I leghisti votano a favore della Tav. 

https://www.lastampa.it/2018/12/14/italia/i-leghisti-votano-a-favore-della-tav-fallisce-il-blitz-del-ms-in-europa-LvbHlOqpMrJy8f2eWlPeRI/pagina.html

14 dic 18 – La Stampa 

Fallisce il blitz del M5S in Europa

A Strasburgo respinto l’emendamento dei grillini per escludere la Torino-Lione dai finanziamenti Ue

Marco Bresolin Inviato a Strasburgo

Il tentato blitz è andato in scena mercoledì sera, nelle stesse ore in cui l’attenzione mediatica era tutta a Bruxelles per l’incontro tra Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker. A Strasburgo, nell’aula dell’Europarlamento, il Movimento Cinque Stelle ha provato a depennare la Torino-Lione dalle reti di trasporto trans-europee (Ten-T) e di conseguenza dai finanziamenti Ue. Tentativo clamorosamente respinto. Anche dalla Lega, con un voto che fa emergere pure in sede europea la distanza che divide i due partiti di maggioranza sulla questione Tav.

Gli eurodeputati Dario Tamburrano e Rosa D’Amato (M5S) hanno presentato un emendamento per escludere il tunnel di base e le opere per la Torino-Lione dall’elenco delle infrastrutture ferroviarie transfrontaliere che fanno parte del Corridoio Mediterraneo.

L’emendamento è stato accorpato a un altro identico, presentato dalla Sinistra Unitaria e sottoscritto dalle italiane Barbara Spinelli ed Elonora Forenza.

Ma l’esito del voto è stato negativo: soltanto 124 i voti favorevoli.

Lo hanno sostenuto tutti gli eurodeputati M5S, i Verdi, la Sinistra Unitaria, l’ex grillino David Borrelli (ora nei non iscritti) e l’italiana Elly Schlein (Possibile, ex Pd).

Ben più lungo l’elenco dei contrari, che hanno respinto il blitz con 487 voti (9 gli astenuti). Tra questi, tutti gli eurodeputati leghisti, la delegazione di Forza Italia e quella del Pd. «Prima di proporre quale opera finanziare – spiegano i Cinque Stelle D’Amato, Tamburrano e Tiziana Beghin – l’Europa dovrebbe aspettare i risultati dell’analisi costi-benefici, così come sta facendo il governo italiano». I grillini insistono: «Qualsiasi iniziativa presa prima è sterile perché a decidere sarà Roma. Per noi le autostrade del futuro da finanziare sono quelle digitali».

La Tav resta quindi nella lista delle opere Ten-T che fanno parte della «Connecting Europe Facility» (Cef), lo strumento finanziario dell’Ue che permette di sostenere gli investimenti nelle infrastrutture transfrontaliere in ambito ferroviario, energetico e digitale. Nell’attuale bilancio pluriennale dell’Unione (2014-2020), il tasso di co-finanziamento arriva a coprire il 40% dei costi. La Commissione ha proposto di alzarlo fino al 50% nel prossimo bilancio (2021-2027) e il 3 dicembre è arrivato il via libera da parte dei ministri dei Trasporti (l’Europarlamento ha chiesto di destinare 33,5 miliardi all’intera rete Ten-T). Alla riunione c’era anche Danilo Toninelli, che ha dato parere favorevole. Ma il blitz dei suoi compagni di partito, se fosse andato a buon fine, avrebbe di fatto escluso la Tav dai finanziamenti Ue.

Intanto si aspetta ancora l’esito dell’analisi costi-benefici, per questo il governo ha congelato l’avvio delle gare d’appalto. Ma da Bruxelles è arrivato un chiaro avvertimento: in caso di ulteriori ritardi c’è il rischio di rivedere lo schema del «grant agreement», con la possibilità di dirottare quei fondi verso altre opere. Non solo, l’Italia potrebbe essere addirittura chiamata a restituire i soldi già incassati. La Commissione attende sviluppi «nelle prossime settimane».”

Barbara Debernardi ha scritto a Michele Serra una bella lettera

http://www.valsusaoggi.it/marcia-no-tav-la-prof-debernardi-scrive-a-michele-serra-sabato-venga-a-contarci/

Egregio Michele Serra,

poco meno di un mese fa, all’indomani della manifestazione Si Tav di piazza Castello, ho letto la sua “Amaca” domenicale e il Requiem da lei dedicato al Movimento No Tav.

Riporto tre frasi del suo testo, per sintetizzarne il pensiero:

“Vedendo le immagini, misurando la folla ho pensato: i No Tav hanno perso”.

E poi: “Opporsi allo sviluppo non serve a niente, se non si hanno in mente le alternative, se non si è capaci di spiegare alla gente perché bucare le montagne è sbagliato”.

E infine: “La retorica di Davide contro Golia serve a poco (…) Nella realtà novantanove volte su cento vince Golia”.

Alla vigilia dell’8 dicembre e della manifestazione che i No Tav hanno indetto per quella data nella medesima piazza torinese, non già o non solo in risposta a quella di un mese fa, ma in continuità con tutti gli 8 dicembre che il Movimento celebra ormai dal 2005, torno su quel suo articolo per chiederle un gesto di giornalismo autentico.

Perché vede, non credo basti riempire una piazza per vincere, altrimenti in quel caso i No Tav avrebbero vinto da un pezzo.

Così come non credo che la loro ipotetica e da lei presunta sconfitta sia da imputare alla mancanza  di argomentazioni. Il problema sta altrove.

Sta nella impermeabilità della maggioranza dei Media ad ascoltare e a riportare quelle argomentazioni che il Movimento da anni (quasi 30…) grida nel deserto.

E allora, se davvero esistono ancora il diritto e il dovere di cronaca, sabato prossimo venga in piazza Castello.

Venga a contarci (l’unità di misura ci è stata gentilmente suggerita da una delle Signore animatrici della manifestazione Si Tav: 4 persone a metro quadro).

Venga a guardarci negli occhi.

Ma venga soprattutto ad ascoltarci. Perché noi, tutti noi, dalla casalinga allo studente, dal medico all’idraulico, dalla maestra al pensionato, a differenza delle Madamine di un mese fa, abbiamo letto le carte, conosciamo i numeri, siamo in grado di discutere di flussi di transito e di politiche trasportistiche, sappiamo che la “Lisbona-Kiev” non esiste più da un pezzo, abbiamo chiara la differenza tra TAV e TAC, possiamo spiegarle i pericoli dell’amianto e le percentuali di pechblenda (cioè uranio) nascoste nel Massiccio d’Ambin.

Noi sappiamo dirle quanto costa il Tav al metro. E sappiamo anche dirle come più utilmente vorremmo spendere quel metro: in tapparelle delle scuole, in pulizia dei torrenti, in adeguamenti antisismici, in apparecchiature mediche, in piste ciclabili, in cura del territorio…

Come vede il problema non sta nel non avere argomenti. Il problema sta nel non avere persone come lei che abbiano l’onestà intellettuale di porre le domande. E soprattutto di dar spazio alle risposte.

Perché come lei ben sa, è già dura essere Davide, ma se  Il Corriere di Gerusalemme, L’Eco di Israele e la Gazzetta di Sion danno voce solo a Golia, allora vincere per Davide in effetti può essere un po’ più difficile.

Ma, come la storia insegna, non impossibile.

Barbara Debernardi

Valle di Susa, 28 novembre 2018

Riportata su Valsusa Oggi 

“Vite rivoluzionate, ma non lo spirito: puntiamo sempre a sbloccare Torino”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/12/12/news/_vite_rivoluzionate_ma_non_lo_spirito_puntiamo_sempre_a_sbloccare_torino_-214048300/?fbclid=IwAR0loFfGdZwErDFnyxAIILKbXKCq3_aPBRSqJWlTboJ8DF5i2lbL8i0VX5U

Le sette “madamine” un mese dopo la marcia dei 40mila Sì Tav: ora difendiamo l’Europa

di PAOLO GRISERI E MARIACHIARA GIACOSA

 

12 dicembre 2018

 

“Siamo riuscite a smuovere un bel po’ di cose. Non noi, sia chiaro, ma le decine di migliaia di persone che hanno partecipato a quella manifestazione”. E adesso? “Continuare a chiedere quel che i torinesi ci hanno incaricato di ottenere: la Tav, e, più in generale, la crescita della città”. Un nuovo obiettivo? “In fondo è sempre lo stesso: inserire Torino nell’Europa. A Natale regalate ai vostri amici una bandiera europea”.
Le madamine “Sì Tav” arrivano alla redazione di Repubblica Torino per un bilancio della loro esperienza. E per raccontare quali saranno i loro impegni nel nuovo anno. “Abbiamo passato giornate a chiederci come mantenere il carattere civico della nostra impresa”. Siete un movimento? “Per carità non usiamo quella parola”. State per entrare in un partito? “Non ci pensiamo proprio”. Qualcuno ve lo ha proposto? “C’è stata qualche telefonata ma abbiamo cordialmente rifiutato”. Chi c’era dall’altra parte della cornetta? “Una signora non rivela l’identità dei corteggiatori”.
Le madamine sono così. Scherzano con la loro identità di genere. Ma sanno che non sarà facile resistere alle sirene della politica. “La nostra vita in queste quattro settimane è cambiata profondamente”, ammettono. Come è cambiata? “Ci occupiamo del nostro lavoro ormai solo di notte”. Il resto della giornata? “Rispondiamo alle lettere che ci scrivono i partecipanti alla chat, organizziamo incontri, siamo andate anche nelle scuole a raccontare la nostra esperienza”.

"Vite rivoluzionate, ma non lo spirito: puntiamo sempre a sbloccare Torino"

Cinque delle sette madamine in redazione. Da sinistra: Adele Olivero, Patrizia Ghiazza, Simonetta Carbone, Giovanna Giordano Peretti e Roberta Castellina

Il primo problema è come definire il movimento nato il 10 novembre. Siete delle borghesi arrabbiate? “Non consideriamo un insulto essere definite delle borghesi. Se la borghesia è quella parte della città che promuove le imprese e dà lavoro, ben venga la borghesia. Ma noi preferiamo non dare una connotazione sociale. La piazza del 10 novembre era socialmente trasversale. C’erano esponenti di tutte le classi e di tutte le età”.

Così come, in fondo, era trasversale anche la piazza dei No Tav…: “Certo. Ma possiamo dire? Lo diciamo sottovoce, e anche con un po’ di orgoglio: siamo contente del fatto che anche la manifestazione dei No Tav si sia svolta in modo pacifico, almeno negli atteggiamenti. Diciamo che era violenta solo nel linguaggio”.
Ora si tratta di evitare che il consenso si disperda. Non è facile: “Una delle strade è quella di continuare a mantenere in rete un dialogo con chi ha aderito al nostro appello originario. Ci chiedono molte cose. In diversi casi ci criticano, in molti altri approvano.

Qualcuno ci fa dei regali”. Dei regali? “Un quadro dipinto con gli acquerelli, il più recente”.
Basterà continuare a dialogare solo sulla rete? “Certo che non basta. Infatti per protestare siamo andate in piazza, ci siamo fatti vedere tutti insieme. Quella piazza, il fatto che per la prima volta qualcuno si schierasse a favore della Tav dopo anni di manifestazioni contrarie, beh, questa è stata la novità. Così come è stata una novità avere messo insieme per la prima volta 33 associazioni di imprenditori e i sindacati”. E adesso come continuerete? Ci credete all’idea di Salvini di fare un referendum? “Quando c’è una patata bollente la politica tende a non decidere e a scaricare le decisioni sulle spalle dei cittadini. La Tav è un cantiere in corso da tempo, grazie ad un trattato internazionale e a una legge che lo approva. I politici hanno visto le ragioni dei favorevoli e dei contrari. Tra poco avranno anche il risultato dell’analisi costi/benefici. Hanno dunque tutti gli elementi per decidere e prendersi le loro responsabilità”.
Ma non sarà così semplice. E nel frattempo, per non disperdere l’energia della manifestazione di un mese fa bisognerà inventarsi nuove iniziative: “Noi continuiamo a pensare che il principale problema di Torino sia la crescita. Una città bloccata, che ha perso il treno delle Olimpiadi, che rischia di perdere quello delle infrastrutture di collegamento con l’Europa, è una città che non si sviluppa e che non offre opportunità di lavoro. Ecco qual è il tema su cui concentrarsi nei prossimi mesi. Quello di sbloccare Torino, di connetterla al resto d’Europa. Invece anche recentemente è accaduto che abbiamo perso i finanziamenti per ‘Smart City’, 400 milioni di fondi europei che sono finiti a Monaco di Baviera. E che avrebbero invece creato lavoro nei centri di ricerca delle nostre università”.
Le madamine diventeranno partito politico alle prossime elezioni regionali? “Siamo una forza civica, non un partito.
Cercheremo di rimanere un punto di riferimento nel dibattito cittadino”. Ma quanto è faticoso far nascere un’esperienza civica? “Certi giorni smettiamo di vestirci di arancione sperando di non essere riconosciute. Le persone ci vedono nei negozi, ci chiedono, si informano sulla Tav ma anche sulla rotonda di piazza Baldissserra e sulla ztl.
Abbiamo dovuto cambiare la nostra vita ma questa storia ci ha dato una grande carica, sentiamo di essere al centro di un’energia positiva”. L’ultima curiosità è quella sui finanziamenti. Insomma, chi paga il movimento delle madamine? “La risposta è molto semplice: abbiamo pagato noi. Ci siamo tassate e abbiamo raccolto i fondi per la manifestazione. Abbiamo speso 5.500 euro. A questi va aggiunto il volontariato di tanti. E poi chiediamoci anche : i No tav, chi li paga?”.

Verificare se No Tav reagirono arbitrii

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/12/12/verificare-se-no-tav-reagirono-arbitrii_4f8d72e9-bb24-4ca5-a78d-a906cf9f2b07.html

Ermellini nella sentenza che annulla maxiprocesso a 35 imputati

(ANSA) – TORINO, 12 DIC – La Corte d’Appello di Torino deve verificare se, durante la dimostrazione contro il cantiere del Tav in Valle di Susa il 3 luglio 2011, i No Tav reagirono ad “atti arbitrari” dei pubblici poteri. Lo scrive la Cassazione nella sentenza di annullamento del maxiprocesso a 35 imputati. I giudici torinesi, secondo gli ermellini, su questo aspetto non motivarono adeguatamente la loro decisione.
    Il maxiprocesso prendeva in esame lo sgombero, il 27 giugno 2011, del grande presidio No Tav in località Maddalena di Chiomonte, dove oggi sorge il cantiere per un tunnel preliminare della ferrovia ad alta velocità. Su queste circostanze, secondo la Cassazione, la Corte di Appello di Torino ha reso una motivazione adeguata. Il secondo fronte riguarda episodi avvenuti durante la protesta No Tav del 3 luglio successivo. In questo caso i giudici torinesi non si sarebbero espressi con completezza. Il nuovo processo d’appello, da celebrare ancora a Torino, dovrà dare delle risposte.

Legambiente: “Altro che Tav, ecco le priorità per i pendolari”

11 dic 18 

https://www.qualenergia.it/articoli/legambiente-altro-che-tav-ecco-le-priorita-per-i-pendolari/

“Le vere incompiute italiane sono 26 opere, bloccate e senza risorse, che aiuterebbero a migliorare la vita dei pendolari”, la denuncia di Legambiente e i primi dati di Pendolaria 2018.

Altro che autostrade e Tav, le vere incompiute italiane sono 26 opere, bloccate e senza risorse, che aiuterebbero invece a migliorare la vita dei pendolari.

Così Legambiente apre la nota stampa di lancio dei dati della prima analisi fatta sul trasporto pubblico nazionale per l’edizione 2018 del rapporto Pendolaria.

(Rapporto Pendolaria :

https://www.qualenergia.it/wp-content/uploads/2018/12/pendolaria_opere_prioritarie.pdf)

L’associazione si riferisce alle linee di metropolitane e tram e collegamenti ferroviari di cui potrebbero beneficiare oltre 12 milioni di persone “se si investisse in una seria cura del ferro“, spiega l’associazione (vedi immagine di seguito).

In questa prima analisi Legambiente ha evidenziato 4 questioni  principali.

“La prima che abbiamo voluto mettere al centro dell’attenzione quest’anno – scrive Legambiente – è l’incredibile ritardo e assenza di investimenti in cui si trovano tante infrastrutture che renderebbero più veloci e comodi i viaggi di milioni di persone che ogni giorno si spostano per ragioni di lavoro o di studio”.

“Quando si parla di opere incompiute in Italia ci si concentra sempre sulle grandi opere, senza guardare a quelle più urgenti che sono proprio dove è larga parte della domanda di trasporto nel nostro Paese. Dietro le prime ci sono di solito general contractors e grandi imprese, forti interessi in gioco e quindi si prendono tutto lo spazio di attenzione mediatica e politica. Eppure se si va a guardare al territorio italiano e alle città si scopre una realtà molto differente”.

L’associazione ha quindi individuato 26 opere il cui completamento è di evidente enorme utilità per i pendolari, perché interessano un bacino di utenza complessivo che coinvolge oltre 12 milioni di persone.

E il problema è che mancano le risorse per completarle. La cartina e la tabella qui sotto raccontano questa situazione in maniera evidente.

E senza un cambio delle priorità questi interventi non si realizzeranno mai perché nei prossimi anni le risorse andranno a realizzare le solite grandi opere, in particolare autostrade, come è sempre stato in questi anni.

Lo raccontano i dati del Ministero delle Infrastrutture: dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato infatti per il 60% gli investimenti in strade e autostrade.

Emblematici sono i dati degli interventi realizzati durante la scorsa legislatura: 3.900 km tra strade provinciali, regionali e nazionali, 217 km di autostrade, 62,6 km di linee ferroviarie ad Alta Velocità, 58,6 km di metropolitane, 34,5 km di tramvie.

Inoltre sono state sospese o cancellate linee ferroviarie per 205 km.

La seconda questione riguarda i tagli avvenuti al servizio ferroviario regionale in questi anni. La ragione dei disagi che vivono i pendolari ogni giorno sta nel fatto che dal 2009 ad oggi, a fronte di una crescente domanda di trasporto su ferro, perché permette di lasciare l’auto, riducendo stress e spesa delle famiglie, il numero di treni in circolazione sulla rete regionale è diminuito. Complessivamente dal 2010 i tagli sulla rete regionale sono stati pari al 4,7% con un aumento delle tariffe mediamente del 18,5%.

Se si guarda dentro questi tagli, come spesso accade, si scopre che ci sono rilevanti differenze tra le regioni. In particolare i problemi riguardano il Sud, dove fra il 2010 e il 2018 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 33,2% in Molise, al 15,9% in Calabria, al 15,1% in Campania, al 6,9% in Basilicata, al 5,6% in Sicilia.

La terza questione a cui guardare con attenzione riguarda l’età dei treni in circolazione, dove si vedono finalmente segnali positivi, ma prevalentemente al nord e al centro. Comunque il dato generale è sceso a un’età media nazionale, grazie alle immissioni di nuovi convogli di Trenitalia, al valore di 15,4 anni.

La quarta questione è un’analisi dettagliata della situazione che vivono i pendolari delle 10 linee peggiori d’Italia individuate lo scorso anno.

Come si cambia

Per aumentare il numero di treni in circolazione – propone Legambiente – servono risorse e nuove politiche da parte di Governo e Regioni (a cui, ricordiamolo, è stato trasferito la responsabilità in materia di treni locali dal 2000). Si devono dunque individuare subito risorse nella Legge di Bilancio in discussione per rilanciare davvero una cura del ferro nel nostro Paese.

In particolare servono due scelte non più rinviabili: aumentare i treni in circolazione e realizzare le opere indispensabili a rilanciare il trasporto ferroviario per i pendolari.

“Basta con le promesse e i rinvi degli interventi! Non è più ammissibile che un pendolare romano continui a trovare la Roma-Lido in queste condizioni o che si debba circolare a Taranto, ad Agrigento e a Cremona in treni così vecchi e lenti”, conclude l’associazione.

Torino-Lione – Perché l’Italia deve finanziare la Francia?

PresidioEuropa

Movimento No TAV

13 dicembre 2018

www.presidioeuropa.net/blog/?p=18082

Ogni chilometro del tunnel di base di 57,5 km costerebbe 60 milioni di € alla Francia e 280 all’Italia

Torino-Lione – Perché l’Italia deve finanziare la Francia?

Asimmetria dei costi tra Italia e Francia

Il progetto della Torino-Lione prevede una galleria di base di 57,5 chilometri dei quali 45 di proprietà francese e 12,5 di proprietà italiana.

Di fronte alla proprietà del 21% del tunnel, l’Italia dovrebbe pagare circa il 58% di tutti i costi.

Il risultato della “sottomissione” dell’Italia alla Francia è un esborso di risorse pubbliche di oltre € 2,2 miliardi a favore della Francia rispetto ad una divisione dei costi proporzionale ai km di proprietà.

Per essere più chiari, la Francia dovrà investire per ogni chilometro € 60 milioni, mentre l’Italia dovrà investire ben 280 milioni, circa 4,7 volte in più.

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