TAVertice di Lyon: GAMBERI PER COLAZIONE

post 28 settembre 2017 at 13:43
 Gli ottoni lucidi della fanfara rhonalpina accolgono Gentiloni che – riposto l’eskimo che la famiglia  di nobili origini gli aveva procurato nel lontano sessantotto (nel caso avesse vinto “la rivoluzione”) sbarca in terra di Francia nella parte di capo del governo di un paeseamico. Un paese talmente amico che le sue colline le lascia franare non investendo un euro sul dissesto idrogeologico, nascondendo anche quelli raccolti via sms per i terremotati e regalando oltralpe miliardi e posti di lavoro garantiti con l’accordo(?!) Stx/Fincantieri, pagando tre quarti di un improbabile tunnel ferroviario realizzato da una società francese (e per tre quarti nel loro territorio!) e rinviando sine die quel che interessava i poteri davvero forti: la patata bollente Telecom-Bolloré…

Ma a noi (cittadini No Tav) che siamo  notoriamente mono-maniacali (e di quel “dossier” ci riteniamo competenti) interessava capire se si sarebbe sancito lo sblocco della “Grandeopera” Quantomeno di quel che rimane  della mitica Lyonturin, il tunnel di valico:  tre mesi di pressioni sotterranee e convergenti  tra la lobby Rhonalpina e il sistema delle imprese peninsulari era riuscita a scavare una voragine sotto le granitiche certezze del Governomacron? Un esecutivo che appena insediato si è trovato alle prese con un debito (occulto) addirittura più preoccupante di quello italiano e con il conseguente calo verticale di popolarità che le politiche dei tagli lineari hanno generato in Francia come da noi; (e prima ancora che terminasse la lunadimiele con i suoi entusiasti elettori):

Ora i giornali (i nostri e i loro) scrivono quel che vogliono/possono attraverso le grandifirme arruolate,  e i giovani precarizzati e ricattabili. La verità (se esiste) va letta tra le righe dei “Comunicatiufficiali” che – sia pure addomesticati – debbono fare i conti con trattati, atti aggiuntivi e soprattutto postille che (come sa chiunque abbia stipulato una assicurazione) sono sempre “scritte piccole” ma vengono ingrandite con la lente al momento in cui ci si illude di incassare l’indennizzo promesso!

In fondo riportiamo uno degli articoli decisivi dell’accordo (ennesimo) di ieri per comprendere “di cosa stiamo parlando” anzi: “che cosa abbiamo firmato”: lo riportiamo apposta nella sua versione originale in lingua francese, traducendone la sostanza (come si fa quando si è dichiaratamente di parte e non si deve fingere l’imparzialità per compiacere che ti ha fatto assumere alla Rai)…

Bene, a pagina 27 della dichiarazione finale si afferma che, mentre la Francia è ben impegnata nel rispetto dei precedenti accordi solenni*, c’è un fattore che comunque deve essere preso in considerazione nel contesto dello studio di grandi progetti – quello della verifica della sua efficacia ai fini degli obiettivi che ci si è a suo tempo dati. E che la risposta (positiva o no) sarà data all’inizio del 2018. Vale a dire l’ufficializzazione della “pausa di riflessione”. Come capisce chiunque sappia leggere e scrivere (e sia anche intellettualmente onesto, condizione quest’ultima sempre più rara tra i politici di mestiere). E’ possibile trovare il testo originale in francese e la traduzione (con errori!) italiana nei due siti ufficiali dei rispettivi governi:  http://www.elysee.fr/assets/SommetFrancoItalien-FR.pdf :

http://www.governo.it/sites/governo.it/files/dichiarazione_vertice_ITA_FRA_20170927.pdf

Ed ecco – copiati letteralmente – gli obiettivi del governo francese:

Obiettivo 2. Lavorare insieme sui progetti di trasporto transfrontalieri, ribadendo l ‘importanza strategica della sezione transfrontaliera della rete ferroviaria Lyon-Torino, che fa parte delle reti transeuropee dei trasporti e la cui realizzazione si basa su accordi internazionali. Entrambi gli Stati sottolineano che il lavoro preliminare è ora in fase di completamento e che l ‘inizio di ulteriori lavori, in particolare per la costruzione del tunnel di base è in preparazione. La sua dimensione strategica per la Francia, l’Italia e l’Europa, come componente fondamentale

del corridoio mediterraneo delle reti transeuropee e in particolare degli impegni internazionali intrapresi costituiranno un criterio importante nella riflessione della Francia su tutti i suoi principali progetti infrastrutturali e nelle decisioni da prendere dalla Francia al più tardi entro il primo trimestre del 2018 in piena associazione con il governo italiano e la Commissione europea”,

La evidenziazione in neretto è di chi scrive e – sempre a giudizio di chi scrive – va associata ad altri passaggi che possono essere trovati (per chi vuole correttamente e diligentemente  risalire alla fonte) ai link citati. Secondo noi significa più o meno “ Terremo conto di tutto e poi decideremo” (noi, vale a dire loro). E non ci vorrà molto a capire cosa: la pausa di riflessione su tutte le loro grandi opere (e non solo la “Lyonturin”)  che sono una delle principali cause del dissesto finanziario delle casse dell’Eliseo traguarda appunto alla primavera 2018!

Ma il pezzo davvero esilarante (un po’ di comicità involontaria si annida sempre nei documenti scritti in politichesestretto) è qui: “In questo ambito, i due Stati concordano di costituire un gruppo di lavoro tra i due Ministeri, in rapporto con il coordinatore europeo per il corridoio Mediterraneo, con l’obiettivo di fare congiuntamente delle proposte concrete entro la fine dell’anno, esaminando: i) i montaggi economici e finanziari previsti dal lato francese e ii) le conseguenze dell’applicazione della legge italiana dei “lotti costruttivi” nella  sezione transfrontaliera, nella prospettiva della realizzazione del progetto”.

Chiunque abbia letto almeno una volta nella vita un graffiante corsivo di un commentatore politico sa che se si vuole insabbiare una verità scomoda si deve creare una Commissione (possibilmente parlamentare) di inchiesta. Qui la Kommissione leggiamo che sarà ministeriale. E a quelli di noi che (ahimè per anzianità e non solo di servizio) seguono da sempre l’iter ormai trentennale del “progettoaltavelocità” più lento del mondo (ma anche più costoso, se si fa il rapporto tra euro spesi e metri di binario costruiti!) sa che la pietra angolare su cui è stato edificato si chiamava “Commissione Intergovernativa”! Non lo ricorderà nessuno (men che meno Delrio che all’epoca studiava da sindaco nella canonica di Brescello) ma tale commissione ha avuto in dote le meglio teste per “giustificare” la Grandeopera: alla guida del gruppo Economia & Finanza (quello che doveva commissionare una analisi costo-beneficio a prova di bomba H&Nordcoreana) si sono avvicendate menti come quella di Ercoleincalza (quando cadde in disgrazia in seno a TavSpa) e Rainermasera  dopo le disavventure giudiziarie in ImiSanPaolo…Solo per citare due esempi!

Sarà per questo che  sembra che il menù della colazione di lavoro  del Vertice di ieri fosse a base di GAMBERI?

Ma allora la commissione Macrogentiloni che cosa dovrà fare: colmare in un trimestre le lacune (o gli errori) di trent’anni di carte, il cui costo supera ormai il miliardo e la cui qualità è emersa una volta di più nella Conferenza dei Servizi convocata a Roma alla vigilia (sospetta) del Lyonvertice  per tentare maldestramente di approvare la variante del “progetto comune” latoitalia?

Vi sembra un quadro sconfortante? Nessuna preoccupazione. Leggete le veline Telt diffuse da Ansa e veicolate da Stampa&Repubblica  e potrete tornare ai vostri sonni tranquilli in attesa della bolla finanziaria definitiva o della rissa radioattiva tra Trump & Kim.

Borgone Susa 28 settembre 2017 – Claudio Giorno

***

DOCUMENTAZIONE : da http://www.elysee.fr/assets/SommetFrancoItalien-FR.pdf :

Objectif 2.

Conduire ensemble les projets de transport transfrontaliers. Francia e Italia confermano l ‘importanza strategica della sezione transfrontaliera del

La rete ferroviaria Lyon-Torino, che fa parte delle reti transeuropee dei trasporti e la cui

si basa su accordi internazionali. Entrambi gli Stati sottolineano che il lavoro preliminare è

ora in fase di completamento e che l ‘inizio di ulteriori lavori, in particolare per l’

la costruzione del tunnel di base è in preparazione.

La sua dimensione strategica per la Francia, l’Italia e l’Europa, come componente fondamentale

del corridoio mediterraneo delle reti transeuropee e in particolare degli impegni internazionali intrapresi costituiranno un criterio importante nella riflessione della Francia su tutti i suoi principali progetti infrastrutturali e nelle decisioni da prendere dalla Francia al più tardi entro il primo trimestre del 2018,

in piena associazione con il governo italiano e la Commissione europea.

  1. Le Projet de liaison ferroviaire Lyon-Turin

La France et l’Italie confirment l’importance stratégique de la section transfrontalière de la ligne

ferroviaire Lyon-Turin, qui fait partie des réseaux trans-européens de transport et dont la réalisation

repose sur des accords internationaux. Les deux Etats soulignent que les travaux préliminaires sont

désormais en voie d’achèvement et que le lancement des travaux ultérieurs, notamment pour la

réalisation du tunnel de base est en préparation.

Sa dimension stratégique pour la France, l’Italie et l’Europe, en tant que composante fondamentale

du corridor méditerranéen des réseaux trans-européens, et notamment les engagements internationaux pris, constitueront un critère important dans la réflexion que la France mènera à l’égard de l’ensemble de ses grands projets d’infrastructure, et dans les décisions qui seront prises par la France au plus tard au 1er trimestre 2018,

en pleine association avec le Gouvernement italien et la Commission européenne.

***

Nota (*) : Accordi che impongono all’Italia di finanziare la Francia per un importo non inferiore a 1,9 miliardi e ciò nonostante la Francia nicchia!

Terzo valico, “pietre verdi” nel cantiere di Cravasco: sospesi i lavori di scavo

http://www.genova24.it/2017/09/terzo-valico-pietre-verdi-nel-cantiere-cravasco-sospesi-lavori-scavo-186377/

Attivato il protocollo amianto: cantiere chiuso in attesa delle analisi

Campomorone. La presenza di “pietre verdi” è stata riscontrata l fronte di scavo del cantiere di Cravasco con la conseguente immediata sospensione dei lavori. Lo comunica Osservatorio ambientale per il Terzo Valico disposto dal commissario Iolanda Romano.

“Presso il cantiere operativo ligure di Cravasco, grazie ad un apposito sondaggio esplorativo in avanzamento che aveva evidenziato la presenza della vena – si legge nella nota ufficiale – è stata riscontrata la presenza di pietre verdi al fronte di scavo ed è stata disposta l’immediata sospensione dei lavori in attesa dell’esito delle analisi sul campione prelevato. Non sono stati riscontrati valori di fibre di amianto in ambienta di vita, ovvero fuori dal cantiere, superiori alla soglia consentita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di 1 fibra/litro”.

Dall’osservatorio precisano che “il rinvenimento di pietre verdi non implica la presenza di amianto nelle rocce né la presenza di amianto in aria in ambiente di vita ma, come previsto dal Protocollo amianto, comporta l’adozione di un livello di attenzione più elevato e l’attivazione di maggiori controlli”. È quindi immediatamente stato prelevato un campione per verificare la presenza di amianto all’interno della roccia.

Lo smarino scavato nell’ultimo tratto è stato confinato in una apposita vasca, è stato bagnato e coperto per evitare il pericolo di dispersione di polveri, secondo il Protocollo e sotto la supervisione del dipartimento provinciale di Genova di Arpa Liguria.

I dati sono pubblicati sul sito internet dell’Osservatorio Ambientale.

“Nei primi giorni della settimana verranno effettuati nuovi campionamenti da parte dei tecnici Arpal – conclude la nota – per determinare se c’è presenza di amianto nelle pietre verdi e valutare l’eventuale ripresa dello scavo, seguendo gli accorgimenti a tutela dell’ambiente e salute che saranno concordati con Asl e Arpal. Fino ad allora le operazioni di scavo resteranno sospese”.

BUDAPEST DICE NO ALL’INVASIONE

http://www.ilpopulista.it/news/19-Settembre-2017/18567/orban-resisteremo-al-piano-ue-soros-l-ungheria-non-sara-paese-di-immigrati.html#.WcUFsrhN1EQ.facebook

Il Populista

Orbán: “Resisteremo al piano Ue-Soros. L’Ungheria non sarà Paese di immigrati”

“Il progetto di sostituire etnicamente le popolazioni europee è una follia. Anche qui da noi arriverebbe il terrorismo, non sarebbe possibile difendere i confini”

di Redazione

– 19 Settembre 2017 alle 20:39

Orbán: "Resistere al piano Soros. L'Ungheria non sarà mai un Paese di immigrati"

Il premier ungherese Viktor Orbán

“Il Governo magiaro è pronto a difendere il futuro dell’Ungheria cristiana” ha affermato sabato il primo ministro Viktor Orbán, nel Parlamento di Budapest, in occasione del 9° congresso dell’Associazione degli Intellettuali Cristiani. “Dobbiamo imporci contro il progetto di Soros che vuole trasformare i Paesi dell’Europa Centrale in centri di accoglienzamulticulturali per immigrati”.

L’ideologia dei “Paesi per l’immigrazione” è sostenuta dal liberalismo, mentrel’ideologia dei “Paesi contro l’immigrazione” coincide con la sovranità nazionale e con l’insegnamento sociale cristiano, ha spiegato premier. Ha inoltre specificato che l’accoglimento del liberalismo nell’odierna Europa Occidentale “significherebbe semplicemente il suicidio intellettuale e alla fine entro breve tempo anche noi diventeremmo un Paese di immigrati con delle culture miste. Anche da noi arriverebbe il terrorismo, non sarebbe più possibile difendere i confini e al posto degli aiuti alle famiglie, l’importazione di popoli causerebbe una decadenza demografica degli ungheresi”.

“Il progetto di sostituire etnicamente le popolazioni europee con gli immigrati è una follia che nel linguaggio comune viene definita piano Soros, e si tratta di un programma di azione che descrive nei dettagli come e in che modo bisogna trasformare i Paesi dell’Europa centrale – che si oppongono – in Paesi di immigrati” ha detto il capo del governo. Secondo Viktor Orbán “non bisogna aprire crepe nel muro”, ma è necessario resistere fino alle prossime elezioni, perché il governo è pronto a difendere il futuro dell’Ungheria cristiana. “Tutti, anche Bruxelles, devono rassegnarsi ad accettare che noi non saremo mai un Paese di immigrati” ha sottolineato.

Il primo ministro ha spiegato che oggi è ancora tabù nella politica europea dire che esiste una tensione tra i Paesi pro immigrazione e quelli contro l’immigrazione e che la sfida storica dei leader europei è cercare una convivenza tra questi gruppi di Paesi. “Se non ci riescono, allora questa tensione può creare un distacco ancor più forte di quello odierno, un distacco definitivo nella storia della politica europea”. Secondo il punto di vista dell’Ungheria – ha continuato – i Paesi pro immigrazione svolgono una politica estera sbagliata, hanno perso il controllo sui propri confini e senza difendersi da una migrazione dell’epoca moderna hanno scelto una nuovissima direzione di sviluppo.

Orbán ha aggiunto inoltre che in Occidente i diritti civili degli immigrati hanno una priorità maggiore rispetto alla volontà dei cittadini europei che non vogliono farli entrare come clandestini illegali. Secondo il premier magiaro i “Paesi pro immigrazione” costituiscono l’insidia maggiore per i valori europei, perché sono in pericolo la libertà di religione, la parità tra uomini e donne, e anche la lotta contro l’antisemitismo perché degli immigrati nell’Europa Occidentale possiamo dire che “non sono per niente allineati con il popolo dell’Antico Testamento”.

“Noi seguiamo la vecchia legge secondo la quale un Paese senza confini è come un uovo senza guscio – ha detto spiegando che l’Ungheria non dimentica che durante la costruzione del “muro” i tedeschi, gli austriaci e i media occidentali “ci giudicavano con arroganza e a livello mondiale hanno diffuso delle calunnie, che non erano altro che una campagna ordinata a livello centrale, contro il nostro Paese“. Viktor Orbán ha sottolineato: “Il nostro governo vuole un’Ungheria ungherese e un’Europa europea, il che è possibile solo se continueremo ad impegnarci pretendendo un’Ungheria cristiana in un’Europa cristiana, perché solo questo può garantirci un futuro.

Il leader magiaro ha inoltre chiarito il suo punto di vista, secondo il quale nel caso di una migrazione, “i Paesi in difficoltà vanno aiutati là dove sussiste il problema ma non ha senso trasferire i clandestini qui da noi, perché in quel modo ci porteremmo qui anche i problemi”. Ha ricordato che proprio a causa di una sciagurata decisione dei grandi Paesi europei è stata bombardata la Libia che fino ad allora tratteneva l’ondata degli immigrati e anche la Siria è stata rovinata grazie all’intervento occidentale.

Circa i partiti ispirati dal cristianesimo il primo ministro ha detto: “Il compito della politica cristiana non è la difesa del cristianesimo bensì la difesa delle forme di vita umana da esso derivanti, come per esempio la dignità umana, la famiglia, la nazione e le chiese“. Questo rende possibile che i partiti di ispirazione cristiana ottengano più voti del numero dei fedeli nella società. “È una legge millenaria che l’Ungheria non può esistere senza dignità umana, senza famiglie sane, senza forti legami nazionali e senza solidi legami di fede” ha detto, spiegando: “il governo è convinto che ciò che è buono per i cristiani ungheresi sia buono anche per l’Ungheria”.

Per quanto riguarda gli intellettuali cristiani, Viktor Orbán ha detto: “Noi siamo quella parte della società ungherese che si immedesima in ciò che Dio ha creato ed il nostro interesse non è opporci alla volontà del Creatore, ma contrariamente, è nostro dovere osservare i suoi precisi insegnamenti”. Il cristianesimo è l’eredità dell’Europa di cui bisogna fare tesoro – ha detto alla conferenza Péter Erdő Cardinale, Primate, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, sottolineando che quest’eredità può essere sprecata “come fa il discendente stupido con l’eredità preziosa dei nonni”, ma può anche essere rispettata e messa al centro della nostra vita sotto una “nuova luce”.

János Latorcai, vicepresidente del Parlamento, ha chiosato: “L’Ungheria è diventata di nuovo paese di frontiera. La questione dei prossimi decenni sarà se se cadere e affondare nelle onde della migrazione della nuova era, oppure riuscire a costruire delle fortezze che non verranno trasportate dalla corrente”.

(Si ringraziano per la collaborazione András Kovács e Manuela Giovannoni)

Corte dei Conti, scoppia il caso Sabella

http://genova.repubblica.it/cronaca/2017/09/22/news/corte_dei_conti_scoppia_il_caso_sabella-176179819/

Nominato dal governo, ma sotto processo per il G8 del 2001. Lui: “Nessun conflitto di interesse”

di MARCO PREVE

22 settembre 2017
 

La sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti di Genova fra pochi giorni si pronuncerà nei confronti di 28 imputati accusati di un danno erariale da 12 milioni di euro relativo alla prigione lager di Bolzaneto al G8 2001 di Genova. Tra coloro che potrebbero essere condannati c’è anche un noto magistrato che pochi giorni fa è diventato, su espressa indicazione del Governo, consigliere della Corte dei Conti e, per ipotesi, potrebbe essere anche assegnato alla sede che lo sta giudicando. Il 15 di settembre «il Consiglio dei ministri — si legge sul sito governo.it — su proposta del Presidente Paolo Gentiloni » ha nominato «nell’ambito della quota di spettanza governativa» dodici nuovi consiglieri della Corte dei Conti. Fra di loro c’è anche Alfonso Sabella, magistrato attualmente in servizio al tribunale di Napoli ma in passato pm del pool antimafia di Palermo di Gian Carlo Caselli, consulente per gli allora Ds in Commissione parlamentare Mitrokhin, e ancora assessore alla legalità del Comune di Roma durante la giunta del sindaco Ignazio Marino.
Sabella, che nel 2001 era capo dell’Ispettorato del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)è tra gli imputati del processo erariale in cui la procura regionale ha chiesto la condanna dei 28 citati per 12 milioni di euro, 7 per i risarcimenti pagati alle parti offese in sede penale e per le spese legali e altri 5 milioni per il danno di immagine arrecato ai ministeri della Giustiza e dell’Interno. Sabella, assieme all’ex generale Oronzo Doria sono gli unici due imputati archiviati nel giudizio penale. Anche per questo motivo la loro responsabilità è considerata «sussidiaria» rispetto agli altri. Ciò non toglie che l’allora procuratore regionale Ermete Bogetti chiese che «ciascuno dei due responsabili in via sussidiaria deve, dunque rispondere del danno di € 2.160.946,28…. nonché del danno di € 1.548.227,90, corrispondente alla metà del danno all’immagine». Nel decreto di archiviazione penale il gip definì «inadeguato e negligente» il comportamento di Sabella.
L’udienza in Corte a Genova si è svolta l’8 di marzo e si attende la sentenza. Il 5 settembre il consiglio di Presidenza della Corte dei Conti a Roma ha espresso parere favorevole alla sua nomina ufficializzata il 15 settembre. A Genova, la notizia ha suscitato reazioni polemiche. I membri del Comitato Verità e Giustizia si chiedono «come

 

 è possibile che nessuno a Roma si sia accorto del clamoroso conflitto di interesse?».
Alfonso Sabella risponde: «Nessun conflitto quanto all’opportunità lascio a voi il giudizio. Mi sembra che la sentenza non sia stata ancora emessa, io andrò a rimetterci economicamente, e sono stato scelto per le mie competenze in materia di pubblica amministrazione. Dove sarò mandato? Di certo non a Genova, penso che la mia sede sarà a Roma».

PAESE MIO CHE STAI SULLA COLLINA

http://www.notavtorino.org/documenti-14/sasso-stagno-compens-cap2-paesemio-17-9-17.html

Chiomonte e il cantiere Tav

Chiomonte è un Comune che oggi conta circa 900 abitanti, situato in Val di Susa a 750 m. di altitudine.
Da alcuni anni è all’onore delle cronache perché ospita sul proprio territorio il cantiere militarizzato della galleria esplorativa del Tav Torino-Lione. E’ nel 2011 che irrompe su Chiomonte (località La Maddalena, nella valle laterale del torrente Clarea) l’insediamento del cantiere che nel 2005 era risultato impossibile aprire a Venaus per l’opposizione popolare.

 Risorse economiche ed effetti del cantiere Tav

 Collocato in un contesto prevalentemente boschivo, negli anni del secondo dopoguerra il paese ha vissuto l’abbandono delle pur ridotte attività di agricoltura ed allevamento in favore dell’impiego in industrie della valle e del Torinese. A distanza di cinquant’anni molte di quelle stesse aziende hanno già chiuso o sono in profonda crisi.

 Una porzione del territorio chiomontino gode di un’esposizione ed un microclima che consentono, nonostante l’altitudine, la coltura della vite la (definita “eroica” per la gravosità del lavoro nelle vigne di montagna). Si tratta di un’attività che affonda le sue radici in epoca pre-romana, evocata anche nello stemma comunale in cui compaiono due grappoli d’uva; è sempre proseguita nei secoli tra alti e bassi, fino ad una crisi pressoché totale intorno al 1930. Dal 1997 è in atto un tentativo di rilancio dei vini valsusini, tra cui quelli prodotti a Chiomonte: i piccoli volumi di nicchia beneficiano ora della Denominazione di Origine Controllata. 
La presenza del cantiere Tav in val Clarea pesa sulle stagioni della viticoltura, costringendo la cooperativa dei produttori ad abbandonare la cantina sociale sita nell’area militarizzata e, per un lungo periodo, sottoponendo l’accesso quasi quotidiano alle vigne a continui controlli di polizia.

Fin dal tardo 800, ma soprattutto nella seconda metà del 900, Chiomonte, al pari di analoghi paesi montani, è stato sede di villeggiatura estiva per famiglie torinesi: questo tipo di turismo ha costituito nel periodo una significativa risorsa economica per abitanti, commercianti ed albergatori. Il fenomeno è però entrato in crisi irreversibile dopo il 2000; gli sparuti villeggianti sono stati ulteriormente allontanati dalle conseguenze locali del cantiere Tav: tensione sociale, posti di blocco militari, scontri, lacrimogeni…

Una delle poche attrazioni di natura culturale del paese era rappresentata dai resti di un villaggio neolitico costituito da “ripari sotto roccia” con annessa necropoli, sito di importanza europea adiacente al cantiere; dal 2011 l’area è parzialmente inclusa nella zona dichiarata di interesse strategico nazionale, per legge inaccessibile, mentre da anni l’annesso museo è chiuso, dopo essere stato adibito a quartier generale militare e sala di controllo del sistema di sorveglianza.
L’ulteriore danno arrecato dal cantiere al turismo culturale riguarda la Via Francigena, che fin dal Medioevo raggiungeva Chiomonte attraversando proprio quell’area della Val Clarea e che oggi è resa impraticabile da recinzioni e fili spinati.

Nella parte più elevata del territorio comunale, al Pian del Frais, fin dal 1930 si è praticato lo sci; l’accesso degli sportivi da Torino è stato favorito dalla costruzione di una seggiovia, già negli anni 50, collegata alla stazione ferroviaria del paese. Fra alterne fortune e difficoltà di bilancio la stazione di sport invernali, gestita da una famiglia di privati, ha resistito negli anni, pur contando su impianti di risalita modesti e piste adatte più che altro a bambini e principianti. Ha dovuto però chiudere dopo le olimpiadi del 2006 per riaprire poi, ma solo parzialmente, nel 2009-2010; anche perché la crisi economica, intanto, colpiva pesantemente la fascia sociale interessata alle stazioni sciistiche minori.

Le compensazioni promesse da marinaio?

L’operazione di ricollocazione del cantiere Tav da Venaus a Chiomonte è accompagnata da promesse di compensazioni per il Comune, quali la realizzazione della rete di distribuzione capillare del metano in paese e la costruzione di un paravalanghe presso la frazione Ramat. Stranamente Chiomonte era rimasto l’unico paese, tra alta e bassa Val di Susa, a non essere stato raggiunto dal metano; sembra ci volesse, paradossalmente, il danno pluriennale del Tav al territorio affinché il Comune potesse raggiungere dopo vent’anni la parità energetica. In realtà, trascorsi i 6 anni dello scavo geognostico si constata che della rete promessa non c’è (è il caso di dire) ancora un tubo, così come del paravalanghe non c’è un sasso.

Neanche la Démarche grand chantier in salsa piemontese ha premiato significativamente Chiomonte: sono stati risibili i vantaggi avuti da alberghi, ristoranti ed esercizi pubblici in paese per l’arrivo dei lavoratori del cantiere; assai più consistenti le ricadute positive per colleghi di Susa e Bardonecchia, ad esempio, per servizi di catering e soprattutto per l’ospitalità in Hotel delle milizie impegnate nel dominio del territorio.

Non si è dunque passati dalle parole ai fatti: le promesse di opere di accompagnamento e di ricadute positive non sono state mantenute ma nel frattempo (2013), per battere il ferro finché è caldo, si è provveduto a far balenare nuovi miraggi di futuribili opere compensative legate, questa volta, al progetto definitivo della tratta internazionale del Tav. 
La prima promessa è quella di regalare a fine lavori, a vantaggio del Frais, un nuovo svincolo dell’autostrada A32 Torino-Frejus, che va comunque realizzato preliminarmente per esigenze di cantiere: fin dal progetto ciò significa però che l’eventuale rilascio ad utilizzo pubblico non potrà avvenire prima del 2035. Ce la farà ciò che rimane della stazione sciistica ad aspettare tanto?
La seconda è una generica (per non dire vaga) proposta rivolta ai proprietari di case sfitte che dice: ristrutturatele con un mutuo e poi cedetene la gestione ad un ente apposito che vi garantirà di affittarle ai lavoratori del cantiere per tutti gli anni necessari a costruire l’opera.

La nuova maggioranza dell’amministrazione comunale, eletta nel Maggio 2014, non nasconde la sua delusione per il nulla di fatto e la preoccupazione per il futuro del paese e prova anche a stilare, nel 2015, un lungo elenco di richieste.

Le nuove disponibilità mostrate dall’alto, dai decisori del sistema di compensazioni, non paiono però recepire tali richieste, nonostante la prospettiva di ricadute negative della Torino-Lione sul territorio chiomontino sembri aggravarsi ulteriormente a partire dall’autunno 2016, quando inizia a concretizzarsi la proposta di ampliare notevolmente il cantiere esistente per poter scavare da questo sito, anziché da Susa, il tunnel di base. Il pericolo di maggiori impatti si fa più concreto a Luglio dell’anno successivo, quando la proposta si trasforma in variante di progetto: i cittadini sono sempre più preoccupati per la propria salute e qualità della vita, oltre che per il futuro del loro paese già in declino.

Sul terreno di questi timori cresce un’associazione che si ripromette di far arrivare a Chiomonte il massimo possibile delle risorse compensative che saranno stanziate per l’opera. Il suo attuale presidente afferma: “Di certo Chiomonte che da 5 anni subisce le conseguenze di ospitare il cantiere, con quello che accade intorno ad esso e lo dovrà fare per altri 10 e più anni, ha titolo – pressoché unico – e comunque più di ogni altro soggetto a rivendicare i fondi compensativi dell’opera”.
E’ un’associazione privata che contiene personaggi potenti, capaci di muovere finanziamenti e sponsorizzazioni, di fare azioni di lobbying e che pare proprio nasca appositamente per captare e maneggiare fondi destinati al paese: negli anni redige un ambizioso programma (il Progetto Chiomonte 2025) che intende intervenire a 360 gradi su tutte le risorse paesane per aumentarne le potenzialità: vigne, impianti sciistici, case di proprietà.

Un’associazione che, viene da pensare, fa senz’altro comodo agli stessi poteri di erogazione: si chiama Imprend’Oc.

QUANDO NON ESISTE VACCINO

http://ilcorrosivo.blogspot.it/2017/09/quando-non-esiste-vaccino.html

venerdì 22 settembre 2017

Marco Cedolin

Diciamocela tutta, da un governo disposto ad imporre coercitivamente nonostante le proteste, l’inoculazione di dieci vaccini nel corpicino di un bimbo di 6 mesi, ci si aspetterebbe come minimo un’attenzione maniacale a 360 gradi per la salute dei cittadini. Invece al contrario laddove finisce la parola vaccino, con tutto il suo corollario di giri di affari miliardari nelle mani delle case farmaceutiche, sembra finire assai miseramente anche l’interesse del Ministero della Sanità per la salute degli italiani.
In Veneto in modo particolare, ma anche in Piemonte, Lombardia e Toscana, le falde acquifere di zone vastissime sono pesantemente inquinate dai Pfas, sostanze chimiche usate per l’impermeabilizzazione, la cui presenza nel sangue dei ragazzini di 14 anni raggiunge livelli preoccupanti, nonostante il Ministero di cui sopra, impegnato con il morbillo e la scarlattina non si sia mai preoccupato d’individuare una soglia di pericolo per la concentrazione nel sangue di questi veleni….
Il Pfas, composto chimico originato dalla fusione di solfuro di carbonio e acido floridico creato nel 1938, viene usato industrialmente per impermeabilizzare di tutto, dai giacconi agli smartphone, alle padelle, alla carta da pizza, agli sci e le aziende che lo utilizzano sono concentrate nelle regioni summenzionate dove gli scarichi degli impianti chimici vengono riversati nei fiumi ed entarno così nel circolo alimentare.
Dai primi risultati che emergono dai controlli clinici iniziati a gennaio su ragazzi e ragazze di 14 anni residenti nel triangolo dei veleni veneto le concentrazioni di Pfas e Pfoa variano da 70 fino a 300 nanogrammi per grammo e sarebbero senza dubbio preoccupanti, se gli organismi preposti alla tutela della salute avessero dedicato la loro attenzione all’argomento e si fossero premurati di fissare delle soglie limite per questo genere di veleni.
Il governo invece, impegnato nella vaccinazione di massa senza dubbio più redditizia, non solo non si è preoccupato di affrontare i risvolti medici del problema, ma non ha neppure ancora ritenuto necessario mettere a bilancio gli 80 milioni necessari per i primi interventi strutturali sulle reti idriche.
La Regione Veneto, assalita con tempismo quando ventilò di prorogare l’inamissibilità a scuola dei bimbi non vaccinati, ma ignorata bellamente qualora si tratti di affrontare problemi concreti, sta pensando (come ventilato dal governatore Zaia) di emanare in proprio una legge che fissi i limiti nella concentrazione degli inquinanti, dal momento che lunedì scorso il Ministero della Salute (nonostante l’invito a provvedere da parte del ministero dell’Ambiente) ha respinto la proposta di realizzare una direttiva nazionale e un conseguente monitoraggio in tutto il Paese, sostenendo che il problema Pfas sarebbe concentrato solo nelle quattro province di Vicenza, Rovigo, Venezia e Padova, mentre in realtà non è affatto così.
Insomma quando non c’è un vaccino da testare o una multinazionale farmaceutica da compiacere, la salute degli italiani diventa un fattore trascurabile, soprattutto qualora ci siano in gioco gli interessi di altre multinazionali, come la ICIG che ha sede in Lussemburgo e distribuisce veleni in Italia, insabbiandone le conseguenze, con l’aiuto di un governo compiacente.

G7, arrivano anche i No Tav Appendino vola a Madrid

http://lospiffero.com/ls_article.php?id=35591

18:07 Giovedì 21 Settembre 2017 5

Il movimento contro l’alta velocità si salda con antagonisti e centri sociali e annuncia cortei unitari. La sindaca snobba il vertice e lunedì se ne va nella capitale spagnola dove Patrizia Sandretto presenta il suo nuovo centro espositivo

C’è chi dice “no”. E tutti (o quasi) quelli che dicono no sfileranno fianco a fianco contro il G7. Assieme ai no global di Reset G7 (il network di centri sociali e antagonisti di varia estrazioni raccolti nel quartier generale della Cavallerizza) ecco anche i No Tav che annunciano la loro mobilitazione dalla Valsusa. Insomma, quando c’è da contestare i protagonisti sono più o meno sempre gli stessi. E se per anni la battaglia contro l’alta velocità in Valle è stata sposata da soggetti come Askatasuna, ora i valsusini sono pronti a dare manforte ai propri storici alleati. Quel che resta del movimento che si batte  contro la Torino-Lione annuncia che il 29 settembre ci sarà un corteo con partenza dalla stazione ferroviaria di Porta Nuova – che verrà raggiunta in treno – cui prenderanno parte gli attivisti torinesi. Lo spezzone dovrebbe incontrare, lungo il percorso, il contemporaneo corteo degli studenti medi. Il 30 settembre una delegazione si unirà alla manifestazione unitaria della piattaforma Reset G7 che partirà dal quartiere Vallette alla volta di Venaria Reale. La saldatura è avvenuta e questo non potrà che rappresentare un ulteriore campanello d’allarme per le forze dell’ordine. Per i No Tav il vertice internazionale non è che “una tre giorni di banchetti e sfarzo della nostra vicina Torino, sede di partenza dell’assurdo progetto Tav Torino-Lione”, per questo, fanno sapere “non mancheremo, non possiamo mancare”.

E mentre resta ancora top secret il programma degli appuntamenti che Chiara Appendino vorrebbe ridotto all’osso, la sindaca fa sapere che lunedì, all’arrivo delle delegazioni dei ministri di Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Usa e Giappone (oltre naturalmente all’Italia), sarà nientemeno che a Madrid “per alcuni impegni istituzionali”. Secondo quanto risulta allo Spiffero, Appendino – assieme al capo di gabinetto Paolo Giordana – accompagnerà la regina dell’arte subalpina Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, alla presentazione del progetto di un nuovo spazio espositivo (che inaugurerà tra un anno) al Matadero, nell’area del vecchio mattatoio della capitale, in una cerimonia cui parteciperà anche la prima cittadina di Madrid Manuela Carmena. Della missione non si sa molto di più, resta da capire chi resterà a Torino a fare gli onori di casa: magari il vicesindaco Guido Montanari che il lunedì potrebbe stringere la mano ai potenti del mondo dando loro il benvenuto e qualche giorno dopo trovarsi nei cortei che li contestano: “La mia posizione è sempre la stessa – dice allo Spiffero -. Valuterò sul momento se partecipare o meno alle contestazioni”. Suma bin ciapà.   

Pro Natura Alta Valsusa, Alter Vertice stop alla NLTL

“L’uomo è uno stupido. Solo i superbi e i testardi non sanno riconoscere le responsabilità delle scelte politiche” di Papa Bergoglio

 Comunicato Stampa – Pro Natura Alta Valsusa

 stop alla Nuova Linea Torino-Lione

A pochi giorni dalla conclusione del dibattito promosso a  dal titolo  “AlterVertice No Tav Torino Lione”, che ha visto la partecipazione di politici, amministratori, tecnici italiani e francesi, Ospite d’onore , Presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo. La “persona giusta per rendere più incisive le ragioni del no”   in una fase in cui, sull’onda del momentaneo stop francese alla progettazione  della tratta nazionale Chambery-Saint Jean de Maurienne della Torino-Lione, in Francia, Italia ed anche nel Parlamento Europeo hanno ravvivato il dibattito sul futuro dell’emblematica grande opera.
Proprio a Karima Delli è toccato aprire i lavori. E lo ha fatto pronunciando  una frase che ha subito provocato consenso e applausi: “Chiedo ai governi Italiano e Francese una moratoria sulla ferrovia Torino-Lione”. “Noi – ha spiegato la Parlamentare europea – non siamo oppositori: noi siamo propositivi. “La nostra soluzione è utilizzare l’esistenteOggi come oggi – precisa ancora – il progetto della Torino-Lione è vecchio:  non corrisponde più alle necessità di questo momento storico, dove il trasporto merci è calato ed è diventata enormemente importante la questione climatica
 
“Organismi di controllo hanno ribadito a più riprese che è un’aberrazione sia per i costi, che hanno visto i costi dell’opera lievitare dai 12 miliardi iniziali ai 26;  per le complicazioni sanitarie dovute al drenaggio delle acque”. La richiesta di una “MORATORIA” sul Tav proposta da una figura di spicco come Karima Delli Presidente della Commissione Trasporti del Parlamento europeo, è giustificata dalla consapevolezza dichiarata che:  “i Governi di Italia e Francia non possono più portare avanti iniziative faraoniche come questa”. La Delli si dichiara pronta a lavorare con i Ministri di Roma e Parigi alla ricerca di alternative. Una soluzione c’è gia: “utilizzare le linee esistenti”.
, commissario di Governo per la nuova linea ferroviaria, rilascia una dichiarazione all’Ansa, ritenendo che l’Onorevole Delli parli da militante aggiungendo che la sua dichiarazione: “è in contrasto con la politica, con le decisioni e le richieste recenti delle Istituzioni europee”. Aggiunge ancora: “il percorso europeo risulta condiviso e coerente a partire dal libro bianco sui trasporti del 2011 ed alla conseguente decisione, approvata dal Parlamento europeo, di garantire i cambiamenti strutturali che consentano al trasporto ferroviario di competere efficaciemente”.
 
Non è mai facile replicare ad affermazioni che rappresentano l’origine di punti di vista diametralmente opposti. Tuttavia nel farlo cercherò di essere portatore di elementi e dati oggettivi dai quali non si può prescindere.  Con l’attuale legislazione, è possibile iniziare a costruire parti di grandi opere (lotti appunto)anche in assenza della disponibilità finanziaria complessiva. Questo è consentito anche se tali parti non saranno autonomamente in grado di funzionare (ovvero lotti costruttivi ma non funzionali), come nel caso di un troncone di una galleria sotto le montagne.  

Meritano di essere ricordati alcuni titoli dei giornali: 

  •  La Stampa 8 dicembre 1984: “I buldozer e i picconi sono pronti. Attendono solo il via per poter cominciare a scavare per 54 km”.
  • La Stampa 19 dicembre 1984: “L’aspetto più affascinante della linea Torino Lione, sarà il tunnel di 54 km”.
  • La Stampa 17 marzo 2002: “Torino-Lione pronta fine 2013. Tre anni di anticipo sulla tabella di marcia”.
  • La Stampa 23 dicembre 2003 Masera:“Il sogno del supertreno tra Torino e Lione sta diventando realtà”.
Dopo 27 anni di progetti e oltre 1 miliardo di euro spesi, oltre al tunnel esplorativo, non è stato realizzato nemmeno un metro dei 270 chilometri della Torino – Lione costituita dai tre tronconi: la sezione italiana, quella transfrontaliera  e quella francese. L’interesse per quest’opera non è far passare il treno ma realizzare la galleria di 57,4 km sotto le Alpi. 
 
Negli ultimi vent’anni lo scambio di merci tra Italia e Francia ha avuto una discesa costante.
 
Oggi il transito di merci sulla ferrovia della Valle di Susa, è pari a 3/4 mln tonnellate di merci l’anno. Le ferrovie dello Stato hanno stimato la capacità dell’attuale linea esistente e funzionante, da 20 a 32 mln tonnellate annue, pertanto avrebbe un margine di incremento da 6 a 10 volte. La linea è a doppio binario elettrificata e il tunnel del Frejus, tra Bardonecchia-Modane, è stato ampliato con un investimento di centinaia di milioni di euro per consentire il trasporto merci di grande sagoma. A oggi nessun elemento indica una tendenza di crescita dei flussi, ma qualora si verificasse vi sarebbero tutti i margini per gestirlo.
 – Professore ordinario di economia dei trasporti al Politecnico di Milano.
Alla domanda – La TAV in Val di Susa è necessaria per i trasporti tra Italia Francia ?
Marco Ponti – Quella linea sembrerebbe non indispensabile, sicuramente avrebbe una priorità molto bassa rispetto a altri interventi perché i costi sono elevatissimi e il traffico, sempre stando alle cifre ufficiali, molto modesto, tra i traffici più modesti di tutti i valichi italiani delle Alpi.
La verità è che non esiste nessuna spiegazione e giustificazione plausibile che ragionevolmente legittimi la realizzazione di quest’opera. Non sono più accettabili scelte prive di alcuna pianificazione ingegneristica e finanziaria che comportino e continuino a provocare sprechi economici enormi. Premesso che le infrastrutture sono fondamentali per la crescita del paese, potenziare e ammodernare il settore dei trasporti, siano essi stradali, ferroviari, ecc. , significa creare uno sviluppo economico dell’area geografica di riferimento. Tuttavia questi possono essere realizzati solo se il livello di traffico futuro consente di garantire un adeguato ritorno dell’investimento, in termini di analisi di costi-benefici.
 
Sono oltre 600 le opere incompiute censite dal Ministero delle infrastrutture e dalle Regioni. Monumenti allo spreco, esempio di corruzione e malgoverno. 
 
“Sostenere uno spreco di miliardi di euro in opere inutili come il Tav in Valsusa a discapito di opere che davvero sarebbero utili (e l’elenco è lungo), ed ergersi a paladini del lavoro e del benessere dei cittadini, è una forma di ipocrisia che non si può ignorare. Non lo possono ignorare i politici e gli industriali che la dettano, e neppure i giornalisti, nella loro fedeltà spontanea od obbligata, alle linee editoriali. La situazione esasperata che si è venuta a creare in Val di Susa, ha origine proprio dalla sordità e dall’ipocrisia della politica e del l’ informazione, che hanno responsabilità ben precise”. 
 Secondo i tecnici NoTav quando  il Parlamento ha ratificato il trattato italo-francese sulla Nuova Linea Torino-Lione – oggi Legge in Italia come in Francia – lo scorso anno: “i parlamentari furono ingannati”.

Il Movimento Notav lo ha annunciato all’AlterVertice dichiarando di aver inoltrato a Roma un esposto in Procura chiedendo alla magistratura di “svolgere degli accertamenti”. A illustrare i contenuti dell’esposto è stato, docente del Politecnico di Torino e componente della “commissione tecnica” nominata dal Comune di Torino e mutuata dalla Unione Montana Bassa Valle Susa.

Ai parlamentari vennero presentati: “dei dati non veritieri su diverse circostanze, fra cui le analisi dei rapporti costi-benefici”. “Gli onorevoli – è stato detto – sono liberi di votare come credono e persino di farsi ingannare. Ma non si devono ingannare gli elettori”.
 
L’esposto rappresenta la – estrema ratio – per vedere riconosciute, nel rispetto della legge le ragioni di una protesta civile e democratica che ha come obiettivo principale il riconoscimento della Verità!
 
La menzogna è una forma di violenza, il modo in cui l’argomento Tav è stato pubblicamente trattato in questi 27 anni, da chi detiene il potere economico, politico e mediatico in Italia, suscita una riflessione, dinanzi alla quale non si può rimanere indifferenti. L’indifferenza è un privilegio che non ci possiamo permettere. La prima vittima di quest’opera non è la Valle di Susa, è la VERITÀ! Offendendo la verità, si offende la dignità non solo di coloro che conseguiranno un danno sul territorio ambientale, idrogeologico, sanitario permanente, ma di tutti i cittadini che non vengono ritenuti degni di conoscerla e vengono raggirati senza alcun rispetto.
 
Occorre fermarsi ora, non lasciamo che altre risorse finanziarie vengano sottratte alla cura del territorio, alla tutela del patrimonio immobiliare, alla prevenzione del dissesto idrogeologico, interventi di cui il Paese necessita, come il sangue nelle vene di ognuno di noi, al fine di dare concretezza alla retorica dei discorsi che la politica rinnova di fronte a tragedie, che sono cronaca di morte annunciata. Negare questa priorità, rappresenterebbe una colpevole omissione da parte della politica e del governo. 
 
Lo stesso Pontefice –  – ha usato parole forti per richiamare l’attenzione della politica L’uomo è uno stupido. Solo i superbi e i testardi non sanno riconoscere le responsabilità delle scelte politiche.
Pro Natura
Alta Valsusa
Il Presidente

LA GLOBALIZZAZIONE HA FALLITO: SE NE STANNO RENDENDO CONTO TUTTI

http://ilcorrosivo.blogspot.it/2017/09/la-globalizzazione-ha-fallito-se-ne.html

martedì 19 settembre 2017

Marco Cedolin

Tutti quanti in coro, politici, economisti, banchieri ed esperti di ogni risma e colore, hanno cantato per anni la bellezza del processo di globalizzazione mondialista, vantandone le improbabili virtù taumaturgiche e millantando un futuro migliore, senza più confini e diseguaglianze, nel quale l’uomo nuovo avrebbe potuto vivere serenamente, sgravato da tutto il peso dei retaggi del passato.
Hanno continuato a cantare mentre l’opinione pubblica, abbandonati i sogni con cui si era tentato di vestire l’immaginario collettivo, iniziava a prendere coscienza di una realtà fatta di guerra fra poveri, di lavoro precario, di accentramento della ricchezza, di atomizzazione dell’individuo, diperdita dell’identità….

E di fronte a questo stato di cose, prima sommessamente e poi man mano con maggior vigore, iniziava a guardare alla globalizzazione scoprendone il vero volto, costituito dall’appiattimento dell’essere umano e delle sue peculiarità sull’altare di un progresso utile solamente per ingrassare a dismisura le già pingui fatture della piccola élite deputata a gestirla. 
Oggi, dopo avere per molto tempo bollato ogni anelito di protesta ed ogni critica come propaganda populista ed antimoderna, perfino una parte di coloro che gestiscono il potere economico e finanziario sembra prendere coscienza del fatto che la globalizzazione mondialista, benché fosse una strada lastricata di buone intenzioni, ci sta portando laddove sarebbe stato preferibile non andare.

Un recente documento prodotto dalla Banca Mondiale sostiene infatti che la globalizzazione “potrebbe aver portato a un aumento della disuguaglianza dei salari”ed arriva a citare le parole dell’economista premio Nobel Eric Maskin, secondo cui la globalizzazione aumenta la disuguaglianza in quanto aumenta la disparità di competenze dei diversi lavoratori.

L’Ufficio Nazionale di Ricerca Economica (NBER), maggiore organizzazione di ricerca economica degli Stati Uniti, che annovera fra i suoi membri numerosi premi Nobel, ha pubblicato nello scorso mese di maggio un documento nel quale afferma che “le recenti tendenze verso la globalizzazione hanno aumentato la disuguaglianza negli Stati Uniti, aumentando in maniera sproporzionata il reddito dei più ricchi e l’aumento della competizione delle importazioni ha avuto un effetto deleterio sui lavori manifatturieri, ha portato le aziende a migliorare la loro produzione e causato una diminuzione dei redditi dei lavoratori“.
Sempre all’interno dello stesso documento inoltre gli esperti spiegano come la globalizzazione abbia permesso ai dirigenti delle aziende di aumentare considerevolmente l’ammontare dei propri compensi anche nell’eventualità di una cattiva gestione dell’attività, a scapito dei salari di tutti gli altri lavoratori.

All’interno di un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI) viene ribadito come “un alto livello di commercio e flussi finanziari tra i paesi, in parte reso possibile dalle scoperte tecnologiche, sia comunemente ritenuto causa di un aumento della disuguaglianza di reddito”. E come “nelle economie avanzate, la capacità delle aziende di adottare tecnologie per ridurre l’impiego di manodopera e la tendenza a spostare le produzioni all’estero sono state citate come fattori importanti nel declino del settore manifatturiero e nell’aumento del divario di compenso tra le diverse competenze“.
Sottolinea inoltre come i flussi finanziari in aumento, in particolare gli Investimenti Esteri Diretti (IDE), e i flussi di portafoglio, aumentino la disuguaglianza sia nelle economie avanzate, sia nei mercati emergenti“.

In alcuni recenti articoli, redatti da esponenti di spicco della Banca dei Pagamenti Internazionali, è stato sostenutoche la globalizzazione finanziaria stessa rende i cicli di boom e crash molto più frequenti e destabilizzanti di quanto sarebbero altrimenti“.
McKinsey & Company afferma che “anche se la globalizzazione ha ridotto la disuguaglianza tra paesi, l’ha aggravata all’interno dei paesi stessi“.

Branko Milanovic dell’università di New Yorksostiene che “periodi di integrazione globale e progresso tecnologico generino crescenti disuguaglianze” e suggerisce che i sostenitori dell’integrazione economica abbiano sottovalutato i rischi che ampi settori della società si sentissero tagliati fuori.

Il New York Times si domanda se gli esperti non si siano sbagliati riguardo ai benefici del commercio per l’economia americana e se proprio il fallimento della globalizzazione e la conseguente frustrazione degli elettori americani non abbia costituito la chiave di volta che ha favorito l’elezione di Trump alla Casa Bianca.

David Autor dell’Istituto di Tecnologia del Massachusset, David Dorn dell’Università di Zurigo, Gordon Hanson dell’Università di San Diego, insieme a Daron Acemoglu e Brendan Price dell’MIT, hanno stimato che la crescita delle importazioni dalla Cina tra il 1999 e il 2011 (parte del processo di globalizzazione) siacostata 2,4 milioni di posti di lavoro negli USA.
Steve Keen, professore di economia e capo della Scuola di Economia, Storia e Politica all’Università di Kingston a Londra, mette alla berlina il convincimento tanto in voga oggi che la globalizzazione e il libero scambio potrebbero portare benefici a tutti, se solo i vantaggi fossero suddivisi più equamente, bollandolo come una fallacia basata sul nulla. E sostiene che il gioco delle tre carte della globalizzazione sia il prodotto di un ragionamento a tavolino esperito da persone che non hanno mai messo piede in una delle fabbriche che le loro teorie economiche hanno mandato in rovina. 

Un’interessante ricerca dell’Università di Harvard ha messo in luce come la diversificazione e non la specializzazione (pilastro della società globalizzata) sia “l’ingrediente magico” in grado di generare realmente la crescita. Sottolineando come la politica globalizzatrice arricchisca la ricca élite che bazzica i festini di Washington, ma al contempo generi una perdita per il Paese nel suo complesso e per le classi lavoratrici.

Come se non bastasse perfino le grandi multinazionali, vero e proprio emblema della globalizzazione, stanno iniziando a ripensare le proprie politiche e stanno perdendo progressivamente interesse per la strategia globalizzatrice.
Il Reshoring, cioè il riportare le operazioni manifatturiere nelle fabbriche occidentali dai mercati emergenti, sta diventando un’ipotesi valutata sempre più frequentemente, come dimostra il fatto che società quali GE, Whirlpool, Stanley Black & Decker, Peerless e molte altre abbiano riaperto fabbriche in precedenza chiuse o ne abbiano aperte di nuove negli Stati Uniti.

Insomma tutti coloro che da sempre contestano con veemenza il progetto di globalizzazione mondialista, venendo etichettati come visionari populisti, potrebbero ben presto trovarsi in compagnia di buona parte di coloro che li esortavano ad abbracciare il sogno globale che avrebbe reso tutti più ricchi e più felici. Un sogno sempre più simile ad un castello di sabbia che ben presto dovrà fare i conti con la cruda realtà, quella realtà che la maggior parte dei cittadini già sperimentano con angoscia sulle proprie spalle da almeno un paio di decenni. 

Fonte: DolceVita

Vaccino esavalente, ecco il documento “riservato” Glaxo che cita l’autismo

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/28/vaccino-esavalente-documento-riservato-glaxo-cita-lautismo/1238942/

Vaccino esavalente, ecco il documento “riservato” Glaxo che cita l’autismo

SCIENZA

Il Tribunale di Milano ha stabilito che il ministero della Salute dovrà versare un assegno a un bimbo di 9 anni affetto dalla malattia dopo che nel 2006 ipotizzando una correlazione con il farmaco Infanrix Hexa Sk. Ilfattoquotidiano.it ha letto il documento della casa produttrice che cita tutte le possibili reazioni avverse

Fa discutere la sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano che afferma l’esistenza di “un nesso causale” tra il vaccino esavalenteInfanrix Hexa Sk (contro difterite, tetano, poliomelite, epatite b, Haemophilus influenzae di tipo B e pertosse) prodotto da GlaxoSmithKline e l’autismo, e condanna il ministero della Salute (che ha “adottato” questo farmaco) a versare per tutta la vita un assegno bimestrale a un bimbo di nove anni affetto dalla patologia, al quale nel 2006 fu iniettato il vaccino.

La sentenza cita la perizia del medico legale Alberto Tornatore, nominato dal Tribunale milanese, il quale sottolinea che “è probabile, in misura certamente superiore al contrario, che il disturbo autistico del piccolo sia stato causato, o almeno concausato dal vaccino Infranrix Hexa Sk”, e che questo vaccino “mostra una specifica idoneità lesiva per il disturbo autistico”. La relazione del medico legale fa riferimento a “un poderoso documento riservato della GlaxoSmithKline (GSK)”. Un documento “confidenziale rivolto agli enti regolatori”, di 1271 pagine, quasi interamente tabelle, datato 16 dicembre 2011, che IlFattoQuotidiano.it ha avuto modo di analizzare (qui è possibile leggere la versione integrale). Le tabelle mostrano i cosiddetti “eventi avversi dell’Infanrix Hexa Sk”, gli effetti collaterali del vaccino esavalente “emersi nel corso della sperimentazione clinica pre-autorizzazione o successivamente, fra l’ottobre 2009 e lo stesso mese del 2011”. Il perito del Tribunale milanese fa in particolare riferimento a “cinque casi di autismo segnalati durante i trial, ma omessi dall’elenco degli effetti avversi sottoposto alle autorità sanitarie per l’autorizzazione al commercio”.

Il documento della Glaxo è basato su 1.742 referti medici internazionali, provenienti da 41 Paesi, in prevalenza Italia, Germania e Francia, inviati “spontaneamente” nel corso del biennio 2009-2011. Secondo l’indagine, a partire dal 2000, anno di lancio del vaccino esavalente approvato in 92 Paesi, sono state distribuite complessivamente più di 70 milioni di dosi e sono tra 6 e 24 milioni – un numero variabile in base al dosaggio raccomandato – i bambini vaccinati. Il documento presenta, in forma di tabelle, le “reazioni avverse al vaccino” elencate nelle varie relazioni mediche redatte dopo la vaccinazione: 3825 casi differenti di complicazioni mediche, relative a diversi apparati del corpo, come il sistema cardiovascolare, nervoso, respiratorio, o immunitario. Di questi 559 sono considerati più gravi, ma solo 56 sono elencati nel documento ufficiale. Nelle tabelle si fa riferimento anche all’autismo, inserito tra i cosiddetti “disordini mentali”, e ai cinque casi citati dal perito del Tribunale. Il rapporto si conclude affermando che “il profilo beneficio/rischio dell’Infanrix hexa continua a essere favorevole”. Manca, però, una descrizione dettagliata dei casi e della correlazione con l’autismo, malattia che in Italia colpisce circa 600mila persone.

Una correlazione che fa discutere, mai dimostrata scientificamente, tanto da spingere l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ad affermare che “I dati epidemiologici disponibili indicano che non ci sono prove che suggeriscono che qualsiasi vaccino dell’infanzia possa aumentare il rischio di disturbi dello spettro autistico e che, in base a revisioni commissionate dall’Oms, non vi è alcuna associazione tra l’uso di conservanti come il Thimerosal, che contiene etilmercurio nei vaccini e disturbi dello spettro autistico”.

Proprio il mercurio è adesso finito sul banco degli imputati nella sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano. In attesa di nuovi progressi della ricerca, soprattutto sulle cause all’origine della malattia, ancora in parte sconosciute, c’è da giurare che le polemiche non si placheranno. Il ministero della Salute, infatti, contrariamente a quanto circolato inizialmente, ha preannunciato di aver presentato ricorso in appello contro la sentenza milanese, affermando in un comunicato che “sono destituite di ogni fondamento le dichiarazioni attribuite dalla stampa al difensore del ricorrente, secondo cui la sentenza sarebbe ormai passata in giudicato”