Dopo l’8 Dicembre. Butta male!

https://mavericknews.wordpress.com/2018/12/15/dopo-l8-dicembre-butta-male/

Dopo Ilva, Muos e Tap ora il governo sdogana il Terzo Valico. Sulla Torino-Lione il M5S si gioca definitivamente la sopravvivenza ma la Lega pensa alla crisi di governo per impedire una decisione favorevole al blocco. A conferma che il Tav è il nodo politico principale del cambiamento.

di Fabrizio Salmoni

Nessuno poteva pensare che la grande manifestazione No Tav di sabato 8 avrebbe chiuso la storia. Anzi, con il via libera al Terzo Valico le prospettive si fanno fosche insieme all’orizzonte del governo. Grande è lo sconcerto per il nuovo voltafaccia dopo Ilva, Muos e Tap quanto ridicole le motivazioni di Toninelli (ma a che serviva l’analisi costi/benefici se poi la decisione è incoerente?).

Il M5S si sta suicidando politicamente e viaggia verso la dissoluzione qualora le decisioni sulla Torino-Lione andassero nella stessa direzione.

Una vicenda, quella dei 5S,   che si nutre di una gestione fallimentare proprio sui punti qualificati del programma e prima ancora nel campo della trasparenza, valore fondante del Movimento: in tutti questi mesi i 5S si sono chiusi nelle loro stanze romane negandosi a chiunque chiedesse loro conto o notizie sull’andamento delle valutazioni. Anzi, imponendo d’autorità il silenzio, come ci raccontano alcuni consiglieri piemontesi. Brutti segni di timore, di insicurezza, di debolezza verso un partner di governo più debole di loro in partenza, ma che li sovrasta per irruenza, preparazione, prepotenza, comunicazione.

Pur disponendo di canali privilegiati, come la Rai, non hanno mai mandato Conte in Tv a spiegare le loro ragioni ai cittadini (Roosevelt lo faceva in radio ogni settimana); pur disponendo di rapporti privilegiati con i movimenti e le lotte sociali non ne hanno mai interpellato gli esponenti e non hanno mai dato segnali, anche minimi, della direzione scelta.

Sulla Torino-Lione si va probabilmente alla crisi di governo. La Lega ha soddisfatto i propri appetiti sui temi che più immediatamente le interessavano (immigrati, sicurezza), ha dato i segnali giusti al suo elettorato anche sottobanco, ha visto i sondaggi gonfiarsi. E’ probabile che voglia passare all’incasso una volta superata la manovra finanziaria. Cosi grazie alla lunga manfrina della costi-benefici e a scanso di imprevedibili guizzi di vitalità dei 5S, si sarà persa un’occasione storica e si andrà alle elezioni con una destra padrona del campo e senza opposizione consistente. Prospettiva allarmante di rischio fascismo o qualcosa di simile in chiave attuale. A quel punto ognuno dovrà fare i conti con le proprie responsabilità, nei movimenti e fuori. Sono troppo pessimista? Per una volta, si.

In questi giorni, dopo la bella manifestazione di sabato 8 sono continuate le manovre pilotate dalle lobby industriali-corporative: non solo gli “im-prenditori” sono andati da Salvini a cercare conforto (è il loro unico appiglio; anche l’anziano Chiamparino a lui si appella – per dire a cosa sono ridotti i dem anch’essi in attesa di dissoluzione…) e martedi sono andati da Di Maio (dove – riferiscono fonti parlamentari – non si è parlato di To-Lione) ; ma già dal 6 dicembre una task force combinata Pd-FI (ormai viaggiano permanentemente insieme) di tre membri a schiena china (il sindaco di Pianezza Antonio Castello, che scalpita da tempo per un posto in lista alle regionali, i consiglieri Barrea e Ruzzola) aveva teso un trappolone alla Appendino in Città Metropolitana proponendo una mozione pro Tav da votare subito, lunedi 10, per metterla in contraddizione con la mozione No Tav votata dal Consiglio comunale torinese il 29 Ottobre.Un trappolone, perfettamente riuscito, grazie a una chiamata capillare anche ai sindaci delle aree più lontane e disinteressate al Tav), che mette in evidenza l’ ingenuità dei sindaci che hanno deciso di non partecipare alla votazione sperando di far mancare il numero legale. Uno scacco poco vincolante perchè consumato in Assemblea e non in Consiglio ma rimane un bell’esempio di disorganizzazione considerando che, almeno sul piano della consistenza dei territori, solo con il voto di Torino si sarebbe comunque testimoniata una rappresentanza maggiore. Sarebbe stato almeno un dato politico da far pesare.

Un premio all’ambiguità e all’opportunismo va dato al rappresentante di Alpignano che si astiene pur essendo il suo Comune uscito a suo tempo dall’Osservatorio Tecnico (nei giorni scorsi il sindaco aveva dribblato col silenzio un appello alla partecipazione ufficiale alla marcia di sabato scorso). Il coraggio, diceva qualcuno, non si compra. L’ignavia forse si.

A Grugliasco e a Rivalta sono previsti gli ultimi guizzi di Foietta da commissario governativo (scade a fine mese ma sta cercando di fare più danni possibile); a Milano c’è stato il meeting della Cna ove Boccia (Confindustria) ribadisce con forza la necessità della To-Lione mentre le interviste ai partecipanti mettono in evidenza ben altre preoccupazioni e interessi degli artigiani presenti.

In campo No Tav era stata annunciata pubblicamente una richiesta di incontro dei sindaci con il premier Conte per pareggiare quello con gli im-prenditori e la bella lettera di Fico a La Stampa aiuta a meglio inquadrare la questione Tav in quella più ampia del modello di sviluppo. Dai sindaci, interpellati, non viene però conferma.

Le sole buone notizie vengono dal fronte giudiziario, segno forse che la magistratura che si muove sempre in sintonia con il potere politico e le sensibilità pubbliche sta forse recependo la forza della spinta popolare, con l’assoluzione in appello di Roberta Chiroli, perseguita dall’incattivito pm di estrema destra Antonio Rinaudo e condannata in primo grado per “concorso morale” in violenza privata e invasione di terreni per aver seguito e narrato a scopo di tesi universitaria una manifestazione di studenti contro una ditta impegnata nei lavori del cantiere di Chiomonte. Quasi in contemporanea sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di Cassazione per il processo ai No Tav per i fatti del 3 luglio 2011. Si erano annullate le condanne a 26 imputati e ridotte le pene ad altri. Ora le motivazioni dicono che quel giorno gli imputati avrebbero reagito ad atti arbitrari dei pubblici poteri (leggi Polizia) e si escludono i sindacati della stessa dalle rivendicazioni di parte civile. Concetti sempre sostenuti dalle difese. Tutta roba buona ma che a questo punto rischia di lasciare l’amaro in bocca. (F.S. 15.12.2018)

COMMENT L’US ARMY RELIE SA BASE MILIAIRE DE DJIBOUTI À DAKAR’ (GEOPOLITIQUE AFRICAINE)

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Complément pour le Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 12 13/
RP LM.GEOPOL - dakar-djibouti dakaractu (2018 12 12) FR (1)

Mes analyses sur la « Diagonale stratégique Djibouti-Dakar » (qui suit l’ancienne « Route des épices » et traverse le Sahel, de la Mer rouge à l’Atlantique, suscitent un intérêt certain au Sénégal. Où la presse confirme par ailleurs mes informations (exposées depuis 2015) sur la construction d’une méga base de l’US Army à côté de Dakar …
RP LM.GEOPOL - dakar-djibouti dakaractu (2018 12 12) FR (2)

# Revue de Presse :

Mes analyses diffusées par ‘DakarActu’ (Sénégal) …

 « REVELATIONS SUR LA GUERRE SINO-AMERICAINE EN AFRIQUE :

COMMENT L’US ARMY RELIE SA BASE MILIAIRE DE DJIBOUTI A DAKAR » (‘DAKARACTU’, 12 DEC. 2018)

* Extrait :

« quelques mois, durant cette année 2018, Dakar a été le théâtre d’un intense ballet diplomatique, en accueillant tour à tour le président de la République française, son homologue turc et l’homme fort de Pékin. Le président Macky Sall, très courtisé sur la scène internationale, a même eu un tête-à-tête avec le chef de l’Etat russe Vladimir Poutine, en marge de précédente édition de la Coupe du monde football.

De nombreux analystes ont vite fait de relier ce regain d’intérêt que suscite la capitale sénégalaise à la découverte d’importantes ressources pétrogazières. Pourtant, l‘explication qui s’impose à l’entendement pourrait être d’ordre militaire.

En effet, le géopoliticien Luc Michel révèle qu’Américains, Russes et Chinois sont les protagonistes d’une « nouvelle guerre froide » entre Djibouti, qui abrite jusqu’ici la principale base militaire américaine en Afrique, et Dakar.

L’expert confirme ce qui se dit, en messe basse, dans les salons dakarois : à savoir qu’une base de l’US Army est en construction dans la capitale sénégalaise. A l’en croire, le souhait du pays de l’Oncle Sam est de « relier ces deux bases par une route stratégique ».

* ‘DakarActu’ cite un extrait de mon interview par ‘Press TV’ :

« La géopolitique actuelle ne permet plus à un Etat de se lier uniquement à un autre Etat.( …) C’est la réelle course entre puissances qui a repris en Afrique. Vous voyez arriver les Occidentaux, vous voyez arriver les Russes, vous voyez arriver les Chinois.  Ce n’est pas lié au Sénégal proprement dit. Le Sénégal est l’une des portes d’entrée de l’Occident en Afrique. C’est un pays qui a des liens très importants avec l’Africom. C’est l’aboutissement de la diagonale Djibouti-Dakar, qui est l’aboutissement du grand projet sécuritaire américain. Les Américains veulent installer la frontière de l’Eurasie, en fait, sur le Sahel », a révélé M. Michel, interrogé par Press Tv. Le prétexte, c’est la visite, le 4 décembre passé, de Tibor Nagy, le secrétaire d’État américain adjoint aux Affaires africaines, en Erythrée. Un pays jusqu’alors  isolé  par la communauté internationale, notamment les USA. »

# Sources :

* L’INTERVIEW DE REFERENCE

sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL: OU VA LA CORNE DE L’AFRIQUE ?

TRIANGLE ETHIOPIE-ERYTHREE-DJIBOUTI ET DIAGONALE DJIBOUTI-DAKAR

sur https://vimeo.com/305246749

* L’ARTICLE ORIGINAL DE ‘DAKARACTU’

sur https://www.dakaractu.com/Revelations-sur-la-guerre-sino-americaine-en-Afrique-comment-l-US-Army-relie-sa-base-miliaire-de-Djibouti-a-Dakar_a161672.html

Complément pour le Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily de

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

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I leghisti votano a favore della Tav. 

https://www.lastampa.it/2018/12/14/italia/i-leghisti-votano-a-favore-della-tav-fallisce-il-blitz-del-ms-in-europa-LvbHlOqpMrJy8f2eWlPeRI/pagina.html

14 dic 18 – La Stampa 

Fallisce il blitz del M5S in Europa

A Strasburgo respinto l’emendamento dei grillini per escludere la Torino-Lione dai finanziamenti Ue

Marco Bresolin Inviato a Strasburgo

Il tentato blitz è andato in scena mercoledì sera, nelle stesse ore in cui l’attenzione mediatica era tutta a Bruxelles per l’incontro tra Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker. A Strasburgo, nell’aula dell’Europarlamento, il Movimento Cinque Stelle ha provato a depennare la Torino-Lione dalle reti di trasporto trans-europee (Ten-T) e di conseguenza dai finanziamenti Ue. Tentativo clamorosamente respinto. Anche dalla Lega, con un voto che fa emergere pure in sede europea la distanza che divide i due partiti di maggioranza sulla questione Tav.

Gli eurodeputati Dario Tamburrano e Rosa D’Amato (M5S) hanno presentato un emendamento per escludere il tunnel di base e le opere per la Torino-Lione dall’elenco delle infrastrutture ferroviarie transfrontaliere che fanno parte del Corridoio Mediterraneo.

L’emendamento è stato accorpato a un altro identico, presentato dalla Sinistra Unitaria e sottoscritto dalle italiane Barbara Spinelli ed Elonora Forenza.

Ma l’esito del voto è stato negativo: soltanto 124 i voti favorevoli.

Lo hanno sostenuto tutti gli eurodeputati M5S, i Verdi, la Sinistra Unitaria, l’ex grillino David Borrelli (ora nei non iscritti) e l’italiana Elly Schlein (Possibile, ex Pd).

Ben più lungo l’elenco dei contrari, che hanno respinto il blitz con 487 voti (9 gli astenuti). Tra questi, tutti gli eurodeputati leghisti, la delegazione di Forza Italia e quella del Pd. «Prima di proporre quale opera finanziare – spiegano i Cinque Stelle D’Amato, Tamburrano e Tiziana Beghin – l’Europa dovrebbe aspettare i risultati dell’analisi costi-benefici, così come sta facendo il governo italiano». I grillini insistono: «Qualsiasi iniziativa presa prima è sterile perché a decidere sarà Roma. Per noi le autostrade del futuro da finanziare sono quelle digitali».

La Tav resta quindi nella lista delle opere Ten-T che fanno parte della «Connecting Europe Facility» (Cef), lo strumento finanziario dell’Ue che permette di sostenere gli investimenti nelle infrastrutture transfrontaliere in ambito ferroviario, energetico e digitale. Nell’attuale bilancio pluriennale dell’Unione (2014-2020), il tasso di co-finanziamento arriva a coprire il 40% dei costi. La Commissione ha proposto di alzarlo fino al 50% nel prossimo bilancio (2021-2027) e il 3 dicembre è arrivato il via libera da parte dei ministri dei Trasporti (l’Europarlamento ha chiesto di destinare 33,5 miliardi all’intera rete Ten-T). Alla riunione c’era anche Danilo Toninelli, che ha dato parere favorevole. Ma il blitz dei suoi compagni di partito, se fosse andato a buon fine, avrebbe di fatto escluso la Tav dai finanziamenti Ue.

Intanto si aspetta ancora l’esito dell’analisi costi-benefici, per questo il governo ha congelato l’avvio delle gare d’appalto. Ma da Bruxelles è arrivato un chiaro avvertimento: in caso di ulteriori ritardi c’è il rischio di rivedere lo schema del «grant agreement», con la possibilità di dirottare quei fondi verso altre opere. Non solo, l’Italia potrebbe essere addirittura chiamata a restituire i soldi già incassati. La Commissione attende sviluppi «nelle prossime settimane».”

Barbara Debernardi ha scritto a Michele Serra una bella lettera

http://www.valsusaoggi.it/marcia-no-tav-la-prof-debernardi-scrive-a-michele-serra-sabato-venga-a-contarci/

Egregio Michele Serra,

poco meno di un mese fa, all’indomani della manifestazione Si Tav di piazza Castello, ho letto la sua “Amaca” domenicale e il Requiem da lei dedicato al Movimento No Tav.

Riporto tre frasi del suo testo, per sintetizzarne il pensiero:

“Vedendo le immagini, misurando la folla ho pensato: i No Tav hanno perso”.

E poi: “Opporsi allo sviluppo non serve a niente, se non si hanno in mente le alternative, se non si è capaci di spiegare alla gente perché bucare le montagne è sbagliato”.

E infine: “La retorica di Davide contro Golia serve a poco (…) Nella realtà novantanove volte su cento vince Golia”.

Alla vigilia dell’8 dicembre e della manifestazione che i No Tav hanno indetto per quella data nella medesima piazza torinese, non già o non solo in risposta a quella di un mese fa, ma in continuità con tutti gli 8 dicembre che il Movimento celebra ormai dal 2005, torno su quel suo articolo per chiederle un gesto di giornalismo autentico.

Perché vede, non credo basti riempire una piazza per vincere, altrimenti in quel caso i No Tav avrebbero vinto da un pezzo.

Così come non credo che la loro ipotetica e da lei presunta sconfitta sia da imputare alla mancanza  di argomentazioni. Il problema sta altrove.

Sta nella impermeabilità della maggioranza dei Media ad ascoltare e a riportare quelle argomentazioni che il Movimento da anni (quasi 30…) grida nel deserto.

E allora, se davvero esistono ancora il diritto e il dovere di cronaca, sabato prossimo venga in piazza Castello.

Venga a contarci (l’unità di misura ci è stata gentilmente suggerita da una delle Signore animatrici della manifestazione Si Tav: 4 persone a metro quadro).

Venga a guardarci negli occhi.

Ma venga soprattutto ad ascoltarci. Perché noi, tutti noi, dalla casalinga allo studente, dal medico all’idraulico, dalla maestra al pensionato, a differenza delle Madamine di un mese fa, abbiamo letto le carte, conosciamo i numeri, siamo in grado di discutere di flussi di transito e di politiche trasportistiche, sappiamo che la “Lisbona-Kiev” non esiste più da un pezzo, abbiamo chiara la differenza tra TAV e TAC, possiamo spiegarle i pericoli dell’amianto e le percentuali di pechblenda (cioè uranio) nascoste nel Massiccio d’Ambin.

Noi sappiamo dirle quanto costa il Tav al metro. E sappiamo anche dirle come più utilmente vorremmo spendere quel metro: in tapparelle delle scuole, in pulizia dei torrenti, in adeguamenti antisismici, in apparecchiature mediche, in piste ciclabili, in cura del territorio…

Come vede il problema non sta nel non avere argomenti. Il problema sta nel non avere persone come lei che abbiano l’onestà intellettuale di porre le domande. E soprattutto di dar spazio alle risposte.

Perché come lei ben sa, è già dura essere Davide, ma se  Il Corriere di Gerusalemme, L’Eco di Israele e la Gazzetta di Sion danno voce solo a Golia, allora vincere per Davide in effetti può essere un po’ più difficile.

Ma, come la storia insegna, non impossibile.

Barbara Debernardi

Valle di Susa, 28 novembre 2018

Riportata su Valsusa Oggi 

“Vite rivoluzionate, ma non lo spirito: puntiamo sempre a sbloccare Torino”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/12/12/news/_vite_rivoluzionate_ma_non_lo_spirito_puntiamo_sempre_a_sbloccare_torino_-214048300/?fbclid=IwAR0loFfGdZwErDFnyxAIILKbXKCq3_aPBRSqJWlTboJ8DF5i2lbL8i0VX5U

Le sette “madamine” un mese dopo la marcia dei 40mila Sì Tav: ora difendiamo l’Europa

di PAOLO GRISERI E MARIACHIARA GIACOSA

 

12 dicembre 2018

 

“Siamo riuscite a smuovere un bel po’ di cose. Non noi, sia chiaro, ma le decine di migliaia di persone che hanno partecipato a quella manifestazione”. E adesso? “Continuare a chiedere quel che i torinesi ci hanno incaricato di ottenere: la Tav, e, più in generale, la crescita della città”. Un nuovo obiettivo? “In fondo è sempre lo stesso: inserire Torino nell’Europa. A Natale regalate ai vostri amici una bandiera europea”.
Le madamine “Sì Tav” arrivano alla redazione di Repubblica Torino per un bilancio della loro esperienza. E per raccontare quali saranno i loro impegni nel nuovo anno. “Abbiamo passato giornate a chiederci come mantenere il carattere civico della nostra impresa”. Siete un movimento? “Per carità non usiamo quella parola”. State per entrare in un partito? “Non ci pensiamo proprio”. Qualcuno ve lo ha proposto? “C’è stata qualche telefonata ma abbiamo cordialmente rifiutato”. Chi c’era dall’altra parte della cornetta? “Una signora non rivela l’identità dei corteggiatori”.
Le madamine sono così. Scherzano con la loro identità di genere. Ma sanno che non sarà facile resistere alle sirene della politica. “La nostra vita in queste quattro settimane è cambiata profondamente”, ammettono. Come è cambiata? “Ci occupiamo del nostro lavoro ormai solo di notte”. Il resto della giornata? “Rispondiamo alle lettere che ci scrivono i partecipanti alla chat, organizziamo incontri, siamo andate anche nelle scuole a raccontare la nostra esperienza”.

"Vite rivoluzionate, ma non lo spirito: puntiamo sempre a sbloccare Torino"

Cinque delle sette madamine in redazione. Da sinistra: Adele Olivero, Patrizia Ghiazza, Simonetta Carbone, Giovanna Giordano Peretti e Roberta Castellina

Il primo problema è come definire il movimento nato il 10 novembre. Siete delle borghesi arrabbiate? “Non consideriamo un insulto essere definite delle borghesi. Se la borghesia è quella parte della città che promuove le imprese e dà lavoro, ben venga la borghesia. Ma noi preferiamo non dare una connotazione sociale. La piazza del 10 novembre era socialmente trasversale. C’erano esponenti di tutte le classi e di tutte le età”.

Così come, in fondo, era trasversale anche la piazza dei No Tav…: “Certo. Ma possiamo dire? Lo diciamo sottovoce, e anche con un po’ di orgoglio: siamo contente del fatto che anche la manifestazione dei No Tav si sia svolta in modo pacifico, almeno negli atteggiamenti. Diciamo che era violenta solo nel linguaggio”.
Ora si tratta di evitare che il consenso si disperda. Non è facile: “Una delle strade è quella di continuare a mantenere in rete un dialogo con chi ha aderito al nostro appello originario. Ci chiedono molte cose. In diversi casi ci criticano, in molti altri approvano.

Qualcuno ci fa dei regali”. Dei regali? “Un quadro dipinto con gli acquerelli, il più recente”.
Basterà continuare a dialogare solo sulla rete? “Certo che non basta. Infatti per protestare siamo andate in piazza, ci siamo fatti vedere tutti insieme. Quella piazza, il fatto che per la prima volta qualcuno si schierasse a favore della Tav dopo anni di manifestazioni contrarie, beh, questa è stata la novità. Così come è stata una novità avere messo insieme per la prima volta 33 associazioni di imprenditori e i sindacati”. E adesso come continuerete? Ci credete all’idea di Salvini di fare un referendum? “Quando c’è una patata bollente la politica tende a non decidere e a scaricare le decisioni sulle spalle dei cittadini. La Tav è un cantiere in corso da tempo, grazie ad un trattato internazionale e a una legge che lo approva. I politici hanno visto le ragioni dei favorevoli e dei contrari. Tra poco avranno anche il risultato dell’analisi costi/benefici. Hanno dunque tutti gli elementi per decidere e prendersi le loro responsabilità”.
Ma non sarà così semplice. E nel frattempo, per non disperdere l’energia della manifestazione di un mese fa bisognerà inventarsi nuove iniziative: “Noi continuiamo a pensare che il principale problema di Torino sia la crescita. Una città bloccata, che ha perso il treno delle Olimpiadi, che rischia di perdere quello delle infrastrutture di collegamento con l’Europa, è una città che non si sviluppa e che non offre opportunità di lavoro. Ecco qual è il tema su cui concentrarsi nei prossimi mesi. Quello di sbloccare Torino, di connetterla al resto d’Europa. Invece anche recentemente è accaduto che abbiamo perso i finanziamenti per ‘Smart City’, 400 milioni di fondi europei che sono finiti a Monaco di Baviera. E che avrebbero invece creato lavoro nei centri di ricerca delle nostre università”.
Le madamine diventeranno partito politico alle prossime elezioni regionali? “Siamo una forza civica, non un partito.
Cercheremo di rimanere un punto di riferimento nel dibattito cittadino”. Ma quanto è faticoso far nascere un’esperienza civica? “Certi giorni smettiamo di vestirci di arancione sperando di non essere riconosciute. Le persone ci vedono nei negozi, ci chiedono, si informano sulla Tav ma anche sulla rotonda di piazza Baldissserra e sulla ztl.
Abbiamo dovuto cambiare la nostra vita ma questa storia ci ha dato una grande carica, sentiamo di essere al centro di un’energia positiva”. L’ultima curiosità è quella sui finanziamenti. Insomma, chi paga il movimento delle madamine? “La risposta è molto semplice: abbiamo pagato noi. Ci siamo tassate e abbiamo raccolto i fondi per la manifestazione. Abbiamo speso 5.500 euro. A questi va aggiunto il volontariato di tanti. E poi chiediamoci anche : i No tav, chi li paga?”.

Verificare se No Tav reagirono arbitrii

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/12/12/verificare-se-no-tav-reagirono-arbitrii_4f8d72e9-bb24-4ca5-a78d-a906cf9f2b07.html

Ermellini nella sentenza che annulla maxiprocesso a 35 imputati

(ANSA) – TORINO, 12 DIC – La Corte d’Appello di Torino deve verificare se, durante la dimostrazione contro il cantiere del Tav in Valle di Susa il 3 luglio 2011, i No Tav reagirono ad “atti arbitrari” dei pubblici poteri. Lo scrive la Cassazione nella sentenza di annullamento del maxiprocesso a 35 imputati. I giudici torinesi, secondo gli ermellini, su questo aspetto non motivarono adeguatamente la loro decisione.
    Il maxiprocesso prendeva in esame lo sgombero, il 27 giugno 2011, del grande presidio No Tav in località Maddalena di Chiomonte, dove oggi sorge il cantiere per un tunnel preliminare della ferrovia ad alta velocità. Su queste circostanze, secondo la Cassazione, la Corte di Appello di Torino ha reso una motivazione adeguata. Il secondo fronte riguarda episodi avvenuti durante la protesta No Tav del 3 luglio successivo. In questo caso i giudici torinesi non si sarebbero espressi con completezza. Il nuovo processo d’appello, da celebrare ancora a Torino, dovrà dare delle risposte.

Legambiente: “Altro che Tav, ecco le priorità per i pendolari”

11 dic 18 

https://www.qualenergia.it/articoli/legambiente-altro-che-tav-ecco-le-priorita-per-i-pendolari/

“Le vere incompiute italiane sono 26 opere, bloccate e senza risorse, che aiuterebbero a migliorare la vita dei pendolari”, la denuncia di Legambiente e i primi dati di Pendolaria 2018.

Altro che autostrade e Tav, le vere incompiute italiane sono 26 opere, bloccate e senza risorse, che aiuterebbero invece a migliorare la vita dei pendolari.

Così Legambiente apre la nota stampa di lancio dei dati della prima analisi fatta sul trasporto pubblico nazionale per l’edizione 2018 del rapporto Pendolaria.

(Rapporto Pendolaria :

https://www.qualenergia.it/wp-content/uploads/2018/12/pendolaria_opere_prioritarie.pdf)

L’associazione si riferisce alle linee di metropolitane e tram e collegamenti ferroviari di cui potrebbero beneficiare oltre 12 milioni di persone “se si investisse in una seria cura del ferro“, spiega l’associazione (vedi immagine di seguito).

In questa prima analisi Legambiente ha evidenziato 4 questioni  principali.

“La prima che abbiamo voluto mettere al centro dell’attenzione quest’anno – scrive Legambiente – è l’incredibile ritardo e assenza di investimenti in cui si trovano tante infrastrutture che renderebbero più veloci e comodi i viaggi di milioni di persone che ogni giorno si spostano per ragioni di lavoro o di studio”.

“Quando si parla di opere incompiute in Italia ci si concentra sempre sulle grandi opere, senza guardare a quelle più urgenti che sono proprio dove è larga parte della domanda di trasporto nel nostro Paese. Dietro le prime ci sono di solito general contractors e grandi imprese, forti interessi in gioco e quindi si prendono tutto lo spazio di attenzione mediatica e politica. Eppure se si va a guardare al territorio italiano e alle città si scopre una realtà molto differente”.

L’associazione ha quindi individuato 26 opere il cui completamento è di evidente enorme utilità per i pendolari, perché interessano un bacino di utenza complessivo che coinvolge oltre 12 milioni di persone.

E il problema è che mancano le risorse per completarle. La cartina e la tabella qui sotto raccontano questa situazione in maniera evidente.

E senza un cambio delle priorità questi interventi non si realizzeranno mai perché nei prossimi anni le risorse andranno a realizzare le solite grandi opere, in particolare autostrade, come è sempre stato in questi anni.

Lo raccontano i dati del Ministero delle Infrastrutture: dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato infatti per il 60% gli investimenti in strade e autostrade.

Emblematici sono i dati degli interventi realizzati durante la scorsa legislatura: 3.900 km tra strade provinciali, regionali e nazionali, 217 km di autostrade, 62,6 km di linee ferroviarie ad Alta Velocità, 58,6 km di metropolitane, 34,5 km di tramvie.

Inoltre sono state sospese o cancellate linee ferroviarie per 205 km.

La seconda questione riguarda i tagli avvenuti al servizio ferroviario regionale in questi anni. La ragione dei disagi che vivono i pendolari ogni giorno sta nel fatto che dal 2009 ad oggi, a fronte di una crescente domanda di trasporto su ferro, perché permette di lasciare l’auto, riducendo stress e spesa delle famiglie, il numero di treni in circolazione sulla rete regionale è diminuito. Complessivamente dal 2010 i tagli sulla rete regionale sono stati pari al 4,7% con un aumento delle tariffe mediamente del 18,5%.

Se si guarda dentro questi tagli, come spesso accade, si scopre che ci sono rilevanti differenze tra le regioni. In particolare i problemi riguardano il Sud, dove fra il 2010 e il 2018 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 33,2% in Molise, al 15,9% in Calabria, al 15,1% in Campania, al 6,9% in Basilicata, al 5,6% in Sicilia.

La terza questione a cui guardare con attenzione riguarda l’età dei treni in circolazione, dove si vedono finalmente segnali positivi, ma prevalentemente al nord e al centro. Comunque il dato generale è sceso a un’età media nazionale, grazie alle immissioni di nuovi convogli di Trenitalia, al valore di 15,4 anni.

La quarta questione è un’analisi dettagliata della situazione che vivono i pendolari delle 10 linee peggiori d’Italia individuate lo scorso anno.

Come si cambia

Per aumentare il numero di treni in circolazione – propone Legambiente – servono risorse e nuove politiche da parte di Governo e Regioni (a cui, ricordiamolo, è stato trasferito la responsabilità in materia di treni locali dal 2000). Si devono dunque individuare subito risorse nella Legge di Bilancio in discussione per rilanciare davvero una cura del ferro nel nostro Paese.

In particolare servono due scelte non più rinviabili: aumentare i treni in circolazione e realizzare le opere indispensabili a rilanciare il trasporto ferroviario per i pendolari.

“Basta con le promesse e i rinvi degli interventi! Non è più ammissibile che un pendolare romano continui a trovare la Roma-Lido in queste condizioni o che si debba circolare a Taranto, ad Agrigento e a Cremona in treni così vecchi e lenti”, conclude l’associazione.

Torino-Lione – Perché l’Italia deve finanziare la Francia?

PresidioEuropa

Movimento No TAV

13 dicembre 2018

www.presidioeuropa.net/blog/?p=18082

Ogni chilometro del tunnel di base di 57,5 km costerebbe 60 milioni di € alla Francia e 280 all’Italia

Torino-Lione – Perché l’Italia deve finanziare la Francia?

Asimmetria dei costi tra Italia e Francia

Il progetto della Torino-Lione prevede una galleria di base di 57,5 chilometri dei quali 45 di proprietà francese e 12,5 di proprietà italiana.

Di fronte alla proprietà del 21% del tunnel, l’Italia dovrebbe pagare circa il 58% di tutti i costi.

Il risultato della “sottomissione” dell’Italia alla Francia è un esborso di risorse pubbliche di oltre € 2,2 miliardi a favore della Francia rispetto ad una divisione dei costi proporzionale ai km di proprietà.

Per essere più chiari, la Francia dovrà investire per ogni chilometro € 60 milioni, mentre l’Italia dovrà investire ben 280 milioni, circa 4,7 volte in più.

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SNCF: AL VIA LA LINEA AUTOSTRADALE FERROVIA CHE COLLEGA IL PORTO DI CALAIS A ORBASSANO

https://www.ferpress.it/sncf-al-via-la-linea-autostradale-ferrovia-collega-porto-calais-orbassano/?fbclid=IwAR33VwToXmRKNpb2IHUOATcDQf_ICcFt6x3bSp1l72JF0b0G1Xmm45N713E%20
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(FERPRESS) – Roma, 6 NOV – Elisabeth Borne, Ministro dei Trasporti, Natacha Bouchart, Sindaco di Calais, Jean-Marc Puissesseau, Presidente e CEO di Port Boulogne Calais, Guillaume Pepy, presidente del comitato esecutivo di SNCF e Thierry Le Guilloux, Presidente della VIIA (gestore delle ferrovie del Gruppo SNCF), hanno inaugurato una nuova linea autostradale ferrovia che collega il porto di Calais a Orbassano nella periferia di Torino.

L’opera trasferirà fino a 31.000 camion dalla strada alla ferrovia: il funzionamento della linea si basa sui terminali esistenti del porto di Calais e Orbassano e coinvolge le ferrovie SNCF per il percorso francese e Mercitalia (gruppo Ferrovie delle Stato Italiane) per la parte italiana.

+ 30.000 CAMION TRASFERITI PER FERROVIA
Vengono effettuati tre viaggi di andata e ritorno settimanali da Calais a Orbassano per una distanza di 1.150 km con un tempo di percorrenza di 18 ore.
Thierry Le Guilloux, presidente della VIIA, commenta: “Questa nuova linea autostradale viene aggiunta al servizio già esistente in Spagna. Questa opera è frutto degli sforzi delle squadre della VIIA, ma anche del porto di Calais e
Fret SNCF, e rappresenta una notizia eccellente per lo sviluppo del trasporto di semirimorchi in modalità non accompagnata in Europa”.
Il servizio, aperto a tutti i tipi di rimorchi, consente di risparmiare circa 1,2 tonnellate di CO2 per rimorchio per viaggio, equivalente a un risparmio su base annua di 37.200tonnellate di CO2.

COLLABORAZIONE CON PORT BOULOGNE-CALAIS

La collaborazione tra Port Boulogne Calais, VIIA e il gruppo SNCF si rafforza con la nuova linea Calais – Torino Orbassano: commissionato nel marzo 2016, il terminal autostradale di Calais è una struttura portuale unica in Europa.
Jean-Marc Puissesseau, presidente e amministratore delegato del porto di Calais, dichiara: “il lancio di questa nuova linea conferma la nostra visione di uno sviluppo traffico rimorchio non accompagnato nei prossimi anni e il nostro desiderio di rispondere ad esso. Con l’apertura di questo nuovo servizio proposto dal nostro partner VIIA, il porto di Calais diventa il punto di riferimento delle interconnessioni marittime / stradali / ferroviarie tra nord e sud dell’Europa e consente ai nostri clienti di avere soluzioni di spostamento modale all’interno del porto stesso”.

INFORMAZIONI SULLA AUTOSTRADA FERROVIARIA

Il gruppo SNCF ha affidato a VIIA il compito di sviluppare le autostrade ferroviarie di Francia ed Europa.
Per Guillaume Pepy, presidente del consiglio direttivo della SNCF: “Le autostrade ferroviarie proposte dalla VIIA costituiscono uno strumento estremamente efficace per sostituire il trasporto su strada con quello ferroviario e lottare contro i gas a effetto serra. Grazie alla VIIA, la ferrovia si sta adattando al mondo della strada: tutti i semirimorchi possono essere caricati senza alcun investimento da parte del trasportatore su strada e con tempi di percorrenza competitivi”.
Nel 2017 c’erano 106.747 unità (semirimorchi, scatole mobili o container) trasportati da VIIA e 75.000 tonnellate di emissioni di CO2 risparmiate.
Oltre alle linee in partenza da Calais, altre due linee contribuiscono allo sviluppo della relazione modale proposta dalla VIIA: in collaborazione con Mercitalia, la linea Aiton (Chambéry) – Orbassano collega i 175 km tra Francia e Italia in 3 ore dal 2003; in collaborazione con le ferrovie del Lussemburgo (CFL), la linea Bettembourg (Lux) – Boulou Perpignan, in servizio dal 2007, effettua tre viaggi al giorno su una distanza di 1.045 km in 15 ore.

Elisabeth Borne, ministro dei Trasporti, ha dichiarato: “Le autostrade sono una soluzione eccellente per garantire la transizione ecologica del trasporto merci e il trasferimento modale dai camion alla ferrovia. Questa inaugurazione è un simbolo molto bello della forte ambizione del governo per la rinascita del trasporto ferroviario di merci, concretizzata con importanti decisioni prese negli ultimi mesi, come la limitazione dell’aumento dei pedaggi merci  e la fiducia che abbiamo in questa potente modalità”.

C’È QUALCOSA DI NUOVO OGGI NEL SOLE, ANZI D’ANTICO…—– LA REPUBLIQUE EN MARCHE… JAUNE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/12/ce-qualcosa-di-nuovo-oggi-nel-sole-anzi.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 12 DICEMBRE 2018

Terrorismo di distrazione di massa
Sempre più grossolani, sempre più faciloni. Tanto c’è la rete mediatica sotto gli spericolati. In Francia è in atto un’insurrezione che, dopo aver bloccato e sconvolto il paese per un mese, non si ferma. Un’insurrezione approvata dai due terzi dei francesi, non di classe, ma di popolo che si è fatto, è stato fatto fare, proletariato. Un’insurrezione che si vuole limitata al rifiuto di un aumento dei prezzi, ma che si è rivelata contro il governo, l’Unione Europea, il neoliberismo, il colonialismo interno ed esterno. Tutti gli occhi, malevoli e benevoli, sono puntati su questo fenomeno di massa dai tratti epocali. 

Tutti gli occhi, al quinto giro della lotta, si spostano, vengono diretti, verso Strasburgo, dove, naturalmente, il solito pregiudicato radicalizzato (ricostruito in carcere), naturalmente sotto osservazione per sospetto di terrorismo (!), con la casa piena di granate perquisita il giorno prima (!), assediato in un palazzo e, naturalmente, per miracolo fuggito, fa una nuova strage terroristica, naturalmente in pieno milieu natalizio, di pace e festa, e naturalmente qualcuno lo ha sentito urlare “Allah–U-Akbar”, talché nessuno pensasse che fosse un terrorista basco, o ceceno, o delle FARC, o laico. Naturalmente raccapricciante. Spazza via da occhi, orecchie, coscienza, riflessione, ogni altra cosa, anche la più grossa. Così, ratatatatà-clang!, è scesa la saracinesca su un mondo che, come per altri versi aveva cantato Ivan Della Mea mezzo secolo fa pensando a Mao, da rosso si era fatto giallo. 

Repetita juvant
Macron era al 23% dei consensi. Hollande era messo anche peggio quando capitarono Bataclan e affini. In Belgio lo scazzo al vertice è tale che non si riesce più a mettere insieme un governo: ed ecco una bella raffica di attentati. Bush sprofonda mentre dovrebbe fare tante guerre e crollano le Torri. Theresa May è nella peste sul Brexit è viene avvelenata un po’ di gente “dai russi”…. Tutto inizia da noi, un po’ come oggi con il “governo del cambiamento” (componente gialla), con l’“autunno caldo”, una generazione di disobbedienti e vai con i botti dei servizi, fascisti e P2.

A Roma, visto che a Piazza Venezia non è spuntato un nuovo “Spelacchio”, ma un imponente e stupendamente agghindato abetone, da far ombra a quello di San Pietro; visto che da troppo tempo non vanno più a fuoco in serie gli autobus, visto che un certo ordine nello smaltimento dei rifiuti è stato raggiunto, visto che molte buche sono state chiuse, visto che Virginia Raggi è scampata definitivamente alla Procura di Roma, si incenerisce l’impianto di trattamento dei rifiuti di Via Salaria (telecamere spente il giorno prima!) e spedisce una nube tossica sull’intera Urbe. L’impianto si è autocombusto ad appena 10 gradi centigradi. Nessuna delle sostanze depositate nell’impianto (benzene, acetilene, carta, legno, etano, toluene, eccetera) si autoincendia a meno di 175°, quasi tutte solo tra i 230 e i 560 (dati inconfutabili diffusi da Adriano Colafrancesco. Grazie). E ora le 800 tonnellate di spazzatura assorbite laggiù ogni giorno possono ben finire a celebrare il Natale tra i piedi dei romani, per la gioia della Lega e dei suoi affini in PD e FI. Il ministro Costa, il miglior carabiniere che abbia l’Arma, anche perché era a capo della Guardia Forestale, astutamente abolita da Renzi, ha qualche sospetto.



La risposta la dà il poeta

Adesso voi, che avete vissuto o ricordate a cosa sono serviti Piazza Fontana, l’Italicus, Piazza della Loggia, Bologna, Via Palestro, Via dei Georgofili, Falcone e Borsellino, eccetera, eccetera; voi, che siete rimasti agghiacciati di fronte alle campagne “anti-terrorismo” di cui sopra, dal Bataclan al mercatino di Natale a Berlino e ai gas sparati su bambini a Ghouta Est, ma non per questo vi siete chiamati “Je suis Charlie”, né vi siete bevuti la fola del “terrorista Assad” propalata dai più feroci terroristi della Storia e dai loro mandanti….Voi, adesso, dando uno sguardo anche a cosa viene fatto seguire a questi fatti: divieto di manifestare (stop ai Gilet Gialli), proclamazione di stati d’urgenza o emergenza, poteri senza limiti e impunità ai repressori, ennesimo giro di vita alle espressioni fuori binario, fatevi una domanda e datevi una risposta. 

Tocca a voi, giacchè quella risposta non la troverete né nelle edicole, né sugli schermi. E tenetela per voi, non arrischiatevi su Facebook, se non ve la sentite di essere sotterrati da una valanga di hate speech, con “il manifesto” a strepitare più forte di tutti, che vi qualificano di complottisti, teorici della cospirazione, provocatori, sediziosi, disturbatori della quiete pubblica, colpevoli di schiamazzi molesti. Viviamo in Occidente. Dove la grande stampa tratta l’informazione come si vede dal confronto fatto dal Fatto Quotidiano (spazi per SI TAV, 30mila manifestanti, poi per NO TAV, 70mila). Traetene le conclusioni. Comunque non è mai sbagliato rifarsi a un poeta. Pierpaolo Pasolini, che la sapeva lunghissima, quella risposta se l’era data. Tanti anni fa. L’hanno ammazzato.

Se non ci fosse Wu Ming1, chi ci farebbe capire che siamo sotto Pinochet?
Tale Wu Ming1, che secerne hate speech sui Gialli di governo (i verdi, in tutte le loro salse, sono da sempre considerati o innocui, o contigui; stanno con gli appalti e con Israele, una garanzia)) e qualifica, con competenza di grande storico, questo governo come quello “più a destra di tutta la storia d’Italia” (immagino, dopo l’unità, chè sennò si va a finire a Barbarossa o Domiziano), considerando migliori quelli di Crispi, Bava Beccaris, Mussolini, Tambroni e Andreotti. Con rispetto per questo Wu Ming1, dirò che i gialli d’Italia e i gialli di Francia e i gialli che si agitano un po’ ovunque (Podemos, France Insoumise, Wagenknecht, No Tav e tutti i NO all’esistente di bratta…) sono membri della stessa famiglia. Con vari gradi di parentela, da fratelli a cugini di primo, secondo, terzo grado. Ai nostri potrebbe anche spettare la qualifica di papà, o fratelli maggiori. Sono arrivati primi al governo, anche se, ahinoi, a costo di un’alleanza che, o si sfascia, o si riequilibra, o va tutto a ramengo. E, infatti, se le nostre piazze non si colorano di giallo sfasciacarrozze è perché ancora quel 32,3% del voto antagonista regge, ancora confida nel “suo” governo. Se poi questo delude, andremo a chiedere consiglio in Francia.


Se non fate attenzione, i giornali vi faranno odiare gli oppressi e amare quelli che opprimono.
Notate l’euforica sveltezza con cui giornaloni e televisionone hanno accantonato l’imbarazzante e fastidiosa alterazione dei rapporti di forza verificatosi a Torino sul Tav e, più in grande, nella Francia dove le rivolte di massa interminabili sono patrimonio storico e dunque si susseguono di semestre in semestre (ricordate i ferrovieri e altri dell’anno scorso) e il banchiere preso di mira reagisce con pigolii di autocritica e tonanti minacce di repressione. Colui che il “manifesto” aveva promosso a “leader dei progressisti europei”, in cui tutto l’establishment politico-mediatico aveva salutato, per niente ammaestrato dall’analogo Tony Blair, il nuovo “Santo Patrono d’Europa” (Travaglio), un Macron da ridurre a micron tutto quanto era venuto prima, un Mazinga da spazzar via la feccia populista, ridotto a concedere 100 euro di aumenti salariali, la sospensione degli aumenti di carburanti, gas e luce, un eventuale bonus di fine anno, la defiscalizzazione di straordinari e pensioni sotto i 2000 euro. “Briciole”, ha gridato il 59% dei francesi, confermando il suo appoggio ai Gilet Gialli. 

Se c’è stato tentativo di rompere il fronte giallo tra i “moderati”, cari ai nostri centrosinistri e centrodestri, e i detestati, quasi fascisti, “radicali”, il proposito di far pagare i 10 miliardi dei provvedimenti agli stessi depredati in piazza, combinato con il rifiuto di ristabilire l’ISF, la patrimoniale sui ricchi, confermando a Macron la stigmate rothschildiana e di paladino dei satrapi, dovrebbe aver vanificato la mossa.

Parigi val bene un 3,5%, noi neanche una messa
Mentre da noi la sfrontata disponibilità dei Torquemada UE, di affiancare alla punizione di un governo che, col misero 2,4 di deficit, cerca di fare qualcosa anche per i poveri e per la giustizia, quindi nemico, la benevolenza al governo che, per l’ennesima volta con l’oltre 3%, cerca di tenere a bada i disperati mantenendo i benefit ai ricchi, quindi amico, dovrebbe aver acuito la vista a coloro che avevano individuato nel Berlaymont, palazzo della Commissione, nient’altro che il castello di carta del fraudolento Mago di Oz.

Ti esorcizzo come destra e così sto a posto
Dunque per l’inconfutabile saggio della montagna Wu Ming1, che non differenzia tra giallo e verde e perciò viene glorificato dal “manifesto”, soffriamo il gioco del governo più di destra della nostra storia. Ma, dal momento che il Movimento Cinque Stelle, nel suo insieme, è schierato a sostegno dei Gilet Gialli, insieme a Melenchon e alla Wagenknecht (diversamente dal suo partito, Die Linke, che condivide con il “manifesto” l’orrore per lo spontaneismo apartitico e a-ideologico e la violenza dei Gilet) e che sulle stesse parole d’ordine dei Gilet è stato votato dal 32,3% degli elettori, ne consegue che per Wu Ming1 anche l’insurrezione francese è di estrema destra. Agli esorcisti di autentica sebbene mascherata destra che, come costui, cercano di azzerare quanto sta sorgendo e minaccia di diffondersi in varie forme, comunque “populiste”, in tutta Europa, non resta che l’anatema. 

Mentre tacciono, proprio come Macron, sulla sollevazione degli studenti, unitisi ai Gilet Gialli con l’occupazione di centinaia di scuole e decine di università. Tacciono, mentre Macron, con gli studenti inginocchiati, faccia al muro, mani dietro la testa, nell’irrisione dei robocop all’americana nei ghetti neri, o all’israeliana nei ghetti palestinesi, inaugura quella che molti vaticinano come la soluzione finale al Giallo dei tempi: lo Stato di polizia. L’incredibile violenza di una polizia di regime, pretoriana della créme de la crème, di un Macron che, peggio di Maria Antonietta e delle sue presunte brioches, insieme a Brigitte, indossa un gilet giallo milionario confezionatogli da Vuitton, mentre i suoi sbirri sparano ad altezza d’uomo gas tossici e granate assordanti, fino a uccidere una vecchietta alla finestra.

Richieste di destra che fanno infuriare la sinistra alla Juncker e Macron
E allora vediamo, con una breve selezione dei 40 punti qualificanti delle richieste dei Gilet (pensate l’orda dei disorganizzati plebei ha addirittura concordato un programma), quali sono queste manifestazioni di pensiero destro, quasi fascista. Elenco di richieste meticolosamente ignorato dai media, per i quali si trattava di evidenziare solo una turba di incazzati andati in fissa per una tassa, dopotutto “ecologica”. Una casa per i 200mila senzatetto; paga minima €1.300; sostegno ai negozi di vicinato, basta con i centri commerciali; tasse sui grandi di finanza, digitale, commercio; per i parlamentari stipendio medio francese; pensioni minime a €1.200; salari collegati all’inflazione; contratti a tempo indeterminato; niente interessi sul debito; affrontare le cause dell’emigrazione (e non gli effetti. Cioè bloccare le guerre e le depredazioni e devastazioni multinazionali); permessi di soggiorno da esaminare nei paesi d’origine; tetto per gli affitti; divieto di vendita dei beni pubblici; gas, elettricità e altri servizi essenziali devono tornare pubblici; basta chiusura linee ferroviarie secondarie, ospedali, uffici postali, asili, tribunali; referendum popolare con 700mila firma deve essere approvato dal parlamento; pensione a 60 anni per lavori usuranti; trasporto su ferro anziché su gomma; niente commissioni bancarie su pagamenti con carta di credito; tasse sul gasolio navale e sul kerosene degli aerei.

Far pagare il disastro climatico alle sue vittime
Infine c’è la richiesta di cancellare la cosiddetta ecotassa sui carburanti che, per conto mio, è infelicemente condivisa (ma ora abbandonata) dai 5 Stelle. E’ il classico strumento specchietto delle allodole per far pagare ai soliti una limitatissima conversione alle energie pulite, esonerando le grandi compagnie del fossile che, intanto, se ne fottono di qualsiasi COP 24, 25, 26. Ecotassa diversivo, giacchè ti esime dal potenziare i servizi pubblici, ti costringe ad acquistare nuove automobili, elettriche o ibride che, del resto, sono futuribili, a costi esorbitanti e pure dipendenti dal petrolio, mentre langue del tutto lo sviluppo dell’unica macchina ecologica, quella all’idrogeno. Insomma, è davvero il colmo dell’impudenza: prima ci rifilano macchine che fanno morire noi, i nostri figli, trequarti del mondo animale e l’ecosistema; poi, ad avvelenamento compiuto e forse irreversibile, gli stessi ci minacciano di catastrofe se non paghiamo per la riconversione, mentre continuano a farsi finanziare, in cambio di leggi benevole, dai responsabili del dramma.

Quando certe cose erano di sinistra
Tutto questo programmino risulta più o meno uguale a quello dei 5 Stelle, prima che fossero costretti a governare con il mazziere dei cementificatori e rastrellatore di pessime facce in giro per l’Italia. Un governo per impedire che continuassero a imperversare su di noi le confraternite di Berlusconi e Renzi più gradite a Wu Ming1, a Zoro, al “manifesto”, alla Gruber, a Floris, a tutto il cucuzzaro politico-mediatico italiota. Se non mi inganna la memoria, un programma come questo un tempo era considerato di sinistra. Punta all’uguaglianza togliendo in alto e dando in basso, si preoccupa dell’ambiente, demistifica la retorica colonialista dell’emigrazione, si oppone ai diktat dell’oligarchia europea. Ma forse proprio questo dato, di essere inequivocabilmente progressista, come tutte le insurrezioni dei deprivati contro il sovrano, individuo o classe, da Spartaco a Robespierre, da Zapata al Che e al 1917, è ciò che da fastidio ai “sinistri”. Ce li mostra nudi come vermi.

Avrei sperato di trovare tra i 40 punti qualcosa di netto e chiaro sul militare, le guerre, la Nato impegnata in un genocidio dopo l’altro, il colonialismo francese in Africa e Medioriente. Forse lo si può vedere implicito nella richiesta di rivolgersi alle cause delle migrazioni, in massima parte racchiuse in quel l’interventismo bellico ed economico che parte dalla Libia, passa per la Siria e occupa tutto il Sahel e l’Africa Occidentale, terra d’origine del più alto numero di sradicati. Si poteva essere più decisi e precisi. L’importante, il decisivo è che, attraverso Macron, hanno infastidito un sacco di bella gente, da Juncker su su fino alle varie famiglie Rothschild, la Cupola. E, come diceva quello, nessuno è perfetto. Ma tutti sono perfettibili. Tranne Wu Ming1.