La NATO fa le valige, la Turchia sull’orlo di una crisi di nervi

Posted By Luca Martinelli On 5 novembre 2012 di Thierry Meyssan

L’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC [1]) ha iniziato in Kazakhstan, l’8 ottobre, le manovre denominate «Fratellanza inviolabile» («????????? ????????»). Lo scenario consiste nel dispiegamento di una forza di pace in un paese immaginario in cui operano jihadisti internazionali e organizzazioni terroristiche sullo sfondo di divisioni etno-confessionali.

Il corpo diplomatico accreditato, che è stato invitato a partecipare all’esercitazione, ha ascoltato con attenzione il discorso di apertura del Segretario Generale aggiunto dell’Organizzazione. Questi ha chiaramente indicato che l’OTSC si prepara a intervenire, se necessario, nel Grande Medio Oriente. E per quelli che fanno orecchie da mercante, Nikolai Bordyuzha ha precisato che il suo vice non stava parlando di Afghanistan.

La Dichiarazione di Ginevra, negoziata da Kofi Annan il 30 giugno, prevede il dispiegamento di una forza di pace qualora il governo siriano e l’opposizione lo richiedano entrambi. L’Esercito siriano libero ha respinto questo accordo. Il termine «opposizione» designa quindi solo quei partiti politici che si sono a un certo punto riuniti, a Damasco, sotto l’egida degli ambasciatori di Russia e Cina. Poiché l’accordo di Ginevra è stato approvato dal Consiglio di Sicurezza, il dispiegamento dei «chapka blu» può essere attuato senza una risoluzione ad hoc. Valery Semerikov ha precisato che quattromila uomini sono ormai già assegnati alla forza di pace, mentre altri 46mila sono formati e possono essere mobilitati rapidamente come rinforzo.

In questo contesto, i segni del ritiro occidentale dalla Siria si moltiplicano. Il flusso di armi e combattenti occidentali si è interrotto, mentre continuano unicamente i trasferimenti finanziati dall’Arabia Saudita e dal Qatar.

Cosa assai più sorprendente: per sei volte di seguito, il comando NATO di I.ncirlik ha dato ai jihadisti istruzioni affinché si raggruppassero in zone particolari per prepararsi a vaste offensive. Ora, se l’Esercito arabo siriano, concepito per affrontare l’esercito israeliano, risulta inadatto alla guerriglia, è al contrario efficacissimo nei combattimenti convenzionali. E pertanto, ogni volta, ha circondato e annientato gli elementi raccolti dall’Esercito siriano libero. Si poteva pensare la prima volta a un errore tattico, la seconda alla testardaggine di un generale incompetente, ma – alla sesta volta – occorre considerare un’altra ipotesi ancora: la NATO consegna volontariamente questi combattenti alla morte.

Contrariamente alla percezione comune, la motivazione dei jihadisti non è – a ben definirla – ideologica o religiosa, bensì estetica. Non intendono morire per una causa e si disinteressano peraltro del destino di Gerusalemme. Essi abbracciano una posizione romantica e cercano di esacerbare le loro sensazioni sia attraverso le droghe sia nella morte. Il loro comportamento li rende facili da manipolare: cercano situazioni estreme, dove li si mette e gli si guida il braccio.

Nel corso degli ultimi anni, il principe Bandar bin Sultan era diventato il grande architetto di questi gruppuscoli, compresa Al-Qa’ida. Li inquadrava con predicatori che promettevano loro un paradiso in cui 70 vergini avrebbero loro offerto piaceri parossistici, non tanto se raggiungevano un obiettivo militare determinato o uno scopo politico, ma solo se se morivano da martiri laddove Bandar ne aveva bisogno.

Tuttavia, il principe Bandar è scomparso dalla scena dopo l’attacco che ha subito lo scorso 26 luglio. Probabilmente è morto. Dal Marocco allo Xinjiang, i jihadisti sono lasciati a se stessi, senza alcun coordinamento. Essi possono essere messi al servizio di chiunque, come ha dimostrato il recente caso dell’assassinio dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia. Di conseguenza, Washington ora vuole sbarazzarsi di questa truppa diventata ingombrante e pericolosa, o almeno limitarne il numero. La NATO dà ordini ai jihadisti affinché si espongano al fuoco dell’esercito arabo siriano che li elimina in massa.

Inoltre, la polizia francese ha ucciso il 6 ottobre un salafita francese che aveva commesso un attacco contro un negozio ebraico. Le perquisizioni successive hanno indicato che apparteneva a una rete che comprendeva individui partiti per fare il jihad in Siria. La polizia britannica ha fatto una scoperta simile quattro giorni più tardi.

Il messaggio di Parigi e Londra è che i francesi e i britannici morti in Siria non erano agenti in missione segreta, ma fanatici che agivano di propria iniziativa. Questo è evidentemente falso in quanto alcuni di questi jihadisti disponevano di apparecchiature per le comunicazioni con gli standard della NATO, fornite da Francia e Regno Unito. In ogni caso, queste messe in scena segnano la fine del coinvolgimento franco-britannico a fianco dell’Esercito siriano libero, mentre Damasco riconsegna in tutta discrezione dei prigionieri. Si volta pagina.

Per questo motivo, si capisce la frustrazione della Turchia e delle monarchie wahabite che, su richiesta dell’Alleanza si sono spese senza riserve nella guerra segreta, ma dovranno farsi carico solo del fallimento dell’operazione. Giocando il tutto per tutto, Ankara si è lanciata in una serie di provocazioni per evitare che la NATO si defili. Tutto fa brodo, dal posizionamento di pezzi di artiglieria turchi in territorio siriano fino alla pirateria di un aereo civile. Ma questi gesti sono controproducenti.

Così, l’aereo della Syrian Air proveniente da Mosca che è stato dirottato dai caccia turchi non conteneva alcuna arma, ma solo dei dispositivi elettronici di protezione civile destinati a rilevare la presenza di alte cariche esplosive. In effetti, la Turchia non ha voluto impedire alla Russia di fornire materiale destinato a proteggere i civili siriani dal terrorismo, bensì ha cercato di aumentare la tensione maltrattando i passeggeri russi e impedendo al loro ambasciatore di assisterli. Fatica sprecata: la NATO non ha reagito alle accuse immaginarie proferite da Recep Tayyip Erdog(an. Come unica conseguenza, il presidente Putin ha cancellato sine die la sua visita prevista ad Ankara il 15 ottobre.

Il cammino verso la pace è ancora lungo. Ma se anche la Turchia oggi, o le monarchie wahabite domani, cercassero di prolungare la guerra, il processo è in corso. La NATO fa le valige e i media a poco a poco volgono la loro attenzione verso altri cieli.

http://www.stampalibera.com/?p=54056

Camusso entusiasta del programma dei banchieri capitanati da Monti

e questa difenderebbe i deboli? E dell’iva? Le parole per la sviolinata sull’Irpef la trova e sul resto? Fortuna che le donne son meglio dell’uomo per “default”.

La Camusso: «Bene il governo sull’Irpef»

05 novembre 2012 videoservizio di Alberto Maria Vedova

Genova – Con le modifiche alla Legge di Stabilità , «credo che il governo abbia agito nel senso giusto», ha detto Susanna Camusso, leader della Cgil, durante la visita di questa mattina nel capoluogo ligure.

Ancora: «Come abbiamo detto sin dall’inizio, l’aumento dell’Iva, sommato alle detrazioni Irpef, avrebbe determinato per lavoratori e pensionati, e in particolare per le fasce più deboli, un grande problema di aumento del costo della vita e di difficoltà».

La Camusso ha affrontato anche la delicata questione della detassazione delle tredicesime: «Gli studi che nei giorni scorsi ha fatto anche la Cgia di Mestre dicono che avremo un “peso” sulle tredicesime che andrebbe evitato. Torniamo all’idea che si faccia una seria detassazione sulle tredicesime, ma intantola Legge di Stabilità si è incanalata meglio di come è partita».

La Camusso: «Bene il governo sull’Irpef» La leader della Cgil nel capoluogo ligure: «Le scuse di Berlusconi? Chissà dove saremmo, col suo programma…»

Dalla Camusso, anche una battuta sulle “scuse” di Silvio Berlusconi agli italiani per non essere riuscito a realizzare il suo programma a causa della crisi: «Ho visto una vignetta che diceva che se Berlusconi avesse realizzato il suo programma, chissà dove saremmo. Mi pare la risposta giusta».

La Camusso era a Genova per l’elezione del nuovo segretario ligure della Cgil: alla fine è stato nominato il 41enne spezzino Federico Vesigna, che ha ottenuto 64 voti su 91 votanti e sostituisce Renzo Miroglio.

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/11/05/APxKHEsD-governo_camusso_irpef.shtml

Perchè non vuoi il cambiamento in Siria?

Posted by maurizio spezia on nov 5, 2012 

– di Ouday Ramadan – 

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria non ho mai visto nessuno cibarsi dai cassonetti della spazzatura.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria non ho mai visto un funerale del più illustre sconosciuto che non avesse almeno 1000 persone dietro.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria ho visto il più umile dei lavoratori riuscire a mandare 10 figli a scuola ed oggi sono il medico, l’ingegnere, l’ufficiale, l’operaio, l’impiegato etc. etc.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria non ho mai visto sfrattare nessuno dalla propria casa in affitto.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: La mia Siria l’ho girata per lungo e per largo con i mezzi pubblici con meno di 5 euro.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria nessuno studente, dalle scuole dell’infanzia fino agli alti studi universitari, paga un centesimo per acquistare i libri di testo.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria ogni siriano ha diritto a 1000 litri di gasolio all’anno per riscaldarsi.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria non si paga un centesimo per curarsi ed il Governo non ti trattiene il 50% della tua busta paga oppure del tuo reddito.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria un kg di pane ha il prezzo di 7 centesimi.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria il figlio dell’industriale e quello dell’operaio si vestono uguale a scuola. In barba ai Calvin Klein, Benetton e cretinate simili.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria è garantito il diritto di culto pure a Tex Willer.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria non vedrò mai un McDonald’s

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria invece di pagare l’impresa funebre per trasportare la salma di un defunto, chi viene a darti le condoglianze ti porta anche la solidarietà in soldi.

Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?

  • Rispondo: Nella mia Siria se ti dovesse capitare di avere la febbre a 38 gradi, troveresti 50 persone disposte a coprirti e procurarti i medicinali.”

Fonte: Comitato Italia Siria

Gaza, soldati israeliani crivellano disabile; poi impediscono i soccorsi

Mondo | 5 novembre 2012

Se le autorità militari israeliane non avessero ostacolato i soccorsi, il giovane disabile potrebbe essere ancora vivo – MaanImages/File

Si era avvicinato troppo alla recinzione che separa l’enclave di Gaza con Israele e l’esercito ha aperto il fuoco. Ahmad al-Nabahin, un disabile di venti anni, è stato crivellato di proiettili nella notte tra domenica e lunedì. Lo riporta Reuters.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha confermato l’avvenuta sparatoria, aggiungendo che i soldati hanno aperto il fuoco perché, nell’oscurità della notte, l’individuo – che era disarmato – non aveva obbedito all’ordine di lasciare la zona cuscinetto. Aggiungendo che l’intenzione dei militari era quella di spaventare lo sconosciuto.

La vittima, secondo fonti mediche, era un disabile con gravi problemi mentali. I dottori palestinesi – che hanno dovuto aspettare sei ore prima di ricevere il permesso per prelevare il ragazzo dalla zona vicino al campo rifugiati di al-Bureij – temono che la vittima sia deceduta per delle ferite che, se curate in tempo, non sarebbero state fatali.

Il portavoce dell’esercito israeliano, stando a quanto riportato da Ma’an, ha dichiarato di non avere informazioni circa l’effettiva condizione della vittima e che ulteriori dettagli verranno rilasciati appena possibile.

I 10 PEGGIORI ALIMENTI DA EVITARE

i 10 peggiori alimenti da evitareEcco qui i 10 peggiori alimenti da evitare:

ho selezionato i peggiori tra quelli di uso più comune, in modo che tutti possano fare delle considerazioni sulla loro dieta! Naturalmente ne esistono molti altri, forse anche peggiori, ma confido che tu già li conosca ;-) 
 

I 10 peggiori alimenti da evitare

1.                              DADO: Il dado così tanto acclamato e utilizzato riesce a dare sapore a ciò che non ha sapore, riesce a migliorare notevolmente il gusto delle pietanze… Peccato però che contenga glutammato monosodico, un additivo che può causare anche il cancro! Attenzione anche ai dadi che riportano scritto sulla confezione “Senza glutammato“ 

2.                              CHEWINGUM E CARAMELLE VARIE: Si tratta di qualcosa che viene consumato ogni giorno, più volte al giorno. Se è la dose che fa il veleno  in questo caso è davvero facile superare la dose… I Chewingum e le caramelle contengono, nella quasi totalità dei casi, dolcificanti nocivi come l’aspartame e l’acesulfame-k veri killer per il tuo organismo! Alcune mentine sono addirittura prodotte utilizzando solo ed esclusivamente additivi chimici! 

Leggi l’etichetta prima di consumare questi prodotti e prendi in considerazione l’idea di eliminarli dalla tua dieta oggi stesso…

3.                              WURSTEL e MORTADELLA:  Si tratta di alimenti realizzati con carne macinata finissima, impossibile da riconoscere… Un’ottima occasione per utilizzare la carne di più infimo livello, carne che nessuno comprerebbe se la potesse vedere per quella che è! Se proprio vuoi consumare dei salumi acquista del prosciutto crudo, controllando per bene che negli ingredienti non siano presenti nitriti e nitrati ( causano il cancro..)

4.                              SOTTILETTE E FORMAGGINI:  vale lo stesso discorso fatto per i wurstel, le sottilette e i formaggini sono composti da miscele di formaggi non fermentati a sufficienza, o invendibili, o avariati che vengono fusi tutti assieme e resi morbidi spesso grazie all’utilizzo dei pericolosi polifosfati. Questo tipo di alimenti è qualcosa di marcio dall’inizio alla fine, dalle materie prime agli additivi utilizzati per renderle mangiabili. 

La presenza nella lista degli ingredienti di Citrato di sodio (E331) indica l’utilizzo di prodotti ottenuti da scarti di lavorazione i quali vengono composti chimicamente proprio grazie a questo additivo!

Di certo non un buon alimento per il tuo bambino!
 

5.                              CAFFÈ: il caffè acidifica il sangue, sovverte la digestione, causa emicranie! Il caffè inoltre dà assuefazione: è come una droga! Caffè un piacere o una droga?

6.                              PANE BIANCO: Sì, il pane bianco rientra in questa lista! Il pane è un alimento che viene consumato quotidianamente ed è quindi importante che sia di qualità. Il pane bianco è realizzato con farina bianca, la farina bianca è stata privata della crusca e del germe di grano ( la parte più importante  e nutriente del grano..), la farina bianca forma una colla che si attacca alle pareti dell’intestino limitando così l’assorbimento delle sostanze nutritive…

L’alternativa è quindi il pane integrale, stando attenti però ai pericoli del pane integrale!

 

7.                              COCA-COLA: Questa bevanda è costituita principalmente da zucchero, acidifica il sangue, impedisce l’assorbimento di calcio e magnesio con conseguente possibilità di causare osteoporosi! Coca-cola, 1000 usi, l’importante è non berla!

8.                              PASTA CON IL RAGU: In apparenza un piatto ricco e salutare ha svariati problemi. 

Il primo è costituito dalla pasta che solitamente viene consumata bianca quindi priva del germe di grano ( la parte più nutriente del grano…) e potenzialmente in grado di creare “colla” all’interno dell’intestino che a lungo andare impedisce sempre più l’assorbimento delle sostanze nel tratto digestivo.


Il secondo problema è costituito dal ragù di carne: la carne che acquistiamo oggi al supermercato è ricca di tossine, farmaci, antibiotici. Questo a causa degli allevamenti intensivi dai quali proviene questa carne, gli animali vengono allevati in condizioni pietose, esposti a numerose malattie. I capi di bestiame vengano trattati praticamente ininterrottamente con farmaci e antibiotici, i mangimi sono pessimi, derivati da scarti e diverse schifezze. Carne bianca è davvero migliore di quella rossa?.


Infine il  terzo problema è l’abbinamento proteine-carboidrati praticamente in egual misura. Questo porta l’organismo in confusione, lo stomaco non riesce a digerire bene ne l’uno nè l’altro con conseguente digestione lenta e scarsa assimilazione dei nutrienti!

 

9.                              PATATINE AL FORMAGGIO, ALLA PIZZA ETC.: Questo tipo di patatine spesso non sono meno composte da patate (o ne contengono solo una piccola percentuale..) tutto il resto è schifo! Il sapore di formaggio o di pizza viene dato grazie all’utilizzo di aromi appositi sulla cui sicurezza nessuno metterebbe la mano sul fuoco, in quanto non esistono studi approfonditi che ne consacrino l’assoluta sicurezza, soprattutto per quanto riguarda le interazioni tra i diversi aromi e i diversi additivi chimici utilizzati!
 

10.                          ZUCCHERO BIANCO: Questo non dovrebbe comparire in questa lista in quanto non è nemmeno un alimento: nel 1957 il Dr. William Coda Martin lo classificò come veleno in quanto non apporta nessuna sostanza utile all’organismo e addirittura brucia parte delle sostanze presenti: da un consumo abituale infatti non ne deriva un rafforzamento, bensì un indebolimento dell’organismo e delle sue difese nei confronti delle malattie!

L’industria alimentare sforna ogni giorno nuovi alimenti, ci prende per la gola e ci invoglia ad acquistare promettendoci di farci risparmiare tempo… La maggioranza degli alimenti che trovi al supermercato contiene un inganno, a chi vende non importa la tua salute…



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Farmaci che non funzionano: un moderno scandalo medico.

DI BEN GOLDACRE

guardian.co.uk

 

I medici che prescrivono i farmaci non sanno di non fare quello che dovrebbero fare; lo stesso vale per i pazienti. Le case farmaceutiche, invece, sanno bene quello che fanno, ma non lo dicono. I farmaci sono testati da chi li produce nel corso di prove poco significative, eseguite su un esiguo numero di ‘strani’ pazienti poco rappresentativi, e analizzati con tecniche mal progettate, al punto che finiscono con l’esagerarne i benefici. E’ chiaro che queste prove finiscono con il favorire i produttori. Quando poi i test mostrano risultati sgraditi alle aziende farmaceutiche, queste hanno tutto il diritto di nasconderli ai medici ed ai pazienti: abbiamo quindi un’immagine distorta degli effetti dei farmaci. 

 

Gli organismi di controllo hanno accesso a gran parte dei dati dei test effettuati (anche se non a tutti), eppure queste informazioni non vengono rese pubbliche a medici e pazienti, o ad altri enti pubblici governativi. Il risultato: prove distorte comunicate ed applicate in modo distorto. 

 

Nel 2010, alcuni ricercatori di Harvard e Toronto trovarono tutti i test relativi a cinque importanti classi di farmaci: antidepressivi, per l’ulcera, ecc. – e presero in considerazione due dati fondamentali: erano positivi? Erano finanziati dalle industrie? 

 

In totale esaminarono 500 test: l’85% delle prove finanziate dalle industrie risultavano positive, contro solo il 50% nel caso di test finanziati dal governo. Nel 2007, i ricercatori esaminarono tutti i test relativi a una statina. Questo tipo di farmaco, destinato ad abbassare il colesterolo, riduce il rischio di attacchi cardiaci e viene normalmente prescritto in grandi quantità. 

Questo studio esaminò 192 test, sia attraverso il confronto tra diverse statine, sia confrontando una statina con un altro tipo di cura. Si scoprì che le prove finanziate dalle industrie avevano venti volte la probabilità di dare esiti positivi rispetto a test diversamente finanziati. 

 

Com’è possibile questo? Come mai i test sponsorizzati dalle case farmaceutiche quasi sempre conducono a risultato positivi? A volte i test contengono in sé difetti di progettazione. O puoi confrontare il nuovo farmaco con un vecchio farmaco di cui già si conosce l’inefficacia – un farmaco già esistente somministrato a dosi inadeguate, forse, o un placebo che non fa assolutamente niente. Si possono poi scegliere i pazienti molto attentamente, puntando su quelli che già si sa che guariranno prima. Si può dare un’occhiata ai risultati a metà delle prove e fermare il test non appena si notino risultati positivi, senza completare tutto l’iter. Tutti questi trucchi e sotterfugi metodologici non sono che un insulto all’integrità delle informazioni. A volte le case farmaceutiche effettuano un gran numero di test, ma poi, quando si accorgono che i risultati non sono soddisfacenti, si guardano bene dal pubblicarli. 

 

Dopo questo episodio, il MHRA e l’Unione Europea hanno modificato parte della legislazione in vigore, anche se non in modo adeguato. Hanno introdotto l’obbligo per le società di presentare i dati di sicurezza nell’utilizzo dei farmaci al di fuori delle loro autorizzazioni di commercializzazione; ma, cosa alquanto ridicola, i test effettuati al di fuori dell’Unione Europea, erano esenti da tale obbligo. Alcuni dei test condotti da GSK furono pubblicati parzialmente, ma questo, comunque, non basta: se vediamo solo un campione parziale di dati, sappiamo già che saremo sviati nelle nostre conclusioni. Abbiamo bisogno di tutti i dati per la semplice ragione che abbiamo bisogno di un gran numero di dati: le avvertenze spesso sono blande, sottili e difficili da interpretare. Nel caso della paroxitina, i pericoli nel suo utilizzo divennero chiari solo dopo che tutti i risultati di tutti i test condotti furono analizzati e confrontati. 

 

Questo ci conduce al secondo ovvio difetto dell’attuale sistema: i risultati di questi test sono presentati segretamente ai regolatori, che si siedono e prendono una decisione con calma. Questo è l’opposto della scienza, che è affidabile solo perché tutti mostrano i risultati del loro lavoro, spiegano perché sono convinti che una cosa sia efficace e sicura, condividono i loro metodi e risultati e permettono ad altri di decidere se siano o meno d’accordo sul modo in cui i dati sono stati elaborati ed analizzati. E invece oggi permettiamo che la decisione sulla sicurezza e l’efficacia dei farmaci venga presa a porte chiuse, perché le società farmaceutiche hanno deciso di rivelare in modo discreto i risultati dei loro test solo ai regolatori. In questo modo, il lavoro più importante della medicina fondata su prove certe, viene svolto in modo occulto. E i regolatori, inoltre, non sono infallibili, e questo lo vedremo tra poco. 

 

Le informazioni mancanti avvelenano “l’acqua di tutti”. Se non si eseguono tutte le prove necessarie, se si occultano i test che hanno dato esiti negativi, non saremo mai a conoscenza dei veri effetti delle medicine che prendiamo. Le prove, in campo medico, non sono semplicemente un astratto prurito accademico. Quando ci vengono date delle informazioni sbagliate, prendiamo le decisioni sbagliate, causando danni e sofferenze non necessarie, e anche la morte, a gente come noi.

 

Questa è una situazione talmente vergognosa e nascosta che anche il tentativo di documentarla pubblicamente diventa un’impresa quasi impossibile. Nel 2006 fu pubblicato un documento nel Journal of the American Medical Association (JAMA), uno dei più importanti giornali medici del mondo, che spiegava quanto era normale per i ricercatori che eseguivano i test finanziati dalle industrie rispettare il divieto di pubblicarne i risultati. Lo studio era stato condotto dal Nordic Cochrane Centre e presentava tutti i test che erano stati approvati a Copenhagen e a Frederiksberg. (Se ci domandiamo il perché della scelta di queste due città, si tratta di una ragione puramente pratica: i ricercatori chiesero il permesso in altri luoghi ma nel Regno Unito, in particolare, gli fu negato). 

 

Questi test erano palesemente sponsorizzati dall’industria farmaceutica (98%) e le regole che disciplinavano la gestione dei risultati raccontavano di una vicenda oramai familiare a metà strada tra l’assurdo e lo spaventoso. 

 

Per 16 dei 44 test, l’industria sponsor potevano accedere ai risultati a mano a mano che si accumulavano, ed in altri 16 test l’industria in questione aveva il diritto di interrompere le prove in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione. Questo significa che una compagnia farmaceutica può accorgersi subito se un test si sta rivelando contrario e può interferire liberamente durante l’iter, distorcendone i risultati. Anche se lo studio veniva completato, se ne potevano liberamente occultare i risultati: erano applicati divieti di pubblicazione dei risultati in 40 test su 44, e in metà di questi 40 i contratti indicavano chiaramente che lo sponsor possedeva i diritti sui dati risultanti (e i pazienti allora? Verrebbe da chiedersi) e poteva dare o meno l’approvazione per la loro definitiva pubblicazione, o entrambe le due cose insieme. Queste restrizioni non erano per niente indicate nei documenti pubblicati. 

 

Quando fu resa nota questa situazione nel JAMA, la LIF, l’associazione farmaceutica danese, rispose annunciando, nel Giornale dell’Associazione Medica Danese, di sentirsi “colpita e sdegnata per le critiche mosse”, che respingeva in modo assoluto. Fu chiesta un’indagine tra i ricercatori, senza però indicare da parte di chi e per che cosa. La LIF poi scrisse alla Commissione Danese sulle Scorrettezze Scientifiche, accusando i ricercatori del Cochrane di cattiva condotta scientifica. Non possiamo leggere questa lettera, ma i ricercatori ci dicono che le accuse erano molto forti – venivano accusati di aver distorto deliberatamente i dati – ma in modo vago, e senza documenti che sostanziassero tali affermazioni. 

 

Commento: un grave problema, questo, molto frustrante per me come pediatra. 

 

Ho rifiutato per anni di ricevere i rappresentanti di farmaci e di dare campioncini ai pazienti, non vado ai pranzi o ricevimenti del settore, non accetto e non uso le loro penne omaggio, poiché non voglio in nessun modo essere influenzato ed inconsciamente prendere per buone informazioni sbagliate, tranne che in quei rari casi in cui io abbia la possibilità di leggere informazioni corrette e veritiere. 

 

Tendo a fidarmi solo di quegli studi che parlano di vecchi e provati farmaci generici (che usiamo spesso per i bambini) o quegli studi che mostrano che il farmaco in alcuni casi non funziona, anche se, statisticamente, è più difficile dimostrare un effetto che utilizzi un’ipotesi nulla… 

 

Non condivido le linee guida della mia professione, che non solo poggiano sulle stesse informazioni errate ma troppo spesso sono influenzate dall’industria. Secondo le direttive dell’AAP, io dovrei controllare il livello del colesterolo in tutti i miei pazienti tra i 9 e gli 11 anni, e in quelli di altre fasce di età ancora più giovani in caso di fattori di rischio – e se tale livello resta alto e le diete e l’esercizio fisico non aiutano a ridurlo, dovrei prescrivergli delle statine. E non importa che non esistano dei dati pubblicati (pure se falsi) che mi dicano che questa sia una buona idea! Io glielo controllo il colesterolo? No, ma mi sento obbligato a dirgli che l’AAP dice che dovrei, e che io non sono d’accordo, e che io non ho bisogno di un esame del sangue per dirgli semplicemente che una dieta a base di cibi-spazzatura e uno stile di vita sedentario siano comportamenti negativi, a prescindere dal livello di colesterolo. Se questo è alto e i genitori del bambino insistono per avere delle statine, gli dico di trovarsi qualcun altro che gliele prescriva, perché io non lo farò. Lascio decidere ai genitori. Finora, nessuno di questi genitori, da semplici diplomati a superlaureati, mi ha mai mandato a quel paese. 

 

A volte le società europee si dimostrano attente almeno nelle loro direttive – un po’ più attente nel come interpretano le prove in loro possesso. Io, per parte mia, cerco di usare meno medicine possibile, anche se alla fine di ogni giorno mi accorgo di aver prescritto qualche medicina a qualche mio paziente. E’ difficile contrastare gli “intrugli” omeopatici quando non posso dire ai miei pazienti che sono sicuro che la mia “vera” medicina faccia esattamente quello che dovrebbe fare…e che forse gli “intrugli” omeopatici sono più sicuri. 

 

Ben Goldacre è un medico pediatra e autore della colonna “Cattiva Scienza” nel Guardian, dedicata all’analisi delle sparate giornalistiche di argomento medico, dei prodotti di bellezza “miracolosi”, dei cosmetici pseudoscientifici e dei grandi gruppi farmaceutici multinazionali; spesso affronta anche temi come la medicalizzazione della vita moderna e della psicologia delle credenze irrazionali.

 

Fonte: http://www.guardian.co.uk/business/2012/sep/21/drugs-industry-scandal-ben-goldacre

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

 

http://francescosalistrari.blogspot.it/

http://terrarealtime.blogspot.it/2012/11/farmaci-che-non-funzionano-un-moderno.html

Gela, inchiesta della Procura sui bambini malformati

Il petrolchimico di Gela

Il pm è intervenuto nel processo civile in corso intentato da trenta famiglie che hanno riscontrato gravi malformazioni nei neonati, dovute con ogni probabilità alle sostanze inquinanti. Il procuratore: “Andremo avanti”

BIMBI con sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni nati senza un orecchio, altri senza il palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi. I numeri dicono che a Gela le malformazioni sono sei volte superiori alla media. Numeri in costante aumenta, finiti sul tavolo della Procura che ha aperto una nuova inchiesta per far luce sulle responsabilità. Sul banco degli imputati i veleni della raffineria. Sogno di Enrico Mattei trasformatosi presto in incubo quando i figli di Gela cominciarono a cadere sotto la scure degli agenti chimici che dal 1965 inquinano la città. Sono una trentina i casi al vaglio di un pool di periti. Trenta bambini con gravi malformazioni causate dalla contaminazione ambientale. Le loro famiglie, ora, chiedono giustizia.

Filippo Astuti ha 33 anni ed è senza lavoro. Nel 2006 sua figlia è nata con una grave palatoschisi, una malformazione del palato che comporta il pieno contatto fra la zona del naso e della bocca con seri problemi all’alimentazione, allo sviluppo del linguaggio e un alto rischio di infezioni broncopolmonari. Otto mesi di ricovero e due interventi molto delicati il lungo calvario di una bambina di appena 6 anni. Due anni più tardi, sua moglie è costretta a interrompere un’altra gravidanza. Il feto di 5 mesi che porta in grembo soffre di un irreversibile difetto natale. Ad oggi a Gela, non esistono fonti capaci di fornire indicazioni attendibili sulle malformazioni dei bambini nati morti o di quei feti per i quali i genitori hanno deciso l’aborto, dopo l’accertamento di patologie genetiche. “Siamo stanchi  –  dice Astuti  –  stanchi di stare a guardare. Abbiamo visto centinaia di medici. Girato decine di ospedali. Ci hanno detto che la causa è l’inquinamento. Ora però vogliamo giustizia. Vogliamo la verità sull’aria che stiamo respirando”.

Si chiamano endocrine disruptors, distruttori endocrini. Sostanze artificiali prodotte da inquinanti come quelli emessi dalle raffinerie, in grado di intaccare i recettori ormonali, causando tumori, difetti alla nascita, disturbi dello sviluppo. Le falde di Gela ne sono imbottite. Nel 2003, il geologo Giuseppe Risotti e il chimico Luigi Turrito, incaricati allora dal sostituto procuratore Serafina Cannata, consegnarono una relazione secondo cui nella falda sottostante lo stabilimento giacevano 44 mila tonnellate di gasolio proveniente dalle perdite dei serbatoi. In quello stesso anno a Gela, uno studio realizzato dal genetista Sebastiano Bianca, uno dei massimi esperti nel campo, e dall’epidemiologo del Cnr Fabrizio Bianchi, riscontrò in città un’incidenza del 4 per cento di malformazioni sui neonati e più di 520 bambini affetti da patologie genetiche. Ipospadie all’apparato genitale, deformazioni cardiovascolari, malformazioni agli arti e all’apparato digerente.

“La situazione è preoccupante  –  afferma il dottor Bianca che lavora al caso come consulente tecnico per conto della Procura  –  qui, da 15 anni, le malformazioni genetiche sono costanti e di gran lunga superiori alle media”. “Abbiamo raccolto dati e testimonianze  –  dice il procuratore capo di Gela Lucia Lotti  –  ed è la prima volta che un pm interviene in una causa civile contro le società del sito industriale. Quello delle malformazioni è forse l’aspetto più eclatante dell’indagine. Ma è solo un pezzetto dell’inchiesta. Andremo avanti per togliere una dopo l’altra le ombre, anche storiche, che hanno per troppo tempo offuscato la salute dei cittadini “.

Ad oggi, nella provincia di Caltanissetta, manca ancora uno studio specifico sul legame tra le polveri della raffineria e l’incremento di patologie tumorali e genetiche in città. “Nel 2010 ci provò un comitato di medici e ufficiali sanitari  –  racconta il dottor Ignazio Morgana, segretario provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale di Caltanissetta  –  ma rimasi di sasso quando mi comunicarono i nomi dei partecipanti alle riunioni operative”. Al tavolo della commissione, sedeva Giuseppe Ricci, dirigente Refining marketing dell’Eni e presidente di Raffineria Gela. E ancora, il dottor Macrì, responsabile nazionale sanità dell’Eni e l’ingegner Battista Grosso, al tempo ad della raffineria.

A Milazzo, nell’altro polo industriale della regione, dove i casi di malformazione denunciati da medici e famiglie sono in forte aumento, i dati sulla contaminazione e sulle conseguenze per la salute sono inesistenti. Ad Augusta, uno dei più imponenti poli petrolchimici italiani, nel 2000 il 5 per cento dei bambini è nato con malformazioni. Dopo un’indagine sulla vicenda, sei anni più tardi la Syndial, società del gruppo Eni, sborsò circa 11 milioni di euro per i cento casi di bambini malformati. “Ma attenzione a chiamarlo risarcimento  –  avverte Bianca, che nel 2005 partecipò insieme ad altri esperti all’indagine  –  Meglio chiamarlo indennizzo. In quel caso non si arrivò a una sentenza, che avrebbe pregiudicato l’azienda. La Syndial pagò, le famiglie incassarono e la vicenda cadde nel silenzio”.

fonte: palermo.repubblica.it