ODIO, RAZZISMO, XENOFOBIA, NAZIONALISMO, ETNICISMO… LILIANA SEGRE CI SALVERA’

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/11/odio-razzismo-xenofobia-nazionalismo.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 5 NOVEMBRE 2019

 

“Il modo migliore per vivere con onore in questo mondo è essere ciò che pretendiamo di essere” (Socrate)

Grazie a Dio l’uomo non sa volare, e devastare il cielo come ha devastato la terra” (Henry David Thoreau)

Liliana Segre: vittima tra le vittime

Da zoticone vernacolare, isolato nel suo borghetto dietro la Luna, mi sono inevitabilmente sfuggiti i meriti per i quali la signora Liliana Segre, a parte il suo indubitabile fascino emanante sollecitazioni formidabili alla simpatia, sia assurta al prestigioso e prodigioso rango di senatrice a vita della Repubblica Italiana. Condivido necessariamente la dolorosa indignazione dei tanti per la sorte crudelissima che le è stata inflitta da ragazza. Ma non credo possa essere l’aver subito ingiustizia ed essere rimasta circondata da morte e devastazione, la motivazione per cui l’infallibile Mattarella l’ha incluso, in quel parnaso di non eletti. Altrimenti non basterebbe che le Camere Alte del mondo intero avessero le dimensioni della tundra siberiana per accogliere tutti e tutte coloro che, adolescenti, si sono visti circondati da morte e distruzione e ne sono scampati. E mi riferisco solo all’epoca da Bush in giù.

Un’impresa epocale. E globale.

Detto ciò, se i meriti di prima mi sono ignoti, quello monumentale di oggi glielo riconosco in pieno. E come non potrebbe essere così davanti a una donna che, pur nella fragilità dei suoi novant’anni, ha prodotto il generosissimo sforzo di affrontare, con la semplice proposta di una Commissione Parlamentare, lo smisurato e scellerato universo dell’odio, del razzismo, antisemitismo, nazionalismo, etnicismo, di tutto quello che si oppone con turpi metodi alla serena avanzata del bene corretto e globale. Di quale immane lotta sia paladina Liliana, nell’autunno del nostro scontentissimo scontento, provo a fornire alcune, del tutto inadeguate, risposte.

Non senza aver condiviso, con commosso trasporto, il vastissimo e travolgente coro che, come una sola voce, si è arruolata in questa epocale battaglia. Penso al solido unanimismo di tutti i media, penso all’immancabile Saviano, penso a Greta Thunberg, che ispirata dal nobile intento, ha subito chiesto ai vigilanti di Facebook, di sopprimere seduta stante ogni pur vago riferimento a odio per una Green New Economy che oltre a salvare l’umanità, le continuerà a far percorrere le vie che l’hanno innalzata all’attuale livello di benessere e giustizia sociale. E guardando molto in alto, penso al nostro Saggio sul l Quirinale che, antesignano della campagna lanciata da Liliana, ha ribadito che i capisaldi irrinunciabili della lotta all’odio sono e devono restare in perpetuo Nato, UE, Euro e le alleanze che, fin dalla fine della guerra, hanno vegliato acchè nel nostro paese non prevalesse l’odio, l’invidia sociale, il razzismo di classe, la xenofobia bene espressa nell’infame slogan di Yankee go home.

Antisemitismo contro 450 milioni di esseri umani

Quali contundenti armi non ci ha messo in mano la senatrice a vita! A partire dalla prima delle sue dolorose preoccupazioni: l’antisemitismo. Pensate ai 450 milioni di arabi, secondo gruppo etnico del mondo dopo i cinesi Han, tutti semiti e tutti abbastanza maltrattati a forza di guerre ininterrotte, milionate di morti, complotti destabilizzanti, desertificazioni, pessima stampa! Mario Monforte, che ne sa una più del demonio, ai semiti arabi aggiunge anche gli akkadi, i gutei, gli assiri e babilonesi, gli aramei. Parlavano tutti semita. Perfino gli ebrei che, tuttavia, o non lo sono (ashkenaziti), o lo sono essendo stati arabi prima di diventare ebrei (sefarditi), ma nondimeno sono universalmente considerati degni di protezione dall’antisemitismo.

Siria

Una lunga storia di odio

Ciò che poi la commissione della senatrice a vita consente, anzi imporrà, è una guerra totale e senza tregua a chi si appropria di beni altrui, che siano monete o terre, in virtù di una vantata superiorità, solitamente vera nel suo contrario. Che sono poi xenofobia, razzismo nella fase dell’erezione. Ciò a cui qui la Commissione Segre allude, anche se si guarda dall’esplicitarlo, è, senz’ombra di dubbio, il colonialismo nelle sue varie e via via ammodernate forme. Si va dalle crociate, con Goffredo da Buglione che ad Acri non lasciava sul collo una sola testa degli autoctoni infedeli, al “fardello dell’uomo bianco” di Kipling, emissario della Regina nell’India di tutti paria del vicerè. Fardello che si è abbattuto su qualche miliardo di persone bisognose di fardelli, fino all’intervento delle Ong per facilitare lo spostamento di quelle persone da casa loro a casa altrui.

Nazioni eccezionali

Avremo finalmente strumenti giuridico-parlamentari, insieme al vitale supporto dell’oligopolio mediatico-partitico-bancario-militare, che ci daranno modo di inaugurare finalmente un’era di pace, non più turbata da nazionalismi antistorici che rivendicano alla propria comunità “destini manifesti,” basati su una presunta “nazione eccezionale”, o sul “mandato divino del popolo eletto”. Quel mandato divino e quel destino manifesto che, grazie a Costantino, Teodosio, Torquemada e successori fino a noi, ha ridotto all’1% il patrimonio letterario, filosofico e artistico costruito dai classici in un millennio. Lottando con Liliana e Greta contro nazionalismo ed etnicismo, fomentatori di violenza, sapremo liberarci, non solo delle fisime patriottiche di paesi che hanno infierito sui loro civilizzatori e, oggi, sui portatori di democrazia e diritti umani, da Cuba al Venezuela, dalla Siria all’Afghanistan. Ma anche di coloro che, per profitti stellari e abietta xenofobia, provvedono i nuovi colonizzatori di armamenti che radano al suolo popoli e civiltà non compatibili con una gestione politicamente corretta del mondo.

Una commissione contro guerre e sanzioni. Finalmente!

Sicuramente, come ci insegna con particolare vigore “il manifesto”, saremo ora in grado di meglio affrontare quanto dai progressisti viene chiamato “discriminazione dei Diversi”. Impediremo che si blandiscano giovani di pelle scura perché lascino casa, famiglia, comunità, terra, storia, per favorire la Coop, Don Ciotti, Zanotelli, Bergoglio e Amazon, dopo seimila chilometri di angustie, in virtù di 14 ore nei campi per 14 euro. Inesorabilmente il mandato della senatrice è anche che si rifiuti che, solo per il fatto di non essere anglosassoni o europei, a certi paesi, seppure affetti da abietto sovranismo, vengano inflitte sanzioni, di indiscutibile natura razzista e xenofoba, a volte anche antisemita, quasi sempre nazionalista ed etnicista, mirate a sfoltirli a forza di malattia e fame.

Lotta alle fobie

Il fatto che “il manifesto” e altri strumenti di comunicazione (una faccia una razza) sfrenatamente plaudano alla senatrice a vita e al suo parto, che affida, a chi ha tutti i titoli per giudicare, la missione di separare il bene dal male e mettere a tacere le bocche de renitenti alla bonifica, non toglie che anche costoro, non sempre immacolati, subiscano gli effetti benefici della campagna. Coerenza con l’adesione alla commissione anti-odio esige che abbiano fine e giusta punizione certe forsennate campagne xenofobe. Campagne che pervadono tutto il nostro respirare, come russofobia e sinofobia, ma anche talibanofobia, o sirofobia e, soprattutto, islamofobia. Campagne fondate sull’accumulo spasmodico di fake news, tipo Russiagate, attinte da chi a Bagdad, 2003, ho visto poter pubblicare i suoi servizi in dipendenza da tre bottoni installati dal Pentagon nelle redazioni. Rosso, non pubblicabile; giallo, da rivedere; verde, pubblicabile. Ma forse già allora si trattava di neutralizzare, con la verità, l’incontenibile odio degli iracheni.

Con Liliana contro la stampa falsa e bugiarda

Cos’era la stampa, baby, mi si era già chiarito a vedere BBC e ITV riferire sulla strage di Bloody Sunday a Derry, a cui avevo assistito e che avevo documentato in maniera opposta a quanto veniva detto dagli schermi, quella sera e per altri quarant’anni. Quella di Bagdad non era che una modesta conferma. Ma anche a Tripoli, dove un’ombra di odio, mai scorta dal “manifesto”, deve aver lievemente increspato il ghigno di Hillary per la sodomizzazione alla baionetta di Gheddafi. Nulla, peraltro, rispetto ai suoi meriti in quanto donna, defraudata da quell’odiatore (e odiato) seriale di Trump (sempre secondo “il manifesto”). Avremo Liliana al nostro fianco sicuramente anche contro questa “vedova nera” di Libia, Honduras e Ucraina. E contro i suoi finanziatori, a Riyad, quelli del modernizzatore Mohammed bin Salman, quello della vivisezione di Khashoggi.

La Commissione Odio contro l’UE

Sollevandoci a un livello geopolitico, traiamo dal messaggio Segre l’insegnamento inconfondibile e incontrastabile della fuoruscita, oltreché dalla Nato, per i motivi nazionalistico-xenofobi citati sopra, dall’UE e dall’euro. Due entità che hanno consacrato il nazionalismo carolingio bi-etnico franco-tedesco, fondato su un odio millenario verso i paesi del Mediterraneo. Odio irrefrenabile in individui come Moscovici, Dombroski, Juncker. Un odio esplicitatosi con l’assalto a mano bancaria a Grecia e Italia, colpevoli di continuare a far scorrere nel sangue e circolare nelle sinapsi il retaggio di una civiltà che è la negazione di un Nuovo Ordine Mondiale fondato sull’odio di chi non si omologa all’1%.

Oppure c’è anche l’odio per i bambini di certe maestre d’asilo, di certe suorine francescane, di certi fucilatori al limitar di Gaza, di cui “il manifesto” non dice, di certi spacciatori di morte chimica, a volte farmaceutici, a volte perfino “migranti” neri, di cui “il manifesto” non dice. Ma di cui sicuramente Liliana Segre si occuperà. Gliene siamo grati.

E, per chiudere, abbassandoci invece a livello di terra, aria e mare, non credo possa essere sfuggito alla finissima sensibilità delle madri e dei padri della Commissione Odio, il razzismo specista di chi va per le fratte e se la spassa sparando a esseri viventi per mangiarseli e anche no. O chi nei laboratori e mattatoi degli scienziati pazzi esercita la sua xenofobia (avversione all’estraneo) tagliando a fettine cani, spellando volpi, elettrificando visoni, accecando conigli, torturando vitelli, polli e maiali. Ma forse andiamo oltre il seminato….E sicuramente Norma Rangeri, che, da modesta critica televisiva, è assurta per meriti Deep State alla direzione dell’edizione italiana di quell’organo, me ne vorrà. Indimenticabile una sua inveterata contro di me quando, al TG3 feci, secondo lei, servizi splatter “inutilmente agghiaccianti” quando mostravo le sevizie sofferte da certe scimmiette cui si fracassava il cranio con lenta pressione, per vedere quanto la testa del  conducente umano avrebbe resistito all’urto.

Sono certo che Liliana Segre e la Commissione Odio saranno al fianco mio e degli animali anche non umani, anche quando si tratta di tirare le orecchie alla loro corifea Rangeri.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:47

Il tribunale di Torino si accanisce sui No Tav più attivi. Domiciliari per Giorgio e Mattia

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Ulteriori persecuzioni da parte del tribunale di Torino contro i No Tav più attivi.

Il tribunale di Torino si accanisce sui No Tav più attivi. Domiciliari per Giorgio e Mattia
 

Questa mattina le forze dell’ordine hanno notificato a Mattia e a Giorgio un aggravamento delle misure cautelari legate alle iniziative di protesta contro il G7 sul lavoro di Venaria.

Entrambi, dopo un periodo passato ai domiciliari, avevano avuto la commutazione della misura cautelare in obbligo di firma. Adesso ritorneranno agli arresti domiciliari con le restrizioni.

L’aggravamento delle misure è stato giustificato dal GIP con la loro partecipazione alla marcia No Tav del 27 luglio nel contesto del Festival Alta Felicità.

In quell’occasione, a pochi giorni dalla comunicazione del premier Conte di voler andare avanti con i lavori di costruzione dell’Alta Velocità, il movimento No Tav aveva deciso di convocare una gita in Clarea per mostrare la devastazione ambientale provocata dal cantiere ai molti che erano giunti al Festival dalla valle e da tutta Italia. Il movimento aveva dichiarato limpidamente che sarebbe arrivato fino al cantiere e che non avrebbe accettato sbarramenti o zone rosse da parte della Prefettura e della Questura. In effetti è stato così, dopo aver abbattuto il cancello posizionato per impedire il transito sul sentiero verso la Clarea, un corteo tranquillo e determinato di decine di migliaia di persone ha sfilato fino a raggiungere il “mostro” e circondarlo.

Una giornata che ha dimostrato, ai molti che davano per sconfitto il movimento, la vivacità e la voglia di lottare dei No Tav, nel contesto di un Festival Alta Felicità che è stato un momento di dibattito e comunicazione importante su alcuni dei temi urgenti del nostro domani quali l’ambiente e la crisi climatica.

A migliaia dunque i No Tav si sono riversati su quei sentieri e a migliaia hanno condiviso quell’obbiettivo dichiarato e pubblico. Le telecamere della Digos e dei giornalisti però avevano già scelto (con il loro ridicolo atteggiamento persecutorio e la loro spasmodica ricerca della figura dei “cattivi”) su chi concentrarsi. Negli atti che sostengono l’aggravamento delle misure gli incitamenti che provenivano da tutto il corteo nei confronti di chi stava lavorando “alla moda No Tav” per tirare giù il cancello, diventano ordini se espressi dalla bocca di Mattia e Giorgio. Tutto questo è ridicolo, in una situazione in cui ancora una volta ad essere evidenziata non è la commissione materiale di un reato, ma l’atteggiamento di partecipazione alle sorti dell’iniziativa.

Se lo stato d’eccezione in cui operano i tribunali e la questura in Val Susa è fatto ormai acclarato da tempo, l’accanimento che viene messo in campo verso alcuni dei No Tav più attivi dimostra la volontà scientifica di provare a farne un esempio per chiunque non si attenga alla norma. Ma se pensano di ridurre all’ordine in tal modo un movimento che da trent’anni attraversa con la stessa determinazione e senza esitare i sentieri della valle si sbagliano di grosso.

C’eravamo, ci siamo e ci saremo!

Giorgio e Mattia liberi subito!

80 anni fa lo ‘Stupro di Nanchino’, l’olocausto dimenticato

https://www.agi.it/blog-italia/agi-china/stupro_nanchino_80_anni-3260264/post/2017-12-13/

L’olocausto asiatico ha causato oltre 14 milioni di vittime nella sola Cina: Il 13 dicembre 1937 i giapponesi entrarono nell’allora capitale cinese trucidando 300 mila persone nelle prime settimane di occupazione e stuprando oltre 20 mila donne, anziane, madri e bambine

80 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
 Commemorazioni a Pechino per gli 80 anni del massacro di Nanchino

La Treccani definisce l’olocausto come “Forma di sacrificio praticata nell’antichità, specialmente nella religione greca e in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente bruciata.” Di fronte agli orrori di Nanchino, tuttavia, forse persino queste parole suonano limitanti. A bruciare interamente sono state una città, i raccolti, le persone, ma non è stata questa la parte peggiore. Cosa accadde a Nanchino 80 anni fa e perché? Cosa rimane oggi di quel tragico evento?

Il contesto storico: “Una guerra mondiale in anticipo”

La storiografia ufficiale individua lo scoppio della Seconda guerra mondiale nell’invasione nazista della Polonia del 1939. Tuttavia, negli anni ’30, numerosi focolai stavano già preparando il terreno per lo scontro. Uno degli avvenimenti più importanti, che per alcuni segna il reale inizio del conflitto globale, fu la seconda guerra sino-giapponese nel 1937, l’alba della Guerra nel Pacifico che incendiò Pearl Harbor e tramontò con Hiroshima e Nakasaki.

La Cina andava incontro a profondi mutamenti dopo secoli di colonialismo occidentale e la caduta dell’Impero più longevo della storia. Oltre alle potenze straniere, la Repubblica fronteggiava 10 anni di guerra civile tra Nazionalisti e Comunisti. Nel mentre, il Giappone si era affermato come prima super potenza asiatica sconfiggendo la Russia e uscendo vittorioso dalla Grande Guerra. I suoi piani espansionistici e la sua propaganda sulla superiorità razziale non avevano nulla da invidiare al Terzo Reich. I cinesi erano considerati una razza inferiore e si prevedeva la presa della Cina in soli 3 mesi, stile guerra lampo hitleriana.

80 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
 1937, i giapponesi entrano a Nanchino

Nel 1931 il Giappone era già riuscito a creare uno stato fantoccio in Manciuria, nel nord della Cina, ma il conflitto esplose il 7 luglio 1937 col pretesto dell’incidente del Ponte Marco Polo. I giapponesi sbarcarono a Shanghai e trovarono una strenua resistenza ad aspettarli. Quei tre mesi previsti per l’intera nazione bastarono solo per la prima città e costarono oltre 40mila uominiFu proprio la strenua resistenza che spronò ulteriormente le truppe nipponiche a marciare su Nanchino, nonostante non fosse una tappa militarmente fondamentale. Dopo Shanghai, infatti, il governo nazionalista si era trasferito a Chongqing e non erano rimaste grosse difese nella capitale, ormai abbandonata a se stessa, senza piani di evacuazione per i civili o di ritirata per i soldati. Nonostante tutto, la Cina non dichiarò la resa e il Giappone ordinò di radere al suolo Nanchino senza fare prigionieri.

Le dimensioni e la brutalità del massacro

L’olocausto asiatico causò dalle 14 alle 20 milioni di vittime per mano giapponese nella sola Cina, due volte il peso della Shoa nazista. Esattamente 80 anni fa avvenne quello che è forse il suo episodio più brutale. Il 13 dicembre 1937, i giapponesi entrano a Nanchino.

Un corrispondente del New York Times in fuga dall’ex-capitale scrisse: “Mentre partivo per Shanghai assistetti all’esecuzione di 200 uomini in soli 10 minuti.” Il Tribunale per i Crimini di Guerra di Tokyo ha stimato che in sole sei settimane siano state stuprate 20 mila donne, anziane, madri e bambine e uccise 200mila persone nei modi più barbari. Molte altre fonti ne contano oltre 300mila. “Un agenzia umanitaria ha sepolto 100mila persone; la Croce Rossa invece 43mila” raccontano Denis and Peggy Warner “In soli 5 giorni i giapponesi hanno gettato nel fiume Yangtze 150mila cadaveri.”

80 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
 Xi Jinping

Alcuni report trattano di contest con la spada indetti dagli ufficiali. Chi più rapidamente avesse ucciso 100 cinesi sarebbe stato ricompensato militarmente. “La gara fu riportata con grande seguito nei giornali giapponesi come un’evento sportivo”. 

Lo storico Yoshiaki Yoshimi descrive invece come il Giappone istituì circa 2000 centri in tutta l’Asia orientale che coinvolgevano circa 200mila “comfort women” da Cina, Filippine, Corea e altre nazioni. Ci sono ragazze cinesi che sono state stuprate 37 volte, e bambine di undici anni abusate per diversi giorni. Purtroppo gli abusi delle truppe non si limitarono ad essere solo di carattere sessuale. Le carte del Nanking Massacre Project, Women Under Siege e Nanking elencano una serie di atrocità tra cui: versare acido sui prigionieri; cannibalismo; decapitazioni; infanticidi; famiglie costrette all’incesto e alla necrofilia, sepolte con il busto fuori per essere bruciate vive o attaccate dai cani.

80 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
 Reduci del massacro di Nanchino 

Fondamentale fu il ruolo di alcuni occidentali come John Rabe, Minnie Vautrin, Bob Wilson e George Fitch, che si impegnarono per l’istituzione di una Safety-Zone internazionale non autorizzata dai giapponesi e disarmata, ma capace di salvare migliaia di vite.

L’olocausto dimenticato: Memoria e controversie tra Cina, Giappone e occidente

Nazionalismo, revisionismo, negazionismo e indifferenza. Sono queste le principali lenti di lettura cinese, giapponese e occidentale su quanto accaduto. I cinesi parlano di datusha (大屠杀 grande massacro), i giapponesi parlano di shijian (事件 incidente), noi quasi non ne parliamo. Per questo la scrittrice Iris Chang l’ha definito “l’olocausto dimenticato”.

I cinesi vogliono giustamente che la memoria sia preservata e parlano dei fatti reali, ma li condiscono spesso all’interno di una narrazione nazionalista e di rivendicazione storica. I giapponesi hanno riconosciuto le proprie colpe ma questo non ha fermato le pulsioni di revisionisti e negazionisti. Infatti, nonostante il presidente Shinzo Abe abbia come di rito fatto ammenda per le atrocità del suo paese, non si è sottratto dal rendere omaggio al santuario di Yasukuni, mausoleo ospitante 1068 criminali di guerra, scatenando le ire di Cina e Corea. Al tempo stesso ha attuato un revisionismo dei libri di testo, volti a diffondere una “più bilanciata” visione dei fatti storici.

80 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
 Commemorazioni a Pechino per gli 80 anni del massacro di Nanchino 

L’approccio alla memoria di Cina, Giappone e occidente su Nanchino ci ricorda di come delle volte la storia, per quanto brutale, possa non insegnare nulla. E’ folle ignorare l’accaduto. E’ folle negarlo o mistificarlo. È folle usarlo per rivendicare l’odio. Ian Buruma scrisse, “Fatti come questi non possono essere spiegati da una particolare cultura o storia. Dopo tutto, in precedenti guerre come la guerra Russo-Giapponese nel 1904-05, i soldati giapponesi erano rinomati per la loro disciplina. Sfortunatamente, uomini da ogni nazione sono capaci di estrema brutalità, una volta che l’animale che hanno dentro viene sguinzagliato.” La memoria sfida quella bestia.

per approfondire – Bibliografia e Filmografia

Quando i rubli di Mosca finivano ai comunisti italiani

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/07/11/quando-rubli-mosca-finivano-comunisti-italiani_K7YKPeKjTjEuGeu71rk11K.html?refresh_ce

Quando i rubli di Mosca finivano ai comunisti italiani

(Fotogramma)

Nelle ore calde delle notizie e degli audio sui presunti finanziamenti di Putin alla Lega, riemergono altri finanziamenti da Mosca per l’Italia. E riguardano quelli al partito Comunista che per mezzo secolo ha beneficiato di un fiume di rubli infinito. Ne ha fatto cenno anche Veltroni in una intervista a Tortorella. Ma soprattutto ne fanno cenno numerosi atti in commissione Stragi e in Commissione Mitrokhin.

Di cosa parliamo? Dal secondo dopoguerra, da Mosca, sono partiti finanziamenti per i principali partiti comunisti d’occidente. Soldi che dovevano servire a sostenere la lotta per il comunismo fatta nei paesi Nato, con lo scopo di creare una spina nel fianco del blocco occidentale. Un flusso di denaro, che per quanto riguarda l’Italia, trova numeri e dati nelle rivelazioni del dossier Mitrokhin, dossier considerato affidabile da tutte le agenzie di intelligence occidentali, a cominciare da quella britannica che gestì la defezione dell’ufficiale sovietico Vasilij Mitrokhin, un ex archivista del Kgb nel palazzo della Lubjanka.

Nei report custoditi negli archivi degli 007 di Mosca e poi girati per competenza dagli agenti inglesi al Sismi per le attività illegali dei servizi segreti sovietici in Italia, queste si evidenziavano in 261 schede, fino al 1984. In particolare a fare i conti dei soldi finiti nelle casse del Pci è la scheda ‘122’ del dossier che svela le cifre del finanziamento russo al partito comunista italiano.

Secondo quanto trascritto dall’archivista sovietico, negli anni tra 1970 e il 1977, fu ininterrotto il flusso di denaro da Mosca a Botteghe oscure. Nel ’71 furono versati 1.600.000 dollari; nel ’72 5,2 milioni; nel ’74 9 milioni di dollari; per il ’76 6,5 milioni, infine, nel 1977, 1 milione. Un flusso che sembra almeno rallentare, in concomitanza con le posizioni ‘eretiche’ di Enrico Berlinguer, in linea di rottura con il Pcus.

Soldi, secondo il dossier Mitrokhin, finirono pure al Psiup tra gli anni 1969 e 1972, per poi esaurirsi. Fino al 1988 sono documentati inoltre fondi al Partito comunista francese di Georges Marchais. In quell’anno arrivarono a Parigi tre milioni di dollari, messi sul tavolo da Gorbaciov, per le elezioni del 1988. Ma i finanziamenti cominciarono ai tempi del Fronte Popolare, nel 1936, un flusso ininterrotto per oltre 50 anni.

I No Tav mollano il M5s e ritornano anarchici. Scatta l’allarme violenza

http://www.ilgiornale.it/news/politica/i-no-tav-mollano-m5s-e-ritornano-anarchici-scatta-lallarme-1778049.html

Si temono scontri in occasione del raduno di dicembre degli antagonisti in Val di Susa

I l movimento No Tav della Val Susa s’è liberato dalla morsa dei partiti (salvo il minuscolo Potere al Popolo) e s’è affidato, come agli albori, agli spin doctors dei centri sociali torinesi dell’autonomia, in primis Askatasuna che, una decina di anni fa ebbe la buona idea di aprire un’agenzia in Valle, a Bussoleno, con il nome di Comitato di lotta popolare.

La lotta contro il cantiere Tav riprenderà fra breve, secondo la tradizione, ai primi di dicembre e minaccia di essere più violenta del solito. Nei sentieri fradici d’acqua di Chiomonte sono rimasti solo i valligiani irriducibili, gli autonomi, una sparuta colonna di anarchici transfrontalieri, soprattutto francesi di Lione e dintorni, truppe cenciose e male organizzate dalle valli torinesi e cuneesi. Gli ultimi a lasciare precipitosamente la Val Susa sono i grillini di Di Maio. Per loro sono solo «traditori» ed è consigliabile non farsi vedere troppo nei dintorni. Il NO – che aveva catalizzato valanghe di voti – è un lontano ricordo. Restano gli insulti di Grillo a Perino («un fermacarte», secondo l’Elevato di Genova) e l’immensa delusione di vederlo accettare la Tav senza esitazioni: «Non abbiamo i voti in Parlamento, non si può fare niente».

L’idea di traslocare in Valle non venne solo ai capetti marxisti con il mito dei baschi e alla ricerca di nuove «fratture» da allargare nel sistema, ma agli allora portavoce del movimento locale. Lo Stato, dopo una lunga incerta attesa, sembrava pronto a far ripartire l’iter della Torino-Lione e fu subito chiaro che sarebbe stato scontro. Così furono «arruolati» esperti di guerriglia, di conflitto, di comunicazione nel mondo allora ancora oscuro del web. Dopo, arrivarono i primi iscritti ai meet-up grillini che sposarono entusiasti i modelli di democrazia orizzontale che quel nucleo di ex antimilitaristi, cattolici, comunisti – con qualche scoria nostalgica del terrorismo di sinistra (qui nacque e prosperò Prima linea, con il suo corredo di sangue e di omicidi), tuttora presente. Nomi importanti del movimento di Grillo si ritrovarono nei cortei e nelle manifestazioni (tra gli altri) Fico, Di Battista, un’irriconoscibile Castelli allora assai meno glamour, molti dei dissidenti di oggi.

Il portavoce storico, l’ex bancario della Cisl Alberto Perino, sino al marzo 2018, fu innamorato di Grillo e accettò di buon grado, anche nel 2013, di salire sul palco dei comico invitando la gente, e i No Tav, a votare per i pentastellati. Perino ha mantenuto i patti, i grillini no, ora tra l’altro alleati con gli odiatissimi pd che della Tav hanno fatto una bandiera.

E questo è un elemento devastante per gli attivisti del treno crociato. Quando rievocheranno le «battaglie» del 2010 e del 2011, che costarono decine di poliziotti e carabinieri feriti, ondate di arresti, si ritroveranno soli e privi di qualsiasi controllo da parte di una forza comunque istituzionale come il M5s. Una beffa atroce. Tanti di coloro che avevano raccolto l’invito a partecipare al conflitto, migliaia di giovani, oggi si ritrovano ad affrontare gli ultimi processi in Cassazione per incidenti e scontri. Alcuni sono tornati in prigione per scontare residui di pena, mentre non pochi «incendiari» di dieci anni fa sono tranquillamente seduti in Parlamento o sulle comode e discrete poltrone del sottobosco governativo. I sacrifici, il certificato penale compromesso, gli arresti e la prigione, le ingenti spese legali, non sono serviti a nulla, se non a creare attorno a Grillo e i suoi un’aurea rivoluzionaria e la fama di mastini anti-sistema. A Chiomonte comparve la sindaca Appendino che oggi vuole collegare Torino con un «hyper treno» (a lievitazione magnetica). Una mutazione completa.

Per ricordare la distruzione del primo cantiere Tav di Venaus del 2006, ci sarà una mobilitazione dell’antagonismo nazionale. Il tam-tam tra i centri sociali sopravvissuti ai repulisti di Salvini è già partito. Arriveranno da Milano, Napoli, il Centro-Sud, il Nord Est, financo dalla Sicilia e dalla Sardegna. Niente di nuovo. Il solito copione. Gli analisti stimano una forbice tra i 10 e i 20mila attivisti ma nulla è certo. Un flop delle manifestazioni dicembrine radicalizzerebbe ancora di più quel che resta di un movimento comunque coeso nel profondo, spregiudicato e libero da vincoli.

I No Tav cattolici hanno organizzato in questi giorni una staffetta di scioperi della fame per sostenere Luca Abbà, l’anarchico del Cels, uno dei simboli della lotta, caduto da un pilone dele bruciata dalle violenza No Tav. Il simbolo di una disastrosa sconfitta collettiva.lla luce dove s’era arrampicato nel marzo 2012, quando il cantiere fu allargato, rischiando di morire. Nel 2009 aveva occupato una casa con altri compagni, fu condannato e ora è arrivato il conto: un anno di carcere ancora da scontare, la condiziona

Noam Chomsky: “I padroni dell’umanità hanno ucciso l’Europa”

https://www.pressenza.com/it/2014/02/noam-chomsky-padroni-dellumanita-hanno-ucciso-leuropa/?fbclid=IwAR3lyCq1PFcyFBrOKFP79VkUm_EFW4M6_TReWGsAzsJP5Ezdl7ljQKerCRo

21.02.2014  Redazione Italia

Quest’articolo è disponibile anche in: Francese

Noam Chomsky: “I padroni dell’umanità hanno ucciso l’Europa”
(Foto di Archivio Pressenza)

“Si credono i padroni dell’umanità e purtroppo lo stanno diventando: la politica democratica ha cessato di resistere loro, spianando la strada alla dittatura incondizionata dei poteri forti, economici e finanziari, che ormai dettano le condizioni della nostra vita pubblica”. Parola di Noam Chomsky, considerato il maggior linguista vivente, autore del capolavoro “Il linguaggio e la mente”.

A 86 anni, il professore statunitense dimostra una lucidità di pensiero e di visione che non lascia spazio a dubbi. Nessuna illusione: “Le nostre società stanno andando verso la plutocrazia. Questo è il neoliberismo”, dice Chomsky, in Italia per il Festival delle Scienze di Roma nel gennaio 2014.  Il titolo dell’ultima raccolta di testi inediti tradotti in italiano è estremamente esplicito: loro, gli oligarchi globali, signori delle multinazionali e grandi banche d’affari, sono “I padroni dell’umanità”.

“La democrazia in Italia è scomparsa quando è andato al governo Mario Monti, designato dai burocrati seduti a Bruxelles, non dagli elettori”, afferma Chomsky. In generale, come riporta il newsmagazine “Contropiano”, per Chomsky “le democrazie europee sono al collasso totale, indipendentemente dal colore politico dei governi che si succedono al potere.”

Sono “finite”, le democrazie del vecchio continente – Italia, Francia, Germania, Spagna – perché le loro sorti “sono decise da burocrati e dirigenti non eletti, che stanno seduti a Bruxelles. Decide tutto la Commissione Europea, che non è tenuta a rispondere al Parlamento Europeo regolarmente eletto. Puro autoritarismo neo-feudale: questa rotta è la distruzione delle democrazie in Europa e le conseguenze sono dittature”.

Per Chomsky, il neoliberismo che domina la dottrina tecnocratica di Bruxelles è ormai un pericolo planetario. Il fanatismo del “libero mercato” come via naturale per un’economia sana poggia su di un dogma bugiardo e clamorosamente smentito. In realtà senza il supporto pubblico (in termini di welfare e di emissione monetaria) nessuna economia privata può davvero svilupparsi.

Oggi il neoliberismo si configura come “un grande attacco alle popolazioni mondiali”, addirittura “il più grande attacco mai avvenuto da quarant’anni a questa parte”. Desolante il silenzio dell’informazione, che coinvolge gli stessi “new media”: la loro tendenza è quella di “sospingere gli utenti verso una visione del mondo più ristretta”.

Giuseppe Altieri

Per giornale spagnolo “inutile” la bomba nucleare più potente sviluppata dall’Urss

https://it.sputniknews.com/mondo/201911028247961-per-giornale-spagnolo-inutile-la-bomba-nucleare-piu-potente-sviluppata-dallurss/?utm_source=push&utm_medium=browser_notification&utm_campaign=sputnik_it

Tsar Bomba (foto d'archivio)

© Sputnik . Mikhail Voskresensky
22:34 02.11.2019

Il 30 ottobre del 1961 l’Unione Sovietica testò la cosiddetta Tsar Bomba (nota anche come Bomba Zar o RDS-220 – ndr) nell’Artico, ma in realtà un ordigno così grande si rivelò inadatto per una vera guerra, si legge in un articolo del quotidiano spagnolo La Vanguardia.

In particolare, la Tsar Bomba, secondo il giornalista, non poteva essere lanciata a grande distanza. Inoltre gran parte della sua energia sarebbe andata dispersa nello spazio sotto forma di radiazione, sostiene l’autore dell’articolo.

L’Urss voleva intimidire le potenze capitaliste con una dimostrazione dell’insuperabile tecnologia sovietica, ma di fatto era solo un enorme bluff, si afferma nell’articolo. La leadership sovietica ne era consapevole e voleva nasconderlo, ipotizza l’autore dell’articolo.

La RDS-220 è una bomba aerea termonucleare sviluppata in Unione Sovietica tra il 1956 e il 1961 da un gruppo di fisici nucleari guidati dall’accademico Igor Kurchatov.

© SPUTNIK . MIKHAIL VOSKRESENSKIY
La copia della Tsar Bomba

Il test di questo ordigno nucleare si svolse il 30 ottobre 1961: un aereo Tu-95V sganciò la bomba nel poligono di test nucleari di Sukhoi Nos, sull’isola Novaya Zemlya. La potenza dell’esplosione venne misurata in 58.6 megatoni.

La Tsar Bomba è il più potente dispositivo esplosivo fabbricato nella storia dell’umanità. È entrato nel Guinness dei primati come il più potente ordigno termonucleare ad aver superato un test.

L’isola Calva: il Gulag dimenticato di Tito

https://www.vanillamagazine.it/l-isola-calva-il-gulag-dimenticato-di-tito/?fbclid=IwAR0b77tpdMxKuBnpMzUhwHmOlJbV2Zc9dliumhuvJ_SLEPSbkh6xZii2uUc

Nel Mar Adriatico si trovano le isole Quarnerine, una serie di isolotti di appartenenza della Croazia, fra le quali la più famosa è l’Isola Calva, sede nel secondo dopoguerra del famigerato campo di prigionia del dittatore jugoslavo Tito. L’Isola Calva (in croato Goli otok) si trova a 3,3 chilometri dalla costa croata, dalla quale è separata dal canale della Morlacca. L’isolotto è di piccole dimensioni, una superficie di 4,54 chilometri quadrati, che al momento risulta disabitata. Il nome di Calva deriva dalla sua aridità e dalla vegetazione quasi inesistente.

Un’isola brulla e anonima, come tante nell’Adriatico, se non fosse che dal 1949 al 1989 l’Isola Calva è stata sede di un campo di rieducazione politica voluto dal generale Josip Broz, passato alla storia con il nome di Tito, per isolare i suoi oppositori e convertirli al socialismo jugoslavo.

L’isola Calva, fotografia di Roberta F condivisa con licenza CC-BY SA 3.0 via Wikipedia:

Tito era stato a capo dei partigiani jugoslavi durante l’ingresso della Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale a fianco delle forze alleate britanniche, francesi e sovietiche. Concluso il conflitto bellico, nel 1949 il futuro dittatore jugoslavo, definito lo strappo con l’URSS di Stalin con l’inizio del “Periodo Informbiro”, è Primo ministro della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia sotto la presidenza di Ivan Ribar.

In quell’anno Tito, libero da ogni dovere nei confronti dell’Unione Sovietica e persuaso che sia il momento adatto per rafforzare il suo potere, decide di mettere su un campo di concentramento destinato a ospitare tutti gli oppositori che avrebbero potuto contrastare la sua ascesa allo scranno di Presidente della Repubblica, avvenuta nel 1953, e da lì al ruolo di dittatore del paese.

Sotto, celebrazione del primo Maggio sull’isola di Goli Otok (la fotografia risale probabilmente al 1954). Immagine rubata da un prigioniero negli archivi della polizia di Goli Otok. Per molti anni è stata l’unica testimonianza dell’esistenza del campo di Concentramento sull’isola

All’inconsistente ombra del monte Glavina (il punto più alto dell’isola con i suoi 227 metri sul livello del mare), vicino l’insediamento ora abbandonato di Maslinje, nasce così il campo di prigionia dell’Isola Calva – per gli slavi conosciuta come l’Isola Nuda – un piccolo complesso di costruzioni rettangolari sferzate dal vento e invecchiate dal sole.