Un omaggio a Nicoletta Dosio, che ci ricorda come si fa

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/11/15/un-omaggio-a-nicoletta-dosio-che-ci-ricorda-come-si-fa/5564844/?fbclid=IwAR10rUc-tBlSj9eTyZ-bKQYeialM8WxknpUry1cY5iPbMeqBPx5oMQ6AH-s 

Non di rado rubriche simili a questa sui giornali sono dedicate a storie di persone che gli autori ritengono un esempio, storie di buone azioni e buoni sentimenti per lo più. Vorremmo farlo anche noi oggi e dacché i bravi ragazzi sono tutti occupati, dedicheremo la rubrica a una cattiva ragazza, per di più pregiudicata. 

 Nicoletta Dosio ha 73 anni, ha insegnato tutta la vita in Val di Susa e da sempre è parte del movimento No Tav. Nel 2012, con altri, per protesta aprì per un’ora il casello di Avigliana dietro lo striscione “Oggi paga Monti”. Le hanno dato un anno, la condanna è definitiva e mercoledì le hanno fatto visita i carabinieri: “Non era per accompagnarmi in carcere, ma per verificare l’idoneità della mia casa a diventare per un anno la mia prigione. Ho risposto che non ho chiesto misure alternative, quindi, ancora una volta, non sono disponibile a essere la carceriera di me stessa: i domiciliari non li rispetterò. Ma com’è che questa ‘giustizia forte con i deboli e debole con i forti’, pronta a mandare in carcere un povero diavolo che sottrae a un supermarket due scatolette di tonno, risoluta a randellare coi suoi tribunali ogni opposizione sociale, cerca di evitare nei miei confronti un provvedimento che la sua stessa legge le imporrebbe? Vedremo nei prossimi giorni. La partita a scacchi continua”. Qualche anno fa avremmo detto “testa e palle”, oggi che quel linguaggio non si porta più scriviamo “testa e coraggio”: e chi se l’aspettava che ce ne fosse ancora in giro? D’altronde, si sa, le cattive ragazze vanno dappertutto: pure in galera.

 

Grandi evasori e politici corrotti: ecco la lista veneta

http://espresso.repubblica.it/attualita/2019/04/26/news/grandi-evasori-e-politici-corrotti-ecco-la-lista-veneta-1.334244?fbclid=IwAR2cSdHhtLK5nim-8difV_LHFl4U6eXFKMp5KYYEH6Z7_POU-fgXPnm4WGc

Dalle tangenti del Mose ai conti esteri: scoperte oltre 200 offshore con più di 250 milioni nascosti dal fisco da imprenditori del nordest

DI PAOLO BIONDANI E LEO SISTI

26 aprile 2019

Grandi evasori e politici corrotti: ecco la lista veneta

Si chiama “lista De Boccard”. Dal computer del professionista svizzero Bruno De Boccard, sequestrato dai magistrati della Procura di Venezia, è emerso un elenco di dozzine di imprenditori, soprattutto veneti, protagonisti di una colossale evasione fiscale, celata all’ombra del super condono targato Berlusconi del 2009-2010. Un fiume di denaro di “oltre 250 milioni di euro”, finora mai completamente ricostruito, dove si mescolano le tangenti ai politici e i fondi neri degli stessi clienti. Soldi nascosti in scatole di scarpe. Pacchi di banconote consegnati ad anonimi autisti autostradali, in grandi alberghi o studi di commercialisti.

Lo rivela l’inchiesta su  Espresso+ . L’indagine della Guardia di Finanza, nata sulla scia dello scandalo del Mose di Venezia, ha già portato al sequestro di oltre 12 milioni di euro. E ha fatto scoprire un traffico di tangenti per 1,5 milioni nascoste prima in Svizzera e poi in Croazia da una prestanome di Giancarlo Galan, ex governatore veneto e ministro di Forza Italia, già condannato per le maxicorruzioni del Mose.

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Questa nuova indagine ha fatto emergere anche una serie di documenti informatici con i dati di centinaia di società offshore utilizzate da politici e imprenditori per nascondere nei paradisi fiscali più di 250 milioni di euro. Molti casi di evasione sono stati però cancellati dalla prescrizione o dallo scudo fiscale.

Dalle tangenti per il Mose ai conti esteri: scoperte oltre 200 offshore con soldi nascosti al fisco da imprenditori e politici

Secondo L’Espresso, il “re delle valigie” Giovanni Roncato ha ammesso di aver rimpatriato, grazie proprio allo scudo, 13,5 milioni di euro, detenuti all’estero e accumulati in passato “in seguito a minacce rivoltemi da un’organizzazione malavitosa…la Mala del Brenta…nel periodo in cui la banda di Felice Maniero operava molti sequestri di persona”. Ed ecco partire il carosello del denaro, affidato a “malavitosi ignoti, in due occasioni, circa 200 milioni di lire alla volta, in contanti, al casello di Padova Ovest”. Si chiama Alba Asset Inc, la offshore spuntata nei file di De Boccard, creati insieme al suo boss, il nobile italo-elvetico Filippo San Germano d’Aglié, nipote della regina del Belgio.

Un altro nome eccellente che compare nell’inchiesta ribattezzata Padova Papers, germinazione dei più famosi Panama Papers, è quello di René Caovilla, titolare di un famoso marchio di scarpe, e boutique in tutto il mondo. Anche lui, al quale faceva capo la offshore Serena Investors, riporta L’Espresso, si è avvalso dello scudo fiscale, facendo rientrare in Italia 2,2 milioni di euro, “somme non regolarizzate affidate a professionisti operanti con l’estero al fine di depositarle in Svizzera”.

Anche tre commercialisti di uno affermato studio di Padova, giù emersi nelle vicende del Mose, entrano qui in scena come presunti organizzatori del riciclaggio di denaro nero: Paolo Venuti, Guido e Christian Penso.

Tutti collegati al duo San Germano-De Boccard, punti di riferimento di proprietari di hotel, fabbriche di scarpe, imprese di costruzioni e, ancora, big delle calzature. Come Damiano Pipinato, che attiva lo spostamento dei soldi attraverso proprio Guido Penso: “Lui mi telefonava e, in codice, mi chiedeva se avessi due o tre campioni di scarpe. Io sapevo che mi stava chiedendo 100, 200 o 300 mila euro da portare fuori…Io predisponevo il contante all’interno di una scatola di cartone, in un sacchetto, e lo portavo in macchina nel suo studio a Padova”.

Il dottor Penso non contava il denaro, si fidava, si accontentava della cifra indicata da Pipinato e “rilasciava un post-it manoscritto, con data e importo. Dopo qualche giorno mi esibiva l’estratto di un conto corrente con la cifra da me versata.

A quel punto il post-it veniva stracciato”. Pipinato ha confessato di aver esportato all’estero 33 milioni di euro: 25 in Svizzera, 8 a Dubai.

Tangenti in Lombardia, il sistema Forza Italia-Lega è marcio

https://www.ilblogdellestelle.it/2019/11/tangenti-in-lombardia-il-sistema-forza-italia-lega-e-marcio.html?fbclid=IwAR1gfI16WiAzDIBOuspj9t4df-8E-rjZp1tX2Jt54Iybyn4P2MoCeoJbRVY

Tangenti in Lombardia, il sistema Forza Italia-Lega è marcio

Apriamo gli occhi!

Le accuse contestate all’ex europarlamentare Lara Comi, di Forza Italia, sono gravissime: corruzione, finanziamento illecito, truffa. È il nuovo tangentificio lombardo. Questo schifo di sistema di potere e gestione criminale del territorio è lontano anni luce da ciò che la politica dovrebbe essere, eppure certi politici agiscono con una noncuranza delle più elementari regole e un menefreghismo dei soldi dei cittadini che è imbarazzante.

Per anni Lara Comi è stata la pupilla di Roberto FormigoniPresidente della Regione Lombardia dal 1995 al 2013 e condannato con sentenza passata in giudicato a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione. Arrestato 1 e arrestato 2, ma non solo… perché le inchieste giudiziarie dimostrano che tutto il sistema lombardo è marcio. Per la stessa inchiesta ‘Mensa dei poveri’ è indagato per turbativa d’asta il sindaco leghista di Gallarate Andrea Cassani e poi ci sono dirigenti, funzionari, ras locali pronti a tutto pur di portare a casa il pezzetto di tangente.

Lara Comi deve anche rispondere di due imputazioni di truffa ai danni del Parlamento europeo. Per cinque anni è stata vicepresidente del gruppo parlamentare dei Popolari, la casa di Berlusconi e Forza Italia in Europa. Sorprende, e non poco, il silenzio del PPE su questa vicenda. Da gruppo di maggioranza relativa al Parlamento europeo ci saremmo aspettati parole chiare e forti di condanna contro simili pratiche. Non è mai troppo tardi.

S. Hersch, giornalista premio Pulitzer: Hillary Clinton approvò l’invio di gas sarin ai ribelli siriani per incastrare Assad

http://vocidallestero.it/2016/05/08/giornalista-premio-pulitzer-hillary-approvo-linvio-di-gas-sarin-ai-ribelli-siriani-per-incastrare-assad/?fbclid=IwAR0Y7aKXy9UOsk77z_Nizh-pP3Xl80Tx1xMDsL20u8ehFNn2PBS9xLYkBz4

Hillary-Clinton

Di Saint Simon – Maggio 8, 2016

Il sito Free Thought Project riporta un articolo sui legami di Hillary Clinton con l’attacco chimico al gas sarin a Ghouta, in Siria, nel 2013. Dalle relazioni tra USA e Siria (ne avevamo parlato qui), al ruolo della Clinton nella politica estera USA e nell’approvvigionamento di armi dalla Libia verso l’Isis (ne avevamo parlato qui e qui), alle dichiarazioni del giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh su un accordo del 2012 tra l’amministrazione Obama e i leader di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, per imbastire un attacco con gas sarin e darne la colpa ad Assad, tutte le prove punterebbero in una direzione: i precursori chimici del gas sarin sarebbero venuti dalla Libia, il sarin sarebbe stato “fatto in casa” e la colpa gettata sul governo siriano come pretesto perché gli Stati Uniti potessero finanziare e addestrare direttamente i ribelli siriani, come desideravano i sauditi intenzionati a rovesciare Assad. Responsabile della montatura l’allora Segretario di Stato USA e attuale candidata alla presidenza per i Democrat, Hillary Clinton.

di Matt Agorist, 2 maggio 2016

Nell’aprile del 2013, la Gran Bretagna e la Francia informarono le Nazioni Unite che c’erano prove credibili che la Siria avesse usato armi chimiche contro le forze ribelli. Solo due mesi più tardi, nel giugno del 2013, gli Stati Uniti conclusero che il governo siriano in effetti aveva usato armi chimiche nella sua lotta contro le forze di opposizione. Secondo la Casa Bianca, il presidente Obama ha subito usato l’attacco chimico di Ghouta come pretesto per l’invasione e il sostegno militare americano diretto e autorizzato ai ribelli.

Da quando gli Stati Uniti finanziano questi “ribelli moderati”, sono state uccise più di 250.000 persone, più di 7,6 milioni sono state sfollate all’interno dei confini siriani e altri 4.000.000 di esseri umani sono stati costretti a scappare dal paese.

Tutta questa morte e distruzione portata da un sadico esercito di ribelli finanziati e armati dal governo degli Stati Uniti era basata – è quello che ora ci viene detto – su una completa montatura.

Seymour Hersh, giornalista noto a livello mondiale, ha rivelato, in una serie di interviste e libri, che l’amministrazione Obama ha falsamente accusato il governo siriano di Bashar al-Assad per l’attacco con gas sarin e che Obama stava cercando di usarlo come scusa per invadere la Siria. Come ha spiegato Eric Zuesse in Strategic Culture, Hersh ha indicato un rapporto dell’intelligence britannica che sosteneva che il sarin non veniva dalle scorte di Assad. Hersh ha anche affermato che nel 2012 è stato raggiunto un accordo segreto tra l’amministrazione Obama e i leader di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, per imbastire un attacco con gas sarin e darne la colpa ad Assad in modo che gli Stati Uniti potessero invadere e rovesciare Assad.

“In base ai termini dell’accordo, i finanziamenti venivano dalla Turchia, e parimenti dall’Arabia Saudita e dal Qatar; la CIA, con il sostegno del MI6, aveva l’incarico di prendere armi dagli arsenali di Gheddafi in Siria. ”

Zuesse nel suo rapporto spiega che Hersh non ha detto se queste “armi” includevano i precursori chimici per la fabbricazione del sarin che erano immagazzinati in Libia. Ma ci sono stati molteplici rapporti indipendenti che sostengono che la Libia di Gheddafi possedeva tali scorte, e anche che il Consolato degli Stati Uniti a Bengasi, in Libia, controllava una “via di fuga” per le armi confiscate al regime di Gheddafi, verso la Siria attraverso la Turchia.

Anche se Hersch non ha specificamente detto che la “Clinton ha trasportato il gas”, l’ha implicata direttamente in questa”via di fuga” delle armi delle quale il gas sarin faceva parte.

Riguardo al coinvolgimento di Hillary Clinton, Hersh ha detto ad AlterNet che l’ambasciatore Christopher Stevens, morto nell’assalto dell’ambasciata Bengasi,

“L’unica cosa che sappiamo è che [la Clinton] era molto vicina a Petraeus che era il direttore della CIA in quel periodo… non è fuori dal giro, lei sa quando ci sono operazioni segrete. Dell’ambasciatore che è stato ucciso, [sappiamo che] era conosciuto come un ragazzo, da quanto ho capito, come qualcuno che non sarebbe stato coinvolto con la CIA. Ma come ho scritto, il giorno della missione si stava incontrando con il responsabile locale della CIA e la compagnia di navigazione. Egli era certamente coinvolto, consapevole e a conoscenza di tutto quello che stava succedendo. E non c’è modo che qualcuno in quella posizione così sensibile non stesse parlando col proprio capo [Hillary Clinton, all’epoca Segretario di Stato, figura che nel governo statunitense ha la responsabilità della politica estera e del corpo consolare, NdVdE], attraverso qualche canale. “

 

A supportare Hersh nelle sue affermazioni è il giornalista investigativo Christof Lehmann, che dopo gli attacchi ha scoperto una pista di prove che riporta al Presidente dello Stato Maggiore Congiunto Martin Dempsey, al Direttore della CIA John Brennan [subentrato nella guida della CIA l’8 marzo 2013 dopo le dimissioni di Petraeus nel novembre 2012 e il successivo interim di Morell, NdVdE], al capo dell’intelligence saudita principe Bandar, e al Ministero degli Interni dell’Arabia Saudita.

Come ha spiegato Lehmann, i russi e altri esperti hanno più volte affermato che l’arma chimica non avrebbe potuto essere una dotazione standard dell’arsenale chimico siriano e che tutte le prove disponibili – tra cui il fatto che coloro che hanno offerto il primo soccorso alle vittime non sono stati lesionati – indicano l’uso di sarin liquido, fatto in casa. Questa informazione è avvalorata dal sequestro di tali sostanze chimiche in Siria e in Turchia.

Anche se non è la prova definitiva, non si deve glissare su questa implicazione. Come il Free Thought Project ha riferito ampiamente in passato, il candidato alla presidenza ha legami con i cartelli criminali internazionali che hanno finanziato lei e suo marito per decenni.

Quando Hillary Clinton divenne Segretario di Stato nel 2009, la Fondazione William J. Clinton ha accettato di rivelare l’identità dei suoi donatori, su richiesta della Casa Bianca. Secondo un protocollo d’intesa, rivelato da Politifact, la fondazione poteva continuare a raccogliere donazioni provenienti da paesi con i quali aveva rapporti esistenti o che stavano tenendo programmi di finanziamento.

Le registrazioni mostrerebbero che dei 25 donatori che hanno contribuito con più di 5 milioni di dollari alla Fondazione Clinton nel corso degli anni, sei sono governi stranieri, e il maggior contribuente è l’Arabia Saudita.

L’importanza del ruolo dell’Arabia Saudita nel finanziamento dei Clinton è enorme, così come il rapporto tra Siria e Arabia Saudita nel corso dell’ultimo mezzo secolo è tutto quello che concerne questa guerra civile.

Come Zuesse sottolinea nel suo articolo su Strategic Culture,

Quando l’intervistatore ha chiesto ad Hersh perché Obama sia così ossessionato dalla sostituzione di Assad in Siria, dal momento che “il vuoto di potere che ne deriverebbe avrebbe aperto la Siria a tutti i tipi di gruppi jihadisti”; e Hersh ha risposto che non solo lui, ma lo Stato Maggiore Congiunto, “nessuno riusciva a capire perché.” Ha detto, “La nostra politica è sempre stata contro di lui [Assad]. Punto.”

Questo è stato effettivamente il caso non solo da quando il partito che Assad guida, il partito Ba’ath, è stato oggetto di un piano della CIA poi accantonato per un colpo di stato finalizzato a rovesciarlo e sostituirlo nel 1957; ma, in realtà, il primo colpo di stato della CIA era stato non solo pianificato, ma anche effettuato nel 1949 in Siria, dove rovesciò un leader democraticamente eletto, con lo scopo di consentire la costruzione di un oleodotto per il petrolio dei Saud attraverso la Siria verso il più grande mercato del petrolio, l’Europa; e la costruzione del gasdotto iniziò l’anno successivo.

Ma poi c’è stato un susseguirsi di colpi di stato siriani (innescati dall’interno anziché da potenze straniere – nel 1954, 1963, 1966, e, infine, nel 1970), che si sono conclusi con l’ascesa al potere di Hafez al-Assad durante il colpo di stato del 1970. E l’oleodotto trans-arabico a lungo pianificato dai Saud non è ancora stato costruito. La famiglia reale saudita, che possiede la più grande azienda mondiale di petrolio, l’Aramco, non vuole più aspettare. Obama è il primo presidente degli Stati Uniti ad aver seriamente tentato di svolgere il loro tanto desiderato “cambio di regime” in Siria, in modo da consentire la costruzione attraverso la Siria non solo dell’oleodotto trans-arabico dei Saud, ma anche del gasdotto Qatar- Turchia che la famiglia reale Thani (amica dei Saud), che possiede il Qatar, vuole che sia costruita lì. Gli Stati Uniti sono alleati con la famiglia Saud (e con i loro amici, le famiglie reali del Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Oman). La Russia è alleata con i leader della Siria – così come in precedenza lo era stata con Mossadegh in Iran, Arbenz in Guatemala, Allende in Cile, Hussein in Iraq, Gheddafi in Libia, e Yanukovich in Ucraina (tutti rovesciati con successo dagli Stati Uniti, ad eccezione del partito Baath in Siria).

Matt Agorist è un veterano congedato con onore del Corpo degli US Marines ed ex operatore di intelligence direttamente incaricato dalla NSA. Questa precedente esperienza gli fornisce una visione unica nel mondo della corruzione del governo e dello stato di polizia americano. Agorist è stato un giornalista indipendente per oltre un decennio ed è apparso sulle reti tradizionali in tutto il mondo.

Quanto hanno guadagnato i collaudatori del Mose

http://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2014/06/12/news/quanto-hanno-guadagnato-i-collaudatori-del-mose-1.168971?fbclid=IwAR17ux6GRYqezSBYs_C86Xnf786RRFoZmjx2igb1gPU_2N5FEPZwISM-Lh4

Il totale del costo per i collaudi delle opere del Mose è di 26 milioni di euro. La parte del Leone spetta ai dirigenti Anas. Ecco il documento completo con le parcelle presunte e gli importi fatturati

12 giugno 2014
 

Le Commissioni di collaudo vengono nominate dal Presidente del Magistrato alle Acque di Venezia.

I compensi per i collaudatori, variabili nell’importo, sono stabiliti dallo stesso Magistrato alle Acque. I rimborsi spese annessi venono fissati in percentuale variabile sull’importo del compenso pattuito tra collaudatore e Magistrato alle Acque.

Il Consorzio Venezia Nuova è tenuto unicamente a corrispondere al collaudatore il corrispettivo fissato.

I collaudatori che siano dipendenti pubblici sono tenuti a versare al ministero una quota dell’importo ricevuto a seguito del collaudo.

Le cifre nella prima colonna indicano i compensi presunti dei collaudatori. Nella seconda colonna, invece, sono riportate le somme effettivamente fatturate dal Consorzio Venezia Nuova a oggi

Fai click sul link seguente per visualizzare il documento:

Corrispettivi Collaudatori

“Nel Csm si fa carriera con metodo mafioso”. L’attacco di Nino Di Matteo

https://www.agi.it/cronaca/csm_di_matteo_carriera_metodo_mafioso-6188822/news/2019-09-15/?fbclid=IwAR3sA0y-KfdriyyPurzk-HsRmd3EV3Glsu929lcGW09m_sv5IroOYKiLmQc

Il pm che ha indagato sulla trattativa Stato-mafia si candida a Palazzo dei Marescialli e punta il dito contro il “correntismo” e i “poteri striscianti” che minano l’indipendenza della magistratura

Csm Di Matteo carriera metodo mafioso
NINO DI MATTEO

“L’appartenenza a correnti o a cordate è diventata l’unica possibilità di sviluppo di carriera e di tutela nei momenti difficili che il nostro lavoro ci presenta, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso“. Lo ha detto il pm Nino Di Matteo, illustrando nella sede dell’Anm il suo programma come candidato alle prossime elezioni di ottobre per due nuovi togati al Csm.

“Oggi abbiamo una grande possibilità di invertire la rotta, forse è l’ultima, prima che ad approfittare della delegittimazione, e anche della rassegnazione di alcuni, siano altri, con riforme spacciate per efficienza, a renderci squallidi burocrati“, ha affermato ancora il magistrato, sottolineando che per “cambiare dobbiamo anche avete il coraggio e la lealtà di dire che quanto emerso dall’inchiesta di Perugia non ci deve stupire. Non c’è spazio per lo stupore, siamo tutti responsabili di questa situazioni, anche chi ha espresso in passato il proprio voto pensando di darlo a chi poteva rendergli la cortesia”.

Di Matteo, quindi, ha messo in evidenza la sua “consapevolezza su quanto in passato siano stati delegittimati e isolati i migliori di noi”, ricordando anche Giovanni Falcone e le “bocciature clamorose” da parte del Csm, ma “credo che la magistratura continui a rappresentare l’avamposto più alto in difesa della Costituzione, anche di fronte alla volontà di poteri striscianti, non solo illegali, di limitare la nostra autonomia e indipendenza e di renderci collaterali e serventi rispetto alla politica”.

Per il Csm “non serve una riforma punitiva“, ma bisogna “ridargli autorevolezza costituzionale senza distinzioni legate all’appartenenza, al gradimento politico, alla capacità dei singoli di tessere reti relazionali” ha aggiunto Di Matteo, “Non condivido le proposte di riforma sul Csm e il sorteggio dei togati. Rispetto i colleghi che per spezzare le patologie del correntismo hanno proposto il sorteggio, ma penso che sia una proposta incostituzionale ed è devastante che i magistrati, che decidono su ergastoli o su patrimoni, non possano avere l’autorevolezza per eleggere i rappresentanti al Csm”.

“Negli ultimi 15 anni la magistratura è cambiata, pervasa da un cancro che ne sta invadendo il corpo, i cui sintomi sono la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici, il collateralismo politico, la degenerazione clamorosa del correntismo” ha detto spiegando che la sua candidatura al Csm (le elezioni per due nuovi togati si svolgeranno il 6/7 ottobre) è legata al “bisogno di mettermi in gioco in un momento così buio, a disposizione di chi vuole dare una spallata a un sistema che ci sta portando verso il baratro”.

Il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, oggi sostituto alla Dna, ha sottolineato di non aver “mai pensato prima” di candidarsi a Palazzo dei Marescialli, “non sono mai stato iscritto a una corrente e sono sono intenzionato a farlo in futuro” e, ha aggiunto, “spero che la magistratura tutta, con questo voto, dimostri con i fatti di non volersi arrendere a prassi e a un sistema che la sta soffocando: una rivoluzione culturale, insomma, eleggendo chi ha dimostrato di essere estraneo e di voler contrastare le degenerazioni”. Se venisse eletto, l’attenzione di Di Matteo sarebbe rivolta, oltre che alla tutela dei giovani magistrati di prima nomina, alla “trasparenza” delle attività del Csm, alla “questione morale”. 

Cassazione, scontri in Val Susa: “No Tav violenti? Forse fu ira o suggestione”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/11/13/news/cassazione_no_tav_violenti_forse_fu_ira_o_suggestione_-241020906/

Per i giudici possono aver agito “in stato d’ira determinata da un fatto ingiusto”

13 novembre 2019

Alcuni dei No Tav che il 3 luglio 2011 parteciparono in Valle di Susa alla prima grande manifestazione contro il cantiere di Chiomonte, con una guerriglia che costò duecento feriti tra le forze dell’ordine, potrebbero avere commesso reati perché “suggestionati dalla folla in tumulto” o perché arrabbiati a causa dell’atteggiamento della polizia. E’ l’ipotesi che, per decisione della Cassazione, dovrà esplorare la Corte di Appello di Torino.

L’ambito è quello di uno stralcio del maxi-processo ai No Tav (sul quale la Suprema Corte si è pronunciata nel 2018 annullando con rinvio numerose condanne). In questo caso la sentenza riguarda quattro imputati. Gli ‘Ermellini’ hanno stabilito che i giudici di Torino dovranno valutare meglio l’attenuante (con il relativo sconto di pena) di “avere agito per suggestione di una folla in tumulto”, anche perché non è stato dimostrato – secondo i magistrati – che tutti i manifestanti avessero intenzione di dare vita a scontri con le forze dell’ordine.
La Corte piemontese, poi, avrà il compito di verificare un’altra attenuante: quella di “avere agito in stato d’ira determinata da un fatto ingiusto”. Il motivo – già rilevato nella pronuncia del 2018 – è che i giudici di Torino non si sono soffermati con sufficiente chiarezza sul comportamento delle forze dell’ordine in presidio al cantiere.

Terremoto in Francia di 5.0: fermata centrale nucleare, controlli su 3 reattori

https://www.ilmessaggero.it/mondo/terremoto_francia_oggi_centrale_nucleare_fermata-4855461.html?fbclid=IwAR1zXHn97jdQFf-0AqdfuIpUHGMwO6wq8JmLDb8MSeRWGKDC_zWkLBTcIjE

Lunedì 11 Novembre 2019

Terremoto in Francia di 5.0: fermata centrale nucleare, controlli su tre reattori

Una scossa di terremoto molto forte, di magnitudo 5.0, ha spaventato la Francia centromeridionale questa mattina prima di mezzogiorno e ferito 4 persone, di cui una in modo grave. In serata, l’allarme si è amplificato per la notizia che 3 reattori della centrale nucleare di Cruas-Meysse, nell’Ardeche, saranno bloccati nelle prossime ore per consentire «approfonditi controlli». E sincerarsi che la scossa non li abbia danneggiati.

Secondo l’Autorità francese per la sicurezza nucleare (Asn), il terremoto – il più forte in Francia dal 2003 – non ha provocato «danni apparenti» agli edifici della centrale, e l’impianto ha continuato a funzionare normalmente. Ma l’operatore Edf dovrà stabilire quale sia stato «l’impatto» sismico sull’insieme delle installazioni. Per il prefetto Hugues Moutouh, «non è stato constatato alcun danno» dal terremoto che il Centro di osservazione sismica di Strasburgo ha localizzato alle 11:52 «26 chilometri a sud-est di Privas».


Per il resto i danni sono stati contenuti. Dei 4 feriti, tre hanno subito le conseguenze di una «crisi di panico», mentre una ha riportato gravi conseguenze per il crollo di un’impalcatura a Montelimar, la città dove il terremoto è stato avvertito con maggior forza. Ma la terra ha tremato da Lione a Grenoble, da Marsiglia a Montpellier. Testimoni intervistati dalle tv hanno detto di aver udito «un boato fortissimo», a Montelimar sono parecchi quelli che denunciano danni agli edifici, soprattutto crepe. 

Un séisme “fort” de magnitude 5,4 a été recensé dans la Drôme, près de Montélimar en fin de matinée

Video incorporato

Il sindaco di Teil, paese vicino a Montelimar, Olivier Peverelli, ha detto che due campanili «stanno per cadere» e l’ultimo piano del Comune è inaccessibile a causa della caduta dei soffitti. Ha annunciato di aver aperto tre palestre per ospitare fra le 400 e le 500 persone che, nel timore di crolli, non vogliono trascorrere la notte in casa. 

Secondo il collettivo antinucleare del Vaucluse, dipartimento più a sud dell’Ardeche, l’epicentro è stato localizzato «a meno di 20 chilometri dalla centrale nucleare di Cruas, dove la scossa è stata avvertita nella sala macchine dei reattori, e a 30 chilometri dal sito nucleare del Tricastin». Quest’ultimo impianto, aggiunge il collettivo, «sorge su una faglia sismica attiva ed è il più minaccioso di tutta Europa». Da tempo, gli ecologisti ne chiedono la chiusura.

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Des premières images arrivent. Les dégâts semblent matériels et globalement limités.

Pour rappel, la a été évaluée à 5,4 sur l’échelle ouverte de .

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Entro 3 anni la Bolivia sarà il più grande esportatore di litio del mondo

http://www.greenreport.it/news/energia/entro-3-anni-la-bolivia-sara-il-piu-grande-esportatore-di-litio-del-mondo/?fbclid=IwAR3KeJi1K8x9augEOX5jw7EJ_1TNatK2LhIk9y_2W4yMhyB6xNHFEYUOI1E

Il miracolo economico del socialismo indigeno di Evo Morale che guarda alla green economy

[3 Gennaio 2019]

Il vicepresidente della Bolivia, Álvaro García Linera, ha detto in un’intervista concessa a Patria Nueva e Btv che «Con l’incremento dell’industria dello sfruttamento del litio nei salares di Pastos Grandes y Uyuni (Potosí) e Coipasa (Oruro), questa nazione diventerà la prima potenza di esportazione di questo metallo. Questo rivoluzionerà il mondo scientifico boliviano, rivoluzionerà l’industria boliviana, le entrate della Bolivia, questo non è un sogno, abbiamo appena iniziato». L’investimento previsto è di 740 milioni di dollari

E la Bolivia punta a diventare un Paese industriale della green economy, con la costituzione di una joint venture tra lo Stato plurinazionale boliviano  e un consorzio tedesco per la realizzazione di impianti di idrossido di litio, solfato di potassio, idrossido di magnesio, solfato di sodio, catodi e batterie, con un investimento previsto in circa 1,2 miliardi di dollari.

E’ previsto anche un investimento da 2,3 miliardi di dollari per produrre, solfato di potassio, acido borico, bromuro di sodio, carbonato di litio idrogeno e cloruro di litio e litio metallico nei salares di Pastos Grandes e Coipasa .

García Linera ha ricordato che il 50% delle riserve mondiali di litio si trovano in Bolivia e che entro 3 anni quello che era il più povero Paese sudamericano diventerà il numero uno al mondo per la produzione di litio: «Con i soli Pastos Grandes e Coipasa, calcoliamo che i guadagni per la Bolivia saranno di un miliardo di dollari, in più c’è Uyuni, facilmente, il litio, a prezzi bassi, darà 2,5 miliardi di dollari di profitti».

Se gli altri governi di sinistra dell’America Latina sono assediati dalle destre e stanno sprofondando, come il Nicaragua. in una mutazione familistica e reazionaria di un sogno di giustizia e libertà, o come il Venezuela in una crisi di un modello clientelare basato sullo sfruttamento del petrolio, la Bolivia del socialismo indigeno di Evo Morales sembra in buona salute e segna performances economiche invidiabili. Come ha detto Garcia Linera, «La Bolivia di ieri era quella dell’arretratezza, della povertà assoluta e della stagnazione; la Bolivia di oggi guarda al progresso, che, con grande entusiasmo, sta creando benessere; Abbiamo smesso di essere un Paese povero per diventare un Paese a reddito medio. Ci sono ancora molti bisogni, ma abbiamo fatto passi da gigante e, se continueremo su questo trend di progressi, in circa 8 anni avremo un reddito simile a quello del Cile o dell’Argentina. Queste sono conquiste di tutti boliviani perché il cambiamento è stato fatto grazie alla lotta di tutta la popolazione del Paese».

Il vicepresidente boliviano ha sottolineato che «La Bolivia è, per il sesto anno, cinque consecutivi, il campione” dell’economia continentale con la più alta crescita economica in America Latina, il 4,5%. Questa non è una coincidenza (…) La Bolivia ancora una volta il campione sudamericano in economia e il segreto della crescita è una miscela di quattro cose: mercato interno, mercato esterno, distribuzione della ricchezza e ruolo dello Stato nell’economia. Questo modello economico, costruito con così tanto sforzo, deve essere mantenuto perché è un modello vincente, abbiamo battuto tutti i vicini; dobbiamo preservare queste quattro caratteristiche che ci ha permesso di raggiungere i risultati attuali».

Il Paese andino in pieno boom economico ha un debito estero basso: il  23%, in rapporto al Pil perché il balzo in aventi della Bolivia socialista è impressionante per un Paese in via di sviluppo: l’economia del Paese è passata dai 9,5 miliardi di dollari del  2005 ai 40,8 miliardi di dollari, oltre il 400% in più, e García Linera può tranquillamente affermare che «Questo non è mai accaduto in Bolivia, è un miracolo economico (…) che cambierà il panorama geopolitico del continente e cambierà la posizione della Bolivia di fronte al Cile, l’economia è quella che decide se si può parlare in condizioni uguali». Il vicepresidente si riferisce alla rivendicazione della Bolivia di un accesso al mare con il recupero di una parte del territorio perso in una vecchia guerra.

Inoltre, in Bolivia sono state trovate nuove riserve di idrocarburi per 10 trilioni di piedi cubici, per un valore di circa 70 miliardi di dollari e il governo dice che non si seguirà la strada fallimentare del Venezuela ma quella della Norvegia: queste entrate verranno investite per garantire il benessere delle generazioni future. Inoltre la Bolivia ora si potrà permettere di importare meno gas e Garcia Linera ha annunciato che «La Bolivia sta battendo un record continentale perché ha perforato fino a  7.800 metri di profondità e, se la Pachamama  sarà generosa con il Paese, troveremo idrocarburi».

Prima che Evo Morales diventasse presidente della Bolivia, l’azienda petrolifera di Stato Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos (Ypfb) valeva 100 milioni di dollari, ora vale 15 miliardi di dollari e sta  aprendo altri mercati «L’industrializzazione del gas che si sviluppa in Bolivia  dalle mani di un presidente contadino», ha riassunto  García Linera  che poi ha vantato un altro risultato: «La produzione di etanolo, che consente l’uso di questo biocarburante per evitare la contaminazione, che si ottiene mescolando benzina con l’alcol proveniente dalla canna da zucchero, che è viene praticata in altri Paesi da più di 30 anni. Questa è una rivoluzione perché l’etanolo permetterà all’economia di crescere dell’1% in più, la crescita agricola sarà di 4 punti, la crescita dell’industria di quasi 0,7 punti, smetteremo di sovvenzionarla con 143 milioni di dollari perché non compreremo più additivi dall’estero, la Ypfb migliorerà le sue entrate di 300 milioni, produrrà 27 mila nuovi posti di lavoro nell’industria, nella distribuzione, nell’agricoltura; sostituiremo 80 milioni di litri di benzina importata, le colture di canna da zucchero saranno aumentate del 38% e smetteremo di emettere il 6% di gas serra. E’ un grande traguardo per l’economia boliviana: risparmia denaro, genera occupazione, espande l’agricoltura, è rispettosa dell’ambiente e farà crescere l’economia». Grazie a questo, nel  2019 la Bolivia potrebbe smettere completamente di importare biodiesel da olio di soia e olio di palma coltivato in Amazzonia.

A questo si aggiunge che la Bolivia sta aumentando fortemente la produzione di energia rinnovabile  eolica, solare, geotermica e idroelettrica e geotermica per sostituire l’uso di gas: «Dell’energia totale prodotta, il 12%, lo facciamo con le energie alternative, il nostro obiettivo è che queste, fino al 2025, saliranno al  50%», ha detto il vicepresidente.

Il socialismo boliviano punta a migliorare i guadagni delle micro, piccole e medie imprese, anche sovvenzionando il consumo di energia elettrica, garantendo il rifornimento di gas, di acqua e altri benefit. Il  miracolo economico del socialismo indigeno si riflette anche  sul risparmio interno e nel miglioramento delle condizioni di vita delle persone  che sono sempre più in grado di accedere al credito per comprarsi una casa.

Una crescita che va anche a vantaggio dell’agricoltura, la cui produzione è cresciuta a 13,6 milioni di tonnellate su 2,5 milioni di ettari di terreno coltivato, ma si prevede un aumento di mezzo milione di ettari all’anno. Morales ha chiesto ai boliviani di produrre più cibo per far crescere una società sana e per le esportazioni che vanno a beneficio dell’economia nazionale.Álvaro García Linera ha concluso: «L’’agricoltura ha mercato, si stanno aprendo mercati e scommettere in una maggiore produzione è una buona scommessa e vogliamo incrementarla molto di più».