Processo ai No Tav. Le difese smontano il teorema Maddalena

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VALSUSA NOTIZIE

Voci indipendenti dalla Val Susa

 

Nel giorno in cui l’Autorità Antitrust mette in luce l’illegittimità del ruolo di Virano, in aula bunker le arringhe mettono all’angolo il Pg sul concetto di democrazia, sulla ricostruzione dei fatti, sull’interpretazione giuridica. Chiesta la riduzione delle pene inflitte in primo grado e la prevalenza delle attenuanti

Inserito il 18 dicembre 2015

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di Fabrizio Salmoni

Ma che concezione della democrazia c’è dietro le parole del Pg Maddalena quando collega i fatti in giudizio (il sabotaggio del cantiere Tav e l’incendio di un macchinario) con l’11 Settembre, le Brigate Rosse, addirittura l’Angelo Azzurro?” Non lo dice apertamente l’avv. Claudio Novaro ma lo fa capire.”Quale misera idea della naturale dinamica delle democrazie si vuole proporre  quando la logica è che lo Stato decide e tutti devono accettare senza protestare, se basta il proposito di far cambiare idea allo Stato per rientrare nella categoria del etrrorismo? Allora qualunque lotta, come quelle sindacali contro il Jobs Act o come quella degli studenti contro la riforma della ‘Buona Scuola’ rientrano nelle finalità indicate dall’art. 270 sexies!…Il conflitto sociale è componente della democrazia e il sabotaggio non è un aspetto del terrorismo ma è un metodo di lotta praticato da Gandhi e teorizzato dal pacifista Capitini, dissertato in quanto tale da Bobbio….E’ una deprecabile equazione quella che fa il Pg…è mancanza di cultura storica!”. E’ l’attacco più duro sferrato al vecchio Maddalena, che lo inchioda nel buio dell’autoritarismo, che ne smaschera il ruolo politico  con linguaggio comprensibile ai giurati popolari.

Altro che “legge e verità” a cui la piaggeria del Tg3 lo aveva associato. Lui ascolta, un po’ ripiegato sul banco, a capo chino, senza apparentemente accusare i colpi. Un nichelino per i suoi pensieri…

La prima parte dell’arringa era stata dedicata alla ricostruzione dei fatti sotto giudizio, alla descrizione di un contesto banalizzato dal Pg nella sua requisitoria tutta incentrata sulla suggestività (“…un inferno di 4 minuti e mezzo…”) per spaventare la giuria, e sul trasferire i fatti specifici in una storiografia che mette sotto accusa la responsabilità collettiva dei valsusini esulando quindi da quella individuale. (v.  http://www.valsusanotizie.it/2015/12/14/processo-ai-no-tav-i-deliri-del-procuratore-generale/   ). Mancanza di storicità, sfalsamento delle informazioni sul numero di bottiglie incendiarie, sul rischio per l’incolumità dei presenti al cantiere quella notte, addirittura sulle distanze, sulla “densità” delle presenze (non 72 persone in 192 mq ma bensi 30 su più di 700 mq), sulle menzogne di alcuni militari (primo fra tutti il Sgt. Maggiore Pagliaro degli alpini) che, naturalmente, si contraddicono tra loro. “E’ una ricostrzione scorretta per alterare la realtà!” e allora bisogna spiegare ai giurati come si risale obiettivamente alle condizioni reali. Bisogna per esempio far notare che la fiammata mostrata dal Pg nei filmati, isolando un unico fotogramma, non è causata da una bottiglia incendiaria ma da “un artificio pirotecnico” che si estingue immediatamente (…”Straordinaria cucca!“). Tutto deve essere ricondotto a realtà: gli orari, le dinamaiche. Dalla ricostruzione dei fatti discendono le osservazioni giuridiche e le risposte alle affermazioni “politiche” del Pg. Danno di immagine al Paese? Le malattie aumenteranno del 10-15% in Valle per i lavori del Tav; il costo italiano di 1 km di Tav (235 milioni) in confronto a quello della francia (36 milioni).

Danno per il rallentamento dei lavori? E’ lo stesso capo-lobby Brinkhorst che riferisce che i ritardi sono causati dai tagli dei fondi europei e dalla “contrarietà della popolazione“.

Danno al sistema di trasporti europeo? Menzogne: il corridoio 5 (Kiev-Lisbona) non è mai esistito, l’Asse 6 non è obbligatoriamente ad alta velocità:

Blocco dei lavori? Sono ripresi dopo un’ora dall’azione di sabotaggio.

Spese per la sicurezza? La Cassazione ha già negato la fondatezza dell’argomento.

“Atto di guerra”? Argomenti impropri perchè di natura ideologica, oltre che paradossali.

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Tocca agli avv. Dominioni, Losco e Pelazza attaccare sul piano della dottrina giuridica gli argomenti realativi al “dolo” (eventuale, diretto, intenzionale), dissertare tecnicamente su volontà, consapevolezza, prove dirette. Mettono in risalto le dichiarazioni dell’imputato Alberti intercettate quando ricorda all’interlocutore i limiti da non superare durante l’azione (“non fare male a nessuno“) a discapito del previsto sabotaggio più esteso, o la precarietà dei mezzi utilizzati nel “pianificare la guerriglia” (un suono di trombetta – che non funzionerà – per segnalare la fine dell’incursione).

Di fronte a tale muro di argomentazioni, ci si chiede se i giurati popolari saranno in grado di valutare consapevolmente un discorso cosi complesso. Li attende ancora una giornata, lunedi, di repliche e poi toccherà a loro e al loro buon senso esprimersi. Gli imputati si augurano che non sentano la pressione dell’autorità del Pg in aula, una presenza che può influenzare forse più i giudici togati ma nei processi Tav quasi tutto è imponderabile e legato al filo, appunto, del buon senso.

(F.S. 18.12.2015)

Non si arrende nessuno: pienone all’assemblea No Tav di Pozzolo

18 dicembre 2015

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Ieri sera a Pozzolo, nelle cantine del Castello – prenotate da Monica Manfredini, consigliere comunale, perché per i NoTav le cantine sono off-limit… – si è tenuta una assemblea sul tema “LE CAVE, L’AMIANTO, LA NOSTRA SALUTE, LA DEVASTAZIONE DEL TERRITORIO…”

L’interesse ai problemi che sono stati evidenziati dai relatori è stato alto: il folto pubblico è stato informato sui diversi aspetti delle ricadute sulla salute e sul rischio di contrarre malattie oncologiche e respiratorie dal Dott. Giancarlo FARAGLI, Medico, Direttore Unità Valutazione ed Organizzazione Screening Oncologici dell’ASL di Alessandria; il Dott. Davide FOSSATI, Geologo – Libero Professionista ha puntato l’indice sulle 21 cave presenti sul territorio pozzolese, sugli effetti che la costruzione dell’opera avrebbe sulle falde acquifere e sull’equilibrio geologico di tutta la regione interessata dalla linea;  l’Ing. Francesco DE MILATO Dottore di Ricerca in Ingegneria Elettronica ed Informatica, libero professionista ed esperto del progetto Terzo Valico ha ricapitolato una serie di criticità del progetto, delle carenze autorizzative non ancora risolte e delle gravi mancanze che quotidianamente vengono alla luce nella gestione dei lavori, ha parlato dell’attività di denuncia dei comitati, grazie alla quale anche la procura è stata costretta ad occuparsi dei cantieri dove veniva allegramente movimentato materiale contenente amianto.

Ormai anche a Pozzolo gli effetti distruttivi dell’opera cominciano ad essere evidenti, anche per chi riteneva che le denunce fatte dai NoTav negli anni scorsi fossero esagerate ed inutilmente allarmistiche. Ora tutti i giorni anche i pozzolesi sono costretti ad incolonnarsi a decine e decine di camion che transitano da una cava all’altra, da un cantiere all’altro, con una frenesia totale, in attività compulsive la cui logica per ora sfugge a noi comuni mortali. Così anche le assemblee in cui si parla dell’argomento sono sempre più frequentate, anche da chi non voleva porsi il problema o non se ne riteneva toccato.

Gli unici assenti sono ancora gli amministratori, che evidentemente sono sufficientemente informati e tranquilli e non ritengono di dover approfondire l’argomento.

Le nostre assemblee sono sempre aperte a tutti, anche a chi non la pensa come noi. Anzi, ci piacerebbe che qualcuno si presentasse e contestasse quanto viene da noi affermato: ma evidentemente la difesa dell’opera devastante è sempre più difficile da sostenere…

Foglio di via da Chiomonte a Giulia e Luca!

post — 18 dicembre 2015 at 14:22

fogliodiviaNon si danno pace i guardiani del cantiere Tav dopo le mobilitazioni per l’8 dicembre e la ripresa delle iniziative di contestazione a Chiomonte come in Clarea.
Danno anche fastidio le decine di iniziative che negli ultimi mesi, pensando anche a tutto il periodo estivo, si sono costruite tutt’intorno al cantiere e che continuano a richiedere un ingente e costante presidio “interforze”.
Se quindi in Clarea la polizia militarizza e a Torino i tribunali perseguitano e criminalizzano il movimento, ecco che in questi giorni sono stati notificati fogli di via da Chiomonte a Giulia e Luca, giovani e attivissimi No Tav del Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno.
Da sempre in prima fila nelle lotte di questi ultimi anni, viene loro contestato il fatto di essere “promotori” di alcune iniziative a Chiomonte che hanno turbato l’ordine pubblico.
Non viene citato nessun fatto specifico se non questa qualità, noi la definiamo così, di esserci sempre li dove la nostra presenza da fastidio, in quei luoghi che ci appartengono e fanno parte della nostra storia mentre loro con la minaccia e la violenza ce li vorrebbero sottrarre.
Non è un gioco, si sa, ma siamo tranquilli.
Non sarà un foglio di carta a fermare un cuore No Tav!
Solidarietà a Giulia e Luca!

I fatali Boschi d’Etruria

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Il suicidio del pensionato di Civitavecchia cela molto più di quanto possano indignare un lurido conflitto d’interessi e una malandata manovra di Palazzo. L’ennesima manifestazione del tirannico potere bancario, non ha soltanto stroncato l’esistenza di un 68enne: ha palesato l’inadeguatezza di un sistema immutabile. È la sconfitta di una rappresentatività che si vanti d’essere democratica, che badi alla tutela della propria comunità, e si preoccupi delle vite di chi la costituisce, le dona vigore, e la vivacizza.
di Alex Angelo D’Addio – 17 dicembre 2015
 
Passi che a risolvere i brogli della politica, siano i medesimi cortigiani che le riservano costantemente servigi e cortesie. Si sorvoli che la necessità di soluzioni cozzi con l’evidenza dell’inadeguatezza da cui queste nascono, perché marchingegnate da chi ha contribuito ad appiccare l’incendio delle problematiche. E si ometta pure che il tentativo di appianare determinate circostanze oscilli tra lo sconcerto e il ridicolo. Persino Ezra Pound sarebbe risultato petulante, nella generosa prosperità della sua letteratura. “I politicanti sono i camerieri dei banchieri”. Anche se, avessimo avuto il privilegio di nominarci suoi contemporanei, probabilmente l’affresco dell’Italia odierna non avrebbe avuto tonalità così politicamente imbarazzanti. E fatali, ripugnandosi all’olezzo delle cruente cronache. Nella ostinata difesa del padre Pierluigi, Maria Elena Boschi appare come un’assonnata vestale, piuttosto che rassomigliare ad una procace e serafica domestica.
 
Le speculazioni della Banca dell’Etruria vanno oltre la ponderabilità di un’analisi: si cristallizzano nel limbo della dis-etica, rimanendo succubi della loro scelleratezza. Prima ancora di tampinare il profitto, la finanza azzanna, strema, e sbrana, chiunque le si pari dinnanzi. Quando non riesce a sfinire, logora mente ed anima, abbandonando la vittima nella solitudine della disperazione. Il commissariamento di Visco e di Padoan della conglomerata ove Boschi pater ha cotto succulenti e redditizi intrallazzi economici, subisce lo smembramento della sua serietà slacciando il nodo scorsoio di Luigino D’Angelo. L’impiccagione del pensionato di Civitavecchia ha deliberato che le fatiche lavorative ed affettive di un uomo sopravvissuto alla turbolenza di quasi tre quarti di secolo, occorrano ad omaggiare l’altare del lucro. Il boia è il decreto “Salva banche”, camuffato dall’innocente e onirica bellezza di un Ministro – non ce ne voglia la Boldrini – forse istituzionalmente immaturo per comprendere la drastica portata di bislacche disposizioni.
 
Il macabro epilogo di un creditore tradito dalla smania di proventi, demarca il confine della vergogna, e traccia il limite dell’ammissibile. Il suicidio di D’Angelo cela molto più di quanto possano indignare un lurido conflitto d’interessi e una malandata manovra di Palazzo. L’ennesima manifestazione del tirannico potere bancario, non ha soltanto stroncato l’esistenza di un 68enne: ha palesato l’inadeguatezza di un sistema immutabile. È la sconfitta di una rappresentatività che si vanti d’essere democratica, che badi alla tutela della propria comunità, e si preoccupi delle vite di chi la compone. Non avventando l’efferatezza della sua avidità contro le ignare sorti dei cittadini.

Elezioni, controriforme e controrivoluzioni

Dic 15, 2015
 
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Il potere delle elites
 
di Eugenio Orso
 
Già ai tempi di Ezra Loomis Pound – poeta nordamericano che ha combattuto, con i suoi scritti e la sua esperienza esistenziale, il crescente strapotere finanziario – democrazia significava dominio delle élite usurocratiche, identificate con i grandi “cravattari”, cioè i prestatori di denaro a strozzo.
 
Oggi più che mai la democrazia unita al liberismo, ossia la democrazia liberale, sancisce il dominio, anche sul piano politico (oltre che su quello economico-finanziario) dei detentori del grande capitale finanziario, che hanno nella realtà il monopolio delle decisioni di valenza strategico-politica.
 
Il neocapitalismo che oggi domina incontrastato il parlamento europeo e quasi tutti i parlamenti nazionali del vecchio continente, si ammanta di democrazia a suffragio universale a sfondo liberale, che dovrebbe garantire l’espressione della volontà popolare, a maggioranza, nonché i diritti civili e politici dei singoli.
 
La democrazia era un esito futuro scontato già per Alexis de Tocqueville, che l’ha studiata a fondo, insieme alle potenzialità della società americana, nel suo viaggio in America fra il 1831 e il 1832, e avrebbe potuto garantire, secondo il magistrato francese, anche la tendenza all’emancipazione sociale, oltre che diritti civili e uguaglianza. Destino inevitabile per l’umanità? Certo che no, ma sistema di governo “di successo”, in occidente, già con il capitalismo del secondo millennio.
 
Lenin, a suo tempo, ha inquadrato nella giusta luce il problema della democrazia, ed ha pubblicato sulla Pravda, nel gennaio del ’19, quanto segue:
 
Parlare di democrazia pura, di democrazia in generale, di uguaglianza, libertà, universalità, mentre gli operai e tutti i lavoratori vengono affamati, spogliati, condotti alla rovina e all’esaurimento non solo dalla schiavitù salariata capitalistica, ma anche da quattro anni di una guerra di rapina [prima guerra mondiale, dal ’14 al ‘17 per la Russia, N.D.S.], mentre i capitalisti e gli speculatori continuano a detenere la “proprietà” estorta e l’apparato “già pronto” del potere statale, significa prendersi gioco dei lavoratori e degli sfruttati.
 
La visione negativa della democrazia è comune sia a Lenin che a Pound, pur trattandosi di personalità diversissime, che si suole collocare ai poli opposti dello spettro politico, nell’onusta dicotomia Destra/ Sinistra. Nel caso di Lenin e dei marxisti-leninisti, si tratta di democrazia “borghese”, cioè controllata come lo stato e le sue istituzioni dall’alta borghesia, proprietaria dei mezzi di produzione. Nel caso di Pound, la democrazia è un mascheramento dei grandi usurai che espropriano i popoli.
 
Presentata in una veste squisitamente liberale, oggi la democrazia è prima di tutto un importante strumento di dominazione elitista finanziario, per stringere la presa sul versante politico.
Se integriamo gli operai con i ceti medi impoveriti, i giovani precari, le partire IVA in difficoltà, i pensionati al minimo, i milioni di disoccupati (immigrati compresi, ovviamente), notiamo che le parole di Lenin, sopra riportate, conservano ancora una qualche validità.
 
In questi ultimi anni, avanzando il potere di matrice neocapitalista in Europa, abbiamo assistito al fenomeno del rinvio sine die delle scadenze elettorali politiche e l’imposizione di governi “nominati”, decisi all’esterno del paese con complicità interne, come quello di Mario Monti in Italia. Oppure, nonostante gli esiti elettorali, alla nomina di governi guidati da non eletti, graditi alle élite sopranazionali, come quello di Matteo Renzi, sempre in Italia. In tal senso, l’Italia ha rappresentato un banco di prova per accentuare la dipendenza della democrazia di matrice liberale, quale sistema di governo, dagli interessi oligarchici e sovranazionali.
 
Se nei decenni precedenti partiti e cartelli elettorali del circuito liberaldemocratico garantivano ancora un po’ di rappresentanza ai loro iscritti ed elettori (dietro i quali vi erano classi e gruppi sociali determinati), oggi è più evidente che i governi e i cartelli elettorali di maggioranza non rappresentano più gli elettori, ma principalmente, se non esclusivamente, gli interessi della classe dominante deterritorializzata neocapitalista.
 
In Italia e in Grecia, in modo particolare, la liberaldemocrazia in mani elitiste, non rappresentativa di operai, impiegati, precari, commercianti, piccoli imprenditori, pensionati, eccetera, ha garantito l’applicazione delle controriforme di ispirazione neoliberista, come quelle riguardanti pensioni e mercato del lavoro, le privatizzazioni, il pesante ridimensionamento dello stato sociale. Il consenso popolare – in questo caso palesemente autolesionistico – è fittizio, manipolato, estorto, simulato attraverso i famigerati sondaggi d’opinione, surrogati del voto politico o referendario.
 
Il deficit di rappresentanza dei ceti popolari e delle classi dominate si manifesta appieno in Italia e in Grecia, ma anche nella stessa Francia, che è paese economicamente più forte dei due mediterranei e potenza nucleare in Europa.
 
Il caso francese è da prendere in seria considerazione, a tale proposito, perché l’esito dei ballottaggi, in occasione delle recenti regionali d’oltralpe, ha mostrato con chiarezza alcuni aspetti inquietanti della liberaldemocrazia concretamente esistente, di seguito elencati:
 
La Rivoluzione – intesa come cambiamento epocale che incide sui rapporti sociali, sulle politiche socioeconomiche, sulle alleanze e la politica estera, sulla stessa organizzazione dello stato – è impossibile con i meccanismi incruenti del voto cosiddetto democratico, che acquistano una valenza controrivoluzionaria. Lo dimostra il Front National francese, che pur essendo primo partito non è riuscito ad assicurarsi neppure una delle tredici regioni in palio. Sono entrati in funzione “anticorpi”, in quel caso il patto repubblicano di desistenza, che impediscono a forze politiche non in linea con gli interessi elitisti, neocapitalisti e sopranazionali di vincere nella competizione elettorale. Così sarà nelle presidenziali francesi del 2017, per impedire al FN di impossessarsi di presidenza e governo. Una replica del 2002 (J.M. Le Pen contro Chirac), questa volta con un Fronte diverso, ancor più catalizzatore di consenso popolare e rappresentativo dei dominati.
 
Chi rappresenta veramente, almeno in parte, gli interessi vitali della maggioranza della popolazione è ostracizzato, demonizzato dai media, destinato a sicura sconfitta in liberaldemocrazia, e perderà inesorabilmente la competizione elettorale, sia pur al secondo turno. In Italia, quando e se si faranno le politiche (nel 2018 o un po’ prima), un discorso diverso varrà per il movimento-partito dei cinque stelle, che non rappresenta veramente interessi vitali del popolo, non prospetta grandi cambiamenti nelle alleanze internazionali, sotto sotto non vuole uscire dall’euro e, per tali motivi, potrà forse vincere, seppur di misura.
 
I cartelli elettorali e le entità liberaldemocratiche “politicamente corrette” – nel senso che non rappresentano in concreto gli interessi del popolo ma quelli delle élite finanziarie – sono fittiziamente divisi fra destra e sinistra, come cent’anni fa, ma i colori politici sono ormai sbiaditi, essendo unico il programma e lo stesso il referente sopranazionale. Destra e sinistra “politicamente corrette”, davanti al pericolo, nel caso rappresentato dal Front National, si uniscono e fatto quadrato intorno al sistema (patto repubblicano di desistenza). In particolare, la cosiddetta sinistra è la più sollecita a erigere muri contro chi – pur accettando le regole liberaldemocratiche e il meccanismo del voto – devia dal solco indicato dalle élite e prospetta veri cambiamenti di linea politica.
 
La conclusione è che le elezioni non possono in alcun modo fermare le controriforme neoliberiste, l’austerità imposta dalla troika, la distruzione dello stato sociale e del lavoro protetto, perché sono parte dello strumento di dominazione delle élite neocapitaliste chiamato democrazia. Né possono favorire rivoluzioni incruente, attraverso il voto, perché si attivano immediatamente gli “anticorpi” presenti nel sistema liberaldemocratico, come nel caso francese delle regionali e della clamorosa sconfitta del Front National.
 

La UE esamina la domanda di ingresso della Turchia di Erdogan e mette sotto speciale sorveglianza l’Ungheria di Orban

Dic 17, 2015
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Erdogan con la Merkel
 
La Commissione Europea sta valutando in questi giorni la richiesta di ingresso nella UE della Turchia, dietro indicazione della Angela Merkel che si è raccomandata per concedere una procedura abbreviata di ingresso per il paese ottomano, vista la collaborazione che le autorità turche stanno assicurando all’Europa sulla questione dei migranti e considerato il ruolo svolto da questo paese nella NATO.
 
Si sa che la Turchia di Erdogan si incarica di attuare tutte le provocazioni  contro la Russia (vedi abbattimento dell’aereo russo) ed assicura il “lavoro sporco”  in Siria con l’appoggio fornito ai gruppi jihadisti per rovesciare il governo siriano di Bashar al-Assad. Un ruolo considerato insostituibile per attuare i piani di Washington e della NATO in Siria ed in Iraq.
Nello stesso tempo le autorità europee mettono “sotto sorveglianza” l’Ungheria di Viktor Orban, un presidente considerato “pericoloso”per la sue inclinazioni nazionalistiche e per le sue contestazioni alle direttive europee su immigrazione e finanza.
 
Orban risulta un premier democraticamente eletto che gode di ampia maggioranza e popolarità fra i suoi cittadini ma viene considerato un “populista” non in linea con i parametri europei, al contrario del turco che invece sta mettendo rapidamente in linea la Turchia con le direttive europee, anzi le anticipa (carcerazione per giornalisti dissidenti e chiusura delle reti TV sgradite alla linea del governo).
 
Il Parlamento Europeo, con una maggioranza limitata, 327 sì, 293 no e 61 astensioni, ha approvato oggi una risoluzione in cui chiede alle istituzioni comunitarie di mettere sotto sorveglianza l’Ungheria per “le minacce portate alla democrazia ed ai diritti fondamentali” dal governo del popolare Viktor Orban, in particolare perché rifiuta l’invasione degli immigrati e la tutela del FMI che il presidente ungherese ha messo fuori dal paese.
Secondo il testo votato dagli eurodeputati, la Commissione Ue dovrebbe valutare l’effetto delle misure del governo che, a loro dire, avrebbero portato ad un “deterioramento sistematico” dei valori e Com’è l’Unione Europea? delle prassi democratiche che, in caso di inoperosità da parte comunitaria, potrebbero portare ad un effetto contagio in altri Paesi Ue ( fonte ANSA). Nessuna censura invece per le misure adottate dal Governo turco, considerando che questo governo gode anche della fiducia di Washington ed è membro attivo della NATO.
 
Nel frattempo è giunta notizia di un complotto contro Orban. Non si sa se i sicari dei servizi siano già all’opera, non ci sarebbe da meravigliarsene, visto che il premier ungherese è già sfuggito ad un tentativo di assassinio. Al momento  risulta sventato e scoperto per tempo  un complotto per uccidere il premier ungherese Viktor Orban. Vedi: Sventato un complotto per uccidere il premier ungherese
 
Come si poteva capire da molto tempo l’Unione Europea risulta sempre più simile alla vecchia Unione Sovietica, lo sosteneva da tempo il dissidente russo Bukovsky e la sua previsione si sta rapidamente avverando. Vedi: Com’è l’Unione Europea? Peggio dell’Unione Sovietica.
 
Fonte: ANSA

Se fornisci gas sarin all’Isis si spalancano le porte della UE

martedì, 15, dicembre, 2015
 
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L’Unione europea ha formalmente aperto, dopo due anni di congelamento, un nuovo capitolo (il n.17, sulle questioni economiche e monetarie) nel negoziato di adesione della Turchia. Lo ha annunciato il vicepremier lussemburghese, Jean Asselborn, a nome della presidenza di turno al termine della Conferenza intergovernativa Ue-Turchia. “E’ un passo che si inserisce nel quadro della rivitalizzazione del processo di accesso” deciso dal vertice europeo con la Turchia.
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Il blocco del negoziato tra Ue e Ankara “temo abbia avuto conseguenze negative in Turchia”. Lo dice il ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, arrivando al Consiglio esteri cui parteciperà anche il turco Mevlut Cavusoglu in vista dell’apertura di un nuovo capitolo negoziale. Esprimendo soddisfazione, Gentiloni, ricorda che l’Italia “da 15 anni” è “sempre stata favorevole” al negoziato con la Turchia.

Isis, Pinotti: “Soldati italiani in Iraq non combatteranno”. Esperti: “Falso, diga di Mosul bersaglio di attacchi dei jihadisti”

chissà se i soldatini italiani non siano inviati apposta per riconsegnare Mosul all’Isis (siamo loro finanziatori/alleati), cacciato dai peshmerga
Nell’articolo c’è una imprecisazione, Renzi conferma pienamente le sanzioni alla Russia, evidentemente è stata fatta uscire una dichiarazione contraria forse per la presenza in quei giorni del ministro degli esteri Lavrov in Italia
 
isis-pinotti
Politica
 
A Porta a Porta Matteo Renzi ha annunciato l’invio di 450 uomini dell’esercito con il compito di difendere l’impianto, controllato dai Peshmerga, dai fondamentalisti. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it: “E’ un’operazione molto pericolosa per i nostri militari perché saranno un obiettivo attraente per l’Isis in quanto truppe ‘crociate'”. Germano Dottori, docente di studi strategici alla Luiss: “Intervento in favore degli Usa per compensare aperture alla Russia”
 
17 dicembre 2015
A gennaio verranno inviati in Iraq 450/500 soldati italiani per proteggere la diga di Mosul, in zona di guerra, a pochi chilometri dalla roccaforte irachena dell’Isis. L’annuncio a effetto di Matteo Renzi, ieri sera alla trasmissione televisiva di Bruno Vespa, Porta a Porta, ha colto di sorpresa la stessa Difesa – come confermano fonti dello Stato Maggiore contattate dal IlFattoQuotidiano.it. La decisione doveva essere resa pubblica più avanti, una volta definiti i dettagli operativi, ma l’uscita del premier ha l’aspetto un’utile diversivo nel pieno della tempesta bancaria.
 
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, colta in contropiede, prova a metterci una pezza, assicurando che i soldati “non andranno a combattere” ma solo “a proteggere il lavoro dell’impresa italiana che compirà il lavori sulla diga”. Insomma, Mosul come la Tav in Val di Susa: militari a protezione di un cantiere, nulla di più. Ma come faranno i soldati italiani a respingere la crescente offensiva dell’Isis contro questo strategico obiettivo senza combattere?
 
Le forze del Califfato, acquartierate poco a sud della diga, non hanno mai allentato la pressione militare sulle milizie Peshmerga curde che nell’agosto 2014 hanno riconquistato ‘impianto caduto in mano all’Isis e che da allora la presidiano in forze. Diversi sono stati gli attacchi missilistici contro il quartier generale curdo presso la diga: l’ultimo a settembre. Dopo la caduta di Sinjar, riconquistata dai curdi il 13 novembre, gli attacchi si sono notevolmente intensificati.
 
Il 19 novembre i miliziani dell’Isis hanno sferrato un’offensiva alla diga nel cuore della notte, con armi pesanti e auto-bombe: dopo ore di battaglia i Peshmerga curdi hanno respinto l’attacco, uccidendo 28 miliziani dell’Isis. Che sono tornati alla carica a inizio dicembre con un nuovo attacco alla diga nel corso del quale sei soldati curdi sono rimasti uccisi. Il tenente Jamal Mahmoud, comandante del contingente Peshmerga che presidia la diga, ha spiegato che la situazione è difficile a causa del crescente sostegno di cui l’Isis gode tra la popolazione dei villaggi della zona: “Noi diamo loro elettricità, e loro ricambiano con le pallottole”.
 
I militari italiani si troveranno in prima linea e dovranno fronteggiare i continui attacchi dell’Isis. “E’ un’operazione molto pericolosa per i nostri soldati – conferma al IlFattoQuotidiano.it l’analista militare Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it – perché saranno un obiettivo attraente per l’Isis in quanto truppe occidentali ‘crociate’ e soprattutto un bersaglio fisso molto facile da colpire. Un impiego statico estremamente rischioso e privo di senso: non è così – conclude Gaiani – che si fa la guerra all’isis”.
 
Più che con la guerra al terrorismo e la strategia militare, infatti, le decisione di Renzi sembra motivata da esigenze di politica estera legate al mantenimento degli equilibri internazionali dopo il formale stop italiano al rinnovo automatico delle sanzioni alla Russia. Ne è convinto Germano Dottori, docente di studi strategici e politica internazionale alla Luiss di Roma. “Con questa decisione Renzi si è messo in continuità con Berlusconi, cercando di compensare le proprie aperture alla Russia, peraltro esclusivamente di facciata, con interventi militari al fianco degli Stati Uniti in teatri scomodi. Temo che esporremo le nostre truppe a maggiori rischi solo per ricucire un finto strappo”.
 
di Enrico Piovesana | 17 dicembre 2015

Ministro turco: si puo’ occupare la Russia in meno di 7 giorni grazie alla Nato

mercoledì, 16, dicembre, 2015
 
Il ministro degli Esteri turco: è possibile occupare la Russia in meno di 7 giorni insieme alla NATO
 
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Le autorità turche hanno perso quel po’ di sangue freddo che avevano e laconicamente hanno avvertito la Russia che ci sono dei “limiti” e hanno invitato Mosca alla “calma”. Ciò si verifica mentre vi è forte tensione tra i due paesi dopo la distruzione di un bombardiere russo da parte dell’aviazione turca, vicino al confine siriano.
 
Così, il ministro turco degli Affari Esteri, Mevlüt Cavusoglu ha detto il canale di notizie turca NTV:
“Invitiamo la Russia, che è uno dei nostri principali partner commerciali, a stare tranquilla, ma diciamo anche che la nostra pazienza è limitata” (AFP).
Egli ha detto: “Dal momento dell‘incidente del Sukhoi-24 , la Russia ha colto ogni occasione immaginabile per minacciare la Turchia. Certamente il nostro governo si comporta come un governo maturo e con esperienza, ma la nostra pazienza ha dei limiti. Di fronte agli sforzi della Russia non abbiamo, nessuna paura, nessun rimorso. Agiamo con moderazione, per riportare le nostre relazioni di nuovo alla normalità, ma se necessario, vi assicuro che si può occupare la Russia in meno 7 giorni attraverso la NATO ed i nostri alleati livello regionale “.