NEW YORK, MORTI PERCHÈ? —– IL VIRUS SIAMO NOI ! ——- ELIMINARE I VECCHI, NEUTRALIZZARE I GIOVANI, ARRUOLARE IL RESTO

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/05/new-york-morti-perche-il-virus-siamo.html

MONDOCANE

DOMENICA 3 MAGGIO 2020

 

Hanno sbagliato, o voluto sbagliare, tutto

“ I pazienti deceduti avrebbero sofferto le conseguenze delle prime diagnosi sbagliate. Covid 19 è una malattia infiammatoria vascolare sistemica… addirittura i respiratori avrebbero peggiorato l’esito della malattia…” (Maria Rita Gismondo, direttore microbiologia clinica e virologia del ‘Sacco’ di Milano)

New York: intubati da morire

Ma forse si va oltre al sadismo. Da New York arrivano testimonianze raggelanti su cosa succede in certi ospedali ad anziani intubati e ventilati. Siamo all’orrore. Già da varie fonti mediche, che nessuno ha potuto accusare di fake news, erano arrivati dubbi sulle terapie applicate a chi veniva sospettato di covid-19 e quindi di patologia polmonare. Diversi professionisti avevano asserito che si trattava invece di malattia del sangue con l’esito frequente di trombi letali, contro la quale la ventilazione forzata non era idonea, anzi poteva, con l’eccesso della pressione, provocare danni e perfino morte.

Ora, a partire da un’infermiera che, per non subire rappresaglie nel proprio ospedale, ha chiesto a una collega, Sara N.P., di un’altra struttura, di denunciare quanto ha visto con i propri occhi, la vicenda ha atterrito gli Stati Uniti. Secondo il suo racconto i pazienti anziani venivano fatti morire in massa proprio per l’errata applicazione del ventilatore, nei termini illustrati anche in Italia. La denuncia è stata ripresa dal dr. Cameron Kyle-Sydell del Maimonides Medical Center di N.Y., che ha confermato come i respiratori artificiali provocassero gravi danni ai pazienti, stroncando gli alveoli dei polmoni. Una nota di sospetta corruzione arriva dal dr. Scott Jensen, senatore del Minnesota, secondo cui gli ospedali che impiegano i respiratori ricevono dal ministero il triplo dei fondi rispetto agli altri. Infine, dall’Italia il dr. Giampaolo Palma, cardiologo con vent’anni al Centro Trombosi di Salerno, ribadisce come questo virus attacchi i vasi sanguigni e solo in seconda istanza i polmoni.

Secondo i denuncianti, la pratica degli ospedali di N.Y. di attaccare qualsiasi paziente affetto da coronavirus alle macchine ventilatrici, avrebbe provocato un numero altissimo di decessi. Praticamente saputi e voluti, afferma l’infermiera. L’esclusione immediata di tutti i parenti da qualsiasi contatto con i malati, subito dopo il ricovero, e la loro morte in assenza di testimoni esterni, sarebbe da ricondurre a questa pratica. E forse anche certi numeri in esponenziale crescita. Ma poi, come diavolaccio si conciliano la distanza di un metro tra potenziali contagiati in strada, o nel negozio, e quella di un metro, anche due, negata tra parenti e morenti? Non casca forse l’asino anche qui? E’ fattuale: agli operatori dell’operazione cambiamondo Covid-19 occorrono morti, tanti morti. Ed è altrettanto fattuale che dall’antro da cui sono usciti questi operatori è uscito di tutto, il peggio di tutto.

La migliore di loro: “hanno sbagliato tutto”

E se non fosse bastata la mia piccola ricerca, ecco che sul Fatto Quotidiano del 3 maggio esplode l’atomica di Maria Rita Gismondo, virologa numero uno d’Italia in quanto direttrice di virologia e microbiologia clinica all’ospedale pubblico più rinomato: “Il Sacco” di Milano. E’ la luminare già aggredita con diffida dal noto dr. Burioni (San Raffaele) per aver detto che il Covid-19 le pareva poco più di una normale influenza. Scrive oggi la Gismondo, denunciano il danno inflitto dalle terapie della ventilazione universamente adottate e confermando esplicitamente la scoperta di New York: “L’ipotesi italiana è confermata anche dagli Usa…Sars coV2 colpisce soprattutto i vasi sanguigni, impedendo il regolare afflusso del sangue, con formazione di trombi. La polmonite ne è solo una delle conseguenze”. La cura in questo caso sono gli antinfiammatori, mentre la ventilazione spacca i polmoni e uccide. Si sapeva? Si faceva? “E’ una vera rivoluzione”, conclude Gismondo. Verrà ascoltata? Verrà bruciata sul rogo? Chi appiccherà il fuoco, Roberto Burioni? Bill Gates? Voi che dite?

Ma è mai possibile che, di fronte a un’ipotesi, un dubbio, con tanti elementi e testimoni alla sua base, alla luce di tanti morti soffocati dai ventilatori in tutto il mondo, non si scateni un dibattito  internazionale, a tutti i livelli, su chi abbia ragione, tra coloro che insistono a intubare e a nascondere i morenti ai loro cari e viceversa, e quelli che invocano e praticano altre terapie, meno invasive e rischiose?

https://www.corriere.it/salute/cardiologia/20_aprile_15/quella-relazione-pericolosa-tutti-virus-covid-19-incluso-trombosi-ac6dae  Questo è il link a un articolo del Corriere della Sera, poi cancellato.

La conclusione è una sola. Cosa ci si deve aspettare da chi ha ridotto la distanza tra ricchi e poveri a quella tra la galassia e il pianeta Terra, da chi, sotto copertura di menzogna, frode e altosonanti valori come democrazia, antifascismo e diritti umani, percorre il mondo come un’ininterrotta esplosione termonucleare, cancella al suo passaggio nazioni intere, Stati sovrani, devasta, distrugge, contamina, infliggendo sofferenza e ingiustizia come neanche nelle epoche più buie e terrificanti della storia umana?  E prepara, servendosi di una muta di ratti mediatici per le opportune diffamazioni, fake news, manipolazioni, quell’aggressione alle potenze indocili, Russia, Cina, che renderà tutti gli olocausti succedutisi nella Storia umana, comprese ere glaciali cadute di corpi celesti, diluvi universali, un incidente di percorso?

Prima gli anziani, costosi, improduttivi, dotati di memoria….

“Dal dì che nozze e tribunali e are

dier alle umane belve essere pietose…” (Ugo Foscolo, “I Sepolcri”)

file:///C:/Users/Fulvio/AppData/Local/Packages/microsoft.windowscommunicationsapps_8wekyb3d8bbwe/LocalState/Files/S0/3/Attachments/APPELLODELLACULTURA[32047].pdf

Un appello di Donatella Bisutti relativo all’argomento del prossimo paragrafo, gli anziani mandati al macero, lanciato dalla scrittrice Donatella Bisutti, firmato da molti e pubblicato sui media. Da diffondere.


Abbiamo assistito all’eliminazione dei vecchi tramite assembramento di infetti nelle case di riposo, intubazioni letali a chi poteva essere curato con eparina o clorochina, come incomincia a succedere da noi e altrove, alla faccia dei bonzi sanitari che, grazie al vaccino, aspettano di farsi depositi di Paperoni e califfati tipo quelli del Golfo. Abbiamo visto i nuovi Mengele, Alan Dulles e Shimon Peres, dell’eugenetica costringerli a morire in casa per interruzione delle cure, tutte sospese, mancanza di moto, aria, sole, socialità, per depressione, infarti, perfino inedia. Pulizia generazionale di deboli, improduttivi e costosi che avevano tuttavia la grave colpa di infettare il Nuovo Ordine Mondiale con il patrimonio della memoria di cose, nomi, valori, libertà.

E poi al danno, se così si può definire, l’insulto. Alla persona che muore e che, su falsi pretesti, in maniera sadica viene privato del conforto dei suoi brani di vita affettiva nei momenti del freddo che gela il midollo. Alle persone consanguinee, con-affettive, che si vedevano negate la vicinanza del massimo reciproco bisogno. Nessuno a cui ribadire  che ci è cara la sua vita, nessuno da cui farsi accompagnare in un passaggio che, da solo, vuol dire orrore. Da Antigone, da quando eravamo animali pre-umani, la morte, come la nascita, misteri insondabili che ogni civiltà ha affrontato con ritualità sacra, era onorata, alleviata, accompagnata.

Poi i bambini e ragazzi, improduttivi, costosi, pericolosi.

Ma tocca anche ai giovani. Non di morire. I feldmarescialli hanno bisogno di turnover. Ai giovani tocca di non rompere, come sarebbe nella loro natura di incontaminati dalla vista chiara e, come troppe volte è stato nella Storia, di agenti di cambiamenti radicali, catastrofici per le élites dell’epoca. Tocca ammazzarli, nel senso di decerebrarli, da piccoli. Tutti ricordano di cosa accadde cinquant’anni fa in quasi tutte le strutture dell’istruzione, dalle medie, con ragazzini e adolescenti, alle università dei ventenni e, poi, nelle fabbriche e nei quartieri, con tutta una generazione. Se non nelle fondamenta, il palazzo dell’élite tremò nei vetri e nelle pareti. Ne sono ancora terrorizzati.

Sfumata l’operazione AIDS, di negazione della sessualità conquistata in quegli anni, scoperchiata da guerre e sanzioni a classi e nazioni la “guerra al terrorismo”, hanno capito che dovevano colpire alla radice della vita. Per neutralizzare i caratteri vitali, la forza, la curiosità, l’intelligenza delle nuove generazioni, bisognava ridurne l’“assembramento”, sempre gravido di intemperanze e minacce. Impedire l’associarsi, l’incontrarsi, l’organizzarsi, che a una generazione danno un carattere, addirittura una fisionomia, comune, rabbie e aspirazioni condivise, come succede nelle rivoluzioni, con la ricchezza delle sue diversità e sfaccettature. Un sognare, sentire, pensare, volere che produce forza di massa.

Per prima cosa era necessario disgregare i corpi portatori di tale comunità, separarli, isolarli. Compito delle piattaforme digitali. Rapporti che da fisici, con suoni, occhi, odori, contatti, espressioni, all’asettico del virtuale. Virtuale da smartphone e reti social, autocelebrativo nell’immagine, a compenso di un’identità che, senza confronti con la realtà fisica, diventa incerta, minimalista; semplificata, infantile, nel linguaggio. L’apoteosi delle chat, del pensiero breve e, dunque, della comunicazione corta. Fine del crescere dell’uno  sull’altro, con l’altro, per l’altro, ad arrampicarsi insieme, legati, sulla roccia che ha in cima  la maturità. Conferma di una gerarchia famigliare ossificata e patriarcale, che poi dovrà rafforzarsi nei rapporti sociali e di classe. Un rapporto dogmatico e quindi autoritario, negatore della dialettica e della contestazione.

Come quello dei monopolisti della Scienza. Che controllano l’OMS pagandola, non diversamente dall’organismo ONU che sovrintende al digitale, Internet Governance Forum (IGF). Da chi è composto? Dai governi, per forza, dalle piattaforme dettaleggi e dettacensura di Silicon Valley e dalla “società civile”. Cosiddetta, perché composta dalle grandi ONG, tipo Medici Senza Frontiere, Save the Children, Open, generosamente finanziate dalle stesse piattaforme e pure da Soros. Conflitti d’interesse. Nessuno. Come quelli dell’OMS.

Scuola o centro di addestramento?

Poi l’eliminazione della scuola, luogo deputato alla formazione, tanto attraverso l’apprendimento didattico quanto a quello autogestito nella comunità di ragazzi che si crea e che ne alimenta l’opera collettiva, anche la resistenza, nei confronti degli adulti e l’affinamento piscofisico reciproco attraverso l’amicizia, l’amore, l’emulazione, il conflitto. Un fronte di forza e di responsabilità fondato sullo scambio. Negato, ne riduce i membri alla solitudine, alla debolezza, al blocco del processo evolutivo e formativo. Nessuna comunicazione e nessun insegnamento virtuale, la scuola telematica con i suoi elementi degenerativi di isolamento e solipsismo, può sostituire anche in minima parte, anzi, la linfa vitale del confronto diretto nella comunità. E neppure il rapporto discente-docente, fatto com’è di espressioni, vibrazioni sensoriali e intellettive, fascino, direi, forzando, di elettromagnetismo, potrà mai essere restituito dalla freddezza disumanizzante di uno schermo.

Scuola di classe

O vogliamo scordarci di cosa avesse già provocato, con gli strumenti del digitale appositamente prodotti, la defisicizzazione della realtà esterna e conseguente annichilimento di quella interna che con essa dialoga, e non solo visivamente. Smartphone e tablet tanto comodi, tanto utili e tanto appositamente pensati e diffusi per analfabetizzarci in termini di comprensione della complessità e della sua riduzione a sintesi. Ora questa improbabile ministra dell’Istruzione, Azzolina, prevede, per la ripresa, una scuola spaccata a metà. Come una pianta, un edificio, una vita qualsiasi, che nelle sue parti divise non è più niente di ciò che era. Metà in classe e metà al computer da casa. Due forme non tanto alternative, ma contrapposte, di procedere alla formazione di donne e uomini adulti e coscienti. Ne usciranno due categorie che non avranno nulla da dirsi. Una più dotata, l’altra profondamente disabilitata. E così, nella più importante occasione di socializzazione dei ragazzi, si ricreano le diseguaglianze che la Scuola era chiamata ad annullare. E’ lotta di classe dall’alto verso il basso. Vigliacca, perché se la prende con i meno armati. E una volta di più, il sistema è riuscito a dividere la società. E a imperare. Lo scopo di tutto quello che ci succede non è forse questo?

Resta da dire dei bambini che, dopo due mesi in gabbia, a sfondarsi di Lego e diseducarsi con disneyani filmati di animali, simpatici e degni di affetto solo nella misura in cui paiono esseri umani travestiti da cerbiatto, o orso, o passero, possono uscire con mamma o papà. Un giretto, ma non incontrarsi tra loro, non andare sull’altalena, o sullo scivolo e correre e fare capriole, in gara con i compagni. Non sanno mantenere le distanze, i bambin! In qualche modo colpevoli, mentre ancora odorano di latte materno. Una bella partenza per la crescita da anchilosati nei muscoli e nel cuore, mamma e papà-dipendenti, soli. Ammazzarli da piccoli, appunto.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:01

Mose, trenta funzionari non pagheranno mai

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/04/28/mose-trenta-funzionari-non-pagheranno-mai/5784234/?fbclid=IwAR3BYup1TU2Az6x5jUEMWqXyR7gA_cTHYCWltlskT4MjogWkAOJzcsYRPpw

Mose, trenta funzionari non pagheranno mai

Fatture gonfiate per 42 milioni – L’atto di costituzione in mora è stato annullato: “Mascherarono” le tangenti per l’opera

Tre anni e mezzo fa si erano visti recapitare un atto di costituzione in mora da capogiro. A una trentina fra funzionari del Magistrato alle Acque di Venezia, professionisti, manager del Consorzio Venezia Nuova, perfino un ministro, era stata notificata l’intimazione a pagare entro 90 giorni una somma imprecisata, comunque tale da compensare i 42 milioni di euro per sassi da diga che avevano gonfiato le fatture, per mascherare le tangenti del Mose. Il documento, firmato dal viceprocuratore generale della Corte dei Conti di Venezia, Alberto Mingarelli, era la ricostruzione dettagliata del sistema di supposte collusioni che nel 2005 aveva portato a fissare il “prezzo chiuso” del Mose a 3 miliardi 709 milioni di euro. Un modo per rendere certa la spesa, sostenne allora Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio e “gran tangentiere”. Un modo, ha replicato la Procura contabile, per coprire i soldi della tangenti, visto che i sassi furono pagati a peso d’oro e il surplus (12,5 per cento) costituì la provvista del malaffare.

Adesso si scopre che l’atto di costituzione in mora del giugno 2016 è stato annullato. Nessuno ha pagato, la Corte dei Conti non vi ha dato seguito e lo ha assorbito nel procedimento che a dicembre si è concluso con la condanna a risarcire 7 milioni di euro inflitta a Mazzacurati (deceduto), all’imprenditore Alessandro Mazzi e al Consorzio Venezia Nuova. E quindi una trentina di persone, alcune delle quali ancora in posizione di vertice, sono uscite di scena. A confermare che lo Stato finanziò le tangenti del Mose, grazie al “prezzo chiuso” di un’opera da 6 miliardi di euro non ancora conclusa, è stato il procuratore regionale veneto della Corte dei Conti, Paolo Evangelista. Nella relazione per l’anno giudiziario, depositata solo ora causa pandemia, scrive che si è arrivati all’“epilogo delle azioni risarcitorie” nei confronti della cricca che provocò “un maggior costo dell’opera e influito sulla formazione del cosiddetto ‘prezzo chiuso’, oltre che sul sistema dei controlli, con possibili riflessi sulla qualità dell’opera e aggravio dei costi sull’Amministrazione”.

Ai funzionari pubblici (e a Mazzacurati) era contestato di aver avallato l’incremento del prezzo chiesto, senza verificare il costo effettivo dei sassi da diga, che lo avevano formalmente giustificato. Nell’elenco c’erano anche il ministro Pietro Lunardi e l’ex capo del Magistrato alle acqua Patrizio Cuccioletta (arrestato nel 2014). Ma soprattutto venivano citati dipendenti del Magistrato che, come collaudatori di parti del Mose, erano pagati dal Consorzio. I controllori retribuiti dai controllati. Attorno al Mose hanno campato in tanti, non solo in modo illecito (tangenti), ma anche inopportuno (collaudi retribuiti da parte di dipendenti del Magistrato alle Acque). Il viceprocuratore Mingarelli aveva contestato cifre importanti percepite fino al 2014 da componenti del Comitato Tecnico di Magistratura, che poi avevano contribuito ad approvare le richieste del Consorzio sul “prezzo chiuso”.

Piemonte: un disastro che viene da lontano

https://ilmanifesto.it/piemonte-un-disastro-che-viene-da-lontano/?fbclid=IwAR1Qko_4UjuRs5CZvlnpT7qIaVmyb3RIl6fSgxEJQ5BpcX3u6qr9E2ULWMQ

manifesto

 

 

 

 

Sanità. I tagli sono iniziati vent’anni fa, per mano della seconda Giunta Ghigo (Fi), il primo presidente eletto direttamente dai cittadini. Da allora, non si sono più fermati: le amministrazioni Bresso (Pd), Cota (Lega), Chiamparino (Pd), con maggiore o minore velocità, hanno continuato a muoversi nella medesima direzione

L’Area sanitaria delle Ogr (Officine Grandi Riparazioni) di Torino
 L’Area sanitaria delle Ogr (Officine Grandi Riparazioni) di Torino

Difficile fare peggio di così: da qualche giorno, il Piemonte è la Regione d’Italia con il maggior numero di casi attivi (positivi meno guariti e deceduti) rispetto alla popolazione.

I malati sono 356 ogni centomila abitanti (uno ogni 281 persone), il doppio della media nazionale. In Lombardia il dato ammonta a 343 casi ogni centomila abitanti (uno ogni 286 persone). Una tendenza in continuo incremento: da inizio aprile, in Piemonte l’indice dei positivi ogni centomila abitanti è cresciuto dell’83,1%, contro un incremento nazionale del 31,4%.

«Facevo il Presidente da sette mesi quando è scoppiata l’epidemia e la Sanità non la distruggi e non la costruisci in sette mesi: prendi quella che c’è», si è difeso il presidente Cirio (Fi), in un’intervista alla trasmissione Uno Mattina dello scorso 17 aprile. Un evidente tentativo di chiamare in causa la precedente Giunta Chiamparino.

L’argomento non è del tutto infondato, anche se, per comprendere davvero la situazione in cui il Covid-19 ha sorpreso la Sanità piemontese, occorre fare un ben più lungo balzo nel tempo. I tagli sono, infatti, iniziati vent’anni fa, per mano della seconda Giunta Ghigo (Fi), il primo presidente eletto direttamente dai cittadini. Da allora, non si sono più fermati: le amministrazioni Bresso (Pd), Cota (Lega), Chiamparino (Pd), con maggiore o minore velocità, hanno continuato a muoversi nella medesima direzione.

E così, tra il 2010 e il 2017, il personale sanitario è sceso di oltre 3.800 unità, i letti di quasi 6.000 posti (crollando da 4,5 a 3,1 ogni mille abitanti), gli ospedali da 44 a 36. Nel contempo, i pazienti in carico a ciascun medico di famiglia salivano di oltre il 20%, avvicinandosi ai 1.300. Insomma: il centrodestra, di cui Cirio è storico esponente, ha anch’esso le sue innegabili responsabilità nella riduzione della Sanità regionale.

Comune a centrodestra e centrosinistra è, altresì, il richiamare, a motivo di giustificazione degli ingenti tagli, la circostanza che tra il 2010 e il 2016 il Piemonte è stato in piano di rientro sanitario, unica tra le regioni del Centro-Nord (salvo una breve parentesi della Liguria).

La vicenda è, tuttavia, opaca. Come scritto da Rosella Zerbi e Giorgio Cavallero sul n. 1/2017 di Torino Medica (la rivista dell’Ordine dei medici della Provincia di Torino), «per anni è stata convinzione comune che il bilancio della Sanità regionale fosse la causa dell’incredibile “buco nero” (disavanzo) di 7.258.726.834,62 [del bilancio regionale], ma analisi approfondite [basate sull’Indagine sulla sostenibilità del Ssn condotta dal Senato] dimostrano che la Sanità piemontese non è mai stata in deficit dal 2005»: dunque, il debito era, in realtà, dovuto allo squilibrio di altre voci del bilancio regionale. Come se non bastasse – aggiungono Zerbi e Cavallero – «una parte dei finanziamenti provenienti da Roma per la Sanità sono stati negli anni utilizzati come cassa per spese extra-sanitarie . Si tratterebbe di 4,3 miliardi di euro destinati al Ssr che sono stati utilizzati altrove». Insomma: difficoltà economiche regionali «misteriose e non chiaramente identificate», sarebbero state scaricate sulla Sanità, contribuendo ad aggravare i tagli di cui oggi i piemontesi pagano le conseguenze.

Non sarebbe il caso che chi ha avuto la responsabilità di guidare la Regione in quegli anni facesse chiarezza?

In questo quadro s’inserisce l’azione della giunta Cirio, una compagine composta da figure di modesto spessore politico, ai più sconosciute prima dell’insediamento, che ha reagito alla pandemia mostrando un’imbarazzante sudditanza psicologica nei confronti della Lombardia. Tutte le più errate scelte lombarde sono state riprodotte in Piemonte: la centralità attribuita agli ospedali, così trasformati in focolai di contagio; l’alleggerimento degli ospedali, rapidamente intasatisi, con spostamento dei malati nelle Rsa e conseguente strage degli anziani pazienti; la costruzione alle Officine grandi riparazioni di un ospedale analogo a quello della Fiera di Rho, ultimata proprio quando la pressione sulle strutture ospedaliere iniziava a scemare; la sottovalutazione della risposta territoriale, sino allo scandalo delle centinaia di segnalazioni dei medici di base andate perdute; la mancata fornitura di adeguate protezioni al personale sanitario.
Insomma: in una situazione del Ssr già compromessa da anni di tagli bipartisan, il Piemonte ha pensato bene di copiare dai peggiori della classe. C’è da stupirsi del disastro odierno?

MAZZUCCO-GRIMALDI: IL LIBRO, IL VIRUS, IL BENE E IL MALE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/05/mazzucco-grimaldi-il-libro-il-virus-il.html

MONDOCANE

VENERDÌ 1 MAGGIO 2020

https://www.youtube.com/watch?v=awowduYoegA

A questo link trovate un colloquio tra il giornalista e regista Massimo Mazzucco e me

Per la gentilezza e la generosità di Massimo si parla nello specifico del mio nuovo libro “CAMBIARE IL MONDO CON UN VIRUS -Geopolitica di un’infezione” 

(editore Zambon, €12.00, 160pp, si ordina a questo link

https://zambon.net/shop/it/shop/310/fulvio-grimaldi-cambiare-il-mondo-con-un-virus

e si trova in libreria e Amazon dopo il 5 maggio)

 e, in generale, sull’operazione Coronavirus alla quale in questa fase sono sottoposti il popolo italiano e mezza umanità.

Ringrazio dell’attenzione che mi ha riservato un comunicatore di grande valore, che è sicuramente anche tra i massimi “debunker” (in italiano sbufalatore, demistificatore)  delle fake news e delle operazioni politico-mediatiche di depistaggio, inganno, manipolazione.

Fulvio

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 11:31

IL TRUCCO DI DISTANZE E MASCHERINE —– FASE DUE DEL DITTATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS —– UN VACCINO È PER SEMPRE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/04/il-trucco-di-distanze-e-mascherine-fase.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 29 APRILE 2020

https://youtu.be/gtfGlBJrm4Y  che ti fa intuire perché Povia è odiato, non solo dai LGBTQI di regime, ma da tutta la Soros-“sinistra”.

In Esiodo le Moire sono tre, in Omero una sola ed è questa di cui parliamo, l’originale, colei a cui Ettore, presago della fine per mano di Achille, fa riferimento. La Moira, Parca per i romani, sovrintendeva alla vita degli umani e ne tagliava il filo quando riteneva giunto il momento. L’Oracolo di Chigi, una copia squalliduccia di quello di Delfi, o della Sibilla Cumana, recepito la sostanza del vaticinio della figlia di Zeus e di Temi, l’ha trasmessa al popolo nella solita forma oscura, confusa, ingarbugliata e labirintica. Solito pasticcio di arroganza e incompetenza fondato, però, sulla sua autorità, tanto indiscutibile quanto illegittima,  di comandante di cittadini-banane non eletto, ma da  questi sudditi dotato di tutti i titoli per fare a meno del parlamento e dare il liberi tutti ai suoi sponsor bananieri tecnoscientifici.

L’attesa era di una Fase Due rasserenante e distensiva, ma è venuto fuori un intruglio verbale tra il minaccioso e il paternalistico che ci mantiene incatenati alla stessa Fase Uno nella quale non si è che allungata la catena dei classici schiavi del cotone. Solo che, al posto dei fiocchi di cotone, noi siamo costretti a raccogliere la gramigna carnivora che germoglia dai campi che qualche malintenzionato ha seminato a virus. Insomma un maiale con il rossetto, come metaforizza il detto anglosassone riferito a una schifezza presentata come l’ambrosia degli dei. In questo caso un  nemico del popolo come suo amico.

L’Oracolo di Chigi.

Ognuno ha l’oracolo che si merita. Il nostro paese è ontologicamente dotato di uomini della Provvidenza che, beneficiati dal loro dio di immunità e impunità, possono anche permettersi un notevole tasso di imbecillità. Così ci tocca subire la chiaroveggenza dell’ultimo arrivato che, dal “Gioco del piccolo golpista” regalatogli all’ultimo convegno dei babbi Natale a Davos, sceglie, lui!, chi puoi incontrare in questa così generosa Fase Due. Solo congiunti fino al quarto grado, anche se mai conosciuti, e niente fidanzate/i, compagne/i “stabili”, amici del cuore, se non quelli “stabili” (per i tempi della stabilità consultare il quinto modulo di autocertificazione di prossima uscita. Forse). Quando gli stabili si potranno incontrare in camera da letto, sempre con mascherina, l’uomo proverà a centrare l’obiettivo schizzando lo sperma dalla prescritta distanza di uno (o due?) metri.

Chi può mettere in discussione queste basi tecnoscientifiche che consentono ad libitum di proteggerci con lo stato d’emergenza? Carcerazione collettiva, ricordate, a suo tempo proclamata per carenza di terapie intensive. Oggi quelle necessità da 9.000 si sono ridotte a 1.800, ma l’emergenza, con i suoi ceppi agli innocenti, rimane. Non si sa mai.

Del doman v’è certezza. Di virus

Visto come il popolo banana (non bue, dato che quel nobile animale ogni tanto tira cornate) continua a farsi sbucciare, la camarilla tecnoscientifica che ha liberato di ogni incombenza la sclerotizzata rappresentanza popolare, ha pensato di stroncare sul nascere ogni idea di ricuperare qualche residuo di libertà e agibilità politica. Con il concorso di un coro mediatico monofono, rispetto al quale quello gregoriano è un caos di dissonanze, ha subito consolidato la prospettiva di uno stato del terrore perenne o, quanto meno, ricorrente a breve. Del doman non v’è certezza per sognanti poeti, ma per i tecnoscienziati con i piedi per terra e la siringa nelle mani c’è certezza, eccome! Certezza tecnoscientifica della nuova ondata, anche più micidiale della prima.

 Fake embedded

E avendo costoro il controllo dei numeri, magari anche del virus, già possono prevedere il nostro ritorno ai domiciliari, in fuga da ben “150mila nuovi casi sicuri subito””. Innamorati delle sconfinate opportunità che questo virus pandemico porta con sé, mentre le quisquiglie e inezie dell’intero mondo scompaiono da schermi e giornali e dalle nostre vane preoccupazioni, i Travaglio, i Mentana, i Molinari, i Giannini, i Fontana, (l’altro, quello del Corsera), tutte le ugole del suddetto coro, celebrano l’evento. Non lo annuncia forse l’Apocalisse di Giovanni? “Dio disse: sciogliete i quattro angeli…Furono sciolti i quattro angeli pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno per sterminare un terzo dell’umanità.”  E chi meglio di Mentana conosce la Bibbia e l’Apocalisse. Quelli da individuare, invece, sarebbero i quattro angeli. Io un’idea ce l’ho.

Alla perfidia che trasuda da tutti i de-cretini (DPCM), dell’avvocato dei digitalfamacologici si unisce la bischeraggine Gli è sfuggito di mente che nella Cupola a cui è appeso ci sta, occupando vasti spazi, anche la Chiesa del suo Padre Pio, con tanto di vescovi. Aveva lasciato i fedeli fuori dalle chiese e dalle messe. Neanche la comunione da asporto. Rimproverato duramente dai prelati, che gli ricordano che assembramenti di fedeli possono essere infettati esclusivamente dallo Spirito Santo, gli viene in soccorso nientemeno che il papa. Il quale, avendo, a suo tempo, predicato obbedienza ai generali che gettavano in carcere e alla tortura i cittadini, non poteva smentirsi sollecitando disobbedienza a chi oggi, qui, ci chiude in carcere con la novità di procedura civile dell’autotortura.

E’ il destino degli Arlecchino, servo di tutti i padroni. Dopo aver fatto il vice dei vicepremier gialloverdi, ora fa le veci del taumaturgo mandato da Big Pharma e Morgan Stanley a farci attraversare in fila per due, allineati, coperti e app-tracciati, le fasi due, tre e quante ne serviranno per annientarci definitivamente. O per farci finalmente tornare tutti quanti sui balconi, non per cantare l’insopportabile Bella Ciao, canto funebre di ogni farloccone, o sventolare bandiere e facce di pirla, ma per appendere questo di striscione. E poi uscire di casa in 60 milioni.

Dove poi il Pippo Conte è assurto al rango sublime di fancazzista che si crede il mago Silvan è quando, per la fase due, ha previso l’apertura di uno spiraglietto dei bar. Fessurina dalla quale il barista (quello sopravvissuto ai tre mesi di fermo) ti passa cappuccino e cornetto e tu, non dovendolo consumare né lì, né nei dintorni, né su una panchina a mezzo chilometro, ma solo in casa, grazie all’abracadabra del premier ti ci trasferisci prima che il cappuccino sia gelato e il cornetto ammosciato e sbriciolato.

Chi di maiale ferisce…

Ma visto che ci dobbiamo abituare ai maiali truccati da baiadere, sostiamo ancora su questa nobile specie. Oggi il riferimento è metaforico, ieri lo era epidemico. Vale sempre la pena valutare il presente alla luce del passato (Guicciardini, Machiavelli, Giuliano l’Apostata e tanti altri saggi). I suini sono entrati in massa nelle vite dell’umanità negli anni 2008-2010. Per la peste detta suina, altro virus influenzale, la solita OMS, che allora come oggi aveva per secondo finanziatore, dopo lo Stato USA, il filantropo Bill Gates e, dunque, pendeva dalle sue labbra, o dai suoi vaccini, proclamò la pandemia della “febbre porcina”. Pandemia che finì, per merito e coscienza di alcuni medici e virologi di rango, non infeudati a Bill e a Big Pharma, col vedere sottoposti a inchieste e ludibrio i suoi promotori. Se pandemia era, lo fu per la credulità della gente, come allora terrorizzata dalla prospettiva di un’apocalissi di morti. Per una lieve influenza battezzata con un nome che sapeva di tanfo di porcile, morirono appena 10mila persone nel mondo. Ma altrettanti furono i suicidi in più, dovuti al terrore, seminato con grande generosità allora come oggi, e ai dissesti economici. Ci hanno riprovato. La produzione è migliorata, l’audience no.

Il vaccino come il battesimo

A forza di esserci trovati sulla coscienza migliaia di morti, di bare, di agonizzanti e loro congiunti piangenti, rovesciatici addosso dal meticolosissimo Mentana e affini, dovremmo arrivare a un punto di cottura tale da implorare Bill Gates di spararci quel benedetto vaccino. Quello che, col nome di Agenda ID2020, ci venne annunciato dai mille miliardari di Davos nel gennaio 2019 e poi lanciato in quello del 2020. Ma ci distrassero e noi non ci facemmo caso. Fin dalla nascita quel vaccino, diventato coatto, ci infilerà sotto pelle un’identità digitale che ci renderà tracciabili e conoscibili, in tutto e per tutto, durante l’intera vita. Gates ci ha rivelato che, bontà sua, si tratterà per i neonati di intervento assolutamente indolore, una specie di tatuaggio sottopelle con i nostri dati dall’A alla Z. Un po’ come il battesimo (accostamento davvero appropriato. Per Bill Gate è o il vaccino, o il virus; per Dio o il paradiso, o l’inferno. Non si scappa)

Mascherina = non c’è nessuno

E a questo scopo servono le mascherine, all’inizio derise dall’alto clero tecnoscientifico come inutili e ora scoperte strumento di odio sociale (divide et impera) dei delatori che le portano nei confronti di chi insiste a metterci la faccia. E’ chiaro che sputazzare per giorni nello stesso lembo di tessuto dovrebbe renderti un untore di prima classe, ma non è questo il punto, dato che, mascherina o no, distanza sociale o no, l’influenza te la becchi o no per i cazzi suoi, come ogni anno. Allora perchè la mascherina? Perché, quando vado per strada nel mio paese, non riconosco e non saluto più nessuno. E quindi con nessuno scambio parole. E viceversa. E così ognuno, fuori casa, diventa nessuno. Privo di identità, sovranità di sé, come già compiuto con i vari strumenti dell’UE, Nato, globalizzazione, nazionicidio. Un mondo di “nessuni” tutti uguali, uniformi, livellati, anonimi. Ma distanti. E senza sorriso, segno empatico indispensabile di comunità di specie, e poi di conoscenza, affinità, familiarità, complicità, intesa. Il primordiale segnale di solidarietà, di avvicinamento, di incontro. Non ci deve essere. Significa assembramento di pensieri e sentimenti. Pericolosissimo.

Ma poi, se le mascherine devono essere obbligatorie, cosa diavolaccio mi rappresenta il prezzo di 50 centesimi (impossibile per produttori e rivenditori) annunciato dal secondino  di Palazzo Chigi. E cosa mi significa la promessa, fatta quattro volte in un mese e mai mantenuta, dal supercommissario Arcuri di calmierarne il prezzo. Se è obbligatoria, la mascherina va data gratis.

Distanza sociale. Abolito il tatto. E anche l’olfatto. Tutti disabili, ma privi di virus. Forse.

E la distanza sociale allora? Quel metro, metro e mezzo, due metri, a seconda di come gli gira? Misura assolutamente demenziale, che, infatti, non può essere praticata in fabbrica, caserma, carcere, famiglia. Ma che i decerebrati da Mentana, Travaglio, Gruber, Formigli, allungano a cinque, sei, deici metri, formando file davanti alla farmacia che raggiungono il borgo vicino. Ora è confermata in perpetuo, ampliata, universalizzata. Ridurrà di almeno un terzo capienza e quindi utenza e clientela di autobus, metro, ristoranti, bar, musei, cinema, teatri, concerti. Misura che almeno metà della scienza medica non militarizzata, giudica perfettamente inutile, sia che il coronavirus sia il killer che si dice, sia che sia la seccatura dell’influenza annuale. Se ti becca da meno di un metro, ti becca anche dallo stipite della porta toccata, dal guanto che prima di te è passato su quell’insalata, dalla brezza che l’ha fatto volare.

Ma anche quel tenere l’altro a distanza perché potenzialmente pericoloso, sospetto, vulnerante e vulnerabile, è arma per la rottura del patto sociale, la frantumazione, l’isolamento, la perdita della dimensione collettiva, bisogno e forza dell’umanità e di tutti i viventi, piante comprese. E che perciò questi subumani, disumani, devono aggredire e distruggere. Non ci basta l’immagine su schermi e schermini? Possiamo avvicinarci a quella. E il naso, non serve che a essere guardato in cagnesco, il tuo e quello degli altri, perché non ne esca una gocciolina pandemica. Addio, dietro alla mascherina, anche agli odori, degli altri, dell’aria, dei fiori, del caffè (quando ci sarà). Spento l’olfatto.

Il digitale, con gli occhi fissi sull’aggeggio mortifero, già ci aveva privato di un immane potenziale della vista. Gente che ti sbatteva contro perché chattava, altri che inciampavano scendendo dall’autobus mentre si scambiavano selfie, altri ancora che annegavano ogni sensazione, impressione, riflessione nello smartphone, ignorando e seppellendo nell’ignoto il paesaggio, le torri, gli alberi, i paesi che passavano davanti al finestrino del treno, o le persone che ti siedono accanto e che un tempo erano i tuoi co-passeggeri, i tuoi co-umani.

Quest’ometto acchittato, chiamato a fare il Petain di turno e di cui il Circolo della Caccia dice che “si presenta bene”, non ci ha che rinnovato il 41bis con aggiunta di qualche ora d’aria. L’estensione degli arresti domiciliari, esclusi 15 milioni di lavoratori di cui l’assembramento è salutare (purchè con mascherine), all’intero paese, compreso il Sud, dove i virus si vergognano di apparire in quasi tutte le regioni e dove dunque non ci sarebbe motivo per chiuder niente, dimostra che è colpo di Stato nazionalvirale e che il pretesto è inventato. A chiudere la faccenda verrà poi, invitata a pranzo da Conte quando s’è bevuto, per interposta gola nostra, l’aperitivo MES, la Troika, come descritta da Euripide in “Medea”. Con due poteri dello Stato, il legislativo e il giudiziario, neutralizzati e con il terzo, esecutivo, sull’attenti, la marcia della Troika sarà una passeggiata tra le rovine. Come in Grecia.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:32

ABUSO DI POTERE, FARE LA TORINO-LIONE AD OGNI COSTO, UN CRIMINE CLIMATICO – Lo ha deciso la Commissione europea

Catastrofe Pandemia Covid-19

ABUSO DI POTERE

FARE LA TORINO-LIONE AD OGNI COSTO

Lo ha deciso la Commissione europea

La Commissione europea non persegue il dovere di buona amministrazione e l’obbligo di motivare le proprie decisioni

Dopo la Pandemia, occorre dedicare immani sforzi per fermare il Cambiamento Climatico: fermiamo intanto la costruzione delle Grandi Opere


Mentre si sta materializzando la rovinosa caduta del PIL, la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, la chiusura di centinaia di aziende e il fallimento di interi settori produttivi in Italia e in Europa, la Commissione europea garantisce il proseguimento dei lavori della Torino-Lione, un Crimine Climatico prorogando il finanziamento scaduto nel 2019 al 31 dicembre 2022.

E’ stato dimostrato che la Torino-Lione è un Crimine Climatico, la Commissione europea con una mano lancia politiche verdi e con l’altra le affossa.

La decisione contiene alcuni profili di illegittimità, ci aspettiamo che il Parlamento europeo denunci il comportamento della Commissione europea che non rispetta la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

FARE LA TAV, FARE LE GRANDI OPERE: ecco la magica ricetta nazionale ed europea per contrastare la caduta del PIL. Lo assicurano la Commissione europea, il Governo italiano, il Governo francese, la Confindustria italiana e francese (Medef), partiti e sindacati italiani e francesi, economisti liberisti e bottegai.

Ma perché la Commissione europea proroga il finanziamento scaduto?

Dal punto di vista macroeconomico perché ogni progetto infrastrutturale europeo che non avanza è una sconfitta per la Commissione europea che lo ha concepito nel rispetto delle politiche neoliberiste TEN-T.

Dal punto di vista operativo perché la proroga dovrebbe sanare sottovoce il pessimo risultato della collaborazione tra i capi di TELT e quelli dell’agenzia europea INEA che gestisce i fondi. E anche dei Governi italiano e francese. I quotidiani nazionali forniscono una versione manipolata preparata dall’ufficio stampa di TELT per allontanare da se ogni responsabilità, ma si guarda bene dal pubblicarla sul suo sito.

TELT non è stata infatti capace – per la seconda volta dal 2013 – di utilizzare il finanziamento nei tempi previsti e INEA non ha svolto le attività di audit che aveva l’obbligo di eseguire in modo efficace.

Una cancellazione dei fondi, come previsto dalle regole europee non applicate, sarebbe una sanzione pubblica per TELT e INEA e per i rispettivi gruppi dirigente, una notizia per la stampa.

La decisione della Commissione Europea di prorogare il termine del finanziamento al progetto fino alla fine del 2022 conferma l’ipotesi che la Commissione europea non persegue il dovere di buona amministrazione e l’obbligo dell’amministrazione di motivare le proprie decisioni, ma favorisce le lobby economiche e finanziarie, che condizionano la burocrazia e la politica europea, anziché l’interesse comune dei cittadini europei e dell’ambiente. Il prof. Sergio Foà, titolare della cattedra di Diritto amministrativo all’Università di Torino, lo ha messo in evidenza in un suo Parere.

PresidioEuropa ha replicato ad INEA, affermando tra l’altro che “non pare che INEA abbia responsabilmente tentato di suggerire  alla Commissione Europea di assumere la decisione politica più saggia che i tempi impongono (quella di applicare il principio europeo “use it or lose it”) invece di continuare sulla strada del passato con una proroga del finanziamento per il progetto Torino-Lione che è in realtà un Crimine Climatico.

Ecco la storia della vecchia abitudine di TELT di fare le cose male.

Nel 2015 INEA aveva donato € 813.781.900 al progetto Torino-Lione, un Crimine Climatico, da utilizzare interamente entro la fine del 2019.

TELT è stata capace di utilizzare il dono in cinque anni per soli € 210 milioni, circa il 25%. Lo certifica con lettera dell’8 aprile 2020 il funzionario Andreas Boschen, Capo Dipartimento di INEA, l’agenzia della Commissione europea che gestisce il flusso dei finanziamenti al progetto Torino-Lione.

Italia e Francia, grazie a TELT, sono dunque riuscite a perdere tre quarti del finanziamento europeo, circa 603 milioni.

TELT si difende imputando i ritardi nell’esecuzione dei lavori all’ex ministro Toninelli che avrebbe tentato di fermare il progetto. Ma non è vero, i meglio informati sanno che curiosamente nessun ritardo è imputabile al Governo precedente all’attuale. Durante tutta il periodo nel quale si è svolto il “teatro governativo dell’Analisi Costi e Benefici”, TELT era impegnata a portare avanti con la sua abituale lentezza le attività geognostiche, che infatti ancora oggi non ha terminato.

Oggi i cantieri della Torino-Lione, un Crimine Climatico sono fermi per Pandemia.

Consigliamo al Governo italiano e francese di non riaprirli: dovrebbero rendersi conto che fare le Grandi Opere è la peggiore ricetta per risollevare le economie dalla crisi post-pandemia.

Dopo la Pandemia, occorre dedicare immani sforzi per fermare il Cambiamento Climatico: fermiamo intanto la costruzione della Grandi Opere.

Fin dal mese di dicembre 2018 PresidioEuropa si era resa conto dei ritardi dei lavori a causa della incapacità amministrative e tecniche di TELT di usare i finanziamenti europei. Nel dicembre 2019 aveva messo in guardia la Commissione europea e allertato numerosi MEPs affinché fosse fatta luce sulla questione, denunciando l’importante ritardo e le sue cause. Numerosi Deputati del Parlamento Europeo si sono mobilitati accanto al Movimento No TAV e hanno fatto proprio l’appello inviando numerosi e articolati messaggi alla Commissione Europea.

In caso di “ritardi importanti” le norme europee prevedono che il saldo dei finanziamenti non utilizzati da un “lento” promotore (TELT) sia cancellato, secondo la clausola “usalo o perdilo. Una tale Decisione della Commissione Europea era già stata applicata nel 2013 al progetto Torino-Lione cancellando € 276,5  milioni perché si “registra un notevole ritardo dovuto a difficoltà amministrative e tecniche” (punto 3 pagina 1). Un vecchio vizio di TELT.

PresidioEuropa ha ribadito il 20 aprile 2020 con una LETTERA APERTA ALL’EUROPA l’urgenza di cancellare il finanziamento europeo della Torino-Lione, un Crimine Climatico, un progetto inutile, senza ritorno economico, che sottrae preziose risorse economiche ai bilanci dell’Unione europea, dell’Italia e della Francia, un’opera in deroga al principio di legalità.

Torino-Lione, cantieri in ritardo, l’Unione Europea concede una proroga Lavori rallentati dall’analisi-costi di Toninelli e dal Covid19

 

https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/04/28/news/torino-lione_cantieri_in_ritardo_l_unione_europea_concede_una_proroga-255070729/

28 aprile 20 Repubblica 

di Paolo Griseri

Il “sì” dell’Europa è arrivato venerdì scorso.

La firma del Grant Agreement tra Roma, Parigi e Bruxelles, conferma i finanziamenti europei nonostante le lungaggini legate al lungo periodo di sospensione dello scorso anno.

Un blocco dovuto alla scelta di Danilo Toninelli di realizzare l’ormai nota analisi costi- benefici sulla Torino-Lione.

Analisi che definì ” non conveniente ” la realizzazione dell’opera salvo poi scoprire che bloccarla sarebbe costato di più. Dopo la decisione di Conte di non tenere conto del parere sollecitato da Toninelli, i lavori sono ripresi.
Ma delle 108 opere e atti che, secondo il cronoprogramma, avrebbero dovuto essere realizzate entro il 2019, ne sono state portate a termine solo 98.

Senza il rispetto del cronoprogramma erano a rischio almeno 600 milioni di finanziamento. Una parte consistente dell’intero finanziamento europeo di 814 milioni di euro per la prima tranche dell’opera. Bruxelles ha deciso di chiudere un occhio.
Ma non è stato facile. Senza accordo i 600 milioni sarebbero tornati all’Unione europea che li avrebbe destinati ad altre opere. La trattativa è durata mesi.

Decisivo è stato il vertice italo-francese di Napoli di fine febbraio.

Le garanzie fornite all’Europa da Conte e Macron hanno spinto Bruxelles a fidarsi delle promesse deidue governi. Ora i cantieri potranno ripartire con i finanziamenti necessari.

Sul versante francese i lavori non si sono mai davvero fermati.

È in costruzione la galleria che precede l’imbocco del tunnel di base a Saint Jean de Maurienne.

Dopo la fine del primo tratto di scavo del tunnel (nove chilometri di una delle due canne), ora si tratta di realizzare i 3 lotti per completare i 45 chilometri del tratto in territorio francese.

Il valore complessivo dell’appalto è di 2,3 miliardi.

Le aziende avevano tempo fino a fine aprile per presentare le loro proposte economiche ma il termine è stato fatto slittare di cinque settimane dopo lo scoppio dell’epidemia di coronavirus.

Quando, a fine maggio, saranno consegnate tutte le proposte, ci vorranno alcuni mesi per stabilire quali delle ditte partecipanti hanno vinto i singoli lotti.
Il mese di giugno è quello in cui verrà assegnato l’appalto per la realizzazione dei pozzi di ventilazione
sul versante francese: 300 milioni di lavori.

Nell’estate cominceranno sul versante italiano i lavori di adeguamento della galleria di Chiomonte. Concepita come tunnel geognostico diventerà una galleria di servizio perché è stato cambiato il punto di attacco dello scavo: non più a Susa ma a Chiomonte appunto.

La galleria dovrà essere allargata alcuni punti per permettee l’incrocio tra i messi di servizio.

Il valore di questo appalto è tra i 40 e i 50 milioni.

Inaspettatamente il bando è stato vinto da due giganti del mondo ei cantieri: gli italiani di Salini e i francesi di Vinci. Una dimostrazione di quanto possa essere importante per i colossi della cantieristica mondiale mettere piede nella realizzazione della Torino-Lione.

Entro dicembre verranno assegnati i lavori per il versante francese e dovrebbero essere assegnati anche quelli per la realizzazio nel nuovo svincolo autostradale di Chiomonte e il trasferimento a San Didero dell’attuale autopoto di Susa.

Questi ultimi due appalti valgono circa 100 milioni di euro e saranno curati dalla Sitaf.

Infine, entro giugno 2021, saranno assegnati i lavori per lo scavo sul versante italiano dei 12,5 chilometri di tunnel di base previsti dal progetto.
Tutto sembra dunque essersi nuovamente messo in moto.

In attesa che nei prossimi mesi Bruxelles mantenga le promesse e decida di alzare dall’attuale 40 al 50/55 per cento la quota di finanziamento.

Una mossa che farebbe scendere l’impegno economico dei governi di Roma e di Parigi. In questo modo la Torino-Lione finirebbe per costare al governo italiano circa le metà della Napoli/ Bari, la linea ad alta velocità che attraverserà il Sud e che anche le associazioni ambientaliste italiane vedono con favore.