Tav, “prorogate di nascosto le sovvenzioni alla Torino-Lione”. L’accusa alla Commissione Ue

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Verdi europei e M5s chiedono spiegazioni. La commissaria ai Trasporti: “Abbiamo ricevuto richiesta


FOTO: ANSA/RICCARDO DALLE LUCHE

“Dov’è la trasparenza con il Parlamento europeo, io vi ho inviato diverse mail sulla questione?”. L’ecologista francese Karima Delli, presidente della commissione Trasporti dell’Eurocamera, non le ha mandate a dire all’esecutivo comunitario, colpevole – a suo dire – di aver preso un provvedimento importante che “non è stato neanche oggetto di una comunicazione all’opinione pubblica”. La decisione in questione è “il via libera a un prolungamento delle sovvenzioni alla tratta Lione-Torino”. A confermare che Bruxelles ha deciso di estendere i termini per il co-finanziamento del Tav è la commissaria ai Trasporti Adina Valean.

La polemica

“Abbiamo ricevuto richiesta che venisse prorogata la sovvenzione”, ha detto la commissaria europea, senza chiarire da quale istituzione è arrivato l’input. Al netto dei punti interrogativi sulla vicenda, la notizia dell’estensione dei termini per attingere ai fondi Ue per completare la controversa grande opera ha avuto l’effetto di scatenare il dibattito politico sull’argomento che – vale la pena ricordarlo – ebbe un ruolo chiave nella caduta del Governo ‘gialloverde’ Conte I. “Il Tav Torino-Lione è incompatibile con il Green Deal europeo”, attacca Eleonora Evi del Movimento 5 Stelle. L’europarlamentare, presente al confronto di oggi con la commissaria Valean, se la prende con quest’ultima che “ha confermato la decisione di finanziare, con centinaia di milioni di euro di soldi pubblici, questo progetto infrastrutturale inutile e dannoso per l’ambiente”. 

L’accusa di irregolarità

“La decisione di prorogare il Grant Agreement per il finanziamento dell’opera fino al 31 dicembre 2022 – si legge in una nota della pentastellata – è sbagliata non solo sul piano politico e morale, ma anche su quello formale”. La Evi cita il principio ‘use it or lose it’ e “l’incapacità di Telt di utilizzare gli 814 milioni di finanziamenti Ue” che “avrebbe dovuto infatti causare il disimpegno verso l’opera”. “In un momento di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo l’Unione europea dovrebbe riconsiderare le proprie priorità e mettere le poche risorse a disposizione per progetti davvero utili e a dimensione del cittadino”, conclude la Evi. L’eurodeputata francese Delli mette invece l’accento sulla mancanza di trasparenza. “Non trovo onesto quel che si fa di nascosto – ha detto oggi durante un’audizione “e poi non vedo urgenza su questo argomento”. “Chiedo spiegazioni alla Commissione”, ha ribadito l’esponente dei Verdi europei.

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Una montagna di amianto dietro il Tav

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Una montagna di amianto dietro il Tav

Cantiere bloccato – 10mila metri cubi di materiali forse tossici sequestrati dalla Gdf. Ne vale la pena?

Salbertrand è un bel borgo dell’Alta Val di Susa, a quota mille metri. Ci passa la statale del Monginevro, già strada romana delle Gallie, e nessuno fa caso alla sua cinquecentesca chiesa di San Giovanni che vale la visita. Tutti notano invece l’ampio fondovalle della Dora che è diventato una selva di infrastrutture: lo scalo ferroviario della linea internazionale esistente Torino-Modane con la stazione elettrica, l’area di servizio della A32 e la montagnola di detriti contenenti amianto accumulati nel tempo, in uso a Itinera, Gruppo Gavio. 

È l’ultimo lembo di terreno utilizzabile al di fuori della zona esondabile della Dora e del Parco Naturale del Gran Bosco, e per questo è stato scelto per installarci lo stabilimento di produzione degli elementi di calcestruzzo destinati al cantiere Tav Torino-Lione.

Ma il problema è che i circa 10mila metri cubi di materiali amiantiferi potenzialmente tossici sono stati posti sotto sequestro dalla Guardia di Finanza su esposto del sindaco Roberto Pourpour e ora ci vorranno un po’ di mesi per smaltirli con tutti i crismi della sicurezza prima di poter disporre dell’agognato terreno.
Siamo certi che il lavoro verrà eseguito a regola d’arte: anche se questa è una zona asciutta e ventosa i detriti verranno insaccati in modo praticamente stagno e avviati verso discariche speciali, in parte in Piemonte e si dice pure in Germania. Le tecnologie e le normative per evitare rischi per addetti e popolazione locale ci sono, basta pagare, e infatti Pourpour stima in circa 4,5 milioni di euro il costo dell’operazione.
Ciò che preoccupa è il dopo: il cantiere che per una buona decina d’anni dovrà trattare una parte dello smarino – la roccia risultante dalla perforazione del tunnel di 57 km – e fabbricare i conci di calcestruzzo per il rivestimento delle canne. I camion circoleranno senza tregua per alimentare l’impianto, producendo polvere e inquinamento, alla faccia del delicato ambiente alpino che la grande opera si fregia di proteggere!
Ma la questione è sempre a monte dei dettagli pratici: questo gigantismo infrastrutturale serve al nostro futuro che dovrebbe essere sostenibile e compatibile con i limiti ambientali? No.
Lo ha detto sul piano economico l’analisi costi e benefici del prof. Marco Ponti ignorata dal governo, lo dicono i numeri delle emissioni di CO2 dovute al cantiere e alla gestione futura.
Se una grande opera fosse indispensabile alla collettività sarei il primo ad appoggiarla: chiederei ovviamente che venissero applicate tutte le migliori garanzie per minimizzare i danni locali, imponendo pure una lievitazione dei costi per avere il massimo dei controlli e della qualità.
Ma se la grande opera non serve, in quanto concepita trent’anni fa e ormai antistorica?
Se è rimpiazzabile tanto dalla vecchia linea Torino-Modane quanto dalle nuove tecnologie e dalla necessità di un’economia circolare che faccia muovere non più merci, ma meno?
Allora temo che tutto questo agitarsi sostituirà un piccolo cumulo di detriti con uno molto più grande.
FQ 10 Maggio

Coronavirus, il premio Nobel Stiglitz: “Energia pulita crea 3 volte più occupati dei fossili”

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Uno studio dell’Università di Oxford, di cui è coautore l’economista Usa, invita i governi a puntare sugli investimenti “green” per far ripartire l’economia. E bacchetta “i salvataggi incondizionati delle compagnie aeree”. Le misure dell’Italia? Finora “neutrali”

Ogni milione investito nell’energia pulita crea il triplo dei posti di lavoro rispetto allo stesso ammontare speso nei combustibili fossili. E inoltre, le infrastrutture connesse a fonti rinnovabili come eolico e solare sono più “resistenti” agli effetti perversi della globalizzazione, come le delocalizzazioni. Ecco perché per risollevare le economie colpite dal Covid-19 occorre puntare sulle politiche “green”. A dirlo sono i risultati di uno studio dell’Università di Oxford che ha coinvolto ben 231 esperti di banche centrali, ministeri delle finanze, accademici e think tank di tutto il mondo. A guidare lo studio il professore Cameron Hepburn, il premio Nobel Joseph Stiglitz e Nicholas Stern della London School of Economics. 

Gli autori hanno esaminato circa 700 pacchetti di stimolo attuati dal 2008 e hanno intervistato esperti di tutto il mondo. Sulla base di questi dati, gli economisti hanno rilevato che le politiche di stimolo a lungo termine e a favore del clima sono più vantaggiose non solo nel rallentare il riscaldamento globale ma anche in termini di impatto economico complessivo. Le politiche “green” – lo studio si è concentrato sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra come criterio chiave per definire tali politiche – infatti, creano più posti di lavoro, offrono maggiori rendimenti nel breve termine per ogni dollaro speso e portano a un maggiore risparmio sui costi sul lungo termine, rispetto agli stimoli fiscali tradizionali.

Ne sono un esempio gli investimenti nella produzione di energia rinnovabile, come l’eolico o il solare. Come hanno dimostrato le ricerche precedenti, già nel breve termine, la costruzione di infrastrutture per l’energia pulita richiede molta manodopera, creando il doppio dei posti di lavoro per dollaro rispetto agli investimenti nei combustibili fossili, oltre ad essere meno suscettibile alla delocalizzazione. Si legge, infatti, che ogni milione di dollari di spesa genera 7,49 posti di lavoro a tempo pieno nelle infrastrutture per le energie rinnovabili, 7,72 nell’efficienza energetica, ma solo 2,65 nei combustibili fossili.

Oltre alla riqualificazione dei lavoratori in settori come le nuove tecnologie e le energie rinnovabili per sopperire anche alla disoccupazione dovuta al coronavirus, altre politiche auspicabili includono la spesa per la ricerca e lo sviluppo nelle energie rinnovabili, così come gli investimenti in infrastrutture di connettività degli edifici, quali, ad esempio, la banda larga e la ricarica dei veicoli elettrici, nonché investimenti per la resilienza e la rigenerazione degli ecosistemi. Nel frattempo, misure che non tengono conto della riduzione delle emissioni, come i salvataggi incondizionati delle compagnie aeree, sembrano avere risultati più scarsi sia in termini di impatto economico che dal punto di vista climatico.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo gli autori, le risposte al Covid sono state finora neutrali dal punto di vista climatico (ovvero investimenti non eccezionali nei combustibili fossili, ma neanche verso le rinnovabili), ma c’è una grande opportunità per futuri investimenti positivi dal punto di vista climatico.

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Val di Susa. Il cantiere della Tav bloccato per una discarica di amianto

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Diritti Globali

Sedicimila metri quadrati di roccia mai bonificata sequestrati dalla Guardia di finanza

Maurizio Pagliassotti * • 9/11/2019 • 

Laddove non è giunta la valutazione costi benefici dall’esito negativo, potrebbe arrivare un gigantesco deposito di roccia contenente amianto, posizionato al centro della val Susa, nel Comune di Salbertrand. Il progetto Torino-Lione rischia uno “stop” di cui si ignorano le dimensioni temporali, in quanto la Guardia di Finanza, circa un mese fa, ha posto sotto sequestro una montagna di detriti contenente amianto, il tutto a seguito di un esposto della magistratura.

La vicenda è nota ai pendolari della val Susa, che ogni giorno, da anni, vedono scorrere a pochi metri dal finestrino un’area di circa sedicimila metri quadri su cui si erge un cumulo di roccia contenente amianto che doveva essere bonificato. Di colore biancastro, ricoperta da teloni, rappresenta il concretizzarsi delle paure del movimento Notav legate alla gestione delle rocce amiantifere che un eventuale maxi tunnel dovrà dapprima scavare e poi gestire.

L’amianto, la sua volatilità, l’accertata presenza nelle montagne della val di Susa: tutto questo fu trenta anni fa tra le cause scatenanti della resistenza alla Torino – Lione. L’area che vede susseguirsi montagnole di rocce è stata data in concessione all’Itinera Spa, società che fa capo al Gruppo Gavio: qui si prevede la costruzione di capannoni dove il materiale di scavo estratto dal tunnel di base, verrà trasformato in “conci”, ovvero le volte in cemento armato che ricopriranno la galleria.

Dato che la montagna di amianto non è stata trattata, la costruzione della “fabbrica dei conci” non potrà iniziare quando si inizierà la nuova fase di scavo. Manca quindi un luogo fisico dove iniziare la produzione, data l’assenza della bonifica del materiale stoccato da anni.

E’ un piccolo ingranaggio che blocca l’intera mega macchina del Tav, perché altri luoghi dove produrre i conci non sono previsti dalla stessa Telt, la società incaricata di progettare e realizzare l’opera.

La complessa situazione assume contorni misteriosi se si pensa che il sito prescelto si trova a pochi metri dal greto del torrente Dora Riparia, già oggetto di esondazioni importanti in passato. Incongrua anche la dimensione economica del problema rispetto all’esiguità dei fondi necessari per la bonifica del sito. La Torino–Lione vale circa 8,6 miliardi di euro, mentre i lavori di bonifica non dovrebbero superare i quattro milioni.

Perché le opere di bonifica non siano mai state eseguite e si sia giunti a poco tempo dall’allargamento del cantiere è un enigma. Ma il problema non si limita al sito che dovrebbe essere coperto da capannoni: accanto vi è un secondo deposito, dalla composizione poco chiara, che occupa altri ventiduemila metri quadri di terreno. Mai bonificato anche quello, oggetto di una causa civile che ha intimato all’imprenditore che doveva “gestirla” di bonificarla. Il contenuto semi ignoto di quelle montagnole è ancora al suo posto.

Il sindaco di Slabertrand si chiama Roberto Pourpour, ed ha vinto inaspettatamente le recenti elezioni partendo da una raccolta firme sui cumuli amianto. Le sue posizioni sono contrarie al Tav: «Nell’area non è stato fatto nulla e non può essere un piccolo comune come il nostro a sobbarcarsi i costi di una impresa simile. Si tratta di lavori molto complessi, che necessitano di una fase preliminare per comprendere cosa sia stoccato. Al momento perfino i carotaggi sono risultati difficili data la franosità dei cumuli. Sopra quella montagna di amianto era calata una spessa coltre di silenzio da troppo tempo: eppure io credo che i rischi per la popolazione non debbano essere sottovalutati, sopratutto un presenza di materiali dalla provenienza poco chiara».

* Fonte: Maurizio Pagliassottiil manifesto

Lavoratori e pensionati pagano l’82% dell’Irpef. Ne vogliamo parlare?

https://contropiano.org/news/news-economia/2020/04/26/lavoratori-e-pensionati-pagano-l82-dellirpef-ne-vogliamo-parlare-0127215?fbclid=IwAR2z0HKixxSvpCS_WyWm-WW7Xu2576ppUMgy8ziyFbmE43-1ca3hWZc96dw

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato i dati sulle dichiarazioni dei redditi persone fisiche (Irpef) e sulle dichiarazioni IVA per l’anno di imposta 2018.

I contribuenti risultano essere circa 41,4 milioni avendo presentato i modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche e “730”, oppure attraverso la Certificazione Unica (CU), in crescita nel 2018 di circa 162.000 soggetti (+0,4%) rispetto all’anno precedente.

Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 880 miliardi di euro (+42 miliardi rispetto all’anno precedente, +5%) per un valore medio di 21.660 euro, anch’esso in crescita del 4,8% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente.

Questo incremento del reddito complessivo – dice il Mef – è dovuto all’aumento dei redditi da pensione, lavoro dipendente e lavoro autonomo. Ed anche le imposte pagate su lavoro e pensioni nel 2018 sono aumentate di 5,537 milioni di euro. Ne sono invece entrate meno dalle imprese. Il gettito dell’imposta sul reddito delle società (Ires) evidenzia una flessione del 7,2% determinata dagli effetti finanziari derivanti dalla riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24% e degli effetti dell’applicazione del c.d. superammortamento e iperammortamento.

Si conferma come la stragrande maggioranza delle imposte dirette siano rappresentate dai redditi da lavoro dipendente e da pensione, che rappresentano circa l’82% del reddito complessivo dichiarato. Di questo i redditi da pensione no il 29% del totale del reddito complessivo.

Come abbiamo visto, il reddito complessivo dichiarato è di circa 880 miliardi di euro ma con molte disuguaglianze al proprio interno.

L’analisi territoriale mostra che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (25.670 euro), seguita dalla provincia di Bolzano (24.760 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso (15.430 euro). Rimane notevole la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali.
Viene confermato come i redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentino l’82% del reddito dichiarato. Il reddito medio più elevato è quello del lavoratore autonomo con 46.240 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori titolari di ditte individuali è di 20.940. Circa 120 euro in più del reddito medio dichiarato al Fisco dai lavoratori dipendenti. A 17.870 euro si ferma , invece, il reddito dichiarato dai pensionati. Il tipo di reddito più dichiarato in termini di frequenza e di importo, è quello da lavoro dipendente (52,6% del reddito complessivo) seguito da quello dei pensionati (29,3% del reddito complessivo).

I soggetti con un reddito complessivo maggiore di 300mila euro dichiarano il 6,0% dell’imposta totale. Dalla distribuzione dell’imposta per classi di reddito complessivo emerge che i contribuenti con imposta netta e redditi fino a 35mila (83% del totale) dichiarano il 43% dell’imposta netta totale, mentre il 57% è dichiarata dai contribuenti con redditi superiori a 35mila euro (17% del totale contribuenti). I lavoratori dipendenti dichiarano oltre 462 miliardi di euro che ricomprendono anche collaborazioni coordinate e continuative, collaboratori a progetto (823mila soggetti), pari al 4,3% dell’ammontare complessivo del reddito da lavoro dipendente.

Dai dati infine risulta che l’imposta netta Irpef è pari in media a 5.270 euro e viene dichiarata da circa 31,2 milioni di soggetti, pari a circa il 75% del totale dei contribuenti. Ma a questa vanno aggiunte le addizionali Irpef locali introdotte da Regioni e Comuni, si tratta di 17.3 miliardi di imposte in più pagate direttamente sulle buste paga.

L’addizionale regionale Irpef nel 2018 è ammontata a circa 12,3 miliardi di euro (+3,1% rispetto al 2017) con una imposta media pari a 420 euro. L’imposta più alta si registra nel Lazio (620 euro), mentre quella più bassa si rileva in Basilicata e in Sardegna (280 euro).

L’addizionale Irpef comunale è stata pari invece a 5 miliardi di euro, in aumento del 3,6% rispetto al 2017, con un importo medio pari a 190 euro.

Insomma lavoratori e pensionati si accollano la maggior parte delle imposte dirette ma ricevono in cambio sempre meno servizi e aumentano le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Ne vogliamo parlare?

26 Aprile 2020 – 

CORONAVIRUS in DIRETTA VIDEO: NON sarà il VACCINO a tirarci fuori da QUESTO INCUBO. Parla la VIROLOGA Ilaria Capua

https://www.ilmeteo.it/notizie/coronavirus-in-diretta-video-non-sar-il-vaccino-a-tirarci-fuori-da-questo-incubo-parla-la-virologa-ilaria-capua-183615/amp

Articolo del 13/05/2020 ore 19:30
di Team iLMeteo.it Meteorologi e Tecnici

Ilaria Capua

Le parole di Ilaria Capua sovrastano di negatività i segni e le attese di speranza https://www.youtube.com/watch?v=UKqg2RAo3_Arelegati al vaccino al quale il mondo intero ci sta lavorando già da mesi. Secondo la virologa, non sarà il vaccino che ci porterà fuori nell’immediato da questo incubo chiamato CORONAVIRUS. Bisogna vedere i risultati che avrà in termini di efficacia e poi ci sono tanti altri problemi, come ad esempio la distribuzione a livello mondiale e nazionale. Per fare vaccini sicuri ci vuole tempo e attenzione. La strada è ancora molto lunga, difficile ed incerta, colma di incognite: prima fra tutte il vaccino deve essere INNOCUO, ovvero non deve dare problemi e in secondo luogo deve essere EFFICACE, ovvero deve effettivamente proteggerci dal virus. A seguire incognite sui tempi di produzione e distribuzione a 7 miliardi di persone nel mondo.

La virologa Capua ha inoltre sottolineato che: “il lockdown che è stato adottato in Italia è stato molto duro, ha sconvolto il paese e ha lasciato il segno. Ora siamo pronti per una ripartenza intelligente. In questo momento mi permetto di chiedere ai giornalisti, a chi si occupa di scienza, ai divulgatori di far passare questo messaggio: ognuno deve fare il suo pezzetto. Sappiamo che questo virus si trasmette in determinate situazioni. La trasmissione avviene nella stragrande maggioranza dei casi perché c’è una vicinanza fisica tra una persona infetta e una non infetta”.

La Capua ha continuato: “dobbiamo comportarci da persone serie, la responsabilità è nelle nostre mani. Il distanziamento fisico è una barriera naturale tra un soggetto infetto e un soggetto sano. Lavarsi le mani riduce il contagio e riduce altre problematiche legate alla sanità pubblica. Le regole non possono essere attuate solo dal governo, i cittadini devono essere protagonisti e devono sentirsi responsabili. Bisogna evitare i raggruppamenti di tante persone in ambienti chiusi. Immaginiamo una ripartenza intelligente, ognuno si renda conto di essere un tassello essenziale per ridurre il contagio e far ripartire l’Italia”, dice ancora.

Inoltre, sempre la virologa Ilaria Capua, ribadisce, contrariamente alle scelte del Governo, perchè i parrucchieri non possono tornare a lavorare adottando tutte le misure anti contagio. “Se i parrucchieri riuscissero ad applicare delle misure di contenimento, con appuntamenti fissati bene e senza attesa, non vedo per quale motivo non si possa tornare a lavorare“. Parola di virologa, insomma. Perché Giuseppe Conte e il Governo allora non agiscono in tal senso?

NESSUN VACCINO ci porterà fuori dall'INCUBONESSUN VACCINO ci porterà fuori dall’INCUBO

Frode agli ospedali di Torino e Cuneo, dipendenti rubavano strumenti chirurgici per restituirle al fornitore

https://www.quotidianopiemontese.it/2020/05/11/frode-agli-ospedali-di-torino-e-cuneo-dipendenti-rubavano-stumenti-chirurgici-per-restituirle-al-fornitore/?fbclid=IwAR2EV_AkulZm3vUTqYvESKbgad8EyGXupXgvL5SDhEEXsq5gjIMjAZMnpVM

Gli agenti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Cuneo hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo per oltre 2 milioni di euro, nei confronti di due persone – B.P. (55 anni, residente a Scalenghe), M.L. (72 anni, residente a Vinovo), oltre ad un dipendente pubblico, S.C. (60 anni, residente a Torino), dipendente dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Città della Scienza e della Salute” di Torino.

Le attività, coordinate prima dal Procuratore della Repubblica di Cuneo – Dott. Onelio Dodero – e, successivamente, dall’Ufficio giudiziario del capoluogo regionale – Dott.ssa Monica Abbatecola – giungono a conclusione dell’Operazione Titanio che, nel settembre scorso, aveva portato all’arresto di un imprenditore torinese, il già citato M.L., e di un pubblico dipendente dell’Azienda Ospedaliera di Cuneo, I.A. (58 anni, residente a Mondovì), nonché all’emissione nei loro confronti di un decreto di sequestro per un milione di euro.

Il fulcro del meccanismo fraudolento ora scoperto era la caposala del blocco operatorio dell’ospedale Sant’Anna di Torino, cui era demandato l’incarico di effettuare gli ordini del materiale chirurgico.
All’arrivo del materiale, la stessa procedeva a sottrarre circa la metà dei dispositivi chirurgici consegnati che, successivamente, restituiva fraudolentemente alla società fornitrice.
Parallelamente, la dipendente infedele sottraeva, occultandolo poi all’interno del nosocomio, un ulteriore quantitativo di merce, facendo così figurare vi fossero solo esigue quantità rimaste nelle scorte, tali da sovrastimare il reale fabbisogno e generare la (falsa) necessità di ulteriori ordini di materiale chirurgico.

L’attività svolta dalle Fiamme Gialle cuneesi, nell’ambito delle operazioni “Titanio” e “Titanio 2”, ha quindi permesso di segnalare, complessivamente, alla competente Corte dei Conti, un danno all’erario, patito dalle due Aziende ospedaliere di Cuneo e Torino, per circa 3 milioni di euro.

Quelli che “perdiamo 1000 euro al giorno” e denunciano 12mila euro all’anno

https://www.modena.gaiaitalia.com/2020/05/07/quelli-che-perdiamo-1000-euro-al-giorno-e-denunciano-12mila-euro-allanno/?fbclid=IwAR1qzftmHTUON8xWMrwTYY4A0Z-LBexx7YFhqZsBo2M-AIFw3K1k3NGdMaM

di Giovanna Di Rosa #Lopinione twitter@modenanewsgaia #Crisi

Mentre un’enorme quantità di denaro dovrebbe arrivare da ogni dove per tutti i cittadini che ne hanno bisogno dopo il flagello Covid-19 che ha costretto alla chiusura forzata attività ed imprese di ogni tipo e mentre da un lato la burocrazia italiana, ed europea, rallenta fortissimamente le cose, quando non le blocca, dall’altro certi poteri non vedono assolutamente di buon occhio che il previsto enorme flusso di denaro sia gestito dall’attuale maggioranza di Governo, certi scellerati minacciano la crisi di governo in un momento come questo, e c’è anche dell’altro Che fa un po’ più ridere.

Mentre, crediamo da questa provincia, era partita la straordinaria idea delle lastre di plexiglass in spiaggia per dividere gli ombrelloni trasformando così i cubicoli in forni all’aperto, mancavano i 10 kg di patate omaggio da arrostire in loco, affinché si potessero fare le vacanze, una vera priorità mentre le persone morivano a centinaia, perché la vita è dei vivi; mentre eravamo già diventati tutti virologi e la maggior parte di noi raccontava da un account o da un altro che “sicuramente sono stata contagiata dal Coronavirus perché ho avuto un pizzicorino di gola e starnutito sei volte”, e via con “i guarda anche io ché addirittura ho sofferto di stitichezza nello stesso momento”, assistiamo a racconti fantascientifici su quanto ogni attività starebbe perdendo ad ogni giorno di chiusura – mentre chi dovrebbe preparare un decreto che dica stop alla riscossione degli affitti fino a totale riapertura giocherella con le minacce di lasciare il governo.

Abbiamo ascoltato persone dire: “Perdo mille euro al giorno”, che farebbe un totale di 365mila euro all’anno; altri dire “perdiamo diecimila euro a settimana”, che farebbe 520mila euro all’anno. Le frasi in questione uscivano dalla bocca di commercianti – baristi, parrucchieri, pasticceri, ristoratori – che son quelli che piangono miseria, non ti rilasciano lo scontrino e storcono il naso se gli chiedi la fattura. E se vai a guardarci bene, o li ascolti attentamente nelle loro conversazioni da bar inevitabilmente pubbliche, inutile che sia proprio io a raccontarvi le virtù della discrezione da bar, sono quelli la cui dichiarazione dei redditi ammonta a 12mila, ventimila o venticinquemila euro.
Quindi delle due, una: o frodano il fisco o raccontano palle per farsi grandi.

Sono approfittatori che cercano di trarre profitto anche dalle pandemie e dalle morti altrui? Sono quelli che incolpano un governo dopo l’altro di tassarli fino a dove non batte il sole e poi vanno in vacanza alle Maldive? Sono quelli che affittano un posto letto (in nero) a un migrante a 450 € al mese e poi che schifo i migranti, prima gli Italiani, come se il “prima gli italiani2 non lo praticassero già?  Sono quelli che vanno in piazza con certa destra che si attacca i cartelli al collo, dimenticando quello che spiegherebbe molte cose e dovrebbe recitare “Sono quello che froda lo Stato e costringe i soliti a pagare le tasse”? Non lo sappiamo. Noi in piazza non c’andiamo. No. Non è agorafobia. E’ schifo.

P.S. Questo articolo studiatamente provocatorio a detta di qualcuno “ha reso l’Italia peggiore di quello che è” – che importanza ci date, esagerati!

(7 maggio 2020)

©gaiaitalia.com 2020 – 

L’eccidio di Bava Beccaris

https://www.ildeposito.org/eventi/leccidio-di-bava-beccaris?fbclid=IwAR1f97PxBBAdWLT2o2lgB88QG34d0xPoM7Vubn_eP9coRTUgAM2Mw2xy78U

8 Maggio 1898 (Italia)

Bava Beccaris, generale dell’esercito, in occasione dei “moti del pane” di Milano del 6, 7, 8, 9, maggio1898, sparò sui dimostranti con il cannone. Alcuni parlarono di 127 morti, altri, tra cui i giornali, contarono 500 vittime. Il generale fu premiato dal re Umberto I (re “buono”) con la croce di Grand Uffciale dell’ordine militare dei Savoia. Il 29 luglio del 1900, a Monza, Umberto I venne assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci, emigrato negli Stati Uniti, che dichiarò esplicitamente di aver voluto vendicare i morti del maggio 1898 e l’offesa per la decorazione conferita a Bava Beccaris.

RIPARTONO I MEDICI RUSSI. NELL’INDIFFERENZA DI POLITICA E DELLA PEGGIOR INFORMAZIONE “GIORNALISTICA” DELLA STORIA REPUBBLICANA ITALIANA

https://umbertomarabese.blogspot.com/2020/05/ripartono-i-medici-russi.html?spref=fb&fbclid=IwAR3KXtVeRVxSy2PX0_G6ntWwzGVTpdc4oFtEJDjjRykrrWacCN6iYuier18

venerdì 8 maggio 2020

Ripartono i medici russi. Indifferenza di media e politica, ma arriva il grazie più importante

 PS: << Indifferenza “vergognosa-criminale” di media e politica….in compenso e sotto voce,  arriva il grazie più importante da…”Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII “…!

umberto marabese

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Notizia del: 07/05/202

Nel momento di maggior difficoltà per la storia recente del nostro paese ci sono stati paesi che sono stati al nostro fianco e paesi che non solo ci hanno voltato le spalle, ma ci hanno letteralmente ostacolato. Il cortocircuito del circo mediatico e politico è stato totale dopo anni a descrivere i primi come “nemici” da combattere e i secondi come “alleati” da servire fino al paradosso e al ridicolo.

Come sempre, la base popolare italiana è molto più avanti di una misera classe politica e della peggior informazione della storia repubblicana come dimostrano sondaggi! come questi….

Il popolo non è caduto nelle trappole bufalare di chi oggi fa finta che nel momento dell’emergenza totale e dell’impreparazione di un sistema sanitario collassato per i tagli imposti dagli “alleati” c’erano i “nemici”.

Ripartono oggi i medici russi dopo aver bonificato due milioni di metri quadrati di territorioDue milioni quadrati! Ripartono dopo gli insulti subiti dal gruppo Fiat con sede fiscale in Olanda che controlla ormai in modo monopolista l’informazione italiana. E ripartono nell’indifferenza generale di una classe politica incompetente che si è ritrovata impreparata a dover giustificare anni di servilismo a presunti “alleati”.

32 sanitari russi, 28 medici e 4 infermieri, dopo un periodo di training all’Ospedale di Bergamo, hanno lavorato al Presidio della Fiera dal 6 aprile, occupandosi in particolare dei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Oggi sono ripartiti per il loro paese. A parte le parole di circostanza del ministro Guerini al suo collega russo Sergej Shoygu per il “professionale operato degli 8 team medici” e i ringraziamenti di chi si è visto salvato letteralmente dall’implosione di un sistema fallimentare come quello lombardo come il Governatore Fontana, le parole più belle, che sbugiardano le fake news viscide di queste settimane, sono quelle di chi ha vissuto in prima persona le ore più buie e di chi ha visto con i loro occhi l’apporto dei medici russi. “Grazie al contingente russo e in particolare al personale sanitario che ci ha supportato nel nostro Presidio medico avanzato fin dal primo giorno della sua apertura, dando un contributo fondamentale nella gestione dei pazienti, in particolare quelli piu’ gravi“. Lo ha dichiarato Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, secondo quanto riporta l’Agenzia Nova. 

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Il grazie ai medici russi viene dal basso. Ed è dal basso che si deve consolidare quella memoria storica, unica bussola perché l’Italia possa iniziare la sua ricostruzione.