CARTA VINCE, CARTA PERDE. E I COCCI SONO TUOI (Cuba, Iran, Siria, Serbia, Grecia).

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2015/05/carta-vince-carta-perde-e-i-cocci-sono.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 12 MAGGIO 2015

“Il cristianesimo non se l’è presa forse anch’esso con la proprietà privata, con il matrimonio, con lo Stato? Non ha predicato, in loro sostituzione, la beneficenza, la mendicità, il celibato e la mortificazione della carne, la vita claustrale e la Chiesa? Il socialismo sacro è soltanto l’acquasanta con la quale il prete benedice la rabbia degli aristocratici”.(Karl Marx)
“A chi desidera acquisire un’idea intuitiva della Santissima Trinità, non posso consigliare di meglio che sognare niente, finché non si sia addormentato. […] “No”, “niente”, “non”, questo è il concetto intuitivo della Santissima Trinità”.(Karl Marx)
“Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola”. (Karl Marx)
 
“La critica della religione è il fondamento di ogni critica”. (Karl Marx)
 
“Sono rimasto molto colpito dalla saggezza e modestia del papa. Leggo tutti i suoi discorsi e a Renzi ho detto che se il papa continua così tornerò alla Chiesa cattolica… Quando il papa verrà Cuba a settembre prometto di andare a tutte le messe e già ora leggo tutti i suoi interventi”. (Raul Castro)
 
“Barack è un uomo onesto. Ho letto due sue biografie e so che agisce in modo onesto grazie alle sue origini umili” (Raul Castro)
Il nostro obiettivo è di inserirci in un grande programma di privatizzazioni: agroindustria, meccanica e turismo sono i settori privilegiati per gli investimenti statunitensi”. (Carlo Calenda, viceministro cubano allo sviluppo economico)
Stramazzato sulla via di Damasco
Nelle citazioni qui sopra c’è l’epitome, la sintesi, di un processo controrivoluzionario. Il nemico numero uno rimangono, storicamente, ontologicamente ed escatologicamente, la Chiesa, la sua dottrina totalitaria, la sua ideologia  mendace e ricattatrice, la sua strategia bimillenaria di obliterazione o corruzione di cervelli e vite. Ma Raul Castro in Vaticano esprime plausi e ringraziamenti ai Papi che hanno operato per le “riforme” di quello che per il mondo erano la rivoluzione e lo Stato socialisti, e per la riconciliazione con lo Stato canaglia che da oltre mezzo secolo assedia, aggredisce, terrorizza Cuba e tutta l’America Latina. Con il concorso psicofisico delle sette cristiane evangeliche, che dilagano per tutto il continente, compresa Cuba, e, in questo caso, con quello della Chiesa cattolica. Da che mondo è mondo, non s’è mai vista una Chiesa di denominazione cristiana favorire emancipazione, libertà, prosperità, se non delle élites proprietarie e predatrici. E Bergoglio è stato messo lì per fare da anti-Chavez e riavvolgere il gomitolo della liberazione latinoamericana negli ultimi 15 anni. Con la stessa funzione affidata al polacco Woytila nei confronti dell’URSS e del socialismo di ogni denominazione.
 Felipe Perez Roque
Tutto incominciò il 2 marzo del 2009, quando Raul Castro, succeduto al fratello Fidel, eliminò dalla scena politica e da ogni visibilità in perpetuo il ministro degli esteri Felipe Perez Roque e il vicepresidente di Cuba, Carlos Lage. Felipe Roque, punta di diamante della seconda generazione rivoluzionaria, coerente antimperialista, amatissimo dal popolo, era considerato il vero delfino di Fidel. Insieme ai due protagonisti della rivoluzione, furono cacciati una sessantina di ministri, viceministri, dirigenti del partito, alti funzionari,  sostituiti da veterani militari ottuagenari. Lo Stato confiscato dall’esercito. Per sei mesi, fino a quando non apparve un video in cui, nel corso di un’occasione conviviale, i due incriminati “scherzavano” sulle condizioni psicofisiche di Fidel, dell’operazione che decapitò il governo del paese non venne data alcuna spiegazione alle masse, né in patria, né all’estero. Si parlò vagamente di “intese con interessi stranieri”. Nessun ricorso, nessuna difesa furono consentiti.
Il secondo provvedimento, poi sancito dal congresso del partito, fu il radicale rovesciamento della politica economica, con il licenziamento progressivo di 500mila dipendenti dello Stato e il lancio di una campagna di privatizzazioni che coinvolse metà dell’economia cubana. Si pensava, così, di rimediare agli effetti nefasti dell’embargo, ma anche, con ogni evidenza, alle carenze e incapacità di uno Stato dalla burocrazia ossificata e in gran parte corrotta (Fidel lo denunciò molte volte), che non era mai stato in grado di sviluppare un’agricoltura efficiente, in un paese a vocazione agricola, e neppure una semplice industria di base, rimanendo costantemente in condizioni di dipendenza dalle importazioni e dal turismo, prima dall’URSS e poi da alcuni paesi amici o che non guardavano per il sottile.
Venne poi, nei tempi recenti, il disgelo o riavvicinamento agli Stati Uniti, proposti dalla versione soft del reaganismo e dei neocon imperialisti, impersonata da Obama sul piano politico, economico, sociale e, su quello culturale, dai tre papi che si sono avvicendati a Cuba. La funzione di questi ultimi era di verniciare di libertà, buonismo, tolleranza, interclassismo, le riforme per un socialismo alla vietnamita, nel quale imperversa, all’ombra delle multinazionali, un capitalismo di rapina che vede oggi dominare una casta di privilegiati il resto della popolazione impoverita e spodestata. La massima voce critica, il generale Giap, si spense nel 2013.
 
Que linda es Cuba?
Di tutti questi rivolgimenti veramente epocali, al di là dello sconcerto di esponenti della sinistra latinoamericana, nessuna associazione di amicizia con Cuba si fece carico di discutere con i suoi aderenti o con l’opinione pubblica, per verificarne meriti e demeriti. Oggi nell’Avana infestata da migliaia di bancarelle, dove gli ex-statali, dotati di licenza d’impresa (ma senza il minimo supporto finanziario o infrastrutturale), si arrabattono  a vendere bibite, dolci e centrini fatti in casa.
Allo sviluppo pensano, secondo le anticipazioni di Raul e dei suoi ministri, gli investimenti stranieri, le privatizzazioni di quanto può essere privatizzato, e quindi la ricostruzione alla grande della “socialista” proprietà privata. Le maggiori industrie agrochimiche Usa e UE si preparano al festino sull’arretratissima agricoltura cubana. Quelle delle costruzioni e delle infrastrutture, come quelle di viaggi, trasporti e turismo,  si leccano i baffi  in vista del potenziale turistico dell’Isola e della capacità di consumo di cui beneficerà la créme della società partorita dalle riforme. Un ricordo personale: in un docufilm – El Camino del sol – di molti anni fa, denunciai la presenza di necrogeni tetti d’amianto su migliaia di case contadine. Da un ministro mi fu assicurato che si trattava anche di una forte preoccupazione delle autorità preposte e che si sarebbe rimediato. A oggi la situazione non è cambiata, a dispetto di un’isola fatta di argilla e che potrebbe produrre tegole e mattoni a milionate.
L’arrivo di Monsanto eTotal, di McDonald’s e Coca Cola, di Wall Mart e Goldman Sachs, l’invasione di milioni di turisti Usa dal portafoglio ansioso di svuotarsi su divertimenti e consumi di lusso, saranno la panacea che ridarà benessere a un popolo deprivato da mezzo secolo di assedio esterno, di burocrazia inefficiente e di corruzione? Visto che di “rinnovamento del socialismo” si parla, quale è la teoria che, nel presente, modifica e aggiorna il socialismo del suo fondatore scientifico? Quali sono gli obiettivi voluti, quali quelli possibili, compatibili con il progresso del popolo, con autodeterminazione e sovranità?  Quale sarà il destino delle prodigiose Istruzione e Sanità che avevano sollevato la società cubana al livello più avanzato sul piano intellettuale e della salute?. La Chiesa, con il primate di Cuba, Jaime Ortega, padrino “spirituale” delle trasformazioni, ha già avanzato le consuete rivendicazioni su insegnamento, cura, associazione e comunicazione. Strumenti per obliterare quanto rimane di una coscienza rivoluzionaria e di classe. Risentiranno della concorrenza, oltre che i templi ora sempre affollati dei Testimoni di Jehova o degli Avventisti del 7° giorno, anche le scuole, università, ospedali, gratuiti di Stato?
Non siamo profeti e geopoliticamente capiamo quel che capiamo. Ma qualcosa vediamo. Il flirt con i papi e con l’Obama “onesto” si svolge sullo sfondo di un mondo in controtendenza. C’è un’America  Latina che, al suo vertice a Panama del mese scorso, all’unanimità ha isolato gli Usa e gli ha ributtato in faccia il decreto obamiano con cui al Venezuela veniva annunciata la guerra, sulla base della definizione “di grave ed imminente pericolo alla Sicurezza degli Stati Uniti”. Questo, dopo che da oltre un anno contro il Venezuela bolivariano vengono scatenati i terroristi dell’estrema destra (43 morti), sicari della vecchia élite detronizzata da Chavez.  Alle pressanti destabilizzazioni che Obama ha accentuato nei paesi delle riforme sociali e dell’antimperialismo, hanno risposto con le mobilitazioni diplomatiche e di massa Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Uruguay, Argentina (colpita dall’infame accusa di Bergoglio di narcotraffico. Mica la Colombia, il Perù, il Messico…). Su questa aggressione, che ha avuto i capitoli più eclatanti nei colpi di Stato in Honduras e Paraguay e che vede nei paesi subalterni moltiplicarsi vuoi basi e militari Usa, vuoi  processi neoliberisti, nulla dice il Papa, nulla hanno mai detto i papi.
Ma l’Obama soft (c’è sempre, ai vertici politici o ecclesiali una funzionale successione di tipi hard e tipi soft (questi ultimi più feroci, astuti e infinitamente più pericolosi) ha un raggio d’azione più ampio rispetto al solo continente latinoamericano. Mentre Raul concorda l’apertura delle ambasciate, l’imminente fine dell’embargo, l’esclusione dalla lista dei paesi terroristi (Guantanamo??), e garantisce cancelli spalancati a manipolatori di terre, acque, aria, risorse, cervelli,  “l’onesto” Obama si dà a fare in giro. Se ne possono trarre ampie rassicurazioni su come si evolverà il rapporto tra la massima potenza economica e militare mondiale e un’isola, a dispetto del proprio grande popolo, in ginocchio.
 C’era una volta…
Obama ha moltiplicato, o direttamente, o con surrogati importati, le guerre di Bush: quella afghana prolungata a tempo indeterminato, Libia distrutta, Siria massacrata, Iraq squartato, Pakistan,Yemen e Somalia bombardati, Ucraina destabilizzata e spaccata in funzione dell’aggressione alla Russia, armamentario nucleare ammodernato, forze speciali del Pentagono e della Cia in decine di paesi. In più l’uso planetario del terrorismo e delle operazioni False Flag. E’ a questo uomo “onesto” perché di “umili origini” (tutt’altro, madre Cia), si può dare fiducia, dando in pegno il proprio paese e popolo?
Noi, che abbiamo militato per la rivoluzione cubana, restiamo fedeli all’impegno di solidarietà con il popolo di Cuba, non necessariamente con i suoi governi.  Nel giorno dei salamelecchi al papa che farà tornare cattolico il presidente cubano, Fidel ha scritto un articolo intitolato “Nuestro derecho a ser Marxistas-Leninistas”.  C’è la frase qui sotto. Troppo poco troppo tardi?
 
“I 27 milioni di sovietici che morirono nella Grande Guerra Patriottica lo fecero anche per l’umanità e per il diritto di pensare ed essere socialisti, marxisti-leninisti, comunisti e di uscire dalla preistoria”. (Fidel Castro, 11 maggio 2015)
Ahmadinejad e Chavez
 
Le carte iraniane
Entro la fine di giugno si dovrà siglare l’accordo nucleare di Ginevra tra l’Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. Ma le linee fondamentali del “compromesso” sono note e consolidate. E si sa che fine fanno i “compromessi” con il più grande Stato Canaglia della storia. In cambio di un “eventuale” alleggerimento delle sanzioni genocide, da anni inflitte al popolo iraniano, Tehran dovrà eliminare il 90% della sua infrastruttura nucleare. Quella che al paese è costata circa 200 miliardi di dollari e l’assassinio, per mano dei terroristi MEK al soldo di Washington, dei suoi cinque migliori scienziati nucleari.
Tutti i pilastri dell’industria nucleare verranno demoliti o de-installati, a costi altissimi, compresi quelli per la costruzione di depositi di scorie. L’arricchimento al 20% dell’uranio, insufficiente per qualsiasi ordigno atomico, ma indispensabile a fini sanitari ed energetici, verrà ridotto al 3,67%, con il quale si fa al massimo un po’ di ricerca teorica. Due terzi delle 19.000 centrifughe saranno smantellate. Si potranno usare, a Natanz, solo 5.060 centrifughe della vecchia generazione. L’Iran dovrà distruggere il reattore ad acqua pesante di Arak e convertirlo ad acqua leggera. Il materiale esausto dovrà essere portato fuori dal paese. Non saranno consentiti ricerca e sviluppo su tali materiali. L’arricchimento così limitato dovrà essere confezionato a Natanz. Sede, diversamente dalla centrale di Fordow, esposta ai bombardamenti, mentre quelle sotterranee, impenetrabili ai missili, saranno convertite.
L’Iran, per arrivare a questo accordo preliminare, ha bypassato il Majlis, il parlamento.e ha provocato massicce manifestazioni di protesta a Tehran, capeggiate dal sindaco Ghalibal con gli studenti delle università, nelle maggiori città e nei media. Tutto il settore politico e sociale che si riconosceva nel precedente presidente, laico, Ahmadinejad, sconfitto alle elezioni dalle divisioni interne al campo antimperialista e delle classi lavoratrici (in Occidente rinominato “conservatore” e “radicale”), si è sollevato contro un cedimento che, invece, ha avuto il consenso dei maggiorenti del sistema: Ali Khamenei, guida suprema, Hassan Rouhani, ayatollah premier, espressione della borghesia liberista già mazzolata dal predecessore, il ministro degli Esteri Zarif. Silenzio dei Guardiani della Rivoluzione.
Spot. Un’ideuzza di quale fosse l’Iran con Ahmadinejad  e i “radicali” al potere, di come vivessero la gente, le donne, i giovani, gli artisti, di quali fossero gli attentati imperialisti alla società e quale la resistenza degli iraniani, si può ricavare dal docufilm “TARGET Iran” (vedi www.fulviogrimaldicontroblog.info)
Tardiva e retorica è suonata la minaccia di Khamenei che l’Iran non avrebbe adempiuto all’accordo (in parte già concretizzato) se non dopo l’immediata e totale abolizione delle sanzioni. Abolizione, del resto, resa di attualità e interesse anche per parecchi Stati occidentali – al di là della furia genocida dei nazisionisti e dei sociopatici Saud traballanti sul trono – che si sono scoperti fortemente danneggiati dalla perdita di quel mercato e di quelle materie prime.
L’accordo di Ginevra, imposto a un paese che ha firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, che non ha mai inteso produrre armi nucleari (anzi, vennero colpite da una fatwa di Khomeini) e da anni propone un Medioriente denuclearizzato (comprese le 400 bombe del belluino Israele!), è il risultato di una quasi quarantennale campagna di satanizzazione dell’Iran e dei suoi governi, condotta dall’Occidente  e dalla tutt’altro che innaturale alleanza Israele-satrapie del Golfo. Fa il paio con un’altra impresa coloniale: l’accordo del 1919 firmato dal re Ahmad Shah e dal ministro britannico Lord Curzon, intesa a incorporare la Persia nell’impero britannico. I promotori iraniani dell’accordo, primo ministro e due membri del gabinetto, risultarono collezionisti di tangenti britanniche. L’Iran divenne un protettorato militare ed economico del Regno Unito, sebbene il parlamento, come oggi, non avesse mai approvato il trattato. A volte, nella storia, le tragedie si ripropongono come tragedie, non sempre come farsa. Un elemento farsa traspare solo dall’imputazione all’Iran di velleità nucleari armate, mossa da chi sapeva perfettamente che era infondata , ma finalizzata a bloccare il generale ammodernamento tecnologico e industriale di  una potenza regionale che metteva a rischio l’egemonia e la stabilità dei regimi reazionari e militaristi dell’area.
 
Hard e Soft
Se poi si pensa a Cuba, dove 50 anni di embargo e di attentati terroristici non hanno guadagnato agli Usa che quattro scalzacani dissidenti, si vede come risulti inane, ottusa e retrograda, oltreché pericolosa per tutti, la strategia hard di Israele e della bella compagnia di califfi con cui, in questo momento, tenta di radere al suolo lo Yemen (ma Huthi e yemeniti impegnati per la libertà avanzano e attaccano anche su territorio saudita). Se l’Iran è oggi il motore, quanto meno ideale, della resistenza araba in Iraq, Siria, Libano, Gaza,Yemen; se si trattava del paese più tecnologicamente, economicamente e militarmente progredito dell’area; se era una componente non indifferente di un fronte mondiale riunito intorno a Russia, Cina, BRICS, gran parte del Sud; se costituiva una barriera di difficile abbattimento nella marcia verso la Russia e l’Asia centrale ex-sovietica, con il sistema hard storicamente fallito, era d’uopo passare al metodo soft. Quello del presidente nero e del Francesco venuto da  lontano e che dice buonasera.
Prima, con la rivoluzione colorata del 2009, fallita clamorosamente, poi con sanzioni e diplomazia: moine, ricatti, corruzione della dirigenza.  Insomma, portare l’Iran dalla “nostra parte”, con le cattive travestite da buone. Isolare Russia e Cina. Frantumare la mezzaluna scita, più antimperialista che scita. In Iraq e Siria la lotta contro l’invasore Isis, mercenariato Usa-Golfo che l’Alleanza occidentale finge di bombardare (mentre inconfutabili testimonianze mostrano, anche in video, che le “bombe” sono rifornimenti di armi e vettovaglie), vede sempre più uniti sciti e sunniti. In Siria da sempre e vi si aggiungono i cristiani. Tutto questo appariva l’opzione necessaria una volta constatato, dopo mille tentativi, che le martellate sui denti degli iraniani non provocavano che il consumo del martello.
L’Iran ha carte di riserva? Ha soluzioni B in tasca? L’Iran di Ahmadinejad, degli studenti di Tehran, delle classi non privilegiate, impegnato con gli Hezbollah, la Siria, l’Iraq, lo Yemen, Gaza, amico di Cina e Russia, ci riserverà qualche sorpresa? L’accordo sul nucleare con l’Associazione a delinquere dei tecnonazisti d’Occidente (che a Kiev ormai si rappresentano come tali celebrando la “resistenza nazista al bolscevismo”, in Italia danno l’olio di ricino alla Costituzione, nel Golfo e a Tel Aviv stanno come stanno) non conforta una simile prospettiva. Ma, non si sa mai.
 
Blair, vicerè UE in Serbia
Per non farci mancare niente, aggiungo altri due episodi deprimenti di uno sceneggiato messo in scena dalla Cupola. In Serbia, proiettata verso un’Europa che scricchiola da tutte le parti e, dunque, verso la Nato (già sono arrivati i “consiglieri” Usa, già la Serbia partecipa a manovre congiunte), è stato nominato consigliere del primo ministro Alexander Vucic, l’ex-premier britannico e criminale di guerra Tony Blair, il losco serial killer che scatenò l’inferno sull’Iraq con il pretesto che Saddam poteva polverizzare Londra in 45 minuti e che si era fatto le ossa bombardando, con il compare D’Alema, la Serbia nel 1999. Altri regimi cui Blair presta esperienza e consigli sono democrazie come il Kuwait, il Ruanda, l’Albania e l’Azerbajan. Mentre sono i peggiori tabloid scandalistici, fautori delle sue imprese scellerate, come La Repubblica, che ne ospitano gli spurghi editoriali. I guadagni di Blair, che già nel 2011 ammontavano a 20 milioni di sterline, sono a carico della famiglia governante gli Emirati Arabi Uniti. Gli stessi che, con i sovrani vicini, mandarono armi, fondi e miliziani alla quinta colonna bosniaca e kosovara.
Chi ha vissuto con i serbi del 1999 e seguenti, dall’assalto occidentale all’ultimo baluardo di una Jugoslavia unita e socialista, alla miracolosa ricostruzione nel giro di 2 anni (anche della Zastava-automobili, per mano degli operai, ora decimati e marchionnizzati), fino al colpo di Stato Cia, assistito dai sorosiani di Otpor, si chiede dove sia finito quel popolo fiero, irriducibile, che ho visto sfidare gli F15 e 16 spediti dalla cosca di assassini da Aviano. Sui ponti del Danubio, sui piazzali della Zastava, nelle stazioni ferroviarie, nelle piazze dei paesi, con le magliette “Target” sul petto, offrivano cantando l’inno nazionale un beffardo ed eroico bersaglio ai codardi terminator al sicuro in alto. Ressero per lunghi anni, i serbi, nel rifiuto della fagocitazione euro atlantica. Poi pare che si sia spento tutto. E contro il genocida Blair, che si sappia, si è levata solo qualche voce in parlamento. Forse i popoli hanno limitate riserve di energia. Forse dopo un grande sforzo collettivo, c’è il down collettivo. Vedi l’Italia dopo il Rinascimento, dopo il Risorgimento, dopo le lotte operaie e contadine del dopo-1919, dopo la vittoria partigiana, dopo il ’68-’77…
 
Grecia, carta perde
Potrei chiudere con Tsipras e con il povero Varufakis, commissionato con due guardie del corpo estratti dalla componente liberista, dopodiché tale ridimensionamento era stato reso opportuno per mostrarsi in sintonia con i capobastone burocratici che lo avevano definito ragazzaccio incompetente. Vabbè, Tsipras ha riassunto i dipendenti della Tv di Stato e le straordinarie donne delle pulizie del ministero. Ma più paghi debito e più ti tocca indebitarti. Una spirale alla cui fine pende un cappio. Così pianificavano i Rothschild  fin dal ‘700. Ma le privatizzazioni sono passate, servizi, aeroporti, porti, infrastrutture. Pare la devastazione dei beni pubblici operata negli anni ’90, sotto ferula Soros, da Ciampi, Amato, Dini, Draghi, Prodi. Tra le conseguenze programmate: interramento della sinistra e nascita del Partito Unico della destra capitalista e sub-imperialista. Fino al climax, con Renzi. Se la vedranno brutta coloro che hanno creduto in Tsipras (e i loro epigoni attaccati allo strascico di Madame Spinelli). Difficilmente l’avrebbero vista più brutta, se il rifiuto del debito, costruito ad arte da mandanti esterni ed esecutori interni, l’uscita dall’ Euro, una non meramente propagandistica richiesta di risarcimenti di guerra alla Germania, li avesse portati fuori dalla portata degli antropofagi. Prima che questi  disperdessero nel mare di madre Teti e di padre Poseidone i brandelli di una Grecia che più nome non ha.
 
Siria al V anno di resistenza
 
Una parola di zolfo sulla Siria, innescata da questo tweet con foto dell’ineffabile boss di Human Rights Watch, quel Mario Appelius angloassone-israeliano (*) che, a volte, tira la giacchetta ai qualche brutalone tra i militi di Obama o Netaniahu e, sempre, mette fuoco a tutte le jallabieh, i turbanti e i colbacchi che non siano indossati da satrapi amici. La straziante scena di distruzione raffigurata nell’immagine è una chiavica: è detta di Aleppo bombardata con bombe-barili del demoniaco Assad, “uccisore del proprio popolo” (così Gheddafi, Milosevic, Saddam). L’operazione e tracotante, volgare e soprattutto stupida. Perché non c’è voluto niente per scoprire che quella foto si riferisce a Gaza dopo l’operazione israeliana “Margine di Sicurezza”. Città disintegrate insieme ai corpi di quasi 2.500 palestinesi.
 
*Appelius, giornalista e turiferario delle peggiori nefandezze belliche, coloniali e interne del fascismo
Alla notizia ferale della conquista jihadista, con relativi massacri e fosse comuni, di idlib al confine turco, risponde quella della riconquista del circondario intorno a Idlib da parte delle truppe patriottiche; alla caduta di alcuni centri a Sud verso la Giordania, segue la riconquista di tutto il Qalamun, la zona tra Siria, Golan e Libano, già in parte co-amministrata da Al Nusra ed esercito israeliano. Il rilancio in questi giorni di una nuova virulenta campagna statunitense e jihadista  di accuse al governo nazionale di aver fatto ricorso ad armi chimiche, proiettili al cloro, cozza contro l’evidenza di analoghe passate spostamenti delle responsabilità dagli autori Al Nusra ai governativi. E anche contro il dimostrato uso di armi al cloro da parte dell’Isis in Iraq. Si direbbe un clamore inteso a depistare dalle notizie di fonte sicura, ed anche ammessa, dell’arrivo di  contingenti di militari Usa  sia in Ucraina, sia in Giordania e Turchia, per l’addestramento al terrorismo contro le libere repubbliche del Donbass, contro Siria e Iraq, di nuove ondate di mercenari sollecitati da Europa, Medioriente e Asia. E anche i turchi starebbero per intervenire direttamente, in collusione con il nuovo monarca dei Saud, Salman, subito rivelatosi molto più rabbioso e bellicoso del tentennante predecessore Abdallah, che a Obama piaccia o non piaccia. Parrebbe, qui, che prevalga il metodo hard.
Aspettando Putin, ultimamente visto nella Mosca del 70° della vittoria sul nazifascismo, in una Russia  consapevole della sua rinascita dal collasso e dalla svendita del fiduciario Usa Eltsin. Una Russia determinata a contrastare i rigurgiti nazisti. Quelli emergenti da varie parti, istigati e legittimati dagli sponsor occidentali, contro i quali la Russia ha proposto una risoluzione ONU,  che le “democrazie” occidentali, padrine dei Renzi e dei Poroshenko, dei califfi e dei battaglioni Azov, hanno respinto. Cosa volete di più.
Pubblicato da alle ore 08:49

ABSOLUTE EXPLOITATION OF MAN BY MAN DECRYPTED: SLAVERY, A UNIVERSAL ABOMINATION…

Luc MICHEL . net/ With Eburnie News – PCN-SPO / 2015 05 11 /

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

http://www.lucmichel.net/

LM.NET - LM esclavage décrypté (2015 05 11) ENGL (1)

Many of you are wondering why the clash which I opposed a panelist on the plateau of the PAN-AFRICAN DEBATE of AFRIQUE MEDIA TV this Sunday, after my intervention on the DAY OF SLAVERY ABOLITIONS on 10 May in France where I greeted the memory of Robespierre (first abolition in 1794) and Victor Schoelcher (2nd abolition of 1848) …

 I do not write to be popular. But for an adult audience, in Eurasia, Africa or the Americas, able to think and understand. Who has learned to go beyond the “totems of the tribe” as Arthur Koestler said. I do what I say and I say what I do. On slavery as all subjects …

 Slavery is not a racial conflict, Blacks against Whites, this is the worst form of exploitation of man by man. It is with torture and genocide one of the three abominations which humanity – White, Black (1), Yellow – has dared to be guilty. An abomination which involved ALL civilizations from ancient times to the present day (slavery being still practiced in an insidious and concealed way in too many countries, including the reactionary monarchies of the Gulf, the “Caliphate” and other jihadist “emirates”…).

 LM.NET - LM esclavage decrypte (2015 05 11) FR (1)

Until that the CIVILIZATION OF LIGHTS (2), which is universal and universalist, leads to a political, ideological and not national Revolution, the one of Jacobinism. The one of Robespierre and the first Paris Commune, from 1792 to 1794, which is also the matrix of modern revolutionary parties, of Blanqui and Mazzini to Lenin and our PCN-NCP (3). Which will proclaim and impose in practice the equality of the human race, full citizenship of Blacks and Jews, the Abolition of Slavery …

 And the Europeans have also paid the price of blood. The word “slave” comes from “Slav” (forgotten by Afrocentrists), population massively taken into slavery (razzia) between the 6th and the 19th century by the Eastern empires, including the one of the Ottomans.

 The Randomness wants that this day a friend Website, the one of EBURNIE NEWS (Ivory Coast) publishes an article on Trafficking of Whites in the Mediterranean. Based on the authoritative book of historian Robert C. Davis (4).

Here what this African website writes: “People totally ignore: in the sixteenth century, the white slaves plundered by the Muslims were more than the Africans deported to the Americas. The American historian Robert C. Davis explains the difficult living conditions of these Italian or Spanish captives (…) For Italy, “eye of Christianity” was undoubtedly between the sixteenth and eighteenth century, the region most affected by the raids of Barbary pirates, or North Africans. Villages were affected there, activities (such as fishing) impeded, minds and societies permanently shaken. The Mediterranean becoming “sea of ​​fear”, many Italians would then abandoned coastal and moved farther inland. About long-term effects of these raids, the author goes to speak of “social and psychological disaster” – a question that should probably deserve more expanded studies (…) Considering at about 15% the mortality rate of slaves already more or less acclimated to their new condition, he evaluates between one million and 1,250,000 the number of white slaves held, between 1530 and 1780, in a territory stretching from current Algeria to Libya. In the sixteenth century, so there were more white slaves annually raided than Africans deported to the Americas. “

 LM.NET - LM esclavage decrypte (2015 05 11) FR (3)

We see that slavery led everywhere and at all times to the same disaster and to the same human misery. In Italy or Africa! Slavery, whatever be the victims and slavers, is an abomination. And as the great Robespierre proclaimed on May 13, 1791, in his “Discourse against slavery” and the infamous “Black Code” of the ancien regime, “From the moment that in one of your decrees, you will have pronounced the word slave, you will have delivered your own disgrace and the overthrow of your Constitution. “

 # Read (in French):

The White Slavery in the Mediterranean (1500-1800): Christian Slaves, Muslim Masters.

On http://eburnienews.net/lesclavage-blanc-en-mediterranee-1500-1800-esclaves-chretiens-maitres-musulmans/

Luc MICHEL

 (1) Cfr. Alain Mabanckou, LE SANGLOT DE L’HOMME NOIR, Ed. Fayard, 2012.

The Congolese writer Alain Mabanckou, recalls truths hidden by supporters of Afrocentrism and tackles great taboo of contemporary Africa on slavery and the Black trade: “The Black trade is a disgrace to the humanity. A crime against humanity. Whether by Europeans through the Atlantic. Or Arabs, through the Sahara or Zanzibar. Yet it would be inaccurate to say that the White captured alone the Black to enslave him. The part of responsibility of the Blacks in the Black slave trade remains a taboo among Africans, who usually refuse to look in a mirror. “

 The Congolese writer who lives between France and the United States, where he is a professor, is not the first to point out the African responsibility in the horror of trafficking. The Malian Yambo Ouologuen in his book LE DEVOIR DE VIOLENCE (THE DUTY OF VIOLENCE), had revisited in 1968 the African history, stressing that “the horrors of slavery existed in Africa long before the arrival of Whites.” And Mabanckou is in line with himself, even taking up the title of his book “the duty to remember” in an essential chapter of his own book. “But today, in France and in Africa, who knows Ouologuen? Who still reads him ?

The director of the cultural heritage of the Senegalese Ministry of Culture Hamady Bocoum, during a round table in 2007 in Goree, had already asked “why trafficking was set in Africa and lasted so long, why Africa has failed to hold up well? “. Before giving an answer: “When a people is defeated, there are necessarily collaborators”.

 (2) Cfr.Yves Benot, LES LUMIERES, L’ESCLAVAGE, LA COLONISATION, textes réunis et présentés par Roland Desné et Marcel Dorigny, Paris, Éditions la Découverte, 2005.

 (3) Cfr. Luc MICHEL, LE PARTI HISTORIQUE REVOLUTIONNAIRE (Machiavelisme, Jacobinisme, Leninisme, Communautarisme), 2e édition, Editions Machiavel, Bruxelles, 1991.

(4) Cfr. Robert C. Davis, CHRISTIAN SLAVES, MUSLIM MASTERS. WHITE SLAVERY IN THE MEDITERRANEAN , THE BARBARY COAST AND , 1500-1800, Basingstoke , Palgrave Macmillan, 2003.

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Luc MICHEL /

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