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LUNEDÌ 4 SETTEMBRE 2017
Raqqa prima e dopo
Avete udito qualche borbottìo, qualche empito umanitario, qualche invocazione a smetterla di uccidere innocenti, rispetto all’urbicidio in atto a Raqqa? Vi è capitato di vedere, o leggere a proposito dell’olocausto di Raqqa, nei grandi media e nel loro codazzo “di sinistra”, “progressista”, insomma tra gli amici del giaguaro sorosiano, qualcosa di comparabile all’uragano di indignazione, pena, raccapriccio, che costoro hanno scatenato su Aleppo, poi su Mosul, su tutte le città liberate dai “cattivi”, siriani, russi, hezbollah, iraniani, milizie popolari ed esercito nazionale iracheni? E poi sulle Ong costrette ad abbandonare i migranti in mare?
Siete andati a scartabellare tra testate, siti, edicole, talkshow e vi siete dovuti ridurre a rivolgervi, in rete o all’estero, a qualche produttore di quelle fake news che tanto irritano la Boldrini e tutto il cucuzzaro umanitario, per scoprire quella distesa ininterrotta di macerie e di edifici dalle occhiaie vuote che oggi è Raqqa. Per scoprire che per agevolare la conquista di questa città ur-araba, ur-siriana, da parte dei suoi ascari curdi, i bombardieri degli Usa e dei loro sottopanza Nato hanno raso al suolo l’intera città (di Aleppo almeno metà era rimasta in piedi, a dispetto dei “raid a tappeto russi”, o delle oniriche “bombe barile” di Assad). E secondo calcoli non adulterati dagli amanuensi occidentali, ogni giorno, dall’inizio dell’offensiva, hanno centrato centinaia di civili, donne, bambini.
E’ che lì a radere al suolo e a disintegrare erano i buoni e quelli sventrati erano, magari civili, ma pure cattivelli, dato che non stavano con l’Isis, o con Al Qaida, ma a queste avanguardie delle armate curdo-statunitensi si erano addirittura opposti. Non solo. Se questo massacro indiscriminato, finto anti-Isis, con ogni evidenza serve ad allargare, a spese dell’integrità territoriale siriana, il protettorato Usa del Nord-Est siriano (a fianco di quello turco a Nord-Ovest) da affidare al proconsolato curdo (che ancora “il manifesto” maschera da “Forze Democratiche Siriane composte da circassi, drusi, turkmeni, assiri”, Qui Quo Qua e anche qualche curdo), la pervicacia con cui, dopo l’Isis, gli Usa vogliono svuotare Raqqa delle sue genti di oggi e di sempre, ha anche un altro scopo. Quello di cui gioiscono, campano e prosperano proprio i vari “accoglitori senza se e senza ma” del cucuzzaro di cui sopra.
Quello che prima l’Isis e ora gli Usa vanno facendo a Raqqa, uccidendo e, a chi scampa, imponendo la fuga, è quanto alimenta tutta la filiera della Grande Operazione Migranti. In questo caso non migranti da angiporto, campi di pomodoro, aiuole davanti alle stazioni, spaccio e prostituzione, mafia capitale, ma da imprese elettroniche, studi di architetti, corsi di matematica, ingegneria meccanica, ospedali e studi odontoiatrici. Trattasi di siriani, mica di contadini africani cui il land-grabbing di Monsanto ha tolto il campetto di sorgo, o che è stato deportato per far spazio alla diga di Impregilo-Salini. Quelli che vanno benissimo al Nord, al suo bisogno di quadri qualificati, come la Merkel del milione di siriani subito sistemati ci insegna. Alla Germania la borghesia siriana istruita, a noi i disperati dei tucul bruciati dalle milizie cristiane sotto padrinaggio francese in Ciad, buoni per il caporalato di cooperativa.
Che te lo dico a fa’: altra prova che Usa e terroristi sono papà e figli
Che ciò che gli Usa e loro giannizzeri curdi, non per caso santini della setta sorosiana dirittoumanista, femminista, omofila, xenofila, vanno facendo a chi è sopravissuto ai loro predecessori jihadisti, è solo il compimento del lavoro a questi ultimi assegnato, lo dimostra una volta di più, la vicenda della giornalista bulgara Dilyana Gaytandzhieva. Autrice di una esplosiva inchiesta, documentata dalle origini alla conclusione,che rivela come per anni la CIA abbia procurato armi all’Isis e ad Al Qaida occultando sotto copertura diplomatica il trasporto di centinaia di tonnellate di armamenti dall’Azerbaijan, fidato alleato, grazie a una compagnia aerea privata “Silk Way Airlines”, in Araba Saudita, Emirati Arabi e Turchia. Da qui i rifornimenti prendevano la via per le roccaforti jihadiste in Siria e Iraq. Armi il cui percorso la Gaytandzhieva ha saputo tracciare, con tanto di video, dalla partenza all’arrivo e all’uso ad Aleppo. In Turchia la base d’arrivo era quella di Incirlik, massimo centro di comando USA e Nato in Medioriente.
Alla fornitura delle armi la Cia poi aggiungeva l’addestramento dei terroristi al loro uso da parte dei mercenari di una società statunitense di contractors, la Purple Shovel LLC, di cui la giornalista bulgara ha potuto esibire un paio di contratti del valore di 50 milioni di dollari, conclusi con la CIA per questo scopo. L’intera vicenda è stata ripresa dalla tv qatariota Al Jazeera, dopo che, come era da aspettarsi, l’autrice dell’inchiesta era stata interrogata dalla polizia bulgara e, subito dopo, licenziata dal suo giornale “Trud”. La storia è sensazionale, ma non sorprende. Che te lo dico a fa’: a sensazioni di questo genere siamo abituati fin dall’11 settembre delle Torri Gemelle e da tutto il seguito di False Flag che ci hanno dimostrato l’utilizzo del terrorismo come arma-fine-del-mondo da parte di chi si propone, oltreché la fine di un mondo che risparmi solo lui, anche il governo totalitario del mondo che rimane.
Bombe al tritolo e bombe dei buoni sentimenti: stesso bersaglio
La sinergia tra predatori, bombaroli e terroristi, che nel Sud del mondo creano le condizioni (e anche le Ong) per sollecitare la gente che non muore a trasmigrare, costi quel che costi, verso quello che gli viene astutamente prospettato come l’eldorado europeo e, qui da noi, i buoni e caritatevoli che quelle condizioni mistificano facendole apparire ineluttabili, “fenomeno epocale inarrestabile”, guerre e miserie senza padri né madri, è da classificarsi come complicità tra agenti complementari di una stessa strategia criminale. Vale per le Ong di mare e di terra del “nastro trasportatore”. Vale per il papa e Zanotelli. Vale per politici e media di regime che, da un lato, ammantandosi di buonismo solidale, tuonano contro la xenofobia di chi pensa che bisognerebbe regolare i flussi e, dall’altro, ci assordano con una spropositata visibilità data a misfatti di immigrati, (stupri di somali, congolesi e marocchini).
Visibilità tesa a fomentare quel dissesto socio-culturale che la loro accoglienza senza se e senza ma alberga nella sua matrice e nei suoi scopi reconditi.Fenomenale fabbricazione di chi si propone, per la propria governance politica, militare ed economica mondiale, la spoliazione e lo svuotamento dei paesi delle risorse e, contemporaneamente, la riduzione ai minimi termini della capacità di salvaguardarsi e autodeterminarsi dei satelliti europei (specie del Sud).
A questo proposito è interessante scoprire, in tutto il bailamme che i nostri buoni e caritatevoli agitano intorno al “suprematista” Trump e la da lui fomentata risorgenza fascista, che il loro guru, sponsor, riferimento morale e filantropico, George Soros, come costui rischi di essere dichiarato “terrorista interno” da una petizione lanciata su un sito della Casa Bianca e, nel giro di poche ore, firmata da 60mila persone. Altre 30mila e il governo Usa sarà tenuto a fornire una qualche risposta, eventualmente proponendo una mozione in parlamento.
Soros terrorista e i suoi soci del Russiagate
La pratica delle petizioni alla Casa Bianca venne inaugurato nel 2011 sotto Barack Obama con lo scopo di offrire ai cittadini il modo di interagire direttamente con l’Esecutivo. Divertente è che si ritorca contro la banda degli obamian-clintoniani, tutti tesi a far fuori The Donald, mentre ora si trova sotto accusa popolare il loro agit-prop Soros, che della mobilitazione contro il presidente è il massimo organizzatore e ufficiale pagatore. Imbarazzo per lo Stato Profondo golpista anche da un altro episodio rivelatore. Robert Mueller è un ex-direttore dell’FBI, caro a Bush e a Obama, oggi a capo della commissione d’inchiesta sul Russiagate, l’enorme bufalona che vorrebbe marchiare con la firma di Putin la vittoria di Trump (e anche dissimulare le interferenze degli Usa in ogni elezione che si tenga sull’orbe terracqueo) e che, a dispetto dell’impegno di Mueller, di passo in passo rivela la sua patetica inconsistenza.
Chi ha scelto, Robert Mueller, come suo assistente nell’inchiesta Russiagate? Un magistrato di chiara e indiscussa indipendenza, non coinvolto, neanche per un’ombra, con una delle parti in gioco? Come no: il nuovo assistente si chiama Erich Schneiderman (talmudista come Soros e come tutti del giro) ed è il procuratore generale di New York. Non solo, è, guarda caso, anche intimissimo della famiglia Soros. Nell’agosto del 2016, prima delle elezioni presidenziali, in una riunione tra Schneiderman, George Soros e suo figlio Alex, venne deciso che il caro Eric avrebbe accusato Trump di truffa. Cosa che avvenne e che il giovane Soros festeggiò con una foto di loro due su Instagram, nella cui didascalia Alex Soros definisce Trump un truffatore e si congratula con il correligionario per averlo inquisito.
Tale è la limpidezza dei procedimenti giudiziari ai vertici dello Stato Usa. Tale è la potenza dell’ebreo ungherese padrino della flotta Ong. Ne avete sentito un accenno nei media nostrani? No? Neppure nel “manifesto” che, pure, chiama George Soros filantropo. Giusto per non chiamarlo papà.
Il passo falso di Hezbollah e Beirut
Il pezzo finirebbe qui. Ma lasciatemi aggiungere una nota di disappunto. In Siria le cose stanno andando alla grande per quel popolo eroico, per quell’esercito dall’incredibile resilienza e bravura, per gli alleati hezbollah, russi, iraniani, per la causa dei popoli e degli aggrediti di tutto il mondo. Stanno andando benissimo anche per il popolo iracheno che, salvo la colonia israeliana del Kurdistan allargato, con le sue validissime milizie popolari e con i suoi soldati di formazione saddamista, ha potuto riprendersi il paese che i noti avvoltoi avevano destinato allo squartamento. Sta andando bene anche al Libano, dove la fortunata collaborazione tra Hezbollah e l’esercito libanese comandato dal presidente patriota Michel Aoun, è riuscita a liberare le zone di confine, Bekaa e Qalamoun, dall’infestazione Isis e Al Qaida. Tanto da irritare i protettori israeliani di questi carcinomi al punto da pretendere che l’ONU tramutasse il corpo di interposizione UNIFIL in corpo di guardia degli interessi israeliani sul Libano.
Cosa diavolo è venuto in mente a Hezbollah e Beirut, anziché eliminare definitivamente i terroristi, di garantirgli lasciapassare, vita e attività e di spedirli con una colonna di autobus nella provincia di Deir Ez Zor, al confine con l’Iraq, provocando una sconcertata risposta di Al Abadi a Baghdad? Regalando al mercenariato di Usa-Nato-Golfo non solo la possibilità di rientrare nell’Iraq liberato, ma, soprattutto, di andare a rafforzare i compari che da 4 anni assediano Deir Ez Zor, proprio quando l’esercito siriano stava per raggiungerla e liberare una popolazione e una guarnigione tanto eroica quanto stremata.
Verso Deir Ez Zor
Ora gli Usa sembra stiano bloccando la colonna dei 300 jihadisti con famiglie a metà strada. Ma non è che ce l’abbiano con loro e si curino di proteggere l’Iraq o Deir Ez Zor. La preoccupazione è un’altra. E’ ormai deciso che il vecchio corpo di spedizione surrogato di Isis e Al Qaida vada resettato in terrorismo urbano, ove ciò serva ad alimentare lo scontro di civiltà e a costruire con la paura e relativa repressione Stati di polizia. Gli spazi territoriali un tempo affidati al jihadismo, ora spettano ai curdi, più affidabili, meno sputtanati di una truppa di ascari di cui ormai anche le pietre sanno che sono amerikani , garanti istituzionali della frantumazione degli Stati arabi in questione. E amorevolmente sostenuti come campioni di democrazia partecipativa dal cucuzzaro di cui qualche capoverso prima.
Partecipativa con chi?
Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:21