Francia, il primo caso di coronavirus già a dicembre

https://www.repubblica.it/esteri/2020/05/04/news/francia_il_primo_caso_di_coronavirus_gia_a_dicembre-255626027/

Francia, il primo caso di coronavirus già a dicembre
(reuters)

Si tratta di un uomo che non aveva mai viaggiato in Cina. Sarebbe la conferma che il Covid 19 aveva cominciato a diffondersi in Europa prima dell’allerta di Pechino all’Oms

dalla nostra corrispondente ANAIS GINORI

04 maggio 2020

PARIGI – A poche ore dal nuovo affondo americano contro la Cina sull’origine del virus, arriva dalla Francia una notizia che potrebbe rafforzare i sospetti. È stato infatti accertato un caso di Covid 19 già il 27 dicembre, quasi un mese prima del primo contagio ufficiale (24 gennaio) registrato Oltralpe. L’ha scoperto l’ospedale Jean-Verdier di Bondy, nella banlieue di Parigi, dove sono stati riesaminati i tamponi di pazienti ricoverati con polmonite a dicembre. 

Andando a cercare negli archivi dei test fatti all’epoca per cercare altri virus, sono state trovate a sorpresa tracce del Covid 19“Abbiamo verificato a posteriori 24 pazienti affetti da polmonite ed è stato trovato un positivo” ha raccontato Yves Cohen, responsabile del reparto di terapia intensiva dell’ospedale della regione parigina e autore della ricerca che sarà pubblicata su una rivista scientifica.

Si tratta di un francese di cinquant’anni che non aveva mai viaggiato in Cina. Nel frattempo l’uomo è guarito e sta bene. “Ha contagiato i suoi due figli ma anche loro stanno bene” ha detto Cohen. La moglie non è stata malata, i medici ipotizzano che sia stata portatrice sana del virus. La donna lavora infatti in un supermercato accanto a un reparto sushi in cui sono presenti anche dipendenti cinesi.


Focus – Coronavirus, Fase 2 in Francia: perché la frenata su scuole e campionato di calcio

È da riscrivere dunque la cronologia dell’epidemia in Francia, primo Paese europeo a dichiarare il 24 gennaio il ricovero di pazienti Covid 19. All’epoca si trattava di cittadini cinesi: una coppia di turisti e un imprenditore curati tra Parigi e Bordeaux. Per molto tempo le ricerche del paziente zero si erano concentrate nell’Oise, a nord di Parigi, dove c’è stato uno dei primi focolai: l’inchiesta epidemiologica era risalita a casi fino a metà gennaio. Già l’Institut Pasteur aveva concluso da studi sulle caratteristiche genetiche del virus che la circolazione “silenziosa” era cominciata a gennaio. Ora la catena di trasmissione risale addirittura al mese di dicembre. Sarebbe la conferma che il virus aveva cominciato a diffondersi in Europa ben prima dell’allerta di Pechino all’Oms

Università obbligata a ritornare sui sui passi: reintegra il NOTAV licenziato

https://www.notav.info/post/universita-obbligata-a-ritornare-sui-sui-passi-reintegra-il-notav-licenziato/?fbclid=IwAR0PqiFydQRBU4BUlUxUbCOo-GHOFAi8IdllNXejEHOvfpHTzavorBA174M

notav.info

post — 19 Maggio 2020 at 17:25

 

Benché frutto di una mediazione e non di una sentenza questo il dato politico che se ne trae dall’accordo firmato oggi presso il tribunale di Torino.

Il licenziamento come “atto dovuto” a causa, lo ricordiamo, della sola sentenza in primo grado verso un proprio dipendente evidentemente non era così dovuto.

L’università accettando quanto disposto dal giudice dovrà reintegrare il lavoratore, di fatto rinnegando la linea della obbligatorietà della propria condotta sin qui mantenuta.

Avanti NoTav!!

Rimandiamo ai precedenti articoli sulla vicenda per  ripercorrere nei dettagli quanto avvenuto:

Se sei notav rischi di perdere il lavoro: sosteniamo Pier Paolo

Abbiamo ormai capito che essere notav significa avere un occhio di riguardo in questo Paese. Ma non per quello che dovrebbe essere, cioè un riconoscimento all’impegno sociale di ciascuno di … Leggi tuttoSe sei notav rischi di perdere il lavoro: sosteniamo Pier Paolo

 notav.info

Aggiornamenti: Pier Paolo, sospeso dal lavoro perché notav

Si è tenuto oggi (23/01/2019) presso l’ufficio della direttrice delle risorse Umane dell’Università degli Studi di Torino l’incontro in cui Pier Paolo, il tecnico informatico No Tav sospeso il 14 … Leggi tuttoAggiornamenti: Pier Paolo, sospeso dal lavoro perché notav

DALLA MORTE FISICA ALLA MORTE ECONOMICA, SOCIALE, CULTURALE —– FASE 2: LA COMMEDIA DELL’ASSURDO—– “(SE)TI CONOSCO MASCHERINA…..”

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/05/dalla-morte-fisica-alla-morte-economica.html

MONDOCANE

SABATO 16 MAGGIO 2020

 

Notizia porno e notizia sexy

Partiamo dalla notizia più scandalosa e, dunque, più rivelatrice della settimana (Scandalo: Turbamento della sensibilità morale e dell’innocenza altrui, provocato da quanto può offrire o costituire esempio di vizio e di colpa). Lo shock arriva da “Panorama”. Chi sono i nuovi semidei della propaganda olimpica mascherata da “giornalismo” che ogni giorno si perpetuano su schermi e giornali a impartirci virtù ed estrarci vizi? Li conosciamo meglio dei figli e di mamma e papà: Burioni, Ilaria Capua, Walter Ricciardi, Pierluigi Lopalco, Fabrizio Pregliasco, Massimo Galli…. Medici, virologi,.eroi salvavita nel tempo del Coronavirus. Sacerdoti che si spendono e a volte si sacrificano per la nostra salvezza. Altruisti per eccellenza. A tariffa oraria. Stabilita tra le tv e i loro agenti. Perché hanno gli agenti, come Fedez o Sophia Loren. La signora Capua, intima del divino Bill Gates, €2000.00 più Iva, per 10 minuti, sennò di più. Così Burioni Roberto. E vuoi che i colleghi siano, prendano, da meno?  E ora la notizia più edificante di tutta la stagione.

Finchè c’è Sara, c’è speranza, dignità, riscossa

https://youtu.be/mZ32rLrL2ag  Sara Cunial interviene alla Camera

Qualsiasi poster la vostra passione per kalos kai agathos, il buono e il bello dei greci, ha fatto attaccare alla parete della vostra stanza, ora mettetici accanto quello di Sara Cunial. Ci sta.

Questo è l’intervento di giorni fa della deputata Sara Cunial alla Camera dei deputati. Sara Cunial, dopo essere stata espulsa dal M5S, è oggi nel Gruppo Misto. Il suo è uno degli interventi più giusti e nobili, che siano stati pronunciati nel parlamento repubblicano. Ricorda quello contro la cricca Renzi di Paola Taverna, ormai ex-pasionaria dei 5Stelle. Oltre alla conoscenza più completa e profonda della criminale Operazione Coronavirus da noi e nel mondo e dei suoi massimi responsabili, Sara esprime una coscienza politica del più alto livello e una combattività sociale e culturale che una larga maggioranza aveva un tempo affidato alla rappresentanza parlamentare di quel movimento, ora sprofondato e auto-annientatosi nelle poltrone del suo inutile potere. C’è solo da augurarsi che le parole di Sara, come quelle dei migliori di quel movimento, Paragone, Barillari, Corrao, altri, susciti finalmente quel distacco radicale dalle sue macerie istituzionali e, riprendendo motivi, sentimenti, pensieri e obiettivi delle sue origini, occupi quell’immenso spazio politico che le malefatte e i tradimenti della consorteria bifronte hanno spalancato ai giusti e ai patrioti.

Finchè c’è Teresa, tu onore di pianti, migrante, avrai / ove fia santo e lagrimato il sangue per la Grande Distribuzione versato / e finchè il sole risplenderà sulle sciagure umano (Ugo, perdonami)

Ovviamente, avendo toccato il nervo più scoperto dell’orda barbarica all’assalto di civiltà, libertà, vita, Sara Cunial è stata fatta oggetto, sulla stampa di regime, di ogni sorta di contumelia, calunnia, invettiva: aveva colpito nel segno. Chi, invece è stato oggetto di incensamenti, elogi, felicitazioni, è la ministra Bellanova, ex-bracciante e oggi, in parlamento, abbagliante di haute couture e di haute parure ancora più preziosa. Dalla memoria della sua frequentazione con i campi concimati in natura, ha ricavato la passione per gli OGM e la Monsanto. Ha appena convogliato qualcosa come mezzo milione di sradicati e deportati da casa loro, con la promessa che avrebbero vissuto meglio qui, in campi, stabilimenti ed esercizi, dove gli ingrati autoctoni non sono più disposti a lavorare e morire da schiavi.  Gli africani, si sarà detta la Bellanova, a tutto questo sono già abituati, fin dal ‘700.

Un rasserenante senso di ritorno alla normalità, tanto sognato, ce l’ha dato proprio lei, Teresa, quando, al pari della Fornero dalle lacrime roventi sui pensionati, infierendo sui migranti, le si è spezzata la voce. Come dicono laggiù: chiagne e fotte. Un po’ come fanno i sedicenti intellettuali italiani che si sono precipitati a firmare l’appello del giornale del Deep State USA, “il manifesto”. Tante firme, madide delle calde lacrime di pietà per il bistrattato governo Conte, accerchiato e bersagliato di cattiverie, e di orgasmatico piacere per come questa squadra d’eccellenza ha saputo debellare la più letale pandemia da quella di Marc’Aurelio.

La Fase Due è la Fase Uno in forma di boomerang

Sembrerebbe che con il Decreto Rilancio si sia avviata la Fase 2, diversa dalla prima perché, se allora dovevamo morire di virus e di presunto virus, ora  ci accoppano miseria, inedia, suicidio e tutte le nostre malattie croniche che per quasi tre mesi non abbiamo potuto/dovuto curare (dati di pandemia non rilevati da commissari e Protezione Civile: mortalità per infarto triplicata per cure ritardate del 30% e riduzione dei ricoveri del 60%). Hanno chiagnuto e fottuto pure loro.

Comunque, qualche progresso lo dobbiamo registrare. Se nella Fase Uno si moriva come le mosche, anche perché nessuno sapeva come caspita affrontare questo virus del quale non si aveva la più pallida idea cosa fosse. Ma i luminari, illuminati da Bill Gates e altri frequentatori di Bilderberg e Davos, dicevano che sicuramente era polmonite e bisognava intubare e ventilare, chiudersi in ambienti ristretti dove fare circolare meglio il tipetto coronato, tanto da poterlo conoscere e acchiappare. Nella Fase Due, ugualmente si muore, ma di meno. Un po’ perché i ventilatori hanno smesso di disintegrare polmoni e un po’ perché a Mantova, Pavia e in giro per il mondo, gente meno illuminata, all’antica, s’era accorta che non di polmonite si trattava, bensì di malattia del sangue che provoca trombosi e uccide. E dunque ne trasse un insegnamento vecchio di cent’anni: il virus lo stronchiamo sparandogli contro sangue immunizzato donato. Aggratis! (leggi Maria Rita Gismondo, direttore virologia e microbiologia “Ospedale Sacco”, Milano).

Danza Macabra

E se si muore di meno di virus, tocca morire di più di altro, sennò che fine farebbe il grande piano della “Compagnia della bella morte”, di ridurre, come hanno detto, Rockefeller nel 2010 e Bill Gates nel 2015, la popolazione mondiale del 15% a forza di pandemie e vaccini? Ed ecco che arrivano i morti da arresto cardiaco per via di coprifuoco 24 ore su 24 e concentrazione della sanità nazionale sul solo coronavirus. Poi i suicidi, nel periodo pandemico 42, più 36 tentati, contro i 14 dell’anno scorso, più del 400%. I Servizi di Sanità Mentale? Fondamentali nella circostanza. Chiusi, o operanti online, da morir dal ridere. O d’altro. Mentana, Formigli, Gruber, Floris, tutti gli altri propagandisti della morte nera a forza di bombardamenti di numeri, tutti belli manipolati, ve ne hanno mai parlato?

Tagliare le unghie ai farmaceutici? Fermi tutti!

Vi hanno mai detto che l’ex-ministra della Salute, Giulia Grillo, 5Stelle d’antan, aveva approvato un provvedimento che avrebbe tagliato gli artigli ai big farmaceutici? Società che, nella complicità di governi corrotti, impongono alle popolazioni prodotti innovativi a prezzi pazzeschi, che nulla hanno a che fare con i costi della ricerca (del resto finanziati da soggetti come Bill Gates e affiliati)? Farmaci da 70mila a 100mila euro l’anno per paziente oncologico, prezzi assassini che Big Pharma avrebbe dovuto spiegare alla luce dei costi sostenuti. Dove è finito quel provvedimento di giustizia elementare? In Gazzetta Ufficiale subito subito, date le vite in gioco? Macchè, in un cassetto del ministro attuale, Roberto Speranza, appassionato di virus, vaccini e comitato tecnico-scientifico. E lì giace ancora, anche dopo che la Grillo ha presentato ora un ordine del giorno per riattivare il dispositivo, già ampiamente in vigore in altri paesi, tra cui Germania e Israele. Provvedimento salva-milioni, anche in vista di assalti all’arma bianca miliardaria del vaccino che Bill Gates e compari tireranno fuori contro Covid-19.

Respinta di parecchie leghe la signora nera con la falce, per merito sia della primavera inoltrata, quando le influenze si dileguano, sia del ritorno dei reclusi all’aria aperta e alla vita e sia dei sanitari non inquadrati di Pavia e Mantova, entra in crisi tutta l’operazione paura con, per fine, il vaccino universale obbligatorio. E, dunque, giù contumelie, irrisioni, sbertucciamenti per chi, con ‘sto sangue ricco di anticorpi, metteva i bastoni tra le ruote alla Scienza e, conseguentemente, alla Signora in nero. Dovendo, però, gli intubatori alla fine rassegnarsi all’evidenza e non rischiare l’accusa di sabotare l’unica diagnosi corretta e l’unica terapia efficace davvero, quella che oltre tutto non impone l’allontanamento dei cari dal malato perché non si veda cosa succede, l’offensiva anti-sangue iperimmune è cessata.

Cazzata nolente, o cazzata volente?

E allora la battaglia ha fatto nuovamente ricorso a un’arma di provata efficacia: il magico nonsenso. E così hanno messo insieme le loro sapienze, il governo, i tecnoscienziati, gli 800 delle taskforce, quasi altrettanti prelati al Concilio di Trento, qualche velina, i notabili appesi alle pareti, qualche tarlo negli antichi mobili. Quando le teste hanno iniziato a fumare, ecco che se ne sono sprigionate nuove cazzate, tanto da riempire un Decreto “Rilancio” forte di 460 pagine e 250 articoli. Un oceano di confusione da far invidia alla mitica pangea. Idiozie sempre lucidamente intese ad abituarci a ogni assurdità, dato che provengono da coloro cui inneggiano gli intellettuali del “manifesto”.Dovremmo mollare anche il nostro ultimo appiglio alla ciambella della razionalità e indurci a smarrire ogni via d’uscita dalla distopia e avviarci alla catastrofe economica individuale e collettiva.

Qui, però, tocca distinguere tra cazzata e cazzata. Abbiamo subito quelle incidentali, dovute a straconfermata incompetenza e incapacità, tipo i tamponi assolutamente da fare, ma assolutamente mancanti e che accertano solo al 60%, mollandoci un 40% di falsi positivi o negativi. Tipo la scomparsa dei reagenti, i congiunti che non si sa se comprendano anche l’amante Sofia e il cane Giulio, l’intera squadra che va in quarantena se un solo calciatore risulta positivo, l’impresa punita se un solo dipendente si ammala.

Poi ci sono le cazzate in bilico tra sevizia intenzionale o imbecillità. Quale dei due per il bagnino che può fare il massaggio cardiaco, ma non il bocca a bocca? Folgorante esempio, i distanziamenti. Il metro se si passeggia, i due metri se si corre, il metro sui mezzi pubblici, i due metri dal parrucchiere, il metro e mezzo sulla panchina e in chiesa, l’immaginazione al potere nelle distanze tra ombrelloni e lettini, due, quattro, cinque, chissà. E in acqua? E se l’onda ti sbatte addosso a un altro, ti multano? E sott’acqua? Al ristorante c’è il conflitto euclideo tra i due metri per persona e i quattro m2 per tavolino. Per i matrimoni e le comunioni si consiglia l’affitto di un hangar, o di Mirafiori. Infine, chiarissimo il sadismo: niente giochi di bambini nei parchi-gioco dei bambini. Fatti fuori gli anziani, per reclusione e mancanza di cure, tocca ai bambini: che crescano nevrotici, traumatizzati, asociali e depressi.

Esito previsto di tutto questo: la morte economica per perdita da metà a due terzi dei clienti/utenti. Dopodichè sarà solo multinazionali e mafie.

Mascherina, se la conosci…..

Ma restano tutti gli altri, troppi.  Per loro c’è un rimedio: le mascherine. E lì che possono ancora beccarti impunemente. Sia i gendarmi, privati della soddisfazione di buttare a terra e multare un runner, o un ragazzo in spiaggia; sia i produttori e rivenditori ringalluzziti dai prezzi determinati dalla perizia distributrice del commissario Arcuri, sia i delatori nati. Del compito di questo “dispositivo di protezione personale” di creare una società di nessuni, ignoti agli altri e, dunque, a sé, di eliminare la comunicazione più veritiera, quella facciale, di anonimizzarti, di privarti della tua identità, di massificarti pur isolandoti dagli altri, ho già scritto. Ora tocca agli effetti sanitari, come descritti da professionisti che non danno retta alla task force OMS-Big Pharma-Conte Pippo. Quale il Dr. Russell Blaylock, neurochirurgo già professore alla University of Mississippi Medical Center e noto nel mondo per aver perfezionato un intervento risolutore sui tumori del cervello. I suoi dati ci sono stati riferiti dal sito “Nogeoingegneria”..

Con la mascherina, che già raccoglie batteri, germi e polveri, nel caso fossi positivo, ma asintomatico, hai ottime probabilità di ammalarti sul serio: i virus espirati non si disperdono e si concentreranno nei passaggi nasali, entreranno nei nervi olfattivi e arriveranno nel cervello. 17 studi accademici confermano quanto l’OMS e la Scienza (S maiuscola) avevano affermato prima: “Non c’è nessuna relazione tra l’uso della maschera/respiratore e la protezione contro l’influenza”. E i cardinali del Concilio di Trento, Ricciardi, Fauci, l’ISS, ecc., lo sconsigliavano. Mai le mascherine erano state usate per contenere epidemie o pandemie.

Invece ci son i problemi, anche grossi. Dal mal di testa che si sviluppa in un terzo dei lavoratori esaminati, all’accumulo di anidride carbonica, all’ipossia (riduzione dell’ossigeno nel sangue), alla resistenza delle vie aeree, fino a complicazioni che mettono a rischio la vita. Pericoli che si accentuano negli anziani e in coloro che soffrono di malattie polmonari, enfisema, fibrosi, cancro. Il calo dell’ossigeno nel sangue è risultato vistoso tra i chirurghi che indossano la mascherina. Più  hai sulla faccia la maschera e più diminuisce l’ossigeno nel sangue e più si riduce la tua immunità e quindi il rischio di infezioni. Se poi il virus ce l’hai, lo espelli sulla mascherina a ogni respiro, aumentandone la concentrazione nelle vie nasali, nel cervello e nei polmoni.

Hai visto mai che sia un altro modo per eliminare l’eccesso di popolazione mondiale che tanto grava sulla coscienza di Bill Gates e soci? Cosa s’è chiesta Sara Cunial? Quand’è che arrestate quelli?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:59

En pleine crise sanitaire, l’Europe finance la LGV Lyon‐Turin comme si de rien n’était

https://www.mediacites.fr/complement-denquete/lyon/2020/04/07/en-pleine-crise-sanitaire-leurope-finance-la-lgv-lyon-turin-comme-si-de-rien-netait/?fbclid=IwAR1ZeCd5_GrWl0Bz29M0vCUWbAS3QGEQ2JxMhww3807t5CuPzlJ_0uZUPQA

La Commissaire aux Transports vient d’accorder une prorogation d’une subvention de 813,8 millions d’euros pour financer la ligne ferroviaire franco-italienne. Les détracteurs du Lyon-Turin s’insurgent contre une décision qui viole les règles internes de l’Europe et appellent à revisiter les priorités budgétaires européennes au profit de la santé publique et de la lutte contre le Covid-19.

 

Travaux_tunnel_Lyon-Turin

Vue du convoyeur à bande de la descenderie de Saint-Martin-de-la-Porte (Savoie) Photo Wikimedia Commons-Poudou99.

« Business as usual »… même en pleine crise du Covid‐19. Alors que le marasme économique guette l’Europe, le projet du Lyon‐Turin ferroviaire vient de bénéficier d’un piston financier de la part de Bruxelles. Le 31 mars, la Commission européenne a en effet accepté de proroger la subvention de 813,8 millions d’euros attribuée à la France et à l’Italie pour ce projet de ligne transalpine à grande vitesse. « En pleine crise de financement de l’urgence sanitaire », c’est « un gaspillage massif d’argent public », dénonce la délégation Europe‐Ecologie Les Verts au Parlement Européen.

Le groupe des eurodéputés écologistes, tout comme celui de La France Insoumise et du mouvement italien Cinq Etoiles, ont adressé chacun des courriers à la Commissaire européenne aux Transports, Adina Valean, afin que celle‐ci reconsidère ses priorités budgétaires. En vain. Le promoteur du Lyon‐Turin, la société franco‐italienne Telt, avait sollicité en septembre 2019 une extension de trois ans de l’aide européenne.

Accordée en 2014 pour la réalisation du tunnel transfrontalier entre Saint‐Jean‐de‐Maurienne et le Val de Suse, la subvention de 813,8 millions d’euros correspond à un programme de 2 milliards d’euros de travaux que Telt s’était engagé à achever fin 2019. Or ceux‐ci ne sont pas terminés. Bruxelles choisit donc de l’exonérer de sa propre règle du « use‐it‐or‐lose‐it », selon laquelle une subvention non entièrement consommée à la date‐butoir est perdue.

Une décision jugée opaque

En 2013 déjà, Telt avait obtenu une prorogation de deux ans de la première subvention versée par l’Europe (400 millions d’euros). La preuve d’un « favoritisme manifeste envers la France, l’Italie et Telt », estime Gwendoline Delbos‐Corfield, députée européenne et vice‐présidente du groupe Verts‐ALE. Les trois délégations (Verts, LFI et Cinq Etoiles) dénoncent en outre l’opacité qui entoure cette décision prise sans consultation du Parlement, ainsi que le manque de transparence sur la pertinence de l’utilisation des fonds publics.

Malgré leurs demandes répétées, aucun des trois groupes n’a pu obtenir de la Commissaire européenne aux Transports les copies des demandes de prorogation des deux Etats, ni le montant des subventions versées ou dues à Telt au 31 décembre dernier, pas plus que la liste des travaux accomplis à cette date. Il est donc impossible de savoir combien de centaines de millions d’euros de fonds publics échappent, avec cette nouvelle prorogation, aux mailles de la règle européenne.

Dans une réponse adressée aux Verts le 26 février 2020, Adina Valean confirme seulement que « les conditions d’une prolongation d’au moins un an sont réunies » sans en expliciter la nature. La Commissaire aux Transports n’a pas répondu aux questions de Mediacités. L’Inea, l’Agence exécutive inovation et réseaux qui gère les programmes transports de la Commission, nous a confirmé par mail qu’elle avait donné son aval pour « une extension d’utilisation de la subvention « d’au moins un an » au 31 mars, après avoir « étudié soigneusement la situation du projet, notamment ce qui a été accompli et ce qui reste à accomplir. » L’Inea précise juste que la crise du Covid‐19 pourrait entraîner « un léger retard de la signature de l’avenant » à la convention de subvention, en raison des « procédures de télétravail ».

« Mettre fin à ce gouffre financier »

Les eurodéputés Verts contestent depuis 2011 le bien fondé écologique et économique du Lyon Turin. Un « projet remis en cause par toutes les administrations centrales françaises et par la Cour des comptes européenne », dont le coût est jugé « pharaonique » (26 milliards d’euros valeur 2012). Ils appellent, à l’instar des eurodéputés italiens Cinq Etoiles, à « mettre fin à ce gouffre financier ». Pour Gwendoline Delbos‐Corfied,  il faut tirer au plus vite « les enseignements de la crise du Covid‐19 » et « modifier les priorités budgétaires européennes » au profit de la « santé publique » et de « projets écologiques nécessaires et pertinents ». Même préoccupation chez l’eurodéputée LFI Leila Chaibi : « Au moment où on s’interroge sur ”le jour d’après ”, le moindre euro d’argent public doit être utilisé pour financer des services publics et des projets d’intérêt général, viables écologiquement et économiquement. »

Sur le terrain, les chantiers du Lyon Turin sont soit suspendus soit fortement ralentis par mesure sanitaire. Mais sur son site web, Telt – qui n’a pas donné suite à nos questions – assure poursuivre ses activités administratives « grâce au télétravail » et « notamment le bon déroulement des appels d’offres en cours pour une valeur de plus de 3 milliards d’euros ».

”SILVIA ROMANO NON È UNA COOPERANTE E LA SUA NON ERA NEANCHE UNA ONG”.

https://m.dagospia.com/silvia-romano-non-e-una-cooperante-e-la-sua-non-era-neanche-una-ong-la-verita-236531?fbclid=IwAR2ZMdwJN0jJOy5jtD81-HFdBe_wCXMHQW2NLqzo63tWJaYDQr4hKdzAvLU

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LA VERITÀ È CHE IL SUO CASO DANNEGGIA IL VERO MONDO DELLA COOPERAZIONE, PER COLPA DI MICRO-ONLUS CHE FANNO ”VOLONTURISMO”. ERA LÌ ”CON VISTO TURISTICO, NEOLAUREATA, INESPERTA. IL SUO IMPEGNO ERA FAR GIOCARE I BAMBINI. I COOPERANTI SONO PROFESSIONISTI RETRIBUITI E ALTAMENTE SPECIALIZZATI. PENSARE CHE DEI VENTENNI IMPREPARATI POSSANO CONTRIBUIRE ALLO SVILUPPO DELL’AFRICA HA UN CHE DI PATERNALISTICO” – E’ STATA RAPITA DOPO DUE SETTIMANE DALL’ARRIVO


15.05.2020 15:28 

1. SILVIA ERA ARRIVATA IN AFRICA DA DUE SETTIMANE QUANDO E’ STATA RAPITA. ”NON AVEVAMO NEANCHE FATTO INTEMPO AD ATTIVARE L’ASSICURAZIONE. LA DIFENDEVANO DUE MASAI COL MACHETE”

Dall’articolo del ”Messaggero”

silvia romano 11SILVIA ROMANO 11

Silvia era reduce da un’esperienza come volontaria in Africa, aveva fatto un colloquio e un corso on line e successivamente è stata mandata nel villaggio in Kenya. Conosceva l’inglese e aveva la qualifica di referente con diverse responsabilità. «Non fu mai lasciata sola – ha detto la fondatrice della ong Lilian Sora sottolineando che per la sicurezza c’erano due «masai armati di machete» ma uno di loro «era al fiume» quando è stata rapita. Silvia era arrivata il 5 novembre: «Non avevamo fatto in tempo ad attivare l’assicurazione», ha concluso.

2. “SILVIA ROMANO NON È UNA COOPERANTE. LE ‘ONG’ FAI-DA-TE MANDANO GIOVANI COME LEI ALLO SBARAGLIO”

Lorenzo Tosa per www.tpi.it

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“Silvia Romano non era una cooperante e, tecnicamente, neppure una volontaria, ma una ragazza neolaureata, inesperta, che è stata incautamente esposta a rischi enormi da chi l’ha mandata in un villaggio sperduto del Kenya senza la minima sicurezza, né il rispetto dei più elementari protocolli di cooperazione internazionale. Silvia è vittima due volte: dei rapitori e di chi non l’ha protetta”.

Ogni parola è pesata, ogni virgola è frutto di anni di esperienza sul campo: dodici anni per l’esattezza – dal 2005 al 2017 – che Daniela Gelso, 43 anni, originaria di Saronno, ha trascorso in Africa occidentale e centrale, tra Guinea Bissau, Burundi e Costa d’Avorio, come Project manager per conto di alcune delle principali Ong italiane, francesi e portoghesi, prima di rientrare in Europa, in Francia, nel 2017, continuando a lavorare come manager in ambito sociale.

silvia romano 1SILVIA ROMANO 1

E, di fronte al clamore mediatico suscitato dal caso di Silvia Romano, offre una chiave di lettura nuova, fino ad oggi rimasta in sottofondo, coperta dalle urla da stadio, i commenti degli hater e le posizioni ideologiche su una vicenda in realtà molto complessa.”Facciamo subito una premessa” chiarisce Daniela. “A fronte della liberazione di una venticinquenne che per 18 mesi è stata tenuta in ostaggio da un gruppo armato, non posso che provare un profondo sentimento di gioia. Senza se e senza ma. A prescindere dall’abito indossato e dalla religione adottata e indipendentemente dal valore del riscatto pagato, perché la vita di un essere umano non ha prezzo”.

SILVIA ROMANO 2SILVIA ROMANO 2

Ma…

Ma sono rimasta colpita dall’estrema superficialità con cui, in questa delicata vicenda, è stato trattato il mondo della solidarietà internazionale, già vittima di una vera e propria campagna di delegittimazione nel nostro Paese. Tutti i mezzi d’informazione, nessuno escluso, definiscono Silvia “una giovane cooperante, in Kenya per conto di una ONG marchigiana”.

Cosa c’è di sbagliato in questa definizione?

SILVIA ROMANO 1SILVIA ROMANO 1

Più o meno tutto. 1) Silvia Romano non è una cooperante. Anzi, per essere precisi, non è nemmeno una volontaria, nell’accezione oggi in vigore nel mondo della cooperazione. Per intenderci, un Volontario delle Nazioni Unite beneficia di un contratto remunerato ed opera all’interno di uno specifico programma di sviluppo. 2) Africa Milele, la onlus con cui collaborava, non è una Ong.

D’accordo, fermiamoci per un attimo al ruolo di Silvia Romano. Chi era allora e cosa faceva questa giovane ragazza milanese nel villaggio di Chakama, dove il 20 novembre 2018 è stata rapita.

Se ci atteniamo ai fatti, Silvia è arrivata in Kenya a 23 anni, con un semplice visto turistico che non le consentiva di dedicarsi a nessuna attività di cooperazione internazionale. Neolaureata, inesperta, non aveva all’attivo nessuna esperienza professionale pertinente. Durante la sua permanenza a Chakama, il suo impegno umanitario consisteva semplicemente nel far giocare i bambini del villaggio.

silvia costanza romanoSILVIA COSTANZA ROMANO

Che differenza c’è esattamente con un cooperante internazionale?

La differenza è abissale. I cooperanti sono professionisti retribuiti e altamente specializzati. Hanno un contratto di lavoro e sono coperti da un’assicurazione internazionale. I programmi di sviluppo in cui sono inseriti non consistono in opere di carità o assistenzialismo. Si tratta di strategie con obiettivi ben precisi.

Lei, ad esempio, che mansioni ha svolto nei suoi 12 anni in Africa?

In qualità di capoprogetto, le mie competenze spaziavano dalla gestione di attività complesse alla scrittura progetti nell’ambito di bandi internazionali, dalla rendicontazione finanziaria alla gestione di partenariati strategici, dal team management al reporting ufficiale. Il mestiere di cooperante, insomma, non si improvvisa: sono richieste specifiche competenze, una formazione ad hoc, tra cui anche – come nel mio caso – un master di secondo livello in Cooperazione e sviluppo, oltre alle varie specializzazioni, e ovviamente tanta esperienza sul campo. Anche la mia esperienza è iniziata nell’ambito del volontariato internazionale, seppure con qualche anno in più rispetto a Silvia ed una prima, significativa esperienza professionale in Italia.

silvia romano 2SILVIA ROMANO 2

Quell’esperienza che a Silvia mancava…

Vede, l’Africa è piena di villaggi come Chakama. Le associazioni fai-da-te che pretendono di salvare il mondo proliferano in tutta Europa. Ed ogni anno sono centinaia i ventenni che si affidano a sedicenti “Ong” per vivere un’esperienza di solidarietà in un Paese in via di sviluppo. Questo fenomeno in rapida crescita ha addirittura un nome: “volonturismo”.

In pratica, sta dicendo che Silvia Romano si è affidata a un’organizzazione improvvisata che l’ha mandata in Africa a suo rischio e pericolo?

Purtroppo è esattamente ciò che è avvenuto. Africa Milele Onlus è un’associazione piccolissima, sconosciuta, non accreditata dall’AICS (Associazione Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, ndr), non iscritta a nessuna delle federazioni che raggruppano la quasi totalità delle Ong italiane. L’organigramma consultabile sul sito dell’associazione fa pensare ad una struttura a gestione familiare. Ho notato che ricorrono gli stessi cognomi (un caso?) e che la persona indicata come referente dei progetti in Kenya è la stessa persona che, al momento del rapimento di Silvia, era stato indicato come il guardiano che avrebbe dovuto vegliare sulla guest house di Chakama.

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Com’è stato possibile?

L’anno di svolta, il “liberi tutti”, è arrivato nel 2014 con la riforma della legge sulla cooperazione internazionale che ha, di fatto, riunito Ong, Onlus, fondazioni, cooperative sociali e associazioni culturali sotto un’unica etichetta, quella di Enti del Terzo Settore. Col risultato che tutti, anche le associazioni di provincia sono abilitate ad operare nell’ambito della solidarietà internazionale, anche in continenti difficili e complessi come l’Africa, mettendo a rischio in primis le ragazze come Silvia che si avventurano con tanti sogni e nessuna esperienza.

Di quali numeri parliamo?

I numeri sono impressionanti. Oggi in Italia esistono 336mila enti di terzo settore. Di questi solo 233 sono registrati presso l’AICS e, dunque, riconosciuti idonei ad operare nel settore ed a ricevere finanziamenti pubblici.

Di cosa si occupa precisamente Africa Milele?

lilian soraLILIAN SORA

È difficile saperlo con certezza. Il sito dell’associazione menziona generiche azioni rivolte ai bambini, alludendo agli ambiti della salute, dell’istruzione, dell’igiene, dell’alimentazione. Nessun bilancio certificato che rendiconti la gestione dei fondi raccolti, nessun rapporto annuale delle attività, nessun indicatore quantitativo e qualitativo. Non conosco direttamente né l’associazione né i suoi operatori, ma l’assenza di un qualsiasi dato concreto inerente le attività realizzate ed i risultati raggiunti è un messaggio eloquente per chi lavora nel settore. La cosa più importante di cui si è occupata quest’associazione è il sostegno scolastico di qualche bambino e la costruzione di uno spazio giochi all’aperto costato poche centinaia di euro, anche se l’informazione non è più disponibile, perché dopo il rapimento di Silvia tutti i contenuti del sito sono stati rimossi.

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Che misure di sicurezza sono state prese dalla onlus a Chakama per tutelare Silvia? C’è stata una valutazione dei rischi?

La Presidente di Africa Milele Onlus, Lilian Sora, ha dichiarato a più riprese che Chakama non si trova in una zona a rischio e che il rapimento di Silvia non ha precedenti. Tanto basta per trarre un giudizio. Il fatto che il panorama della solidarietà internazionale sia in gran parte costituito da piccole realtà associative non esenta queste ultime dall’obbligo di garantire la sicurezza dei suoi operatori. Qualsiasi Ong seria assicura il suo personale in missione all’estero, ne segnala la presenza all’Ambasciata italiana, applica scrupolosamente un piano di gestione dei rischi, partecipa ai cluster nazionali (comitati tecnici che identificano priorità d’azione e linee di condotta), concorda i propri programmi di sviluppo con le autorità locali.

AFRICA MILELEAFRICA MILELE

Cosa le ha dato più fastidio di tutta questa vicenda?

Il modo in cui è stata trattata dai media. Ogni volta che la stampa evoca i cooperanti italiani rapiti negli ultimi anni, dovrebbe citare Rossella Urru, capoprogetto del CISP sequestrata in Algeria nel 2011. Oppure Francesco Azzarà, operatore di Emergency, rapito in Darfur nello stesso anno. Dovrebbe parlare di Giovanni Lo Porto, cooperante in Pakistan per conto di una Ong tedesca, che purtroppo non ce l’ha fatta e non ha mai fatto ritorno in patria. Colleghi competenti e preparati, consapevoli dei rischi a cui andavano incontro e – soprattutto – inseriti in organizzazioni in cui il rispetto di norme e procedure di sicurezza è primordiale. La vicenda di Silvia Romano si avvicina piuttosto a quella di Greta e Vanessa, le due ragazze sequestrate (e poi liberate) in Siria qualche anno fa, che tanto clamore ha suscitato.

Cosa possiamo imparare dalla vicenda di Silvia Romano?

Lungi da me esprimere un giudizio di valore sulle motivazioni – certamente nobili – che hanno spinto questa ragazza a partire. Semplicemente, la convinzione erronea che dei ventenni privi di un’adeguata preparazione possano contribuire significativamente allo sviluppo locale sottende un atteggiamento paternalistico e perpetua gli stereotipi negativi legati al concetto di beneficenza. Idealizzare il loro impegno, anche se sincero, significa screditare il lavoro di chi opera sul campo con professionalità e abnegazione.

AFRICA MILELE SILVIA ROMANOAFRICA MILELE SILVIA ROMANO

In conclusione, cosa si sente di dire alle tante (o ai tanti) Silvia che sognano di andare in Africa o in zone remote del pianeta ad aiutare il prossimo?

Di unire sempre i propri sogni e il proprio sano altruismo a una buona dose di coscienza e competenza, fondamentale in situazioni del genere. Di appoggiarsi ad una struttura credibile, solida e ben organizzata, un punto sul quale hanno già insistito autorevoli esperti del settore. Facciamo in modo che la vicenda di Silvia Romano – conclusasi fortunatamente con un lieto fine – diventi spunto di riflessione costruttivo sull’argomento, affinché nessun giovane venga più mandato allo sbaraglio sotto il paravento del No Profit. Perché, se è vero che “si può fare del bene solo se lo si fa bene”, le buone intenzioni – ahimè – non bastano.

Lilian Sora della Onlus Africa MileleLILIAN SORA DELLA ONLUS AFRICA MILELE