Quel fumo acre e le bottiglie lacrimogene, quarta udienza processo compressore

Quarta udienza processo ai 4 notav accusati di terrorismo, quel fumo acre e le bottiglie lacrimogene…..
I testimoni odierni sono stati per lo più dipendenti delle varie aziende della Venaus S.c.a.r.l. che di quella notte hanno raccontato cosa ricordano, chi con più precisione, chi con meno memoria. Poiché operanti e agenti saranno sentiti ancora nelle udienze del 14 e del 16 luglio ci riserviamo di pubblicare i resoconti integrali il 17 luglio, per il momento quindi tentiamo di fare una breve sintesi, riportando alcuni passaggi significativi. Non vogliono essere ripresi, come la maggior parte degli agenti che depongono nell’ultima parte dell’udienza.

Tanto fumo, dentro e fuori, fuoco e fiamme (quest’ultime all’esterno della galleria, proprio all’imbocco), fumo che entrava dalla bocchetta di ventilazione, descritto come qualcosa che “bruciava naso e gola, penso lacrimogeni, un fumo acre che pizzicava pure, mai sentito, prima volta che l’ho sentito, non saprei dire qual era l’origine, magari fumo di batterie” spiega Longu Stefano, carpentiere, dipendente presso la Martina da due anni. Aggiunge che si accorge che qualcuno è entrato nel cantiere, ma li vede da lontano, vede il capo cantiere che cerca di spegnere il compressore che ha preso fuoco ma “non c’è stato niente da fare”, a quel punto “ha chiamato il numero per le emergenze ma non rispondeva nessuno”.

Domande tendenziose che tendono a suggerire le risposte vengono fatte anche al teste Pietro Curcio, al quale il PM chiede chiaramente “E l’areazione? Prendeva fuoco l’areazione?” ed il minatore, dipendente da due anni della Venaus S.c.a.r.l. risponde che dall’areazione entrava fumo e spiega di aver preso l’estintore nel punto di sicurezza cercando di “spegnere la ventilazione, perché la prima cosa da fare era mettere in salvo la squadra”; “Senza quel tipo di intervento cosa sarebbe accaduto nella galleria?” incalza il PM Padalino, ma c’è opposizione alla domanda, si chiedono valutazioni. Ricorda anche altri oggetti, “bottiglie… che mettono dentro della benzina”, “Si chiamano molotov”, precisa il Presidente. Così, a scanso di equivoci.

Il fumo bruciava gli occhi, questo lo dicono più testi, ma c’è qualche discordanza sul seguito della nottata, chi racconta di aver terminato il lavoro all’interno del tunnel e chi, invece, dice che qualcuno rimasto fuori avendo detto “io non vado più dentro”.

Un teste originario del Marocco. El Asham, operaio della Geomont, ci tiene a precisare che “erano due Geomont, una è fallita, l’altra si è aperta”, e lui lavora da quando si è aperta la nuova Geomont, “il 26 marzo 2011″. Vedeva fiamme che “dal cielo scendevano per terra”.
Segue qui: http://www.tgmaddalena.it/quel-fumo-acre-e-le-bottiglie-con-lacrimogeni-quarta-udienza-processo-per-terrorismo-30-giugno-2014/

Simonetta Zandiri – TGMaddalena.it
Quel fumo acre e le bottiglie lacrimogene, quarta udienza processo compressoreultima modifica: 2014-07-01T23:42:15+02:00da davi-luciano
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