Levin: gli Usa hanno interferito nelle elezioni in 45 paesi

la-na-hacking-electionMentre infuriano le polemiche per le (del tutto presunte) interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane, “Vocativ” commenta una recente ricerca in cui si contano almeno 81 casi di interventi americani in 45 paesi, dal dopoguerra ad oggi, volti a condizionare l’esito delle elezioni politiche. E questo, senza contare i colpi di Stato militari promossi e organizzati dalla Casa Bianca. Scrive “Voci dall’Estero”:
«Il motivo per cui – fingiamo pure che il fatto sussista – un certo establishment americano sta gridando allo scandalo e rialzando una cortina di ferro, non è altro che quello che lo stesso establishment americano ha sempre fatto verso il resto del mondo».
Lo conferma un recentissimo studio, che mostra che l’America ha una lunga storia di ingerenze nelle elezioni in paesi stranieri, sintetizza Shane Dixon Kavanaugh su “Vocative”, prendendo spunto dalla clamorosa propaganda di Obama contro la Russia: 35 diplomatici espulsi e la richiesta di nuove sanzioni, in risposta a ciò che gli Usa ritengono essere una serie di cyber-attacchi condotti da Mosca durante la campagna presidenziale. Peccato che questa specialità – il pilotaggio delle elezioni altrui – sia un talento squisitamente statunitense.
Per la Cia, il Cremlino avrebbe tentato di aiutare Donald Trump a conquistare la presidenza? «Eppure, nessuno dei due paesi può dirsi estraneo a tentativi di ingerenza nelle elezioni di altri paesi». Gli Stati Uniti, per di più, vantano record ineguagliati in questo campo: «Hanno una storia lunga e impressionante di tentativi di influenzare le elezioni presidenziali in altri paesi», scrive Shane Dixon Kavanaugh, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” in cui si documentano i risultati del recente studio condotto da Dov Levin, ricercatore in scienze politiche dell’Università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, Pennsylvania. E’ un fatto: gli Usa hanno «cercato di influenzare le elezioni in altri paesi per ben 81 volte tra il 1946 e il 2000».
Spesso lo hanno fatto «agendo sotto copertura», con tentativi che «includono di tutto: da agenti operativi della Cia che hanno portato a termine con successo campagne presidenziali nelle Filippine negli anni ’50, al rilascio di informazioni riservate per danneggiare i marxisti sandinisti e capovolgere le elezioni in Nicaragua nel 1990». Facendo la somma, calcola Levin, gli Usa avrebbero condizionato le elezioni in non meno di 45 paesi in tutto il mondo, durante il periodo considerato. E nel caso di alcuni paesi, come l’Italia e il Giappone, gli Stati Uniti hanno cercato di intervenire «in almeno quattro distinte elezioni».
I dati di Levin, aggiunge Shane Dixon Kavanaugh, non includono i golpe militari o i rovesciamenti di regime che hanno seguito l’elezione di candidati contrari agli Stati Uniti, come ad esempio quando la Cia ha contribuito a rovesciare Mohammad Mosaddeq, il primo ministro democraticamente eletto in Iran nel 1953. Il ricercatore definisce l’interferenza elettorale come «un atto che comporta un certo costo ed è volto a stabilire il risultato delle elezioni a favore di una delle due parti».
Secondo la sua ricerca, questo includerebbe: diffondere informazioni fuorvianti o propaganda, creare materiale utile alla campagna del partito o del candidato favorito, fornire o ritirare aiuti esteri e fare annunci pubblici per minacciare o favorire un certo candidato. «Spesso questo prevede dei finanziamenti segreti da parte degli Usa, come è avvenuto in alcune elezioni in Giappone, Libano, Italia e altri paesi».
Per costruire il suo database, Levin si è basato su documenti declassificati della stessa intelligence americana, come anche su una quantità di report del Congresso sull’attività della Cia. Ha poi esaminato ciò che considera resoconti affidabili della Cia e delle attività americane sotto copertura, nonché ricerche accademiche sull’intelligence statunitense, resoconti di diplomatici della guerra fredda e di ex funzionari sempre della Cia. «Gran parte delle ingerenze americane nei processi elettorali di altri paesi sono ben documentate, come quelle in Cile negli anni ’60 o ad Haiti negli anni ’90», senza contare il caso di Malta nel 1971: secondo lo studio di Levin, gli Usa avrebbero cercato di condizionare la piccola isola mediterranea strozzandone l’economia nei mesi precedenti all’elezione di quell’anno. «I risultati della ricerca suggeriscono che molte delle interferenze elettorali americane sarebbero avvenute durante gli anni della guerra fredda, in risposta all’influenza sovietica che andava espandendosi in altri paesi», sottolinea Shane Dixon Kavanaugh.
«Per essere chiari, gli Usa non sarebbero stati gli unici a cercare di determinare le elezioni all’estero. Secondo quanto riportato da Levin lo avrebbe fatto anche la Russia per 36 volte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del ventesimo secolo. Il numero totale degli interventi da parte di entrambi i paesi sarebbe stato dunque, in quel periodo, pari a 117». Eppure, anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991, nonostante venisse a mancare l’alibi della guerra fredda, il grande nemico a Est, gli Stati Uniti «hanno continuato i propri interventi all’estero, prendendo di mira elezioni in Israele, nella ex Cecoslovacchia e nella stessa Russia nel 1996». In altre parole: se la Russia di Putin ha archiviato le attività “imperiali” dell’Urss, l’America ha invece raddoppiato la posta: secondo Levin, dal 2000 a oggi gli Usa hanno pesantemente interferito con le elezioni in Ucraina, Kenya, Libano e Afghanistan, per citarne solo alcuni dei paesi sottoposti alle “attenzioni elettorali” di Washington.
Scritto il 20/1/17

Il Tradimento di Obama

obama deceptionBarack Obama è stato eletto sull’onda dell’entusiasmo derivante dallo slogan ‘Yes We Can’ (Si noi possiamo), ben presto però, la realtà dei fatti, ha obbligato l’amministrazione a fare i conti con l’influenza esercitata dallo ‘stato profondo’. Mostro mitologico a cinque teste, include essenzialmente Wall Street (Finanza), i grandi corporazioni industriali (Multinazionali), le agenzie di spionaggio (CIA, NSA, NRO, etc), il complesso militare (Industria Bellica) e i media mainstream (grandi gruppi editoriali e televisivi).
Tra i maggiori meriti di Obama, soprattutto durante la prima amministrazione, possiamo annoverare una forte propensione a non macchiare la sua bibliografia presidenziale con disastrose guerre quali Iraq e Afghanistan. Questo rifiuto ha delineato e definito enormemente le strategie di ingaggio nell’arena internazionale da parte degli Stati Uniti.
Un altro fattore di enorme importanza è riscontrabile con il tentativo di regolamentare e definire maggiormente i perimetri dell’alta finanza speculativa che portò alla crisi finanziaria del 2008. Il potere di un presidente è molto limitato in confronto ad un’entità potente quale la FED. In tal senso, i pochi sforzi di limitare il potere dei grandi gruppi finanziari e bancari sono immediatamente naufragati, obbligando Obama a seguire la leadership di Greenspan e la politica monetaria decisa dalla FED. Primo enorme tradimento del mandato popolare.
Infine, i ripetuti scandali spionistici relativi alla NSA e alle altre agenzie di intelligence, hanno costretto Obama ad adottare una retorica volta al contenimento del potere illimitato delle agenzie di spionaggio. Nella pratica però, l’amministrazione uscente ha fatto l’esatto opposto aumentando fortemente i poteri delle agenzie governative, con lo scopo preciso di perseguire e accompagnare così la nuova strategia bellica presidenziale. Secondo enorme tradimento nei confronti dell’elettorato.
Ripercorrendo i punti cardine dell’amministrazione uscente, è facile comprendere come, dei cinque conglomerati di potere, tre di essi, Media, Wall Street e agenzie di spionaggio abbiano avuto vita facile potendo contare su un presidente a disposizione di tali poteri forti.
Ciò viene facilmente riscontrato nelle decisioni intraprese in otto anni di presidenza. Difficile stabilire una certezza quale siano state le motivazioni dietro a questo approccio, resta però una certezza, Obama ha dovuto sottomettersi a determinati rami dello stato profondo per poter implementare certe strategie. Per Obama, principalmente, è sempre stata una questione di priorità, unito alla necessità di assecondare determinati ambiti dello stato profondo, nell’opera di evangelizzazione democratica (derivante dal concetto distorto di Eccezionalisimo Americano).
In questo senso, facilmente si intuisce come mai agenzie di spionaggio, apparati mediatici e speculatori finanziari abbiano avuto mano libera durante la gestione Obama. Il presidente uscente ha puntato su tre fattori principali durante la sua presidenza: avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, una ripresa interna dell’economia e la rinuncia a guerre con truppe di terra. Obiettivi chiaramente incompatibili tra loro, specie se messi in relazione con i desiderata storici della politica estera americana (preservare il mondo unipolare a guida USA)
Per riuscire in questo obiettivo, necessariamente, ha avuto bisogno di un forte sostegno da parte delle grandi istituzioni finanziarie, nazionali ed internazionali, per organizzare la destabilizzazione economica e il terrorismo finanziario verso nazioni considerate ostili. Obiettivo, aprire la strada alle agenzie di intelligence e alla loro forma di aggressione mediante forme di soft-power (primavera araba, rivoluzione colorata, influenzare il voto). In tutto questo, l’apparato mediatico ha giocato un ruolo fondamentale amplificando la propaganda politica. Lo scopo, anche in questo caso, spianare la strada alle canoniche tecniche di manipolazione (mancanza di notizie, notizie distorte, percezione alterata della realtà, omissioni) per ottenere il sostegno delle popolazioni occidentali alle operazioni di cambio regime in Nord Africa, Medio Oriente ed Europa dell’Est.
Questa strategia di protezione della sua biografia, evitando ad ogni costo un intervento militare, ha infastidito fortemente il complesso militare industriale, oltre alle grandi corporazioni industriali (Petrolifere, Agricole ed Edili). Il bombardamento, l’invasione via terra, l’occupazione materiale e la distruzione delle infrastrutture di un paese sono grandi catalizzatori di appalti, assegnati regolarmente alle aziende private statunitensi (l’esempio dell’Iraq è emblematico). L’effetto sono centinaia di milioni di dollari di profitto. Lo stesso apparato bellico ha più capacità di espandere i suoi guadagni con guerre perpetue, di occupazione che impieghino armamenti e nuove tecnologie, frutto anch’essi di contratti multimilionari.
Le problematica maggiore sono comunque emerse in altri contesti, conseguenze di un approccio particolarmente esasperato al tema dei diritti umani. Argomentazione abusata nell’ultimo decennio sotto l’amministrazione Obama, ha spesso funzionato da pretesto per il bombardamento e il sostegno di rivoluzioni violente che hanno finito per distruggere diverse nazioni negli corso degli ultimi otto anni. Gli effetti della politica estera di Obama hanno peggiorato le tensioni globali, semplicemente cambiando metodi e mezzi. Terzo, enorme, tradimento del mandato elettorale.
Le maggiori conseguenze sul fronte interno, evidente riflesso di una strategia basata sull’uso di intelligence e media mainstream, sono state un aumento esponenziale del potere delle agenzie di spionaggio, degenerato con i ripetuti scandali rivelati da Snowden. Altrettanto si può dire in merito alla credibilità della Stampa con l’alterazione delle notizie per favorire un certo tipo di interpretazione della realtà. Infine, ovviamente, il salvataggio delle maggiori banche ha prodotto conseguenze disastrose nell’apparato finanziario ed economico. Il potere della FED (degenerato con i tassi di interesse bloccati a zero e la cosiddetta capacità di stampare denaro all’infinito), unito alla speculazione finanziaria, la distorsione mediatica delle notizie e una completa libertà per le agenzie di intelligence, lascia in eredità al nuovo presidente un paese con un’economia instabile, una crescita rasente lo zero ed una politica estera disastrosa per gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Uno dei pochi meriti di Obama è stata la necessità di porre un freno alle intenzioni bellicose dell’apparato militare, attirandosi quindi spesso aspre critiche dalla parte più interventista del ‘deep state’ USA. In Siria, la mancata invasione del 2013 ha lasciato il segno tra la presidenza Obama e lo stato profondo che ha continuato a minare la credibilità dell’ex presidente fino all’ultimo giorno della sua permanenza alla Casa Bianca.
In Iraq, la necessità di marcare una differenza importante con Bush ha prodotto un ritiro forzato delle truppe americane, favorendo così l’ascesa di daesh. Che Obama abbia deciso in autonomia questa strategia o che sia stato tradito dagli apparati di intelligence, creatori di daesh a Camp Bucca, poco cambia. La strategia politica di Obama ha necessariamente dovuto concedere particolari deleghe di autonomia agli apparati di intelligence, tradendo puntualmente il mandato dei cittadini.
Obama ha concesso armi e finanziamenti ad elementi collegati a daesh ed al qaeda, offrendo una cooperazione continua con altri attori regionali (Arabia Saudita, Qatar e Turchia) per destabilizzare l’intera area Mediorientale e Nordafricana. Quarto gigantesco tradimento del mandato elettorale.
Il contrasto perenne tra una parte dello stato profondo e Obama ha raggiunto apici di tensione in merito alla vicenda Ucraina. Le forti pressioni dei neoconservatori sull’amministrazione hanno avuto poca fortuna nel innescare un’escalation delle tensioni nell’est del paese. Nonostante l’apparato di intelligence abbia sempre assistito Kiev nella sua famigerata operazione antiterrorismo e nella copertura di nefandezze di ogni genere (MH17?), l’apparato militare non ha potuto armare l’esercito Ucraino, con l’aiuto della NATO, come avrebbe voluto e sperato.
Una delle maggiori contraddizioni tra l’area euroasiatica e quella atlantica è stata l’errata interpretazione dei due maggiori esponenti. In Russia, ma spesso anche in altre nazioni mediorientali, Obama è stato percepito come un estremista che avrebbe voluto attivare i meccanismi per portare ad una terza guerra mondiale. Alla stessa maniera, Putin ha ricevuto la stessa interpretazione delle sue intenzioni da parte atlantica. Questa errata percezione della realtà ha spesso portato ad equivoci e mancanza di fiducia difficilmente risolvibili. A riprova di questa affermazione, la situazione di maggior pericolo, in termini di scontro tra potenze nucleari, si è avuto durante la crisi Ucraina. In Russia, Putin ha ricevuto critiche per un mancato intervento massiccio in Ucraina, Obama in patria ed in Europa è stato aspramente ostracizzato per non aver appoggiato Kiev con tutti i mezzi necessari. E’ stata la moderatezza di Putin ed Obama in determinati contesti, Siria e Ucraina in primis, ad evitare che i falchi al loro fianco potessero spingere ad un aggravarsi della crisi internazionale.
In conclusione, Obama ha spesso preferito utilizzare metodi alternativi, ma non meno dannosi, per imporre in qualche maniera una sua visione delle politiche internazionali. Spesso ha dovuto cedere la mano con azioni contro la sua volontà e probabilmente poco frutto di una sua iniziativa personale. Le sanzioni alla Federazione Russa, le operazioni con i Droni, l’inasprirsi del pattugliamento nel mar cinese del Sud-Est, il sostegno alle azioni Saudite in Yemen (vendita di armi), il salvataggio bancario dopo la crisi finanziaria e la permanenza di Guantanámo rientrano in questo ampio spettro. Vicende che hanno scalfito e danneggiato la reputazione di Obama. Azioni intraprese e offerte in dono al mostro a cinque teste, comunemente etichettato come stato profondo. Scelte che, in un modo o nell’altro, Obama è stato obbligato ad intraprendere per evitare una guerra dichiarata con le svariate entità del deep state. In sintesi, si è piegato al volere dei poteri forti, senza combattere, ma anzi adattandosi al contesto per trarne un beneficio personale.
Obama è certamente stato un presidente per certi versi peggiore di Bush in termini di politica estera e domestica. Va però riconosciuta la sua capacità nell’aver limitato la potenziale azione distruttiva-nucleare degli Stati Uniti, specie se rapportato ai desiderata di certi apparati del potere di Washington. L’accusa maggiore che si possa muovere ad Obama è non aver mantenuto fede alla promessa basilare espressa durante la campagna elettorale. Con la terminologia ‘Yes We Can’, Obama promise un cambiamento nell’approccio ai problemi degli Stati Uniti.  Invece di combattere l’establishment con una rivoluzione dal suo interno, ha preferito scendere a patti per avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo semplicemente cambiando approccio.
Ha scelto alleanze e tessuto trame per avanzare la sua biografia (polemica con Israele per gli insediamenti, il ritiro dall’Iraq e la fine dell’embargo con Cuba), senza mai però entrare in contrasto aperto con determinati settori dello Stato Profondo. Israele può essere considerata un’eccezione isolata.
Le conseguenze di questo approccio hanno generato effetti catastrofici che vediamo ogni giorno in diverse aree del globo. Le popolazioni di Stati Uniti ed Europa vivono una crisi esistenziale senza più fiducia nei media; le agenzie spionistiche vengono considerate oppressive ed invadenti nella sfera della privacy senza più alcuna credibilità; gli apparati militari-industriali producono hardware obsoleto ed inefficace, con costi di produzione iperbolici dettati da una vasta corruzione; i grandi gruppi corporativi hanno subito gli effetti di una guerra commerciali (rapporto problematico con il valore del petrolio) oltre al fallimento degli accordi commerciali come TTIP e TTP.
Obama, pur avanzando una candidatura di rottura nel 2008 e nel 2012, ha continuato nel solco dell’eccezionalismo americano, del popolo scelto da Dio bramando di educare il globo nella maniera appropriata. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Iran, Cina e Russia che hanno enormemente guadagnato fiducia e considerazione rispetto agli Stati Uniti grazie al loro approccio scevro di eccezionalismo.
Il tradimento di Obama, rispetto alle aspettative, sommato alle conseguenze nefaste della sua presidenza lo rendono, complessivamente, uno dei peggiori presidenti della storia degli Stati Uniti. Non sorprenda, quindi, l’elezione di Donald Trump. Un presidente, anch’esso, di rottura rispetto ad Obama. Una ripetizione del medesimo meccanismo elettorale che portò al trionfo di Obama nel 2008 al termina della presidenza Bush. Trump è stato eletto sulle ali dell’entusiasmo, con uno slogan che promette di rimettere gli Stati Uniti al centro del progetto nazionale e globale, sfidando quindi apertamente gli interessi del mostro a cinque teste dello stato profondo. Ancora una volta, folgoranti similitudini con la campagna elettorale dell’ormai ex presidente.
E’ probabile che anche Trump decida di allearsi con determinati componenti dello stato profondo dichiarando guerra ai restanti, avanzando così la sua visione strategica del futuro del paese. Un tracciato che assomiglia paurosamente alla tattica ed alle intenzioni iniziali di Obama. Il problema di fondo resta intrinsecamente legato all’opinione personale del presidente degli Stati Uniti che spesso si sente nominato quale guida morale e spirituale dell’intero globo, non solo degli Stati Uniti d’America. In tal caso, il risultato sarà il medesimo degli ultimi otto anni con una continua crescita del ruolo di Cina, Russia e Iran. L’epoca di Obama si chiude con un paradossale “No, you can’t” (no, non puoi), contrapposto all’iniziale “Yes we Can”. Trump dovrà stare attento a non subire una trasformazione simile, del suo slogan, con un passaggio dal “make america great again” (rendiamo gli Stati Uniti grandi di nuovo) al più realistico “make eurasia great again”.
Il mostro a cinque teste, comunemente chiamato Deep State, guida la politica domestica ed internazionale degli Stati Uniti da oltre cento anni, piegando il volere presidenziale e sabotando amministrazioni senza pietà. Se c’è qualcosa che già accomuna Obama e Trump è la difficoltà nel discostarsi dalla precedente amministrazione, riuscendo al contempo ad avanzare le intenzioni espresse durante la campagna elettorale. Missione impossibile?
di Federico Pieraccini – 21/01/2017 – Fonte: L’Antidiplomatico

26.000 bombe per asciugare le lacrime di Obama. (E Trump quante ne lancera’ ?)

obama bombsMA QUANTE BELLE BOMBE…
26.172: sono le bombe che Barack Obama ha lanciato nel 2016 in sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan.
Di queste oltre il 90% (24.287) sono state lanciate su Siria e Iraq nell’ambito della Operation Inherent Resolve (OIR), la campagna contro lo Stato Islamico. Gli Stati Uniti hanno prodotto il 79% dei bombardamenti complessivi che la coalizione ha effettuato.
La stima, come sottolinea Micah Zenko analista e curatore della ricerca, è da ritenersi al ribasso perché ogni “strike” può comportare più bombe; ed inoltre perché i numeri sugli interventi aerei in Siria e Iraq non sono certi.
Rispetto al 2015, l’America di Obama ha sganciato oltre 3.000 bombe in più e bombardato un paese, la Libia, che non era stato tra gli obiettivi.
Ovviamente in questo conteggio non sono calcolate le operazioni segrete che Obama ha dispensato per il mondo; le centinaia di “bombardamenti mirati” con droni anche in territori non inclusi nelle guerre ufficiali (come Africa), o gli appalti autorizzati dal Pentagono e dalla Cia a contractors e società private per condurre attività di guerra sotto traccia.
A tutto questo dobbiamo aggiungere che Obama nei suoi sette anni, è stato il Presidente Usa che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente nella storia americana (lo abbiamo spiegato in questo articolo con numeri e cifre).
Niente male per un Nobel per la Pace.
Il problema è che tutto questo sforzo bellico che annovera Obama tra i presidenti più guerrafondai di sempre, non è servito a evitare il fallimento della politica estera americana.
E LA DOTTRINA OBAMA?
La dottrina Obama, elogiata dalla sinistra internazionalista e umanitaria, doveva far dimenticare quella di George Bush e invece l’ha fatta rimpiangere; doveva ricostruire l’immagine dell’America disintegrata dall’arroganza del Presidente cowboy e dal fallimento delle guerre in Afghanistan e Iraq e invece quell’immagine l’ha ancora più abbattuta mantenendo in vita le stesse guerre di Bush e aumentando crisi internazionali e fronti di guerra: è sotto Obama che hanno preso forma l’Isis e il suo Califfato; è Obama che ha dato il via libera alla guerra in Libia, alimentato il conflitto siriano, aiutato la crisi nello Yemen e le destabilizzazioni delle Primavere arabe; e con Obama che la tensione con la Russia ha raggiunto un clima da Guerra Fredda; è con Obama che si è consumata la tragica farsa della rivoluzione ucraina e della Guerra civile che sta mettendo a rischio la stabilità nell’Europa orientale.
La sua dottrina doveva fondarsi su due capisaldi:
1) “Light Footprint” o “Impronta Leggera”, cioè diminuire l’interventismo esplicito; non più “stivali sul terreno” ma azioni impercettibili che avrebbero dovuto ottenere massimo risultato con il minimo sforzo (e minimo rischio). L’eliminazione di Bin Laden nel 2011, sembrò avvalorare questa strategia.
D’altronde se il terrorismo islamista era senza territorio a che serviva occuparne uno? Salvo poi accorgersi che l’Isis un territorio se lo stava costruendo grazie ai soldi degli alleati sauditi e alle trame occulte della Cia.
2) “Leading from behind” o “Guidare da dietro le quinte”. La strategia tipica di chi tira il sasso nascondendo la mano. Potremmo tradurla con un “agire nell’ombra”; come in Ucraina per esempio dove è stato molto più comodo finanziare con svariati miliardi di dollari la rivoluzione che ha portato alla guerra civile e poi infilare i propri dipendenti del Dipartimento di Stato dentro il nuovo governo di Kiev.
OBAMA? UN’ALLUCINAZIONE
Il giudizio sereno e veramente obiettivo su di lui potrà essere consegnato solo dopo che il tempo avrà attraversato le ultime convulsioni di questi 8 anni.
Eppure quelle lacrime si asciugano velocemente pensando all’ipocrisia di quella retorica pacifista che ha accompagnato questi anni; alle bombe e alle guerre (umanitarie ovviamente) giustificate dalla protezione che il mondo ovattato dei media, degli intellettuali, degli attori di Hollywood, dei maggiordomi europei, gli hanno dato e continuano a dargli.
Obama è stato una grande allucinazione; non solo in politica estera. Secondo un recente sondaggio Gallup, la presidenza Obama ha peggiorato la condizione dei neri, la questione razziale e il divario tra ricchi e poveri; i punti forti della sua visione del mondo.
Donald Trump non ha vinto grazie a Putin; ha vinto grazie ad Obama ed al suo fallimento.
E ora, mentre ci apprestiamo ad assistere all’insediamento del nuovo Presidente Trump, guardiamo con stupore le lacrime che Obama ha versato nel suo discorso di commiato; probabilmente lacrime sincere di un uomo che non è riuscito ad essere all’altezza del ruolo che la storia improvvisamente gli aveva dato ed il mondo si aspettava.
Ma le 26.000 bombe sganciate nel 2016 e le decine di migliaia di altre bombe gettate negli otto anni della sua Presidenza asciugano quelle lacrime di speranze  fallite.
Fonte: Comedonchisciotte
di Giampaolo Rossi – 21/01/2017

Obama avvisa (subdolamente) Trump che l’inizio del suo governo sarà violento

trump emancipQuando si è reso evidente il trionfo di Trump nelle scorse elezioni presidenziali degli Stati Uniti, Obama ha inviato un mesaggio via Twitter con una frase con cui voleva rianimare i suoi sostenitori, in cui diceva: “il sole tornerà a sorgere un domani”; con questa frase voleva far intendere che, nonostante il trionfo di Donald Trump non tutto doveva considerarsi perduto per loro.
Tuttavia giusto ieri, a scarsi tre giorni dall’investitura di Trump, Obama esce con un altro twitter – per mezzo della sua ambasciatrice all’ONU, Samantha Power, in cui scrive: “non andiamo ad entrare dolcemente nella notte”.
Per qualsiasi persona è evidente che sono frasi che celano un forte simbolismo.
Non per nulla Obama è membro di società segrete come la ” Skull and Bones”. Vedi: Dalla «Skull and Bones» al Nuovo Ordine Mondiale
Se c’è un qualche cosa che l’establishment ha rimproverato a Trump è il fatto che lui non faccia parte di alcuna società segreta nè sia stato iniziato in alcuna dottrina ermetica. Ed è per questo che lo hanno rifiutato e questo è il motivo dei Twitters di Obama.
Tuttavia quale è il significato di questi messaggi Twits?
Visto che la luce del giorno è considerata un qualche cosa di positivo, che porta una speranza; in termini esoterici rappresenta la elevazione spirituale. Così che il suo primo Twitter era questo. un messaggio di speranza per i suoi. In realtà inviava il messaggio per il fatto che ancora vi era una possibilità di mantenere il potere; e questo spiega i tentativi che sono stati fatti nei giorni successivi fino all’attualità.
Tuttavia sembra che ancora Obama mantenga la speranza di recuperare il potere o al meno non se ne andranno senza dare battaglia; questo è il significato dell’ultimo Twitter.
Il messaggio avverte che” non si entrerà nel buio della notte in modo dolce”. E cosa si intende per notte? Questo dunque, l’oscurità, il terrore, la cecità spirituale.
Senza dubbio è un messaggio abbastanza chiaro; per loro (Obama ed il suo staff) la presidenza di Trump rappresenta la oscurità spirituale e fisica. Tuttavia avvertono che l’entrata al potere (di Trump) sarà agitata, segnalando con questo che faranno qualche cosa per rattristare l’inizio dell’amministrazione di Trump.
Cosa potrebbero davvero fare?
Probabile che vogliano giocarsi la carta di una guerra con la Russia. Ricordiamoci che il Pentagono ha inviato un importante contingente militare in Polonia per partecipare ad esercitazioni militari della NATO molto vicino alle frontiere della Russia.
Inoltre un importante generale statunitense, che partecipa alle esercitazioni, ha dichiarato che gli USA sono pronti per iniziare una guerra contro il paese slavo. Anche il generale, che era stato menzionato quale possibile candidato repubblicano in sostituzione di Trump, ha dichiarato che il presidente eletto porterà alla rovina gli USA.
In ogni caso il Ministro degli Esteri russo ha avvisato che Obama ancora dispone di qualche giorno per iniziare una guerra mondiale; questo in allusione ad uno schieramento militare statunitense nell’Europa orientale, giusto alla frontiera con la Russia; schieramento giustificato dalla presunta “minaccia russa”.
Non dimentichiamo che Obama aveva minacciato in precedenza la Russia con rappresaglie, senza menzionare che tipo di rappresaglie, per il presunto hackeraggio nelle elezioni presidenziali statunitensi.
Un’altra cosa che potrebebro fare è quella di assassinare lo stesso Donald Trump, o pe lo meno questo è quello che si specula su alcuni siti alternativi; dicono che sarà eliminato dalla CIA. Questo già avrebbe una certa logica, visto che, come hanno informato, l’FBI ha appoggiato Trump mentre la CIA lo ha attaccato e continua ad osteggiarlo.
Gen 19, 2017
Trump come Kennedy ?
Traduzione: Luciano Lago

Il fronte della sinistra mondialista europea si ricompatta in difesa per gli attacchi di Trump

se le critiche a Trump vengono da soggetti come Valls che, come i suoi colleghi della sinistra europei tipo Renzi hanno massacrato ancora di più i lavoratori o meglio, aspiranti tali…allora fidiamoci.


Prime Minister Theresa May speaks with German Chancellor Angela Merkel, US President Barack Obama, French President, Francois Hollande, the Italian prime minister, Matteo Renzi, and Spain's Prime Minister Mariano Rajoy during a meeting in Berlin with the leaders of the USA, Germany, France, Italy and Spain.

Prime Minister Theresa May speaks with German Chancellor Angela Merkel, US President Barack Obama, French President, Francois Hollande, the Italian prime minister, Matteo Renzi, and Spain’s Prime Minister Mariano Rajoy during a meeting in Berlin with the leaders of the USA, Germany, France, Italy and Spain.

SNon poteva mancare una reazione piccata da parte dei maggiori esponenti della sinistra mondialista europea che si sono sentiti chiamati in causa per le accuse formulate ieri dal neo presidente eletto USA, Donald Trump.

La prima reazione è stata quella della cancelliera tedesca, Angela Merkel, chiamata direttamente in causa come responsabile della “catastrofe migratoria” in Europa con il suo “welcome refuges” e segnalata dallo stesso Trump come cancelliera del principale paese europeo, la Germania, che ha tratto beneficio dalla UE a scapito di tutti gli altri.  La UE ha fatto gli interessi della sola Germania, aveva detto Trump.
La Merkel, in preda ad un evidente nervosismo, ha risposto affermando che ” bisogna esigere unità nella UE di fronte agli attacchi di Donald Trump” e, nello stesso tempo, ha dichiarato che “l’Europa non prende ordini dagli USA”, dichiarazione che suona come abbastanza “singolare” da parte di una statista che si è sempre inchinata ad ogni direttiva proveniente dagli USA anche a scapito degli interessi nazionali (dalle sanzioni alla Russia, all’appoggio incondizionato della Germania alle disastrose politiche degli USA e della NATO in Medio Oriente).
Tuttavia, le critiche di Trump alla politica delle porte aperte decretata dalla cancelliera tedesca e i dubbi espressi dal neo presidente USA sul futuro della NATO hanno provocato una reazione a catena in tutti i leaders europei (con l’eccezione di quello italiano, Gentiloni, che conta quanto il “due di coppe alla briscola” sui tavoli internazionali).
La reazione più significativa è venuta da manuel Valls, primo ministro del fallimentare governo Hollande in Francia e candidato socialista che si contrappone alla largamente favorita Marine Le Pen, candidata nazionalista alle elezioni presidenziali.
Manuel Valls ha qualificato le dichiarazioni di Trump come una “dichiarazione di guerra” contro la UE.
Molti pensavano che Donald Trump sarebbe andato ad ammorbidire il suo atteggiamento dopo la sua elezione, ma non dimentichiamoci che lui è un populista e vuole avanzare con il suo programma . Quello che ha detto è una provocazione ed una dichiarazione di guerra all’Europa”, ha sottolineato Valls in una intervista alla TV francese BFMTV.
Da questa reazione si capisce che la sinistra francese preferisce lanciare la palla fuori dal campo, evitando di entrare nel merito delle dichiarazioni di Trump.
Evidente che Valls identifica le posizioni della sinistra mondialista come posizioni di tutta l’Europa, dimenticando che in tutti i paesi europei, ed in Francia in particolare, la maggior parte dei cittadini ha voltato le spalle ai globalisti e sostenitori dell’oligarchia tecnocratica europea come lui ed aspettano l’occasione per mandare a casa i politici responsabili del disastro attuale della UE.
Valls parla senza poter rappresentare che un settore minoritario della sua opinione pubblica, visto che tutti i sondaggi lo danno come perdente in terza o quarta posizione rispetto ai candidati principali che sono la Marine Le Pen, allineata in buona parte sulle posizioni di Trump e Francosis Fillon, il candidato della destra.
Valls finge di credere che l’attacco di Trump si debba intendere come un “attacco contro l’Europa” piuttosto che contro le classi politiche dei governi europei (contro lui ed il suo sodale Hollande).
Hollande, Valls ed i leaders globalisti, snobbati da Trump, disprezzano come “populiste” le riforme che ha promesso di attuare Trump nella politica nordamericana, quelle con cui si prevede di ridimensionare il peso degli organismi internazionali , i trattati globalisti e il totem dei mercati aperti che tanto piacciono ai leaders della sinistra mondialista europea e che sono stati la causa della perdita di milioni di posti di lavoro della classe lavoratrice europea.
Tanto meno i leaders della sinistra accettano coloro, come la Marine le Pen in Francia, Orban in Ungheria ed altri leaders nazionalisti, in crescita in Europa, che reclamano il ritorno alla sovranità nazionale, considerata come una “bestemmia”dai mondialisti.
Alle critiche di Valls si è aggiunto il presidente Hollande, il più screditato presidente nella Storia della Repubblica francese, il quale ha affermato ” che la NATO non è obsoleta (come ha detto Trump) ma anzi ha una funzione insostituibile nella sicurezza europea”.
Mentre Hollande parlava, si sentiva ancora l’eco delle raffiche di mitra esplose dai terroristi islamici a Parigi e mentre, nelle corsie di ospedali francesi e tedeschi,  giacciono tuttora  i feriti e le persone storpiate per sempre dagli ultimi attacchi terroristici fatti a Nizza ed a Berlino per mano dei terroristi islamici. Terroristi da cui la NATO non solo non ha saputo difendere i paesi europei ma si è anche dimostrata complice con questi, utilizzandoli come uno strumento per finalità geopolitiche dell’egemonia USA (vedi in Siria, in Libia ed in Iraq), causando la destabilizzazione dei paesi del Medio Oriente e la conseguente ondata di profughi in Europa.
Il problema della sicurezza in Europa, per Hollande, per la Merkel e soci, non è il terrorismo islamista ma è la Russia, il “cattivo” Putin contro cui dirigere tutta la loro campagna di odio e di diffamazione lanciando appelli contro la “minaccia russa”.
Queste critiche di rimbalzo della Merkel, di Valls e di altri, dimostrano quanto le classi politiche europee e l’oligarchia tecnocratica di Bruxelles si siano allontanate dalla realtà e dal reale sentire dei popoli che oggi patiscono la più grave e prolungata crisi che mai abbia sofferto l’Europa dal dopoguerra, per effetto delle politiche folli improntate al neoliberismo dei mercati aperti, della moneta unica (che ha avvantaggiato esclusivamente la Germania, come ben detto da Trump) e della apertura indiscriminata alle ondate migratorie senza controllo.
I dirigenti europei si appoggiano adesso uno all’altro cercando di difendersi dalle critiche e tentando di schivare la grande ondata del cambiamento che investirà l’Europa e travolgerà anche loro, lasciando il campo alla rabbia dei cittadini traditi nelle loro aspettative fondamentali.
Hollande, Valls, la Merkel, Renzi e la compagnia di giro che osannava l’euro e la globalizzazione, il mercato aperto e le grandi banche, dopo le batoste elettorali subite e quelle che si prospettano, adesso vagano smarriti come cercando nuovi appigli a cui sorreggersi. Sta franando tutto il loro mondo di menzogne precostruite e non sono preparati ad affrontare la bufera che investirà l’Europa.

Gen 17, 2017 – di  Luciano Lago

Russia: gli USA hanno utilizzato il Daesh e Al Nusra per rovesciare Al Assad

AL-Nura-terroristasTerroristi di Al Nusra
Gli USA volevano utilizzare i gruppi terroristi del Daesh e del Fronte Al Nusra per rovesciare il Governo siriano, come ha denunciato il cancelliere russo, Serguei Lavrov.
Ci sono molti esempi che dimostrano che gli statunitensi ed i loro alleati, furtivamente, cercavano di utilizzare il Fronte Al -Nusra e l’ISIS per debilitare e alla fine rovesciare il Governo del presidente Bashar Al-Assad “, lo ha dichiarato questo Martedì Lavrov, nella sua tradizionale conferenza stampa con cui apre il nuovo anno.
Allo stesso modo ha assicurato che, con modalità similari a quando sorse la rete terorristica di Al Qaeda – sorta quando gli statunitensi appoggiarono i combattenti estremisti nel 1980 contro l’antica Unione Sovietica (URSS)-, il gruppo terrorista dell’ISIS (Daesh in arabo) ha iniziato ad esistere dopo l’aggressione statunitense contro l’Iraq nel 2003.
Esattamente nello stesso modo, ha affermato Lavrov, il gruppo del Fronte Al Nusra (autodenominatosi Fronte Fath al-Sham ), che è uno dei rami di Al Qaeda, “adesso è diventato una delle bande terroriste più crudeli, spietate ed autori di atrocità contro la popolazione civile, cresciuto nel corso della crisi siriana grazie alle tonnellate di armi ricevute da USA ed Arabia Saudita.
Alla fine, il titolare della cancelleria russa ha concluso che dall’intervento, nel settembre del 2015, delle forze aereospaziali russe nel conflitto armato siriano- al contrario delle operazioni della denominata coalizione internazionale, diretta dagli USA-, Damasco non ha cessato di recuperare territorio e sconfiggere i gruppi armati appoggiati dall’estero, e la prova di quello è stata il recupero della città nordoccidentale di Aleppo dalle forze del Governo siriano.
Dal 2011 la Siria attraversa una turbolenta fase di conflitto segnata dalla presenza di gruppi terroristi appoggiati dall’estero con il fine di far cadere il Governo di Damasco. Il conflitto è stato tanto brutale e longevo che ha lasciato circa 400.000 morti ed il maggior esodo di rifugiati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Fonte: Hispan Tv – Gen 17, 2017
Fonte: Juan Manuel De Silva

Russofobia in Danimarca. Ministro danese: i russi sono sul punto di attaccare Ospedali, infrastrutture, reti elettriche

Europa della solidarietà, SOCIOPATICA. Poi lancia l’appello per una colletta alla NATO, MA CHE CASO…….

Il ministro della Difesa danese, Hjort Frederiksen, ha dichiarato ai media che “i Attacco-Russia-NATOrussi vogliono attaccare la Danimarca per distruggere la loro democrazia”. Il ministro ha lanciato una serie di gravi accuse contro Mosca, dicendo che ” la Russia rappresenta una minaccia diretta, spaventosa e seria contro la nostra patria. Dobbiamo mettere in chiaro a noi stessi che siamo in pericolo e dobbiamo operare in base a questo”, queste le dichiarazioni del politico al giornale danese Berlingske.
Frederiksen ha voluto mettere per iscritto la sua prima intervista, visto che è stato nominato al suo posto a 69 anni di età. In cambio il politico, che in passato era stato ministro delle finanze, ha parlato per tutta l’intervista della “minaccia russa”. “Gruppi di commandos russi sono pronti per attaccare Ospedali, infrastrutture, reti elettriche, entrare nei sistemi informatici, creare frastorno nei sistemi sanitari, ha detto Frederiksen, riferendosi ad una informativi pubblicata il mese scorso dai servizi di intelligence del paese così come da altre conversazioni con altri politici occidetali e sistemi di sicurezza.
E per quale motivo la Russia dovrebbe attaccare un piccolo paese che non ha frontiere in comune? “Per estendere la paura e l’insicurezza fra la popolazione e paralizzare la nostra gente”, dice il ministro.
“E ‘un modo per destabilizzare i nostri paesi e le democrazie in modo molto fisico e tangibile, e questo pone una domanda pressante sulle nostre risorse per difenderci da questi attacchi”, ha detto Frederiksen.
Le accuse di Frederiksen fanno eco a quelle di funzionari dei servizi segreti degli Stati Uniti, che hanno pubblicato un rapporto la scorsa settimana,  da cui si deduce  che la Russia ha ordinato gli hacker di immischiarsi nelle elezioni degli Stati Uniti, in particolare con l’emissione dei  messaggi di posta elettronica relativi al candidato democratico Hillary Clinton. Il Cremlino ha ripetutamente negato l’accusa di interferenza.
“Dobbiamo spendere di più per la NATO per fermare i russi dal tentare qualsiasi cosa”.
Il politico ritiene inoltre che i missili Iskander-M che la Russia ha dispiegato nella sua enclave occidentale di Kaliningrad costituiscono un pericolo immediato per la Danimarca.
“Possiamo confermare che i russi stanno completando  in questo momento l’installazione di nuovi missili a Kaliningrad che possono raggiungere Copenaghen. Questo è ovviamente un rischio maggiore “, ha detto Frederiksen.
Mosca afferma  che i missili sono una risposta al continuo spiegamento  del sistema di  scudo missilistico di difesa degli Stati Uniti in tutta l’Europa orientale, ed ha rinforzato i suoi altri armamenti nella regione, a seguito di un aumento della presenza della NATO ai confini russi. L’alleanza occidentale sta cercando di limitare le ambizioni presunte  di Mosca nella regione attraverso l’operazione NATO ” Atlantic Resolve”, avviata in seguito alla frattura causata dal conflitto in Ucraina nel 2014, e comprende il trasferimento di truppe e attrezzature modernizzate  per l’Europa orientale.
Frederiksen ha anche detto che “una maggiore attività militare” della Russia nella regione artica, in cui entrambe, Mosca e Copenhagen, hanno rivendicazioni territoriali – quest’ultima attraverso la Groenlandia -sarebbero  un’altra potenziale fonte di conflitto, che deve richiedere “monitoraggio estensivo”.
Come soluzione, i sostenitori di  Frederiksen hanno aumentato il budget  delle spese militari, anche se hanno rifiutato di specificare se la Danimarca ha lo scopo di raggiungere l’obiettivo  della NATO del 2 per cento del PIL che deve essere  speso per la difesa (attualmente si spende 1,17 per cento).
“La NATO deve essere la nostra difesa comune e il nostro deterrente. Dobbiamo mostrare la forza che ci vuole, e quindi spendere il denaro necessario per evitare che i russi possano  provare qualsiasi cosa. Questo è fondamentalmente ed è questa  l’essenza del nostro pensiero “, ha detto Frederiksen.
Come gesto simbolico, Frederiksen ha sottolineato l’importanza del dispiegamento di 200 soldati danesi come parte del nuovo 5.000- della forza  di reazione rapida in Europa orientale il prossimo anno.
“Non è, naturalmente, perché pensiamo che i 200 soldati danesi possono fermare l’esercito russo. Ma dovrebbero sapere che la difesa territoriale della zona circostante inizia lì e attraversando la linea, poi la comune solidarietà nella NATO avrà effetto deterrente,” detto Frederiksen.
Il giornale ha riferito che l’ambasciata russa ha rifiutato di commentare le accuse.
Nota: Un caso da manuale di evidente psicosi causata dalla campagna di “Russofobia” scatenata in tutto l’Occidente.
Fonte: Russia Insider – Gen 16, 2017
Traduzione: Luciano Lago

Donald Trump ha bisogno di creare un movimento – e velocemente!

trump supportersSe Trump avrà successo, allora avrà bisogno di creare un nuovo movimento politico, e dovrà sostenerlo.
Le elezioni americane del 2016 sono state per molti aspetti abbastanza “eterodosse”, e altrettanto sarà la presidenza di Donald Trump. Se avrà successo, allora avrà bisogno di creare un nuovo movimento politico, e dovrà sostenerlo. Il momento è particolare e richiede un approccio al potere differente: tutti sono allineati contro di lui e contro la volontà politica del Paese.
E’ tradizione che quando il candidato di uno dei maggiori partiti viene eletto presidente, questi venga designato automaticamente capo del suo partito. Ma sembra che a questo giro elettorale tale regola non si applichi al Partito Repubblicano. Trump tecnicamente potrebbe guidare il GOP [Grand Old Party, acronimo con cui viene popolarmente indicato il Partito Repubblicano], ma il comportamento dell’establishment del partito lascia intuire un’altra volontà. Vi è la possibilità infatti che Trump possa assistere al boicottaggio del proprio programma legislativo da parte del GOP – sebbene controlli entrambe le Camere del Congresso. Si tratta veramente di un insieme di circostanze abbastanza straordinarie.
Abbiamo già visto il senatore John McCain e Lindsey Graham (meglio noti come Scemo & più Scemo) agire di testa propria, andando a fare visita al regime di Kiev – in totale contraddizione rispetto al desiderio di Trump di migliorare le relazioni con la Russia. Ma Scemo & più Scemo non sono l’unico problema. Ben prima dell’insediamento di Trump, infatti, si è creato un consenso – guidato da Barack Obama – volto a bloccare la “perestroika” della nuova amministrazione rispetto al Cremlino.
Superfluo aggiungere che i democratici non sono nello spirito giusto per dare una mano al nuovo Presidente. C’è il rischio reale quindi che alcuni dei repubblicani possano colludere con i democratici per far deragliare il programma politico di Trump.
I media mainstream corporativi non hanno ancora digerito l’idea di “Donald Trump Presidente”. Ed è molto improbabile che ciò avvenga. Per farlo, dovrebbero infatti confrontarsi con la loro mancanza di professionalità e la loro faziosità. Non ci dovremo sorprendere quindi di venire a conoscenza di episodi di notizie distorte o false. Il mainstream è la principale fonte della maggior parte delle notizie false, e dovremo aspettarci quindi una campagna senza sosta volta a costruire un universo alternativo e parallelo della narrazione dei fatti, con l’obiettivo di indebolire Trump e la sua amministrazione. Washington Post, New York Times, e CNN stanno già tracciando la strada in questa direzione.
Trump ha bisogno di un movimento per superare tutte questi ostacoli. Trump è certamente un novizio da un punto di vista politico, ma è un’autorità per quanto riguarda la creazione dell’immagine e il controllo della comunicazione. Aggiungeteci anche i social media, e Trump diventa un giocatore eccezionale ed una vera forza.
I mezzi per il suo nuovo movimento dovrebbero essere Facebook e Twitter. Trump dovrebbe semplicemente ignorare “la propaganda dei media corporativi mainstream”.
Rivolgersi direttamente alle persone, attraverso i social media, che l’hanno aiutato a vincere le elezioni, e lo aiuteranno anche a governare. Se Facebook e Twitter tentano di boicottarlo, allora Trump dovrebbe nazionalizzare entrambi, dichiarandoli servizi pubblici.
Il nuovo movimento di Trump dovrebbe rinvigorire lo spirito della democrazia che la classe politica e la cabala dei finanziatori privati hanno rubato ai cittadini. Il movimento di Trump funzionerebbe anche come un forte monito per ribadire all’establishment chi è adesso al potere. Il GOP, i democratici ed i media pensano di poter vincere in astuzia Trump, e cancellare la sua amministrazione prima ancora che questa si insedi. Trump ed i suoi sostenitori dovrebbero far sentire all’establishment la propria presenza. Questo è Trump, e ciò per cui i suoi elettori hanno votato.
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Articolo di Peter Lavelle
pubblicato su The Duran il 3 gennaio 2017
Traduzione in italiano a cura di Francesco Pastoressa per Sakeritalia.it Gen 17, 2017

L’Europa trema di paura davanti al cambio di paradigma

tremano i servi

Perchè l’Europa sta tremando di paura ? Non si tratta di una esagerazione  di chi scrive, visto che lo ha appena detto lo stesso ministro tedesco degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier.
euro-trump
Esiste un allarme davanti al tsunami che gli europei ritengono si stia avvicinando, uno tsunami denominato: Donald Trump. Le autorità europee in pratica sono atterrite per 4 cose che ha detto o che sono implicite con l’arrivo di Trump.
Uno: la Organizzazzione del Trattato dell’Atlantica Nord (NATO), il sistema di difesa militare che agli europei ha dato la sensazione di sentirsi unici, protetti e forti, di fronte alla minaccia esterna, di fronte all’Unione Sovietica, alla Cina ed adesso di fronte alla possente Russia, uno scudo protettivo che potrebbe sparire.
Questo perchè Trump minaccia l’integrità della famosa Alleanza Atlantica e perchè  potrebbero cambiare le cose per completo, per una semplice ragione: gli USA comandano nella NATO, perchè pagano e ne sostengono i costi, circa il 70% di  tutte le spese militari dell’Esercito comune europeo, se loro si sottraggonono, la NATO cade “come una pera”.Ciascuno rimarrebbe  con il proprio esercito.
Due: il “Brexit“, il potenziale del Regno Unito si è dissolto, ha divorziato dall’Europa, la sua economia, la sua forza militare, il suo peso politico mondiale già non fa più parte dell’Europa Unita, l’isola della Gran Bretagna, naviga ormai da sola per questo 2017 senza trascinare o essere trascinata, senza essere accoppiata con l’Europa di Bruxelles; gli inglesi  hanno lasciato sola l’Europa e il fatto notevole è che Donald Trump lo celebra come un fatto positivo.
Tre: la Russia, il tema della Russia è un tema preoccupante, è un tema di umiltà, ed è un tema che forse, per gli europei, adesso sarà arrivato il momento di abbassare la testa e dimenticarsi dell’atteggiamento altezzoso che hanno sempre mantenuto di fronte alla Russia? Dovranno iniziare a rispettare il potere della potenza euroasiatica, ed iniziare a dialogare e ritirare le loro sanzioni?
Cosa questa che non farebbe  piacere per nulla ai governi europei che sempre hanno detto, o si sono detti fra loro, di sentirsi superiori ai russi.
Quattro: nel vedere che la nave si sta affondando molto probabilmente, altri paesi europei vorranno fare il loro brexit, vorranno uscire e convocare un referendum per abbandonare l’ Unione Europea, il che significa che stiamo assistendo all’inizio inevitabile della frammentazione dell’Europa, del suo potere e della sua leggendaria egemonia, e sappiamo chi ha predetto questo e lo va anche a festeggiare? Donald Trump, proprio lui.
Quinto: L’Economia, senza l’appoggio finanziario del Regno Unito, senza il buon gesto degli USA, come è stata mantenuta fino adesso, cosa accadrà con l’euro? Addio anche all’euro? Si vedranno un’ altra volta le monete nazionali di ciascuno Stato sulla scena monetaria, perchè lo Yuan ed il Rublo ottengano un altro livello ? Più ancora, il prodotto interno lordo dell’Unione Europea, già non sarà più lo stesso senza i 3 bilioni di dollari del Regno Unito.
Davanti a tutta questa minaccia di terremoto, Angela Merkel, la cancelliera della Germania (la maggiore responsabile del disastro della UE), assieme ai suoi amici, hanno soltanto fatto dichiarazioni con frasi smozzicate e di circostanza, “che bisogna unire le forze, restare uniti come una famiglia e fare fronte comune”, soprattutto contro quello che vedono come una minaccia: Trump. Che si sta preparando per il mondo, si sta forse cambiando l’ordine del pianeta?
Nota: Queste e più domande turbano i sogni di Angela Merkel, di Junker, di Francois Hollande, di Matteo Renzi, di Gentiloni  e di Mariano Rajoi.
Ricordiamoci di quanti ci raccontavano che “la globalizzazione era un processo ineluttabile”, che i mercati venivano prima di tutto, che quello dell’euro era un “processo irreversibile”, che l’Unione Europea “doveva essere il nostro futuro” e che “bisognava cedere la sovranità” a questa “splendida entità” con sede a Bruxelles e Francoforte.
Si era partiti nell’inizio di questo secolo con il vento in poppa della Globalizzazione come fenomeno che sembrava inarrestabile e duraturo. Veniva descritta questa come una trasformazione positiva per il popoli, apportatrice di progresso e di benessere per tutti, con l’abbattimento prossimo dei confini, delle barriere e con il superamento della logica degli Stati Nazionali.
Molta gente credeva ingenuamente che tutto questo fosse un fenomeno spontaneo ed ineluttabile, come lo descrivevano i media, in Italia gli opinionisti di regime e gli intellettuali del “progresso permanente”, dai Saviano ai Severgnini.
La sinistra ex marxista era balzata lesta sul carro del globalismo come una necessità ed aveva fatto di questa la sua bandiera, tacciando di “retrogradi” e “populisti” tutti coloro che osavano metterne in dubbio gli aspetti positivi e decantati del fenomeno.
“Guai ad un ritorno ai vecchi nazionalismi! Bisogna abbattere gli steccati, i muri e costruire ponti”.
Bisogna accogliere masse di migranti provenienti da  culture estranee come “risorse” per la società italiana. Lo dicevano in Italia l’ex presidente Napolitano,  adsso lo dice anche Mattarella, ce lo raccontava Renzi dalle TV, lo affermava la Boldrini, lo scriveva Scalfari e lo dichiarava persino il Papa Francesco. Come si poteva non credergli?
Nonostante tutta la campagna mediatica degli apologeti della UE e della globalizzazione, nel tempo si è accresciuta la ripulsa di buona parte dei popoli al globalismo forzato che tanto piace ai detentori del grande capitale. La gente ha fiutato l’inganno. Sono cresciuti esponenzialmente i partiti e movimenti nazionalisti in tutta Europa.
Poi sono arrivati il Brexit, negli USA è stato eletto un anti globalista come Trump, in Italia ha vinto il fronte del NO al referendum contro le riforme globaliste volute da Renzi e dalla Boschi.
Non è però cambiato niente in Italia: con la massima sfrontatezza la classe politica della sinistra mondialista ed i suoi fiancheggiatori ci raccontano che non è il momento di andare alle elezioni, che non c’è una legge elttorale, che i tempi non sono maturi, che bisogna assecondare l’Europa, ecc…
Non hanno però calcolato che il vento della Storia potrebbe spazzare via d’un colpo i truffatori della UE e della Globalizzazione.
Gen 18, 2017 di  Roberto de la Madrid
Fonte: Hispan Tv – Traduzione e nota:  Luciano Lago

Miliziani siriani arresisi parlano del loro addestramento fornito da istruttori occidentali

Miliziani dei gruppi terroristimiliziani-consegnatisi
La tv siriana ha divulgato il Martedì le confessioni fatte da un gruppo di terroristi che si sono arresi alle forze siriane e che hanno roconosciuto di aver ricevuto addestramento da istruttori degli USA, del Regno Unito e della Francia nella regione del Qalamun.
Secondo le informazioni, sette miliziani si sono consegnati con le loro armi e tre veicoli artigliati nella località di Rebebeh, nella regione del Qalamun Orientale, ubicata a pochi kilomentri al nordest della capitale siriana.
Mohamed Hamra, uno di quelli, ha ammesso nelle confessioni diffuse dalla Tv che il suo gruppo armato ha ricevuto addestramento in Giordania da parte di agenti e ufficiali statunitensi, britannici e francesi.
Il miliziano ha spiegato che si era messo in comunicazione con le unità dell’Esercito e gli ha descritto la sua situazione e la volontà di consegnarsi, ha evidenziato di essere stato trattato bene dai soldati e che aveva ricevuto l’indulto in conformità con un recente decreto di amnistia.
Da parte sua, Mohamed Zidan, un’altro miliziano dello stesso gruppo, ha detto che gli estremisti ricevono appoggio finanziario dall’estero ed i loro capi rubano i soldi dei combattenti, ed ha aggiunto che “le battaglie che si sono realizzate da parte di questi gruppi armati contro l’ISIS sono state false e fittizie”.
Il Ministero siriano della Giustizia ha annunciato in una recente informativa che, nel corso dell’anno 2016, 4746 miliziani armati si sono consegnati all’esercito siriano e son stati indultati per effetto del decreto di amnistia dopo essersi impegnati a non commettere nessuna azione o delitti che pregiudichino  la stabilità o che violino le leggi del paese.
Fonte: Al Manar
Traduzione:  Juan Manuel De Silva – Gen 18, 2017