Duterte contro la droga? Il “nuovo Hitler” è servito!

Duterte droga
toh han riciclato il colore viola per sta rivoluzione, la versione italiana ha portato “fortuna”? Ah si certo, chi protesta però non è a favore anche della droga….poi ci ficcano i cartelli contro lo stupro come se il presidente Duterte lo avesse legalizzato.. Da quando ha detto NO ALLE BASI NATO  è diventato cattivo cattivo.. Disse anche ad Obama di non impicciarsi su come lui ha intrapreso la lotta contro la droga…..Parliamo della DEA?
 

Premesso che “migliaia in piazza” a Manila non sono poi tutta questa “notizia”, la cosa più impressionante nella posizione assunta dai vescovi delle Filippine nei confronti del presidente delle Filippine Rodrigo Duterte è l’ipocrisia celata dietro la parola d’ordine “No alla pena di morte”.
 
Si capisce che con uno slogan simile, Amnesty e compagnia cantante (cioè i “media globali” e l’umanitarismo a geometria variabile) ci vanno a nozze, ma qui il punto decisivo per valutare l’operato di Duterte è un altro: fino a dove si può spingere l’ingerenza straniera in casa d’altri?
Perché se qualcuno ancora non lo sapesse, il traffico della droga e tutti i disastri che conseguono al suo consumo sono parte integrante, oserei dire consustanziale, della politica estera prima anglo-americana, fin dai tempi delle cosiddette “Guerre dell’oppio” sulle quali, nei primi anni Novanta, Gianfranco Peroncini (autore dell’ottimo Il bianco e il nero. Colonialismo, neocolonialismo, razzismo, Il Cerchio, Rimini 1993) scrisse un illuminante articolo su “Historia” (a richiesta fornirò gli estremi del numero, che adesso non ho sotto mano).

Ma che cosa ha mai fatto di tanto atroce il nuovo “Hitler” di turno? Semplice: ha messo

sostenitori DUterte

sostenitori del Presidente Duterte

in pratica l’unico sistema che funziona e che anni or sono avevo sinteticamente spiegato in un articolo (L’Italia, una nazione… spacciata? Una semplice e realistica proposta sulla “lotta alla droga”) pubblicato su “Luci sulla Città”, un mensile che esce ancora gratuitamente nelle edicole pisane. Onde non ripetere le stesse cose, rimando il lettore a questo collegamento del mensile in rete, oggi cessato, “Opposta Direzione”.

Ebbene sì, per fare piazza pulita del problema droga bisogna partire dal basso, pescando a strascico, per poi risalire ai pesci più grossi quando quelli non sapranno più come contrabbandare la loro morte usando i pesci piccoli.
A mali estremi, estremi rimedi, e guai a chi s’impietosisce a comando perché non tiene in alcun conto le tragedie incalcolabili del “normale” andazzo fatto di tolleranza e, peggio che mai, “antiproibizionismo”.  E se a ciò si aggiunge una verità solare, ovvero che il traffico della droga è un’arma vera e propria utilizzata a fini di controllo politico e sociale (oltre che finanziario: anche qui la valuta di riferimento è il dollaro), si comprende come l’unica via percorribile, turandosi il naso, sia quella del presidente filippino.
Che forse sul proprio conto deve avere anche la grave colpa di guardare più alla Cina che agli Stati Uniti, i quali mentre coccolano i loro dittatori sanguinari scatenano campagne d’odio e di discredito verso tutti quelli che in un modo o nell’altro gli si mettono di traverso e che – particolare di poco conto per i “democratici” – sta riscuotendo un “preoccupante” consenso plebiscitario nel suo Paese.
 
Che anche la Chiesa Cattolica stia a questo gioco non sorprende. Posto che anche il tossicodipendente (a differenza dello spacciatore che fa solo quello) è anche una vittima di un sistema perverso, e che dunque avrebbe diritto anche ad una possibilità di “recupero”, è chiaro come il sole (perché sono nato che stiamo a parlare sempre delle stesse cose) che con le sole “comunità” ed i preti di strada, più il rituale e conformistico atteggiamento delle istituzioni attente a “sensibilizzare” ma a non ingrippare l’enorme business dell’Alleato, non si va da nessuna parte e, anzi, il numero dei drogati aumenta, così come l’insicurezza sociale, a partire dalle famiglie colpite da questo flagello.
di Enrico Galoppini – 26/02/2017 Fonte: Il Discrimine

Fine dell’Impero Statunitense: Navi da Guerra Russe Appena Arrivate nelle Filippine

Il noto critico americano di politica estera e linguista, il prof. Noam Chomsky, ha navi russe Maniladichiarato svariate volte che il potere degli Stati Uniti è costantemente diminuito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Come nota Chomsky, nel 1945, gli Stati Uniti possedevano “metà della ricchezza mondiale, una difesa incredibile, controllavano l’intero emisfero occidentale, i due oceani, e le sponde opposte di entrambi gli oceani.”
 
In quel contesto – e nel contesto degli Stati Uniti che dichiaravano guerra in più paesi in giro per il globo, con la più avanzata tecnologia militare al mondo – è difficile comprendere come questo sia potuto succedere. Ma Chomsky non ha torto.
 
Cominciando negli anni ’40 da quella che fu definita “la perdita della Cina”, gli Stati Uniti hanno cominciato lentamente a perdere territori del sud-est asiatico, cosa che portò l’America a scatenare brutalmente le Guerre Indocinesi. Come nota Chomsky, distruggendo il Vietnam del Sud nella duramente criticata Guerra del Vietnam – una mossa progettata per impedire al Vietnam di raggiungere l’indipendenza e magari diventare uno stato comunista – gli Stati Uniti mandarono un messaggio al resto dell’Indocina: se una nazione avesse tentato di liberarsi dal controllo statunitense-europeo, sarebbe stata bombardata e cancellata dalla faccia della terra. Al tempo la strategia funzionò; come nota Chomsky, al 1965, ciascuno stato della regione era retto da una dittatura, pronta a governare in modo conveniente agli interessi di politica estera americani. Come mostrato dai recenti sviluppi nella regione asiatica, comunque, il successo di questa strategia “da bulli”, ha avuto vita decisamente breve.
In ogni caso, gli Stati Uniti hanno perso anche il Sud America. Secondo Chomsky, la “perdita” del Sud America si evince facilmente: “Un segno tangibile è che gli Stati Uniti sono stati cacciati da ogni singola base militare in Sud America. Stiamo cercando di ripristinarne qualcuna, ma al momento non ce ne sono.”
Nel corso degli ultimi decenni, gli Stati Uniti hanno cominciato a perdere anche il Medio Oriente. In Iraq, gli Stati Uniti col loro sostegno hanno contribuito all’ascesa al potere di Saddam Hussein, e addirittura hanno appoggiato la sua guerra di aggressione contro il vicino Iran. Poi, l’USA voltò le spalle a Hussein, attaccando l’Iraq nel 1991 sotto la presidenza di George H.W. Bush. Come risultato, gli Stati Uniti hanno imparato almeno una preziosa lezione dal bombardare l’Iraq nei primi anni ’90: che la Russia non sarebbe intervenuta nelle ambizioni dell’America in Medio Oriente.
 
Il Medio Oriente era pertanto pronto per essere conquistato, e continuò ad esserlo fino alla Guerra Siriaca. Quello che la gente non capisce, comunque, è che gli Stati Uniti non stanno sottomettendo con le bombe il Medio Oriente grazie al loro immenso potere, ma perché il loro potere, la loro influenza, il loro controllo su tutta la regione, li stanno in realtà perdendo.
 
Come dovrebbe essere piuttosto chiaro a chiunque segua il conflitto, la Russia ha rimpiazzato gli Stati Uniti come giudice, giuria e carnefice (e presunto mediatore di pace) nella quinquennale Guerra Siriaca,  riprendendosi con successo la metropoli di Aleppo dai gruppi ribelli appoggiati dalla Nato.
 
L’avanzata della Russia in Medio Oriente ha avuto conseguenze in tutto il mondo. Nell’ottobre dello scorso anno, gli Stati Uniti hanno ufficialmente “perso” la loro morsa sulle Filippine. Nonostante in precedenza siano stare viste come fondamentali alleate degli Stati Uniti, vitali per contrastare l’influenza della Cina nella  regione asiatico-pacifica, le Filippine si sono vantate apertamente e orgogliosamente dei loro nuovi legami con Russia e Cina.
A quanto pare, le Filippine si sono messe in gioco. Le navi da guerra russe sono arrivate nel territorio filippino questo martedì. A detta della Marina delle Filippine, la loro è soltanto una visita “di cortesia”, ma si dovrà duscutere di future esercitazioni congiunte. Un reportage di Sputnik News russo sembrava contraddire questa possibilità, affermando che le navi erano là appositamente per condurre esercitazioni congiunte con le forze filippine allo scopo di combattere la pirateria marittima e il terrorismo.
 
“Potete scegliere di collaborare con gli Stati Uniti d’America, o con la Russia” ha detto il vice ammiraglio russo Eduard Mikhailov, in un discorso tenuto al porto di Manila. “Ma da parte nostra, possiamo aiutarvi in qualsiasi modo voi abbiate bisogno. Siamo sicuri che nel futuro eseguiremo esercitazioni assieme. Forse si tratterà solo di manovre, di impiego di sistemi di combattimento, e così via.”
Mikhailov sembrava anche indicare che altri stati nella regione, come Cina e Malesia, entro i prossimi anni si coordineranno con le potenziali esercitazioni. La Russia ha anche offerto alle Filippine armi sofisticate, incluso aerei e sottomarini.
Agli Stati Uniti rimane solo un’ultima mossa: circondare i confini della Russia con truppe e missili Nato, cosa che stanno facendo piuttosto rapidamente. Prima o poi, comunque, gli Stati Uniti dovranno ammettere il loro effettivo declino nella classifica mondiale, e non avranno altra scelta che imparare a coordinare gli affari globali col benestare di Russia e Cina.
Parliamoci chiaro – qual’è l’alternativa?
 
gennaio 11 2017
– DI DARIUS SHAHTAHMASEBI –
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da: MARTINA QUAGLIOZZI