Torino, 1 maggio di lotta: il PD, contestato, sfila tra fischi e polizia

Venerdì 01 Maggio 2015 13:34

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Il 1 maggio di lotta, a Torino, si è aperto fin dalla mattina: prima di convergere sull’appuntamento No Expo di Milano, infatti, per la piazza torinese era stato lanciato il consueto appuntamento per lo spezzone sociale all’interno del corteo della festa dei lavoratori.

Dalle 9 centinaia di persone tra studenti, giovani, lavoratori e precari hanno iniziato a radunarsi dietro lo striscione che recitava “La Torino che lotta non ha paura: contro grandi opere e mega eventi”. Poco più avanti uno sguarnito spezzone del Partito Democratico, che nei giorni scorsi lanciava patetici appelli dalle pagine dei quotidiani locali e, memore delle sonore contestazioni ricevute negli ultimi anni, chiedeva ai sindacati di proteggerli durante il corteo del 1 maggio. Ricevuto il rifiuto persino dei sindacati, com’era prevedibile il PD si è ritrovato ancora una volta a sfilare protetto dagli unici ancora disposti a difendere la loro vergognosa presenza in quella piazza: i caschi e gli scudi della polizia.

Fin dalla mattina, infatti, gli esponenti del Partito Democratico locale si sono posizionati all’interno del corteo ben protetti da decine e decine di celerini, riproponendo l’indegno spettacolo già andato in scena negli ultimi anni. Spiccava, tra le altre, l’assenza del sindaco Piero Fassino, che all’ultimo ha addotto “altri impegni” e ha scansato l’ennesima figuraccia pubblica.

La massiccia presenza della polizia non ha però impedito le contestazioni: già all’altezza di via Po, infatti, lo spezzone sociale ha raggiunto lo sparuto gruppo di piddini, dando vita a una dura contestazione con fischi e cori di “vergogna”, mentre i celerini nervosi si muovevano in maniera scomposta all’interno del corteo cercando di tenere il PD e le sue bandiere al riparo della protesta. Molte le persone che lungo il percorso sono andate a ingrossare le file dello spezzone sociale (che contava a quel punto più di un migliaio di manifestanti), così come quelle che ne hanno applaudito il passaggio unendosi al coro di “Via, via, PD e polizia!”.

La pioggia di fischi si è protratta fino a piazza San Carlo, punto di arrivo della manifestazione. Qui lo spezzone sociale si è conquistato metro per metro l’ingresso in piazza, con la polizia che è indietreggiata lasciando finalmente il corteo. Poco dopo moltissime persone si sono dirette verso i bus per raggiungere l’appuntamento No Expo di Milano.

La giornata di oggi ha confermato anche quest’anno che a Torino c’è una parte di città che non si rassegna a una silenziosa sfilata, nè a tollerare nella stessa piazza la presenza del Partito Democratico, responsabile della disastrosa amministrazione cittadina degli ultimi 5 anni così come delle politiche di impoverimento, devastazione dei territori e precarizzazione a livello nazionale. Il colpo d’occhio rivelava ancora una volta il contrasto tra uno spezzone sociale composito, determinato e partecipato composto da chi lotta ogni giorno e il desolante spettacolo del Partito Democratico costretto invece a sfilare a testa bassa tra i fischi e i cordoni della celere.

 Le immagini dell’ingresso dello spezzone sociale in piazza San Carlo:

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Milano, studenti in piazza contro Expo e lavoro gratuito

Giovedì 30 Aprile 2015 12:55

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aggiornamento ore 18: apprendiamo dai compagni e dalle compagne milanesi che da questa mattina proseguono le provocazioni e le operazioni repressive da parte della Questura, che tenta di innalzare la tensione in vista del corteo di domani.

Nella tarda mattinata, durante il corteo degli studenti, è stata sgomberata una casa occupata, mentre poco fa la polizia è intervenuta nel quartiere Prealpi con perquisizioni e identificazioni in diversi spazi occupati, tra cui Radio Cane. Alla resistenza dei solidali accorsi nella zona sono seguite manganellate della celere, mentre al momento si contano diverse persone fermate, compagni denunciati e una compagna a cui è stato convalidato l’arresto con l’accusa di resistenza.

Alle provocazioni e ai tentativi di criminalizzazione della Questura, Milano si prepara a rispondere con serenità e determinazione con la MayDay di domani. Arianna libera,#civediamoil1maggio!

***

Dopo il corteo antifascista di ieri sera che ha dato il via alle cinque giornate di lotta di Milano, questa mattina il protagonismo è passato agli studenti delle scuole superiori, che per oggi avevano lanciato un corteo studentesco contro il grande evento milanese a partire dalla campagna #IoNonLavoroGratisPerExpo.

Fin dalla prima mattinata ci sono stati picchetti davanti alle scuole e cortei spontanei che si sono poi mossi dai vari istituti della città per raggiungere il concentramento in piazza Cairoli. Qui, prima della partenza del corteo, sono stati calati diversi striscioni: “La città è degli studenti, non di Expo!” dal monumento della piazza e “Grande evento = grande bufala” dalle impalcature del vicino Expo Gate. Sull’asfalto sono invece state lasciate grosse scritte a vernice che rilanciavano sulla manifestazione di domani, 1 maggio.

Intorno alle 11 il corteo, composto da circa 2000 studenti, ha mosso i suoi primi passi attraverso le vie del centro di Milano. Lungo il percorso i manifestanti hanno sanzionato e segnalato con scritte e lanci di vernice diverse sedi di sponsor e partner di Expo 2015, tra i quali Enel e l’agenzia Interninale Manpower, che in questi mesi si è occupata del reclutamento dei volontari e dei lavoratori per il grande evento. Qui ci sono stati alcuni momenti di tensione quando la polizia è avanzata velocemente in direzione del corteo minacciando di caricare ma la manifestazione ha ripreso il suo percorso verso Gioia. Qui il corteo si è concluso intorno alle 14.30 con un’assemblea sotto il grattacielo di Expo, simbolo della speculazione e della devastazione che hanno accompagnato in questi mesi la preparazione della vetrina milanese.

La giornata studentesca di oggi ha portato in piazza l’opposizione al modello Expo che, in un paese che sconta una disoccupazione giovanile superiore al 43%, ripropone esclusivamente lavoro gratuito, precarietà e sfruttamento. Ma è stata anche l’occasione per rilanciare sulla May Day No Expo di domani e rispedire al mittente il clima e i bollettini di allarmismo che media nazionali e Questura milanese alimentano da giorni per tentare di scoraggiare e criminalizzare la mobilitazione del 1 maggio, agitando spauracchi ormai triti e ritriti e tentando di intimidire la partecipazione con sgomberi e ridicole operazioni preventive.

Qui nessuno arretra, appuntamento domani alle ore 14 in piazza XXIV Maggio!

La trattativa Stato-black bloc

 – Dom, 03/05/2015 – 13:36
La verità non la sapremo mai. Perché in questi casi la verità può essere indicibile. C’è stata una trattativa tra Stato e black-bloc per evitare che una tragedia macchiasse in modo indelebile Expo 2015, pregiudicandone il successo? In altre parole: lo Stato ha permesso che una banda di delinquenti mettesse a ferro e fuoco un quartiere di Milano ottenendo in cambio che nessuno si facesse davvero male e che la cosa finisse lì? È molto probabile, direi praticamente certo, riavvolgendo il film degli scontri di venerdì pomeriggio.

Per capirci meglio: le forze dell’ordine eseguono gli ordini alla lettera. Se la disposizione è di menarle di santa ragione loro menano, se l’ordine è di prenderle loro le prendono. Se c’è da arrestarne cento, cento saranno. Se per salvare la faccia basta ammanettarne cinque – dico cinque, come è accaduto venerdì – i primi cinque pirla finiscono in questura e lì finisce. Morale: il ministro degli Interni fa la figura dell’incapace – cosa che gli riesce bene a prescindere – ma salva il posto. Regione e Comune si affrettano a dire che pagheranno i danni a cittadini e commercianti che hanno subito danni: quarantotto ore di bailamme e di sdegno su giornali e tv e poi è tutto dimenticato. Ma soprattutto l’Expo è salvo e, scommetto, per i prossimi sei mesi nulla più accadrà di sconveniente o grave, almeno su questo fronte.

Tecnicamente tutto questo si chiama «ragione di Stato», cioè tutelare un presunto interesse superiore.

Non è un male assoluto, è che questo Stato ha abbassato di molto l’asticella della «ragione». La sindrome G8 di Genova, con tutto quello che ne è derivato, ha indebolito i concetti di diritto e di difesa. Guai se un no global finisce all’ospedale dopo che la polizia italiana è stata bollata come «torturatrice» dalla Corte europea. Meglio rischiare che la testa se la spacchi un poliziotto o un cittadino. Passi per incapace ma non per fascista. Non condivido, ovviamente, ma siamo purtroppo in pochi a pensarla così. Che almeno Alfano, il capo della polizia e il governo che trattano con dei delinquenti abbiano il pudore di non licenziare un poliziotto, Fabio Tortosa (padre di due bambini), che su Internet ha manifestato il suo orgoglio di essere poliziotto e non torturatore. Occhio che dalla ragione di Stato alla vigliaccata di Stato il passo è breve.

Milano, i riot che asfaltano il movimento

http://ilmanifesto.info/milano-i-riot-che-asfaltano-il-movimento/

 manifesto

—  Luca Fazio, MILANO, 1.5.2015

MayDay 2015. Trentamila persone in corteo e la città a ferro e fuoco. Il blocco nero prende la piazza, la polizia reagisce con intelligenza ed evita il contatto. Per i No Expo l’esposizione universale è cominciata nel peggiore dei modi


Milano, May Day 1 maggio 2015 © Ansa – Daniel Dal Zennaro

Le fiamme si sono appena spente, c’è ancora tanto fumo per le strade di Milano. A freddo, una volta dato sfogo al pre­ve­di­bile sde­gno, qual­cuno dovrà pur avere il corag­gio di ammet­tere una cosa piut­to­sto sem­plice, che ovvia­mente non nasconde il pro­blema, anzi, ne pone più di uno: è andata esat­ta­mente come doveva andare. Lo sape­vano tutti, era pre­vi­sto da mesi. Non è stata una festa la May­Day 2015 e forse il peg­gio deve ancora acca­dere. In que­sto momento ci sta pure la reto­rica della “Milano ferita”, però sarebbe più utile cer­care di abboz­zare qual­che ragionamento.

I fatti sono noti, è stata la mani­fe­sta­zione più spiata e foto­gra­fata degli ultimi anni. Una parte del cen­tro sto­rico di Milano, quella intorno a piaz­zale Cadorna — era pre­vi­sto anche quello — è stata attac­cata con una furia che non si era mai vista. Auto­mo­bili date alla fiamme, fine­strini man­dati in fran­tumi con una rab­bia dispe­rata al limite dell’autolesionismo, lanci di bot­ti­glie con­tro la poli­zia, vetrine infrante, accenni di bar­ri­cate, negozi sfa­sciati. Silen­zio assor­dante, rumori di cose che si spac­cano, nuvole di lacri­mo­geni e adre­na­lina che sale quando poli­ziotti e cara­bi­nieri si inner­vo­si­scono e sem­brano dav­vero inten­zio­nati a fare sul serio.

La con­fu­sione è tanta, ci sono stati fermi ma non è chiaro quanti, si dice una decina di ragazzi. Ci sareb­bero undici feriti tra gli agenti.

Lo spet­ta­colo è deso­lante, sem­brano imma­gini di un film girato in un altro paese, e ne sono stati già fatti di ragio­na­menti sulla rab­bia cieca di chi si limita a spac­care tutto per cer­care di resi­stere in qual­che modo in un con­te­sto dove è facile sen­tirsi tagliati fuori. A vent’anni soprattutto.

Sono delin­quenti? Può darsi, poi si sfi­lano l’impermeabile col cap­puc­cio — per terra ce ne sono decine — e hanno facce da ragaz­zini qua­lun­que. Sono vio­lenti? Sicu­ra­mente, vio­lenti che si acca­ni­scono sulle cose e non sulle per­sone. Lo scon­tro con la poli­zia è solo mimato, vir­tuale come un video­gioco: viste le forze in campo gli incap­puc­ciati non potreb­bero nep­pure pen­sare di avvi­ci­narsi. La loro vio­lenza è anche stu­pida e vigliacca. Un’auto inu­til­mente spac­cata, mica tutte Fer­rari, signi­fica una per­sona col­pita alle spalle e con l’aggravante della casua­lità. Anche i “black bloc” hanno una mac­china par­cheg­giata da qual­che parte.

A pro­po­sito. Qual­che com­men­ta­tore poco razio­nale, non l’editorialista di Liberoo de il Gior­nale, a caldo ha detto che la poli­zia ha lasciato fare e che dovrà rispon­dere della gestione della piazza.

Molto sem­pli­ce­mente, invece, la poli­zia ha agito con grande fred­dezza e intelligenza.

Non c’è stato alcun con­tatto con i mani­fe­stanti. Non si è fatto male nes­suno. Ci sono decine di auto­mo­bili sfa­sciate e pro­ba­bil­mente un conto salato da pagare per tutti quei gruppi orga­niz­zati che invece sono stati almeno capaci di “por­tare a casa” un cor­teo deter­mi­nato. Molto nume­rosi, almeno tren­ta­mila, a tratti anche felici di esserci. Per nulla spa­ven­tati, tan­to­meno sor­presi, per quello che stava acca­dendo nelle retrovie.

La poli­zia poteva evi­tare lo “sfre­gio alla città”? Forse sì, se il mini­stro degli Interni avesse deciso di rispol­ve­rare il metodo Genova e dare la cac­cia ai ragaz­zini che si sono masche­rati da blocco nero. Adesso che (forse) è tutto finito si può azzar­dare la domanda: sarebbe forse stato meglio se ci fosse scap­pato il morto? Anche quello era pre­vi­sto che non dovesse acca­dere, e meno male.

Ange­lino Alfano, almeno oggi, non si deve dimet­tere, le regole di ingag­gio erano que­ste, la poli­zia non voleva il con­tatto con il blocco nero.

A pro­po­sito. Ana­li­sti e die­tro­logi se ne fac­ciano una ragione. I cosid­detti “black bloc” non ven­gono da Marte, non si sono “infil­trati” nel cor­teo e non sono nem­meno al soldo della spec­tre. Ci sono, sono un pro­blema e biso­gnerà tenerne conto. Eranonel cor­teo, den­tro, nem­meno in fondo. Gli spez­zoni della mani­fe­sta­zione hanno dovuto gio­co­forza tol­le­rarli e cer­care di tute­lare il cor­teo da una rea­zione della poli­zia che a un certo punto sem­brava scontata.

La May­Day era con­tro il blocco nero? Que­sto movi­mento, que­sta piazza, che è pur sem­pre il mas­simo che oggi si possa espri­mere, non ne aveva la forza. Né mili­tare, né poli­tica. Que­sto è un limite.

Ecco per­ché que­sto primo mag­gio è “poli­ti­ca­mente” disastroso.

Un’altra nota, non mar­gi­nale. Quella di ieri, al netto di tutti i dispo­si­tivi di pro­te­zione che il cor­teo stesso ha messo in atto, era una piazza peri­co­losa. Eppure lì den­tro hanno tro­vato posto ragaz­zini e ragaz­zine smar­riti alla prima mani­fe­sta­zione, per­sone asso­lu­ta­mente non vio­lente, decine di bande musi­cali che hanno con­ti­nuato a suo­nare a festa. Si sono viste anche le solite vec­chie volpi con la coda tra le gambe che non par­lano più la stessa lin­gua delle piazze. Ma è come se incon­scia­mente ci si stesse abi­tuando a con­si­de­rare che ormai è nelle cose aspet­tarsi un con­flitto sem­pre più aspro e con accenti dispe­rati, senza obiet­tivi e tan­to­meno prospettive.

Banal­mente: que­sta stessa piazza, dieci anni fa, sareb­bero state due. I cat­tivi die­tro a pren­derle, gli altri davanti con le loro buone ragioni.

Gli “altri”, adesso, devono fare i conti con la realtà.

D’ora in poi, come gover­nare la piazza, ammesso che ci siano altre occa­sioni altret­tanto impor­tanti, diven­terà un pro­blema quasi insor­mon­ta­bile. Per­ché la gior­nata di ieri signi­fica che nes­suno a Milano, e anche altrove, ha più l’autorevolezza di poter deci­dere come si deve stare in un corteo.

Que­sto è un pro­blema poli­tico: a poste­riori, è chiaro che non si può accet­tare con leg­ge­rezza la con­vi­venza con chi ha come uno unico obiet­tivo quello di spac­care tutto e basta.

Quanto al futuro, pos­siamo dire che sull’opportunità di cedere fette di sovra­nità a chi non vive e non lotta in que­sta città (e che certo non ne pagherà le con­se­guenze) è bene aprire un dibat­tito una volta tanto sincero.

I ragazzi e le ragazze del “blocco nero” si sono sfi­lati le felpe e sono a casa che si godono lo spet­ta­colo dell’informazione main­stream, hanno vinto.

Qui a Milano, a lec­carsi le ferite, rimane un movi­mento che rischia di essere asfal­tato per i pros­simi anni a venire. La poli­zia, che oggi è sotto botta, potrebbe anche deci­dere che il limite è stato supe­rato. Que­sta mat­tina le “auto­rità” si guar­de­ranno negli occhi durante una seduta straor­di­na­ria del Comi­tato per l’ordine e la sicurezza.

E qui a Milano è già comin­ciata una cam­pa­gna elet­to­rale che, anche alla luce di quello che è suc­cesso, non pro­mette nulla di buono. L’Expo ha ancora sei mesi di vita, i No Expo hanno comin­ciato nel peg­giore dei modi.

PORTOFERRAIO: FAMIGLIE ELBANE IN DIFFICOLTÀ, 50 PASTI GIORNALIERI ALLA MENSA DEI POVE

 Agi: due pensioni su tre sotto i 750 euro. Per chi ha la fortuna di percepirle sono DA FAME comunque. La stragrande maggioranza (13% di disoccupati + 37% e rotti di inattivi che sono pur sempre disoccupati) non solo non le avrà le pensioni, MA NEMMENO UN LAVORO con il quale mantenersi, tanto meno UN REDDITO DI CITTADINANZA senza dimenticare gli 8 SUICIDI AL GIORNO e mi dovrei indignare per una vetrina rotta a Milano?!?!?!!?!?!?!!?!??!?!?!!? Devo sentire parlare di violenza dei manifestanti anti expo?!?!!? O dei poveri polizziotti che per difendere chi AFFAMA IL POPOLO hanno uno stipendio garantito che chi sfascia le vetrine NON VEDRA’ MAI???
 
1 maggio 2015
 
Una media di una cinquantina di pasti caldi al giorno alla mensa della Carità della Sghinghetta. Con punte, però, che superano anche i novanta ospiti. «È difficile quantificare l’affluenza giornaliera – dice don Gianni Mariani, fondatore del punto di ristoro per i bisognosi – Anche perché da noi non funziona la prenotazione, ma chi è nei pressi della nostra parrocchia a San Giuseppe a mezzogiorno si ferma volentieri da noi a consumare un pasto». Un primo caldo, un secondo con contorno e frutta, giusto per tirare avanti una giornata. Chi sono i frequentatori? Chi è disoccupato. Chi non ha fissa dimora. Chi è pensionato e ha un basso reddito. Chi è anziano. Non solo. La parrocchia ospita attualmente quattro migranti provenienti dall’Africa che cercano di guadagnare due soldi facendo i commercianti ambulanti. Per loro che hanno lasciato i loro paesi nella speranza di avere qui da noi un futuro diverso ecco che la parrocchia offre un ambiente dignitoso. È la Caritas parrocchiale che al momento si è mossa per fronteggiare l’emergenza. Insomma, alla Sghinghetta c’è una porta aperta per i bisognosi che non vengono solo da Portoferraio e località limitrofe, ma dagli altri comuni isolani. In questo modo, la sala monsignor Vivaldo ha tutta l’aria per diventare un centro di aggregazione per i bisognosi, per i poveri che cercano un momento di conforto, ma soprattutto un pasto caldo. Ma come si muovono dagli altri paesi dell’Elba i poveri per affluire alla Sghinghetta, così dai Comuni arrivano anche i volontari. Sono persone (sono sette che ogni giorno si danno il cambio con gli altri) che senza chiedere niente in cambio vogliono rendersi utili a chi è in ristrettezze e servono a tavola. «Noi non saremmo in grado di mettere in piedi nessuna mensa – aggiunge ancora il parroco di Carpani – se non avessimo il contributo delle aziende locali e di alcuni benefattori».
In primo luogo sono i grandi magazzini della distribuzione di generi alimentari. Da San Giuseppe i volontari al momento dell’apertura dei supermercati raggiungono gli stessi e si fanno consegnare i prodotti che sono prossimi alla scadenza, cioè quelli che sono rimossi dagli scaffali e che sarebbero altrimenti destinati al macero. Gli addetti di San Giuseppe li raccolgono e portano il tutto in parrocchia dove il magazziniere e la cuoca li smisteranno e le destineranno secondo l’uso più opportuno. E la prossima mossa sarà quella di recarsi, con inizio della stagione turistica, nei ristoranti per ritirare le portate non consumate dalla clientela per metterle a disposizione dei frequentatori la mensa di Carpani. «Lasciamo che le nostre azioni – conclude don Gianni Mariani – siano giudicate dai poveri. Sono loro che dovranno approvare il nostro operato. Il futuro della nostra comunità si basa su come ci stiamo impegnando nel presente».

Pensioni: Inps, due assegni su 3 sono inferiori a 750 euro

per chi ha la fortuna di percepirle sono DA FAME comunque. La stragrande maggioranza (13% di disoccupati  + 37% e rotti di inattivi che sono pur sempre disoccupati) non solo non le avrà le pensioni, MA NEMMENO UN LAVORO con il quale mantenersi, tanto meno UN REDDITO DI CITTADINANZA senza dimenticare gli 8 SUICIDI AL GIORNO  e mi dovrei indignare per una vetrina rotta a Milano?!?!?!!?!?!?!!?!??!?!?!!? Devo sentire parlare di violenza dei manifestanti anti expo?!?!!? O dei poveri polizziotti che per difendere chi AFFAMA IL POPOLO hanno uno stipendio garantito che chi sfascia le vetrine NON VEDRA’ MAI???
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15:30 30 APR 2015
 
(AGI) – Roma, 30 apr. – Il 64,3% delle pensioni ha un importo inferiore a 750 euro. Lo rende noto l’Inps nel comunicato sui dati delle pensioni nel 2015. Per gli uomini la percentuale di prestazioni con importo inferiore a 750 e’ del 45,2%, mentre per le donne e’ del 78,2%. Delle 11.595.308 pensioni con importo inferiore a 750 euro, 5.322.007 (il 45,9%) beneficiano di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi, quali integrazione al trattamento minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidita’ civile.
L’eta’ media dei pensionati e’ 73,6 anni, con una differenziazione per genere di piu’ di 4 anni (71 per gli uomini e 75,4 per le donne). Per la categoria Vecchiaia, spiega l’Inps, il 22,3% delle pensioni e’ erogato a soggetti di eta’ compresa tra 65 e 69 anni. Il 47,1% dei titolari di sesso maschile delle pensioni di invalidita’ previdenziale ha un’eta’ compresa tra 50 e 69 anni, mentre le donne hanno per il 61,1% un’eta’ superiore o uguale a 80 anni.
   Per quanto riguarda l’invalidita’ civile, il 53,3% dei titolari di sesso maschile ha un’eta’ inferiore a 60 anni; percentuale che scende al 31% per le donne, che invece presentano una concentrazione molto alta nelle eta’ avanzate (47% per eta’ uguali o superiori a 80 anni).
   Da segnalare l’aumento dell’eta’ di pensionamento nel periodo 2009-2015, sia per le pensioni di vecchiaia sia per quelle di anzianita’. Per le prime, il dato piu’ significativo riguarda le donne, con una differenza di 2,9 anni (si passa infatti da un’eta’ media alla decorrenza di 61,3 anni nel 2009 ai 64,2 anni del 2015). Piu’ contenuto l’aumento per gli uomini, che passano dai 65,7 anni del 2009 ai 66,4 del 2015, con una differenza di 0,7 anni. La differenza di eta’ per la pensione di anzianita’ e’ invece di 1,1 anni per gli uomini (che passano dai 59,4 anni del 2009 ai 60,5 del 2015) e di 0,8 anni per le donne (59,1 anni nel 2009 e 59,9 anni nel 2015).
L’Inps rende anche noto che aumenta l’importo medio mensile delle pensioni: “risulta in costante crescita” passando da 780,14 euro nel 2012 a 825,06 euro nel 2015. “Cio’ e’ dovuto essenzialmente agli effetti della perequazione automatica delle pensioni e all’effetto sostituzione delle pensioni eliminate con le nuove liquidate che presentano mediamente importi maggiori, anche in relazione alle recenti riforme pensionistiche cha hanno aumentato i requisiti di accesso per il pensionamento”, dice l’istituto. (AGI) .