Perché i gangster di Bruxelles non si fidano di Bersani

Scritto il 19/12/12 • nella Categoria: idee

Non so se Monti ci starà a scendere in campo, di sicuro c’è che lui sarebbe di gran lunga la soluzione preferita in Europa: dalla Bce alla Merkel, da “The economist” al Ppe e persino al socialista Hollande premono tutti perché scenda in campo, assumendo la leadership di una coalizione di centro. Il Cavaliere, ormai ridotto allo stremo, ha fatto una mossa abile facendo cadere Monti ed imponendo le elezioni a febbraio, ma questo non è bastato (né poteva bastare) a rimetterlo in corsa: come dice Ferrara, il ciclo berlusconiano è finito, anche se il vecchio può ancora tentare qualche scherzo da prete. Dunque, qui il problema è se il Pd vincerà per assenza di qualsiasi avversario (visto che la coalizione del Cavaliere è comunque in liquidazione ed il centro di Casini, in quanto tale, non è competitivo) o se il Pd dovrà misurarsi con un avversario credibile, cioè la coalizione montiana.

Dunque, le sollecitazioni europee significano che quegli ambienti non vogliono che vinca il Pd. Perché tanta ingratitudine, dopo che il Pd ha fatto tutto quello che gli si era ordinato di fare? Forse perché temono che il Pd abbia un improvviso soprassalto di socialismo o azzardi qualche riforma sgradita al capitale finanziario? Nemmeno per sogno: lor signori sanno che a Bersani non passa nemmeno per l’anticamera del cervello di fare qualcosa che possa dispiacere ai poteri forti e che le sue (rare) sparate sulla solidarietà sociale sono il ruggito del topo. Il problema non è questo. I problemi sono altri.

Primo: Bersani non è omogeneo alla cultura dei poteri finanziari e, per quanto si sforzi di capirne la lingua e di assecondarne i desideri, resta pur sempre un parvenu, un apparatnik antropologicamente estraneo a quel mondo. Ci sono dei “caminetti” intorno a cui ci si riunisce in 5 o 6 per decidere se occorre far passare il bailout  per la Grecia o se bisogna intervenire e come sulle manipolazioni dell’Euribor, il che presuppone sia una preparazione finanziaria di base (e non siamo sicurissimi che Bersani la abbia) sia l’accesso ad informazioni molto riservate che vengono solo dalla antica appartenenza a certi salotti (e questo è molto meno probabile che Bersani la abbia). E non si può stare a spiegare all’ultimo venuto perché la Merkel non è d’accordo con Draghi. Semplicemente, Bersani non è in condizione di sedere alla tavola in cui si prendono quelle decisioni, che non capirebbe, pur non sognandosi di contraddirle.

Secondo: prima della crisi si poteva anche tollerare un governo alla Prodi attraversato da interminabili discussioni e con tempi biblici per approvare questa o quella “riforma”, ora i ritmi sono quelli che ha avuto Monti in questi 18 mesi: “riforma” delle pensioni (cioè bastonata storica  ai pensionandi) in poche settimane e giusto perché abbiamo un Parlamento bicamerale perché se fosse per loro basterebbe un decreto legge con conversione immediata ed automatica. Non è che Bersani penserebbe mai di disobbedire e fare una “riforma” meno onerosa per chi va in pensione (per carità!), solo che pretenderebbe di fare il teatrino della “concertazione”: chiamare la Confindustria, la Cgil, la Cisl, la Uil, l’Arci, la filodrammatica di Legnano, le femministe di Pesaro…

Fare un diluvio di riunioni, poi stare a sentire Renzi, mediare con gli emendamenti di Vendola, telefonare a Casini ecce cc. Per poi fare esattamente quello che l ‘”Europa” comanda. Ma ormai l’ “Europa” (cioè quella associazione a delinquere fra banchieri, tecnocrati, ministri e faccendieri che va sotto questo nome) non tollera tutto questo, perché la “riforma” non solo la vuole esattamente in quel modo e senza l’emendamento più innocuo e di facciata che si possa immaginare, ma la vuole anche subito, possibilmente per la prossima settimana. Bersani rappresenta una cultura politica che – solo nelle liturgie – conserva le forme del sistema di governo parlamentare, una cosa che i mercati finanziari guardano con disgusto come il rottame di una diversa epoca.

Infine, sulla sinistra grava il ricordo dei precedenti governi Prodi, D’Alema, Amato, segnati da liti continue, gelosie di pollaio per conquistare un attimo di “visibilità”, inconcludenza e pasticcioneria. Non è un buon biglietto da visita. Nella “costituzione materiale” europea (che ormai conta assai di più delle neglette costituzioni formali  nazionali) per il Pd è previsto un ruolo di “opposizione di Sua Maestà” mentre è esclusa sia l’ipotesi che possa essere una forza di governo sia che possa fare opposizione vera.

(Aldo Giannuli, “Perché in Europa non si fidano del Pd?”, dal blog di Giannuli del 16 dicembre 2012).

Non so se Monti ci starà a scendere in campo, di sicuro c’è che lui sarebbe di gran lunga la soluzione preferita in Europa: dalla Bce alla Merkel, da “The economist” al Ppe e persino al socialista Hollande premono tutti perché scenda in campo, assumendo la leadership di una coalizione di centro. Il Cavaliere, ormai ridotto allo stremo, ha fatto una mossa abile facendo cadere Monti ed imponendo le elezioni a febbraio, ma questo non è bastato (né poteva bastare) a rimetterlo in corsa: come dice Ferrara, il ciclo berlusconiano è finito, anche se il vecchio può ancora tentare qualche scherzo da prete. Dunque, qui il problema è se il Pd vincerà per assenza di qualsiasi avversario (visto che la coalizione del Cavaliere è comunque in liquidazione ed il centro di Casini, in quanto tale, non è competitivo) o se il Pd dovrà misurarsi con un avversario credibile, cioè la coalizione montiana.

Dunque, le sollecitazioni europee significano che quegli ambienti non vogliono che vinca il Pd. Perché tanta ingratitudine, dopo che il Pd ha fatto Angela Merkel e François Hollandetutto quello che gli si era ordinato di fare? Forse perché temono che il Pd abbia un improvviso soprassalto di socialismo o azzardi qualche riforma sgradita al capitale finanziario? Nemmeno per sogno: lor signori sanno che a Bersani non passa nemmeno per l’anticamera del cervello di fare qualcosa che possa dispiacere ai poteri forti e che le sue (rare) sparate sulla solidarietà sociale sono il ruggito del topo. Il problema non è questo. I problemi sono altri.

Primo: Bersani non è omogeneo alla cultura dei poteri finanziari e, per quanto si sforzi di capirne la lingua e di assecondarne i desideri, resta pursempre un parvenu, un apparatnik antropologicamente estraneo a quel mondo. Ci sono dei “caminetti” intorno a cui ci si riunisce in 5 o 6 per decidere se occorre far passare il bailout  per la Grecia o se bisogna intervenire e come sulle manipolazioni dell’Euribor, il che presuppone sia una preparazione finanziaria di base (e non siamo sicurissimi che Bersani la abbia) sia l’accesso ad informazioni molto riservate che vengono solo dalla antica appartenenza a certi salotti (e questo è molto meno probabile che Bersani la abbia). E non si può stare a spiegare all’ultimo venuto perché la Merkel non è d’accordo con Draghi. Semplicemente, Bersani non è in condizione di sedere alla tavola in cui si prendono quelle decisioni, che non Bersanicapirebbe, pur non sognandosi di contraddirle.

Secondo: prima della crisi si poteva anche tollerare un governo alla Prodi attraversato da interminabili discussioni e con tempi biblici per approvare questa o quella “riforma”, ora i ritmi sono quelli che ha avuto Monti in questi 18 mesi: “riforma” delle pensioni (cioè bastonata storica  ai pensionandi) in poche settimane e giusto perché abbiamo un Parlamento bicamerale perché se fosse per loro basterebbe un decreto legge con conversione immediata ed automatica. Non è che Bersani penserebbe mai di disobbedire e fare una “riforma” meno onerosa per chi va in pensione (per carità!), solo che pretenderebbe di fare il teatrino della “concertazione”: chiamare la Confindustria, la Cgil, la Cisl, la Uil, l’Arci, la filodrammatica di Legnano, le femministe di Pesaro…

Fare un diluvio di riunioni, poi stare a sentire Renzi, mediare con gli emendamenti di Vendola, telefonare a Casini ecce cc. Per poi fare esattamente quello che l ‘”Europa” comanda. Ma ormai l’ “Europa” (cioè quella associazione a delinquere fra banchieri, tecnocrati, ministri e faccendieri che va sotto questo nome) non tollera tutto questo, perché la “riforma” non solo la vuole esattamente in quel modo e senza l’emendamento più innocuo e di facciata che si possa immaginare, ma la vuole anche subito, possibilmente per la prossima settimana. Bersani rappresenta una cultura politica che – solo nelle liturgie – conserva le forme del sistema di governo parlamentare, una cosa che i mercati finanziari guardano con disgusto come il rottame di una diversa epoca.

Infine, sulla sinistra grava il ricordo dei precedenti governi Prodi, D’Alema, Amato, segnati da liti continue, gelosie di pollaio per conquistare un attimo di “visibilità”, inconcludenza e pasticcioneria. Non è un buon biglietto da visita. Nella “costituzione materiale” europea (che ormai conta assai di più delle neglette costituzioni formali  nazionali) per il Pd è previsto un ruolo di “opposizione di Sua Maestà” mentre è esclusa sia l’ipotesi che possa essere una forza di governo sia che possa fare opposizione vera.

(Aldo Giannuli, “Perché in Europa non si fidano del Pd?”, dal blog di Giannuli del 16 dicembre 2012).

Perché i gangster di Bruxelles non si fidano di Bersaniultima modifica: 2012-12-20T15:42:00+01:00da davi-luciano
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