Sud America. Secondo Chomsky, la “perdita” del Sud America si evince facilmente: “Un segno tangibile è che gli Stati Uniti sono stati cacciati da ogni singola base militare in Sud America. Stiamo cercando di ripristinarne qualcuna, ma al momento non ce ne sono.”
Nel corso degli ultimi decenni, gli Stati Uniti hanno cominciato a perdere anche il Medio Oriente. In Iraq, gli Stati Uniti col loro sostegno hanno contribuito all’ascesa al potere di Saddam Hussein, e addirittura hanno appoggiato la sua guerra di aggressione contro il vicino Iran. Poi, l’USA voltò le spalle a Hussein, attaccando l’Iraq nel 1991 sotto la presidenza di George H.W. Bush. Come risultato, gli Stati Uniti hanno imparato almeno una preziosa lezione dal bombardare l’Iraq nei primi anni ’90: che la Russia non sarebbe intervenuta nelle ambizioni dell’America in Medio Oriente.
 
Il Medio Oriente era pertanto pronto per essere conquistato, e continuò ad esserlo fino alla Guerra Siriaca. Quello che la gente non capisce, comunque, è che gli Stati Uniti non stanno sottomettendo con le bombe il Medio Oriente grazie al loro immenso potere, ma perché il loro potere, la loro influenza, il loro controllo su tutta la regione, li stanno in realtà perdendo.
 
Come dovrebbe essere piuttosto chiaro a chiunque segua il conflitto, la Russia ha rimpiazzato gli Stati Uniti come giudice, giuria e carnefice (e presunto mediatore di pace) nella quinquennale Guerra Siriaca,  riprendendosi con successo la metropoli di Aleppo dai gruppi ribelli appoggiati dalla Nato.
 
L’avanzata della Russia in Medio Oriente ha avuto conseguenze in tutto il mondo. Nell’ottobre dello scorso anno, gli Stati Uniti hanno ufficialmente “perso” la loro morsa sulle Filippine. Nonostante in precedenza siano stare viste come fondamentali alleate degli Stati Uniti, vitali per contrastare l’influenza della Cina nella  regione asiatico-pacifica, le Filippine si sono vantate apertamente e orgogliosamente dei loro nuovi legami con Russia e Cina.
A quanto pare, le Filippine si sono messe in gioco. Le navi da guerra russe sono arrivate nel territorio filippino questo martedì. A detta della Marina delle Filippine, la loro è soltanto una visita “di cortesia”, ma si dovrà duscutere di future esercitazioni congiunte. Un reportage di Sputnik News russo sembrava contraddire questa possibilità, affermando che le navi erano là appositamente per condurre esercitazioni congiunte con le forze filippine allo scopo di combattere la pirateria marittima e il terrorismo.
 
“Potete scegliere di collaborare con gli Stati Uniti d’America, o con la Russia” ha detto il vice ammiraglio russo Eduard Mikhailov, in un discorso tenuto al porto di Manila. “Ma da parte nostra, possiamo aiutarvi in qualsiasi modo voi abbiate bisogno. Siamo sicuri che nel futuro eseguiremo esercitazioni assieme. Forse si tratterà solo di manovre, di impiego di sistemi di combattimento, e così via.”
Mikhailov sembrava anche indicare che altri stati nella regione, come Cina e Malesia, entro i prossimi anni si coordineranno con le potenziali esercitazioni. La Russia ha anche offerto alle Filippine armi sofisticate, incluso aerei e sottomarini.
Agli Stati Uniti rimane solo un’ultima mossa: circondare i confini della Russia con truppe e missili Nato, cosa che stanno facendo piuttosto rapidamente. Prima o poi, comunque, gli Stati Uniti dovranno ammettere il loro effettivo declino nella classifica mondiale, e non avranno altra scelta che imparare a coordinare gli affari globali col benestare di Russia e Cina.
Parliamoci chiaro – qual’è l’alternativa?
 
gennaio 11 2017
– DI DARIUS SHAHTAHMASEBI –
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da: MARTINA QUAGLIOZZI

QUEL FURBETTO DI MARCHIONNE – PURE LA FIAT CADE NEL DIESELGATE:

 PER LE AUTORITA’ AMERICANE HA MONTATO (SENZA DIRLO) UN SOFTWARE CHE CONSENTE EMISSIONI PIU’ ALTE, COME VOLKSWAGEN – “HA SCHIVATO LE REGOLE. POSSIBILI SANZIONI CIVILI” – INTERESSATI 104 MILA VEICOLI – CROLLA IL TITOLO A MILANO E WALL STREET
 
Le Authority statunitensi accusano la casa automobilistica Fiat Chrysler di aver falsato i dati sulle emissioni. Dopo il Dieselgate che aveva travolto Volkswagen ma di fatto risparmiato l’ex casa torinese, ora gli strali dei controllori Usa si abbattono sul gruppo guidato da Sergio Marchionne. A farne le spese sono i titoli in Borsa che alla notizia crollano dell’18% a Wall Street e vengono congelati a Milano, dove poi precipitano a -15%.
 
La notizia è stata lanciata dall’agenzia di stampa Associated Press citando alcune fonti ed è stata poi confermata dalla Agenzia per la Protezione ambientale americana. Quest’ultima ha ufficializzato di aver notificato a Fca violazioni del Clear Air Act, ovvero delle norme sulle emissioni, su circa 104.000 veicoli.
Nella sua nota l’Epa ha sottolineato che Fca potrebbe incorrere in sanzioni civili. I veicoli sui quali sarebbe stato montato (senza esser dichiarato) il software che consente emissioni diesel più alte degli standard sono i Jeep Grand Cherokee e i Dodge Ram, con i motori diesel 3.0 degli anni 2014, 2015 e 2016.
 
Fca “ha schivato le regole ed è stata scoperta”, ha specificato l’Agenzia. Non comunicare l’esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un’auto “è una seria violazione delle legge. Tutte le case automobilistiche devono giocare secondo le stesse regole”, ha messo in evidenza l’Epa. “Ancora una volta una casa automobilistica ha assunto una decisione per schivare le regole ed è stata scoperta”: l’Epa e le autorità della California “si sono impegnate a rafforzare i test con il caso Volkswagen, e questo è il risultato della collaborazione”.
Dal canto suo, la casa guidata da Marchionne ha fatto sapere che intende contestare le accuse: stando a quanto riferito da Cnbc, sosterrà che le emissioni non sono state violate e che intende collaborare con le autorità e l’amministrazione Trump.
 
Soltanto pochi giorni fa, sempre negli Usa e in particolare dal Salone dell’Auto di Detroit, il gruppo italo-americano sembrava avviato verso una luna di miele con la nuova presidenza in via di insediamento il 20 gennaio: dopo aver annunciato investimenti e la creazione di migliaia di posti di lavoro negli States, Fca si era guadagnata il ringraziamento pubblico del tycoon che ha recentemente sferzato tutte le cause automobilistiche intimandole a non delocalizzare la produzione in Paesi dalla manodopera più conveniente. E’ sempre recente l’accordo tra le Autorità Usa e Volkswagen, che pagherà altri 4 miliardi per il suo scandalo emissioni.
12 gen 2017 17:43 Da la Repubblica

PERCHÉ BUZZFEED HA PUBBLICATO IL PORNO-DOSSIER SU TRUMP: ”L’ERA DEI GIORNALISTI GUARDIANI È FINITA.

vedi foto al link fonte
 
IL PUBBLICO AVEVA IL DIRITTO DI SAPERE DI COSA PARLAVANO OBAMA, TRUMP, LA CIA, E L’ÉLITE DELL’AMMINISTRAZIONE E DEI MEDIA DA MESI” – I RUSSI FANNO SAPERE CHE L’AUTORE ”È ANCORA UN AGENTE DEI SERVIZI SEGRETI BRITANNICI” – UN ESPERTO SPIEGA PERCHÉ È UNA BUFALA
1.TRUMP: AMBASCIATA RUSSA A LONDRA, ‘STEELE ANCORA AGENTE’
 (ANSA) – Cristopher Steele, indicato come l’autore del dossier infamante su Donald Trump, sarebbe ancora un agente dei servizi segreti britannici.
 
E’ quanto afferma l’ambasciata russa a Londra sul suo profilo Twitter in cui si afferma che “non ci sono ex agenti nell’MI6” e che il rapporto da lui elaborato andava contro la Russia e il presidente eletto. In precedenza la portavoce di Downing Street aveva dichiarato, senza entrare nel merito delle accuse rivolte a Trump, che quelli coinvolti nella creazione del dossier sono “ex dipendenti” del governo di Londra e che nulla farebbe pensare al coinvolgimento di agenti di sua maestà attualmente in servizio.
 
Christopher Burrows PARTNER NELLA SOCIETA DI CHRISTOPHER STEELE
 
2.BBC VIDE DOSSIER MESI FA MA NON RITENNE DI PUBBLICARLO
 (ANSA) – La Bbc aveva avuto mesi fa il dossier infamante su Donald Trump ma ha preferito non pubblicarlo perché il materiale “non era verificabile”. La vicenda viene ricostruita dal giornalista Paul Wood in un articolo sul sito dell’emittente pubblica britannica.
 
Il committente del rapporto, una società di ricerca politica con sede a Washington, aveva avvicinato il reporter nell’ultima settimana delle elezioni presidenziali americane, affermando che l’autore del rapporto, indicato come l’ex agente dell’MI6 Christopher Steele, vantava contatti nei servizi segreti di Mosca e qualche informatore pagato. La Bbc alla fine, non potendo vedere il video di cui si parla, “se esiste” come sottolinea l’emittente, respinse l’offerta.
 
3.PERCHÉ BUZZFEED HA DECISO DI PUBBLICARLO INTEGRALMENTE: ”ERA IN MANO A TUTTI I VERTICI DELL’AMMINISTRAZIONE, GIRAVA PER LE REDAZIONI, OBAMA E TRUMP SONO STATI INFORMATI UFFICIALMENTE DALLA CIA DEL SUO CONTENUTO. DICE IL DIRETTORE BEN SMITH: L’ERA DEI GIORNALISTI COME ‘GATEKEEPER’ È FINITA. IL PUBBLICO DEVE SAPERE DI COSA PARLANO I LIVELLI PIÙ ALTI DEL GOVERNO”
4.LA TRAPPOLA NELLE 35 PAGINE SU TRUMP
Da ”Il Foglio
Se anche le notizie contenute nel documento pubblicato da BuzzFeed su Donald Trump fossero vere, questo non cambierebbe il fatto che in questo momento, con le informazioni a disposizione, il materiale è, nel migliore dei casi, un documento politico commissionato dagli avversari di Trump, nel peggiore una patacca. In nessun caso merita la pubblicazione.
DONALD TRUMP CONTRO LA CNN
Le 35 pagine che documentano la stretta collaborazione fra il presidente eletto e Putin, oltre allo spionaggio aggressivo condotto dal Cremlino per ricattare, non sono state prodotte dall’ intelligence, non sono secretate, non sono il risultato di alcuna inchiesta. Il tranello è scattato quando i capi dell’ intelligence americana hanno deciso di includere alcune di queste informazioni – una sinossi di due pagine – nei briefing al presidente eletto e a quello in carica, conferendo una qualche legittimità a quella che, nella sospensione del giudizio che la circostanza impone, deve essere trattata alla stregua di una patacca.
GLI ESTRATTI DEL DOCUMENTO SU TRUMP E LE PIOGGE DORATE A MOSCA
Per quale motivo e con quale scopo i responsabili delle agenzie abbiano fatto riferimento a quelle informazioni non è chiaro, ma la decisione non dice nulla circa la veridicità dei contenuti. Il paradosso della scellerata decisione di Buzz Feed è che la pubblicazione di una patacca rafforza chi di patacche ci vive.
Gettarsi nello stagno del dossieraggio significa non soltanto sdoganare la logica del certificato di nascita, significa anche concedere all’ avversario ottimi argomenti per difendersi, per gridare al complotto, per dire che il clima intimidatorio e paranoico ricorda quello della Germania nazista. Un pessimo servizio reso innanzitutto ai critici di Trump.
5.UN ESPERTO SPIEGA PERCHÉ IL PORNO -DOSSIER È UNA BUFALA
Daniele Raineri per ”Il Foglio
Mark Galeotti è un professore inglese specializzato in sicurezza, intelligence e crimine in Russia, ha una posizione equilibrata – non è l’ ennesimo adepto del culto di Vladimir Putin, anzi è critico, ma quando argomenta lo fa con prove e fonti e non a vanvera – e ieri notte è stato uno dei primi a scrivere un’ analisi molto scettica del dossier di 35 pagine contro Donald Trump.
Il documento contiene alcune accuse brutali che si possono riassumere così. Uno, la Russia ha collezionato materiale compromettente contro Trump per poi ricattarlo e danneggiarlo in modo grave se necessario, una pratica molto usata chiamata kompromat (un esempio classico e reale di kompromat: l’ intelligence russa può depositare materiale pedopornografico nella memoria del computer di un oppositore politico e poi denunciarlo alla polizia).
 
Nel caso di Trump, i russi avrebbero piazzato telecamere nella sua stanza d’ albergo durante un viaggio a Mosca nel 2013 e lo avrebbero filmato mentre chiedeva ad alcune prostitute russe una pratica sessuale chiamata “pioggia dorata” – nel caso specifico la richiesta del magnate alle donne fu fatta per soddisfare il desiderio di assistere a un gesto oltraggioso e simbolico contro il letto della stessa stanza d’ albergo che aveva ospitato la coppia presidenziale Michelle e Barack Obama (non c’ è alcuna prova che sia successo davvero, ma chi ha scritto questo kompromat sapeva che avrebbe fatto il giro del mondo via internet).
 
Accusa numero due: l’ avvocato personale di Trump, Michael Cohen, ha viaggiato a Praga “a fine agosto o inizio settembre 2016” per incontrare alcuni emissari della leadership russa, e anche Carter Page, consigliere di Trump in politica estera, ha viaggiato a Mosca la scorsa estate per parlare con funzionari russi – che hanno chiesto che le sanzioni americane contro la Russia fossero ritirate e che hanno avvertito Page: abbiamo del kompromat contro Trump.
 
Accusa numero tre: la campagna elettorale del repubblicano e il governo russo collaboravano in modo attivo nel caso dell’ hacking contro i democratici, lo staff di Trump mandava in Russia informazioni arrivate grazie a talpe infiltrate nel campo avverso e fornivano anche dettagli riguardanti gli oligarchi russi che vivono in America e le loro famiglie. Accusa numero quattro: c’ è un patto tra Trump e i russi, in cambio dell’ aiuto per avere la presidenza il prossimo presidente ignorerà il dossier Ucraina, e quindi gli interventi militari russi contro il governo di Kiev.
Galeotti scrive che la superspia che ha redatto il documento contro Trump cita contatti con troppe fonti e troppo di alto livello e per questo non è credibile (Christopher Steele, ex funzionario dei servizi segreti inglesi che ha poi fondato una propria agenzia privata d’ intelligence, la Orbis, con base a Londra).
Nessuno, sostiene il professore inglese, dispone di questa gamma di conoscenze trasversali e intime dentro le istituzioni e il mondo del business russo, che per sua natura è paranoico per quanto riguarda confidenze e fughe di notizie. Di solito, spiega, le fonti dell’ intelligence sono autisti, amanti, famigliari e guardie del corpo, e quello che dicono va composto con pazienza come un puzzle: e come fa questa superspia a sfoggiare tutti questi contatti diretti di alto livello?
Non è possibile che abbia avuto servite in modo così comodo informazioni per cui la Cia o i servizi segreti inglesi avrebbero dato un braccio.
Inoltre, è come se tutte le fonti citate – dal portavoce stampa Dmitri Peskov ai funzionari del ministero degli Esteri al magnate del petrolio Igor Sechin – fossero a conoscenza del piano per coltivare Trump come agente politico che avrebbe seminato il panico alle presidenziali americane e a conoscenza anche dell’ esistenza di materiale kompromat. Ma di nuovo, a causa dell’ estrema compartimentalizzazione del sistema russo e del clima di paranoia, è improbabile che tutte le fonti potessero recitare all’ unisono la loro parte come un coro che canta seguendo lo stesso spartito.
 
Il dettaglio del viaggio di Cohen a Praga, poi, è il primo che secondo Galeotti sarà smontato: la scena è esotica, buona per una sceneggiatura, ma un viaggio in un piccolo paese europeo è facilmente smentibile, ci sono passaporti, registri, voli aerei. Perché andare a Praga, per coordinarsi, e che bisogno c’ era di incontrarsi faccia a faccia?
 
Non c’ è soltanto Galeotti a contestare il dossier, che secondo alcuni è una fabbricazione per screditare gli oppositori di Trump – il sito Daily Beast per esempio dice che alcuni utenti di Reddit, un sito che ospita forum di fan sfegatati del presidente eletto, avrebbero gettato notizie false in pasto ad alcuni antitrumpiani per poi svelare di essere loro le fonti. In particolare, la storia della pioggia dorata sarebbe una polpetta avvelenata (“la pioggia dorata sarebbe una polpetta avvelenata”: una frase che è anche un frammento rivelatore del livello della cronaca politica americana di ieri).
 
Il professore inglese scrive che in ogni caso la circolazione di un dossier così grossolano a proposito di Trump e del governo russo finirà per favorire Mosca, a cui interessa vedere l’ America sfiduciata e senza certezze sulla credibilità della Casa Bianca, o della stampa, o di tutti. “Non pisciarmi sulla gamba per poi dirmi che piove”, dice un motto tranchant che in campagna elettorale circolava molto come risposta alle vaghezze del politicamente corretto.
12 gen 2017 18:30