IL NESSO RAQQA-STUPRI DI RIMINI. RAQQA, DA USA-ISIS A USA-CURDI: IL TURNOVER DEI TERRORISTI. SCAZZO TRA BAGHDAD E BEIRUT

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MONDOCANE

LUNEDÌ 4 SETTEMBRE 2017

 

 Raqqa prima e dopo

Avete udito qualche borbottìo, qualche empito umanitario, qualche invocazione a smetterla di uccidere innocenti,  rispetto all’urbicidio in atto a Raqqa? Vi è capitato di vedere, o leggere a proposito dell’olocausto di Raqqa, nei grandi media e nel loro codazzo “di sinistra”, “progressista”, insomma tra gli amici del giaguaro sorosiano, qualcosa di comparabile all’uragano di indignazione, pena, raccapriccio, che costoro hanno scatenato su Aleppo, poi su Mosul, su tutte le città liberate dai “cattivi”, siriani, russi, hezbollah, iraniani, milizie popolari ed esercito nazionale iracheni?  E poi sulle Ong costrette ad abbandonare i migranti in mare?

Siete andati a scartabellare tra testate, siti, edicole, talkshow e vi siete dovuti ridurre a rivolgervi, in rete o all’estero, a qualche produttore di quelle fake news che tanto irritano la Boldrini e tutto il cucuzzaro umanitario,  per scoprire quella distesa ininterrotta di macerie e di edifici dalle occhiaie vuote che oggi è Raqqa. Per scoprire che per agevolare la conquista di questa città ur-araba, ur-siriana, da parte dei suoi ascari curdi,  i bombardieri degli Usa e dei loro sottopanza Nato hanno raso al suolo l’intera città (di Aleppo almeno metà era rimasta in piedi, a dispetto dei “raid a tappeto russi”, o delle oniriche “bombe barile” di Assad). E secondo calcoli non adulterati dagli amanuensi occidentali, ogni giorno, dall’inizio dell’offensiva, hanno centrato  centinaia di civili, donne, bambini.

E’ che lì a radere al suolo e a disintegrare erano i buoni e quelli sventrati erano, magari civili, ma pure cattivelli, dato che non stavano con l’Isis, o con Al Qaida, ma a queste avanguardie delle armate curdo-statunitensi  si erano addirittura opposti. Non solo. Se questo massacro indiscriminato, finto anti-Isis, con ogni evidenza serve ad allargare, a spese dell’integrità territoriale siriana, il protettorato Usa del Nord-Est siriano (a fianco di quello turco a Nord-Ovest) da affidare al proconsolato curdo (che ancora “il manifesto” maschera da “Forze Democratiche Siriane composte da circassi, drusi, turkmeni, assiri”, Qui Quo Qua e anche qualche curdo), la pervicacia con cui, dopo l’Isis, gli Usa vogliono svuotare Raqqa delle sue genti di oggi e di sempre, ha anche un altro scopo. Quello di cui gioiscono, campano e prosperano proprio i vari “accoglitori senza se e senza ma” del cucuzzaro di cui sopra.

Quello che prima l’Isis e ora gli Usa vanno facendo a Raqqa, uccidendo e, a chi scampa, imponendo la fuga, è quanto alimenta tutta la filiera della Grande Operazione Migranti. In questo caso non migranti  da angiporto, campi di pomodoro, aiuole davanti alle stazioni, spaccio e prostituzione, mafia capitale, ma da imprese elettroniche, studi di architetti, corsi di matematica, ingegneria meccanica, ospedali e studi odontoiatrici. Trattasi di siriani, mica di contadini africani cui il land-grabbing di Monsanto ha tolto il campetto di sorgo, o che è stato deportato per far spazio  alla diga di Impregilo-Salini.  Quelli che vanno benissimo al Nord,  al suo bisogno di quadri qualificati, come la Merkel del milione di siriani subito sistemati ci insegna. Alla Germania la borghesia siriana istruita, a noi i disperati dei tucul bruciati dalle milizie cristiane sotto padrinaggio francese in Ciad, buoni per il caporalato di cooperativa.

Che te lo dico a fa’: altra prova che Usa e terroristi sono papà e figli

Che ciò che gli Usa e loro giannizzeri curdi, non per caso santini della setta sorosiana dirittoumanista, femminista, omofila, xenofila, vanno facendo a chi è sopravissuto ai loro predecessori jihadisti, è solo il compimento del lavoro a questi ultimi assegnato, lo dimostra una volta di più, la vicenda della giornalista bulgara Dilyana Gaytandzhieva. Autrice di una esplosiva inchiesta, documentata dalle origini alla conclusione,che rivela come per anni la CIA abbia procurato armi all’Isis e ad Al Qaida occultando sotto copertura diplomatica il trasporto di centinaia di tonnellate di armamenti dall’Azerbaijan, fidato alleato, grazie a una compagnia aerea privata “Silk Way Airlines”, in Araba Saudita, Emirati Arabi e Turchia. Da qui i rifornimenti prendevano la via per le roccaforti jihadiste in Siria e Iraq. Armi il cui percorso la Gaytandzhieva ha saputo tracciare, con tanto di video, dalla partenza all’arrivo e all’uso ad Aleppo. In Turchia la base d’arrivo era quella di Incirlik, massimo centro di comando USA e Nato in Medioriente.

Alla fornitura  delle armi la Cia poi aggiungeva l’addestramento dei terroristi al loro uso da parte dei mercenari di una società statunitense di contractors, la Purple Shovel LLC, di cui la giornalista bulgara ha potuto esibire un paio di contratti del valore di 50 milioni di dollari, conclusi con la CIA per questo scopo. L’intera vicenda è stata ripresa dalla tv qatariota Al Jazeera, dopo che, come era da aspettarsi, l’autrice dell’inchiesta era stata interrogata dalla polizia bulgara e, subito dopo, licenziata dal suo giornale “Trud”. La storia è sensazionale, ma non sorprende. Che te lo dico a fa’:  a sensazioni di questo genere siamo abituati fin dall’11 settembre delle Torri Gemelle e da tutto il seguito di False Flag  che  ci hanno dimostrato l’utilizzo del terrorismo come arma-fine-del-mondo da parte di chi si propone, oltreché la fine di un mondo che risparmi solo lui, anche il governo totalitario del mondo che rimane.

Bombe al tritolo e bombe dei buoni sentimenti: stesso bersaglio

La sinergia tra predatori, bombaroli e terroristi, che nel Sud del mondo creano le condizioni (e anche le Ong) per sollecitare la gente che non muore a trasmigrare, costi quel che costi, verso quello che gli viene astutamente prospettato come l’eldorado europeo e, qui da noi, i buoni e caritatevoli che quelle condizioni mistificano facendole apparire ineluttabili, “fenomeno epocale inarrestabile”, guerre e miserie senza padri né madri, è da classificarsi come complicità tra agenti complementari di una stessa strategia criminale. Vale per le Ong di mare e di terra del “nastro trasportatore”. Vale per il papa e Zanotelli. Vale per politici e media di regime che, da un lato, ammantandosi di buonismo solidale, tuonano contro la xenofobia di chi pensa che bisognerebbe regolare i flussi e, dall’altro, ci assordano con  una spropositata visibilità data a misfatti di immigrati, (stupri di somali, congolesi e marocchini).

Visibilità tesa a fomentare quel dissesto socio-culturale che la loro accoglienza senza se e senza ma alberga nella sua matrice e nei suoi scopi reconditi.Fenomenale fabbricazione di chi si propone, per la propria governance politica, militare ed economica mondiale, la spoliazione e lo svuotamento dei paesi delle risorse e, contemporaneamente, la riduzione ai minimi termini della capacità di salvaguardarsi e autodeterminarsi dei satelliti europei (specie del Sud).

A questo proposito è interessante scoprire, in tutto il bailamme che i nostri buoni e caritatevoli agitano intorno al “suprematista” Trump e la da lui fomentata risorgenza fascista, che il loro guru, sponsor, riferimento morale e filantropico, George Soros, come costui rischi di essere dichiarato “terrorista interno” da una petizione lanciata su un sito della Casa Bianca e, nel giro di poche ore, firmata da 60mila persone. Altre 30mila e il governo Usa sarà tenuto a fornire una qualche risposta, eventualmente proponendo una mozione in parlamento.

Soros terrorista e i suoi soci del Russiagate

La pratica delle petizioni alla Casa Bianca venne inaugurato nel 2011 sotto Barack Obama con lo scopo di offrire ai cittadini il modo di interagire direttamente con l’Esecutivo. Divertente è che si ritorca contro la banda degli obamian-clintoniani, tutti tesi a far fuori The Donald, mentre ora si trova sotto accusa popolare il loro agit-prop Soros, che della mobilitazione contro il presidente è il massimo organizzatore e ufficiale pagatore. Imbarazzo per lo Stato Profondo golpista anche da un altro episodio rivelatore. Robert Mueller è un ex-direttore dell’FBI, caro a Bush e a Obama, oggi a capo della commissione d’inchiesta sul Russiagate, l’enorme bufalona che vorrebbe marchiare con la firma di Putin la vittoria di Trump (e anche dissimulare le interferenze degli Usa in ogni elezione che si tenga sull’orbe terracqueo) e che, a dispetto dell’impegno di Mueller, di passo in passo rivela la sua patetica inconsistenza.

Chi ha scelto, Robert Mueller,  come suo assistente nell’inchiesta Russiagate? Un magistrato di chiara e indiscussa indipendenza, non coinvolto, neanche per un’ombra, con una delle parti in gioco? Come no: il nuovo assistente si chiama Erich Schneiderman (talmudista come Soros e come tutti del giro) ed è il procuratore generale di New York. Non solo, è, guarda caso, anche intimissimo della famiglia Soros. Nell’agosto del 2016, prima delle elezioni presidenziali, in una riunione tra Schneiderman, George Soros e suo figlio Alex, venne deciso che il caro Eric avrebbe accusato Trump di truffa. Cosa che avvenne e che il giovane Soros festeggiò con una foto di loro due su Instagram, nella cui didascalia Alex Soros definisce Trump un truffatore e si congratula con il correligionario per averlo inquisito.

Tale è la limpidezza dei procedimenti giudiziari ai vertici dello Stato Usa. Tale è la potenza dell’ebreo ungherese padrino della flotta Ong. Ne avete sentito un accenno nei media nostrani? No? Neppure nel “manifesto” che, pure, chiama George Soros filantropo. Giusto per non chiamarlo papà.

Il passo falso di Hezbollah e Beirut

Il pezzo finirebbe qui. Ma lasciatemi aggiungere una nota di disappunto. In Siria le cose stanno andando alla grande per quel popolo eroico, per quell’esercito dall’incredibile resilienza e bravura, per gli alleati hezbollah, russi, iraniani, per la causa dei popoli e degli aggrediti di tutto il mondo. Stanno andando benissimo anche per il popolo iracheno che, salvo la colonia israeliana del Kurdistan allargato, con le sue validissime milizie popolari e con i suoi soldati di formazione saddamista, ha potuto riprendersi il paese che i noti avvoltoi avevano destinato allo squartamento. Sta andando bene anche al Libano, dove la fortunata collaborazione tra Hezbollah e l’esercito libanese comandato dal presidente patriota Michel  Aoun, è riuscita a liberare le zone di confine, Bekaa e Qalamoun, dall’infestazione Isis e Al Qaida. Tanto da irritare i protettori israeliani di questi carcinomi al punto da pretendere che l’ONU tramutasse il corpo di interposizione UNIFIL in corpo di guardia degli interessi israeliani sul Libano.

Cosa diavolo è venuto in mente a Hezbollah e Beirut, anziché eliminare definitivamente i terroristi, di garantirgli lasciapassare, vita e attività e di spedirli con una colonna di autobus nella provincia di Deir Ez Zor, al confine con l’Iraq, provocando una sconcertata risposta di Al Abadi a Baghdad? Regalando al mercenariato di Usa-Nato-Golfo non solo la possibilità di rientrare nell’Iraq liberato, ma, soprattutto, di andare a rafforzare i compari che da 4 anni assediano Deir Ez Zor, proprio quando l’esercito siriano stava per raggiungerla e liberare una popolazione e una guarnigione tanto eroica quanto stremata.

Verso Deir Ez Zor

Ora gli Usa sembra stiano bloccando la colonna dei 300 jihadisti con famiglie a metà strada. Ma non è che ce l’abbiano con loro e si curino di proteggere l’Iraq o Deir Ez Zor. La preoccupazione è un’altra. E’ ormai deciso che il vecchio corpo di spedizione surrogato di Isis e Al Qaida vada resettato in terrorismo urbano, ove ciò serva ad alimentare lo scontro di civiltà e a costruire con la paura e relativa repressione Stati di polizia. Gli spazi territoriali un tempo affidati al jihadismo, ora spettano ai curdi, più affidabili, meno sputtanati di una truppa di ascari di cui ormai anche le pietre sanno che sono amerikani , garanti istituzionali della frantumazione degli Stati arabi in questione. E amorevolmente sostenuti come campioni di democrazia partecipativa dal cucuzzaro di cui qualche capoverso prima.

Partecipativa con chi?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:21

GEOPOLITIQUE DE LA DISSUASION NUCLEAIRE NORD-COREENNE (SUR PRESS TV, IRAN)

# PCN-TV/ LUC MICHEL:

PCN-TV/

LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN)

DANS ‘REPORTAGE’ (3 SEPT. 2017) :

GEOPOLITIQUE DE LA DISSUASION NUCLEAIRE NORD-COREENNE.

LA CRISE COREENNE, LE CONTEXTE GEOPOLITIQUE REGIONAL ET MONDIAL ET LE DOSSIER DE LA BOMBE DE PYONG-YANG sur https://vimeo.com/232379285

PCN-TV - LM geopol bombe rpdc (2017 09 03) FR

PRESS TV, la télévision iranienne internationale francophone, interroge le géopoliticien Luc MICHEL …

PRESS TV :

« La Corée du Nord a annoncé ce dimanche 3 septembre avoir mené un essai souterrain d’une bombe à hydrogène destinée à être montée sur un missile à longue portée.

Cet essai, le sixième mené par la Corée du Nord depuis 2006, a été ordonné par le dirigeant Kim Jong-un, peu après l’annonce officielle que Pyongyang était parvenu à développer une nouvelle arme nucléaire dotée d’une « grande capacité destructrice », précise la télévision. Pékin a « condamné vigoureusement » ce test, tout en exhortant Pyongyang à « cesser d’aggraver la situation » avec des « actes qui ne servent pas ses intérêts ».

Cette nouvelle escalade de la crise dans la péninsule coréenne fait suite à des provocations américaines à l’encontre de Pyongyang, qui se sont traduites surtout par des menaces de guerre, la multiplication des manœuvres militaires conjointes avec la Corée du Sud ou encore l’installation de batteries de missiles Patriot au Japon et en Corée du Sud. Mais pourquoi ne cesse-t-on pas d’accuser Kim Jong-un ? Que cherchent les USA à travers ces menaces ?

Luc Michel, géopoliticien, nous répond.» _______________

# PCN-TV

https://vimeo.com/pcntv

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* FaceBook : Allez ‘liker’ la Page officielle de pcn-tv !

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* YouTube :

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DANS ‘REPORTAGE’ (4 SEPT. 2017): LA NOUVELLE FRANCAFRIQUE 2.0 DE MACRON. PARIS CONTRE-ATTAQUE EN AFRIQUE …

# LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN)/

PCN-TV/ 2017 09 04/

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PRESS TV, la télévision iranienne internationale francophone, interroge le géopoliticien Luc MICHEL …

PRESS TV :

«Lors de son discours de mardi dernier, Emmanuel Macron a officialisé le Conseil présidentiel pour l’Afrique. Promesse de campagne, ce groupe de travail est selon le président français destiné à mieux identifier les défis auxquels est confronté le continent.

Luc Michel, géopoliticien, analyse le sujet.»

LUC MICHEL :

PARTANT DU NOUVEAU « CONSEIL PRESIDENTIEL POUR L’AFRIQUE », UN COUP DE PROJECTEUR SUR LES RESEAUX, LES HOMMES, LES PARRAINS ET LES THEORICIENS DE LA « NOUVELLE FRANCAFRIQUE 2.0 » DE MACRON, LE PROJET DU NOUVEAU PRESIDENT FRANÇAIS POUR L’AFRIQUE …

* Paris à la contre-offensive en Afrique !

* Donner l’impression de faire du neuf en Afrique avec la vieille Françafrique.

* Combattre la présence chinoise, économique et géopolitique, sur le Continent.

* Rester le « gendarme de l’Afrique » (en accord avec l’Africom et Berlin).

* Maintenir le Franc CFA et l’étendre à toute la zone CEDEAO, étendue au Maroc …

Dans ‘REPORTAGE. L’INTERVIEW’,

PRESS TV (Iran) interroge Luc Michel, géopoliticien …

* Emission complète sur PCN-TV :

Emission « Reportage » : La nouvelle Françafrique de Macron sur http://www.presstv.com/DetailFr/2017/09/04/533987/La-nouvelle-Francafrique-de-Macron

_______________

# PCN-TV

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VERS UNE INTERVENTION RUSSE AU MALI ? (DANS ‘LIGNE ROUGE’ SUR AFRIQUE MEDIA)

PANAFRICOM-TV/ GEOPOLITIQUE/

LUC MICHEL :

VERS UNE INTERVENTION RUSSE AU MALI ?

sur https://vimeo.com/232257888

PANAF-TV - LM russie au malil (2017 09 01) FR

Luc MICHEL,

Dans LIGNE ROUGE

Sur AFRIQUE MEDIA

THEME DE L’EMISSION :

« MALI, UN GROUPE DE PATRIOTES MALIEN SOUMET UNE PETITION POUR L’IMPLICATION MILITAIRE RUSSE DANS LE PAYS »

Alors qu’Emmanuel Macron détermine les grandes lignes de sa politique étrangère, faisant de la lutte contre le terrorisme la première des priorités officiellement proclamées, en particulier en Afrique, les patriotes du Mali, soucieux de la sécurité dans leur pays, tournent leurs regards vers la Russie. Le « Groupement des patriotes du Mali », une association de la société civile, déclare avoir soumis plusieurs millions de signatures dans le cadre d’une pétition à l’ambassade de Russie à Bamako, annonce la BBC. Cette initiative vise à solliciter l’appui militaire de la Russie dans un contexte d’insécurité grandissante dans le nord et le centre du Mali. Le groupement des patriotes du Mali estime que l’insécurité qui prévaut dans le pays perdurera tant que l’armée malienne ne sera pas bien formée et dotée d’un matériel adéquat.

Le Dr Djibril Maiga, vice-président du groupement des patriotes du Mali estime que les forces présentes ne soutiennent pas assez efficacement le pays.

La semaine dernière, le ministre malien de la défense, Tiénan Coulibaly, a participé au forum international militaro-technique de Moscou. « Nous espérons que la Russie participe au renforcement de l’armée au Mali. La Russie est un grand champion dans la lutte contre le terrorisme, nous espérons qu’elle va faire davantage dans la lutte anti-terroriste au Mali et au Sahel », a déclaré M. Coulibaly cité par la BBC.

Bien que les djihadistes aient été en grande partie « chassés par une intervention militaire internationale » lancée en janvier 2013 à l’initiative de la France, des zones entières échappent encore au contrôle des forces maliennes, françaises et de l’Onu, régulièrement visées par des attaques, malgré la signature de l’accord de paix. Depuis 2015, ces attaques se sont étendues au centre et au sud et le phénomène gagne les pays voisins.

LUC MICHEL :

VERS UNE INTERVENTION RUSSE AU MALI ?

UNE REPONSE A L’ECHEC DE LA FRANCE ET DE L’ONU AU MALI !

VINGT ANS D’EXPERIENCE RUSSE CONTRE LES DJIHADISTES AU SERVICE DE L’AFRIQUE …

« Nous espérons que la Russie participe au renforcement de l’armée au Mali. La Russie est un grand champion dans la lutte contre le terrorisme, nous espérons qu’elle va faire davantage dans la lutte anti-terroriste au Mali et au Sahel »

– Tiénan Coulibaly, ministre malien de la Défense (en visite à Moscou, cité par la BBC).

Le géopoliticien Luc MICHEL traite notamment les thèmes suivants :

* Nous allons au Mali. Où tous les regards semblent tourner vers Moscou. Une pétition demande une intervention russe et le ministre de la Défense malien a tenu le même appel à Moscou même ?

* Une des raisons de la nécessité d’une intervention russe au Mali ce sont les échecs répétés de l’ONU et de l’Armée française. Vous parlez vous « de lourdes responsabilités franco-occidentales et onusiennes dans le chaos malin » ? Mais quelles sont ces responsabilités ???

* Venons-en à la Russie au Mali et plus généralement en Afrique. Quelle expérience et quelles réussites Moscou apporte-t-elle avec elle dans le combat contre les Djihadismes. Vous parlez de 20 ans d’expériences réussies russes, sans oublier la décennie soviétique en Afghanistan (que vous qualifiez de « combat précurseur ») ?

Images EODE-TV (Bruxelles)

Multiplex avec Douala-Malabo

Emission LIGNE ROUGLE du 1er septembre 2017 Sur AFRIQUE MEDIA

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EODE ORGANISATION …

# EODE-TV :

* EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

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# ЕВРАЗИЙСКИЙ СОВЕТ ЗА ДЕМОКРАТИЮ И ВЫБОРЫ (ЕСДВ)/ EURASIAN OBSERVATORY FOR DEMOCRACY & ELECTIONS

(EODE) :

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LA DERNIERE INTERVIEW DE LUC MICHEL SUR ‘LA BOMBE H’ NORD-COREENNE SUR LES COMPTES TWITTER ET YOUTUBE DE PRESS TV (IRAN) …

# @LucMichelPCN /

LUC MICHEL SUR TWITTER/

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L’info pointue sur l’actualité géopolitique c’est une fois de plus le géopoliticien Luc MICHEL (EODE) …

#LucMichel #ЛюкМишель #LucMichelPCN

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* Vu sur le Website de PRESS TV :

l’interview de Luc MICHEL accompagnant une reprise d’article de SPUTNIK-France http://www.presstv.com/DetailFr/2017/09/04/533941/Nuclaire-bras-de-fer-Pyongyang-Washington

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ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (I) : DE LA YOUGOSLAVIE (2000) AU ‘PRINTEMPS AFRICAIN’ (2015-1018) COMMENT S’ORGANISENT LES « REVOLUTIONS DE COULEUR » ?

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (I)/

2017 09 03/

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Derrière les « révolutions de couleur » en Eurasie, le soi-disant « printemps arabe » et la déstabilisation africaine (les « révolutions de couleur à l’africaine »), il y a les mêmes réseaux spécialisés dans les changements de régime, pilotés depuis Washington. Et les mêmes donneurs d’ordre : CIA, NED, Soros et autres Mc Cain !

Quelques exemples significatifs :

* Octobre 2000 à Belgrade (alors en Yougoslavie, la 3e du président Milosevic) : La matrice des « révolutions de couleur ». OTPOR contre Milosevic. Ils formeront ensuite l’institut international CANVAS, l’école des mercenaires des USA pour organiser la première phase des révolutions de couleur. NOTEZ le logo d’OTPOR : le Poing noir stylisé. Il va se répandre sur deux continents dans les quinze années qui vont suivre.

* Février 2011 en Egypte (les mêmes groupuscules existent en Algérie, Tunisie ou Libye) : les soi-disant « activistes arabes » sont en fait des mercenaires US formés par CANVAS et les spécialistes d’OTPOR. Leur logo : c’est celui des hommes de Belgrade importé dans le monde arabe, la marque de fabrique.

* Septembre 2014, une révolution de couleur à l’africaine est organisée au Burkina Faso et dans d’autres pays (Gabon, puis Burundi) : Ici c’est le « balais citoyen », ailleurs « y en a mare » ou « dégage ». Les hommes d’OTPOR et autres Soros boys sont à la manœuvre. Le logo sur les banderoles : Oui c’est encore celui d’OTPOR, la marque de fabrique est aussi celle du « printemps africain » (comme dit Libération à Paris, la voix de son maître US) !

* Une simple recherche iconographique sur le soi-disant « printemps arabe » révèle l’utilisation systématique du logo d’OTPOR en Libye, Egypte, Maroc, Algérie, Tunisie, Yemen. Sasha Papovic, le leader d’OTPOR, a lui même reconnu son implication dans la formation et l’organisation de ses métastases arabes. Voici le « Balais citoyen », les Soros boys du Burkina Faso (1), qui l’utilisent …

DES REVOLUTIONS DE COULEUR EN EURASIE …

Le scénario qui se développe en Afrique depuis l’automne 2014 est bien connu.

De 2000 à 2005 une série de « révolutions de couleur » a installé des régimes pro-américains ou tenté de le faire : Serbie (le coup d’essai réussi en 2000) – Belarus (où Lukashenko a arrêté tous les coups d’état occidentaux) – Géorgie – Ukraine « orangiste » – Kyrgistan …

Dès 2005, le Liban voit « la révolution du Cèdre ».

Depuis 2005, une seconde vague a été tentée en Eurasie et exportée au Proche-Orient et en Amérique Latine : Russie (où Poutine les a stoppées, notamment en 2011-2012) – Belarus (en permanence) – Moldavie (où elle a échoué mais obligé à de nouvelles élections en 2010 gagnées par les partis pro Nato). Mais aussi au Venezuela (à trois reprises, dont l’actuelle) et au Liban (la soi-disant « révolution du Cèdre en 2005).

Et un peu partout depuis 2011, le procédé bien rodé a été exporté au Proche-Orient par les mêmes maîtres d’œuvre et avec les mêmes spécialistes : Egypte, Tunisie, Maroc, Libye – où elle s’est immédiatement transformée en guerre civile -, Yemen, Algérie – où elle a échoué – et Syrie – où elle s’est aussi transformée en guerre civile (et ce n’est pas un hasard) …

Mais aussi à Hong-Kong (« révolution des paraplues ») !

Au centre de ces ‘révolutions de couleur’ : les réseaux d’OTPOR et CANVAS, les mercenaires internationaux et les « petites mains » de l’OTAN. Déployés depuis Belgrade et Budapest (le centre des opérations spéciales des USA et de l’OTAN en Europe). Ceux qui depuis 2000 à l’Est et 2009 au Proche-Orient préparent et organisent le PREMIER STADE des coups d’états US, les ‘révolutions de couleur’ et au « Grand Moyen-Orient » le soi-disant « Printemps arabe ». Après un coup d’essai oriental réussi au Liban en 2005, qui conduit au départ des forces armées syriennes.

EN PASSANT PAR LE « PRINTEMPS ARABE » …

Dans le Monde arabe, les réseaux de déstabilisation sont en place depuis la fin 2010. Et les activistes formés aux USA depuis 2009. Derrière ces réseaux « arabes », on retrouve en effet les activistes arabes formés à Belgrade et aux USA par le réseau OTPOR et CANVAS son école de subversion, financés par la CIA. OTPOR, directement financé et soutenu par la CIA et les réseaux SOROS, est directement derrière les soi-disant “révolutions arabes”.

Srdja Popovic, qui dirige maintenant le Center for Applied Non violent Action and Strategies, basé à Belgrade (Serbie), ou CANVAS, le confirmait en mars 2011 dans une interview avec l’Associated Press. Les vétérans du mouvement OTPOR ont continué à créer une organisation qui forme en Serbie et aux USA des mercenaires pro-occidentaux spécialisés dans l’art de la subversion, sous prétexte de « révolution pacifique » (sic). Ils ont formé l’un des groupes principaux de jeunes au centre de la révolution en Egypte, et précisent avoir « influencé la rébellion libyenne ». « Il est probable que certains groupes de jeunesse libyens ont eu l’idée sur la façon de renverser le dirigeant libyen Mouammar Kadhafi des militants égyptiens que nous avons formés », a déclaré l’ancien chef d’Otpor. OTPOR a aussi organisé des groupes en Tunisie, au Yemen, à Bahrein, au Maroc. Et en Algérie. (2) Depuis Tripoli, je diffuse mes analyses – « Le Monde arabe est en feu » (sur PCN-TV) – exposant la nature véritable du soi-disant « printemps arabe » dès début février 2011 (3),

… JUSQU’AU « PRINTEMPS AFRICAIN »

Début Août 2014 à Washington se tenait le « Sommet USA-African Leaders » sur invitation d’Obama. Un piège tendu aux chefs d’état africains. Obama et Kerry y annoncent une vague de changements de régimes en Afrique (4), désignant même 13 chefs d’état. Le modèle : le soi-disant « printemps arabe ». Le but : recoloniser l’Afrique au profit des USA (5), en liaison avec le travail de prise en main des armées africaines par l’AFRICOM (créé par Bush II en 2007), le Commandement militaire US pour l’Afrique.

Parmi les cibles principales, le « noyau dur » du « nouveau Panafricanisme » : Idriss Deby Itno au Tchad et surtout le président équato-guinéen Obiang Gnuema Mbassogo. Mais aussi la RDC, le Congo Brazzaville et le Cameroun …

Au même moment que le sommet officiel, se tenait aussi à Washington un « sommet alternatif » (6) organisé par un organisme d’état US (créé par Ronald Reagan dans les Années 1980), financé sur le budget américain, la NED, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe ». Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes surtout y sont pris en main.

Car pas de « révolution de couleur » sans une intense préparation médiatique, à la fois au niveau du pays déstabilisé, mais aussi international. Ici soutien dans les autres pays africains. Support dans les grandes capitales occidentales. Rapidement les groupes de jeunes activistes sont organisés, sur le modèle des Serbes d’OTPOR/CANVAS (les tombeurs de Milosevic en 2000, la première des révolutions de couleur). Et tout aussi vite la conformisation de la presse africaine est mise en place, d’autant plus facilement qu’un vaste réseau d’ONG, Instituts et médias existe déjà. Soutenu, financé, organisé à la fois par les Réseau Söros (notamment la Fondation OSIWA, «Open Society Initiative for West Africa », en Afrique du Sud) et la NED et ses pseudopodes. La suite fait l’actualité de dizaines de pays livrés à la déstabilisation …

LE MYTHE DE LA « NON VIOLENCE »

Le SECOND STADE des révolutions de couleur, c’est la transformation en guerre civile avec l’arrivée via l’OTAN des Djihadistes (Proche-Orient) ou des hooligans des gangs néofascistes (Ex républiques soviétiques, Venezuela). Lorsque la « révolution non violente » se transforme en coup d’état insurrectionnel. La pseudo « encyclopédie » WIKIPEDIA – en fait un des nombreux outils de désinformation des services de l’OTAN – écrit ainsi sans rire : « Les partisans à ces révolutions ont pour la plupart usé d’une résistance non-violente pour protester contre des gouvernements vus comme corrompus et autoritaires et pour promouvoir la démocratie et l’indépendance nationale principalement vis-à-vis de Moscou. Ces mouvements ont adopté une couleur ou une fleur comme symbole de leur mouvement. Ces révolutions sont caractérisées par le rôle important d’organisations non gouvernementales et particulièrement d’activistes étudiants dans l’organisation d’une résistance non violente. »

Dans la réalité, le second stade c’est à l’Est l’assaut insurrectionnel violent, l’occupation des bâtiments publics et des parlements (voir Belgrade 2000, Tbilissi 2003 ou Kiev fin 2013). Et en Orient, le transformation en coup d’état puis en guerre civile (Libye, Syrie). Alors arrivent les hooligangs et les skins néofascistes (Géorgie, Ukraine, Belarus, Russie) ou les djihadistes et les forces spéciales de l’OTAN (Libye, Syrie) …

En outre, le modèle de ces coups d’état, Belgrade en 2000, a été précédé d’une vague d’assassinats des cadres du régime ‘national-communiste’ du président Milosevic. Principalement dans les ministères de force. Il s’agissait de dégager la rue de toute force organisée pour contrer les groupes de choc de l’OTAN. En particulier l’assassinat de Zelinko Rajnatovic, le célèbre Arkan, le 15 janvier 2000, avait supprimé celui qui aurait été le plus susceptible de « nettoyer la rue » de Belgrade pour le gouvernement Milosevic. Avec ses anciens « Tigres », des commandos de choc, et la masse du noyau dur des supporters du club de football « L’Etoile rouge » de Belgrade, dont Arkan était le leader.

Curieusement ce mode opératif en deux stades, que l’on rencontre partout où le coup d’état réussi, n’a jamais été analysé.

L’ARGENT AMERICAIN FINANCE LES MERCENAIRES DE L’OCCIDENT

Car le cœur de l’action occidentale c’est l’argent, massivement distribué à des mercenaires avides. « Les opposants aux révolutions de couleur accusent la fondation Soros et/ou le gouvernement américain de soutenir et même d’organiser les révolutions dans le but de servir les intérêts occidentaux. Il est notable qu’après la ‘Révolution orange’ plusieurs pays d’Asie centrale menèrent des actions contre l”Open Society Institute’ de George Soros de différentes façons — l’Ouzbékistan, par exemple, obligea les bureaux régionaux de l’OSI à fermer quand les médias tadjikes, contrôlés par le pouvoir, accusèrent l’OSI du Tadjikistan « de corruption et de népotisme », écrit Wikipedia, l’officine de désinformation de l’OTAN.

En fait toutes les enquêtes des états ou de journalistes indépendants ne laissent aucune part au doute. Ainsi, « des preuves révélant une implication du gouvernement américain incluent les USAID et UNDP, soutenant des structures Internet appelées « Freenet », qui sont maintenant connues comme une part majeure de la structure Internet dans au moins un des pays – le Kirghizistan – dans lequel une des révolutions de couleur se produisit ». Structures qui servirent ensuite, en compagnie d’OTPOR/CANVAS, à former à partir de 2009 les net-activistes pro-occidentaux de Tunisie, Libye, Algérie, Egypte, Maroc et Syrie.

Le quotidien britannique The Guardian « décrit les révolutions colorées comme téléguidées par des influences néoconservatrices (ndla : les Neocons du régime Bush II) s’inscrivant dans une stratégie de manipulation et de domination ». THE GUARDIAN déclare que « USAID, National Endowment for Democracy, l’International Republican Institute, le National Democratic Institute for International Affairs et Freedom House sont intervenus directement ». « Des informations sur les sites Internet de ces organisations (dont les quatre premières sont financées par le budget de l’Etat américain) confirment ces affirmations ». « Projet pour les démocraties en transition » (sic) participe également à ce genre d’opérations.

C’est aujourd’hui le tour de l’Afrique !

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée en novembre 2016 pour EODE THINK TANK)

NOTES ET RENVOIS :

(1) Cfr. PANAFRICOM/ OUI LE « BALAIS CITOYEN » ET SES CLONES PARTOUT EN AFRIQUE SONT DES MERCENAIRES AU SERVICE DES AMERICAINS ET DE LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE !

sur http://www.lucmichel.net/2015/09/22/panafricom-oui-le-balais-citoyen-et-ses-clones-partout-en-afrique-sont-des-mercenaires-au-service-des-americains-et-de-la-recolonisation-de-lafrique/

(2) Voir le documentaire « Does the USA Sponsor Revolutions? » sur https://www.youtube.com/watch?v=lpXbA6yZY-8

(3) PCN-TV, “LE MONDE ARABE EST EN FEU” : Entretien en Français de Luc MICHEL pour PCN-TV, sur les soit-disant « révolutions arabes » (Tripoli, 7 février 2011).

VIDEO sur Vimeo : http://vimeo.com/26435385    

VERBATIM sur le Website THE JAMAHIRIYAN RESISTANCE NETWORK : http://www.elac-committees.org/2011/08/03/6-fevrier-2011-luc-michel-annonce-depuis-tripoli-l%E2%80%99agression-occidentale-contre-la-libye-et-la-syrie/

(4) Cfr. LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ? https://vimeo.com/102962474

(5) Cfr. Mon interview pour LA VOIX DE LA RUSSIE :

LUC MICHEL SUR LA VOIX DE LA RUSSIE/ INTERVIEW CHOC : REVOLUTIONS DE COULEUR. VOICI LE TOUR DE L’AFRIQUE ET DE LA CHINE !

sur http://www.lucmichel.net/2014/12/22/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

et http://www.lucmichel.net/2014/12/24/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-2-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

(6) Cfr. PCN-TV/DOCUMENT/ THE MAKING OF THE COLOUR REVOLUTIONS IN AFRICA (1): AFRICAN SUMMIT OF THE NED IN WASHINGTON (AUGUST 5-6,2014) Un impressionnant document de huit heures, provenant de la NED elle-même, sur la fabrication des 5e colonnes africaines !

Sur https://vimeo.com/114110733

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‘BREXODUS’: LE DERNIER AVATAR DU BREXIT

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 03 (II)/

LM.GEOPOL - Brexodus (2017 09 03) FR 1

Brexodus !

Le mot de l’actu : « C’est le dernier avatar du Brexit, associé avec le mot exodus. Cet exode, c’est celui des citoyens britanniques et des pays de l’UE qui quittent la Grande-Bretagne, mais aussi celui des sociétés qui déménagent sur le continent » commente La tribune de Genève :

LM.GEOPOL - Brexodus (2017 09 03) FR 2

« Depuis le vote du Brexit, le 23 juin 2016, le nombre de citoyens européens quittant le Royaume-Uni a augmenté d’un tiers pour atteindre le chiffre de 122 000 en 2017. Le solde migratoire du pays a chuté d’un quart à la fin mars par rapport à l’année passée pour tomber à 246 000 (en baisse de 81 000 sur un an). L’office britannique des statistiques que cette baisse est due à la baisse du solde migratoire des citoyens des autres pays de l’UE (51 000). Le plus significatif est la baisse des arrivées de migrants des pays de l’Est européen. La chute de la livre rend les salaires britanniques beaucoup moins attractifs, pouvant atteindre aujourd’hui le niveau des salaires polonais, par exemple, alors que plus d’un million de Polonais résident actuellement au Royaume-Uni. La première ministre britannique Theresa May veut limiter le solde migratoire à quelques dizaines de milliers de migrants, mais cet objectif paraît utopique à nombre d’observateurs. La tendance devrait cependant se confirmer. Selon un sondage Deloitte, 47% des travailleurs envisagent de quitter la Grande-Bretagne dans les cinq ans qui viennent. Une délégation de négociateurs britanniques sont actuellement à Bruxelles pour un troisième round de discussions avec Michel Barnier, négociateur en chef de l’UE et son équipe. Selon Migration Watch UK, 3,3 millions d’Européens extra-britannique vivent sur l’île, tandis qu’1,2 million de Britanniques sont sur le continent. » (Source : TDG) ________________

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SOUVERAINETE MONETAIRE : KADHAFI CONTRE LES MONNAIES COLONIALES

PANAFRICOM/ 2017 09 02/

* Voir sur PANAFRICOM-TV & JAMAHIRIAN-TV/ LUC MICHEL: KADHAFI, LE ‘DINAR OR’      ET LA SOUVERAINETE MONETAIRE AFRICAINE

sur https://vimeo.com/212452382

kadhafi-001

* Et LUC MICHEL: KADHAFI, LE FONDS MONETAIRE AFRICAIN ET LE ‘NATIONALISME ECONOMIQUE PANAFRICAIN sur https://vimeo.com/212733169

# Quand les impérialismes se rebiffent…

par Françoise Petitdemange :

Tous comptes faits, trois prétendues démocraties occidentales – États-Unis, Grande-Bretagne, France – ne cessent de vouloir imposer leurs vues politiques et économiques sur le monde, au mépris de la grande majorité des populations. Du passé au présent…

LES PEUPLES VAINCRONT L’IMPERIALISME !

Les peuples vaincront l’impérialisme : des plus malins que les Reagan, Bush, Clinton, Obama ; que les Churchill, Cameron ; que les Ferry, Thiers, De Gaulle, Mitterrand, Sarkozy, Hollande, que les Mussolini, Franco, Pinochet, etc. serviteurs des trusts, des multinationales, de la sangsue financière internationale, ont lamentablement chuté au cours de l’Histoire …

« Depuis le 1er janvier 1999, à minuit, les transactions financières européennes s’effectuent dans une nouvelle monnaie. Et cette nouvelle monnaie – l’euro – devrait être mise en circulation et remplacer les anciennes monnaies – le franc, le mark, la peseta, etc. – en 2002, pour les habitant(e)s de l’Europe. » [Françoise Petitdemange, La Libye révolutionnaire dans le monde (1969-2011), page 384.]

Dans le cadre de la création des États-Unis d’Afrique,  Muammar Gaddhafi était intervenu, à deux reprises, pour parler de la monnaie que l’Union Africaine devait mettre en place : le dinar-or. La Libye était encore, à ce moment-là, sous un embargo décrété par la France, les États-Unis et la Grande-Bretagne avec l’aval de l’ONU, embargo qui avait commencé au début de 1992, et qui ne prendra fin qu’en septembre 2003.

L’UNE DES RAISONS PRINCIPALES DE LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE :

LA CONFERENCE MONDIALE DE MATHABA EN 1996 » SUR LE « DINAR-OR »

« Sous l’impulsion de Muammar Gaddhafi, qui avait organisé une conférence dite « Conférence Mondiale de Mathaba en 1996 » sur le « Dinar-or », une autre a lieu, en cette année 2000, et les pays africains, voulant de plus en plus se libérer du moindre joug colonial qui perdure, manifestent leur intérêt pour cette monnaie unique. » [Page 384.]

Voilà l’une des raisons principales de la déstabilisation de l’Afrique, qui a commencé, d’une manière urgente, fin 2010 en Côte d’Ivoire, qui s’est poursuivie en Tunisie et en Égypte et qui s’est achevée par la guerre civile doublée d’une guerre coloniale en Libye, en 2011. À noter que la Syrie, pays arabe, qui n’ouvrait pas suffisamment ses portes au capitalisme occidental – selon la France, la Grande-Bretagne, les États-Unis – a été déstabilisée en même temps que la Libye, et que la guerre se poursuit jusqu’à cette année 2016.

L’AFRIQUE NE FUT PAS LA SEULE A VOULOIR SE LIBERER DES MONNAIES COLONIALES

Excédé par des manœuvres occidentales qui plongèrent l’Irak dans d’incessantes guerres (Koweït, Iran, États-Unis-Grande-Bretagne-France), et par un embargo économique, assorti du honteux chantage « Pétrole contre nourriture » qui a duré des années (1996-2003) et qui a fait 1,5 million de morts dont 500.000 enfants en Irak (chiffres d’organismes rattachés à l’ONU), le président de l’Irak, Saddam Hussein, et son gouvernement prennent alors des décisions qui fâchent les États-Unis :

« Au cours de cette année 2000, Saddam Hussein a fait savoir que l’Irak n’utiliserait plus le billet vert dans ses transactions internationales et le ministre des Finances irakien a confirmé le fait que le dollar allait être remplacé par d’autres devises. Le pétrole irakien ne sera plus échangé contre des dollars mais contre d’autres devises étrangères, dont l’euro, ce qui va privilégier l’Europe et faire basculer le commerce du pétrole de tous les pays membres de l’OPEP vers l’euro : […]. » [Page 386.]

Par ailleurs, la guerre contre l’Irak et l’assassinat de Saddam Hussein, après un procès bâclé et une mise à exécution ultra-rapide de la peine de mort prononcée, et la guerre contre la Libye jusqu’à l’assassinat de Muammar Gaddhafi dans les conditions que nous savons, ont mis fin à des procès en cours contre la France qui n’avait pas hésité, au milieu des années 1980, à vendre, en toute connaissance de cause, des poches de sang contaminé non chauffé à… l’Irak, la Libye, l’Argentine, la Grèce, la Tunisie, etc., poches de sang qui, au lieu de sauver des vies, ont décimé des familles dans ces pays.

Pour plus d’éléments, je renvoie à mon ouvrage La Libye révolutionnaire dans le monde (1969-2011), Éditions Paroles Vives 2014.

Quand les impérialismes se rebiffent…

Publié le 27 avril 2016 par Françoise Petitdemange

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CE QU’ÉTAIT VRAIMENT NOTRE JAMAHIRIYAH : LIBYE. SANS LA RÉVOLUTION D’EL FATEH, PAS D’ÉTAT DES MASSES !

ELAC & ALAC COMMITTEES/

2017 09 01/

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ELAC - JAMAHRYAH I fateh 1er septembre (2017 09 01) FR

Il y a 48 ans (Le 1er septembre 1969), le peuple libyen était, non pas sous le choc d’un Coup d’État militaire réactionnaire mais dans l’allégresse d’une Révolution qui venait d’avoir lieu. C’étaient des fils du pays, dont aucun n’avait dépassé l’âge de 30 ans, qui l’avait effectuée sans bruit et sans effusion de sang.

Même si, pendant des années, les jeunes lycéens qu’ils avaient été, avant d’être des révolutionnaires accomplis, avaient développé leur pensée politique à partir de lectures interdites au lycée de Sebha, de débats entre camarades, d’écoutes de la radio du Caire “La Voix des Arabes” qui leur parvenait, comme un vent de liberté, de l’Égypte voisine où avait eu lieu une Révolution ayant mis fin à la monarchie égyptienne et conduit à la promulgation de la République dont Gamal Abdel Nasser était devenu le Président, il n’y avait pas plus pour eux, que pour qui que ce soit, de mode d’emploi, ni pour préparer une Révolution et la mener à bien sans faire couler le sang, ni pour faire une contre-révolution. (Les contre-révolutionnaires de 2011 l’ont appris à leurs dépens et surtout aux dépens de toute la population, en 2011, eux qui ont dorénavant des torrents de sang sur les mains et qui ne sont déjà plus considérés, dans l’histoire de la Libye, que comme des marionnettes, victimes de leur affairisme de petits-moyens bourgeois, et manipulées par de piètres tireurs de ficelle qui n’ont fait, à la tête des anciens États colonisateurs de la Libye – France, Grande-Bretagne, États-Unis – que trois petits tours et puis s’en sont allés piteusement, chassés par les peuples ; seul celui des États-Unis a pris soin de ne surtout pas se représenter)…

Pour la plupart d’entre eux, enfants nés de parents pauvres, les révolutionnaires d’El Fateh n’avaient pas bénéficié du B A BA de l’éducation politique que tout jeune homme, issu de l’aristocratie ou de la bourgeoisie, peut recevoir dans sa famille et dans le cercle des connaissances plus étendues. Il leur a fallu, à Muammar Gaddhafi comme à la plupart des autres membres du CCR (Conseil du Commandement de la Révolution) et de la centaine de civils et de militaires qui avaient participé au renversement de la monarchie du roi fantoche Idriss 1er et qui s’apprêtaient à travailler au développement politique, économique et social du pays, tout découvrir de la politique et de l’économie sur le terrain.

La Révolution du 1er Septembre 1969 n’est pas que la date d’un événement particulier sur le calendrier musulman : c’est le début d’une Révolution en marche… Et si, 42 ans plus tard, il y a eu contre-révolution – déclenchée par des combattants d’Al-Qaïda revenus de guerres menées dans des pays musulmans : mercenaires se vendant au plus offrant parmi les États capitalistes-impérialistes-colonialistes, auxquels se sont joints des nostalgiques d’une monarchie que la plupart d’entre eux n’avait pas connue, et des petits et moyens bourgeois en mal d’affairisme – contre-révolution doublée d’une guerre coloniale lancée par le criminel Sarkozy, président de la monarchie élective française, par le criminel et sioniste Cameron, Premier ministre de la monarchie constitutionnelle britannique, et par le criminel Obama, président états-unien, métis trahissant sans vergogne le pays de certains de ses ancêtres, il faut espérer que les années sanglantes pour le peuple libyen cesseront avec un retour de la démocratie directe telle que Muammar Gaddhafi et ses amis de 1969 l’avaient initiée… dès le premier jour de la Révolution.

DE LA RÉVOLUTION DU 1ER SEPTEMBRE 1969

À L’ÉTAT DES MASSES (JAMAHIRIYAH) DU 2 MARS 1977

Sans la Révolution du 1er Septembre 1969, il n’y aurait pas eu d’État des masses le 2 mars 1977.

Le 1er Septembre fut l’aboutissement d’un long travail de lecture, de réflexion, d’échanges, d’analyse de l’évolution et de la situation du pays, et le début de quelque chose d’autre puisque la Révolution faisait passer le pays d’une monarchie, avec un roi fantoche téléguidé notamment par la monarchie britannique, à une République libre.

D’ailleurs, la Proclamation constitutionnelle du 2 Shawwal 1389 H (11 décembre 1969 G), rédigée par le CCR (Conseil du Commandement de la Révolution), publiée le 14 décembre, le précisait dès son Préambule :

« Le Conseil de Commandement de la Révolution, Au nom du peuple arabe en Libye, qui est déterminé à retrouver la liberté, à jouir des bienfaits de son sol, à vivre dans une société au sein de laquelle la prospérité et le bien-être sont les droits inaliénables de chaque citoyen loyal ; […] ; Au nom du peuple libyen, qui croit fermement que la paix ne peut exister que conçue dans la justice ; qui est pleinement conscient de l’importance du renforcement des liens avec tous les peuples du monde engagés dans la lutte contre l’impérialisme ; […] ;

Au nom de la volonté populaire exprimée le 1er septembre 1969 par les Forces armées qui ont renversé le régime monarchique et proclamé la République Arabe Libyenne ; Et en vue de protéger et de soutenir la révolution dans son effort déterminé pour réaliser ses objectifs de liberté, de socialisme et d’unité ; Promulgue la présente Proclamation constitutionnelle pour servir de base de gouvernement durant la phase d’achèvement de la révolution nationale et démocratique, jusqu’à ce qu’une Constitution permanente incorporant les réalisations et définissant le cours futur de la Révolution soit rédigée. » [Cité par Françoise Petitdemange, dans La Libye révolutionnaire dans le monde (1969-2011), Éditions Paroles Vives 2014, pages 40-41. Note de l’Auteur : Les phrases en caractères gras et les points de suspension entre crochets sont de mon fait.]

OUI LA LIBYE DE KADHAFI AVAIT UNE CONSTITUTION !

Voilà qui pourrait mettre fin aux ignorances, clamées, durant toute l’année 2011 et au-delà, par tous les intervenants dans les médias mainstream, des journaleux aux universitaires, perroquets répétant à satiété le discours officiel de leurs pays aux abois : “La Libye n’a pas de Constitution” !… sans s’être penchés le moins du monde sur les textes libyens. Donc, sans doute, puisque la Libye n’avait pas de Constitution, cela donnait le droit de massacrer son peuple et d’assassiner le Guide révolutionnaire Muammar Gaddhafi et tant d’autres qui avaient œuvré au développement du pays…

Le 2 mars 1977 fut l’aboutissement de la RAL (République Arabe Libyenne) (septembre 1969-novembre 1976) et de la RALPS (République Arabe Libyenne Populaire Socialiste) (novembre 1976-mars 1977). La mise en place progressive de superstructures, avec des institutions politiques en phase avec l’alphabétisation du peuple libyen, conduisait au début de quelque chose qui prenait pour nom, dans la Constitution du 2 mars 1977, la JALPS (Jamahiriya Arabe Libyenne Populaire Socialiste).

Ainsi, le 2 mars, il revenait à Abdessalam Djalloud, secrétaire général du CGP (Congrès Général du Peuple) depuis janvier 1976, de lire la “Proclamation du Pouvoir du Peuple”, publiée ce jour :

« Le peuple arabe libyen,

Réuni au sein du Congrès général regroupant les congrès populaires, les comités populaires, les syndicats, les unions et organisations professionnelles, Le Congrès général du peuple, […] Après avoir pris connaissance des recommandations des congrès populaires, de la proclamation constitutionnelle promulguée le 2 Chawal 1389 H (11 décembre 1969 C), des décisions et recommandations prises par le Congrès général du peuple lors de sa première session (du 4 au 17 Muharram 1396 H (du 5 au 18 janvier 1976 C), et de sa deuxième session du 21 Dhu l-Kaada au 2 Dhu l-Hijja H (du 13 au 24 novembre 1976 C), »

« Proclame son attachement à la liberté et sa détermination à la défendre, sur sa propre terre et partout dans le monde, en protégeant tous ceux qui, dans leur combat pour la liberté, se trouvent victimes de l’oppression, Proclame son attachement au socialisme qui permet de réaliser la propriété du peuple, Proclame son engagement à réaliser l’unité arabe intégrale, »

Création de la République Arabe Unie

« Confirme la marche inexorable de la Révolution (sous la direction du penseur révolutionnaire, guide et maître, le colonel Moammar Qaddhafi), vers l’instauration du pouvoir populaire et la réalisation d’une société dans laquelle le peuple, guide et souverain, sera seul détenteur du pouvoir, des ressources et des armes. Cette société de liberté doit éliminer définitivement tous les intermédiaires traditionnels du pouvoir, qu’il s’agisse d’un individu, d’une famille, d’une tribu, d’une secte, d’une classe, d’un élu, d’un parti ou d’un groupe de partis, Proclame sa détermination à écraser énergiquement toute tentative faisant obstacle au pouvoir du peuple. »

« Article premier.

Le nom officiel de la Libye est : « Jamahiriya arabe libyenne populaire socialiste. » « Art. 3.

« 2. Le pouvoir du peuple est exercé par les organes suivants : – les Congrès populaires ; – les Comités populaires ; – les syndicats professionnels [Professional Unions] ; – le Congrès général du peuple. ». » « Article 10.

Les expressions « Conseil des ministres », « premier ministre » et « ministre » sont remplacées par « secrétariat général du Congrès général du peuple », « secrétaire général » et « secrétaire ».

[Idem, pages 106 à 110.]

À noter que la JALPS est devenue la GJALPS (Grande Jamahiriya Arabe Libyenne Populaire Socialiste) après les bombardements de Benghazi, de Tripoli et de la caserne de Bab Al Azizia, par les Anglo-Saxons, dans la nuit du 14 au 15 avril 1986.

DE LA JAMAHIRIYAH VERS LES ÉTATS-UNIS D’AFRIQUE …

Sans la Révolution du 1er Septembre 1969 et l’État des masses du 2 mars 1977 en Libye, il n’y aurait pas eu la moindre ombre de création des États-Unis d’Afrique.

9 Septembre 1999 : « Déclaration de Syrte » :

faire revivre l’OUA (Organisation de l’Unité Africaine) par la création de l’UA (Union Africaine) !

La Jamahiriya, c’est l’État des masses ou gouvernement du peuple par le peuple pour le peuple qui prend son destin en mains.

Que veulent imposer tous ceux qui manœuvrent contre le peuple de Libye, depuis 2011, dans et hors du pays ? Une Jumhuriya, c’est-à-dire une prétendue république appuyée sur un système parlementaire, dit représentatif, avec des partis. C’est-à-dire un système prétendument représentatif qui ne représente que les fortunes colossales de la grande bourgeoisie d’affaires et des multinationales, laquelle est sous la coupe de la finance internationale : ce que vomit l’élite populaire avisée des populations occidentales.

FRANÇOISE PETITDEMANGE

(VENDREDI 1ER SEPTEMBRE 1969) /

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GEOPOLITICS OF NATURAL DISASTERS : ABOUT ‘HARVEY HURICANE’ AND THE PROBLEMATIC OF CLIMATE CHANGE (SEEN FROM THE USA) …

# LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 02 (II)/

* When Trump administration is still in denial of Climate change and Global warming, STRATFOR sees “Natural Disasters With a Geopolitical Lens”:

“Nothing illustrates the universe’s power over mere mortals more than natural disasters. By overlaying the circumstances of a natural disaster with a geopolitical assessment and forecast, we can show when it will extend beyond a humanitarian disaster and into an event with geopolitical consequences. This report looks at how natural disasters can play a part in shaping geopolitical fates”.

* QUARTZ (a new kind of global business news outlet) examinates the debate on Climate change and Global warming (“Global warming is a slow-motion catastrophe”, says Quartz)  in USA:

“The storm called Harvey broke US records for rainfall and duration. Some environmentalists think it is a “moral duty” to talk about the role global warming played in making Harvey so intense. But the Trump administration, which days before Harvey disbanded a federal advisory panel on climate change and revoked an important flood-proofing rule, has tried to deflect talk of climate change, claiming it’s tasteless while rescuers are still searching for the missing. Some flood-trapped Houstonians agree. One told us the media should be doing less finger-wagging about the causes of Harvey and more reporting on people’s immediate needs. But we think it’s nonetheless important to bring up climate change as early as possible”.

Excerpt 2 : “Unlike with other disasters, such as a war, a financial crisis, or a disease outbreak, there is no simple narrative about the causes of any given hurricane. Nobody would claim global warming created Harvey; scientists can only say with some confidence that Harvey’s impact was stronger than it would otherwise have been and that storms on average are getting more intense. (Meteorologists are predicting HURRICANE IRMA, which may hit the US east coast in the coming days, could be worse.)  GLOBAL WARMING IS A SLOW-MOTION CATASTROPHE, yet research in social anthropology has shown that what motivates humans is short-term concerns. It’s harder to get people to care about and act on an abstract trend than specific disasters. That is why we should talk about the issue while the water is still waist-high. In the years after Hurricane Katrina in 2005, the proportion of Americans concerned about climate change rose, then slumped again. Since then it’s risen once more—and even so they’ve chosen a climate skeptic as their president. The more Americans see global warming as a direct threat, the better the chances for the whole world of doing something about it.—Akshat Rathi (Sources : Stratfor Report, August 28, 2017 – Quartz daiky brief, September 2, 2017) ________________

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