Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

renzi bidenDi Maio vola a Washington: “Fedeli agli Usa, non a Mosca”

Italy’s Prime Minister Matteo Renzi (L) meets U.S. Vice President Joe Biden at Villa Taverna in Rome, Italy November 27, 2015. REUTERS/Alessandro Bianchi

a seguire da “La stampa” Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

se non è fake news questa…certo che le cosiddette democrazie avanzate, quelle che esportiamo a suon di bombe sono così “comprabili” ?

Chi cazzo ha preso i soldi di Putin senza darci un euro?!?!

Secondo Joe Biden (l’ex vice presidente degli Stati Uniti), Vladimir Putin aiutò i sostenitori del No a vincere il referendum costituzionale. Eppure ricordo benissimo che Obama sosteneva il Sì, come puparo di Renzi. Ricordo che il No non aveva praticamente nessun sostenitore “importante” nei mass media e nei poteri forti, tutti schierati per il Sì.

Ricordo che Renzi aveva dalla sua tutti i pezzi grossi, oltre a nani, ballerine e orsi danzanti (persino Vasco Rossi chiese di non usare la sua canzone “C’è chi dice no” per la campagna del No), e che Matteo e Maria Elena erano talmente sicuri di vincere da promettere le loro dimissioni in caso di sconfitta. Ricordo che la campagna per il No l’abbiamo fatta noi cittadini, singolarmente, senza soldi, parlando con le persone per le strade, discutendo giorno per giorno sui social network per spiegare perché bisognava votare No.

Quindi la mia domanda è: chi cazzo ha preso i soldi di Putin senza darci un euro?!?!
9.11.2017 Carmine Monaco
https://www.facebook.com/carmine.monaco/posts/10159897318600093?pnref=story

Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

La denuncia dell’ex vice presidente Usa: l’offensiva non è finita. Ora la Russia sta aiutando Lega e Cinque Stelle in vista delle elezioni
I «no» al referendum costituzionale del 12 aprile 2016 hanno sfiorato il 60%

La Russia ha interferito con il referendum costituzionale italiano dell’anno scorso, e sta aiutando la Lega e il Movimento 5 Stelle in vista delle prossime elezioni parlamentari. La denuncia viene dall’ex vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in un articolo pubblicato sulla rivista «Foreign Affairs» insieme all’ex vice assistente segretario alla Difesa Michael Carpenter.

Il saggio si intitola «How to Stand Up to the Kremlin», ossia come fronteggiare il Cremlino, e il catenaccio chiarisce l’obiettivo: «Difendere la democrazia contro i suoi nemici». Durante l’amministrazione Obama, il vice presidente era molto coinvolto negli affari internazionali, e aveva ricevuto in particolare l’incarico di gestire la crisi ucraina. Visto quanto sta avvenendo negli Usa con l’inchiesta sulla collusione tra la campagna elettorale di Trump e Mosca, molti osservatori hanno interpretato questo articolo come la conferma che Biden sta ancora considerando la possibilità di candidarsi alla Casa Bianca nel 2020.

Di Maio: “Soldi dai russi? Fake news, Biden e il Pd imparassero a perdere”

Il testo sostiene che Putin ha lanciato una campagna interna e internazionale per conservare il potere, basata su corruzione, ingerenza militare e politica. Secondo Biden la forza del capo del Cremlino è più apparenza che sostanza. L’economia russa dipende ormai esclusivamente dal petrolio e dal gas, e il calo dei prezzi l’ha profondamente danneggiata, al punto che la capitalizzazione sul mercato di Gazprom è scesa dai 368 miliardi del 2008 ai 52 di oggi. Il consenso politico è molto fragile, e per conservarlo Putin ha puntato su due cose: repressione dell’opposizione, e favoreggiamento della classe corrotta di oligarchi che lo aiutano a restare al potere. Ha creato una «democrazia Potemkin, in cui la forma democratica maschera il contenuto autoritario».

Questa strategia di sopravvivenza ha un importante aspetto internazionale, per almeno tre ragioni: difendersi dall’America, impedire ai Paesi vicini di passare nell’altro campo, e destabilizzare le democrazie occidentali. Biden scrive che gli Stati Uniti non hanno mai cercato di rovesciare Putin, ma lui si è convinto che hanno fomentato le rivolte in Serbia, Georgia, Ucraina, Kirgyzistan, mondo arabo, e le proteste scoppiate tra il 2011 e 2012 in varie città russe. Quindi considera Washington il suo nemico principale, e per difendersi ha orchestrato la campagna di disinformazione finalizzata a influenzare le presidenziali del 2016. Nello stesso tempo non può permettersi che i Paesi vicini, quelli nella sfera considerata di «interesse privilegiato russo», passino dalla parte occidentale, perché darebbero un esempio negativo agli stessi cittadini russi desiderosi di democrazia, libertà e sviluppo. Così si spiegano i vari interventi diretti, tipo Montenegro, Georgia, Ucraina, Moldova, dove ha usato i tentativi di colpo di stato o la forza militare.

Oltre alla difesa della Russia e dei territori vicini, la strategia di Putin comprende anche l’attacco dell’Occidente, per destabilizzarlo dall’interno e renderlo meno capace di contrastare Mosca. In questo quadro si inseriscono le iniziative lanciate per interferire con le elezioni. In Francia l’offensiva è fallita, ma «la Russia non si è arresa, e ha compiuto passi simili per influenzare le campagne politiche in vari Paesi europei, inclusi i referendum in Olanda (sull’integrazione dell’Ucraina in Europa), Italia (sulle riforme istituzionali), e in Spagna (sulla secessione della Catalogna)». Quindi Biden denuncia gli aiuti del Cremlino alla destra estrema in Germania, e aggiunge: «Un simile sforzo russo è in corso per sostenere il movimento nazionalista della Lega Nord e quello populista dei Cinque Stelle in Italia, in vista delle prossime elezioni parlamentari». A questo proposito bisogna ricordare che l’ex vice presidente era alla Casa Bianca, quando nell’autunno del 2016 il dipartimento di Stato inviò una missione a Roma per informare l’ambasciata di Via Veneto sui sospetti di ingerenze del Cremlino, ed era con Obama quando poco dopo ricevette l’allora premier Renzi a Washington.

Biden cita l’Internet Research Agency di San Pietroburgo come uno degli strumenti usati per diffondere ovunque le fake news, e denuncia anche l’uso della corruzione. Ad esempio nel gennaio scorso le autorità di New York hanno accusato la Deutsche Bank di aver riciclato 10 miliardi di dollari dalla Russia, e pochi giorni fa il procuratore Mueller ha chiesto alla banca tedesca di fornire informazioni sui conti che hanno presso di lei Trump e i suoi familiari. L’ex manager della campagna presidenziale, Manafort, è stato incriminato proprio per riciclaggio.

Biden non discute i motivi che potrebbero aver spinto l’attuale capo della Casa Bianca a essere disponibile verso il Cremlino, ma avverte che se lui non difenderà gli Usa e l’interno Occidente da questa offensiva, il Congresso, i privati e gli alleati dovranno farlo al suo posto, per salvare la democrazia liberale.
Pubblicato il 08/12/2017 paolo mastrolilli
http://www.lastampa.it/2017/12/08/italia/politica/biden-il-cremlino-interfer-in-italia-sul-referendum-costituzionale-kga1zMpSJhKCS2yv3aMdMN/pagina.html

 

Macron eletto dalle banche. Ecco chi lo ha finanziato

Dopo il comunicato stampa della commissione nazionale elettorale francese che ha vietato espressamente di pubblicare il contenuto dei Macronleaks, la mole di file e documenti contenuta nelle email dello staff di Emmanuel Macron, la possibilità di vedere il contenuto di quei file sembrava definitivamente preclusa.
Quello che più ha stupito in questa vicenda, è l’espresso rifiuto dei media di pubblicare dei documenti che l’opinione pubblica francese e internazionale aveva il diritto di conoscere prima del voto, e non dopo. Le Monde ha rilasciato un comunicato stampa nel quale afferma espressamente di non aver voluto rivelare il contenuto dei file, per i timori di «influenzare il ballottaggio». Ma non è forse questo il compito dei mezzi di comunicazione, ovvero quello di portare a conoscenza l’opinione pubblica di fatti o informazioni rilevanti politicamente su un candidato alle elezioni presidenziali francesi? In questo modo, la stampa e i media mainstream dichiarano espressamente di mettere al primo posto gli interessi di Macron, e non quelli del pubblico francese. Libero ha recuperato parte di quei file, superiori a 9gb di memoria, e ha deciso di condividerli pubblicamente.
 
SOLDI DA BANCA BRED1-a3bp4gg6rs6fajhoxblxnq
Uno dei documenti che spicca particolarmente tra quelli recuperati, è il prestito di 8 milioni di euro contratto dall’AFCPEM, l’associazione del candidato di En Marche! per il finanziamento della sua campagna elettorale, incaricata per la raccolta dei fondi elettorali. In questa circostanza l’AFCPEM ha chiesto alla Banca Bred Populaire un prestito di 8 milioni di euro nel marzo di quest’anno. Il comitato elettorale di Macron ha sottoscritto un prestito con la banca in questione da restituire entro il marzo del 2019, come previsto dall’art.5 del contratto. La banca si è impegnata a versare i fondi messi a disposizione sul conto intestato dall’AFCPEM presso la banca francese del Credit Agricole.
Il contratto di prestito di Macron con la banca Bred
 
Tra le pieghe del contratto spunta all’art.16 un’interessante clausola che fa riferimento al codice civile francese, in particolare all’art. 1415, con il quale si esclude il consorte della persona che contrae il prestito dal partecipare con i propri fondi o beni alla restituzione del debito. Con questa clausola – accettata dalla banca – Macron ha di fatto esonerato sua moglie Brigitte dall’essere chiamata in causa con il suo patrimonio personale qualora dovessero sorgere complicazioni nel pagare il prestito da 8 milioni di euro.
Macron dunque non ha incontrato difficoltà di nessun tipo ad ottenere finanziamenti da parte della banche francesi, mentre lo stesso non può dirsi per la sua rivale, Marine Le Pen, costretta a ricorrere al finanziamento di banche straniere perché nessuna banca francese è stata disposta a finanziare la sua campagna.
Non sono mancate in questo senso le polemiche contro la leader del Front National, accusata di prendere fondi dalla Russia. Ma a differenza di Le Pen, Macron non ha rivelato queste informazioni. La banca Bred Populaire, tra l’altro, era già finita nel 2012 sotto il mirino della autorità investigative francesi per aver violato le norme anti-riciclaggio ed era stata condannata per questo a versare 200.000 euro dalla Banque de France.
ASSE CON ROTHSCHILD
Uno dei gruppi che più ha dimostrato supporto e sostegno nei confronti di Emmanuel Macron è il Boston Consulting Group. 1-4a9jgzup69horh00f1wpeqA dare conto della provata amicizia tra il BCG e il partito di Macron, En Marche, è Christian Dargnat – presidente dell’AFCPEM e già amministratore delegato di BNP Paribas – che in una email si rivolge a Guillaume Charlin, direttore della sede del BCG a Parigi, per invitarlo ad un party il 13 giugno del 2016.
 
L’email di Dargnat a Guillaume Charlin
 
Nell’email Dargnat si rivolge a Charlin e al BCG come i «maggiori sostenitori» di En Marche! e desidera metterlo al corrente «dell’evoluzione del movimento e per scambiare pareri sulle prospettive delle sue azioni». Charlin fa sapere a Dargnat che non potrà partecipare all’incontro per la sua assenza da Parigi in quei giorni. Il BCG si interessa alle attività di Macron frequentemente e in qualche occasione si rivolge ad altre parti per arrivare direttamente al presidente di En Marche. È quello che accade in una email quando Guillaume de Montchalin, responsabile della sezione marketing del BCG, scrive a Stephane Charbit, direttore della banca Rothschild a Parigi, per chiedergli di «essere messo in contatto con la persona per organizzare un incontro». La presenza dei gruppo Rothschild durante la campagna elettorale di Macron è costante, e in altre email i responsabili della sua campagna elettorale fanno riferimento a diversi collaboratori del colosso bancario che hanno partecipato ai meeting di En Marche! Le rivelazioni sui Macronleaks sono appena iniziate, nei prossimi giorni arriveranno nuovi file.
di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti – 08/05/2017
Fonte: Paolo Becchi

Che cosa accadrebbe se Washington rinunciasse al jihad?

ISIS-Jihad-Terror-Training-CampLa volontà del presidente Trump di combattere Daesh e porre fine al terrorismo internazionale è estremamente difficile da attuare. Infatti, danneggia gli Stati che l’hanno organizzato e comporta un riorientamento della politica internazionale. Il nuovo presidente statunitense non sembra in grado di dare ordini di passare all’attacco alle sue truppe fino a quando non avrà trovato e sigillato delle nuove alleanze.

DAMASCO (Siria) – L’opposizione che incontra il presidente Donald Trump è così forte che il piano di lotta contro Daesh, che sarà presentato il 22 marzo al vertice della Coalizione a Washington, non è ancora pronto. La sua linea politica è ancora sfocata. Solo l’obiettivo dell’eradicazione del jihadismo è stato messo agli atti, ma nessuna delle sue implicazioni è stata risolta.
Il generale Joseph Votel, capo del CentCom, non ha ancora presentato le opzioni sul campo. Dovrebbe farlo solo ai primi di aprile.
 
Sul terreno, si è quindi limitati alla condivisione delle informazioni tra gli statunitensi da un lato, i russi e gli iraniani dall’altro. Per mantenere le cose come sono, le tre potenze hanno convenuto di prevenire uno scontro tra turchi e curdi. E dei bombardamenti intensi sono condotti contro al-Qa’ida in Yemen e contro Daesh in Iraq. Ma nulla di decisivo. L’attesa è d’obbligo.
In nome e per conto di Londra e Washington, l’arma del terrorismo internazionale è gestita dalla Lega islamica mondiale fin dal 1962. Essa comprende sia la Confraternita dei Fratelli Musulmani (composta da arabi) sia l’Ordine della Naqshbandiyya (composto principalmente da turco-mongoli e caucasici).
Fino alla guerra dello Yemen, il bilancio militare della Lega era più importante di quello dell’esercito saudita, di modo che la Lega risulta essere il primo esercito privato del mondo, distaccando di gran lunga persino Academi/Blackwater.
Benché si tratti solo di un esercito di terra, è tanto più efficace in quanto la sua logistica dipende direttamente dal Pentagono e dispone di numerosi combattenti suicidi.
Questa è la Lega – vale a dire i Saud – che fornì a Londra e Washington il personale che organizzò la seconda “Grande Rivolta Araba” nel 2011, sul modello di quella del 1916, ma sotto il nome di “Primavera araba”. In entrambi i casi, si è trattato di fare affidamento sui wahhabiti per ridefinire i confini regionali a beneficio degli anglosassoni.
Non si tratta quindi semplicemente di abbandonare l’arma del terrorismo, ma anche:
– Di rompere l’alleanza tra Londra e Washington per il controllo del Medio Oriente allargato;
– privare l’Arabia Saudita e la Turchia dell’arma che sviluppano per conto di Londra e Washington da mezzo secolo in qua;
– determinare il futuro del Sudan, della Tunisia e della Libia.
Inoltre, occorre anche trovare un accordo con la Germania e la Francia che hanno ospitato i dirigenti della Fratellanza dal 1978 e hanno finanziato il jihad.
Già ora, vediamo che il Regno Unito non ci sente da quest’orecchio.
Si scopre che è stato il GCHQ (servizio di intercettazione satellitare britannico) ad aver sottoposto la Trump Tower a intercettazioni durante la campagna elettorale e il periodo di transizione. Mentre, secondo l’agenzia giordana Petra, l’Arabia Saudita ha finanziato segretamente un terzo della campagna elettorale di Hillary Clinton contro Donald Trump.
Questo è il motivo per cui il presidente Trump sembra cercare nuovi alleati per permettergli di imporre un tale cambiamento.
Sta ora organizzando un incontro con il presidente Xi Jinping, durante il quale potrebbe pianificare l’adesione del suo paese alla Banca per gli investimenti cinese. Metterebbe allora i suoi alleati davanti a un fatto compiuto: se gli Stati Uniti partecipassero alla costruzione delle Via della Seta, diventerebbe impossibile nel Regno Unito, in Arabia Saudita e in Turchia, in Germania e in Francia, continuare il jihad in Iraq, in Siria e in Ucraina.
Fonte: Al-Watan (Siria)  di Thierry Meyssan – 20/03/2017  Fonte: Megachip

Terremoto, i conti non tornano

terremoto-6mesi004-1000x600Sulle spese per l’emergenza terremoto i conti non tornano. La questione è tornata d’attualità  con la lettera che il Tesoro ha inviato la settimana scorsa alla Commissione europea per indicare le misure con cui l’Italia intende operare la correzione dei conti pubblici da 3,4 miliardi chiesta da Bruxelles.
 
A proposito delle risorse da investire per la ricostruzione post-sisma, il ministro dell’Economia si mostra prudente: “Allo stato attuale non possiamo determinare con certezza l’impatto dei recenti eventi sismici sulle finanze pubbliche – scrive Pier Carlo Padoan – ma è probabile che i costi andranno ben oltre un miliardo di euro già nel 2017. Per mobilitare le risorse destinate a questo scopo sarà istituito un Fondo apposito”.
La cautela del ministro sembra più che ragionevole, ma non basta a fugare ogni dubbio sulla gestione dei fondi per il terremoto. Il problema nasce dal fatto che lo scorso ottobre, in un’altra lettera alla Commissione europea, il Governo aveva quantificato in 3,4 miliardi di euro le risorse aggiuntive da impiegare nel 2017 per far fronte all’emergenza sisma (curiosamente, la somma coincide con quella chiesta da Bruxelles a correzione dei conti di quest’anno). Si tratta di un ulteriore margine di flessibilità che l’Italia ha ottenuto dall’Europa, perché quei soldi non saranno conteggiati ai fini del Patto di stabilità e crescita.
Sennonché, di quei 3,4 miliardi si trova ben poco nella legge di Bilancio approvata a dicembre: appena 600 milioni. Nel dettaglio, la spesa si articola in questo modo: 100 milioniper la concessione del credito d’imposta maturato in relazione all’accesso ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale, per la ricostruzione privata”; 200 milioni “per la concessione dei contributi per la ricostruzione pubblica” e 300 milioni di cofinanziamento regionale di fondi strutturali.
I tecnici obiettano che molti soldi destinati al terremoto figurano in forma aggregata nei fondi dei singoli ministeri, ma la sproporzione fra 3,4 miliardi e 600 milioni è davvero eccessiva perché questa spiegazione appaia sufficiente. In seguito, il Tesoro ha precisato che “un altro miliardo arriverà dal Fondo per lo sviluppo degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale istituito dall’articolo 21 della Legge di bilancio”.
 
Il sito del Senato conferma che “l’articolo 21 istituisce un Fondo per il finanziamento di investimenti in materia di infrastrutture e trasporti, difesa del suolo e dissesto idrogeologico, ricerca, prevenzione del rischio sismico, attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni, nonché edilizia pubblica”.
Non è chiaro se questo Fondo sia lo stesso di cui parla Padoan nella sua ultima lettera a Bruxelles. Se così fosse – come pare probabile – vorrebbe dire che il totale dei soldi stanziati esplicitamente dall’Italia per l’emergenza terremoto arriverebbe ad appena 1,6 miliardi di euro nel 2017, cioè meno della metà dei 3,4 miliardi chiesti a ottobre. In caso contrario, la differenza sarebbe meno ampia ma i conti non tornerebbero comunque.
 
Insomma, il quadro non è abbastanza chiaro per muovere accuse e vogliamo pensare che esista una soluzione rassicurante a questo problema di ragioneria. L’unica certezza è che, su un tema così delicato, sarebbe il caso di muoversi con più trasparenza.
di Antonio Rei  posted by Redazione febbraio 6, 2017

Migranti, fondi UE per i corsi di sci: il caso arriva all’Europarlamento

risorse per i terremotati? Che stiano ancora in tenda, le coop produttrici devono migranti sciprendersi tutto il tempo e soldi che vogliono. Per i disabili? Per loro ancora tagli ai servizi (come se fossero già chissà quanti).I corsi di sci? Sono stati evidentemente inseriti nei diritti inalienabili dell’uomo. Cosa non si fa per ungere ste mafie della cosiddetta “solidarietà” (di cui i migranti sono solo strumento per estorcere denaro al contribuente). Silenzio, sennò si “strumentalizza”, ma meglio precisare onde essere tacciati di xenofobi, i soldi per sti vizi sono un furto ai contribuenti, chiunque siano i percettori dei corsi.


L’eurodeputata Mara Bizzotto (Lega Nord) presenta un’interrogazione urgente alla Commissione UE
Il caso delle lezioni di sci gratuite per i clandestini presunti profughi che sarebbero pagate con fondi europei, arriva nelle aule del Parlamento Europeo.
A portare la questione all’attenzione di Bruxelles è l’europarlamentare della Lega Nord Mara Bizzotto che ha presentato un’interrogazione urgente alla Commissione Europea su “gli ennesimi inaccettabili trattamenti di favore nei confronti di clandestini presunti profughi che si sono verificati in provincia di Udine, dove 16 immigrati minorenni hanno ricevuto gratuitamente lezioni di sci finanziate, secondo le dichiarazioni degli stessi organizzatori, attraverso fondi europei”.
L’on. Bizzotto, nella sua interrogazione all’esecutivo comunitario, chiede inoltre “di verificare come sono stati spesi realmente questi soldi di provenienza europea e se questi fondi sono stati impiegati in modo corretto rispetto alle normative vigenti” ma, soprattutto, l’eurodeputata chiede ai massimi vertici della UE “di bloccare definitivamente, e con effetto immediato, l’erogazione di simili finanziamenti a tutti quei Comuni, enti e associazioni che, direttamente o indirettamente, concorrano a realizzare simili iniziative che si configurano, a tutti gli effetti, come discriminatorie e razziste nei confronti dei friulani e degli italiani”.
E’ scandaloso che a questi clandestini presunti profughi, che già ricevono dallo Stato vitto e alloggio gratuito, vengano regalati anche corsi di sci a carico dei contribuenti – conclude l’europarlamentare leghista Mara Bizzotto – Pensare, come fanno quelli di sinistra e gli amici della Serrachiani, di regalare a questi immigrati pure le lezioni di sci dopo che lo Stato spende 4 miliardi di euro all’anno per il loro mantenimento, è pura follia e rappresenta uno schiaffo in faccia per milioni di italiani e friulani in difficoltà per i quali lo Stato non offre nessun servizio o sussidio, figurarsi i corsi di sci gratis”. martedì, 31, gennaio, 2017

I legami tra l’anti-Trump George Soros e la Marcia delle donne

soros clintonSoros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso
Non deve essere facile vestire i panni del miliardario George Soros, strenuo oppositore del presidente americano Donald Trump sin dal momento in cui quest’ultimo sembrava solo uno scherzo della democrazia americana.
Il filantropo americano in questi giorni ha dovuto assistere impotente (o quasi) al giuramento che ha portato il suo acerrimo nemico alla Casa Bianca.
Fedelissimo sostenitore della candidata democratica sconfitta Hillary Clinton, Soros ha perso quasi un miliardo di dollari come risultato del rally dei mercati che c’è stato dopo la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane dello scorso 8 novembre, ma pur navigando ancora nell’oro, a 87 anni suonati, non ha raggiunto quella saggezza tale da consentirgli di accettare un risultato elettorale democratico e voltare pagina.
Prima ci sono stati gli attacchi dal forum di Davos, dove ha definito Donald Trump un “possibile dittatore”, ora si scopre un legame, anzi molti legami, con la Marcia delle Donne, considerata un vero e proprio attacco frontale al neopresidente.
A lanciare la bomba è il New York Times che in un lungo articolo, dopo una ricerca per la quale l’autore chiede anche un crowdfunding, ha scoperto come George Soros abbia molti legami con le organizzazioni definite sponsor o partner di una manifestazione che negli intenti si dichiarava apartitica e senza bandiere.
Soros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso, come Planned Parenthood, che si oppone alla politica antiabortista di Trump e la National Resource Defense Council, che si oppone alle poliche ambientali del neopresidente.
Gli altri legami con le organizzazioni dietro la manifestazione a difesa dei diritti delle donne includono MoveOn.org (che è stata chiaramente a favore della Clinton durante la campagna elettorale), il National Action Network (il cui ultimo direttore esecutivo era stato lodato da Valerie Jarrett, consigliere di Obama, come “leader del domani”).
Altre associazioni “partner” della manifestazione e messe a libro paga da Soros sono l’American Civil Liberties Union, il Center for Constitutional Rights, Amnesty International e Human Rights Watch.
Poi ci sono anche i legami con le organizzazioni musulmane, come il Council on American-Islamic Relations e la Southern Poverty Law Center (SPLC), e quelli con le organizzazioni a tutela dei diritti degli afroamericani: almeno 33 delle 100 “donne di colore” che per prime hanno protestato dopo l’elezione di Trump, lavoravano in organizzazioni che hanno ricevuto finanziamenti da Sors.
Michele Ardengo – Lun, 23/01/2017