Finalmente bocciato il Tav e il partito del Pil

https://ilmanifesto.it/finalmente-bocciato-il-tav-e-il-partito-del-pil/?fbclid=IwAR2WwqwAC972hGDTlfAAH4Kau2ca5Sg2hESabJNH8RhOr9zP3-Jmh5WCuVI

Il 16 giugno la Corte dei conti dell’Unione Europea ha bocciato il progetto del Tav Torino-Lione: sballato (cioè falso) il preventivo dei costi, quasi raddoppiati rispetto al progetto iniziale; sballati i tempi di realizzazione (doveva essere completato nel 2015; ora nel 2029; ma non era nemmeno iniziato alla prima data né potrà essere completato alla seconda); sballate le previsioni di merci e passeggeri (cosa che fa del progetto un pozzo senza fondo); sballati soprattutto i benefici ambientali vantati: se le merci da trasportare fossero quelle (false) ipotizzate, si andrebbe in pari con le emissioni climalteranti solo al 2050; ma se fossero anche solo la metà i tempi di recupero raddoppiano.

Niente di nuovo: si sapeva già tutto. Lo sta mettendo in chiaro da ormai 30 anni, mano a mano che il progetto cambia e si precisa, il movimento NoTav della Valsusa, sostenuto da incontestabili pareri tecnici di gran parte dei trasportisti italiani; ma anche dalla Corte dei conti francese e perfino dalla bislacca analisi costi-benefici del prof. Marco Ponti, che pure era basata su assunzioni molto favorevoli al progetto, benché difficilmente sostenibili. Insieme al Tav Torino Lione la Corte ha bocciato sei (compreso il traforo del Brennero) degli otto progetti analizzati, tutti relativi al programma Ten-T (i cosiddetti “corridoi europei”) varato quasi trent’anni fa, contestualmente al trattato di Maastricht, e mandati avanti nonostante che sull’intero programma pesassero sempre nuovi pareri negativi.

Ma fra tutti, per la Corte, il progetto più negativo è proprio il Tav Torino-Lione. Prova evidente che la Commissione europea non si preoccupa se i soldi che distribuisce vengono sprecati. Ma non solo la Commissione. Neanche i paesi cosiddetti “frugali” (ma frugali solo a spese altrui, e da cui si è sfilata da poco la Germania), quelli che hanno mandato a fondo la Grecia e ora minacciano di farlo con l’Italia, e che pretendendo di controllare euro per euro i conti dei paesi che vogliono sottoposti alla loro sorveglianza, hanno mai trovato niente da ridire sullo spreco gigantesco rappresentato dal progetto del Tav Torino-Lione, che va avanti solo grazie ai soldi promessi dalla Commissione. Perché?

Perché in difesa e a sostegno di quel progetto sciagurato si è consolidato in Italia tutto il cosiddetto “partito del Pil”, che va dai sindacati confederali alle destre di Salvini, Meloni e Berlusconi, passando per Confindustria e “madamine SiTav”, ma che ha il suo pilastro portante nel Pd piemontese e nazionale; e che ha propri referenti anche all’estero, nelle associazioni industriali e nelle maggioranze di governo di quasi tutti i paesi dell’Unione. Viva le Grandi opere, anche se inutili e dannose; viva i Grandi eventi, anche se lasciano dietro di sé solo macerie e contribuiscono ad accelerare la catastrofe climatica e ambientale. Perché Grandi opere e Grandi eventi “fanno Pil”, anche se a spese dell’ambiente, delle comunità locali e del welfare nazionale. Non c’è altro modo di promuovere il “loro” sviluppo.

Ora l’Unione europea ha promosso un green deal, variamente intrecciato con i fondi per far fronte alla stasi produttiva del Covid-19. Che farne? Il partito del Pil ha pronta la risposta: Grandi opere! Tunnel, stazioni sotterranee, alta velocità, là dove non ci sono nemmeno i treni per trasportare pendolari e prodotti agricoli, autostrade per incrementare il traffico (anche se l’industria automobilistica langue e languirà per anni; o per sempre), porti per cargo che non navigano più da ben prima della pandemia, nuovi aeroporti anche se il traffico aereo è fermo e farlo riprendere vuol dire far precipitare la crisi climatica; e, naturalmente, Olimpiadi (invernali), anche se quelle estive di Tokyo sono andate a rotoli, trascinando con sé metà del paese. Non manca nemmeno il Ponte sullo Stretto!

Tanto il partito del Pil è sicuro di sé che, a suo nome, durante l’incontro di villa Pamphili, il nuovo presidente di Confindustria non si è nemmeno dilungato a illustrare il “loro” programma per la fase 3. Si è limitato a battere cassa: l’intendenza, cioè i “progetti”, la Grandi opere, seguiranno…

Mancavano a quell’incontro – con l’eccezione di un rappresentante (incatenato) delle centinaia di migliaia di misconosciuti e maltrattati lavoratori migranti, su cui l’azienda Italia ha costruito le sue (scarse) fortune – le forze con cui il partito del Pil, e non solo quello italiano, dovrà fare i conti non appena si riapriranno le piazze: innanzitutto il movimento NoTav dalla Valsusa e tutti i movimenti che in esso si riconoscono; poi i rappresentanti dei milioni di giovani di Fridays for future che non intendono farsi rubare il futuro da programmi così sciagurati; poi le donne di nonunadimeno, che hanno in mente ben altro: la cura della Terra; poi la voce di Francesco, che essendo un papa non ha al suo seguito divisioni corazzate, ma miglia di associazioni di laici e credenti impegnate anch’esse nella cura della casa comune. La partita è aperta.

“Cos’altro serve per fermarla?”. M5s e No Tav all’attacco della Torino-Lione dopo il rapporto della Corte dei conti Ue

https://www.huffingtonpost.it/entry/torino-lione-m5s-e-no-tav-tornano-ad-attaccare-lopera-dopo-il-rapporto-della-corte-dei-conti-ue_it_5ee9f96dc5b670a2f40ee9d3?ncid=other_facebook_eucluwzme5k&utm_campaign=share_facebook&fbclid=IwAR1UBrP82ORh5yXwoLj_tboyQWrqZmttECXrkwgNczWgRJo0MEH6Ekz8e2M

17/06/2020 13:17 CEST | 

“Giudizio impietoso”. La Corte ha sottolineato che la linea dell’alta velocità non sarà pronta prima del 2030

NURPHOTO VIA GETTY IMAGES

“Anche per la Corte dei conti europea la Tav Torino-Lione non sarà mai pronta per il 2030. Per noi, da sempre, si tratta di un’opera non prioritaria e che una volta ultimata non sarà in grado di dare vantaggi ambientali ed economici. Nel suo rapporto, la Corte dei conti Ue ritiene improbabile che la linea alta velocità – alta capacità possa essere pronta per la scadenza fissata e certifica che non si avrà alcun vantaggio per decenni”. Lo dichiarano le deputate e i deputati del MoVimento 5 Stelle nelle commissioni Ambiente e Trasporti.

“Oltre ai ritardi enormi, all’inesistente beneficio ambientale- proseguono i 5 stelle -, c’è il tema della lievitazione spropositata dei costi. Uno sperpero di denaro che poteva essere impiegato per infrastrutture davvero utili e necessarie al Paese, non certo per un’opera progettata decenni fa sulla base di scenari poco credibili anche per il massimo ente contabile dell’Unione Europea, che condivide il nostro scetticismo sulle ragioni di esistenza di questa opera e che con il tempo si rivelano sempre più insussistenti”

I deputati M5s aggiungono: “Ribadiamo che noi non siamo contrari a dare maggiori infrastrutture al Paese, ma saremo sempre fermamente contrari a quelle inutili e dannose: dobbiamo concentrare attenzione e risorse sulle opere davvero urgenti e indispensabili, in grado di migliorare la vita quotidiana dei cittadini e non su quelle pensate soltanto arricchire i soliti pochi”

Anche i No Tav, in una nota, fanno sapere che il rapporto della Corte dei conti europea di valutazione dei mega progetti co-finanziati dalla commissione Ue è “impietoso e demolisce letteralmente il progetto Tav, giudicato al contempo troppo oneroso, dai dubbi benefici in termini economici ed ecologici, basato su previsioni di traffico errate ed insostenibile sul lungo periodo”.

“Davanti a un documento così pesante speriamo che chi in questi anni ha blaterato di ‘esperti’ e di Europa non metta per l’ennesima volta la testa sotto la sabbia – aggiunge il Movimento che si oppone alla realizzazione della Torino-Lione -. Per fortuna, siamo ancora in tempo per fermare questo disastro annunciato chiamato Tav, che per troppo tempo ha drenato soldi pubblici sottraendoli alle reali necessità del Paese, come la recente crisi sanitaria ha dimostrato”.

“L’estate che avanza ci vedrà mobilitati sul territorio in un’opera di monitoraggio e denuncia – concludono i No Tav -, perché questa torta del Tav continua a fare gola a troppi, nonostante tutto, ma non di sicuro a chi come noi ha a cuore la salute di chi vive in Valle, la tutela dell’ambiente e l’utilizzo delle risorse pubbliche per ciò che realmente è necessario”.

COMMENT LA GUERRE PAR PROCURATION D’ISRAEL CONTRE LA SYRIE CIBLE EN FAIT L’IRAN (LES GUERRES DU CORONAVIRUS)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2020 05 01/ LM.GEOPOL - Coronavirus Israel cible l'iran (2020 05 01) FR (3)

« Covid-19: Les effets géopolitiques au Moyen-Orient (…) La bataille mondiale contre le nouveau coronavirus a peut-être pris le pas sur le cycle normal de l’actualité, mais sous le radar, la guerre parallèle d’Israël contre l’Iran se poursuit »

– Jerusalem Post (ce 1er mai).

« Naftali Bennett, a souligné: «Non seulement nous continuons à contenir la présence militaire de l’Iran en Syrie, mais nous sommes également passés à une stratégie d’expulsion. Gardez vos oreilles ouvertes », a-t-il dit. «L’Iran ne se repose pas un instant, mais nous non plus. Pour Téhéran, c’est une aventure à mille kilomètres de chez soi ; pour nous, c’est la vie (de tous les jours) », a poursuivi Bennett : « Et nous sommes donc plus déterminés que jamais à ne pas autoriser l’Iran à établir une base avancée contre nous en Syrie. »

– Naftali Bennett

(ministre de la défense israélien, ce 26 avril).

L’article publié ce matin dans le journal israélien (1), et largement rediffusé en France par la presse likoudnik, a le mérite de mettre bas les masques. Comme partout dans le monde, la pandémie n’a pas arrêté les conflits, mais les a même exacerbés. Cetrtains voyant dans la crise mondiale l’occasion de rabattre les cartes, voire des fenêtres d’opportunités géopolitiques.

Il donne aussi un coup de projecteur sur la « likoudisation » (2) de la politique israélienne, qui a contaminé la diaspora juive dans le monde, en particulier aux USA et en France. Même le vieux parti travailliste gravite dans l’orbite de ce grand disciple de Jabotinski qu’est Netanahyou (3). La vieille gauche sioniste est désormais ultra minoritaire et se limite aux marges intellectuelles (comme par exemple le quotidien ‘Times of Israel’ …

« LA GUERRE PARALLELE D’ISRAËL CONTRE L’IRAN » :

QUE DIT LE ‘JERUSALEM POST’ ?

Cet article, véritable manifeste géopolitique, est ce mélange habituel d’arrogance israélienne et de catastrophisme sensationnaliste :

Il commence par vanter les agressions israéliennes en Syrie, au mépris des lois internationales. « (…) la liste est longue – il y a eu au moins quatre frappes aériennes connues en février et deux autres en janvier.

Par qui? Ah. Cela reste un mystère.

Presque toutes les frappes sont attribuées à Israël. Tsahal a admis son implication après certaines, mais est restée silencieuse dans la plupart des cas, ne confirmant ni infirmant aucun rôle.

Quoi qu’il en soit, les hauts responsables de la défense confirment ouvertement qu’Israël a atteint des milliers de cibles en Syrie ces dernières années, principalement iraniennes.

 Bien que la liste ci-dessus ne stipule que les attaques que dont le public a eu connaissance au cours des trois derniers mois, il y en aurait beaucoup d’autres menées bien en dessous du radar ».

Israël voit visiblement dans la pandémie du coronavirus une fenêtre d’opportunité pour faire avancer son agenda géopolitique : « Alors que le monde et le grand public restent concentrés sur le COVID-19 et l’effort mondial pour freiner sa propagation, Israël a, non seulement, mis le pied dans la guerre contre l’Iran, mais il a même intensifié la campagne pour essayer d’empêcher le régime et le Hezbollah de se retrancher en Syrie. L’objectif, comme le dit le ministre de la Défense Naftali Bennett lors de ses réunions régulières avec les officiers de Tsahal, est de faire comprendre à l’Iran qu’il perdra plus qu’il n’obtiendra en restant stationné à travers la frontière nord-est d’Israël ». Tel-Aviv ne cache pas que la pandémie est utilisée comme une arme contre l’Iran : « Tsahal a constaté une baisse de l’action de Téhéran telle que l’Iran ne pourrait continuer ce combat pendant longtemps », se réjouit le journal israélien. « C’est loin d’être une victoire, mais on pense que c’est le résultat d’une combinaison de la politique agressive que Bennett a amenée, à son poste au ministère de la Défense depuis qu’il a pris ses fonctions il y a six mois; de l’impact du virus en Iran; et de la baisse du prix du pétrole, une source clé de revenus pour le gouvernement islamique ».

Quel est l’agenda de Tsahal : « L’idée a été d’empêcher l’Iran de pouvoir créer une infrastructure en Syrie, de la portée et à l’échelle de l’arsenal de missiles du Hezbollah au Liban, qui aujourd’hui, que cela plaise ou non à Israël, a créé un niveau de dissuasion : tandis qu’Israël attaque régulièrement la Syrie, il ne frappe pas au Liban. La raison en est que le Hezbollah pourrait potentiellement riposter avec ses 150 000 missiles capables de frapper n’importe où en Israël. Jusqu’à présent, la Syrie ne le peut pas ».

LA PANDEMIE EXPLOITEE CONTRE TEHERAN

C’est ce qu’explique cyniquement les sources militaires israéliennes au ‘Jerusalem Post’ : « Ce qui est clair, c’est que le virus a tout changé (…) C’est pourquoi le chef d’état-major, le lieutenant-général. Aviv Kochavi réunira lundi tous les officiers de Tsahal supérieurs au grade de brigadier général pour un séminaire de deux jours sur les changements qui ont eu lieu dans la région depuis l’épidémie du virus. Le défi pour Kochavi – qui a passé les six dernières semaines à formuler une nouvelle stratégie, en collaboration avec la Direction du renseignement et la Division de la planification – est double. Premièrement, prévoir ce qui se passera dans la région devient de plus en plus compliqué alors que le rôle de la pandémie dans les calculs de sécurité nationale n’est pas encore clair. Le lancement du satellite iranien montre-t-il une détermination à continuer d’avancer même pendant cette crise sanitaire, ou s’agit-il davantage de se montrer, de sorte que ses adversaires – Israël et les États-Unis – croiront que rien n’a changé alors qu’en réalité, tant de choses l’ont déjà fait? »

‘Debka’, le think tank israélien « proche de l’Etat-major de Tsahal, précise cet agenda centré sur l’Iran (ce 29 avril) : « C’est en Syrie – avant même Bagdad – que le général Esmail Qa’ani a effectué sa première visite à l’étranger après avoir succédé au regretté Qassem Soleimani en tant que chef d’Al Qods – preuve que l’Iran continue de se concentrer sur le maintien de cette base avancée. Qa’ani a inspecté les actifs iraniens dans la ville d’Alep, dans le nord du pays ».

L’AGENDA ISRAELIEN EN ACTION :

« RAID ISRAELIEN SUR DAMAS MALGRE LA CRISE SANITAIRE »

Des raids attribués à Israël près de la capitale syrienne confirment la mise en action de cet agenda. Dans la nuit du 26 au 27 avril, des raids attribués à Israël près de la capitale syrienne ont tué trois civils, selon l’agence officielle ‘Sana’. Comme d’habitude, Tel-Aviv n’a fait aucun commentaire. « Trois civils sont morts en martyrs et quatre autres, dont un enfant, ont été blessés lorsque des éclats des missiles israéliens ont touché des habitations [de la banlieue de Damas] », a rapporté l’agence gouvernementale syrienne ‘Sana’, ce 27 avril. L’agence a précisé que la défense antiaérienne de l’armée syrienne avait abattu «la plupart» des missiles, lancés depuis l’espace aérien du Liban voisin un peu avant l’aube. Selon la chaîne saoudienne ‘Al-Arabiya’ citée en anglais par le ‘Jerusalem Post’, « des membres [d’une] milice iranienne ont également été tués lors de ces frappes aériennes ».

Israël n’a, pour le moment, pas commenté ces bombardements. Depuis le début, en 2011, de la guerre syrienne, Tel-Aviv a mené de multiples attaques contre des positions en Syrie, la plupart visant des cibles iraniennes ou du Hezbollah, et martèle « qu’il ne laissera pas ce dernier devenir la tête de pont de Téhéran », son ennemi juré. Israël confirme rarement avoir mené des frappes en Syrie. En novembre 2019, néanmoins, l’armée israélienne avait revendiqué « des frappes de grande ampleur contre des cibles iraniennes de la Force al-Qods [branche des Gardiens de la Révolution chargée des opérations extérieures] et des forces armées syrienne en Syrie en réponse à des tirs de roquettes contre Israël ». Le 20 avril, l’agence ‘Sana’ a aussi évoqué des tirs de missiles qu’elle a imputé à Israël contre des cibles dans le désert central de Palmyre. Le 31 mars, ‘Sana’ avait également rapporté des tirs de missiles menés par l’aviation d’Israël contre des cibles dans le centre de la Syrie.

NOTES ET RENVOIS :

(1) Voir “What type of Middle East will the IDF meet after COVID-19?”, The Jeruslam Post, 1er mai 2020.

(2) Voir LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

RUSSIE-ISRAEL : LE VOTE RUSSE EN ISRAEL OU L’HERITAGE DES ‘REFUZNIKS’, UN DOSSIER GEOPOLITIQUE

sur http://www.lucmichel.net/2020/03/13/luc-michels-geopolitical-daily-russie-israel-le-vote-russe-en-israel-ou-lheritage-des-refuzniks-un-dossier-geopolitique/

(3) Voir « Israël: le Parti travailliste se joint au gouvernement d’union nationale », sur i24NEWS, 26 avril 2020,

https://www.i24news.tv/fr/actu/israel/1587931365-israel-le-parti-travailliste-se-joint-au-gouvernement-d-union-nationale

Le Parti travailliste a voté dimanche en faveur de son entrée au gouvernement d’union nationale, qui doit voir le jour en vertu d’un accord conclu entre le Premier ministre Benyamin Netanyahou et le chef de file de la liste centriste Bleu Blanc, Benny Gantz. Les membres de la convention du parti ont voté par 64,2% en faveur de cet accord prévoyant la mise en place d’un gouvernement qui sera dans un premier temps dirigé par B. Netanyahou pendant 18 mois puis par B. Gantz. Le dirigeant du Parti travailliste, Amir Peretz avait signé un accord avec M. Gantz et accepté de faire partie du gouvernement. Deux portefeuilles, celui de l’Economie et celui des Affaires sociales devraient leur être confiés.

Le Parti travailliste, longtemps au pouvoir en Israël mais en déclin ces vingt dernières années, n’avait obtenu que trois sièges au sein d’une union de trois formations aux élections du 2 mars dernier, sur les 120 que compte le Parlement.

(Sources : Jerusalem post – Debka files – SANA – Al-Arabiya – EODE Think Tank)

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DEBAT: CORONAVIRUS COVID-19. QUI A PERDU LA BATAILLE DE L’ORIGINE ? LA CHINE OU LES USA ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2020 04 27/ LM.GEOPOL - Débat l'origine du coronavirus (2019 04 27) FR (2)

L’enjeu central géopolitique de la pandémie, c’est la confrontation entre Washington et Pékin, voulue et engagée par l’administration Trump et Mike pompeo. Qu’il ne faut pas confondre avec la confrontation idéologique, qui a vu la déchéance de l’Occident, que ce soit à Washington ou à Bruxelles (1). Beaucoup, en dehors de l’Occident jugent que la bataille a déjà été engagée et qu’elle a déjà son vainqueur …

Tom Cotton, un faucon, un sénateur américain qui a une position ferme contre la Chine, a déclaré en janvier que « le coronavirus pourrait provenir d’un laboratoire dans la ville chinoise de Wuhan », selon un rapport publié par ‘The Middle East News Agency’. « Cette déclaration a circulé comme une rumeur aux États-Unis. Le porte-parole du ministère chinois des Affaires étrangères a également suggéré de son côté « que les troupes américaines pourraient avoir amené ce virus en Chine » (2) (3). Donald Trump, qui ne savait pas jusque là louer ou blâmer la Chine, a qualifié le coronavirus de « virus chinois » (Ndla : et même de « Kung Flu ») », a encore écrit ‘The Middle East News Agency’.

« La voie empruntée par les États-Unis et la Chine est dangereuse », estime-t-on à Moscou. « Ils doivent la quitter ». Trump a été critiqué pour avoir suspendu son aide financière à l’Organisation mondiale de la santé (OMS). Il a accusé « la Chine et l’OMS d’avoir retardé l’annonce de la propagation du coronavirus ». L’Associated Press a rapporté plus tard que « la Chine n’a pas averti le monde entier de l’épidémie dans les six premiers jours importants ».

LA PROPAGANDE ANTI-CHINOISE DE PARIS ET WASHINGTON ET LE RETOUR DU THEME DE LA « CHINAFRIQUE »

Dans la foulée des officines francafricaines ont relancé en Afrique le thème de la « Chinafrique ». Et des vidéos trafiquées ont commencé à circuler accusant la Chine de discriminer les africains. En Afrique, où l’émotion prime sur l’analyse,de nombreux panafricanistes se sont lancés sur la thème, ne réalisant pas qu’ils soutenaient une campagne purement néocoloniale. La chaîne chinoise CGTN a réfuté cette campagne (4).

La campagne, initiée par la TV des Néocons, ‘Fox News’, a associé aussi l’OMS, associée à Bill Gates. Alors que la confrontation véritable, de nature géopolitique, c’est Trump-USA vs la Chine et l’OMS … Dont le directeur est un africain, éthiopien (un des rares postes de ce type occupé par un africain). Et que le premier ministre éthiopien Abiy Ahmed, proche allié de Pékin, et pilier de l’Union Africaine, est la cible depuis plusieurs mois d’une déstabilisation régionale (attentat, tentatve de coup d’Etat, tensions ethniques, arrivée des djihadistes). Encore une fois la théorie des dominos en action …

SUR QUOI REPOSE LA CRITIQUE AMERICAINE DE PEKIN ?

 « Il ne fait aucun doute qu’une enquête est nécessaire pour déterminer l’origine du virus, mais il est ridicule de blâmer la Chine pour un retard de six jours dans l’avertissement de l’épidémie », a écrit l’analyste de ‘Middle East News’. Car les pays occidentaux étaient bien conscients de la menace que représenterait l’épidémie du coronavirus à partir du mois de janvier, mais ils ont réagi six semaines plus tard pour empêcher la propagation de la maladie, et cette maladie les a touchés de plein fouet sur les scènes économique et humaine ».

« Les relations entre les États-Unis et la Chine ne seront plus les mêmes », a déclaré ‘Middle East News’, citant un article du ‘Global Times’. « Les États-Unis ne pourront tolérer la Chine que si elle arrête le développement de ses technologies avancées et se concentre uniquement sur les industries bon marché qui ne peuvent pas rivaliser avec les usines américaines et occidentales », a ajouté cette source.

L’ARME BIOLOGIQUE DANS LA CONQUETE DE L’OUEST CONTRE LES INDIENS !

Il n’est caché à personne que les États-Unis n’ont jamais hésité, pendant leur histoire, à avoir recours aux armes chimiques et biologiques (sans oublier la monstrueuse arme atomique contre la Japon en 1945), là où ils en sentaient le besoin.

« Un missionnaire dénonçait au XIXe siècle la contamination des Indiens avec la variole » », écrit ‘Le Point’ (5) :  « Ce missionnaire baptiste décrit avec horreur la façon dont certaines compagnies américaines du XIXe siècle répandent le virus pour exterminer les Indiens (…) Tout au long des XVIIIe et XIXe siècles, des épidémies de variole déciment les tribus indiennes d’Amérique du Nord. Cette maladie, inconnue sur le continent américain jusqu’à l’arrivée de Christophe Colomb, ne rencontre aucune défense immunitaire chez les autochtones. On lui doit certainement des centaines de milliers de morts, mais aussi la quasi-disparition de plusieurs tribus. Constatant cette vulnérabilité des Indiens, plusieurs « âmes monstrueuses » n’hésitèrent pas à en profiter pour propager le virus pour faire place nette devant eux. Plusieurs témoignages incontestables vont dans ce sens … »

CORONAVIRUS, UNE ARME DESTINEE A TUER

QUI FRAPPE LES ENNEMIS EURASIENS DES ETATS-UNIS

« Pékin est d’avis que ce que les États-Unis veulent vraiment, c’est affaiblir la Chine afin qu’elle réduise sa rivalité stratégique avec les États-Unis », poursuit ‘Middle East News’. Les dirigeants chinois entrevoient leurs relations avec les États-Unis comme une compétition dans les domaines économique et technologique. Mais les États-Unis ne semblent pas accepter qu’il y ait une menace pour leur hégémonie dans le monde. Tout pays qui représenterait une menace pour les États-Unis, est considéré comme un ennemi.

Le Covid-19 frappe particulièrement les ennemis eurasiens des Etats-Unis, la Chine l »adversaire géopolitique, et l’UE l’adversaire économique et financier. Le coronavirus gagne du terrain dans les grands pays européens tels que l’Allemagne, l’Espagne, la France et l’Italie ainsi qu’en Iran et en Chine alors que l’Inde, le Pakistan et l’Afrique du Sud dépourvue d’un fort système sanitaire, restent à l’abri. Quelle en est la raison ? Une bizarrerie? Pas tant que cela.

Selon l’influent magazine ‘Rai al-Youm’, citant le journaliste panarabe Abdel Bari Atwan (qui collabore aussi à la BBC) (6) le Covid-19 « s’en prend paradoxalement aux ennemis de Trump à savoir la Chine, l’Iran et les économies européennes qui s’opposent à leurs politiques » : « Un ami qui fait partie de l’Association internationale du barreau m’a appelé juste au moment où je commençais à rédiger un article à propos des attaques visant les bases américaines en Irak. Il a souligné quelques coïncidences : les pays touchés par l’épidémie étaient sous le coup des sanctions US visant à affaiblir leur économie et cela au profit de celle des États-Unis ».

Le porte-parole du ministère chinois des Affaires étrangères a accusé la CIA de propager le coronavirus via ses soldats dans la ville de Wuhan ce à quoi Trump a riposté en qualifiant le coronavirus de “virus chinois” (7). « Mais Les Chinois ont raison de demander des explications à la Maison-Blanche et au Congrès à propos de la fermeture soudaine des laboratoires de recherche biologique de l’armée américaine à Fort Detrick, fin 2019 », ajoute Atwan (8). Selon ‘Global Times’, « le porte-parole des laboratoires de Fort Detrick a annoncé leur fermeture pour “des raisons de sécurité nationale” alors qu’ils étaient en pleine recherche sur les virus d’Ebola et de SARS ». Le site se demande « comment 38 000 personnes ont perdu la vie en raison d’un virus suspect alors que Washington tente de faire croire qu’elles sont décédées d’une grippe. »

« Les Chinois se nourrissent de viandes de chauves-souris, de chiens et de rats depuis des milliers d’années, poursuit Atwan. Mais le coronavirus dont les chauves-souris seraient à l’origine, n’avait jusqu’ici tué personne ce qui prouve qu’il ne peut pas être transmis aux êtres humains pour de multiples raisons. Et on en arrive à la question fatidique. Pourquoi l’Allemagne, l’Espagne, la France, l’Italie, l’Iran et la Chine sont les pays les plus touchés par le coronavirus alors que l’Inde, le Pakistan et l’Afrique du Sud en sont à l’abri ? La réponse est simple: les pays touchés ne partagent pas les mêmes opinions que celles de l’administration Trump, d’autant plus qu’ils sont engagés dans une guerre commerciale ou politico-militaires qui leur a valu des sanctions américaines ».

ALORS CE VIRUS EST-IL CHINOIS OU AMERICAIN ?

« Alors Ce virus est-il chinois ou américain ?, interroge finalement le journaliste palestinien. On tend à croire les affirmations des Chinois parce que l’administration Trump n’est pas la partie à qui on peut faire confiance. Vient à l’appui de cette affirmation le plan de Donald Trump pour monopoliser une compagnie allemande qui est sur le point de produire un vaccin pour le coronavirus. Le gouvernement allemand a dit un grand « non » à cette demande fasciste US, signe que l’Europe sait parfois dire non aux Américains. J’ose même penser que les liens transatlantiques ne sortiraient pas intactes cette affaire ».

Il n’est caché à personne que les États-Unis n’ont jamais hésité, comme nous l’avons expliqué, pendant leur histoire, à avoir recours aux armes chimiques et biologiques, là où ils en sentaient le besoin : face aux indigènes, lors de la guerre civile américaine, au Vietnam, en Irak et finalement en Syrie. Ces antécédents pas très clairs nous permettent  de nous interroger si le coronavirus a été créé dans les laboratoires américains dans le cadre d’une guerre biologique.

« Les rétrovirus sont des virus à ARN monocaténaire de polarité positive. Le virus de VIH en est un exemple. Le génie génétique est en mesure de manipuler un rétrovirus, dans un laboratoire, pour en accélérer le rythme de propagation ». L’idée qui suggère la naissance d’une pandémie en raison de la mutation d’une mouche du vinaigre ou d’un rat de laboratoire est « aussi simpliste que celle de la mutation d’un rétrovirus ».  « Les recherches menées par les États-Unis destinées à manipuler les rétrovirus des chauves-souris afin de les adapter au génome d’un être humain ; voici les facteurs qui laissent penser que le coronavirus aurait été créé en laboratoire ».

Selon des rapports, élaborés par des sources à l’industrie médicale qui faisaient partie des études sur la Covid-19, « les caractéristiques du nouveau coronavirus (rapide mutation, affaiblissement graduel, etc.) prouvent que ledit virus a été créé en laboratoire ». Les personnes touchées par le coronavirus qui guérissent souffriront toujours des problèmes dans leurs poumons et elles risqueraient même d’attraper le cancer. Théoriquement parlant, le nouveau coronavirus est une excellente option pour servir d’une arme biologique. Premièrement, il s’agit d’un virus qui attaque le système respiratoire, ce qui lui offre une propagation rapide et efficace. Deuxièmement, la période d’incubation du coronavirus est assez longue. Troisièmement, le coronavirus réprime, dès son infiltration dans le corps, toute réaction du système d’immunité.

Les « théories du complot » sont une réfutation trop facile. D’autant plus qu’un  « complotisme atlantiste », anti chinois et anti russe celui là, est apparu avec la pandémie (9).

Tout cela répond pourtant à des accusations précises contre l’origine de la pandémie : une bio-arme déployée à Wuhan par l’US Army. Les médias aux ordres de l’OTAN balayent l’accusation d’un revers … de gazette : « théories du complot » est leur seul argument. Mais cette fois un détail leur échappe, les accusateurs ne sont pas des journalistes français marginaux ou des américains de la « lunatric fringe ». Ce sont le ministère chinois des Affaires étrangères, l’ambassadeur français à Paris, ou encore la diplomatie iranienne, sans oublier des généraux russes spécialistes de la guerre biologique ! Or, les grands médias américains et européens rejettent catégoriquement toute hypothèse sur le caractère artificiel du coronavirus …

NOTES ET RENVOIS :

(1) Cfr. sur UC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* GEOPOLITIQUE DU CORONAVIRUS (IV):

COMMENT LA PANDEMIE PROVOQUE LA CHUTE ET LA ‘TIERS-MONDISATION’ DU PREMIER MONDE OCCIDENTAL !?

http://www.lucmichel.net/2020/03/21/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-du-coronavirus-iv-comment-la-pandemie-provoque-la-chute-et-la-tiers-mondisation-du-premier-monde-occidental/

* Et : UN SIECLE APRES SPENGLER ‘LE DECLIN DE L’OCCIDENT’ SE PRECIPITE (LA CHUTE DU PREMIER MONDE OCCIDENTAL II)

http://www.lucmichel.net/2020/04/08/luc-michels-geopolitical-daily-un-siecle-apres-spengler-le-declin-de-loccident-se-precipite-la-chute-du-premier-monde-occidental-ii/

(2) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

A PEKIN, TEHERAN, MOSCOU ON ACCUSE : LE CORONAVIRUS COVID-19 EST UNE ‘BIO-ARME’ AMERICAINE !

http://www.lucmichel.net/2020/04/21/luc-michels-geopolitical-daily-a-pekin-teheran-moscou-on-accuse-le-coronavirus-covid-19-est-une-bio-arme-americaine/

(3) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

DOCUMENT: COVID-19 ET EXERCICE ‘EVENT 201’. L’AMBASSADE DE CHINE A PARIS ACCUSE LES USA !

http://www.lucmichel.net/2020/04/22/luc-michels-geopolitical-daily-document-covid-19-et-exercice-event-201-lambassade-de-chine-a-paris-accuse-les-usa/

(4) QUE PENSER DE LA PROPAGANDE ANTI-CHINOISE ? CGTN INTERVIEWE D’UN HOMME D’AFFAIRES AFRICAIN EN CHINE

https://vimeo.com/412706625

Les mesures de quarantaine prises par la Chine pour faire face à l’augmentation des cas importés ont engendré des accusations de xénophobie et de discrimination raciale. La journaliste de CGTN a discuté avec un homme d’affaires africain en Chine pour voir comment il perçoit ces allégations.

(5) Voir sur :

https://www.lepoint.fr/culture/un-missionnaire-denonce-la-contamination-des-indiens-avec-la-variole-06-04-2020-2370190_3.php

(6) Je vous parle souvent ‘Rai Al-Youm’, quotidien en ligne basé à Londres.

Ce site panarabe a été créé à Londres en septembre 2013 par le journaliste Abdel Bari Atwan, ancien directeur du quotidien Al-Quds Al-Arabi. “L’opinion d’aujourd’hui” se veut nationaliste arabe, antisaoudien et antisioniste.

www.raialyoum.com/

(7) Cfr. 2 supra

(8) Cfr. 3 supra

(9) Cfr. LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

QUELS SONT LES SCENARIOS GEOPOLITIQUES POUR L’APRES-PANDEMIE DU CORONAVIRUS ?

http://www.lucmichel.net/2020/04/15/luc-michels-geopolitical-daily-quels-sont-les-scenarios-geopolitiques-pour-lapres-pandemie-du-coronavirus/

(Sources : Rai Al-Youm – Global Times – Middle East News – CGTN – Le Point – EODE Think Tank)

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LA FRANCE FACE À LA NOUVELLE GÉOPOLITIQUE DES OCÉANS

 

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EODE-BOOKS - France geopol des océans (2020 04 24) FR

# RECONQUÉRIR PAR LA MER –

LA FRANCE FACE À LA NOUVELLE GÉOPOLITIQUE DES OCÉANS

Richard Labévière,

Éditions Temporis.

La critique de Robert Bibeau, ‘éditeur du Webmagazine ‘Les 7 du Québec’, emporte notre agrément :

La thèse géopolitique de Labévière repose sur un postulat :

« 1) mers et océans constituent le vecteur structurant de l’économie globalisée;  » … alors qu’il faudrait lire :  » l’économie globalisée et mondialisée (il y a des nuances entre ces deux termes) utilise les voies maritimes comme l’un de ses vecteurs structurant (à côté du train, de l’avion, et du camionnage tous indispensables). Ceci pour réaffirmer que c’est la puissance économique = les capacités globales des moyens de production = qui détermine ce qu’une puissance impérialiste (la France par exemple) pourra faire de sa façade maritime et de celle de ses concurrents,

Ce qui entraine que la France 5e ou 6e puissance industrielle mondiale – immensément loin de la Chine – la 1ere – ne peut soutenir ses illusions maritime : « A l’initiative de la France, une «Route de la soie à l’envers» s’est esquissée: la stratégie dite «Indo-Pacifique» est considérée comme une «géostratégie de troisième voie». Que la France gaspille ou non des milliards de dollars dans l’armement et le militarisme cela ne changera en rien de puissance industrielle en déclin accéléré. C’est pourtant ce que voulait signifié le stratège chinois : «Le Civil d’abord, le Militaire après», concept en filiation directe des enseignements du grand stratège Sun Tzu, auteur de l’un des manuels majeurs –L’Art de la guerre– Le Civil étant ici = les échanges commerciaux découlant et supportant le développement industriel et productif capitaliste.

Ainsi n’en déplaise à M. l’officier Labévière le 6e de la classe sur les continents ne peut aspirer qu’au 6e rang sur les océans impériaux. Napoléon l’avait pourtant appris il y a plus d’un siècle passé.

PARTIE I

UN MANIFESTE STRATÉGIQUE À L’INTENTION D’UN PAYS À LA FOIS DEUXIÈME DOMAINE MARITIME ET PREMIER ESPACE SOUS MARIN DU MONDE.

A la hache, à la manière d’un bûcheron chevronné, l’auteur assène ses vérités, comme pour secouer de sa torpeur une technostructure à bout de souffle, comme pour réveiller de sa léthargie une caste politico médiatique plombée par ses délires et dérives de la guerre de Syrie, comme pour réveiller un pays de sa torpeur du fait d’un grand malaise social dû à son endettement colossal et son enlisement dans des guerres post coloniales au Sahel et en Syrie. Comme pour administrer un électrochoc à l’effet d’enrayer la relégation de la France du classement des grandes puissances mondiales, en lui proposant un objectif dynamisant à la mesure de l’ambition qu’il veut lui insuffler.

«La France possède le deuxième domaine maritime et le premier espace sous marin du monde. Sa marine nationale est opérationnelle partout. Ses savoir faire techniques couvrent tous les enjeux de défense et de sécurité, comme ceux de l’économie bleue, de la recherche et de la protection environnementale. Pourtant notre pays peine à exploiter ses atouts, alors qu’une nouvelle géopolitique des océans multiplie guerres commerciales, rivalités de ports destructions et pillage des ressources naturelles, crises ouvertes en mer de Chine méridionale, dans le golfe Persique, les océans Indien et Arctique, en Méditerranée et en mer Noire….

«Dans cette confrontation globale, même si l’action de l’état en mer reste un modèle, même si notre gouvernance maritime est efficace, nos forces se perdent dans le court-termisme d’un pouvoir exécutif hyper-centralisé. Exemple emblématique: l’absence d’un deuxième porte-avions affaiblit la crédibilité stratégique du «Charles de Gaulle» et de son éventuel remplaçant. Force est d’admettre qu’il est des économies qui coûtent cher».

DEUX PORTE-AVIONS SINON RIEN

L’auteur consacre un chapitre complet à ce problème: «Deux porte-avions sinon rien»: «Il n’y a pas de réelle mobilité si l’on ne possède pas qui va avec, d’autant plus grande que la distance va avec. Sur ce point il y a confusion habituelle entre mobilité et rapidité. Il faut en réalité les deux. C’est l’avantage des forces aéronavales de les concilier par le mariage de la mobilité et de l’ensemble qui fait planer l’incertitude avec la foudroyance de leur moyens: missiles et aéronefs embarqués» (Chapitre 3).

…«Après l’effondrement de Mai 1949, c’est par la mer qu’ont démarré la France Libre et la reconquête. Certes, la France d’aujourd’hui n’est pas occupée militairement.Mais face aux abandons successifs de souveraineté induits par la mondialisation, contraints par l’Union européenne et l’OTAN, la mer représente une fantastique opportunité de reconquête de l’indépendance nationale et de liberté».

Tout est dit avec précision et concision. Ce constat n’émane pas de verbeux médiacrates qui peuplent nos lucarnes, mais d’un homme de terrain.

L’AUTEUR

L’auteur de «Reconquérir par la Mer» (Temporis), Richard Labévière, est un connaisseur des choses de la mer et de beaucoup d’autres choses. Fils d’un officier de la marine, cet officier de la réserve opérationnelle embarque chaque année au début de l’été à bord du navire école de la Marine Nationale pour inculquer aux élèves officiers les rudiments de la nouvelle géo stratégie planétaire. Une session pédagogique intensive pour le plus grand profit de la génération de la relève.

Ancien Rédacteur en chef de la revue «Défense» de l’Institut des Hautes Études de la Défense Nationale, il est le promoteur de la notion de «rizhome islamique» pour expliquer le déploiement arachnéen de la métastase terroriste. Son ouvrage en la matière «Le terrorisme face cachée de la Mondialisation» (Pierre Guillaume de Roux- Éditions) fait autorité.

«La France face à la nouvelle géopolitique des Océans», le sous-titre de son nouvel ouvrage, est une thématique qui échappe aux préoccupations et à la sagacité de la quasi totalité de la classe politique française. Un manifeste pourtant en résonance avec la thématique développée uniquement et exclusivement par deux personnalités politiques françaises, Jean Luc Mélenchon lors de sa campagne présidentielle de 2017, et Jean Pierre Chevènement, le préfacier de cet ouvrage.

Paraphrasant le commandement de Sir Walter Raleigh, le théoricien de la colonisation occidentale du Monde: -«Celui qui commande la mer commande le commerce; celui qui commande le commerce commande la richesse du monde, et par conséquent le monde lui-même », (Cf. Sir Walter Raleigh (1554-1618), History of the world,)-, l’ancien ministre socialiste de la Défense fixe le débat: «La France n’est pas que le Finistère de l’Eurasie… et la mondialisation a rebattu les cartes. En 1950, on transportait un peu plus de 500 millions de tonnes de marchandises par voie maritime. Aujourd’hui plus de dix milliards de tonnes. Plus de 80 pour cent des transports des marchandises se font par voie maritime».

Jean Pierre Chevènement déplore en conséquence la frilosité des Français dans ce domaine: «Depuis Trafalgar, la France a laissé aux Anglais le grand large… alors qu’elle dispose avec la CMA-CGM (Compagnie Maritime d’Affrètement – Compagnie Générale Maritime le 3eme transporteur mondial… et que la conteneurisation du trafic maritime est un progrès irréversible, étroitement corrélé à la mondialisation des échanges».

PARTIE II

MORCEAUX CHOISIS DE L’OUVRAGE:

«La mondialisation, c’est la mer! Oui, la mondialisation, bien avant Christophe Colomb et les Vikings – avec les migrations des tribus du bout de l’Asie -, la mondialisation c’est d’abord la mer et les océans. Ce constat se fonde sur trois raisons principales: 1) mers et océans constituent le vecteur structurant de l’économie globalisée; 2) plus de 65% de la population mondiale vit dans les zones portuaires et côtières; 3) enfin, la plupart des crises internationales se déversent, aujourd’hui dans l’eau: détroits, canaux et nombres d’îles sont devenus des enjeux stratégiques de premier plan.

Depuis la chute du Mur de Berlin, la mondialisation se caractérise aussi par une guerre économique tous azimuts, une dérégulation généralisée et une dé-territorialisation des centres de décision, conséquence d’une «disruption numérique» optimale. On peut renvoyer ici aux travaux du sociologue Bernard Stiegler.

LES STRATÉGIES NAVALES EN TROIS NIVEAUX:

1 – Le niveau impérial, voire néo-colonial incarné par les États-Unis qui assurent une hégémonie américaine globale. En 2018, près de 200.000 hommes, soit 10% du personnel militaire américain, étaient déployés à l’étranger dans 800 bases militaires, le plus souvent maritimes, dans 177 pays.

2- Le «niveau intermédiaire», qui intègre et recycle un passé colonial pour présenter aujourd’hui des stratégies dites de «troisième voie»: c’est le cas de la Grande Bretagne et de la France, disposant de marines hauturières, présentes sur l’ensemble des mers et océans du globe.

3- Le niveau de stratégies de pays émergents, ré-émergentes, sinon émergées: c’est le cas de l’Inde, du Pakistan, du Brésil, du Japon, de l’Australie et bien-sûr de la Russie, qui revient à ses sauvegardes maritimes de proximité, mais qui renoue aussi avec son mouvement ancestral vers les mers chaudes.

LA STRATÉGIE CHINOISE: LA GRANDE BOUCLE

Cette boucle part de la mer de Chine méridionale, se déploie dans l’océan Indien, remonte par la mer Rouge jusqu’en Méditerranée, passe le détroit de Gibraltar pour remonter en Atlantique Nord, avant d’emprunter la «route du Nord», de Mourmansk au détroit de Béring –sur près de 4000 kilomètres– pour dépasser le Kamtchatka avant de revenir en mer de Chine: la boucle est, ainsi bouclée…Mais dans son déploiement la Chine se heurte à des problèmes: En mer de Chine méridionale à travers des présences contestées, notamment autour des îles Paracel et Spratley, opposant la Chine et le Vietnam. Dans bien d’autres zones, Pékin est en confrontation directe avec plusieurs états de la sous-région: Japon, Indonésie, Malaisie, Thaïlande, Australie, etc.

En océan Indien: il y a d’abord les conséquences de la présence chinoise dans le port militaire pakistanais du Baloutchistan–Gwadar, qui inquiète l’Inde voisine.

En Afrique: Dans la zone du canal du Mozambique et de Madagascar, les prétentions économiques de Pékin se heurte frontalement aux intérêts français liés aux îlots de Tromelin et des Eparses.

En mer Rouge, autour de Djibouti. En juin 2017, le président Xi Jinping a officiellement inauguré la première base militaire chinoise extraterritoriale à Djibouti (capacité d’accueil de plus de 10.000 hommes), l’état portuaire étant devenu le «hub stratégique» de l’Afrique de l’Est. Devenu l’un des épicentres majeurs de la mondialisation, le grand jeu djiboutien n’a pas encore dit ses dernières ruses …

La mer Rouge: au delà de la confrontation Qatar-Turquie à l’encontre de l’Arabie saoudite, à partir de l’île de Suakin, juste à la hauteur du port militaire de Djeddah, la mer Rouge et son prolongement par le canal de Suez constitue l’une des articulations majeures des Routes de la soie maritimes. Plus largement, le canal de Suez (qui vient d’être doublé sur son segment central) demeure l’un des pivots stratégiques de la mondialisation maritime, qui nous amène aux enjeux méditerranéens et à une implantation militaire chinoise pérenne dans le port syro-russe de Tartous.

En Méditerranée, Pékin multiplie des implantations dans les ports civils, notamment ceux du Pirée en Grèce, de Cherchell en Algérie, en Italie et au Portugal. Concernant la route dite du «Grand Nord», les accords de coopération Russo-Chinois détermineront –à terme– un rail arctique de première importance. Toujours est-il que «La grande boucle maritime» des Routes de la Soie ne va pas de soi… et génère nombre d’interrogations économiques et stratégiques, même si, officiellement, ce déploiement planétaire s’opère, d’abord, de manière civile, avant de révéler des aspects militaires induits à plus long terme.

UN JEU DE GO PORTUAIRE

Dans leur stratégie des «nouvelles routes de la soie», les ports européens sont des cibles privilégiées de Pékin. Depuis la prise de contrôle totale du Pirée en avril 2016, une douzaine de ports ont vu des opérateurs chinois investir leurs quais. Se joue ici, un «jeu de G0» planétaire. Et Pékin n’en fait pas mystère! Les ports européens font partie de ses cibles de sa stratégie maritime. Méthodiquement, les sociétés chinoises investissent les quais et les terminaux de conteneurs délaissés par les opérateurs privés européens et les collectivités territoriales. La prise de contrôle la plus symbolique est celle du port du Pirée, en Grèce, en avril 2016. Sous la pression de la Troïka (FMI, BCE, Commission européenne), le gouvernement grec a privatisé l’ensemble du port voisin d’Athènes. Le repreneur est un groupe chinois, COSCO, qui détenait déjà 49 % du port.

Les opérateurs chinois détiennent désormais plus de 10 % des capacités portuaires européennes.: Du Pirée à Vado Ligure en Italie, en passant par Valence en Espagne, Zeebrugge en Belgique et enfin Dunkerque et Marseille, une emprise grandissante des sociétés chinoises dans les infrastructures portuaires européennes est constatée.

Cette stratégie repose sur un concept-clé: «Le Civil d’abord, le Militaire après», concept en filiation directe des enseignements du grand stratège Sun Tzu, auteur de l’un des manuels majeurs –L’Art de la guerre– enseigné dans toutes les écoles de guerre et selon lequel, il s’agit de gagner les guerres sans les déclarer…

Dernièrement, l’Amiral Christophe Prazuck, chef d’état-major de la Marine nationale française, a rappelé qu’en moins de quatre ans, Pékin avait mis à flot l’équivalent du tonnage de la totalité de la marine militaire française, à savoir plus de 80 bâtiments!

«Le budget officiel chinois de la Défense, en constante augmentation depuis les années 1990, classe Pékin désormais au deuxième rang mondial derrière Washington avec en 2008, 5,8% des dépenses mondiales, soit 84,9 milliards de dollars – en augmentation de 194% entre 1999 et 2008. On reste tout de même loin des 600 milliards de dollars votés par le Congrès américain à l’armée des Etats-Unis en 2018», ajoute-t-il. Aujourd’hui, le budget américain de la défense dépasse les 750 milliards de dollars…

LA STRATÉGIE FRANÇAISE:

A l’initiative de la France, une «Route de la soie à l’envers» s’est esquissée: la stratégie dite «Indo-Pacifique» est considérée comme une «géostratégie de troisième voie». Elle vise à élargir les axes vitaux de défense et de sécurité. A partir des bases et points d’appuis existants à Djibouti, Abou Dhabi, Mayotte, La Réunion et la Polynésie. En approfondissant sa coopération militaire avec l’Egypte, qui vient de moderniser le canal de Suez, la France entend consolider le sommet d’une pyramide qui va s’élargissant de la mer Rouge, de l’océan Indien jusqu’au Pacifique en renforçant trois partenariats principaux avec l’Inde, l’Australie et, dans une moindre mesure, le Japon.

LA NOUVELLE MÉDITERRANÉE: L’ACCORD LIBYE-TURQUIE.

L’accord conclu fin 2019 porte sur une spectaculaire violation de l’espace maritime méditerranéen qui redéfinirait unilatéralement les Zones économiques exclusives (ZEE) des deux pays. En effet, une clause secrète instaure, aussi artificiellement qu’illégalement, une frontière maritime turco-libyenne au beau milieu de la Méditerranée. «Cet accord permettrait à Ankara d’augmenter de 30 % la superficie de son plateau continental et de sa ZEE, pouvant ainsi empêcher la Grèce de signer un accord de délimitation maritime avec Chypre et l’Égypte, ce qui renforcerait considérablement l’influence de la Turquie dans l’exploitation des hydrocarbures en Méditerranée. Autant dire qu’on assiste à la délimitation arbitraire d’une nouvelle Méditerranée», estime un expert de l’IFREMER.

Ce coup de force turc visait à anticiper l’accord du gazoduc East-Med, signé le 2 janvier 2020 à Athènes: infrastructure par laquelle transiteront les futures exportations de gaz du gigantesque gisement de la Méditerranée orientale vers l’Italie et le reste de l’Union européenne.

La découverte d’importantes réserves d’hydrocarbures en Méditerranée orientale a déclenché une ruée vers les richesses énergétiques et ravivé la tension entre Chypre et la Turquie, laquelle fait déjà face à des sanctions de l’Union européenne en raison de ses navires qui cherchent du pétrole et du gaz au large de Chypre.

EAST-MED : ALLIANCE GRECE/CHYPRE/ISRAËL

L’oléoduc East-Med– 1.872 kilomètres pour un coût évalué entre 6 et 7 milliards d’euros – va définitivement changer la carte énergétique de l’Europe. Présenté dès 2013, le projet East-Med consiste à acheminer entre 9 et 10 milliards de mètres cubes par an de gaz naturel d’Israël et de Chypre en direction de la Grèce, puis de se relier aux projets de gazoducs Poseïdon (interconnexion entre la Grèce et l’Italie) et IGB (interconnexion entre la Grèce et la Bulgarie).

East-Med comprendrait quatre parties: un pipeline offshore de 200 km, allant des sources de la Méditerranée orientale à Chypre, un pipeline offshore de 700 km reliant Chypre à l’île de Crète, un pipeline offshore de 400 km de la Crète à la Grèce continentale (Péloponnèse) et un pipeline terrestre de 600 km traversant le Péloponnèse et la Grèce occidentale.

Directeur du site https://prochetmoyen-orient.ch/, Richard Labévière, on l’aura compris, n’est pas un journaliste de déférence, ni un journaliste de révérence, encore moins un journaliste de convenance. Mais un journaliste de pertinence et d’impertinence. Un journaliste de référence.

TABLE DES MATIÈRES

Préface: Jean Pierre Chevènement.

Introduction: Une opportunité historique

1- 2me domaine maritime et premier espace sous-marin

2- Seconde maritime militaire

3- Deux porte-avions sinon rien.

4- L’arsenalisation des mers

5- Le grand jeu djiboutien

6- Une guerre des ports

7- Nouvelles razzias dans l’océan Indien

8 -Un rapport abandonné … à la critique rongeuse des souris

9- La terre est bleu citron

10 – Une gouvernance rhizomatique

11- Servitude et grandeur des préfets maritimes

12- Quel est l’ennemi?

13- OTAN et «en même temps» Europe de la défense?

14- Réponse en 3 cercles

Conclusion: Changement de cap.

Post scriptum I: Jurisprudence Vendémaire

Post scriptum II: Cinq leçons de la crise du golfe Persique

Post scriptum III: Tous sous un même ciel menaçant

RECONQUÉRIR LA MER /

LA FRANCE FACE À LA NOUVELLE GÉOPOLITIQUE DES OCÉANS»

Temporis Éditions, dont le directeur est François d’Aubert, ancien secrétaire d’état à la Recherche.

Prix 18,5 euros. ISBN978-2-37300-057-3

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COMMENT TRUMP UTILISE LA PANDEMIE DU COVID-19 COMME COUVERTURE POUR LANCER LA GUERRE AMERICAINE CONTRE L’IRAN ? (LES GUERRES DU CORONAVIRUS)

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2020 04 25/ LM.GEOPOL - Bio arme US III (2020 04 25) FR 2

«Les États-Unis souhaitent un changement de régime en Iran, font tout ce qu’il faut pour y parvenir»

– Robert Fantina (journaliste américain).

Comme je l’explique depuis de nombreuses semaines, la pandémie çà sert aussi à faire la guerre, les « guerres du coronavirus » ! (1) Cette fois c’est un magazine américain, bien connu pour ses enquêtes sérieuses dans le domaine militaire qui accuse le Régime Trumps. « Trump utilise le Covid-19 comme couverture pour la guerre avec l’Iran », dénonce ‘The Intercept’ (30 mars 2020) …

Ce site américain a écrit dans un article (2) que le président Donald Trump et ses conseillers « cherchaient à exploiter l’occasion de la propagation de la pandémie meurtrière de Coronavirus comme couverture pour lancer la guerre contre l’Iran. » Dans un article signé Mehdi Hassan, le magazine en ligne ‘The Intercept’ a mis en garde contre l’utilisation par le président américain de la propagation de la Covid-19 dans le monde « comme une couverture de la guerre contre l’Iran ». Tout au début de son article, Mehdi Hassan a souligné que « les informations concernant le Coronavirus étaient partout et qu’il n’y avait aucun moyen d’en sortir ajoutant que la pandémie avait submergé tout le monde et tout le monde en parle ». Il fait allusion à l’article du ‘New York Times’ qui prétend dans son édition du 27 mars que « le Pentagone aurait ordonné à ses commandants militaires en Irak de préparer une attaque meurtrière contre l’une des composantes des Hachd al-Chaabi », pour orienter un instant ses lecteurs vers un sujet différent de celui du coronavirus.

« IRAK : LE PLAN SUICIDAIRE DU PENTAGONE ! »

(NEW YORK TIMES)

D’après le rapport du ‘New York Times’, le haut commandant des États-Unis en Irak, le lieutenant-général Robert P. White a averti dans une note « qu’une telle campagne pourrait être sanglante et contre-productive et risquerait de déclencher une guerre avec l’Iran ». Mehdi Hassan pose ensuite une question : « Quel genre de maniaque risque une telle guerre au milieu d’une pandémie mondiale ? » « La réponse c’est le président Donald Trump, aidé et encouragé par le secrétaire d’État Mike Pompeo et le conseiller à la sécurité nationale Robert O’Brien. »

‘The Intercept’ indique qu’un Iranien meurt de Covid-19 toutes les 10 minutes, tandis que 50 personnes sont infectées dans le pays toutes les heures. « Le bilan des morts approche rapidement à 3000 (Ndla : fin mars). Pourtant, pour Trump et ses principaux collaborateurs, il s’agit d’une “occasion” de faire avancer leur programme belliciste » , a-t-il noté. Plus loin dans son article, Hassan citant le lieutenant-général Robert P. White, a averti que « plus il y a de pression, plus il y a d’escalade ». « Les démocrates au Congrès ne sont pas disposés ni en mesure d’appeler à des auditions sur la politique irresponsable et dangereuse de l’administration américaine sur l’Iran, au milieu de la crise actuelle de la propagation du coronavirus. Trump et ses conseillers ne semblent pas se soucier des implications nationales du déclenchement d’une nouvelle guerre étrangère. Il s’agit d’une administration qui annonce publiquement une nouvelle série de sanctions punitives sur l’économie iranienne en difficulté, tout en exhortant en privé les commandants militaires américains à intensifier un conflit avec les Iraniens sur le sol irakien », a-t-il écrit.

Toujours faisant référence à l’article du ‘New York Times’ sur la tentative américaine de se confronter à l’Iran en Irak, Mehdi Hassan souligne que pour Trump et ses collaborateurs, il ne suffit pas de détruire l’économie iranienne. « Ils sont déterminés à exploiter la propagation d’une maladie mortelle comme couverture pour une nouvelle guerre », a-t-il conclu.

NOTES :

(1) Voir sur PRESS TV/ ‘ZOOM AFRIQUE’ DU 09 04 2020/

Luc MICHEL, COVID-19: NOUVELLE ARME DE DÉSTABILISATION EN AFRIQUE (LES GUERRES DU CORONAVIRUS)

sur https://vimeo.com/412905038

(2) Medhi Hasan, “Beware of Trump Using the Coronavirus as a Cover for War With Iran”,

https://theintercept.com/2020/03/30/trump-iran-war-coronavirus/

(Sources : The Intercept – New York Times – Press TT, EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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USA: RIVOLUZIONE COLORATA DEI RICCHI (E DEL “MANIFESTO”) —- LA SINISTRA DI GUERRA VERSO IL COLPO DI STATO —- MONUMENTI: LIBERI DAL PASSATO, PRONTI AL VACCINO

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/06/usa-rivoluzione-colorata-dei-ricchi-e.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2020

Voi siete qui

“È meglio avere aspri nemici che amici che sembrino affettuosi, perché quelli dicono spesso la verità, questi mai.” (Marco Porcio Catone)

Ci fottono e li paghiamo 

La sineddoche è quell’artificio linguistico, figura retorica, grazie al quale nel particolare si può intravvedere il totale. E’ l’uso della parte per il tutto e viceversa: senzatetto per senza casa, l’Italia per gli italiani, portafoglio di vitello per pelle di vitello. In campo mediatico, forzando, ma di poco, nella frase “la voce del padrone” si può leggere, sia una vecchia casa discografica, sia tutta la TV, dalla RAI a La7 a Mediaset, sia tutti i giornali, dal Corriere a Topolino. I giornali che la mia modesta pensione mi consente di comprare e assolutamente non per stima o affinità, anzi, sono “La Repubblica”, “il manifesto”, “La Verità” (per un’oncia di opposizione) e “Il Fatto quotidiano”.

La spesa più irritante è quella per il mattinale, da me involontariamente sovvenzionato, propagatore di certi precisi interessi politici e geopolitici, che da quasi mezzo secolo turlupina i gonzi che si credono ganzi, con la scritta “quotidiano comunista” sopra la testata. Insisto a comprarlo perché, grazie alla sineddoche, leggendolo è come ascoltassi CIA, FBI,.Pentagono, Open Society di Soros, Fondazioni Rockefeller e Ford, Hillary Clinton, tutti in conclave.

Da Catone a catino

Da qualche tempo mi provoca inappetenza anche il quotidiano di Travaglio, mascheratosi per un po’ da Catone il Censore nei confronti degli inquilini dei piani alti, ma quando costoro si sono fatti madamigelli di quelli dell’attico, ne è diventato il massimo celebrante. Già soffriva della neoplasia di una pagina estera di qualità giornalistica infima e scritto con l’inchiostro made in Pompeo. Ora siamo alla metastasi.

Torniamo un attimo a Catone il Censore. “Non possiamo controllare le malelingue degli altri; ma una vita retta ci consente di ignorarle”. Non lo ascolto e continuo a versare quell’obolo spropositato di €1.50 al “manifesto” per trarne indicazioni, più precise rispetto ad altri, di quanto la destra mondialista, nella sua espressione sorosiana, pensa e architetta. lealtà assoluta al sovrano. Nessuno le sa dare meglio del “manifesto”, scissosi dal PCI, per dar libero sfogo ad anticomunismo e russofobia, per calmierare l’incipiente rivolta sessantottina e per applicare il noto rossetto al suino imperialista.

“Il manifesto”, un po’ di storia

Il “manifesto” si è subito accreditato al Potere avvallando l’inganno delle BR “nati dall’album di famiglia”, filiazione dall’odiato PCI, a dispetto di tutte le documentate e politicamente evidenti derivazioni e sponsorizzazioni dallo Stato e dai suoi servizi segreti, per mandato di altro Stato e altri servizi. Presto è progredito nel supporto all’imperialismo con la formula delle “dittature violatrici di diritti umani” inflitta a tutti i paesi aggrediti da USA e Nato. Poi il supporto alla tratta di schiavi e schiave, a favore di agrobusiness e multinazionali, operata con il traffico di migranti. Segue la sostituzione della lotta di classe, oggi dei dominati ai dominanti, con la propaganda di genere e LGBTQI+ (il + sta per coprofagia e pedofilia tipo Mario Mieli?).

Ottemperando a ordini di servizi, perlopiù impartiti dal Deep State, arrivano il superamento, tramite femminismi con le zanne, del contrasto al capitalismo, l’abolizione della sovranità nazionale a favore di organismi sovranazionali ademocratici e colonizzatori. Ma anche molto altro, sempre secondo gli OdG della Cupola globalista finanzcapitalista, fino a farsi agitprop dell’Operazione bio-tecno-fascista del Coronavirus e fino a gettare bidoni di benzina, magari quella rubata a siriani, iracheni e venezuelani, su una jacquerie statunitense travestita da antifascista e antirazzista.

Etichette applicate al complotto anti-Trump per conto dei più accaniti e potenti fautori e profittatori del razzismo e colonialismo di Stati Uniti e alleati. Il giornale si picca di opporsi alla repressione nei territori occupati da Israele, senza peraltro mai dirci che i poliziotti militarizzati da Obama, sotto Obama sono andati a scuola da istruttori israeliani (di cui qui un’esemplificatrice immagine), a partire da quelli dell’impostazione ginocchio sul collo  vista a Indianapolis. Uno su otto dei poliziotti di questa e di altre città sono stati istruiti da Yamam, Polizia di Frontiera israeliana, destinata all’anti-terrorismo e meglio nota in Palestina come squadrone della morte.

La “Comune” autonoma di Seattle

Pretendendo la derivazione dalla “Comune di Parigi” del 1971, prima democrazia socialista in Europa, dopo la Repubblica Romana del 1849, un gruppetto di “anarchici”, sotto le insegne care al “manifesto” e a tutti gli altri portatori d’acqua del Deep State, “Antifa” e “Black Life Matters (BLM), ha instaurato a Seattle, di dimenticata memoria antiglobalista, il CHAZ, “Zona Autonoma di Capitol Hill”. Capitol Hill è il nome di un quartiere derelitto e semiabbandonato. Lì, sotto gli occhi benevoli di polizia e pompieri, di genia e con sindaco Democratici, si è installato un regno del teppismo puro, caratterizzato da decine di ricoverati per overdose, risse tra occupanti, furti da tenda a tenda, che un “tribunale popolare” risolve con la sentenza “il giusto passaggio dai più ai meno abbienti”, pestaggi di cittadini che protestano, incendi di esercizi che invocano la polizia.

Più casino facciamo e meno, a novembre, vince Trump

 Antifa a Berkeley

Ora una squadra di bikers, tipo i famosi “Hell’s Angels”, ha promesso di ripulire la zona e restituirla ai suoi abitanti. Un episodio nella guerra civile vaticinata dal Partito Democratico e dai suoi filantropi, finanziatori delle due organizzazioni sopra citate, al fine di creare le condizioni in cui una nuova vittoria di Trump a novembre risulti impossibile. E che, se dovesse verificarsi, data lo spessore di mariuolo incallito e di alzheimeriano, di Joe Biden, candidato dei democratici e dei nostri PD e “manifesto”, lo stesso Biden ha detto si debba affrontare “con risoluto intervento dei militari contro Trump che, se dovesse perdere, sicuramente non mollerebbe”. Se pensiamo cosa succede da noi, privati di parlamento e forniti di covid-19, app di tracciamento, vaccini all’alluminio obbligatori, 5G, mascherine zeppe di germi e Co2 e distanziamenti, riscontriamo una volta di più che tutto il mondo è paese. Sanno già che la “seconda ondata arriva a ottobre, come sanno già che Trump perde, o, semmai, vince con i brogli.

Sardine in solidarietà con BLM

BLM e le Pantere Nere

Teniamo presente che questi sovvenzionatissimi e vezzeggiatissimi BLM – quanto le “#MeToo” d’antan, sparatrici di querele per fatti di trent’anni prima – rappresentano qualcosa che i movimenti di liberazione neri di sessant’anni fa bollavano di depistaggio dalla questione di base, il capitalismo. Quelli di oggi, con i mezzi forniti da Ford, Soros, fondazioni varie, stanno ai Black Panther, a Malcolm X, o perfino a Luther King, come il leone di gesso all’ingresso della villa stanno alla statua di Sacco e Vanzetti.

30 milioni di George Soros a BLM

Interessante e anche il fatto che una “FONDAZIONE BLACK LIVES MATTER”, che esiste da molto prima dei BLM, ha dichiarato di non avere niente a che fare con questi, finanziati e gestiti dalle più ricche banche e multinazionali e da Soros e li ha denunciati per avergli rubato il nome!

I monumenti della Storia e quelli del nichilista

Dal bombardamento di Monte Cassino e delle città d’arte tedesche e italiane, da Vietnam e Cambogia rasi al suolo con tutti i loro templi, dai monumenti e teatri distrutti in Serbia, da Palmira e Niniveh rase al suolo, sappiamo che il nichilista ha bisogno di erodere, fino all’annientamento, la memoria delle genti e della loro costituzione in nazioni, con tutto ciò che il processo ha prodotto ed è costato per costruire un’identità che unisca, rafforzi, garantisca un futuro di continuità della specie che, senza, si riduce a fenomenologia episodica, transeunte, senza tracce.

Il discorso vale per chi oggi butta giù monumenti e che, inesorabilmente, “il manifesto”, privo di distinguo, esalta ed esorta a proseguire. Perché, nelle parole su quel giornale del pensatore Alessandro Portelli, “la Storia è anche fatta di oblio e di cancellazioni”. Cosa che farebbe molto comodo al “manifesto” e alla criptodestra che si definisce sinistra. Noi, convinti dall’assunto, vorremmo collaborare, fornendo esempi di altre turpitudini del passato che potrebbero inquinare la nostra via dell’oblio (ringrazio di alcuni suggerimenti il nobile RT).

Lavoro da fare

Casa Bianca. Esempio di feroce razzismo è la Casa Bianca, sia per il suo nome, sia perché venne eretta e abitata da gente che possedeva schiavi neri, Si dovrebbe, anzi, radere al suolo l’intero Stato di Washington DC, visto che è nato sul genocidio dell’etnia nativa ed è intitolato nientemeno che a Cristoforo Colombo (District of Columbia).

Scacchi. Allegoria di violenza razzista, visto che i bianchi devono essere sempre mossi per primi.

Piramidi. Ricordano in eterno agli israeliani che i loro antenati furono schiavizzati dai faraoni e che furono costruite da milioni di schiavi neri.

Shakespeare. Non basta la raffigurazione razzista e malevola di un protagonista nero, Otello, rappresentato come un facilmente manipolabile suicida e assassino di donne. Senza dimenticare la vile misogenia e maniacale transphobia dell’opera “La bisbetica domata”. L’autore va radiato dalla Storia e la sua Royal Shakespeare Company dispersa al vento.

Carte di Poker. Siano maledette per aver escluso del tutto i semi e le figure bianche: segno di razzismo di ritorno, speculare a quello contro gli altri colori.

George Bernard Shaw. Impropriamente venerato come massimo commediografo irlandese, ma autore razzista eugenetico di “Pigmalione” e “Androclo e il leone” , che apertamente aveva elogiato ur-razzisti come Hitler e Mussolini.

Zucchero. La sostanza dolcificante di cui insistiamo a fare uso sebbene resa possibile dal lavoro degli schiavi e definita migliore quando “bianca” e “raffinata”.

Colosseo. Nel quale si esalta il transgenico già ricordata in “Androclo e il leone”, ma soprattutto per secoli si è praticato lo spettacolo razzista e specista del massacro di schiavi e di specie definite belve.

La Moschea Blu. La più spettacolare e offensiva struttura del mondo islamico, eretta dall’impero ottomano al quale si deve il crimine di aver utilizzato per costruirla lavoro forzato rastrellato in Africa, Asia e Balcani, costretto poi addirittura a combattere le guerre dei sultani e califfi. Quanto a schiavismo, c’è poi il raccapricciante esempio del costruttore della moschea, Ahmed, che usava abusare di minorenni, addirittura bambine, per generare figli. Ma forse questo ci porta troppo vicino a un certo giornalista italiano. Lasciamo perdere.

Foto Italico e Colosseo Quadrato. Da ridurre in polvere perchè costruiti sotto l’egida e l’impulso del dittatore razzista che ha sterminato bruni e neri in varie parti dell’Africa. E coloro che, infangandosi di complicità col razzismo e arrivando a dichiarare, definendo questi “capolavori universali dell’architettura italiana” e che “il fascismo ha fatto qualcosa di buono” (frase che per i bio-tecno-digital-fascisti merita il rogo), siano condannati a traghettare in perpetuo convocati naufraghi africani verso Lampedusa.

Scipione. Detto l’Africano in spregio agli africani che, invasa l’Italia dalle Alpi, anziché essere accolti come ospiti graditi a Roma, furono spietatamente macellati per puro odio della loro origine e del loro colore.

Mi fermo. Lascio alla vostra immaginazione la prosecuzione di un ripulisti che, procedendo come dovrebbe, ci libererebbe tutti dalle infamie dei padri e ci renderebbe d’un colpo solo i primi abitanti della Terra. Vergini come l’acqua del Dio Po. Con dietro un mondo ripulito da razzisti e cattivi di ogni genere e il presente sanificato da Bill Gates. Del doman non v’è certezza.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:41

Presidio Europa Comunicato Stampa della Corte dei conti Europea, 16 giugno 2020

crediamo sia opportuno leggere il Comunicato Stampa della Corte dei conti Europea, (ancora prima di leggere per intero il rapporto di circa 105 pagine).

https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/INSR20_10/INSR_Transport_Flagship_Infrastructures_IT.pdf

La critica degli oppositori alle GOII e quella dell’ECA sono solo formalmente simili. ECA si pone infatti sul versante di color che pensano che occorra realizzare bene i progetti decisi anche se in taluni passaggi la sua critica appare più profonda, ad esempio quando tratta della cruciale questione della CO2 per la Torino-Lione: se i livelli di traffico raggiungono solo la metà del livello previsto, occorreranno 50 anni dall’entrata in servizio dell’infrastruttura prima che le emissioni di CO2 prodotte dalla sua costruzione siano compensate”.

Non è la prima volta che ECA critica questi investimenti, cfr. la Relazione speciale ECA n. 19/2018 “La rete ferroviaria ad alta velocità in Europa non è una realtà, bensì un sistema disomogeneo e inefficace” 

https://www.eca.europa.eu/it/Pages/DocItem.aspx?did=46398.

Segnaliamo la posizione della Commissione europea alle critiche di ECA a pagina 87 :

RISPOSTE DELLA COMMISSIONE ALLA RELAZIONE SPECIALE DELLA CORTE DEI CONTI EUROPEA

Lione-Torino

Secondo la pianificazione attuale, la tratta transfrontaliera lunga 57,5 km che comprende la galleria Lione-Torino sarà completata prima della scadenza del 2030 e sarà conforme ai requisiti del regolamento TEN-T.

Le linee di accesso italiane saranno pienamente conformi alle norme TEN-T entro il 2030 con la costruzione della nuova linea di accesso tra Avigliana e Orbassano e il potenziamento della linea tra Bussoleno e Avigliana.

Sul lato francese la linea convenzionale esistente, che attualmente funge da linea di accesso, è oggi conforme alla maggior parte dei parametri TEN-T. I requisiti che non sono soddisfatti si riferiscono alla velocità (alcune tratte consentono di raggiungere i 90 km/h invece di 100 km/h a causa della pendenza del 25‰) e all’ERTMS, di cui il Piano nazionale di attuazione francese prevede l’istituzione entro il 2030.

PresidioEuropa No TAV

La Torino- Lione è un Crimine Climatico

Comunicato stampa ECA  Lussemburgo, 16 giugno 2020

Secondo la Corte dei conti europea, bisogna velocizzare i megaprogetti transfrontalieri per ottimizzare i trasporti in Europa

I principali megaprogetti di trasporto transfrontalieri dell’UE progrediscono più lentamente del previsto.

Secondo una nuova relazione della Corte dei conti europea, è probabile che sei delle otto infrastrutture dal costo di diversi miliardi di euro oggetto dell’audit e le relative linee di accesso non funzioneranno a pieno regime per il 2030, come invece inizialmente previsto.

Il completamento della rete centrale transeuropea di trasporto (TEN-T) verrà dunque ulteriormente posticipato.

Nel 2013, gli Stati membri dell’UE hanno deciso di ultimare la rete centrale transeuropea di trasporto entro il 2030. Una caratteristica saliente della rete sono i progetti di trasporto transfrontalieri, miranti a migliorare i collegamenti tra reti nazionali lungo corridoi europei.

La Corte ha verificato se la costruzione su larga scala di autostrade, ferrovie e vie navigabili aventi impatto transfrontaliero sulla rete centrale di trasporto dell’UE sia stata ben pianificata e attuata in modo efficiente. Ha controllato otto megaprogetti cofinanziati dall’UE dal valore totale di 54 miliardi di euro (di cui 7,5 miliardi finanziati dall’UE), che collegano le reti di trasporto di 13 Stati membri: Austria, Belgio, paesi baltici, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Italia, Polonia, Romania e Spagna.

Per tutti i megaprogetti esaminati, la costruzione ha subito notevoli ritardi (11 anni in media): ciò ha messo a rischio l’efficace funzionamento di cinque dei nove corridoi che attraversano più Stati membri. Questi scarsi risultati sono dovuti principalmente al fatto che i progetti sono stati spesso blandamente coordinati tra paesi. Ogni Stato membro ha le proprie priorità d’investimento e procedure di pianificazione, e i progetti transfrontalieri o gli investimenti nei corridoi transnazionali non beneficiano sempre nella stessa misura del sostegno nazionale. Anche l’attuazione dei progetti progredisce a velocità differenti da ciascun lato della frontiera. Finora, la Commissione non ha utilizzato i limitati strumenti giuridici di cui dispone per far rispettare le priorità fissate a livello UE negli Stati membri che non riescono a tenere il passo.

La creazione nei tempi previsti dei corridoi della rete centrale è cruciale per il raggiungimento delle finalità strategiche dell’UE: stimolare crescita e occupazione e affrontare i cambiamenti climatici”, ha affermato Oskar Herics, il membro della Corte responsabile della relazione. “Dovrebbero essere profusi ulteriori sforzi per accelerare il completamento di molti dei megaprogetti-faro di trasporto dell’UE. Detti progetti sono infatti essenziali per conseguire una migliore connettività in Europa e per realizzare in tempo gli effetti di rete”.

Nel tempo, i costi di detti otto megaprogetti sono aumentati di più di 17 miliardi di euro (47 %), spesso a causa di modifiche della concezione e portata dei progetti, nonché a causa di un’attuazione inefficiente. L’aumento maggiore si è verificato per il progetto Canal Seine Nord Europe (parte del collegamento Senna-Schelda) i cui costi sono quasi triplicati. In Romania, invece, la Corte ha constatato che una nuova tratta dell’autostrada A1 non viene utilizzata e che due tratte sono state collegate in modo errato. Ciò ha comportato un uso inefficace dell’infrastruttura e uno spreco di fondi.

La Corte ha inoltre individuato debolezze nelle analisi costi-benefici effettuate dagli Stati membri su questi investimenti per svariati miliardi di euro: le previsioni di traffico potrebbero rivelarsi oltremodo ottimistiche e alcuni progetti potrebbero non essere economicamente sostenibili. Ciò è vero, in particolare, per la linea Rail Baltica e per la tratta ferroviaria del collegamento fisso Fehmarn Belt, con troppi pochi passeggeri. 

La Corte ha altresì osservato che la Commissione non ha valutato in modo indipendente le specifiche di costruzione basandosi sui potenziali flussi di traffico passeggeri e merci prima di concedere fondi UE.

La Commissione esercita da lontano la supervisione del completamento della rete centrale da parte degli Stati membri; detta supervisione deve essere rafforzata. La Commissione non dispone di alcun dipartimento specifico per fornire agli Stati membri l’assistenza di esperti al fine di indirizzare tali grandi progetti e non ha una visione d’insieme dei progressi compiuti. Ciononostante, la Commissione ha di recente compiuto passi verso una supervisione e un monitoraggio dei progressi compiuti più ravvicinati ed efficaci, esplicitando le realizzazioni dei progetti nelle “decisioni di esecuzione”.

Note agli editori

La realizzazione della rete centrale transeuropea dei trasporti tramite la creazione di corridoi della rete centrale è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Alla Commissione spetta assicurarsi che gli Stati membri completino la rete centrale entro il 2030, mentre gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione degli specifici progetti. Finora, per gli otto megaprogetti sono stati resi disponibili circa 7,5 miliardi di fondi UE e la Commissione ha pagato 3,4 miliardi di euro. A causa dei ritardi, la Commissione ha revocato alcuni dei fondi inizialmente concessi (1,4 miliardi per le 17 tratte oggetto dell’audit). Secondo uno studio della Commissione, in caso di mancato completamento della rete, l’economia dell’UE perderebbe una potenziale crescita dell’1,8 % e, in termini di occupazione, 10 milioni di anni-uomo.

Gli otto megaprogetti esaminati – quattro linee ferroviarie (Rail Baltica, Lione-Torino, galleria di base del Brennero, Basque Y), una via navigabile (Senna-Schelda), un’autostrada (A1 in Romania) e due collegamenti multimodali (collegamento stradale/ferroviario Fehmarn Belt e collegamento ferroviario E59 a porti in Polonia) – costano ciascuno oltre 1 miliardo di euro e dovrebbero apportare notevoli benefici socio-economici.

La relazione speciale 10/2020, intitolata “Infrastrutture di trasporto dell’UE: per realizzare in tempo gli effetti di rete, è necessaria una maggiore velocità di attuazione dei megaprogetti”, è disponibile in 23 lingue dell’UE sul sito Internet della Corte (eca.europa.eu), insieme a contributi audio multilingue sotto forma di podcast dedicati agli otto megaprogetti. La Corte ha pubblicato in passato molte altre relazioni speciali sui trasporti nell’UE (cfr. Portale delle pubblicazioni).

Contatto stampa per la presente relazione: Damijan Fišer

E-mail: damijan.fiser@eca.europa.eu  – Tel. (+352) 4398 45510 / Cell. (+352) 621 55 22 24

NEL GIORNO DEL SUO “RITORNO” — LETTERA APERTA AD ALESSANDRO DI BATTISTA

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/06/nel-giorno-del-suo-ritorno-lettera.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 15 GIUGNO 2020

 

Alessandro, benvenuto.

Te lo dice uno che ti segue da molti anni, ti conosce e del quale ricevi regolarmente i lavori, scritti e filmati, con particolare attenzione al Movimento 5 Stelle e a quello che tutti non possono non aver percepito come il progressivo declino e allontanamento dalle premesse sulle quali era nato ed era arrivato a prendere il 33% del voto espresso da italiani non rassegnati.

Sei rientrato sulla scena pubblica con l’intervista in cui ha chiesto, come legittimamente spetta a te, figura di primissimo piano del Movimento, come anche a qualunque degli iscritti, un convegno nazionale, congresso o assemblea costituente che sia. Mi auguro che tu sia arrivato in tempo massimo. Just in time, come ci fa dire la degenerazione linguistica che da diffusori di civiltà ci ha reso colonizzati da inciviltà. Appena in tempo, dal punto di vista della rappresentanza istituzionale dei 5Stelle, visto il progressivo radicamento di molta parte di essa, non nei principi, ma nelle poltrone sulle quali, a volte indebitamente, li ha insediati un’elezione che spesso si è trasformata in privilegio e poi in abuso. Sicuramente entro tempo massimo per la base, che, secondo quanto mi insegnano assidue e profonde frequentazioni, da amico e giornalista, nella sua misura più estesa ti aspettava con ansia e affetto. E speranza di riprendere la strada maestra.

A proposito di tempi, liquidiamo subito la rozza, collerica e perciò debole, reazione di chi sa benissimo che la tua figura e la tua storia contribuiscono, insieme alla nostra percezione dell’inversione di marcia compiuta negli ultimi anni, a strappare al re i vestiti della mistificazione e dell’abbaglio. Per non esserti adeguato ad un andazzo che vedeva gli esponenti 5 Stelle comportarsi come lemming in tuffo dal precipizio, l’anziano trasformista ti ha detto “di aver perso il senso del tempo”. Forse perché il tuo tempo lo avevi “perso” vedendo a raccontandoci i “fuori dal tempo” del dominante che infligge e del dominato che subisce o resiste, nel Sud del mondo sotto attacco USA. Iran, Messico, Guatemala… Quegli USA e quella Nato cui un tuo “fratello” sventurato non nega mai il suo “servo encomio”. Quanto a “tempo perso”, certo è che Grillo il suo lo ha ritrovato nel Congresso di Vienna del 1815. Quello della Restaurazione.

Usando logori borborigmi diffamanti su terrapiattisti e pappalardi, per ridicolizzare la tua sacrosanta richiesta che finalmente i vertici del M5S si acconcino, al di là del filtro telematico, deformanti come tutti i rapporti digitali, senza faccia, senza spazio, a far parlare e dare ascolto a chi del movimento è sangue, sudore, lacrime e integrità, Beppe Grillo conferma di volersi erigere a padre delle bussole perse. Una bussola pare l’abbia orientata, fin dall’inizio, verso il nono cerchio, nella ghiaccia del Cocito, dove si incontrano i traditori dei parenti e quelli della patria e del partito.

Un interrogativo lacerante, ma motivato da quel suo abbraccio, mortale per tutto ciò che il movimento rappresentava, con un ceto dirigente politico-economico e un primo ministro che in questi giorni stanno celebrando a Villa Pamphili, a porte chiuse come è di prammatica, il loro piccolo Bilderberg, o Davos.

Temo, caro Alessandro, che, per quanto doverosa, se non altro per mettere in difficoltà chi dei parlamentari si guarda allo specchio la mattina, la tua richiesta di un incontro nazionale sulla linea del movimento non troverà riscontri positivi. Forse un po’ di clic su like si potevano gestire. Con un’assemblea di corpi, senza mascherine, è più difficile. C’è già chi, percependo la tua chiamata al confronto, nessuno escluso, come il raschio del seghetto sulla gamba della sua poltrona damascata, ti risponde con i toni risentiti di chi si vede scoperto con le mani nella marmellata e quelle mani da lì non le vuole togliere. C’è chi, tra gli alleati PD e IV, terrorizzato dall’ipotesi di un M5S ricuperato e rilanciato contro il sistema, prospetta ai colleghi 5 Stelle l’apocalisse di una crisi con conseguente esito nefasto alle elezioni. E’ Il ricatto di una rottura col premier bilderberghino che si vaticinava leader del riciclato movimento, e a Grillo stava bene per la definitiva saldatura con quel mondo dell’”innovazione” inaugurato dall’operazione Covid-19.

La speranza rivoluzionaria di un Movimento Cinque Stelle, gravido di idee e volontà di riscatto, emancipazione, libertà, onestà, si è infranta contro l’inaudita adesione dei parlamentari a una combriccola di reazionari, corrotti nella politica e nella morale, sopravvissuti al deperimento politico e morale di due partiti dal poderoso passato, ma incapaci di affrontare la modernità in termini di liberazione, combattendone lo stravolgimento e la subalternità a economia e tecnologia antinazionali e sovranazionali, interne ed esterne. Tu, Alessandro, che ti sei sempre opposto a fare da puntello a questa gente, hai dovuto assistere al crollo di ogni diversità quando il movimento si è prestato alla più efferata guerra mai condotta contro il nostro popolo, incredibilmente all’umanità intera, i suoi diritti umani e civili, i suoi anziani e i suoi giovani, i suoi lavoratori e i suoi artisti, la sua libertà e autodeterminazione, l’intero suo futuro: l’operazione Coronavirus. Una disumanizzazione imposta dai necrofori della globalizzazione, accettata ed eseguita dai loro infiltrati e sguatteri locali, subita da una popolazione ridotta alla passività a forza di paura e menzogne. E della mancanza di un Movimento 5 Stelle.

Tra espulsi da un vertice di arroganti, incolti e opportunisti, o usciti di propria volontà, o rimasti in sofferenza e rabbia – parlo dei 5 Stelle nelle istituzioni – c’è il meglio degli eletti: Cunial, Barillari, Corrao, Lezzi, Grillo, Paragone, altri. Io non so che rapporti vi siano tra voi. Ma so che tutto quello che si oppone alla risacca, andrebbe unito. Alcuni di costoro credono in una rifondazione del Movimento partendo da dentro, dall’esistente in parlamento e sul territorio. Altri puntano a fare piazza pulita, alla creazione di un soggetto politico che del Movimento riprenda, rafforzi e approfondisca teoria e pratica, fondate sulla ricostruzione dei rapporti tra umani, contro la disgregazione sociale forzata di cui l’operazione virus è il principale strumento. Ma anche contro l’illusoria contraffazione di quei rapporti, attraverso la raggelante e totalizzante utopia digitale.

Secondo il tabloid scandalistico dei VIP, “La Repubblica”, cui la tua apparizione fa correre brividi lungo la schiena, non avrai la forza di liberarti dai legami d’affetto che ti hanno reso parte organica dei 5 Stelle, al di là delle dissonanze e crisi che si vivono in tutte le famiglie. Capisco benissimo quale dolore una persona come te, che è andata condividere le sofferenze dei più deprivati e oppressi, debba provare per la lacerazione degli affetti saldati in tanti anni di comunanza di lotta e di vita. Lo capisco per averlo provato nella parabola dei miei rapporti con Lotta Continua e poi con Rifondazione Comunista. Ma non credi che l’amore di cui sei oggetto da parte di migliaia di persone, che in te hanno riposto fiducia per le sorti loro e della comunità valga a colmare di ricchezze i vuoti lasciati da chi ha dimostrato di non meritarti. Delusione sì, illusione no.

Sulla scelta tra queste opzioni, io non ho titoli per pronunciarmi. So di certo una cosa. Non so se sia la parte maggioritaria dei militanti, degli iscritti, dei sostenitori, degli interessati. So di sicuro che è la migliore del nostro paese e nel nostro tempo. Non solo della base 5 Stelle, di tutta la società italiana. L’unica con la quale si possa costruire un futuro consapevole del nostro passato, delle nostre radici, della nostra sovranità e quindi degna del presente. Parlo di una base disorientata, arrabbiata, frustrata, indomita. Un popolo che non aveva mai smesso di lavorare sul territorio lungo le linee e con gli obiettivi a cui si era votato. E che non è fuori dal tempo, come dice l’ex-padre da uccidere ritualmente, ma è quello che non lascia che i suoi figli  ed esso stesso siano messi dietro un filo spinato, nei lager dell’intelletto e del corpo. Lager al cui confronto quelli del passato, strumentalmente deprecati dai recintori di oggi, ti avevano lasciato almeno padrone della tua mente.

Alessandro, è difficile vedere altri se non te e coloro che ti hanno preceduto in una insubordinazione che dovrebbe maturare in sollevazione. Coloro che hanno tenuto duro. Spero che tu non sia arrivato in ritardo e spero che tu rimanga determinato, a dispetto delle belve che ti si lanceranno contro. O si riesce a raddrizzare questo vascello di donne e uomini giusti, sottraendolo ai miasmi e affidandola a venti salubri, o se ne costruisce un altro. Non siamo mai tutti sulla stessa barca, come vorrebbero Bergoglio e come perorano ossessivamente oggi i coronavirusisti. Siamo NOI nella stessa barca. E siamo all’ultimo crocevia.Tertium non datur.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:01

La Corte dei Conti Europea boccia la Tav: “Effetti positivi sovrastimati”

Un’analisi che, commenta la consigliera regionale dal Movimento 5 Stelle Francesca Frediani, è “quanto espresso e dichiarato da più di trent’anni dal movimento No Tav” ed “esattamente come stabilito anche nell’esito dell’analisi commissionata dal governo Conte”.

“Gli auditor della Corte -spiega ancora Frediani – hanno comparato questi dati a un parametro di riferimento derivante da fonti accademiche per le linee ferroviarie passeggeri ad alta velocità, secondo il quale, per essere sostenibili e quindi giustificare l’enorme investimento,  dovrebbero trasportare almeno 9 milioni di passeggeri l’anno.  La popolazione complessiva che vive in un bacino d’utenza ad un massimo di sessanta minuti dalla Torino Lione è di 7,7 milioni di persone, troppo poco numerosa per assicurare una sostenibilità a lungo termine”.
“Ora la palla passa di nuovo alla politica perché come mai era successo prima, emerge oggi l’importanza di ripensare totalmente le priorità, dando alla salute, alla sanità pubblica, alla ricerca e alla tutela dell’ambiente e del territorio un ruolo di primissimo piano. E certamente non si possono più ignorare simili evidenze sull’inutilità della NLTL” conclude Frediani.