http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/12/fidel-laltroieri-assad-oggi-il-sole-in.html
VENERDÌ 9 DICEMBRE 2016
In calce un commento a un mio post sull’esito del referendum che descrive con precisione ed esplicative mappe il progresso drelle forze di liberazione ad Aleppo.
Sarà anatema per i cultori di vacche sacre, purchè collocabili nel loro panteon ideologico, ma io, oggi come oggi, alle celebrazioni in morte di Fidel Castro preferisco quelle in vita per Bashar el Assad e per la vittoria sua e del suo popolo ad Aleppo. Se rivoluzione si chiama il rovesciamento dell’ordine esistente, evidentemente quello imposto dal padrone, i meriti di Fidel sono ahinoi in via di smarrimento, quelli di Assad si vanno consolidando.
Trovo infantile, una specie di sindrome di mammismo, il coro di peana innalzato al leader cubano, che non tiene conto di quanto è andato succedendo e degradando negli ultimi 26 anni di vicende cubane. La mamma è vergine e santa, concetto base di una sinistra che ci ha portato dove siamo. E’ l’altra faccia, quella dell’eroe senza macchia e paura, di una medaglia che sul retro, da coloro che l’eroe aveva denudati e sconfitti, si è vista incidere quella di un farabutto. Alla Storia l’incarico di fondere questa medaglia e rigenerarla con un profilo unico e certo.
Eliminiamo subito dal discorso la feccia di Miami e tutto l’apparato politico, economico, culturale e mediatico capitalista e colonialista cui i rivoluzionari cubani guidati da Fidel e dal Che, non meno del movimento di liberazione algerino e di vari Sud del mondo, hanno inferto una mazzata come non se la ricordavano dal 1917. La retroattiva denigrazione del Davide – Fidel e il popolo cubano – che per mezzo secolo ha tenuto a bada e screditato il più feroce Golia della Storia, illuminando al tempo stesso le menti e rafforzando i muscoli degli oppressi del mondo intero, non è che la vendetta postuma e impotente di chi sul piano dei progetti per l’umanità ha subito una sconfitta che rimane tale nei secoli, qualunque cosa accada.
Ma bisognerà pur ricordare che, mentre combattenti, medici e insegnanti cubani liberavano uomini, comunità e nazioni, la consegna della propria sopravvivenza e del proprio progresso nelle mani dell’URSS, non per nulla avversata dal Che Guevara e probabile concausa del suo distacco, ha comportato il ristagno del paese in sottosviluppo produttivo abbandonato alla monocultura della canna.. Da URSS e Comecon arrivavano addirittura la carta igienica e i mattoni, in un paese straripante di foreste e di argilla. Peccato originale che, con la fine della nazione nutrice, ha portato allo sconquasso. Debacle economica poi governata da Raul in direzione opposta ai principi del socialismo, dopo un colpo di Stato che ha rimosso la classe dirigente allevata da Fidel e considerata sua fedele erede.
Sulle macerie economiche e sulla crisi istituzionale si sono lasciati poi imperversare tre pontefici cui spettava il compito di sostituire al l’immaginario ideologico collettivo, collettivista, quello della trascendenza cattolica in cui ci si salva per sè e da sé. Su questo terreno ha avuto cammino facile il rullo compressore delle privatizzazioni e della devastazione del pubblico, affidata a una casta militare ottuagenaria che malsanamente controlla ormai l’80% dell’economia cubana e il cui primo passo senza ritorno è stata il taglio di metà dei dipendenti dello Stato.
500mila lavoratori e rispettive famiglie (su 11 milioni di abitanti) mandati a fare gli “imprenditori” e finiti per la maggior parte dietro a bancarelle di succhi, ciambelle e panni vecchi, a gestire giri di varie prostituzioni. O, se fortunati e svelti, a inserirsi da agenti, ristoratori, biscazzieri, negozianti per detentori di moneta per ricchi, nel giro del turismo, quello che ha generato una nuova classe di parassiti destinata a gonfiarsi grazie all’invasione, testè iniziata, di turisti americani di cui si dovranno soddisfare gli appetiti di locali notturni, bische, mignotte, McDonald’s, lusso a gogò. Ricordate Batista?
Miseria, nepotismo e corruzione dilagavano anche prima, da anni.
Ne sanno qualcosa i silenziosamente sofferenti attori della solidarietà internazionale che vedevano i loro aiuti alla popolazione rifiorire nei negozi della valuta buona e nelle ville dei protagonisti del boom burocratico e turistico. Ma ora quelle patologie sociali diventavano sistema, tollerate, addirittura dotate di una cornice ufficiale e di una base ideologica. E così che Raul poteva accogliere Obama e definirlo “uomo onesto” e auspicare lo tsunami, eticamente e socialmente devastante, degli “investimenti” predatori Usa. Qualcuno avrebbe finalmente prodotto a Cuba carta igienica e tegole non d’amianto. E magari chiodi, penne, bottoni. Pane sarebbe arrivato finalmente agli affamati.
Quell’Obama che, simultaneamente, andava allestendo il nuovo Piano Condor. Quell’Obama che lavorava alla riconquista del vecchio cortile di casa latinoamericano a forza di sabotaggi economici, affama mento delle popolazioni destabilizzazioni terroristiche, colpi di Stato militari o parlamentari, perfezionamento delle vecchie repubbliche delle banane in narcomattatoi. Proprio in quei paesi che avevano aiutato Cuba, seviziata e strangolata dal bloqueo, a restare a galla dopo la fine del muro di Berlino.
E Fidel? Avvallata, sotto pretesti miserabili, la liquidazione del suo delfino Perez Roque, uno dei migliori politici generati dalla rivoluzione, insieme a tutta la sua seconda generazione, su tutto questo non ha sollevato ciglio. Ogni tanto, ma non bastava a lenire le nostre perplessità, il nostro sconforto, scriveva cose giuste sul Granma, contro le guerre imperialiste, per la salvezza dell’ambiente, perché cessasse la vergogna di Guantanamo, di appoggio al Venezuela torturato dagli Usa e dai suoi propri gusanos al soldo materiale o ideale dei necrofagi di Washington. Troppo poco, troppo tardi. Intanto la sua rivoluzione andava per la tangente.
La nebbia d’incenso che da tutti i turiboli è stata sparsa sui resti mortali di Fidel offusca la verità e fa torto al popolo cubano e alla verità storica dello stesso Fidel. Un Fidel che resta il nostro comandante dalla Moncada fino all’ingresso all’Avana il 1. Gennaio del 1959 e poi anche per tutto il tempo della costruzione del socialismo, dell’indipendenza difesa con i denti, dell’antimperialismo, dell’internazionalismo combattente, della resistenza al terrorismo Usa, dell’istruzione e della sanità libere e rivoluzionarie. Era un inizio di uomo nuovo. Poi inciampato più e più volte. Ma Fidel le buche e gli intralci non li ha visti. E non ha gridato alla sua gente: “Occhio alla buca!”. Forse non poteva. Al Che è andata meglio. Le buche le aveva viste da lontano.
Il popolo di Cuba nei giorni scorsi ha pianto il comandante scomparso. Ho l’impressione che abbia pianto il Fidel del Moncada, dello sbarco del Granma, della Sierra, della rivoluzione incorrotta per tanti anni, dell’orgoglio, di socialismo o muerte, di yankee go home, della dignità., di hasta la victoria siempre! Sul resto ha taciuto, come è giusto che fosse nella circostanza. A lui, a questo popolo che piange, speranza, vicinanza, fiducia. Non al clan di Raul.
E dunque oggi io celebro Bashar el Assad, comandante di una Siria e di un mondo che le buche le va tappando Anche quelle scavate nel cuore. Ne parleremo meglio la prossima volta.
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Commento al mio articolo “E son soddisfazioni”
E son soddisfazioni, caro Fulvio!
Soddisfazioni a cui unisco i recenti successi ad Aleppo dell’esercito siriano: per quanto appoggiato dalle forze aeree russe, ancora oggi fatico a rendermi davvero conto dell’immenso sforzo di questo popolo per la sua liberazione.
Tre cartine che parlano da sole:
Ancora il 7 maggio la situazione era questa
http://cigr.net/glavnoe/26383-boevye-karty-sirii-boi-za-aleppo-haleb.html
due bracci si allungavano in una spirale mortale, il rosso siriano da sud-est e il verde di An-nusra (al qaida) da nord-ovest. Ciascuno cercava di stringere, di soffocare il nemico chiudendo il proprio cerchio: se fossero stati, per esempio, i verdi, a chiudere nella più classica delle sacche i rossi, oggi non saremmo qui a parlare in questi termini. Poco possono servire, in questo senso, i raid aerei, in quel settore di città che è da anni ridotto a cumuli di macerie. L’esercito siriano coi suoi alleati conduceva una incessante, tenace, paziente, opera di bonifica casa per casa, settore per settore, a costo di gravi perdite e di continui, demoralizzanti, contrattacchi da parte di terroristi altrettanto tenaci, foraggiati per contro dagli USA e non solo, e per nulla rassegnati a perdere anzi, non perdendo occasione per assestare loro il colpo del ko. Così non è avvenuto, seppure molte volte ci è mancato poco. Una variegata coalizione di Ezbollah, milizie popolari, insieme all’esercito regolare, riusciva dopo qualche mese a chiudere, finalmente, il cerchio (17 luglio). Cerchio rotto ancora una volta qualche giorno dopo: anche qui, la sconfitta cocente avrebbe scoraggiato chiunque. Chiunque, tranne l’esercito siriano, che avrebbe fatto tesoro di tale sconfitta e, tornando nuovamente al contrattacco, chiuso nuovamente il cerchio e gestito – questa volta – meglio le proprie forze facendo sfogare quelle avversarie in controffensive culminanti sempre più in vittorie sterili, salvo poi stringere sempre più un territorio sempre più incalzato dall’avanzata anche qui, lenta, casa per casa, su tutte le direttrici.
Tuttavia, il 7 ottobre questa era ancora la situazione: http://cigr.net/glavnoe/26819-siriya-poslednie-voennye-karty.html
Fino al tracollo di quest’ultimo fine settimana: in 7 giorni il territorio controllato dai terroristi di An-nusra è stato ridotto del 60%!
http://cigr.net/glavnoe/27166-siriya-voennaya-obstanovka-v-aleppo-karta.html
E non vorrei cantare vittoria troppo presto, ma ormai è, tutt’al più, questione di mesi, se non di settimane.
Tutto questo, mentre si sono spenti i riflettori mediatici su Mosul, impantanata in questa situazione:
http://cigr.net/glavnoe/27169-irak-bitva-za-mosul-05122016.html
L’ennesima “guerra elettorale”, combattuta senza criterio contro un nemico che, assorbito il colpo iniziale, contrattacca sfruttando le divisioni tra i diversi membri della coalizione (in particolare curdi e iracheni), facendo carta straccia dei piani iniziali della coalizione (presa della città prevista addirittura prima delle elezioni usa, così da avere un trofeo di guerra da esibire all’elettorato) e costringendo a un rallentamento che sembra più uno stallo, con una serie di errori tattici grossolani che, russi e siriani, stanno studiando attentamente proprio per evitare di commetterli nelle future, possibili, battaglie di Deiz-Ez-Zoor e di Raqqa.
Anche queste son soddisfazioni!
Soddisfazioni a cui unisco i recenti successi ad Aleppo dell’esercito siriano: per quanto appoggiato dalle forze aeree russe, ancora oggi fatico a rendermi davvero conto dell’immenso sforzo di questo popolo per la sua liberazione.
Tre cartine che parlano da sole:
Ancora il 7 maggio la situazione era questa
http://cigr.net/glavnoe/26383-boevye-karty-sirii-boi-za-aleppo-haleb.html
due bracci si allungavano in una spirale mortale, il rosso siriano da sud-est e il verde di An-nusra (al qaida) da nord-ovest. Ciascuno cercava di stringere, di soffocare il nemico chiudendo il proprio cerchio: se fossero stati, per esempio, i verdi, a chiudere nella più classica delle sacche i rossi, oggi non saremmo qui a parlare in questi termini. Poco possono servire, in questo senso, i raid aerei, in quel settore di città che è da anni ridotto a cumuli di macerie. L’esercito siriano coi suoi alleati conduceva una incessante, tenace, paziente, opera di bonifica casa per casa, settore per settore, a costo di gravi perdite e di continui, demoralizzanti, contrattacchi da parte di terroristi altrettanto tenaci, foraggiati per contro dagli USA e non solo, e per nulla rassegnati a perdere anzi, non perdendo occasione per assestare loro il colpo del ko. Così non è avvenuto, seppure molte volte ci è mancato poco. Una variegata coalizione di Ezbollah, milizie popolari, insieme all’esercito regolare, riusciva dopo qualche mese a chiudere, finalmente, il cerchio (17 luglio). Cerchio rotto ancora una volta qualche giorno dopo: anche qui, la sconfitta cocente avrebbe scoraggiato chiunque. Chiunque, tranne l’esercito siriano, che avrebbe fatto tesoro di tale sconfitta e, tornando nuovamente al contrattacco, chiuso nuovamente il cerchio e gestito – questa volta – meglio le proprie forze facendo sfogare quelle avversarie in controffensive culminanti sempre più in vittorie sterili, salvo poi stringere sempre più un territorio sempre più incalzato dall’avanzata anche qui, lenta, casa per casa, su tutte le direttrici.
Tuttavia, il 7 ottobre questa era ancora la situazione: http://cigr.net/glavnoe/26819-siriya-poslednie-voennye-karty.html
Fino al tracollo di quest’ultimo fine settimana: in 7 giorni il territorio controllato dai terroristi di An-nusra è stato ridotto del 60%!
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E non vorrei cantare vittoria troppo presto, ma ormai è, tutt’al più, questione di mesi, se non di settimane.
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Anche queste son soddisfazioni!
FIDEL L’ALTROIERI, ASSAD OGGI – IL SOLE, “IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA”, DALL’AVANA A DAMASCO.ultima modifica: 2016-12-11T09:20:53+01:00da
Reposta per primo quest’articolo
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