L’8 dicembre del 2005 Liberavamo Venaus

editorialepost — 8 dicembre 2014 at 08:06

[Tratto da NO TAV la Valle che Resiste – a cura del Centro Sociale Askatasuna e del Comitato di lotta popolare Velleità Alternative autoproduzioni – Febbraio 2006 ]

8 dicembre: VENAUS LIBERATA

10426181_884359281609334_922200049177021941_nL’idea di riprendersi Venaus è concreta, i giorni di blocco sono stati giorni impareggiabili, e il sondaggio popolare decreta la manifestazione. Tutti sono convinti dell’utilità di una manifestazione, tutti sanno che il movimento ancora una volta ci può riuscire. E’ chiaro quello che si andrà a fare, con l’astuzia e la determinazione che contraddistinguono ormai il movimento bisogna provarci. Il giorno prima i preparativi sono frenetici, un commerciante di Rivoli che affitta e ripara generatori di corrente è un no tav convinto, e si dice disposto a donare per la causa un container per ricostruire il presidio, la nostra base logistica per reinsediarci a Venaus. Lo andiamo a prendere il giorno prima del corteo, gli facciamo fare il giro dei blocchi in statale e dovunque passa è salutato da un’ovazione.

E’ il comune di Bussoleno a mettere a disposizione il furgone che lo deve caricare e che vogliamo portare a Venaus, l’area individuata è quella del prato davanti all’ingresso del cantiere.

La manifestazione è convocata per la mattina alle 10.30 in Piazza della stazione a Susa, è la manifestazione del riscatto, siamo almeno 10.000, e chi c’è sa cosa fare, sa che questo è il corteo della svolta, oggi ci riprendiamo Venaus!

Le strade sono presidiate in maniera massiccia dalle forze dell’ordine, il bivio dei Passeggeri è chiuso da uomini e mezzi, così come la strada che da Mompantero porta a Venaus, solo Giaglione è libera. Il percorso della manifestazione è semplice e il movimento lo conosce già: l’ultima volta il 4 giugno, lo abbiamo fatto in 30.000, e quella stessa piazza l’abbiamo riempita di 50.000 no tav allo sciopero generale della Valle. E’ questo il passaporto della manifestazione, tutto questo più le botte prese nella notte di Venaus, e l’occupazione dell’ autostrada: è questo che si legge sui volti votati alla riscossa. Alcuni compagni sono giunti da fuori per partecipare a quella che sarà la Manifestazione per eccellenza.

Aprono i sindaci, davanti a loro una schiera di giornalisti e cameraman, anche loro hanno capito che oggi il movimento farà notizia, a seguire il container addobbato con il nonno combattivo della bandiera disegnato su una tavola di legno enorme, dietro ancora si apre il corteo con una talpa in gommapiuma che simboleggia gli scavi sospirati di Venaus il furgone dell’amplificazione dei comitati, il camper no tav e dietro migliaia di persone con le bandiere, i cartelli autoprodotti, e tanto coraggio.

La manifestazione si snoda in salita, alla prima curva verso Venaus ci si prepara, dietro al container i compagni si schierano: 7 scudi di plexigass, uno per ogni lettera vergata in rosso a comporre il più combattivo dei NO TAV e ai lati 2 scudi con i manifesti che chiamavano a raccolta per la manifestazione del 4 giugno, elmetti da cantiere in testa ed il pensiero rivolto al bivio dei Passeggeri, passaggio simbolico verso il cantiere, nonche il primo punto da cui hanno impedito il libero accesso a Venaus.

Dal furgone si spiegano una volta in più le ragioni del corteo, si salutano le realtà venute da fuori, e si dichiarano le intenzioni di scendere a Venaus; quando la testa del corteo giunge ai Passeggeri i sindaci contrattano il passaggio del container e di una delegazione, intorno si crea una folla incredibile che si posiziona man mano dietro agli scudi formando un’onda d’urto e tutt’intorno sulle collinette antistanti a formare quasi una curva di tifosi per la partita che da lì a poco si giocherà.

Dal furgone si continua a spiegare la situazione, “oggi siamo noi a provare a passare i blocchi, abbiamo anche noi gli scudi, spingeremo verso Venaus!”, l’intervento è accolto da applausi e grida d’incitamento, inizia la contesa, passa il container e la polizia si schiera compatta a chiudere il varco, le arieti no tav ci provano e si comincia a spingere, il contatto è determinato, la polizia carica ma non riesce ad andare oltre pochi centimetri dalla propria postazione, calci e manganelli colpiscono gli scudi e chi ne rimane fuori. Nicoletta Dosio è colpita in pieno volto da una manganellata che gli rompe il naso, la professoressa sanguina vistosamente, il corteo spinge e risponde alle cariche, volano oggetti ed è naturale che sia così. I compagni della fila di scudi sono circondati da gente che non si tira indietro, molti sono di Venaus, tutti sono lì per provarci. Non si indietreggia , la massa spinge e la colluttazione dura diversi minuti. Dalle curve sopra le collinette si scattano foto e si fanno riprese, ma soprattutto si incita a non mollare l’azione, dalla casa accanto al blocco vola qualche vaso di terracotta all’indirizzo della polizia, un anziano no tav colpisce un poliziotto con l’ombrello. E’ il momento, il corteo si divide, una parte prosegue in su verso Giaglione e si riversa giù dalla montagna per i sentieri. Tutti i punti sono buoni, inizia a nevicare quasi a rendere la coreografia della giornata di resistenza alpina perfetta, al bivio dei Passeggeri continua il fronteggiamento ma inizia a filtrare gente dai lati dello schieramento delle forze dell’ordine che ormai allo sbaraglio si aprono sconfitte. Sono migliaia i no tav che sono già al cantiere, l’area è recintata a ferro di cavallo, il prato su cui si sono costruiti i giorni meravigliosi di resistenza sono circondati da quella rete rossa che vilmente i tecnici di CMC, passamontagna calato sul volto, protetti dalla polizia, hanno piantato nel terreno durante la notte del blitz. I manifestanti si dispongono tutt’intorno alla rete, a guardar bene sembra quasi che si aspetti il segnale del via. La discesa sotto gli osceni piloni dell’autostrada, già vergati a vernice con due scritte no tav enormi, è composta da una cascata colorata di no tav, da Giaglione scendono i furgoni e il resto della manifestazione che passa vicino alla chiesa di Venaus le cui campane, ancora una volta, scandiscono i rintocchi della lotta.

Il via arriva, la rete cade sotto i piedi di chi si va a riprendere la propria terra, i no tav guidati da una bandiera issata si dirigono verso il cantiere con la polizia che indietreggia chiudendosi a testuggine. Le reti sono divelte, prese a calci persino dai bambini, la rete arancione è sequestrata e servirà poi a comporre scritte no tav sui prati antistanti. E’ una massa enorme quella che invade il prato, l’avanguardia della manifestazione intima alle forze dell’ordine la fuga, è ancora una volta la bialera a separare no tav e agenti, che disperatamente tentano ancora di disperdere la folla. Due lacrimogeni lanciati oggi non fanno di certo desistere nessuno! “Via!” è il segnale e si entra nel cantiere, lì i mezzi di CMC e LTF, lasciati incustoditi, vengono giustamente danneggiati, camper, gru e macchinari saranno resi inutilizzabili, i wc chimici formeranno una barricata verso la via interna dove gli agenti si sono ritirati.

Nel tragitto verso l’interno del cantiere vengono individuate le provviste delle forze dell’ordine che vengono requisite e distribuite tra i manifestanti. L’altra parte del prato è gremita di manifestanti, il prato del cantiere è completamente invaso, la forza pubblica è schiacciata nell’unico rifugio lasciatogli. Si schierano a difesa dell’ingresso principale, sono ridicoli, gli viene costruita una barricata in faccia laddove sorgeva il vecchio presidio, non sanno cosa fare, sono immobili e palesemente preoccupati.

Siamo ovunque, è di nuovo tutto del movimento, la gente è euforica. Nel prato si dà vita ad un comizio dove tutti acclamano la liberazione di Venaus, c’è chi la chiama la battaglia di VenausGrado in ricordo di Stalingrado, e anche il paesaggio innevato facilita i paragoni. Persino gli amministratori sono euforici, “ci siamo ripresi la dignità riprendendoci il cantiere” dice il sindaco di Venaus, “in montagna abbiamo sempre vinto” afferma il sindaco di Susa”, “A sarà düra” risponde la gente, il comizio è di tutti, la virttoria è collettiva.

Ignare le forze dell’ordine annunciano il prossimo ritiro che non avverrà, ma rimarranno mogie e schierate all’interno di quella piccola area rimastagli.

La giornata si completa calando sul prato il container, dando vita al nuovo presidio, bandiera no tav e albero di natale in cima, inaugurazione del sindaco e del più assiduo presidiante, Biagio fuochista di Venaus.

E’ sancito, Venaus è libera.

Per gli elicotteri di polizia e carabinieri rimane un’enorme scritta NO TAV fatta con la rete che hanno messo, aiutati dai manganelli, la notte del 5.

La gente di Venaus rimane sul posto, quando cala il buio in corteo si torna a Susa, la vittoria è schiacciante, il corteo è festoso e cantando Bella Ciao torna alla piazza da dove è partito, dove c’è una piccola distribuzione di viveri e bevande calde.

Nella serata una fiaccolata porterà alcune centinaia di abitanti della Val di Susa a sfilare festeggiando la vittoria tra Venaus e Novalesa.

La prima pagina dei quotidiani, la prima notizia dei tg ed ogni discussione è aperta dalla notizia “La Valle di Susa si è ripresa Venaus”, questo è il risultato di quell’8 dicembre, nel nome della dignità di un popolo che diventa comunità in lotta, che sa diventare movimento, che se serve sa come e quando combattere.

LA CASSAZIONE:ECCO PERCHÈ I NO TAV ANDAVANO SCARCERATI

Secondo i giudici i tre attivisti, accusati dalla procura di terrorismo, la notte del 14 maggio 2013 «“non volevano colpire le persone»
ANSA
 
01/12/2015
ANDREA ROSSI
TORINO

Lucio Alberti, Graziano Mazzarelli e Francesco Sala non volevano colpire le persone (operai e forze dell’ordine) in servizio al cantiere di Chiomonte la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, ma danneggiare i mezzi delle ditte e le camionette della polizia. Per questa ragione la Cassazione ha respinto il ricorso della procura di Torino contro l’ordinanza del Tribunale della libertà che aveva disposto la scarcerazione dei tre attivisti No Tav accusati di attentato per finalità terroristiche. 

Un verdetto molto atteso a Torino, dove si è appena aperto il processo d’appello ad altri quattro attivisti (Claudio Alberti, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti, Chiara Zenobi), accusati per lo stesso assalto al cantiere dell’alta velocità, e si attendeva proprio le motivazioni della Corte per far ripartire il dibattimento. La Cassazione sposa la linea del Tribunale, il quale «ha motivato in modo quanto mai ampio, esaustivo e puntuale le ragioni per cui, pur ponendo nella dovuta evidenza l’oggettiva gravità dei fatti… e il rischi concreto della lesione del bene della incolumità delle persone…», escludendo che «il fine dell’azione potesse essere quello di attentare all’incolumità e all’integrità fisica delle persone presenti nel cantiere». 

La Procura, oltre a ritenere che gli assalitori, attaccando il cantiere con lanci di sassi e molotov, avessero implicitamente accettato il rischio di fare del male alle persone presenti, avevano tentato di costringere le autorità nazionali ed europee a rinunciare a un’opera di interesse strategico come la Torino-Lione, e dunque avrebbero compiuto un atto terroristico. Per la Cassazione non è sufficiente l’intenzione di voler causare un grave danno «ma occorre che la condotta crei la possibilità concreta – sul piano oggettivo – che esso si verifichi». L’azione del maggio 2013, pur causando ingenti danni, circa 100 mila euro, non ha invece generato alcuna conseguenza pratica: il cantiere prosegue la sua attività e non si è mai fermato, né i danni sono stati tali da metterlo in pericolo. 

LA BARBARIE DELL’ARABIA SAUDITA E IL SILENZIO DELL’ITALIA

03/12/2015
ROBERTO TOSCANO

Siamo contro la pena di morte, ovunque. Per l’Europa l’abolizione della pena di morte non è soltanto un requisito per l’adesione all’Unione, ma addirittura un tratto identitario, una componente essenziale dei propri principi. E l’Italia, con una coerenza che ci fa onore, esercita da anni, soprattutto in ambito Nazioni Unite, una forte leadership nella battaglia per la moratoria delle esecuzioni in un’ottica esplicitamente abolizionista.  

Si tratta di una lotta di civiltà paragonabile a quella condotta in passato contro la schiavitù, e proprio per questo siamo fiduciosi che la tendenza verso l’abolizione sia inarrestabile. In attesa del giorno in cui la pena di morte possa passare alla storia risulta tuttavia moralmente ineludibile non solo opporsi alla pena capitale per ragioni di principio, ma denunciare anche, con coerenza e coraggio politico, le offese ai diritti umani che derivano sia dalle modalità delle esecuzioni sia dai reati per cui la pena di morte viene decretata. Il caso più clamoroso è quello dell’Arabia Saudita, dove le esecuzioni vengono eseguite nella capitale mediante decapitazione sulla pubblica piazza (sinistramente nota come «chop chop square») in un osceno spettacolo popolare senza umanità, senza dignità, senza rispetto. 

Quello che è ancora più osceno è l’elenco dei crimini punibili nel Regno saudita con la pena di morte. Come altri Paesi, l’Arabia Saudita prevede la condanna a morte dei colpevoli di omicidio o per traffico di droga, ma in questo caso l’elenco completo dei reati capitali è a dir poco raccapricciante: si va dall’adulterio all’omosessualità; dall’apostasia alla blasfemia; dall’idolatria alla stregoneria.  

Negli ultimi tempi, alcuni casi hanno colpito particolarmente l’opinione pubblica mondiale: quello di un giovane saudita, Ali al-Nimer, condannato ad essere decapitato e successivamente messo in croce, e lì lasciato marcire, per avere partecipato nel 2012, quando aveva 17 anni, a manifestazioni di protesta per l’arresto del padre, un clerico sciita anche lui condannato a morte; la condanna alla lapidazione di una donna per adulterio, commesso con un uomo che invece è stato condannato soltanto a cento frustate; la condanna a morte per apostasia nei confronti di un poeta palestinese, Ashraf Fayadh, per avere, nei suoi versi, «insultato Allah e il Profeta» e avere «diffuso l’ateismo».

Ma ad essere clamorosi non sono solamente questi veri e propri eccessi di barbarie retrograda, ma anche i nostri silenzi. Nostri dell’Europa, nostri dell’Italia, pur di solito così attiva nell’opporsi per principio alla pena di morte. 

Certo, l’Arabia Saudita è un Paese importante, un partner economico di grande rilievo, soprattutto in materia energetica. Ma il nostro silenzio minaccia non solo di essere in contrasto con il nostro impegno per l’abolizione della pena di morte, ma di farci perdere credibilità. I grandi Paesi, come aspiriamo ad essere, non hanno solo grandi interessi, ma anche grandi valori, e quanto meno fra interessi e valori dovrebbe esserci una tensione. Rinunciare ai secondi, ce lo dicono il realismo e la storia, non garantisce di certo i primi. 

E poi, come è possibile opporsi alla decapitazioni di «infedeli» da parte dello Stato Islamico e passare sotto silenzio le esecuzioni di «apostati» da parte dell’Arabia Saudita? Entrambi citano fra l’altro, come fonte, la stessa interpretazione radicale, wahabita, della Sharia.  

Infine il nostro silenzio significa che diamo per scontato che il Paese debba rimanere fermo negli aspetti più retrogradi di antiche tradizioni. In questo modo non rendiamo di certo giustizia a una popolazione, soprattutto giovane, in cui comincia ad affiorare l’aspirazione a una modernità che non si limiti alla sfera dei consumi e della tecnologia ma comprenda un’evoluzione della società basata sul rispetto delle tradizioni ma non dalla loro feroce ed autoritaria imposizione da parte di regimi prima o poi destinati – dovremmo ormai saperlo – ad essere sovvertiti, proprio per il loro rifiuto di cambiare, da violenti sommovimenti. 

Russo decapitato:Kadyrov,ci vendicheremo

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2015/12/03/russo-decapitatokadyrovci-vendicheremo_300fdc84-72bb-4cfa-8f66-bcb630f913b7.html

‘Era ceceno. Mandiamo il boia nel mondo dell’al di là’

03 dicembre 201512:30

(ANSA) – MOSCA, 3 DIC – Il russo decapitato ieri dai terroristi dell’Isis è un cittadino ceceno. A dirlo è il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che promette vendetta. “I ceceni sanno, ricordano e non lasceranno così (il boia, ndr). Noi lo mandiamo nel mondo dell’al di là, gli diamo il biglietto di sola andata”, ha promesso.

Secondo no della Cassazione: non fu terrorismo.

post — 2 dicembre 2015 at 03:10

compressoreNuovamente un colpo duro per la procura torinese che ieri ha dovuto buttare giù l’ennesima bocciatura da parte della Cassazione per il ricorso presentato da Padalino e Rinaudo nei confronti di Lucio, Graziano e Francesco imputati come Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio Alberto nel processo per l’azione notturna del maggio 2013.
Una storia infinita, intrisa di ripicche e deliri da parte della banda di Caselli che vorrebbe i No Tav in carcere con l’accusa di terrorismo.
Purtroppo per loro la seconda bocciatura della cassazione pesa come un macigno, soprattutto alle porte del processo d’appello nel quale il procuratore generale Marcello Maddalena pensa di poter rispolverare l’immagine e la credibilità di una procura che in questi ultimi anni, perseguitando in maniera delirante il movimento No Tav, ne ha combinate di cotte e di crude.
“Infondato”, così viene definito il ricorso della procura, arrivando addirittura a descrivere come “rasenti l’inammissibilità” le opzioni sollevate dei due pm al tribunale del riesame che, nel dicembre 2014, aveva annullato l’ordinanza del gip nella quale i tre No Tav venivano incarcerati con l’accusa di terrorismo.
E mentre Caselli, l’ideatore oramai in pensione di sto poppò di teorema, scrive libri per celebrare la sua vita a servizio della “verità” e della “giustizia”, noi vediamo giorno dopo giorno il tentativo di equiparare l’incendio di un compressore ad un atto di terrorismo sempre più ridicolo e ridicolizzato.
Fatevene una ragione, anche se oramai una bella figura non la potrete più fare.

Il gran colpo di Putin

https://aurorasito.wordpress.com/2015/12/02/il-gran-colpo-di-putin/

Chroniques du Grand Jeu 1 dicembre 2015

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Il padrone del Cremlino toglie i curdi agli statunitensi per sigillare il confine siriano ai turchi? Ovviamente…
Piaccia o no, è difficile non riconoscergli un genio strategico da Richelieu o Sun Tzu. Secondo i precetti del judo che ama così tanto, Vladimir “Abracadabra” Putin passa sempre a suo vantaggio, infine disperando gli avversari. La reazione russa alla “pugnalata alla schiena” di Ben Erdogan ha già stupito per velocità e dimensioni. Inoltre non è finita perché ora veniamo a sapere che la cooperazione scientifica tra i due Paesi è sospesa e più di 1000 camion turchi sono bloccati alla frontiera. Inoltre, il Turkish Stream potrebbe essere congelato dai russi, se si crede a Gazprom. Ma è ovvio che Mosca provi anche a ribaltare la situazione a suo vantaggio strategico. Informazioni emergono e non sono brutte…
La Russia avrebbe iniziato a concordare con le YPG curde in Siria l’interruzione del traffico tra Stato islamico e Turchia, cambiando drammaticamente la situazione strategica. Avevamo già detto più volte che c’era la possibilità, e con l’incidente del Sukhoj diveniva poco a poco certa, dispiacendo il sultano che avrà da rimpiangere per molto, molto tempo, il suo momento di follia. Alcune spiegazioni sono necessarie per misurare l’importanza della cosa. Ma prima una cartina:ob_4cb9a5_copy-of-syrak-octobre-2015.pngDopo i fallimenti del SIIL nell’affrontare i curdi ad Hasaqa e Ayn al-Arab, le vie di comunicazione con lo sponsor turco si riducono a una porta di circa 80 km, da est di Azaz a Jarabulus sull’Eufrate (i due puntini rossi sulla mappa). Come si vede, le YPG curde, nemesi di Ankara che le considera “terroristi”, si trovano su entrambi i lati sognando di riunire i loro territori (che chiamano per ora “curdi dell’est e curdi dell’ovest”). Il sultano aveva deciso la linea rossa da non superare per i curdi siriani: l’Eufrate, oltre il quale gli aerei turchi non esitano a bombardarli, cosa successa più volte. Il problema è che le YPG dovrebbero essere alleate degli Stati Uniti, alleati della Turchia. In breve, un vortice in cui Putin va liscio come sul velluto; ci ritorneremo. Quando in estate si parlava dell’operazione curda per prendere Jarabulus ed interrompere i rifornimenti allo SIIL, Ankara minacciò d’intervenire militarmente. Infine fu raggiunto un accordo tra statunitensi e turchi. I primi garantivano ai secondi l’annullamento dell’operazione in cambio degli aviogetti statunitensi basati a Incirlik. Dov’erano quando il Sukhoj fu abbattuto…
Se i “curdi dell’est” di Ayn al-Arab non si erano mossi, né avevano attraversato l’Eufrate, i “curdi dell’ovest” si muovevano combattendo nella pianura a nord di Aleppo… supportati dai bombardamenti russi! Le YPG hanno preso il controllo di diversi villaggi a due passi dal confine con la Turchia, minacciando i rifornimenti ai terroristi moderati (al-Qaida e Ahrar al-Sham). Ciò che si profila all’orizzonte è un movimento a tenaglia tra i “curdi dell’est” che attraversano l’Eufrate e i “curdi dell’ovest” protetti dai famosi S-400 russi che abbatteranno gli aerei turchi come mosche se si avventurassero nella regione.
Gli statunitensi, imbrogliati in alleanze totalmente contraddittorie, sono paralizzati e Putin se ne compiace dannatamente. Se Mosca supporta le YPG, Washington non solo non farà nulla, ma neanche dirà nulla in quanto le milizie curde erano le sue alleate teoriche. Ancora una volta, Barack friggerà vedendo con orrore i russi portarsi via i suoi alleati. Vladimir Vladimirovich vede più lontano chiedendo ad Assad e PYD (partito curdo ombrello delle YPG) di unirsi. I curdi acconsentono da qualche tempo; finora è Assad a non esserne molto entusiasta, ma è obbligato da Mosca con la campagna aerea lanciata due mesi fa. L’alleanza, che sembra già esserci in campo militare in assenza di un accordo politico formale, sarebbe un colpo mortale a SIIL e altri terroristi moderati cari all’occidente, uno schiaffo ai turchi e terribilmente imbarazzante per gli statunitensi.

E' De Gaulle che disse che bisogna "affontare il complesso Medio Oriente con idee semplici". Temo che le vostre siano troppo semplici. Buono/Cattivo.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Aprite bene le orecchie! Parla Putin!! E’ gradita la diffusione max di questo video!

http://www.faigirare.it/aprite-bene-le-orecchie-parla-putin/

Inserito in ATTIVISMO 

Quello che nelle TV italiane non vedrete mai!

Parla Putin il presidente più amato del mondo, un uomo che ha fatto esperienza in diversi settori del comparto militare e dell’intelligence russa, un uomo moderato e capace, insomma lo vorrebbero tutti come proprio presidente. Rappresenta la nuova Russia, un paese uscito da una grave crisi dopo la caduta del muro di Berlino e che oggi è un esempio di civiltà. La Russia è passata per anni come il cattivo mondiale, mentre invece oggi vediamo chiaramente che il cattivo è sempre stata l’America, con gli interessi delle sue multinazionali spazzatura, tra cibi agli ormoni, fast food tossici e speculazioni finanziare rovinose, hanno rubato il trono come stato canaglia alla tanto odiata Russia. Non ultima la questione della NATO e della Siria, un paese invaso da eserciti di altre nazioni in una corsa imperialista guidata dai magnati della finanza Soros e Rockefeller i veri padroni occulti degli stati americani. L’oligarchia mondialista che vuole conquistare il mondo a suon di ogm e di tumori, un vecchio ordine mondiale che si avvicina al nazismo dal quale è effettivamente nato dopo la seconda guerra mondiale, durante l’inserimento dei gerarchi nazisti e dei suoi scienziati migliori all’interno del programma Paper Clip, insomma la seconda guerra mondiale ha fatto infettare gli stati uniti, da menti genocide che hanno letteralmente dirottato la nazione più forte del mondo, dopo la morte di leader amatissimi assassinati proprio per le loro idee populiste, JFK e Bob suo fratello, Martin Luther King e tanti altri personaggi che avrebbero potuto fare la differenza.

putin

Lettera aperta al Dr. Maddalena, procuratore generale della Corte d’Appello

post — 2 dicembre 2015 at 16:05

163148789-c084f200-8567-4e8f-94d9-64ab3fc4eaef[riceviamo e pubblichiamo] Una preghiera per il Dr. Maddalena, procuratore generale della Corte d’Appello.

Per favore, non privi la Procura di Torino di questo record sempre più unico nel panorama nazionale, perdere tutte le cause in cui si imputa il terrorismo a carico dei No Tav: nel processo d’appello per il compressore bruciato insista a chiedere che i quattro imputati, assolti dal Tribunale per quel reato, vengano condannati.

Faccia come i suoi illustri colleghi Padalino e Rinaudo, ignori quello che dice la Cassazione oggi. Dimostri che Torino sa distinguersi, insistere sul cavallo giusto, tirare dritto sempre e comunque, nel solo interesse della Giustizia.

La prima volta a Torino fu nel 1998. L’accusa di terrorismo ai tre anarchici, basata su prove granitiche, costò la vita in carcere a Edo e Sole ed una lunga trafila giudiziaria al loro compagno Silvano, conclusasi con l’assoluzione in Cassazione, niente terrorismo, neanche l’ombra.

Nel 2013, il grande ritorno. Dopo una spiacevole pausa di quindici anni, la Procura di Torino è riuscita a riappropriarsi della brillantissima teoria, e a farsi smentire due volte dalla Cassazione e due volte dallo stesso Tribunale locale, appunto un record.

Ora che la Cassazione ha rispiegato bene i motivi per cui il terrorismo non si può imputare ai No Tav, non si faccia influenzare da questa fastidiosa sensazione di trovarsi in un vicolo cieco: sia sabaudo e ignori il sentimento comune, tenga alto l’onore dell’Ufficio, sia coerente con il percorso vincente segnato dall’ex procuratore Caselli.

Non riformuli l’accusa. Sostenga ancora una volta che i No Tav sono terroristi.

Non ci sorprenda, Procuratore, in questo suo ultimo grande processo prima della pensione. Manca solo la Corte d’Appello a dirlo, manca pochissimo!

Antonino Meli

Appello dell’ANPI per l’8 dicembre: “Ogni tempo ha il suo fascismo”

 http://www.autistici.org/spintadalbass/?p=6833

giovedì, dicembre 3, 2015Spinta dal Bass

Appello dell’ANPI per l’8 dicembre: “Ogni tempo ha il suo fascismo”

 Appello dell’ANPI per l’8 dicembre: “Ogni tempo ha il suo fascismo”

Appello alla partecipazione alle manifestazioni che si terranno in Val Susa martedì 8 dicembre, per condivisioni e adesioni (sia di singoli che di soggetti associativi) contattaci

8 DICEMBRE 1943 – 2005 – 2015
Ogni tempo ha il suo fascismo:
il Giuramento della Garda è sempre valido

“… in Val Susa sono stati violati i diritti fondamentali dei cittadini all’informazione e alla partecipazione, sono state disattese numerose convenzioni internazionali, c’è stata un’impropria criminalizzazione del movimento di opposizione e una inammissibile militarizzazione del territorio.”

[Tribunale Permanente dei Popoli, 2015]

8 dicembre 1943: l’inverno delle prime bande partigiane braccate dai nazifascisti di Hitler e Mussolini è duro. Salvo piccoli gruppi di sciatori in alta valle e di sabotatori in bassa valle, le bande decidono di sciogliersi per riunirsi in primavera. Ma prima, i principali organizzatori della Resistenza partigiana in Val Susa si ritrovano alla Garda, presso la frazione Martinetti di San Giorio, dove prestano solenne giuramento di non cessare la lotta fino a quando
l’occupatore straniero nazista e i fascisti traditori non fossero stati sconfitti.

8 dicembre 2005: la popolazione valsusina in lotta si autoconvoca a Susa con il sostegno di decine di migliaia di persone per una grande, partecipata e compatta manifestazione in risposta al vigliacco pestaggio di Venaus di due notti prima, con il quale le forze dell’ordine avevano massacrato di botte tutti i presenti – ragazzi, donne, anziani – al presidio NO TAV di Venaus e addirittura ostacolato i primi soccorsi medici ai feriti. Quel giorno il presidio NO TAV è
stato riconquistato da chi ha scelto di lottare, aggirando i posto di blocco, percorrendo i sentieri di montagna che tanto aveva dato alla Resistenza: non si trattava di un prato, ma di dignità, diritti, sovranità e Costituzione, simbolo del fatto che quando il popolo lotta unito, nulla lo può fermare.

Il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), riunitosi tra Torino e Val Susa negli ultimi mesi su esposto del Controsservatorio ValSusa, ha recentemente condannato le modalità antidemocratiche con cui in Italia e in Europa viene portato avanti il sistema delle grandi opere: nella sentenza ha affermato che in Val Susa sono stati violati i diritti fondamentali dei cittadini all’informazione e alla partecipazione, sono state disattese numerose convenzioni internazionali, c’è stata un’impropria criminalizzazione del movimento di opposizione e una inammissibile militarizzazione del territorio.

Per il TPP le responsabilità di tali violazioni vanno ascritte ai promotori delle grandi opere e alle imprese coinvolte, ai Governi italiani degli ultimi due decenni e alle articolazioni dell’Unione europea che ne hanno accolto acriticamente le indicazioni, senza effettuare i controlli e gli accertamenti richiesti dal movimento di opposizione.

Il TPP ha inoltre invitato a: aprire consultazioni serie delle popolazioni interessate, e in particolare degli abitanti della Val di Susa, garantire loro la possibilità di esprimersi sulla pertinenza e la opportunità del progetto, far valere il diritto alla salute, all’ambiente e alla protezione dei contesti di vita dei cittadini, estendendo l’esame a tutte le soluzioni praticabili senza scartare l’opzione “zero”, sospendere la realizzazione dell’opera e soprattutto a
porre fine all’occupazione militare della zona.

Anche l’A.N.P.I. Provinciale di Torino, nel proprio documento congressuale di marzo 2011, ha affermato “che gli investimenti pubblici debbano essere realizzati con il reale coinvolgimento delle popolazioni e delle Istituzioni locali in un confronto dialettico che percorra ed esamini tutte le possibili opzioni, nel rispetto dell’art. 41 della Costituzione che ricorda come la libera iniziativa privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

Invitiamo tutti gli antifascisti a sostenere e partecipare alle manifestazioni che si svolgeranno in Val di Susa martedì 8 dicembre 2015, per una corretta trasmissione della memoria storica della Resistenza partigiana e l’attualità delle lotte popolari per la rivendicazione dei diritti, contro ogni revisionismo e contro ogni riduzione degli spazi di democrazia, per una società fondata sulla Libertà conquistata con il sangue dei Partigiani e sancita nella Costituzione.

8 DICEMBRE 2015

– h 9.30: Giuramento della Garda a San Giorio di Susa, commemorazione ufficiale con bandiere e canzoni partigiane

– h 10.30: RITROVO A SUSA PER MANIFESTAZIONE POPOLARE FINO A VENAUS,
spezzone antifascista con striscione “Partigiani e Antifascisti a fianco del Movimento NO TAV” con bandiere e foulard partigiani

“… ai nostri posti ci troverai, popolo serrato attorno
al Monumento che si chiama ORA E SEMPRE RESISTENZA!”

[Piero Calamandrei]

Firmato:

Ugo Berga, Partigiano Combattente e Commissario Politico 106° Brigata
d’Assalto Garibaldi “Giordano Velino” della 46° Divisione Garibaldi

Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO)
Sezione ANPI Sant’Ambrogio di Torino (TO)
Giulia Casel – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo”
Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) – Presidente
Elisa Franchino – Sezione ANPI Sant’Ambrogio di Torino (TO) – Presidente
Massimo Bachetti – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo”
Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO)- Vicepresidente
Fulvio Grandinetti – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) –
Vicepresidente vicario
Paolo Magnano – Sezione ANPI Leinì (TO) – Presidente
Gloria Fabbri – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Vicepresidente
Gabriele Pace – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Direttivo
Simone Lescio – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino”
Nizza-Lingotto di Torino (TO) – Direttivo
Fabrizio Grandinetti – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Direttivo
Ilaria Mardocco – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) – Direttivo
Renzo Oliva – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo
Elena Battello – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo
Matteo Zuccalà – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo
Paolo Lucenti – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo
Francesco Zuccalà – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo
Fabrizio Perottino – Sezione ANPI “Martiri del Martinetto” Torino (TO)- Direttivo
Mario Antonio Solara – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo”
Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) – figlio di Elmo Solara, Partigiano
della 42° Brigata d’Assalto Garibaldi “Walter Fontan”
Ferruccio Sbodio – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Gian Paolo Caiazzo – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO)
Giulia Ricci – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO)
Stefania Minghetti – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino” Nizza-Lingotto di Torino (TO)
Tania Nico – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO)
Marco Magnano – Sezione ANPI Leinì (TO)
Nello Dal Bò – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO)
Liliana Giorcelli – Sezione “68 Martiri” Grugliasco (TO)
Paola Meinardi – Sezione ANPI di Bruzolo (TO)
Andrea Boscaini – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO)
Federico Boscaini – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO)
Demis Sacco – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO)
Martina Morello – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO)
Daniele Sasso – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO)
Franco Falchi – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino” Nizza-Lingotto di Torino (TO)
Saveria Tabone – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Silvia Borello – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Maria Sulli – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Camilla Cantore – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Franca Bai – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Flavia Cantore – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Walter Borgesa – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Maria Rosa Codogualia – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Donatello Namosei – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Rosaria Solofia – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Ernesto Bonitello – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Michele Lelefa – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Blanetto Bruno – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Anna Tabone – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Tiziana Sbodio – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO)
Roberto Borri – Antifascista, figlio di Paolo Borri, Partigiano Gappista di Torino

GIAVENO DIVENTA NO TAV: IL PD TORINESE ATTACCA LA BECCARIA: “INACCETTABILE IL SUO VOTO CONTRO L’OSSERVATORIO”

Giornale online indipendente – Diretto da Fabio Tanzilli – redazione@valsusaoggi.it

     12/01/2015    

di Fabrizio MORRI (Segretario PD Torino) e Mimmo CARRETTA (Responsabile Enti Locali PD Torino)

La scelta del Comune di Giaveno di uscire dall’Osservatorio sull’alta velocità è politicamente grave e non produrrà altro risultato se non l’esclusione di Giaveno da quello che è il luogo naturale di confronto e coinvolgimento degli amministratori locali nella realizzazione della TAV, nelle ricadute sui territori e nelle politiche di sviluppo della Valle.
Ma quello che è inaccettabile è il comportamento della consigliera Vilma Beccaria che, in sfregio alle responsabilità istituzionali proprie di chi presiede il Consiglio comunale e di quelle politiche di chi è stata eletta nelle fila del PD – oltre ad essere segretaria del circolo locale – ha deciso di votare la mozione dei 5Stelle. Nulla c’entra la libertà di coscienza, perché un conto sono i convincimenti personali, altro le posizioni del Partito Democratico che sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione da sempre sono chiare e precise. Non ci si può illudere di riportare sempre il dibattito all’‘ora zero’ come se si dovesse ancora decidere se realizzarla oppure no.
Spiace per la consigliera Beccaria, ma l’opera è in fase di realizzazione, e se si vuole lavorare nell’interesse dei territori toccati dalla nuova linea bisogna avere la responsabilità di stare seduti al tavolo dell’Osservatorio e non scegliere posizioni ideologiche e sterili. Per questo, il PD di Torino stigmatizza il comportamento della consigliera Vilma Beccaria che con le sue scelte danneggia il PD e la sua politica.

Sulla più complessiva vicenda del rapporto tra Osservatorio ed amministrazioni locali il PD ha convocato un’assemblea per il prossimo 10 dicembre, alle ore 18.30 presso la sede di via Masserano, a cui sono invitati a partecipare tutti i segretari di circolo e gli amministratori del PD dei 50 Comuni dell’Osservatorio.

Fabrizio MORRI (Segretario PD Torino)

 Mimmo CARRETTA (Responsabile Enti Locali PD Torino)