La triste sceneggiata dei potenti al vertice delle Nazioni Unite

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di Luciano Lago
Non ci si poteva aspettare uno spettacolo peggiore di quello che hanno dato, al vertice celebratosi all’ONU, i responsabili o facenti funzione del sistema dominante targato USA con il contorno dei loro vassalli europei. Dal delirante discorso di Obama alla falsa retorica ed all’ipocrisia di Francosis Hollande, quello che, in sede ONU, ha voluto affermare “adesso basta” (con il conflitto in Siria). Come se non fosse lui uno di quelli responsabili del massacro e dell’invio di tonnellate di armi alla Siria, come se non fosse un suo ministro degli esteri (Laurent Fabius) quello che aveva affermato “…il gruppo Al Nusra sta facendo un buon lavoro”.
 
E poi aveva proseguito dicendo “….il cessate-il-fuoco è durato solo un paio di giorni. Il regime è responsabile del suo fallimento. Chiedo ai paesi che appoggiano la Siria, e qui tutti sappiamo chi sono, di fare pressioni sul governo per accettare la pace. Se non lo faranno, dovranno condividere la nuda responsabilità con il regime per il caos e la frammentazione della Siria”. Vedi: Hollande all’ONU: i paesi che appoggiano Damasco omplici dei massacri
Chiaro che lui se ne tira fuori, si sente del tutto innocente, il francese.
Obama ed Hollande: due personaggi destinati a passare presto nella spazzatura della Storia.
Il peggiore di tutti e’ stato pero’ lo stesso segretario Ban Ki Moon, il quale, per ingraziarsi i suoi padroni, ha esibito una serie di accuse pesanti ed propagandistiche nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad, indicato come il responsabile delle circa 300.000 vittime della guerra in Siria. Evidente che Ban Ki Moon ha voluto compiacere i suoi referenti, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, guarda caso i principali responsabili (assieme alla Turchia) del conflitto e del bagno di sangue in Siria.
Non una parola da Ban Ki Moon su chi e perchè ha voluto quel conflitto (USA ed Arabia Saudita e loro rispettivi alleati) ed ha inviato tonnellate di armi, addestrato ed inviato mercenari, terroristi e jihadisti fanatici per seminare morte e distruzione nel martoriato paese arabo.
Lo stesso Moon che aveva messo l’Arabia Saudita a capo della commissione per i diritti umani nonostante questo paese, oltre ad essere notoriamente il paese che esegue il record di condanne a morte per taglio della testa a dissidenti e reprobi, fosse stato inserito in una black list dall’ Onu di organizzazioni che violano i diritti dei bambini del mondo. Da quella lista era poi stata tolta l’Arabia Saudita grazie alle pressioni ricevute .
 
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Ban Ki Moon con il ministro degli Esteri saudita
 
Da notare che poco tempo prima l’Onu aveva inserito la coalizione del Golfo a guida saudita, impegnata nello sterminio dello Yemen, in una black list di organizzazioni che violano i diritti dei bambini del mondo, tra cui anche Daesh e Boko Haram, altre creature della petro monarchia più ricca al mondo.
 
L’elenco era stato pubblicato il 2 giugno scorso nel rapporto annuale del Rappresentante speciale sui bambini e i conflitti armati e rivisto nella notte tra il 6 e il 7 giugno. Riyad aveva poi minacciato le Nazioni Unite di tagliare i fondi, in particolar modo i 100 milioni di dollari che fornisce all’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees, Unrwa). E così la black-list era stata depurata.
 
 Dopo le rivelazioni della Reuters, provenienti da fonti anonime, e l’indignazione dei difensori dei diritti umani “Human Rights Watch”, che aveva pubblicato una lettera aperta, il segretario Ban Ki Moon aveva descritto tale decisione come uno dei momenti “più dolorosi e difficili” della sua carriera, giustificata dalla sofferenza che milioni di altri bambini soffrirebbero a causa del taglio dei finanziamenti per i programmi delle Nazioni Unite.
Questo quindi sarebbe il personaggio, con le tasche gonfie di petroldollari sauditi, che si erge a giudice e che emette condanne morali di altri paesi mentre si trova al servizio ed alle direttive delle potenze dominanti.
Tale risulta il livello di bassezza raggiunto dalle Nazioni Unite, un organismo rivelatosi ormai del tutto inutile e senza alcun potere effettivo di intervento nei teatri di guerra. Un organismo che ha la sola finalità di mantenere i lauti stipendi della casta superpagata dei funzionari dell’ONU, mentre nel tempo il suo vero scopo sempre di più si distingue per la diffusione dei precetti dell’ideologia globalista, un sottile lavoro di sovversione che si avvale anche degli organismi colegati come l’UNESCO, altra organizzazione mangia soldi che fu creata per promuovere “un programma di istruzione mondiale” il cui vero scopo era quello di preparare il mondo al governo globale.
Il mondo farebbe volentieri a meno di questo baraccone di privilegiati che pontificano senza avere alcuna autorità morale per dare lezioni agli altri.

WASHINGTON INIZIA LA PREPARAZIONE PER IL COLPO DI STATO NELLE FILIPPINE

ora che le Filippine hanno deciso di sbarazzarsi di  Washington le varie prostitute delle Ong presunte tutrici dei diritti umani cominceranno la zolfa su presunte violazioni e atrocità per la solita rivoluzione colorata tanto cara ai guerrafondai politically correct
 
Presidente-Filippino
La grave denuncia è stata formulata dal portavoce del presidente filippino, Martin Andanar. Egli ha detto che l’opposizione locale, con il sostegno di forze esterne, sta per lanciare una campagna per le dimissioni del capo di stato eletto, Rodrigo Duterte.
 
La campagna dell’ opposizione per le dimissioni del Presidente  si dovrebbe svolgere sullo sfondo delle rivolte che, loro  volta, dovrebbero essere preventivamente organizzate con apposita attività di sobillazione. Le chiamate alla protesta di piazza sono già state diffuse nelle reti sociali. Uno scenario simile è quello che utilizza l’opposizione venezuelana, anche questo finanziato anche dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
Martin Andanar ha sottolineato che le autorità del paese risponderanno adeguatamente al tentativo di  colpo di stato e che le forze dell’ordine dispongono già un elenco di nomi dei  mercenari ed agenti americani nel paese.
Ricordiamo che durante la sua campagna elettorale Duterte aveva  promesso di ritirare dal paese le basi militari statunitensi. 
Successivamente, quando Washington si era convinto di una chiara posizione anti-statunitense assunta del presidente eletto, sono state inviate nel paese  le organizzazioni “per i diritti umani” (ONG), che avevano lo scopo di creare il passaparola intorno alla lotta contro i crimini legati alla droga e per  destabilizzare la situazione sociale nel paese.
Di solito, il passo successivo a questo primo scenario, è l’omicidio di un leader dell’opposizione, a seguito di questo vengono scatenate  le rivolte di piazza e, da questo,  il cambio di governo. Uno scenario simile a quello provocato in Ucraina con le rivolte di piazza di Maidan.
Fonte: Katehon
La questione  di un possibile intervento USA  aveva avuto origine dal discorso di attacco, anche personale, che il presidente filippino aveva pronunciato pubblicamente contro il presidente USA Barack Obama.
Filippine, presidente Duterte insulta Obama: ‘Figlio di p…’
In dubbio l’incontro bilaterale previsto a margine del vertice Asean in Laos
È scontro tra Barack Obama e il neo leader delle Filippine, Rodrigo Duterte. A dar fuoco alle polveri questa mattina è stato il presidente filippino che ha pesantemente insultato il presidente americano, definendolo un “figlio di p…”. Immediata la risposta della Casa Bianca che ha messo in dubbio l’incontro bilaterale previsto a margine del vertice Asean in Laos.
Oggetto del contendere, un’eventuale ammonimento da parte di Obama sulla guerra anti-droga agli spacciatori che negli ultimi due mesi ha provocato oltre 2.400 morti nelle Filippine. “Devi portare rispetto, non solo sputare domande e dichiarazioni. Figlio di p…, ti insulterò durante quel summit”, ha esordito il presidente filippino, mentre si stava imbarcando alla volta di Vientiane.
“È un uomo colorito”, ha commentato Obama che si è limitato a incaricare il suo staff di capire se questo sia il momento giusto per avere “colloqui costruttivi”.
Duterte ha vinto le lezioni presidenziali a maggio promettendo di reprimere il crimine e di una stretta contro la droga e gli spacciatori. La sua campagna è stata a lungo criticata dalle associazioni di diritti umani. E per paura di nuove accuse da parte di Obama, il presidente filippino ha messo le mani avanti. “Io sono un presidente di uno Stato sovrano che da tempo ha cessato di essere una colonia”, ha commentato Duterte. “Chi è lui per confrontarsi con me? Ognuno dei nostri Paesi ha un terribile record di esecuzioni extragiudiziali”.
Fonte Reuters – Traduzione LaPresse
Occorre dire tuttavia che il presidente filippino Rodrigo Duterte si era poi scusato per la sua uscita, sicuramente eccessiva e non diplomatica, infatti come riportato da Sputnik News successivamente:
“Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha dichiarato di non aver insultato il presidente americano Barack Obama, ma ha dato dello “stupido” al segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon“. Lo ha reso noto l’agenzia AFP.
In precedenza Duterte aveva chiamato “figlio di cagna” Barack Obama a causa delle dichiarazioni che il leader degli USA sulla morte di più di due mila persone nella lotta alla criminalità nelle Filippine dopo l’elezione Duterte. Obama aveva inizialmente annullato un incontro con Duterte, ma mercoledì i due leader si sono incontrati e si sono scambiati dei convenevoli.
Duterte ha dichiarato che l’espressione “putangina” non deve essere presa alla lettera, in quanto “è un’espressione comune, che viene usata da tutti”. Il presidente filippino ha spiegato che il termine non significa “figlio di cagna”, portando l’esempio di due sinonimi ingiuriosi e ha detto che le sue osservazioni erano dirette non ad Obama, ma al dipartimento di Stato americano, che aveva sollevato la questione delle eventuali violazioni dei diritti umani durante la campagna di Duterte contro crimine. “Ero molto arrabbiato a causa di queste minacce… è tutta colpa degli squilibrati del dipartimento di Stato”, ha detto Duterte.
Venerdì Duterte ha dato dello “stupido” a Ban Ki-moon per le dichiarazioni dell’ONU sulla questione delle violazioni dei diritti umani. “Mi sono detto, questo è un altro stupido. Io continuerò la campagna contro il crimine, non avrò pietà”, ha affermato il presidente filippino. Secondo l’agenzia, Duterte avrebbe insultato anche Papa Francesco e l’ambasciatore degli USA a Manila.
Sintesi di Manuel De Silva

Le Filippine di Duterte dicono “No” a Obama e aprono a Russia e Cina

di Massimiliano Greco – 16/09/2016
filippine duerte
Fonte: l’Opinione Pubblica
 
Le Filippine perseguiranno politiche estere e militari “indipendenti” non legate agli interessi degli Stati Uniti: è questo il succo del discorso tenuto dal presidente Rodrigo Duterte.
 
Il paese asiatico può ora guardare anche verso la Cina e la Russia al fine di acquisire nuove armi in modo che possa migliorare le proprie capacità di affrontare le insurrezioni e il terrorismo che affliggono il Paese.
 
Duterte ha infatti dichiarato di star considerando l’acquisto di armi da Mosca e Pechino e che porrà fine ai pattugliamenti congiunti con le forze degli Stati Uniti nel Mar Cinese Meridionale, ufficialmente per evitare di restare coinvolto in un conflitto non negli interessi di Manila.
 
Duterte ha aggiunto che due Paesi – non meglio identificati – hanno concesso alle Filippine un prestito agevolato della durata di 25 anni per acquistare equipaggiamento militare. È chiaro comunque che Duterte allude a Russia e Cina. In seguito ha aggiunto che il Ministro della DifesaDelfin Lorenzana, e personale tecnico delle forze armate visiteranno Cina e Russia per scegliere il miglior equipaggiamento.
A tal proposito ha aggiunto il presidente filippino di non aver bisogno di F-16: “non dobbiamo fare la guerra a nessun Paese”, specifica. Inoltre ha sottolineato come a Manila servano aerei a elica per combattere terroristi e insorti, non aerei a reazione. Tuttavia, ha anche precisato che non intende recidere il cordone ombelicale che unisce Manila a Washington.
 
“Non stiamo sciogliendo le nostre alleanze militari. Ma di certo, seguiremo una politica estera indipendente.” Nell’annunciare quello che si presenta come un vero cambiamento definitivo nella politica di Difesa del Paese, Duterte ha detto di voler comprare armi“laddove siano a buon mercato, non ci siano vincoli e ci sia trasparenza”.
 
Il tutto, dopo un solo giorno dalla richiesta, avanzata da Duterte, circa il ritiro delle truppe USA da Mindanao. Il portavoce presidenziale Ernesto Abella si è affrettato a dichiarare che si tratta solo di una “ingiunzione” e di un “avvertimento” circa i rischi che i soldati americani si trovano ad affrontare, e cioè i terroristi di Abu Sayyaf, una costola di Al Qaeda. Intanto il portavoce del Pentagono, comandante Gary Ross, nel frattempo ha affermato che il rapporto USA-Filippine “è stato una pietra miliare della stabilità per oltre 70 anni”.
 
È presto per dire se tutto ciò porterà a una rottura definitiva o, più probabilmente, a un diverso assetto delle relazioni estere filippine, magari meno incentrato sulle forniture americane, che attualmente ammontano al 75% della spesa militare di Manila. In ballo ci sono i soldi e le forniture militari, certo, ma la volontà di autonomia da Washington, non fosse altro che per le intemperanze di Obama, entrato più volte a gamba tesa nelle questioni interne filippine, fra cui il modo duro con cui Manila affronta la lotta contro i trafficanti di droga e la solita questione dei diritti umani, è una potente spinta al cambiamento.
 
Di certo c’è che Obama sarà ricordato come il presidente che è riuscito a distruggere o quanto meno a incrinare gran parte dei rapporti-chiave della politica estera americana dell’era neocon (primo fra tutti quello con Israele), oltre ad aver collezionato una serie di stalli: UcrainaSiria, il “veto” alla partecipazione all’AIIB dei cinesi, la questione del Mar Cinese Meridionale; ai quali si aggiungono le difficoltà nell’affrontare l’ISIS.
 
Tuttavia chiunque sarà il prossimo presidente eletto a Washington, la strategia non potrà che cambiare dagli ultimi otto anni. Sia Trump, vicino alle idee della Old Right americana che la Clinton, in buoni rapporti sia con i neocon che con Israele, rappresentano infatti due punti di vista differenti da Obama e ciò influirà sicuramente anche nei rapporti con Manila. Non ci resta che aspettare.

CONSEILLERE DU PRESIDENT ASSAD: ‘LE PENTAGONE ET LES MILITANTS DE DAESH COORDONNENT LEURS ACTION’ !

SYRIA COMMITTEES/

SYRIA - VISUAL syria stars war (2016 09 24) FR

Bouteina Shabaan, conseillère politique et médiatique du Président syrien Assad , estime que « ce que les USA ont fait à Deir-ez-Zor est infâme » et voit « un lien évident entre les manœuvres des Usa et les actons terroristes des djihadistes » en Syrie …

Dessin de Alex : “Star Wars 7 expliqué”

(parodiant la célébre scène “Luke je suis ton père”)

Avec MAE russe/ 2016 09 23/

http://www.syria-committees.org/

https://www.facebook.com/syria.committees/

CHARLOTTE – OKLAOMA : QUE CACHE LA POLICE US ?

# LUCMICHEL. NET/

Avec AFP – New York Times/ 2016 09 24/

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel/

http://www.lucmichel.net/

police-brutality-united-states-ferguson

Charlotte : le «New York Times» publie une vidéo filmée par la femme de Keith Scott …

Alors que la police de Charlotte, dans le sud-est des Etats-Unis, refuse de rendre publique les vidéos montrant l’homicide de Keith Scott, un Noir abattu par un policier, le New York Times a publié une vidéo de l’arrestation filmée par la femme de la victime avec son téléphone. Dans cette séquence d’un peu plus de deux minutes on entend par contre Rakeyia Scott, la femme de la victime, dire que son « mari n’est pas armé », alors que la police lui demande de lâcher son arme. « Il n’a pas d’arme! Il a un problème cérébral. Il ne va rien vous faire, il vient de prendre ses médicaments », prévient-elle.

Jeudi, la police a accepté de montrer aux proches de Keith Scott, les images du drame mais elle refuse encore de les rendre publiques comme le réclament les manifestants à Charlotte. Où on a déployé l’Armée intérieure du régime US, la Garde Nationale. Pour les policiers blancs, WASP, toujours le « permis de tuer » les noirs …

LM

* Dessin du talentueux Carlos Latuff