Finora sono stati incassati 24 miliardi. Poi arriveranno i soldi dei ritardatari. Ad aprile scatta l’addizionale sui rifiuti
Filippo Ghira
Il governo catto-tecnocratico-bancario ha di che essere soddisfatto.
I soldi incassati con l’Imu sono stati superiori alle attese. Ben 24 miliardi di euro, circa 3 miliardi in più rispetto a quanto era stato previsto dai tecnici dal dipartimento finanze del Ministero dell’Economia. E non è ancora finita perché molti italiani non hanno ancora pagato la seconda rata della nuova tassa sulla casa e per farlo aspettano di incassare la tredicesima che, molto più degli anni passati, servirà per pagare tutti gli arretrati.
Ma non per tutti sarà così. Molte famiglie infatti, in crisi di liquidità perché il capofamiglia è rimasto senza lavoro, si sono viste costrette a chiedere prestiti ad amici o alle stesse banche che in questa fase continuano a fare orecchie da mercante, pur avendo ricevuto una barca di quattrini dalla Bce sotto forma di prestiti triennali al modico tasso di interesse dell’1%. E se tali prestiti vengono concessi, si tratta in ogni caso di prestiti a tassi salatissimi che ben pochi si possono permettere.
Drammatica è stata l’Imu per molte imprese per le quali la tassa si è rivelata come un altro aggravio al bilancio di esercizio che già soffre di una recessione della quale non si vede la fine. Taluni economisti cialtroni vicino al governo, a proposito dell’Imu, hanno parlato di “una svolta culturale” sostenendo che gli italiani hanno cominciato a comprendere che la tassa sulla casa in altri Paesi rappresenta la regola e che è particolarmente salata come in Francia e negli Stati Uniti, in città come New York. In effetti questa pretesa “svolta culturale” ben si concilia con l’approccio di un governo, espressione del mondo bancario italiano ed internazionale, che intende fare pagare ai cittadini la colpa di aver investito sul mattone piuttosto che sui titoli di imprese e banche appartenenti ai cosiddetti “salotti buoni” che dalla cosiddetta Padania si allungano fino a Roma. Confraternite che tutelano gli interessi di banche, assicurazioni, industrie e gruppi editoriali, legati gli uni agli altri da incroci azionari, da concessione di crediti e da un clima mediatico favorevole ai suddetti titoli millantato e diffuso dai quotidiani appartenente a tale giro, nel quale le ostilità di facciata non possono nascondere la comunanza di interessi.
Nel mazzolare i cittadini, Stato e Comuni non hanno avuto remore e scrupoli. L’uno e gli altri sono infatti pesantemente indebitati e quale soluzione migliore che andare a colpire chi non è in grado di difendersi. Un atteggiamento che ha unito nel depredare gli italiani sia i comuni amministrati dalla sinistra che quelli governati dalla destra. Prima si è partiti con la rivalutazione del 60% delle rendite catastali, poi si è proceduto con il ritorno della tassa sulla prima casa e unita a quella sulla seconda che ha visto un aumento abnorme dell’aliquota che è gravata sulla seconda rata dopo che lo Stato ha dato facoltà ai Comuni di applicare quella massima. Una possibilità che ad esempio a Roma è stata sfruttata in pieno da un Alemanno che, cosciente di avere ormai chiuso come sindaco, vagheggia di tornare alla politica nazionale capeggiando una delle tante liste che si presenteranno alle elezioni dell’anno prossimo al traino o nelle vicinanze di Berlusconi. Un Cavaliere che dopo aver tolto l’Ici sulla prima casa e dopo aver appoggiato l’introduzione dell’Imu, ora millanta che se tornerà al governo toglierà la nuova tassa che gli italiani avvertono come la più odiosa che lo Stato potesse escogitare. Una uscita patetica e mistificatrice quella di Berlusconi che la dice lunga sulla natura di un personaggio che dietro di sé ha lasciato soltanto rovine ed ha accettato di fare commissariare l’Italia dall’Alta Finanza internazionale che ci ha imposto un suo uomo di fiducia come Monti.
Secondo le stime fatte, gli italiani hanno pagato per la prima casa una media di 278 euro (a fronte di una aliquota media del 4,23 per mille). Notte fonda per la seconda casa con una spesa media di 745 euro a fronte di una aliquota media dell’8,78 per mille. A Roma è stato Alemanno a fare la parte del leone, si fa per dire, facendo pagare ben 640 euro sulla prima casa. Un 30% in meno a Milano con Pisapia che si è accontentato di 420 euro. In ogni caso i Comuni affamati di soldi sono andati a nozze con la libertà di saccheggio concessa loro da Monti.
Il famoso detto che il cattivo giorno si vede dal mattino verrà confermato dall’arrivo della nuova tassa sui rifiuti e sui servizi, denominata Tares, che registrerà una addizionale alla tassa già esistente e che sarà fissata in misura di circa 30 centesimi a metro quadrato ma che potrà essere alzata dagli enti locali fino a 40 centesimi. Lo Stato, che ha calcolato di incamerare un miliardo aggiuntivo, lascerà l’incasso agli enti locali ai quali però ridurrà i trasferimenti per un importo equivalente. Si pagherà in quattro rate, delle quali la prima in aprile.
19 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18469