Gela, inchiesta della Procura sui bambini malformati

Il petrolchimico di Gela

Il pm è intervenuto nel processo civile in corso intentato da trenta famiglie che hanno riscontrato gravi malformazioni nei neonati, dovute con ogni probabilità alle sostanze inquinanti. Il procuratore: “Andremo avanti”

BIMBI con sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni nati senza un orecchio, altri senza il palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi. I numeri dicono che a Gela le malformazioni sono sei volte superiori alla media. Numeri in costante aumenta, finiti sul tavolo della Procura che ha aperto una nuova inchiesta per far luce sulle responsabilità. Sul banco degli imputati i veleni della raffineria. Sogno di Enrico Mattei trasformatosi presto in incubo quando i figli di Gela cominciarono a cadere sotto la scure degli agenti chimici che dal 1965 inquinano la città. Sono una trentina i casi al vaglio di un pool di periti. Trenta bambini con gravi malformazioni causate dalla contaminazione ambientale. Le loro famiglie, ora, chiedono giustizia.

Filippo Astuti ha 33 anni ed è senza lavoro. Nel 2006 sua figlia è nata con una grave palatoschisi, una malformazione del palato che comporta il pieno contatto fra la zona del naso e della bocca con seri problemi all’alimentazione, allo sviluppo del linguaggio e un alto rischio di infezioni broncopolmonari. Otto mesi di ricovero e due interventi molto delicati il lungo calvario di una bambina di appena 6 anni. Due anni più tardi, sua moglie è costretta a interrompere un’altra gravidanza. Il feto di 5 mesi che porta in grembo soffre di un irreversibile difetto natale. Ad oggi a Gela, non esistono fonti capaci di fornire indicazioni attendibili sulle malformazioni dei bambini nati morti o di quei feti per i quali i genitori hanno deciso l’aborto, dopo l’accertamento di patologie genetiche. “Siamo stanchi  –  dice Astuti  –  stanchi di stare a guardare. Abbiamo visto centinaia di medici. Girato decine di ospedali. Ci hanno detto che la causa è l’inquinamento. Ora però vogliamo giustizia. Vogliamo la verità sull’aria che stiamo respirando”.

Si chiamano endocrine disruptors, distruttori endocrini. Sostanze artificiali prodotte da inquinanti come quelli emessi dalle raffinerie, in grado di intaccare i recettori ormonali, causando tumori, difetti alla nascita, disturbi dello sviluppo. Le falde di Gela ne sono imbottite. Nel 2003, il geologo Giuseppe Risotti e il chimico Luigi Turrito, incaricati allora dal sostituto procuratore Serafina Cannata, consegnarono una relazione secondo cui nella falda sottostante lo stabilimento giacevano 44 mila tonnellate di gasolio proveniente dalle perdite dei serbatoi. In quello stesso anno a Gela, uno studio realizzato dal genetista Sebastiano Bianca, uno dei massimi esperti nel campo, e dall’epidemiologo del Cnr Fabrizio Bianchi, riscontrò in città un’incidenza del 4 per cento di malformazioni sui neonati e più di 520 bambini affetti da patologie genetiche. Ipospadie all’apparato genitale, deformazioni cardiovascolari, malformazioni agli arti e all’apparato digerente.

“La situazione è preoccupante  –  afferma il dottor Bianca che lavora al caso come consulente tecnico per conto della Procura  –  qui, da 15 anni, le malformazioni genetiche sono costanti e di gran lunga superiori alle media”. “Abbiamo raccolto dati e testimonianze  –  dice il procuratore capo di Gela Lucia Lotti  –  ed è la prima volta che un pm interviene in una causa civile contro le società del sito industriale. Quello delle malformazioni è forse l’aspetto più eclatante dell’indagine. Ma è solo un pezzetto dell’inchiesta. Andremo avanti per togliere una dopo l’altra le ombre, anche storiche, che hanno per troppo tempo offuscato la salute dei cittadini “.

Ad oggi, nella provincia di Caltanissetta, manca ancora uno studio specifico sul legame tra le polveri della raffineria e l’incremento di patologie tumorali e genetiche in città. “Nel 2010 ci provò un comitato di medici e ufficiali sanitari  –  racconta il dottor Ignazio Morgana, segretario provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale di Caltanissetta  –  ma rimasi di sasso quando mi comunicarono i nomi dei partecipanti alle riunioni operative”. Al tavolo della commissione, sedeva Giuseppe Ricci, dirigente Refining marketing dell’Eni e presidente di Raffineria Gela. E ancora, il dottor Macrì, responsabile nazionale sanità dell’Eni e l’ingegner Battista Grosso, al tempo ad della raffineria.

A Milazzo, nell’altro polo industriale della regione, dove i casi di malformazione denunciati da medici e famiglie sono in forte aumento, i dati sulla contaminazione e sulle conseguenze per la salute sono inesistenti. Ad Augusta, uno dei più imponenti poli petrolchimici italiani, nel 2000 il 5 per cento dei bambini è nato con malformazioni. Dopo un’indagine sulla vicenda, sei anni più tardi la Syndial, società del gruppo Eni, sborsò circa 11 milioni di euro per i cento casi di bambini malformati. “Ma attenzione a chiamarlo risarcimento  –  avverte Bianca, che nel 2005 partecipò insieme ad altri esperti all’indagine  –  Meglio chiamarlo indennizzo. In quel caso non si arrivò a una sentenza, che avrebbe pregiudicato l’azienda. La Syndial pagò, le famiglie incassarono e la vicenda cadde nel silenzio”.

fonte: palermo.repubblica.it

Gela, inchiesta della Procura sui bambini malformatiultima modifica: 2012-11-05T11:12:00+01:00da davi-luciano
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