PRESSTITUTE – A PROPOSITO DI RICCARDO IACONA E DEI NOSTRI EROI DELL’INFORMAZIONE ALTRA

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 1 SETTEMBRE 2016

 
 
In questi tempi difficili è opportuno concedere il nostro disprezzo con parsimonia, tanto numerosi sono i bisognosi“. (La Rochefoucauld)
Non mi sconvolge che mi hai mentito. Mi sconvolge che d’ora in poi non potrò crederti” (Friedrich Nietzsche)
La gente non crede alle bugie perchè deve, ma perchè lo vuole” (Malcolm Muggeridge)
 
Riccardo Iacona, già mio collega al TG3 e considerato da allora un raro esempio di giornalismo investigativo onesto e perspicace, o ha fatta la sua lucida savianata erigendosi un piedistallo con alcune trasmissioni eterodosse e fuori dal seminato sistemico per poi, dall’alto della credibilità conseguita, sparare informazione tossica sui fedeli; o ha subito una conversione sulla via del deposito di Paperon de’Paperoni. In particolare le due ultime puntate di Presa Diretta sono con ogni evidenza formale e contenutistica operazioni in linea con interessi e dettami dei servizi e delle multinazionali.
Tanto elementari e scoperte, quanto indecenti nel loro intento propagandistico, tale da marchiare l’autore della nobile qualifica di presstitute, hanno, la prima, esaltato gli OGM che gli Usa, attraverso il letale e tecnonazistico TTIP vogliono imporre all’Europa e, la seconda, ripercorso tutta la costruzione imperialista di demonizzazione dell’Egitto laico e indipendente di Al Sisi, attraverso la vicenda del collaboratore del genocida John Negroponte (Oxford Analytica), Giulio Regeni, con ogni probabilità sacrificato dai suoi sponsor spioni per preparare l’opinione pubblica all’ennesima aggressione a uno Stato arabo laico, indipendente, nazionale.
Ridottosi a cantore delle virtù degli OGM e delle nequizie del presidente Al Sisi, Jacona non ha nemmeno preso in considerazione il trucco elementare di ogni disinformatore di far parlare anche una voce contro, magari in subordine, minoritaria, debole, ma contro. Due ore di soffietti appassionati per gli OGM e non un controcanto della vastissima schiera di scienziati che ne hanno documentato gli effetti negativi. Idem per Regeni e l’evidentissima manovra di destabilizzazione di un paese arabo che si permette di entrare in campo sul suo vicino arabo che altri vogliono depredare e che, a dispetto di una strategia USraeliana di lungo respiro di frantumazione delle nazioni arabe, via i Fratelli musulmani e Morsi, resta in piedi e non si fa tappare gli occhi da stelle e strisce.
Iacona si era già accreditato dove conviene quando, poco dopo il genocidio libico per mano del mostro imperialista, aveva mandato in onda un gruppo di gaglioffi di matrice Cia e Soros per giustificare la distruzione di un paese felice e prospero attraverso la solita grossolana satanizzazione del suo leader. Era arrivato a dire che nel paese più avanzato e scolarizzato d’Africa non c’erano nè scuole, nè tribunali.
Non stupisce che gli ascari di Renzi, Campo Dall’Orto, Monica Maggiorni, Irene Bignardi (della cosca Sofri), nella tempesta di epurazioni di gente che non era sufficientemente facinorosa nel sostegno al mafioregime, abbiano risparmiato Jacona. Come Gabanelli, come Formigli, come Santoro…
E c’è chi li chiama giornalisti.
Romano Vallarin Condivido e non solo per gli OGM e Regeni, ma per la puntata sulle vaccinazioni: è lo stile che mi sorprende in odore di propaganda e senza contraddittorio. Mi spiego: per quanto riguarda Regeni ha intervistato tutti dissidenti all’estero (alcuni addirittura a Washington); non ha fornito UNO STRACCIO di prova a sostegno ma solo attacchi contro Al SISI , paragonando il regime Egiziano pari ai generali Argentini con migliaia di desaparecidos e torturati. Solo congetture, supportate dal nulla con lo sfondo di Humans right watch che tutti ben sappiamo chi sia. Una spazzatura senza fine. Fa schifo. Impossibile ogni critica sul loro canale perchè sparano la stessa notizia ogni 10 minuti e il tuo commento finisce nella fogna a stretto giro.
 
Pubblicato da alle ore 23:34

CE DIMANCHE 4 SEPTEMBRE 2016 SUR AFRIQUE MEDIA/ ‘LE DEBAT PANAFRICAIN’

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THEMES DU ‘DEBAT PANAFRICAIN’ DE CE 4 SEPTEMBRE 2016 :

1- GABON/REELECTION D’ALI BONGO :

LA RETROSPECTIVE DES ELECTIONS.

POURQUOI JEAN PING A-T-IL ECHOUE ?

2- OUVERTURE DU DIALOGUE POLITIQUE EN RDC :

CERTAINES PARTIES AFFIRMENT D’EMBLEE LEUR REJET.

DOIT-ON CRAINDRE POUR LA PRESIDENTIELLE DE NOVEMBRE ?

3- REFLEXION :

LA TRANSPARENCE ELECTORALE EST-ELLE UN LUXE POUR LES PAYS AFRICAINS ?

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la Ue creata per la pace eh??????!!!!’ ANCORA STE FANDONIE?????

Dedicato a tutti coloro che esaltano Altiero Spinelli e i “padri fondatori” del “sogno europeo”
 
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di Mauro Gemma*
 
Chi esalta Altiero Spinelli ha materia per riflettere su un’affermazione del genere. Si parla spesso di “padri fondatori”, ma “fondatori” di che? Non sarebbe il caso di riflettere sulle ragioni che hanno portato alla nascita della “Comunità Europea”, in cui esistevano tutte le premesse per i futuri sviluppi?
 
Europeismo… “(…):
 
Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono” [in A. Spinelli, Diario Europeo (1948-1969), il Mulino, 1989, p. 175].
 
*Direttore di Marx21

Di male in peggio: la Clinton pone le premesse per relazioni sempre più ostili con la Russia

di Danielle Ryan – 01/09/2016
cold war
Fonte: SakerItalia
 
Cerchiamo di essere onesti: Hillary Clinton e Vladimir Putin non sono esattamente grandi amici. Ma la Clinton sembra essere intenzionata a fare peggiore una brutta situazione – e tutto pur di segnare alcuni punti politici a proprio favore.
 
Il rapporto con la Russia è tale che la Clinton dovrebbe prenderlo molto sul serio. Se ella conquisterà la presidenza nel mese di novembre, le relazioni tra Washington e Mosca continueranno ad essere una delle principali priorità della politica estera. Esse hanno già toccato il minimo da 25 anni a questa parte. Dovrebbe andare da sé, allora, che quando si tratta di Russia, la Clinton farebbe meglio a moderare il linguaggio.
 
Come una donna che ha trascorso quattro anni come capo della diplomazia del suo Paese, la Clinton dovrebbe far di meglio che insultare pubblicamente il leader di un Paese con il quale dovrà lavorare a stretto contatto. Eppure sembra che ciò sia del tutto sfuggito alla sua consapevolezza. Invece, ella ha scelto di incrementare la paranoia anti-Mosca al punto che non sarebbe troppo sorprendente se la sua campagna annunciasse che stanno pubblicando una versione aggiornata di Canali Rossi – un opuscolo del 1950 che nominava e svergognava personaggi pubblici sospettati di essere simpatizzanti del Cremlino.
 
Gran padrino del nazionalismo suprematista bianco?
 
L’insulto più memorabile della Clinton diretto a Putin risale al 2014 – prima che si candidasse alla presidenza – quando lo paragonò ad Adolf Hitler. In un Paese che celebra la vittoria sul nazismo ogni 9 maggio, si può immaginare che non sia stato accettato bene. Da allora, c’è stato un flusso costante di commenti da parte della Clinton riguardo ‘i Russi’ e come trattare con loro. Una volta, ella si fece beffa dei movimenti e della voce di Putin durante un’intervista con Christiane Amanpour. Un tipo di comportamento difficilmente definibile da ‘capo della diplomazia’.
 
Ma le cose hanno preso una piega bizzarra la scorsa settimana, quando in un discorso circa la xenofobia di Donald Trump, la Clinton ha chiamato Putin “grande padrino” di un movimento suprematista bianco, globale e nazionalista. Confusa? Ecco il ragionamento: Trump ha detto alcune cose belle di Putin. Trump vuole migliorare le relazioni con Mosca. Ci sono nazionalisti di estrema destra in Russia. Trump è quindi parte di una coorte globale di suprematisti bianchi guidati da Putin. Semplice.
 
La ginnastica mentale che la Clinton si aspetta che i suoi sostenitori eseguano per rendere verosimile questa affermazione è piuttosto ardua. Ironia della sorte, alimentando timori che i Russi stiano per conquistare il mondo, la Clinton è impegnata nel tipo di allarmismo che lei sostiene di aborrire in Trump. Certo, potrebbe non essere così male come chiamare i Messicani stupratori immigrati, come ha fatto Trump, ma la radice di esso – appellarsi a paure e pregiudizi per manipolare e distrarre gli elettori – è il medesimo.
 
Putin, ad essere onesti, ha fatto a volte commenti meno che lusinghieri sulla Clinton. In risposta all’incidente Hitler, per esempio, disse che la Clinton non era nota per essere “graziosa nelle sue dichiarazioni” e che è “meglio non discutere con le donne” – un commento innegabilmente sessista per le orecchie occidentali. Egli aggiunse che quando una persona “spinge i confini troppo lontano”, è un segno di debolezza, non di forza. La differenza fondamentale da notare qui, tuttavia, è che questi commenti, comunque li si interpreti, sono stati di solito fatti in risposta o ritorsione, non di punto in bianco.
 
Putin neanche si abbassò al livello di esponenti politici americani di punta a insultare il popolo statunitense. In realtà, egli a volte è stato lusinghiero, esprimendo ammirazione per la creatività americana, l’apertura mentale e le ampie vedute, che hanno portato a “tali sorprendenti risultati” nello sviluppo del loro Paese.
Dall’altra parte, troviamo Barack Obama dire cose come “la Russia non fa nulla” e nessuno è interessato a “correre a Mosca” per cogliere opportunità. Poi c’è John McCain, ex candidato presidenziale, che dice cose come la Russia è una “stazione di servizio mascherata da Paese”. Nel manuale americano di diplomazia, alla voce ‘rispetto’ si legge: voi sarete rispettosi e riverenti verso di noi, ma non aspettatevi reciprocità.
 
Tutte le strade portano a Mosca
 
Ma torniamo alla Clinton. Nella sua mente, sembra che tutto sia colpa dei Russi. Le rivelazioni di e-mail del DNC[Comitato Nazionale Democratico – ndt] che espongono la corruzione del partito? I Russi. Il suo avversario? Un agente russo. WikiLeaks? Un fronte russo. Il movimento suprematista bianco globale di destra? Guidato dalla Russia. Qual’è il prossimo? Mi dispiace per la corruzione della Fondazione Clinton/Dipartimento di Stato, i Russi me lo hanno fatto fare?
La campagna della Clinton è ora costruita su due fattori, nessuno dei quali ha qualcosa a che fare con le proprie credenziali: 1. Convincere gli elettori che il suo avversario è peggio di lei, e 2. Attribuire la responsabilità di qualsiasi rivelazione imbarazzante alla Russia. Questo è stato il cuore della sua strategia elettorale nelle ultime settimane. Perché? Perché la sua campagna è stata così segnata da scandali, che è preferibile spendere meno tempo ad affrontare quei problemi reali e più tempo a dedicarsi alle distrazioni.
 
Quando arriverà l’8 novembre e la Clinton avrà vinto – che è probabile se i sondaggi sono da ritenersi attendibili – come farà a chiamare Mosca ed aspettarsi che la sua campagna lunga mesi costruita sulla russofobia non abbia ulteriormente danneggiato un rapporto che ha un così disperato bisogno di riparazioni? Invece di prendere un cerotto, la Clinton sta ricorrendo ad un’accetta. E’ stupido, miope e pericoloso. Immaginate durante i più rischiosi frangenti della Guerra Fredda, se l’inquilino della Casa Bianca avesse respinto interamente i leader sovietici e agito come se la diplomazia con quei deplorevoli Russi fosse uno spreco del suo tempo. Immaginate se egli avesse scelto di allontanarli e farsene beffa pubblicamente. La Guerra Fredda avrebbe potuto concludersi su una nota decisamente diversa.
E’ improbabile che il popolo americano voglia alcun tipo di conflitto serio con una Russia nucleare – ma i punti politici che la Clinton può segnare oggi a buon prezzo giocando la carta russa potrebbero costare un prezzo molto più elevato in avvenire.
 
*****
Articolo di Danielle Ryan pubblicato da Russia Today il 28 Agosto 2016
Traduzione a cura di F. Roberti per ByeByeUncleSam

CE SAMEDI SOIR 3 SEPTEMBRE 2016 SUR AFRIQUE MEDIA/ FINALE DU « MERITE PANAFRICAIN DES PREMIERES DAMES »

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CE SOIR /

GRANDE FINALE DU « MERITE PANAFRICAIN DES PREMIERES DAMES »

LE VERDICT :

Qui remporte la palme du mérite panafricain ?

Quelles sont les forces et les faiblesses de chacune de nos 5 candidates ?

Qu’est-ce qui a motivé le vote des téléspectateurs, des africains de la diaspora et des internautes ?

LES CINQ CANDIDATS :

– Guinée Equatoriale : S. E. Constancia Mangue De Obiang

– Cameroun : S. E. Chantal Biya

– Zimbabwe : S. E. Grace Mugabe

– Tchad : S. E. Hinda Deby Itno

– Angola : S. E. Ana Paula Dos Santos

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“Noi del No, silenziati e abbandonati da tutti. Addirittura dalla Cgil”

i protettori della costituzione possono …distruggere la costituzione se a farlo E’ IL GOVERNO AMICO
giovedì 14/07/2016
 
Il costituzionalista presidente del Comitato e l’amarezza per l’obiettivo mancato
 
Alessandro Pace
di Gianluca Roselli | 14 luglio 2016
 
Abbiamo peccato di inesperienza. A raccogliere le firme erano tutti volontari e all’inizio abbiamo perso troppo tempo. Inoltre nei nostri confronti c’è stato un imbarazzante silenzio mediatico. E anche chi ci poteva aiutare, non l’ha fatto…”. Alessandro Pace, costituzionalista, presidente del Comitato per il No al referendum, è amareggiato dal mancato raggiungimento delle 500 mila […]
 

ceta_global_justice Tre Motivi Per Dire NO al CETA (Il TTIP Uscito dalla Porta Rientra dalla Finestra)

ceta
È di questi giorni la notizia che il governo tedesco considera “fallito” il TTIP. Ma prima di esultare bisogna fare estrema attenzione: quello che è uscito dalla porta può sempre rientrare dalla finestra, le forze che lo hanno voluto sono sempre vive e operanti. Questo post di Nick Dearden spiega perché dobbiamo temere il CETA, l’accordo tra Canada e UE, tanto quanto il fallito TTIP, e perché il secondo può di fatto rientrare in scena tramite il primo.
 
di Nick Dearden, 15 agosto 2016
 
La scorsa settimana ero con gli attivisti di tutto il mondo che sono venuti in Canada per il World Social Forum. Un tema cruciale di discussione riguardava gli accordi di libero commercio in stile “TTIP” e come possiamo fare a fermarli. Per noi in Europa il più importante al momento è il CETA – l’accordo commerciale tra Canada e UE (formalmente il Comprehensive Economic & Trade Agreement), che potrebbe diventare legge già all’inizio del prossimo anno, a meno che non riusciamo a fermarlo.
 
I nostri alleati in Europa e in Canada ci hanno fornito delle motivazioni forti per essere più attivi contro il CETA.
 
1. Il CETA è sostanzialmente il TTIP che, uscito dalla porta, rientra dalla finestra
 
Molte aziende USA oggi operano in Canada perché le due economie sono fortemente integrate a seguito della ratifica di un altro grande accordo commerciale stretto 20 anni fa, il NAFTA. L’infame sistema di un tribunale sovranazionale, che permette che aziende estere facciano causa ai governi su più o meno qualsiasi cosa non gradiscano, è incluso nel CETA tanto quanto nel TTIP. Nel CETA c’è una versione in parte riformata, ma non abbastanza riformata da impedire le cose che non accettiamo, ad esempio il fatto che le aziende possano fare causa ai paesi che fanno leggi sulla protezione ambientale, che introducono regolamentazioni sulla protezione sociale, ecc.
 
Quindi se il CETA entra in vigore, centinaia di aziende con sede negli Stati Uniti potranno comunque fare causa ai paesi europei tramite il Canada, con o senza il TTIP. E non facciamo finta che le stesse multinazionali canadesi non abbiano già fatto aggressivamente ricorso a questo sistema!
 
2. La legge canadese può minacciare i nostri sistemi di protezione
 
Il CETA ha meno risonanza pubblica del TTIP, forse perché il Canada non sembra così “grosso e cattivo” come l’economia USA. Ma il Canada ha certe regolamentazioni spaventose, che rappresentano una vera minaccia per le nostre leggi. Per esempio, il Canada è il terzo più grande produttore di organismi geneticamente modificati al mondo. Si sono appena inventati il salmone OGM a quanto ci dicono, che non richiederebbe alcuna specifica etichetta. Hanno anche condizioni terribili sulla tutela del benessere degli animali.
 
Se i produttori britannici dovessero competere con questi colossi dell’agrobusiness usando le loro tecniche andrebbero subito in rovina o dovremmo sopportare a una corsa al ribasso sugli standard di qualità.
 
3. I nostri negoziatori hanno detto “sì” al petrolio da sabbie bituminose per avere accesso al mercato degli appalti locali canadesi
 
Sembra ora abbastanza chiaro che l’accordo sul CETA è stato fatto più o meno così: in primo luogo l’Europa ha messo da parte le proprie obiezioni sui combustibili fossili più inquinanti del pianeta, le sabbie bituminose, che stanno trasformando ampie zone del Canada in devastati paesaggi lunari. Questo passaggio è già avvenuto. In cambio, le grandi imprese europee potranno avere accesso al grande mercato degli appalti locali in Canada. Il Canada ha ancora forti servizi e protezioni pubbliche che permettono alle autorità locali di usare il proprio potere d’acquisto per sostenere, ad esempio, agricoltori locali o aziende locali che forniscono prodotti a scuole e ospedali. Ma tutto questo potrebbe finire con il CETA. Non è una sorpresa che decine di enti governativi locali hanno chiesto al governo canadese di essere esclusi dal trattato.
 
Questo si lega a un altro motivo di preoccupazione per i canadesi, che potrebbe colpire i loro piccoli agricoltori. Il Canada usa acquisti pubblici di prodotti agricoli per garantire agli agricoltori una stabilità dei prezzi. I canadesi temono che questo sistema sia messo in pericolo dal CETA, sotto il quale esso potrebbe essere considerato come una forma di protezione sleale; gli agricoltori potrebbero così finire ancora di più in balia del “libero” mercato.
 
Quello che vediamo nel CETA, a quanto pare, è che i governi europei e il governo canadese stanno mettendo a rischio le proprie protezioni ambientali e sociali per favorire gli interessi delle grandi imprese di entrambi i lati dell’Atlantico. È quello che abbiamo sempre pensato.
 
Se i nostri governi vogliono proteggere gli interessi delle loro aziende, i popoli di Europa e Canada devono sollevarsi e affermare il proprio interesse – e fare in modo che questo mostruoso trattato non diventi mai legge.

In 4 giorni 13mila sbarchi. Siamo al collasso totale

Chi è favorevole a questa immigrazione è favorevole al colonialismo da cui scaturisce. MAFIA CAPITALE RULES
La Sicilia è il primo avamposto del nostro Paese: posti esauriti, migranti presto riassegnati nelle altre regioni
Valentina RaffaGio, 01/09/2016 – 08:13
Sono circa 13mila gli immigrati trasbordati in quattro giorni dai loro barconi sulle navi dei soccorsi.
 
sbarchi
Numeri da capogiro. Ed è caos immigrazione. L’emergenza è ora routine. Un pastrocchio all’italiana, dove ci si fa in quattro ma senza cercare rimedio. Così è impossibile fermare la marea umana che ogni giorno lascia le coste libiche ed egiziane per essere raccolta in mare e condotta nei porti del Sud, mentre sulla terraferma si pensa ai controlli, alle cure sanitarie e al reperimento dei posti in tutto lo Stivale.
 
L’Italia è accogliente, ma con questi numeri è un caos e le strutture sono al collasso. È sempre più difficile allocare i minori non accompagnati, 14.700 dall’inizio dell’anno secondo «Save the children». Malgrado la macchina dell’accoglienza sia ben oleata, gli Hotspot sono ko. Quello di Pozzallo ospita più migranti di quanti non potrebbe. Stessa storia a Lampedusa, con oltre 1700 persone a fronte di 450 posti. Eppure è qui che si è diretta la nave «Asso 25» con 1273 immigrati inizialmente destinati a Palermo. Una deviazione decisa per abbreviare il viaggio per via di tensioni tra i passeggeri di diverse etnie, non sempre «amiche» fra loro. E la più grande delle isole Pelagie è in emergenza. In 24 ore si è richiesta assistenza medica per 2800 migranti e Palermo ha inviato un rinforzo di 4 medici. Il via vai di immigrati dai pronto soccorso si aggiunge al flusso di italiani che chiedono la separazione delle corsie, sia per non vedersi scavalcare dopo la fila, sia per non venire a contatto con malattie, magari non gravi, ma potenzialmente contagiose. Basti pensare che ben 133 immigrati di uno sbarco a Pozzallo hanno la scabbia. A Palermo ieri ne sono arrivati 1067, tra Pozzallo e Augusta 1500, a Messina 1000. A Brindisi 708, tra cui due cadaveri. A Taranto 1078. A Cagliari 617. Qui è stato allestito un campo di accoglienza e la prefettura ha indetto una nuova gara per individuare delle strutture. «Il ministero ci ha assegnato altre 1200 unità dice la viceprefetto Carolina Bellantoni – Le riassegnazioni sono per tutte le regioni».
 
Non mancano tensioni nei centri di accoglienza. Al Cpa di Caltagirone alcuni ospiti si ribellano aggredendo due operatrici, minacciandole con cocci di vetro e vandalizzando i locali. Volevano subito il pocket money. Solo l’arrivo dei carabinieri, dopo una violenta colluttazione, ha riportato la calma. A finire in carcere sono un 18enne della Guinea e un 19enne del Mali. Cinque minorenni della Guinea, del Mali e del Gambia sono stati denunciati. Tutti sono accusati di sequestro di persona, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose e alle persone, lesioni personali e danneggiamento. Le operatrici hanno riportato distorsione cervicale, trauma cranico minore e stato d’ansia reattivo. La prognosi è di una decina di giorni.
 
Resta alta l’attenzione delle forze dell’ordine sui possibili business legati all’immigrazione. Tra questi la Squadra mobile di Palermo ha scoperto matrimoni fittizi tra stranieri e italiani per fare ottenere il permesso di soggiorno dietro il pagamento di 7mila euro. Le sorelle tunisine Intidhar e Olfa Bhouri, di 31 e 32 anni, sono state fermate per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa aggravata nei confronti di una marocchina a cui era stato fatto credere di ricevere il permesso di soggiorno, e minaccia e riduzione in schiavitù della vittima. L’italiano destinato a sposare la donna è indagato a piede libero. Sono stati accertati almeno altri due matrimoni fittizi.
 
Intanto a un anno dall’efferato omicidio dei coniugi Solano di Palagonia (Catania) le figlie chiedono giustizia. Dell’omicidio è accusato l’ivoriano Mamadou Kamara, allora ospite del Cara di Mineo, che sarà giudicato dalla Corte d’Assise.

Hillary, la saudita

ovviamente i democratici possono fare le peggiori porcate NESSUNO SI INDIGNERA’, anzi si indignano A CHI OSA GRIDARE ALLO SCANDALO
 
di Giampaolo Rossi – 30/08/2016
hillary la saudita
 
ANDATE ALL’INFERNO!
 
State attenti a criticare Hillary Clinton: potreste finire all’inferno. Sul serio, lo ha detto James Carville, uno dei più influenti consiglieri politici della signora e già responsabile della sua campagna presidenziale nel 2008 (quando fu sconfitta alle primarie democratiche da Barack Obama).
 
Di fronte alle perplessità sul sistema di finanziamento della Fondazione di Hillary e Bill, è stato categorico: “qualcuno potrebbe finire all’inferno per questo”, perché l’attività che essa svolge è “un grande atto di carità”.
Se avessimo saputo del rischio che correvamo, non avremmo scritto, tre mesi fa un articolo in cui raccontavamo la quantità impressionante di denaro drenato nelle tasche personali dei coniugi Clinton per la loro attività di speechmaking: 30 milioni di dollari solamente tra il 20014 e il 2015; denaro che proviene da aziende private e sopratutto da Banche d’Affari (la famosa Goldman Sachs in testa) disposte a pagare prezzi esorbitanti per ascoltare a porte chiuse il Verbo di Hillary e Bill.
Ma siccome “perseverare è diabolico”, noi ritorniamo sul tema perché rappresenta una chiave di lettura importante della deriva della democrazia americana e del sistema di potere che ambisce ad occupare la Casa Bianca.
La notizia riguarda i copiosi finanziamenti alla Clinton Foundation (la Fondazione di famiglia), tutti leciti per carità, ma che mostrano come, sulla politica di Washington, forse aveva ragione il grande giornalista Michael Kinsley: “lo scandalo non è ciò che è illegale ma ciò che è legale”.
In America sospettano che Hillary Clinton abbia utilizzato il proprio ruolo politico (prima come Segretario di Stato, poi come candidato alla Presidenza) come merce di scambio per finanziamenti da parte di gruppi privati e governi.
Judicial Watch, un’organizzazione no-profit di area conservatrice, ha reso pubbliche centinaia di  pagine di mail tra l’entourage della Clinton e alcuni donatori della Fondazione che sembrano avallare lo scandalo. D’altro canto già in precedenza sospetti erano emersi come come nel caso della Boeing che, nel 2009, donò 1 milione di dollari alla Fondazione Clinton subito dopo aver chiuso un accordo commerciale di quasi 4 miliardi con la Russia il cui principale sponsor politico era stata il Segretario di Stato Hillary Clinton.
I MILIONI SAUDITI
 
La Clinton Foundation è un ente filantropico, che svolge attività caritatevoli in tutto il mondo. Si occupa di povertà, immigrazione, ricerca, ambiente e sopratutto di diritti civili; per questo sorprende vedere tra i principali finanziatori della Fondazione, le monarchie del Golfo Persico che sono espressione delle peggiori tirannie esistenti.
L’Arabia Saudita ha donato tra i 10 e i 25 milioni di dollari (così il range indicato dalla stessa Fondazione).
Il Kuwait tra i 5 e i 10 milioni (più o meno quanto la Fondazione di Elton John).
 
Qatar, Emirati Arabi ed Oman, tra 1 e 5 milioni di dollari (lo stesso range di Steven Spielberg, della Coca Cola Foundation e di Goldman Sachs).
A queste si aggiungono molte donazioni di privati come la Dubai Foundation, organizzazioni un po’ ambigue come Friends Of Saudi Arabia, membri della Casa reale come Turki bin Faisal Al Saud, miliardari sauditi come Al-Walid bin Talal, holding e multinazionali di Dubai come Al Dabbagh Group Holding.
 
Insomma il variegato mondo wahabita, che nega diritti umani e democrazia, finanzia una Fondazione che vuole diffondere diritti umani e democrazia. La contraddizione la vedo solo io?
 
 Ovviamente no. Glenn Greenwald, importante giornalista d’inchiesta di area liberal è stato molto chiaro in proposito: Tutti coloro che desiderano sostenere che i sauditi abbiano donato milioni di dollari alla Fondazione Clinton per il desiderio magnanimo di aiutare le sue cause benefiche, alzino la mano”.
 
Per carità molti governi stranieri finanziano la Fondazione Clinton; anche il nostro, attraverso il Ministero dell’Ambiente dal 2013. Ma noi siamo ancora un democrazia (forse) liberale (forse); di certo non siamo una teocrazia oscurantista che reprime i diritti umani, sponsorizza il terrorismo islamico e diffonde l’integralismo salafita per il mondo.
In effetti è difficile pensare che i monarchi sauditi siano interessati ai diritti gay visto che a casa loro li perseguitano e li mettono a morte. Difficile credere che le teocrazie più oscurantiste del pianeta Terra e sponsor dei movimenti islamisti più integralisti, abbiano a cuore i diritti delle donne. Difficile credere che dalle parti del Golfo Persico si preoccupino delle condizioni degli immigrati visto che in Qatar li sfruttano in condizioni simili ai lavori forzati come ha denunciato Amnesty International.
E non è paradossale che la Fondazione di un ex Segretario di Stato Usa si faccia finanziare da un paese che lo stesso Dipartimento di Stato Usa (che dal Segretario di Stato dipende) mette nella black list per “traffico di esseri umani”?
 
DUE PESI, DUE MISURE
 
Due anni fa in Europa fece scalpore la notizia che una banca privata russo-ceca (First Czech Russian Bank) avesse concesso un prestito al Front National di Marine Le Pen; 9 milioni di euro per la precisione, destinati a finanziare il partito in vista delle future campagne politiche. I media europei fecero a gara nel denunciare la prova lampante che Putin metteva le mani sui partiti politici europei anti-Ue.
In Italia capofila di questa scemenza fu il solito Corriere della Sera (e come poteva non essere) con un articolo delirante in cui definì che la banca privata, la “banca di Putin”.
Badate bene: in questo caso si trattava di un prestito (e non di una donazione a fondo perduto come per la Clinton) di una banca privata (e non di un governocome per la Clinton) ad un partito politico (e non direttamente alla Fondazione di famiglia, come per la Clinton). Eppure gli stessi media che gridarono allo scandalo per il caso Le Pen, sono rimasti sorprendentemente silenziosi per il caso della signora Hillary.
Per la cronaca, la First Czech Russian Bank era talmente “di Putin” che la Banca Centrale russa le ha recentemente revocato la licenza ad operare (in pratica quello che Bankitalia non fece con MPS).
 
CUORE E PORTAFOGLIO
 
Dei tanti scandali che attraversano la campagna presidenziale di Hillary Clinton, quello dei finanziamenti sauditi alla sua Fondazione e a lei stessa, sembra essere il più imbarazzante; ancora più dei disastri della politica estera o del MailGate.
Rimane una verità non consolante: per il Partito Democratico americano vale la stessa regola del Partito Democratico italiano: più il cuore è a sinistra e più il portafoglio sta rigorosamente a destra. In questo la sinistra di tutto il mondo è perfettamente coerente con se stessa.
Fonte: blog.ilgiornale