Soros esce allo scoperto ed ammette di finanziare l’ondata migratoria

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di L.Lago
Ci voleva il summit dell’ONU sulle migrazioni per ascoltare le dichiarazioni ufficiali del grande “sobillatore”, il finanziere ultra miliardario e speculatore George Soros, il quale, dopo aver riconosciuto di essere partecipe e sponsor dell’ondata di sollecitanti asilo che sono entrati in Europa nell’ultimo anno e mezzo, ha voluto presentarsi nelle vesti del “grande benefattore” ed ha assicurato che attualmente il suo obiettivo è quello di “creare imprese e prodotti” per migliorare le condizioni di vita dei migranti e rifugiati.
George Soros ha approfittato dell’occasione del primo vertice delle Nazioni Unite sulle migrazioni per annunciare un investimento di 500 milioni di dollari sulla “crisi dei rifugiati”. Il magnate, che in passato aveva finanziato anche il traffico degli aborti, ha riconosciuto già da alcuni mesi di essere lui dietro il finanziamento dei flussi migratori che nel corso dell’ultimo anno e mezzo hanno alterato il panorama dell’Europa.
L’ammissione di Soros d’altra parte conferma quanto era trapelato in precedenza già da oltre un anno grazie ad indagini svolte anche dai servizi di intelligence austriaci e da altri organismi che avevano trasmesso un rapporto informativo da cui si evince che i trasferimenti dei migranti, sia quelli dalla Turchia verso l’Europa, sia quelli dall’Africa sub Sahariana verso la Libia e poi in direzione dell’Italia, venivano cofinanziati dalle ONG, che in buona parte fanno capo al finanziere ebreo ungherese George Soros. Come pubblicato da controinformazione.info. (Vedi: Migrazioni di massa come arma geopolitica)
“Si pretende che questi investimenti possano avere successo, tuttavia il nostro obiettivo prioritario è quello di creare prodotti e servizi che davvero apportino beneficio ai migranti ed alle comunità di accoglienza”, ha dichiarato solennemente Soros.
“Consegnare tanto denaro senza garanzia di successo risulta quanto meno sospettoso”, hanno assicurato vari osservatori. Tuttavia, secondo Soros, il quale aveva anche ammesso di aver finanziato il Golpe avvenuto in Ucraina, come anche il secessionismo catalano in Spagna, il suo vero e grande obiettivo è quello di “creare una coscienza sociale”, dice l’ultra miliardario.
Questo finanziere dalle molte attività, lo stesso che  si fece conoscere a livello mondiale nel 1992 come “l’uomo che affondò la lira sterlina” (ed anche quella italiana), rappresenta uno dei volti più visibili del globalismo e del mondialismo progressista a livello transnazionale. Occorre sottolineare la sua speciale avversione a qualsiasi sentimento nazionale, incluso quello statunitense, paese dove il magnate emigrò negli anni ’50.
Gli investimenti (si è annunciato) saranno canalizzati dalle ONG di Soros, organizzazioni prive di fini di lucro, – principalmente la Open Society- ed i benefici finanzieranno i programmi dell’istituzione. Relativamente a questo Soros e le sue ONG, con il loro staff, si riprometteno di collaborare con organismi come l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e l’”International Rescue Committee”.
Occorre ricordare che l’ONU ha affidato l’incarico più importante nella Commissione dei Diritti Umani all’Arabia Saudita, un paese che applica la sharia allo stesso livello dello Stato Islamico e che quest’anno ha superato ogni record di esecuzioni pubbliche (mediante taglio della testa). Inoltre il regime di Rijad si è rifiutato in numerose occasioni di accogliere i rifugiati mussulmani, nonostante disponga di immense tendopoli climatizzate nella zona della Mecca che rimangono vuote in pratica per tutto l’anno.
A livello domestico, Soros, che nel vertice dell’ONU si vuole accreditare come “difensore dell’uguaglianza”, negli USA promuove il movimento “Black Lives Matter” che è sorto dopo l’uccisione di un giovane nero a Ferguson per opera di un poliziotto bianco, avvenimento che aveva dato luogo a rivolte, disordini e saccheggi a Ferguson ed a Baltimore.
Le fondazioni create dal multimiliardario (uno degli uomini più ricchi del mondo) hanno finanziato il movimento fondamentalmente diretto a mantenere in attivo la guerra razziale, con l’apporto di circa 33 milioni di dollari.
Per comprendere meglio le trame di Soros occorre verificare quanto risulta dalla pubblicazione delle mail di Soros, avvenuta tramite Wiki Leaks, si tratta di circa 2500 e-mail riservate fra Georges Soros e i dipendenti delle sue fondazioni. Da queste era emerso che lui aveva dato direttive ad Hillary Clinton, quando era segretaria di stato, su una crisi in Albania e su come risolverla: direttive che Hillary aveva seguito alla lettera. Tutte le informazioni venute alla luce in questa corrispondenza, avvenuta fra la Open Society Foundation e i riceventi delle sue donazioni, sono messe sotto silenzio dai media , perché sono ovviamente imbarazzanti. Si evince ad esempio che lo stesso Soros ha versato 30 milioni di dollari per la campagna di Hillary Clinton, cosa che lo rende il maggior donatore singolo.
Non solo la Clinton è beneficiata dai finanziamenti di Soros ma fra i beneficiati dell’ultra miliardario ci sono anche volti noti del giornalismo negli USA ed in altri paesi e di conseguenza si comprende la “riservatezza” sulle informazioni che lo riguardano.
Quello che più viene messo in evidenza da queste mail, è il carattere megalomane di questo personaggio. Non c’è area del mondo dove Soros non finanzi attività (sovversive, o ‘filantropiche’); ovunque ci sia una politica pubblica che si proponga di ‘riformare’ nel senso di abbattere le tradizioni e la cultura locale, là troviamo la mano di Soros sganciando soldi ai locali ‘riformatori’, che sono sempre legati alle ideologie della sinistra mondialista e libertaria. Un megalomane e insieme, micro-gestore di tutta la realtà.
Come da informazioni precedenti, Soros finanzia Arcigay in Italia, e Planned Parenthood (in Usa (l’ente pro-aborto che l’hanno scorso s’è scoperto faceva commercio di organi di feti); il miliardario ha finanziato rivoluzioni colorate e l’opposizione ad Orban in Ungheria; lui stesso istiga tuttora la giunta di Kiev a fare la guerra alla Russia; Soros ha riconosciuto di essere implicato nella gestione (attraverso apposite ONG) dell’ ondata migratoria in Europa, e nello stesso tempo incentiva organizzazioni di minoranze etniche come i latinos in Usa, allo scopo di far cambiare la demografia dei collegi elettorali in modo da favorire Hillary contro Trump.
Soros ha inoltre finanziato ripetuti tentativi di manifestazioni LGBT a Mosca, pagando le trasferte di celebri travestiti e sodomiti; in Europa, ha ‘gestito’ certe elezioni, facendo eleggere candidati favorevoli all’immigrazione senza limiti, oltre ad tante alte iniziive che sarebbe lungo enumerare.
L’obiettivo finale che persegue Soros con le sue attività : la dissoluzione di ogni ordine tradizionale, la destabilizzazione di società conservatrici, l’imposizione di una ideologia multiculturalista e la rimozione di ogni vincolo religioso tradizionale.
Il nemico dichiarato di Soros è Vladimir Putin il quale, a seguito delle attività di destabilizzazione finanziate in Russia, ha assicurato che, se il finanziere metterà piede sul territorio della Fedrazione Russa, risulta già pronto un mandato di arresto a suo nome.

Smentite da Mosca le menzogne relative all’attacco al convoglio dell’ONU

che ci dici, Ban Ki Moon che subito hai emesso la tua sentenza accusando Assad eh?????!!! Dillo da chi prendi ordini complice di stragisti che non sei altro!!
L’attacco di Ban – La crisi in Siria è al centro anche dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York che si è aperta con un discorso del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon che ha attaccato direttamente il presidente siriano Bashar al Assad. “Tanti gruppi hanno ucciso molti civili in Siria, ma nessuno ne ha uccisi di più del governo siriano, che continua a bombardare quartieri e torturare migliaia di detenuti. Il futuro della Siria non può rimanere nel destino di un solo uomo”.Poi Ban ha fatto un appello: “Chiedo a tutti coloro che hanno influenza di mettere fine ai combattimenti e di dare inizio ai negoziati”. Il segretario ha anche denunciato il “ripugnante, selvaggio e apparentemente deliberato” attacco al convoglio umanitario.” FONTE  
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Mosca rigetta le accuse degli USA: non sono stati nè i russi nè i siriani ad attaccare il convoglio dell’ONU.
Gli aerei dell’aviazione russa e di quella siriana non sono stati autori di alcun attacco contro il convoglio dell’ONU nella periferia sud occidentale di Aleppo, come riferito dal portavoce della Difesa russa, generale maggiore, Igor Konashenkov.
Per dare forza alle sue affermazioni, il portavoce militare ha aggiunto che, visto che il convoglio attraversava territori controllati dai “ribelli moderati”, il Centro russo per la Riconciliazione in Siria stava realizzando  la sorveglianza con l’aiuto di apparecchi senza pilota. Inoltre ha aggiunto Konashenkov che gli unici che disponevano di informazioni complete sul tragitto del convoglio dell’ONU, erano i “ribelli moderati” appoggiati dagli USA, gruppi amati che combattono contro le forze governative.
 
A seguito di uno studio dei filmati e delle immagini, si è visto che sul posto non ci sono crateri corrispondenti ad un attacco aereo ed i veicoli non presentano danni strutturali alle carrozzerie, come accade per effetto di onde d’urto di esplosioni causate da proiettili sparati dall’aria.
Le immagini fanno supporre piuttosto alle conseguenze dirette di un incendio del carico che potrebbe essere iniziato in concomitanza con l’offensiva su larga scala iniziata dai gruppi dei miliziani verso Aleppo, ha riferito il portavoce russo.
Il militare russo ha fatto riferimento all’offensiva portato a compimenmto dal gruppo terrorista Fath al-Sham (ex Al Nusra) realizzata con forti colpi di artiglieria e di cari armati come anche da missili presenti nella zona.
 
resti convoglio onu
Resti del convoglio ONU
 
D’altra parte anche fonti siriane hanno categoricamente smentito le accuse infondate circa qualsiasi implicazione dell’Esercito siriano nell’assalto al convoglio ONU, episodio (l’ennesimo) utilizzato strumentalmente dalla propaganda dei media occidentali per diffamare le forze siriane.
Nell’attaco, di cui gli USA avevano previamente accusato la Russia, erano morti venti civili mentre si scaricavano gli aiuti destinati alla popolazione di Aleppo, secondo le informazioni diffuse dalla Croce Rossa svizzera e dalla Mezza Luna rossa.
Fonte: HispanTv
Traduzione e sintesi: L. Lago

Delirio di Obama all’Onu: si scaglia contro Putin e populisti

ah ecco come rispetta le culture, invade paesi stranieri per omologarli per non privarli del beneficio della globalizzazione che nel suo cervello è eguaglianza. E’ per questo che sta disintegrando lo Yemen? Per evitare la violenza che arma integralisti islamici a danno degli altri islamici moderati e altre religioni?
 
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NEW YORK – Il “premio Nobel” si è presentato all’ONU con un discorso a favore della globalizzazione, che però deve essere corretta, contro gli “uomini forti” e contro il populismo. Contro la Russia di Vladimir Putin, che “cerca di ottenere la gloria perduta con l’uso della forza”.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è salito per l’ultima volta sul podio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove è arrivato in ritardo, scegliendo di parlare dei risultati ottenuti in otto anni e, al tempo stesso, delle incertezze e dei conflitti che agitano il mondo, a causa anche delle disuguaglianze sociali. ‘Dobbiamo respingere qualsiasi forma di razzismo – ha proseguito – fondamentalismo e di idee superiorita’ di razza. Bisogna abbracciare la tolleranza e il rispetto di tutti gli esseri umani e di tutte le culture’. “La diplomazia e’ la vera chiave per fermare la violenza”: ha precisato Obama, facendo l’esempio di Israele. 
“Non si puo’ affermare la propria leadership sminuendo gli altri. Israele sa che non puo’ occupare in via permanente la terra palestinese”.  (Pars Today)
 
Nonostante queste riserve su Israele, risulta che Obama ha sottoscritto il piu’ grande pacchetto di aiuti militari nella storia degli Stati Uniti: 38 miliardi di dollari in dieci anni. Aiuti che verranno versati a Israele grazie all’accordo record raggiunto dopo dieci mesi di durissime trattative tra l’amministrazione Obama e il governo Netanyahu. Con tanto di ringraziamenti ufficiali da parte del premier israeliano, premier di un paese che occupa illegalmente le terre palestinesi e da 9 anni mantiene sotto blocco la popolazione di Gaza (un milione e 700 mila abitanti).
Obama, nel suo discorso “trionfale” occulta il vero bilancio della sua presidenza: il fatto incontrovertibile che i conflitti durante la sua presidenza si sono susseguiti senza sosta, mentre l’utilizzo dei droni, i sistemi a pilotaggio remoto (i droni) con cui condurre attacchi aerei, si è addirittura sestuplicato rispetto al periodo Bush, con un record di civili assassinati nei vari paesi.
Gli interventi fatti da Obama sono ben diversi dalle “guerre classiche”. Si tratta di azioni di destabilizzazione, manipolazione dell’opinione pubblica, finanziamento di gruppi eversivi e invio massiccio di contractors, cioè mercenari, attraverso le quali tentare di favorire il regime-change nei paesi di interesse geopolitico. Su questo tipo di azioni, gli States hanno una lunga tradizione, di cui le “rivoluzioni colorate” sono la parte più nota.
 
Si potrebbe fare la Storia di questi interventi: questi vanno dalle “primavere arabe” (2011), sobillazione di rivolte popolari che sono state provocate con interventi di agitatori al servizio dell’intelligence anglo USA. Con il pretesto della democrazia, della libertà e diritti umani, gli USA hanno contribuito alla destabilizzazione delle realtà statuali esistenti, spianando la strada al fondamentalismo islamico e gettando nel caos l’intero Nord Africa. La Libia è stata il caso esemplare: appoggiando Inghilterra e Francia, Obama ha detto che uccidere Gheddafi significava stare dalla «parte giusta della storia».
Si sono visti i risultati di quella operazione in termini di guerra, caos e terorrismo islamico. Ugualmente grave l’intervento provocato in Ucraina (2014) pr ottenere un cambio di regime. Anche qui, le proteste popolari contro l’allora governo di Kiev sono sfociate nella guerra civile, mentre gli USA soffiavano sul fuoco. McCain e una serie impressionante di ONG (con Soros in prima fila) i simboli della pesante ingerenza, per completare l’accerchiamento NATO ai danni della Russia. Risultato ottentuto: destabilizzazione del paese, guerra civile con grandi rischi di coinvolgimento della Russia.
Ancor peggiore lo scenario siriano, dove gli USA, con il pretesto della lotta al terrorrismo dell’ISIS (di cui si sono dimostrati complici) si sono prodigati in appoggio ai gruppi terroristi, da loro definiti “ribelli moderati” per rovesciare il governo di Bashar al-Assad. Con l’appoggio dell’Arabia Saudita e delle petromonarchie del Golfo nonchè della Turchia, tradizionali partners americani, aprendo la strada ai fanatici miliziani islamisti provenienti da oltre 80 paesi nell’intento di rovesciare il governo laico della Siria.
L’intervento degli USA di Obama si è registrato anche in Iraq, sempre all’insegna dell’ambiguità, per combattere l’ISIS ma anche per ostacolare l’avanzata delle forze sciite influenzate dall’Iran e con l’obiettivo dichiarato di dividere il paese.
All’Arabia Saudita, in nome della realpolitik, Obama ha accordato assistenza ed aiuto militare per l’aggressione allo Yemen, senza remore per la strage di civili prodotta in quel paese. Si potrebbero enumerare gli interventi fatti dagli USA ed interferenze in altri paesi, dal Sudan alla Nigeria, dall’Honduras al Venezuela, ecc.. Questi però non fanno testo perchè sempre svoltisi in forma occulta e mascherata.
Si tratta di una strategia ispirata alla “geopolitica del caos”, per impedire l’ascesa di egemonie regionali, per fronteggiare in particolare l’Iran e la Russia e la crescente potenza della Cina in Asia. In sostanza quindi, il disastro dell’estremismo islamico e dell’ondata di profughi che agita l’Europa è in gran parte responsabilità delle disastrose politiche di Obama e della sua Amministrazione che sarà catalogato dalla Storia come uno dei più dannosi presidenti USA per tutti i paesi toccati dalle “attenzioni” di Washington.
Manuel De Silva

Russia, ministero Difesa interessato a piattaforma nucleare per droni sottomarini

19:26 21.09.2016
Il ministero della Difesa ha mostrato interesse nel progetto di piattaforma marina nucleare per la consegna e la ricarica di droni sottomarini, ha detto a RIA Novosti il vice progettista capo degli armamenti della società “Malahit” Andrey Kurnosov.
 
“C’è interesse. Diversi istituti di ricerca del ministero della Difesa hanno dato un feedback positivo relativamente a questo progetto,” — ha detto l’interlocutore dell’agenzia.
 
In precedenza durante la rassegna dell’industia della difesa “Army 2016” aveva annunciato lo sviluppo del progetto per una piattaforma marina nucleare il direttore generale della società “Malahit” Vladimir Dorofeev. Ha osservato che la piattaforma sarà in grado di consegnare i droni subacquei al punto di utilizzo e allo stesso tempo assicurerà per loro energia elettrica, assistenza tecnica e la lettura delle informazioni raccolte.

Panico referendum, Stiglitz: italiani, se votate crolla l’euro

ma fosse vero…ma Stiglitz non era un eroe dei tizi che banfano di una europa da riformare ma guai a rinunciare all’euro??
17:09 20.09.2016
 
Joseph Stiglitz, già Premio Nobel per l’economia, dichiara che teme una catastrofe per l’Europa, in particolare per quanto riguarda l’Italia: se vincesse il No nel referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro.
 
boschi referendum
 
Di conseguenza, invita Renzi a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione popolare. Stiglitz non è un giurista, dice Aldo Giannuli, ma almeno potrebbe informarsi prima di aprir bocca. Il referendum? Non dipende dalla volontà di Renzi, ma dalla Costituzione: che prevede norme precise in caso di revisioni costituzionali. Referendum confermativo obbligatorio, se la riforma della Carta non è approvata dai 2/3 di ciascuna camera, oppure se ne facciano richiesta 500.000 elettori o il 20% dei parlamentari. «E non è scritto da nessuna parte che possa essere revocato, rinviato o anche solo sospeso», tantomeno dal presidente del Consiglio: «Si chiamerebbe colpo di Stato». Se desse retta a Stiglitz, Renzi «potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione». Ad allarmare però non è l’ignoranza del Nobel americano, ma il pensiero retrostante: «Se c’è pericolo per gli assetti di potere esistenti, e in particolare quelli monetari, si sospendono le garanzie costituzionali e si toglie la parola all’elettorato».
 
 
Così, infatti, avevano già detto «quei due gioielli del pensiero democratico che rispondono ai nomi di Giorgio Napolitano e Mario Monti». Il popolo «non può esprimersi su cose così complesse per le quali non ha le conoscenze necessarie», perché queste cose «le devono decidere le élite, quelli che sanno». E la sovranità popolare sancita dalla Costituzione? «Be’, è un bell’ornamento che fa la sua figura, ma non è che ci dobbiamo proprio credere!». P
 
er Giannuli, «qui sta venendo a galla il carattere elitario, oligarchico e antidemocratico dell’ideologia liberista, e non c’è più neppure il pudore di far finta di dirsi democratici». Certo, l’uscita di Stiglitz rivela il timore della vittoria del No, che ormai «inizia a diventare panico nei salotti buoni di politica e finanza». Renzi sa di rischiare grosso: in caso di vittoria del No, «a “dimetterlo” ci penserebbe il suo partito (e non penso all’inutile Bersani e al decorativo Cuperlo, ma ai ben più fattivi Franceschini, De Luca, Fassino, Rossi) che cercherebbe di mettere insieme i cocci e non trasformare la sconfitta referendaria in una irrimediabile débacle elettorale», scrive Giannuli.
 
La legislatura potrebbe anche continuare grazie a Mattarella, Franceschini e Berlusconi, che potrebbero dar vita ad un “governo di scopo”. E il peggioramento della situazione economica, insieme a una «opportunissima bocciatura dell’Italicum da parte della Consulta» darebbero uno strepitoso alibi per farlo. Il “verdetto” della Corte Costituzionale è atteso per il 4 ottobre, ma i giudici potrebbero anche prendere tempo sospendere la decisione:
 
«Se conferma l’Italicum, lo scontro sul referendum si radicalizzerebbe diventando l’ultima spiaggia contro il progetto di regime in atto. Se lo bocciasse, anche solo parzialmente, ci sarebbe un effetto di riflesso sul referendum, delegittimando il progetto renziano».
 
renzi referendum
© AFP 2016/ GABRIEL BOUYS
 
Secondo Giannuli, Renzi «tradisce quella stessa paura che leggiamo nelle parole di Stigliz: non sappiamo se per un qualche sondaggio riservato, se per la previsione di una pronuncia sfavorevole della Corte o se per notizie che fanno temere un disastro bancario in ottobre, ma quello che si capisce è che Renzi cerca (invano, direi) di disinnescare la bomba, ritenendo più probabile la vittoria del No». Intanto, «ringraziamo Stiglitz per averci fornito questa ulteriore riprova sulla natura di questo referendum: uno scontro fra democrazia e oligarchia, senza mediazioni possibili: chi vincerà, chiunque esso sia, non farà prigionieri».
 

30 ufficiali dei servizi segreti israeliani, eliminati da un attacco missilistico russo su Aleppo

FNA21 settembre 2016
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Le navi da guerra russe di stanza al largo della Siria hanno colpito e distrutto un centro di operazioni militari, uccidendo venti/trenta ufficiali dei servizi segreti israeliani e occidentali. “Le navi da guerra russe hanno sparato 3 missili Kalibr sul centro di coordinamento operativo degli ufficiali stranieri nella regione di Dar al-Iza, ad ovest di Aleppo presso il jabal Saman, eliminando 30 ufficiali israeliani e occidentali“, afferma l’agenzia Sputnik citando fonti militari di Aleppo. Il centro operativo era situato nell’ovest della provincia di Aleppo, sul monte Saman, in vecchie cave. La regione si trova su una catena montuosa.
Diversi ufficiali di Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Regno Unito sono stati eliminati assieme ad ufficiali israeliani. Tali ufficiali, eliminati nel centro operativo di Aleppo, dirigevano gli attacchi dei terroristi su Aleppo e Idlib. Ai primi di settembre, le unità dell’Esercito arabo siriano avevano lanciato un attacco preventivo sui terroristi del cosiddetto centro operativo di Aleppo, mentre di radunavano presso la strada di al-Qastal e le aziende agricole Malah, nelle zone settentrionali di Aleppo, sventando il tentativo di attaccare le vie di rifornimento della regione, secondo una fonte. La fonte aveva anche detto che le unità di artiglieria dell’Esercito arabo siriano attaccavano i raduni dei terroristi presso Zahra Abdurabah, Qafr Hamra e Huraytyn, eliminando decine di terroristi. Inoltre, l’Aeronautica siriana attaccava le vie di rifornimento a nord di Aleppo, verso Hayan e Adnan, così come le vie di approvvigionamento ad ovest e a nord di Aleppo, distruggendo convogli dei terroristi presso al-Aratab, Urum Qubra e Mara al-Artiq, sventando il piano dei terroristi e costringendoli a fuggire verso i confini turchi.
Fonti informate dei media avevano reso noto in precedenza che l’Esercito arabo siriano continuava ad avanzare a sud di Aleppo, liberando diverse aree strategiche nella città di Qan Tuman. “Numerosi grandi depositi di Qan Tuman sono ora sotto il controllo dell’Esercito arabo siriano“, riferivano i media arabi citando una fonte anonima informata. La fonte osservava che l’Aeronautica e le unità di artiglieria dell’Esercito arabo siriani avevano anche bombardato i centri di raduno e le fortificazioni dei terroristi di Qan Tuman.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

War Zone. Risposta russa all’attacco dell’aviazione USA sulle truppe siriane

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Le navi da guerra russe hanno sparato 3 missili Kalibr sul centro di coordinamento operativo degli ufficiali stranieri nella regione di Dar al-Iza, ad ovest di Aleppo presso il Jabal Saman, eliminando 30 ufficiali israeliani e occidentali“, lo afferma l’agenzia Sputnik e lo conferma l’agenzia iraniana Fars News.
Il servizio della fonte araba che cura le informazioni militari cita in proposito le notizie trasmesse dall’agenzia russa Sputnik da Aleppo del Mercoledì.
Il centro operativo colpito era situato nell’ovest della provincia di Aleppo, sul monte Saman, in vecchie cave. La regione si trova su una catena montuosa.
Diversi ufficiali di Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Regno Unito, sono stati eliminati assieme ad ufficiali israeliani. Tali ufficiali, eliminati nel centro operativo di Aleppo, erano quelli che dirigevano gli attacchi dei terroristi su Aleppo e su Idlib.
Ai primi di settembre, le unità dell’Esercito arabo siriano avevano lanciato un attacco preventivo sui terroristi del cosiddetto centro operativo di Aleppo, mentre questi si radunavano presso la strada del Castello (al-Qastal) e nelle zone a nord delle aziende agricole Malah, provincia nord di Aleppo, sventando il tentativo di attaccare le vie di rifornimento della regione, secondo una fonte militare.
La stessa fonte aveva anche riferito che le unità di artiglieria dell’Esercito arabo siriano avevano attaccato i raduni dei terroristi presso Zahra Abdurabah, Qafr Hamra e Huraytyn, eliminando decine di terroristi. Inoltre, l’Aviazione siriana ha attaccato le vie di rifornimento a nord di Aleppo, verso Hayan e Adnan, così come le vie di rifornimento ad ovest e a nord di Aleppo, distruggendo i convogli dei terroristi presso al-Aratab, Urum Qubra e Mara al-Artiq, sventando il piano dei terroristi e costringendo gli stessi alla fuga verso i confini turchi.
Le fonti informative militari hanno diffuso la notizia che l’Esercito siriano ha continuato la sua avanzata recuperando il controllo di varie zone strategiche nella città di Khan Touman.
Alcuni dei principali magazzini presenti a Khan Touman si trovano adesso sotto il controllo dell’Esercito siriano, come ha confermato la fonte militare araba.
La stessa fonte segnala che l’aviazione siriana e le unità di artiglieria dell’Esercito hanno diretto il loro fuoco verso i centri di raccolta e le fortificazioni dei terroristi su Khan Touman.
Nota: Gli analisti militari confermano che l’operazione condotta dalle forze navali russe aveva sicuramente l’obiettivo di colpire ed annientare il centro di comando della coalizione diretta da USA ed Arabia Saudita che dirigeva le operazioni dei gruppi terorristi affiliati al “Jabhat Fatah Al-Sham” (ex Fronte al-Nusra) ed al fantomatico ELS, che sono scopertamente agli ordini del comando USA-Saudita e turco.
Come noto, i gruppi dei miliziani che operano in Siria sono armati ed addestrati dagli USA e dal Regno Unito. Alcuni di questi ricevono ordini dall’Arabia Saudita ma tutti sono coordinati da uno stesso centro di comando inter-alleato che i russi avevano individuato intercettando le loro comunicazioni.
Il centro di comando e la sua localizzazione era stato individuato da tempo e si sapeva che al suo interno vi erano ufficiali delle forze speciali USA Saudite e Turche con la presenza sicura di alcuni ufficiali israeliani. I russi hanno aspettato a colpire e l’azione può essere interpretata come una risposta della Russia all’attacco improvviso del 17 Settembre, eseguito e diretto dall’aviazione sotto guida USA contro le truppe siriane della base di Deir el Zor, attacco che aveva fatto circa 80 vittime fra i soldati dell’Esercito siriano ed oltre 90 feriti.
Le autorità russe hanno ormai abbandonato l’idea di venire a patti con l’Amministrazione USA dove non è più chiaro chi comanda e di questa si comprende soltanto la volontà di proseguire a tutti i costi il piano di rovesciamento del Governo di Damasco e di smembramento della Siria. D’altra parte, poco tempo prima, l’ex n. 1 della CIA, Michael Morell, aveva dichiarato senza equivoci quello che sarebbe avvenuto: “bisogna far pagare un grosso prezzo a Putin e Assad”, aveva detto, chiarendo cosa intendeva:” uccidere molti soldati russi e siriani. Bisogna spaventare Assad colpendo la sua guardia nazionale” Poi aveva proseguito: “bisogna bombardare i suoi uffici nel cuore della notte”, aggiungendo: è necessario “ammazzare russi e iraniani di nascosto” (intervista alla Fox News).
I russi hanno giocato d’anticipo e dimostrano di non voler abbandonare il terreno in Siria, Putin si gioca la sua reputazione ed ha segnato quella che sembra la seconda fase del conflitto che vedrà uno scontro diretto fra forze russe e forze della coalizione USA. Il gioco si fa duro.
Fonti: Fars News
Traduzione e nota: Luciano Lago

CE SAMEDI SOIR 24 SEPTEMBRE 2016 SUR AFRIQUE MEDIA

LE « MERITE PANAFRICAIN DES PREMIERES DAMES » : DESTABILISATION DU GABON ET DE LA RDC

Capture  merite 2016 07 22   02 B

Vers 19h30 (Douala/Ndjaména)/

Ou 20h30 (Bruxelles/Paris/Berlin)

Multiplex de Douala – Yaoundé – Ndjaména – Malabo

avec tous les panelistes des plateaux

Luc Michel en multiplex EODE-TV

Rediffusion ce dimanche …

AFRIQUE MEDIA

Capture  merite 2016 07 22   02 E

* en STREAMING sur http://lb.streamakaci.com/afm/

* sur SATELLITE sur http://www.lyngsat.com/Eutelsat-9B.html

* WebTV sur http://www.afriquemedia-webtv.org/

CE SOIR /

AU SOMMAIRE DU « MERITE PANAFRICAIN DES PREMIERES DAMES »

DE CE 24 SEPTEMBRE

SUJET 1 : GABON

L’armée  dit  avoir intercepté  un réseau de tenue militaire.

Quelle lecture ?

SUJET 2: RDC

Insécurité à Kinshasa. Le camp Kabila accuse les occidentaux de vouloir perpétrer le K.O.

AFRIQUE MEDIA / EODE-TV

__________________________

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Siria, raid su convoglio di aiuti e Ban-Ki-moon attacca Assad

naturalmente tutti i pennivendoli scrivono che sia stata la russia e la siria a violare la tregua….come non crederci…

Siria: Mosca,45 violazioni tregua in 24h

naturalmente Ban accusa subito senza prove, pare una prassi consolidata in occidente.
Un pò di “antefatti”….
settembre 21, 2016
 
Naram Sargon, Reseau International 20 settembre 2016
 
Ogni volta che le cose si fanno spaventose per i siriani, Naram Sargon illumina infondendo coraggio e ottimismo. Leggendolo, si capirà che la tregua rispettata da Siria e Russia dopo, per la prima volta dall’inizio della guerra, gli attacchi mortali della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti sulle posizioni dell’Esercito arabo siriano a Dayr al-Zur, è ora sospesa (1) fino a nuovo avviso, e del rispetto della parola data con la forza… sapendo che 135 soldati siriani sono caduti dall’inizio della tregua, senza contare feriti e civili.
al-zur
Date le prove in nostro possesso, sarebbe sprecare tempo prestare attenzione alle dichiarazioni del segretario della Difesa e del comandante in capo dell’esercito degli Stati Uniti, insultando la nostra intelligenza spiegandoci del loro “fuoco amico” a Dayr al-Zur. Sarebbe inutile come cercare di convincere del chiaro nesso tra SIIL e piani statunitensi: SIIL, Jabhat al-Nusra ed islamisti sono le truppe dell’esercito degli Stati Uniti in Medio Oriente fin dalla guerra in Afghanistan; l’US Air Force è l’aviazione di SIIL, Jabhat al-Nusra e islamisti…
Poiché la domanda è: cosa indicano gli attacchi aerei della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti sul nord-est della Siria, operazione ovviamente premeditata per consentire alle truppe dello SIIL di avanzare e cambiare le carte, mentre nello stesso tempo l’aviazione israeliana protegge al-Nusra a Qunaytra, nel sud del Paese (2)? E perché la “gaffe area” e il fuoco amico su Dayr al-Zur e le alture del Golan, dopo i fallimenti degli Stati Uniti nel mutare la tregua ad Aleppo in pausa militare e la strada di al-Qastal a collegamento segreto dal centro turco ai gruppi armati di al-Nusra? Tale operazione non è un normale messaggio degli Stati Uniti spedito alla casella postale sul jabal Tharda, ma la prima inconfondibile confessione d’impotenza verso l’Esercito arabo siriano ed alleati da nord a sud del Paese; coi loro alleati rantolanti ad Aleppo, Ghuta e Idlib. Tutto ciò indica che l’”esercito islamico” non ha più peso sul campo e che lo SIIL non è più la forza invincibile che appariva su qualsiasi fronte, per piccolo che fosse, senza l’ausilio delle grandi potenze della coalizione guidata dagli Stati Uniti. 
 
Tutto ciò indica che il presunto errore degli Stati Uniti sia la risposta all’avanzata dell’Esercito arabo siriano a Dayr al-Zur, che dmostra i declinanti attacchi dello SIIL e l’assedio della muta di Jabhat al-Nusra (divenuto con un gioco di parole grottesco, Fatah al-Sham, approfittando della tregua che l’escludeva in base all’accordo USA-Russia del 9 settembre) ad Aleppo, dimostrandone l’usura nonostante mobilitazione ed armamento da oltre due anni in vista della “madre di tutte le battaglie”. In effetti, le battaglie di Aleppo hanno rivelato le capacità di manovra limitate di Jabhat al-Nusra, le cui ondate s’infrangono accumulando perdite in successione, divenendo una massa molliccia incapace di eseguire qualsiasi attacco nel sud del Paese senza il sostegno aperto ed esplicito degli israeliani. Ciò significa che si è nella fase di ammorbidimento delle coriacee forze islamiste terroristiche, nate dalla guerra degli Stati Uniti contro l’Afghanistan, e che ora affrontiamo direttamente le forze che vi si annidavano dietro manipolando, con mani coperte da guanti terroristici. i burattini islamici del teatrino dei cosiddetti rivoluzionari siriani. In altre parole, Israele e Stati Uniti sono usciti allo scoperto dopo che i turchi sono inciampati trovandosi faccia a faccia con la Russia, e con gli Stati Uniti che cercano disperatamente di coprire Jabhat al-Nusra col vestito dei dervisci sufi, mentre l’esercito israeliano gli offre la cotta di maglia (3) per impedirgli di crepare.
 
Con l’attacco su Dayr al-Zur, gli Stati Uniti hanno ammesso apertamente di aver capito che la battaglia di Aleppo non va a loro favore e che con tutte le loro tattiche e trucchi umanitari, non hanno più la speranza di salvare le pretese milizie armate su cui hanno puntato. E questo sentendo le loro orazioni funebre, capendo che il crollo ad Aleppo pone fine ai loro piani nel nord della Siria, seguito dalla probabile caduta di Idlib prima di quella di Obama. Da qui la decisione di entrare con il pretesto del “fuoco amico”, proprio per suggerire di cosa sono ancora capaci di fare e che faranno nuovamente, forse. Il piano degli Stati Uniti non è cambiato. Solo l’aspetto dell’approccio è cambiato a causa di difficoltà insolubili. Se il regime siriano che detiene la “porta del Mediterraneo” cedesse, divenendo un regime inutile per Russia, Cina, Iran e loro profondità asiatica, intrappolato tra Mar Mediterraneo ed Eufrate, si chiuderebbe l’enorme corridoio tra la porta occidentale e la “porta orientale” già custodita da Sadam Husayn. Questo perché il piano degli USA, ora, è che una di queste due porte sia ermeticamente chiusa dalla serratura degli USA, oppure siano separate da una barriera che gli Stati Uniti chiaramente cercano d’installare tramite una qualsiasi debole entità tra Siria e Iraq, in modo che nella regione del Paese sul confine naturale dell’Eufrate sia occupato da organizzazioni o blocchi militari ostili allo Stato siriano, promuovendo l’idea dell’inevitabile partizione della Siria. Una partizione che dovrebbe concretizzarsi con un “arco di guerra” da Idlib ad Abu Qamal via Aleppo, Raqqa e Dayr al-Zur, che verrebbe troncato orizzontalmente da un’entità curda fragile creata nel settentrione. Perciò gli Stati Uniti avevano piazzato lo SIIL lungo il fiume Eufrate, brevemente, prima di proteggere l’avanzata di al-Nusra da Idlib per tentare di raggiungere le coste completando un’enclave geografica proiettata tra mare e fiume. Perciò, i presunti rivoluzionari e cosiddetti “moderati” di Jabhat al-Nusra e parenti, dovevano catturare Aleppo, Idlib e le coste, e poi correre a Raqqa, Dayr al-Zur e Abu Qamal con il pretesto di liberarle dallo SIIL che obbediente si ritirava nell’al-Anbar in Iraq senza combattere, proprio come a Jarablus per far posto ai turchi, a cui entrare in piazza Taksim ad Istanbul fu molto più difficile e costoso che entrare a Jarablus, massicciamente occupata dai terroristi suicidi dello SIIL.
Ancora un altro piano per compensare il fallimento del dominio degli Stati Uniti su tutta la Siria o metà della Siria, fallito a sua volta per la resistenza di Dayr al-Zur e Hasaqa, dove l’Esercito arabo siriano veglia. Pertanto, era evidente che l’Esercito arabo siriano non abbandonerà Dayr al-Zur, Stalingrado sull’Eufrate, e la prossima liberazione di Aleppo ha fatto sì che l’arco della guerra tracciato dai pianificatori degli USA e dai loro complici va a pezzi, con le forze siriane che avanzano velocemente per liberare dopo Aleppo, Raqqa e Dayr al-Zur, una rotta tatticamente più vantaggiosa di quella da Raqqa ad Aleppo. Tuttavia, gli Stati Uniti tentano di tutto per impedire l’avanzata dell’Esercito arabo siriano sulla linea Aleppo-Raqqa-Dayr al-Zur, anche istigando curdi e cosiddette Forze democratiche siriane (SDF) ad estendere il controllo dell’”arco di guerra” su Raqqa, lontana dall’Eufrate. Ma i curdi erano riluttanti ad avanzare verso sud, ritrovandosi ad affrontare un ambiente ostile a loro ideologia e psicologia, e risvegliando il mostro demografico curdo dell’Anatolia del sud-est, temuto dai turchi che minacciavano di ritirarsi dal piano. 
 
Nel frattempo, non essendo riusciti a liberare Jabhat al-Nusra assediato ad Aleppo dall’Esercito arabo siriano, creando una breccia lungo la via per Ramusyah, a sud della città, e chiusa la via a nord, di al-Qastal, a qualsiasi aiuto dalla Turchia, gli Stati Uniti decidevano di affrontare russi e siriani eliminando il blocco di Dayr al-Zur con l’ignobile operazione del presunto errore, supportata dai turchi che si sono generosamente offerti di “liberare” Raqqa assieme alla coalizione internazionale, come recentemente hanno spiegato. Così hanno effettuato il loro “fuoco amico”, immediatamente seguito dall’assalto dello SIIL su Dayr al-Zur, che nemmeno badava a scrutare preoccupato gli aerei degli Stati Uniti che avrebbero dovuto colpire qualsiasi cosa si muovesse ad ovest delle loro basi in Iraq. Non notate alcun paradosso!
 
Secondo tale piano, se Dayr al-Zur cadeva, i turchi si sarebbero gettati su Raqqa e Dayr al-Zur, mentre lo SIIL si sarebbe ritirato secondo lo stesso piano di Jarablus, con il pretesto dell’enorme pressione militare; i turchi decisero con gli Stati Uniti che l’Eufrate sia una regione neutrale in quanto zona di guerra contro lo SIIL, che potrebbe riprendersela se la coalizione internazionale si ritirasse. Ciò richiedeva che lo SIIL rimanesse assediato in Iraq per impedirne l’espansione. Quindi la Turchia avrebbe spezzato le reni ai curdi separandoli in due metà assediate nel nord della Siria,e gli Stati Uniti avrebbero tagliato la Siria in due lungo l’Eufrate, divenuto confine di un’entità nata col fatto compiuto come, forse, quella edificata dagli scagnozzi di al-Julani (fondatore del Jabhat al-Nusra e attuale capo di Fatah al-Sham) dopo avergli lavato la barba grondante sangue siriano. Così l’immenso corridoio verso l’Asia sarebbe stato interrotto tra la porta sul Mediterraneo e quella orientale al confine con l’Iraq. Per tali ragioni il “fuoco amico” veniva diretto contro Russia e Siria allo stesso momento, per imporre il punto di vista degli Stati Uniti su Aleppo, vale a dire l’apertura della seconda strada per Ramusyah, farvi passare alle loro condizioni i convogli “umanitari” liberamente e senza controllo, impedendo ai militari di sfruttare l’accerchiamento di Jabhat al-Nusra ed aggirando l’accordo USA-Russia su Aleppo, dato che impone di riconoscere l’organizzazione terroristica come “nemico comune”, proprio come lo SIIL. Ma nonostante il terribile colpo a Dayr al-Zur, capirne le ragioni porta a scoprire che il piano degli Stati Uniti vacilla, come i loro terroristi islamici, con gli Stati Uniti ormai convinti che il popolo siriano e i suoi alleati potrebbero demolirne piani e terroristi…
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Naram Sargon, scrittore siriano che vive in Siria, al-Thawra

MILANO, ORRORE IN CENTRALE: COSI’ IL “MIGRANTE” SI E’ AVVENTATO SU DI UNA RAGAZZA ITALIANA

la violenza sulle donne non indigna sempre allo stesso modo…chissà perché
 
Una 24enne palpeggiata all’uscita del metrò. L’aggressore ha il permesso di soggiorno
 
Una città in cui muoversi non è mai semplice per una donna. Potrebbe essere una considerazione eccessiva e quasi gratuita se non si trattasse di un violenza sessuale avvenuta in un contesto quanto meno insolito per chi, si suppone, volesse farla franca e anche al più presto.
 
La vittima – una ragazza italiana di 24 anni – infatti, è stata bloccata alla spalle in pieno giorno tra la folla delle 8 di sabato mattina, mentre, dopo essere scesa da un treno della metro della linea due (la verde) e aver superato i tornelli, si apprestava a uscire dalla stazione Centrale per raggiungere piazza Duca d’Aosta attraverso il tunnel che conduce in via Vitruvio. È stato lì, in questo contesto più solitario e che molti percorrono in fretta e furia proprio per non fare brutta figura, che un eritreo di 31 anni le ha infilato una mano sotto la maglietta per toccarle il seno. In manette un 31enne eritreo, arrestato dalla polizia subito dopo l’episodio con l’accusa di violenza sessuale.
 
Subito dopo l’accaduto, infatti, la ragazza è stata vista dagli agenti della «Volante» Lambrate vagare scossa e in lacrime in piazza Duca d’Aosta. Fermata dalla pattuglia di poliziotti la giovane ha raccontato di essere stata avvicinata da un uomo di colore che, bloccandola dalla spalle, in una manciata di secondi, le aveva messo una mano sotto la maglietta stringendole il seno.
 
«Come ogni giorno ho preso la metro per andare al lavoro – ha spiegato la 24enne agli agenti che fanno capo all’Ufficio prevenzione generale (Upg) diretto da Maria José Falcicchia – e quando mi ha messo le mani addosso mi sono difesa colpendolo con la mia borsetta. A quel punto lui ha mollato la presa e sui è nascosto giù nel tunnel, scappando».
 
Sul corpo arrossato la ragazza aveva dei lividi piuttosto evidenti e i poliziotti si sono immediatamente messi sulle tracce del malvivente convinti di poterlo catturare. Hanno approfittato così delle indicazioni della ragazza che, seppur in lacrime e sconvolta, era decisissima affinché quel tipo non la facesse franca.
 
Così i poliziotti sono scesi in metropolitana attraversando proprio il tunnel dove si era verificata l’aggressione. «È lui! È lui!» ha gridato la ragazza individuando l’eritreo che si contorceva su se stesso per non farsi riconoscere mentre tentava di guadagnare l’uscita del tunnel e scappare».
 
Le manette sono scattate all’istante e, nonostante sia in possesso di un permesso di soggiorno svizzero valido, l’africano si trova in queste ore in una cella del carcere milanese di San Vittore.
FONTE
IL GIORNALE