La malsana ossessione della NATO contro la Russia

Malsana-obsesione-de-la-Russia-en-OTANSchieramento di truppe NATO in Lituania
La 53a Conferenza dulla Sicurezza di Monaco (SIKO) ha ottenuto di calmare i nervi dei disperati governanti di 28 paesi membri della NATO.
Non odora di vecchio  l’Europa. Odora di doppia umanità. quella che assassina e quella che è assassinata” diceva Jaun Gelman (1930-2014), poeta argentino.
Gli alti comandanti della NATO si sono tranquillizzati dopo che i rappresentanti degli USA hanno ribadito che l’organizzazione continua ad essere fondamentale per il Nord America e “non è obsoleta”, tale e come la aveva descritta in Gennaio scorso il presidente statunitense , Donald Trump.
Questa affermazione sta facilitando gli atlantisti europei nel continuare a vivere il loro stato di letargo, dove i pericoli reali sono sostituiti dalle sfide inventate e il cui protagonista principale è l’”orso russo”.
Il vicepresidente USA Mike Pence, ha assicurato ai più di 100 delegati che assistevano all’evento che “il suo paese continua ad essere il miglior alleato dell’Europa e che appoggia con fermezza la NATO”. Pence ha anche promesso nel suo discorso prnunciato lo scorso 18 Febbraio, nel secondo giorno di riunione, che “gli USA esigeranno responsabilità alla Russia e continueranno a chiedere conto a Mosca per la guerra in Ucraina e per l’incorporazone della Crimea nella Federazione Russa”.
Il nuovo segretario alla Difesa dell’Amministrazione Trump, il generale James Mattis, ha ribadito successivamente nella sede dell’ONU di Bruxelles che l’Alleanza è cresciuta, dopo la disintegrazione dell’URSS, incorporando tutti i paesi dello scomparso Patto di Varsavia (1955-1991), ed anche l’Estonia, Lettonia e Lituania – le tre repubbliche che appartenevano alla dissolta URSS- . Nel corso del suo viaggio in Europa, il generale Mattis ha confermato anche lui che gli USA continueranno la loro politica verso la Russia da una posizione di forza. Lo stesso ha dato ad intendere che in realtà niente era cambiato nella relazione di Washington con Mosca, dopo l’arrivo di Trump alla Casa Bianca e che il lascito di Obama di una nuova Guerra Fredda continua ad essere latente.
In una recente riunione del presidente russo con i membri del Servizio Federale di Sicurezza (FSB ), Vlady Putin ha segnalato che i paesi occidentali stanno cercando instancabilmente  di provocare uno scontro del paese slavo con la NATO.
Già nel Luglio del 2016, durante il foro della SIKO a Monaco, la Russia fu riconosciuta per la prima volta dal 1989 come il “principale pericolo” per l’Alleanza. La nuova missione della NATO consiste nel rinforzare la politica di contenzione dell”Orso Russo”. Apparentemente sotto questo proposito, la NATO sta facendo tutto il possibile per la sua espansione e cerca di stringere un cerchio intorno alla Russia, schierando armi convenzionali e strategiche nei paesi alla sua frontiera.
 
Attualmente i marines USA si trovano nella base di Vaernes, in Norvegia. La Finlandia, che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale stava applicando una politica estera neutrale, anche questa è stata contagiata dall’isteria antirussa, creata originariamente negli Stati Uniti, ed ha accettato la presenza di aerei nordamericani F-15 nella sua base di Kuopio.
 
Il ministro delle relazioni estere della Polonia, Witold Waszczykowski, ha annunciato da poco che 10.000 soldati della NATO, in maggioranza statunitensi, saranno stanziati in Polonia per non permettere una “aggressione russa”.
A sua volta, un battaglione canadese sarà stanziato in Lettonia, un altro del Regno Unito sarà in Estonia e le truppe tedesche si posizioneranno in Lituania, nella sua frontiera terrestre con la Russia. Questo per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale.
 
Così la NATO ha incorporato nella sua dottrina la vecchia consegna del regime nazista ‘Drang Nach Osten’ (spingi ad Est), basata sulla tradizionale ambizione tedesca di ottenere nuovi territori nell’Europa Orientale e, in specie, in Russia.
Come  ha annunciato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, l’organismo ha deciso di aumentare la sua presenza navale nel Mar Nero per la difesa dell’Ucraina e per rinforzare la sicurezza nazionale dei paesi membri dell’Alleanza. A questo si deve aggiungere anche il sogno delle elite di Giorgia e Ucraina di poter diventare anche essi membri della NATO.
Starà preparandosi realmente la NATO per altre guerre e a cosa sta aspirando l’Occidente per il futuro? Sono domande difficili a cui rispondere. Esiste soltanto un paese dei 28 membri dell’alleanza che decide tutto questo ed il resto dei paesi che, semplicemente eseguono gli ordini. Questo paese sono gli USA.
Come ben ha spiegato a Bruxelles il generale Mattis, l’unico comando della NATO, con anche il suo quartier Generale, si trova negli USA ed è il Comandante supremo alleato della Trasformazione (SACT), quello che è responsabile del Comitato Militare. Questo organismo è la massima autorità militare dell’Alleanza , quella che prende le decisioni finali.
 
A tre anni di distanza, i giornalisti domandarono all’ex alto rappresentante dell’Unione per gli Esteri e le Politiche di Sicurezza della Unione Europea, Javier Solana, circa i progetti della UE di fronte al futuro, a cui Solana rispose nettamente: “L’Occidente non sa quale mondo vuole per le prossime decadi”.
In realtà la visione del presente e del futuro della dirigenza attuale di Bruxelles dipende semplicemente e pienamente dai progetti di Washington per le prossime decadi e, in questo contesto , il Libro Bianco del Dipartimento di Difesa degli USA è un documento guida per la NATO e per l’Unione Europea.
Se la NATO non è obsoleta e si sta preparando per fare altre guerre, bisognerebbe analizzare la sua capacità bellica reale. Per iniziare, tanto lo stesso presidente Trump ,come il suo vicepresidente, Mike Pence, oltre al segretario della Difesa, James Mattis, hanno fatto ricordare agli alleati che, senza aumentare le spese della difesa fino al 2% del PIL, il potere militare della Alleaza continuerebbe a dipendere dagli USA.
Attualmente, il Nordamerica sta pagando il 72% del budget della NATO (664.058 milioni di dollari) mentre che il resto degli alleati stanno apportando 254.200 milioni di dollari. In generale  gli USA spendono in difesa il 3,6% del PIL (ufficialmente)  in contrasto con la Germania (1,19%) e gli altri membri che sono tutti fra l’ 1 ed 1,78% del PIL.
 
Adesso, in termini militari, la potenza principale in Europa è la Germania. Senza dubbio, nel verificare gli ultimi dati del The Military Balance, pubblicato dal The International Institute of Strategic Studies (IISS), ci troviamo con la sorpresa che la Germania ha smesso di produrre carri armati dagli anni ’90, ed il carro armato più moderno ha per lo meno 26 anni. In totale, il paese dispone di 306 carri e tutti antiquati. In accordo con il Dipartimento della Difesa della Germania, le sue Forze aeree dispongono di 93 bombardieri Renavia Tornado acquistati negli anni ’70, dei quali solo 29 sono pronti per il combattimento. La loro artiglieria e la loro difesa aerea si trovano anche queste in una situazione deplorevole. Le Forze Armate tedesche hanno subito tagli dai 100.000 effettivi nel 1990 ai 28.000 nel 2017.
 
Lo stesso sta accadendo con gli altri paesi della NATO, includendo gli USA. La produzione di aerei da combattimento F-22, che era stato presentato come un miracolo del secolo XXI, e in cui non volevano volare i piloti statunitensi, era stata cancellata. Il loro nuovo caccia F-35, che già è costato più di un bilione di dollari , ha seri problemi. I loro carri Abrams datano agli anni ’90, e il blindato più nuovo era stato prodotto nel 1991. Il costo del nuovo distruttore invisibile DDG-1000 classe Zumwalt, ha in dotazione un cannoncino elettromagnetico, che  supera il costo di 3.000 milioni di dollari. Questo distruttore già si è trasformato nella barzelletta dei militari cinesi. Poco tempo fa, l’ammiraglio Zhang Zhaozhon ha dichiarato che questa nave potrebbe essere mandata a picco da alcune navi da pesca caricate di esplosivo.
Tutti questi dati indicano che la NATO si prenderà più di una decade per prepararsi ad una guerra e che necessiterà enormi risorse finanziarie che non possiede nessuno dei loro membri, incluso il NordAmerica.(Per quanto gli USA hanno possibilità esclusiva  di stampare migliaia di milioni di dollari per sostenere il costo della militarizzazione).
Bisogna anche tenere in conto che, in questo periodo di informazione virtuale, è molto difficile ingannare l’opinione pubblica, che ogni giorno sfiducia la abituale retorica antirussa, le cui parole d’ordine vengono dai media globalizzati statunitensi e ripetuti dopo dai loro colleghi europei.
L’analista tedesco Uli Gellermann ha sottolineato che “i media tedeschi sono contenti di creare notizie inesistenti per presentarle come “notizie false” create dalla Russia, per poi creare le loro “notizie false”.
 
Tale è la situazione che perfino negli USA, l’agenzia di inchieste Gallup, ha rilevato che la fiducia dei nordamericani nei media si trova molto bassa, dal 72% nel 1976 al 32% nel 2016. Inoltre l’isitituto Gallup ha certificato in una inchiesta che gli abitanti di Grecia, Turquía, Bulgaria y Eslovenia, in caso di conflitto, preferirebbero vedere la Russia come un paese protettore.
Allora la possibile guerra contro l’”aggresione Russa”, di cui tanto si discute nella NATO, è pura retorica ideologica dei globalizzatori, che hanno paura di dover subire la dissoluzione dell’Alleanza Atlantica e con quello, la fine dell’egemonia nordamericana in Europa.
Fonte: Sputnik Mundo – di  Vicky Peláez Mar 04, 2017
Traduzione: Juan Manuel De Silva

Il dispositivo Clinton per screditare Donald Trump

80_clinton-sorosma lo fanno per la democrazia, pace e bene dei cittadini di tutto il pianeta ovviamente. La terza guerra mondiale auspicata da Obama, Killary, Soros etc era senz’altro un bene vero?

Clinton & Soros dietro la campagna contro Trump
Questo articolo è un avvertimento: nel novembre 2016, un vasto sistema di agitazione e di propaganda è stato messo in campo al fine di distruggere la reputazione e l’autorità del presidente Donald Trump, non appena sarebbe arrivato alla Casa Bianca. È la prima volta che una tale campagna è scientificamente organizzata contro un Presidente degli Stati Uniti, e con tale dovizia di mezzi. Sì, stiamo davvero entrando in una era di post-verità, ma i ruoli non sono quelli che vi aspettereste.
La campagna condotta contro il nuovo presidente degli Stati Uniti dagli stessi sponsor di Barack Obama, Hillary Clinton e della distruzione del Medio Oriente allargato è in corso.
Dopo la marcia delle donne del 22 gennaio, è previsto che si tenga una marcia per la scienza non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo occidentale, il 22 aprile. L’obiettivo è dimostrare che Donald Trump non è solo un misogino, ma anche un oscurantista.
Il fatto che egli sia l’ex-organizzatore del concorso di Miss Universo, e che sia sposato con una modella al suo terzo matrimonio è sufficiente a quanto pare a dimostrare che disprezza le donne. Il fatto che il Presidente contesti il ruolo svolto da Barack Obama nella creazione della Borsa Climatica di Chicago (ben prima della sua presidenza) e che respinga l’idea che le perturbazioni climatiche siano causate dal rilascio di carbonio nell’atmosfera attestano il fatto che non capisce nulla di scienza.
Per convincere l’opinione pubblica statunitense della follia del Presidente – un uomo che dice di desiderare la pace con i suoi nemici, e di voler collaborare con loro per la prosperità economica universale – uno dei più grandi specialisti di agit-prop (agitazione e propaganda), David Brock, ha messo in campo un dispositivo impressionante già prima dell’investitura di Trump.
Al tempo in cui lavorava per i repubblicani, Brock lanciò contro il presidente Bill Clinton una campagna, che sarebbe poi diventata il Troopergate, la vicenda Whitewater, e il caso Lewinsky. Dopo aver voltato gabbana, è oggi al servizio di Hillary Clinton, per la quale ha già organizzato non solo la demolizione della candidatura di Mitt Romney, ma anche la sua replica nella vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore USA a Bengasi. Durante il primo turno delle primarie, è stato Brock a dirigere gli attacchi contro Bernie Sanders. The National Review ha qualificato Brock come «un assassino di destra che è diventato un assassino di sinistra».
E ’importante ricordare che le due procedure di destituzione di un Presidente in carica, avviate dopo la seconda guerra mondiale, sono state messe in moto a vantaggio dello Stato profondo, e non certo per il bene della democrazia. Così il Watergate è stato interamente gestito da una certa «gola profonda» che, 33 anni più tardi, si è rivelato essere Mark Felt, l’assistente di J. Edgar Hoover, direttore dell’FBI. Per quanto riguarda la vicenda Lewinsky, era semplicemente un modo di forzare Bill Clinton ad accettare la guerra contro la Jugoslavia.
La campagna in corso è organizzata sottobanco da quattro associazioni:
Media Matters (“i media contano”) ha il compito di dare la caccia agli errori di Donald Trump. Leggete ogni giorno il suo bollettino nei vostri giornali: il Presidente non può essere attendibile, si è sbagliato su questo o su quel punto.
American Bridge 21st Century (“Il ponte americano del XXI secolo”) ha raccolto più di 2.000 ore di video che mostrano Donald Trump nel corso degli anni, e più di 18.000 ore di altri video dei membri del suo gabinetto. Ha a sua disposizione sofisticate attrezzature tecnologiche progettate per il Dipartimento della Difesa – e presumibilmente fuori mercato – che le consentono di cercare le contraddizioni tra le loro dichiarazioni più datate e le loro posizioni attuali. Dovrebbe arrivare a estendere il suo lavoro a 1.200 collaboratori del nuovo presidente.
Citizens for Responsibility and Ethics in Washington — CREW — (“I cittadini per la responsabilità e l’etica a Washington”) è uno studio di giuristi di alto livello con il compito di monitorare tutto ciò che potrebbe fare scandalo nell’amministrazione Trump. La maggior parte degli avvocati di questa associazione lavorano gratis, per la causa. Sono loro ad aver preparato il caso di Bob Ferguson, il procuratore generale dello stato di Washington, contro il decreto sull’immigrazione (Executive Order 13769).
Shareblue (“la condivisione blu”) è un esercito elettronico già collegato con 162 milioni di internauti negli Stati Uniti. Ha il compito di diffondere dei temi preordinati, ad esempio:
Trump è autoritario e ladro.
 
• Trump è sotto l’influenza di Vladimir Putin.
 
• Trump è una personalità debole e irascibile, è un maniaco-depressivo.
 
• Trump non è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti, ed è quindi illegittimo.
 
• Il suo vicepresidente, Mike Pence, è un fascista.
 
• Trump è un miliardario che sarà costantemente di fronte a conflitti di interesse tra i suoi affari personali e quelli dello Stato.
 
• Trump è un burattino dei fratelli Koch, i famosi elemosinieri dell’estrema destra.
 
• Trump è un suprematista bianco e una minaccia per le minoranze.
• L’opposizione anti-Trump continua a crescere fuori Washington.
 
• Per salvare la democrazia, cerchiamo di sostenere i parlamentari democratici che stanno attaccando Trump, e cerchiamo di demolire quelli che stanno collaborando con lui.
 
• Stessa cosa con i giornalisti.
Per rovesciare Trump ci vorrà del tempo, quindi cerchiamo di non indebolire la nostra lotta.
Questa associazione produrrà delle newsletter e video di 30 secondi. Si appoggerà ad altri due gruppi: una società che realizza video documentari, The American Independent, e una unità statistica, Benchmark Politics (ossia “politica comparativa”).
L’insieme di questo dispositivo – che è stato messo in campo durante il periodo transitorio, cioè prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – dà già lavoro a oltre 300 specialisti a cui conviene aggiungere numerosi volontari. Il suo budget annuale, inizialmente previsto nella misura di 35 milioni di dollari, è stato aumentato fino a un livello di circa 100 milioni di dollari.
Distruggere l’immagine – e quindi l’autorità – del presidente degli Stati Uniti, prima che egli abbia avuto il tempo di fare alcunché, può avere gravi conseguenze. Eliminando Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, la CIA ha fatto precipitare questi due paesi in un lungo periodo di caos, e la «terra della libertà» potrebbe gravemente soffrire da una tale operazione. Questo tipo di tecnica di manipolazione di massa non era mai stata utilizzata contro il capofila del mondo occidentale.
Per il momento, questo piano sta funzionando: nessun leader politico al mondo ha avuto il coraggio di felicitarsi dell’elezione di Donald Trump, con l’eccezione di Vladimir Putin e di Mahmud Ahmadinejad.
Mar 04, 2017
Thierry Meyssan

Il principe, la Cia e il terrorismo

clinton saudiDue giorni fa, il neo-nominato direttore della Cia, Mike Pompeo, già diplomato all’accademia militare di West Point, industriale dell’aerospazio e rappresentante repubblicano per lo Stato del Kansas, è volato fino in Arabia Saudita per consegnare a Mohammed bin Naief, principe ereditario del regno saudita e ministro degli Interni, una medaglia quale riconoscimento per il lavoro svolto contro il terrorismo e per la pace e la stabilità internazionale.
È più che probabile che il riconoscimento al principe sia stato deciso dalla precedente amministrazione, quella Obama-Kerry, e che l’amministrazione entrante, quella Trump-Tillerson (il nuovo segretario di Stato), non abbia potuto e/o voluto annullarlo. Comunque sia, è un bruttissimo segno. Perché il principe Mohammed bin Naief non solo non è impegnato contro il terrorismo e per la pace ma, al contrario, è uno dei principali promotori del terrorismo e della guerra, come ben sanno non solo tutti i politici ma anche tutti coloro che si occupano di questi temi con un minimo di serietà.
Trump, Tillerson e Pompeo sono nuovi nei rispettivi incarichi ma il principe no. E in ogni caso, questi sono andati al potere promettendo di seguire nella lotta contro l’Isis una linea ben diversa da quella dei loro predecessori. Il duo Obama-Clinton aveva perfetta coscienza dei traffici dell’Arabia Saudita con il terrorismo, tanto che la Clinton il 30 dicembre 2009 già scriveva (in una delle mail poi rivelate da WikiLeaks nel 2010) che “l’Arabia Saudita resta una base decisiva di supporto finanziario per Al Qaeda, i talebani, Lashkar-e-Taiba e altri gruppi terroristici… è una sfida senza fine convincere le autorità saudite ad affrontare il finanziamento ai terroristi che nasce nel loro Paese” (documento che WikiLeaks ha catalogato con il numero 131801).
Con la tipica ambiguità dell’era Obama, pochi mesi dopo la redazione di quel documento, la Casa Bianca autorizzò la vendita all’Arabia Saudita di una fornitura di armi di ogni genere per un valore di 62 miliardi di dollari. Ma anche durante la campagna elettorale per la presidenza, nel 2016, la Clinton e suoi continuarono a discutere del ruolo dell’Arabia Saudita nel sostegno al terrorismo. Tanto che nel rispondere a una delle mail di John Podesta (capo della sua campagna), la Clinton scriveva: “…Dobbiamo tornare ai nostri piani per fornire equipaggiamenti all’Esercito libero siriano e ad altri gruppi di ribelli moderati…e mentre questa operazione militare procede dobbiamo usare i nostri strumenti diplomatici e quelli tradizionali di intelligence per premere sui Governi di Arabia Saudita e Qatar che continuano a fornire aiuti finanziari e logistici clandestini all’Isis e ad altri gruppi radicali sunniti” (si veda l’originale in questo sito).
Non c’è quindi alcun dubbio sul fatto che il principe saudita (e ministro dell’Interno) Mohammed bin Naief (lo stesso che nel marzo 2016 ebbe da Francois Hollande la Legion d’Onore, con relative polemiche) sia un sostenitore del terrorismo stragista dell’Isis. Trump lo sa e infatti per tutta la campagna elettorale ha criticato (giustamente) i legami, anche finanziari, tra la Clinton e gli ambienti che ruotano intorno alla casa reale saudita.
Quindi, delle due l’una. O Trump ha ereditato questa porcheria della medaglia al principe da Barack Obama e non ha potuto fare marcia indietro. Oppure è un’iniziativa sua, una porcheria sua. La sua politica non è diversa da quella di Obama e per il Medio Oriente si preparano tempi cupi come quelli del recente passato.
di Fulvio Scaglione – 12/02/2017
Fonte: Fulvio Scaglione

I legami tra l’anti-Trump George Soros e la Marcia delle donne

soros clintonSoros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso
Non deve essere facile vestire i panni del miliardario George Soros, strenuo oppositore del presidente americano Donald Trump sin dal momento in cui quest’ultimo sembrava solo uno scherzo della democrazia americana.
Il filantropo americano in questi giorni ha dovuto assistere impotente (o quasi) al giuramento che ha portato il suo acerrimo nemico alla Casa Bianca.
Fedelissimo sostenitore della candidata democratica sconfitta Hillary Clinton, Soros ha perso quasi un miliardo di dollari come risultato del rally dei mercati che c’è stato dopo la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane dello scorso 8 novembre, ma pur navigando ancora nell’oro, a 87 anni suonati, non ha raggiunto quella saggezza tale da consentirgli di accettare un risultato elettorale democratico e voltare pagina.
Prima ci sono stati gli attacchi dal forum di Davos, dove ha definito Donald Trump un “possibile dittatore”, ora si scopre un legame, anzi molti legami, con la Marcia delle Donne, considerata un vero e proprio attacco frontale al neopresidente.
A lanciare la bomba è il New York Times che in un lungo articolo, dopo una ricerca per la quale l’autore chiede anche un crowdfunding, ha scoperto come George Soros abbia molti legami con le organizzazioni definite sponsor o partner di una manifestazione che negli intenti si dichiarava apartitica e senza bandiere.
Soros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso, come Planned Parenthood, che si oppone alla politica antiabortista di Trump e la National Resource Defense Council, che si oppone alle poliche ambientali del neopresidente.
Gli altri legami con le organizzazioni dietro la manifestazione a difesa dei diritti delle donne includono MoveOn.org (che è stata chiaramente a favore della Clinton durante la campagna elettorale), il National Action Network (il cui ultimo direttore esecutivo era stato lodato da Valerie Jarrett, consigliere di Obama, come “leader del domani”).
Altre associazioni “partner” della manifestazione e messe a libro paga da Soros sono l’American Civil Liberties Union, il Center for Constitutional Rights, Amnesty International e Human Rights Watch.
Poi ci sono anche i legami con le organizzazioni musulmane, come il Council on American-Islamic Relations e la Southern Poverty Law Center (SPLC), e quelli con le organizzazioni a tutela dei diritti degli afroamericani: almeno 33 delle 100 “donne di colore” che per prime hanno protestato dopo l’elezione di Trump, lavoravano in organizzazioni che hanno ricevuto finanziamenti da Sors.
Michele Ardengo – Lun, 23/01/2017

La favola dell’attacco hacker russo si rivela una totale bufala mediatica…le email provengono da un insider di Bernie Sanders

ma no, quella dolce, onesta, pacifica e democratica donna, impossibile abbia fatto scorrettezze nei confronti di Sanders.

Ed ecco che la gigantesca bufala della delirante teoria del complotto della sinistra ha cominciato a sgretolarsi. Dopo aver assistito per giorni a continue dichiarazioni da parte dei media di sinistra a proposito delle email dei democratici hackerate dai “russi” e consegnate a Wikileaks, risulta che le email in realtà sono state fatte trapelare da una persona interna al partito democratico in collera per l’eliminazione orchestrata di Bernie Sanders da parte degli agenti dei Clinton.

Il UK Daily Mail riporta ora che Craig Murray, ex ambasciatore britannico in Uzbekistan, ha incontrato personalmente il leaker (informatore) che gli ha fornito le email poi pubblicate da Wikileaks. Il leaker di email, una persona della cerchia di Bernie Sanders, sarebbe stato spinto dal “disgusto di fronte alla corruzione della Fondazione Clinton e al ribaltamento delle elezioni primarie contro Bernie Sanders,” scrive il Daily Mail.

Il passaggio di informazioni è avvenuto a Washington D.C. in un’area boschiva presso la American University, ha spiegato Murray. Scrive il Daily Mail:

Murray ha insistito nel dire che le email di Podesta e del partito democratico pubblicate da Wikileaks non provenivano dai russi e sono state consegnate al gruppo di whistleblowing da cittadini americani che avevano accesso autorizzato alle informazioni.

“Nessuno [dei leak] proveniva dai russi,”  ha detto Murray “La fonte aveva legale accesso alle informazioni. I documenti provenivano da leak interni, non da hackeraggi esterni.”

“Come ha chiarito Assange in modo inequivocabile, i leak non provengono dai russi,” scrive Murray sul suo sito web. “Come ho già spiegato innumerevoli volte, non si tratta di hackeraggi bensì di leak interni – c’è una notevole differenza fra le due cose. E dovrebbe essere ancora ribadito che se Hillary Clinton non avesse cospirato con il comitato nazionale dei democratici per stabilire il programma delle primarie in modo da sfavorire Bernie, se non avesse ricevuto anticipazioni sulle domande del dibattito da usare contro Bernie, se non avesse accettato cospicue donazioni alla fondazione Clinton e ai membri della sua famiglia in cambio di influenza sulla politica estera, se non avesse fallito nel tentativo di allontanare da se certi soggetti poco raccomandabili, allora non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò. La continua abilità dei media mainstream nel sostenere che i leak sono costati le elezioni alla Clinton per colpa della “Russia” senza mai accertare le verità che essi rivelano, è veramente kafkiana.”

Il fondatore di Wikileaks Julian Assange ha già confermato in precedenza che le email in questione non provenivano dai russi. Il Washington Post, il New York Times ed altri ormai screditati portavoce della propaganda di regime continuano ad insinuare che i russi hanno in qualche modo alterato l’esito delle elezioni in favore di Donald Trump, ma non hanno prodotto uno straccio di prova reale a sostegno delle loro affermazioni.

L’obiettivo è creare il dubbio nelle menti dei “grandi elettori”

Nonostante la completa mancanza di prove, la totalità dei media di sinistra (spacciatori di propaganda) negli Stati Uniti ha ormai abbandonato qualunque parvenza di integrità giornalistica continuando a trasmettere la narrazione manifestamente falsa secondo la quale i russi avrebbero hackerato e divulgato le email del partito democratico a Wikileaks.

La delirante teoria della cospirazione è stata spinta attraverso una campagna mediatica coordinata con l’obiettivo di diffondere sufficiente disinformazione da causare un cambiamento del voto elettorale del 19 dicembre. Lo scopo è negare a Donald Trump 270 voti elettorali e per ottenere questo gli stessi media di sinistra che hanno mentito incessantemente su tutto durante la campagna continuano a mentire dopo la vittoria di Trump.

Se a Donald Trump possono essere negati 270 voti elettorali, la narrazione della sinistra dichiarerà “illegittima” la sua presidenza in quanto avrebbe fallito nel raggiungere i richiesti 270. Tutto questo è ridicolo, ovviamente, poiché la stessa disinformazione mediatica sarebbe la causa di un eventuale stravolgimento del voto elettorale. In questo modo, la propaganda si autoalimenta… e i grandi elettori saranno oggetto della più intensa psyop politica mai osservata nelle elezioni americane.

Le email rivelano sconvolgenti abissi di corruzione e collusione all’interno del partito democratico (DNC) e della campagna di Hillary

 Focalizzando l’attenzione sui russi, i media mainstream sono riusciti a distrarre completamente quasi tutti dalla sostanza delle email trapelate. Esse contengono schiaccianti dettagli sull’estrema corruzione e collusione all’intero del DNC, che ha tramato attivamente per utilizzare Bernie Sanders come fantoccio politico per poi “colpirlo alle spalle” nel momento più opportuno in modo da aprire la strada a Hillary Clinton.

Breitbart.com ha pubblicato una lista di 18 fra le più sconvolgenti rivelazioni emerse dalle email. Ma ce ne sono centinaia.

Quando Wikileaks ha cominciato a pubblicare le email, una delle storie create inizialmente dai media di sinistra allineati era dichiarare le email “false.” Così, ora sostengono fondamentalmente che i russi hanno alterato l’esito delle elezioni hackerando in qualche modo il DNC per acquisire false email pubblicate da Wikileaks. Non ha alcun senso, naturalmente, ma le narrazioni della sinistra non hanno bisogno di avere senso. Devono solamente sembrare emotivamente cariche e scandalose. (I liberali non pensano usando la logica. Prendono decisioni basate su emozioni e conformità sociale. Ecco perché non ci si può ragionare.)

WashPost, NYT e CNN hanno costruito una grande bufala per cercare di scippare le elezioni dopo averle perse

Le rivelazioni di Craig Murray mostrano che la teoria delirante di un “attacco informatico russo” non è che una gigantesca bufala portata avanti da Washington Post, New York Times e CNN. Niente di ciò che hanno dichiarato è vero. Tutto ciò che scrivono sull’argomento è una costruzione o una eco di qualche fonte che sta fabbricando simili assurdità.

Dal Daily Mail:

Murray ha affermato che ha deciso di parlare dopo le dichiarazioni dei funzionari dei servizi segreti secondo cui hacker russi avrebbero fornito i documenti a Wikileaks come parte di uno sforzo per aiutare Donald Trump a vincere le elezioni presidenziali americane.

‘Non capisco perché la CIA sostenga che le informazioni provengono da hacker russi quando dovrebbero sapere che non è vero,’ ha detto. ‘A prescindere da eventuali hackeraggi russi nel DNC, i documenti pubblicati da Wikileaks non provengono da lì.’’

Mike Adams Fonte: www.naturalnews.com

Link: http://www.naturalnews.com/2016-12-15-russian-hack-narrative-revealed-as-elaborate-media-hoax-email-leaks-bernie-sanders-insider.html

15.12.2016

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cuta di EMANUELA LORENZI

Attenzione: stanno tentando di rovesciare Trump!

i simpatici paladini della democrazia detestano quando il popolo sbaglia a votare e si impegnano a mettere una pezza, certo per il bene di quei popoli che tanto disprezzano

Quella di lunedì, negli Stati Uniti, dovrebbe essere una tranquilla giornata di democrazia. I Grandi elettori si riuniscono nella capitale di ogni Stato per eleggere il presidente, rispecchiando il voto popolare. Di solito è una formalità ma questa volta rischia di non essere tale.

Uno dei migliori commentatori americani, Paul Craig Roberts, denuncia apertamente un tentativo di un colpo di stato (leggi qui), altri giornalisti nei giorni scorsi avevano evidenziato lo stesso pericolo, come Michael Snyder. Ma ieri sera anche la Washington Post ha dato conto di quel che sta avvenendo: i grandi elettori di ogni Stato, che dovrebbero semplicemente ribadire il risultato delle urne, stanno ricevendo incredibili pressioni al fine di indurli a non votare per Trump.

mappa-elettorale-USA-2016Sono letteralmente bombardati di email e di telefonate in cui si evidenzia la pericolosità di Trump e in cui vengono evidenziati i rischi dell’America,mentre la Cia, l’Fbi e ovviamente Obama continuano a denunciare le interferenze russe nell’elezione nel tentativo, vano, di dimostrare che l’elezione non era regolare. Tentativo vano, perché fino ad oggi non è stata presentata alcuna prova. Secondo il Washington Post anche i grandi elettori democratici sono sottoposti a pressioni analoghe da parte di attivisti repubblicani, di cui peraltro, però, non si capisce il senso, considerato che Hillary ha perso. Ci sarà qualche caso ma irrilevante.

Le pressioni sono esercitate sui Grandi Elettori degli Stati che hanno votato per Trump e il significato è fin troppo chiaro: le élite globaliste che hanno governato l’America e indirettamente il mondo occidentale, sta per uscire dalla stanza dei bottoni, visto che il magnate non ha piazzato i loro uomini nei dicasteri chiave. Quell’élite sta tentando di tutto per impedire che Trump entri davvero alla Casa Bianca a ribalti la politica estera e di sicurezza perseguita finora, a cominciare dai rapporti con la Russia e dalla lotta all’Isis e corregga quella sulla globalizzazione incentivando la riscoperta di un “patriottismo imprenditoriale” sugli investimenti e sui posti di lavoro.

Attenzione: quel che sta avvenendo in queste ore è gravissimo ed è assolutamente incompatibile con i principi democratici. Speriamo che i Grandi Elettori non si lascino suggestionare.
Se davvero Trump venisse rovesciato prima ancora di entrare in carica, gli Stati Uniti perderebbero qualunque legittimità di fronte al proprio popolo e al mondo.

Alle élite importa poco. A noi sì, tantissimo.

Link: http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/12/18/attenzione-oggi-potrebbero-rovesciare-trump-e-privarlo-della-vittoria/