TUNISIE : CETTE BASE MILITAIRE AMERICAINE, FRUIT DU SOI-DISANT ‘PRINTEMPS ARABE’, QUE PERSONNE NE VEUT VOIR

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 05/

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« L’Algérie a-t-elle été consultée? L’on sait déjà que l’Algérie n’admettra sous aucun prétexte, une présence militaire étrangère à ses frontières, encore plus en ce moment, confient des sources sécuritaires, qui ajoutent être informées des visées qui se préparent. Encore dans quel but ? »

– Réflexion.dz (Alger, 4 sept. 2017).

Après un long déni, qui faisait de cette base militaire américaine une véritable « base secrète US », voici RELEXION.DZ en Algérie, après le WASHINGTON POST (qui avait cité une source du gouvernement américain) et LE FIGARO, mais aussi la presse de l’US Army (TIMES), qui donne un coup de projecteur sur cette base, qui est l’un des profits retiré par les USA du « printemps arabe » en Tunisie. Et qui cible l’Algérie, dont on rappellera qu’elle était la première cible – avortée – de ce « printemps arabe » en décembre 2010 …

L’US ARMY S’IMPLANTE EN TUNISIE DANS LA FOULEE DU « PRINTEMPS ARABE » POUR « CREER UNE NOUVELLE CARTE GEOPOLITIQUE » !

* L’Afrique du Nord ciblée par l’Armée américaine :

Extraits de Réflexion.dz : « Washington a toujours affiché à l’égard de l’Afrique du Nord son désir absolu d’y élargir son champ de manoeuvres. Que des marines soient présents en Tunisie ou en Libye, n’est donc pas une surprise. Créer une nouvelle carte géopolitique constitue un objectif du Pentagone, d’où cette information, selon laquelle, il existe une base militaire au sud de la Tunisie. Une information rapportée par L’Expression en 2014 pour être démentie aussi bien par les Américains, que les autorités tunisiennes, pourtant cette base existe réellement. C’est le journal de presse Air Force Times qui révèle l’existence de cette base et pour preuve souligne cet organe de presse «l’enquête menée par l’US Air Force sur une agression sexuelle qui a eu lieu au sein de cette base l’an dernier». (…) qui sera jugé à la base aérienne de Ramstein, en Allemagne, début septembre, selon le dossier du juge-avocat général». IL n’y a donc plus aucun doute sur la présence des G I’S dans le sud de la Tunisie au sein d’une base.

Cette vérité a été dévoilée l’année dernière par le journal américain Washington Post qui avait cité une source du gouvernement américain, selon laquelle «des drones non armés auraient commencé à survoler la Libye à partir de la fin du mois de juin 2016 et feraient partie de l’aide accordée par le ministère de la Défense américaine aux forces pro-gouvernementales libyennes dans leur combat pour déloger l’Etat islamique de la ville de Syrte». Mais encore une fois, l’information sera démentie. »

* Quand Le Figaro évoque une « base américaine secrète en Tunisie » :

Avant 2016, citant une source diplomatique, le quotidien français, Le Figaro relance et revient sur la question en soulignant, «l’existence d’une base américaine secrète en Tunisie, près de la frontière libyenne», et de préciser que «selon une source diplomatique à Tunis, les USA viennent de rénover une base désaffectée dans le Sud tunisien pour intervenir en Libye». Le Figaro, ajoute «cette base est située dans le gouvernorat de Tataouine, frontalier avec la Libye». En dépit des démentis exprimés par la diplomatie américaine et les autorités tunisiennes qualifiant «d’infondées les rumeurs persistantes à ce sujet».

* … que Jeune-Afrique dévoilait déjà en 2013 :

L’implantation de camp militaire américain a été également abordée par le magazine Jeune Afrique, qui rapporte que « lors d’entretiens qui ont eu lieu le 20 novembre 2013 à Tunis, Ali Larayedh, l’ancien chef de gouvernement tunisien, avec le général David Rodriguez, patron du Commandement des Etats-Unis pour l’Afrique (Africom), a été question de pourparlers sur l’installation d’une base militaire américaine en cours d’implantation à Remada, dans le sud du pays, dans une zone placée sous contrôle militaire par décret présidentiel. Mais les travaux avaient débuté dès décembre 2011.»

(Sources : Réflexion.dz – Washington Post – Le Figaro – Jeune-Afrique – Times/US Navy)

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UN MONDO DI PLASTICA

mercoledì 6 settembre 2017

Marco Cedolin

La notizia è di quelle da far rizzare i capelli in testa anche a chi più non ce li ha e poco importa il fatto che Repubblica (primo quotidiano in Italia a metterla in risalto) la banalizzi attraverso un ridicolo vademecum che tenta maldestramente di trasferire sulle spalle del cittadino quelle che sono le pesanti responsabilità della macchina del progresso.
Secondo una ricerca condotta da Orb Media (organizzazione no profit di Washington) in collaborazione con i ricercatori dell’Università statale di New York e dell’Università del Minnesota, in tutta l’acqua che beviamo, a prescindere dal fatto che si viva a Roma, a New York o in Patagonia e che la si beva in bottiglia o dal rubinetto di casa, esistono fibre di microplastica che entrano nel nostro organismo….
senza che gli scienziati ne abbiano individuato l’esatta provenienza o sappiano dare indicazioni sulle conseguenze che l’ingestione potrebbe avere per la nostra salute.
La concentrazione di tali fibre risulterebbe essere tutto sommato omogenea nell’acqua dei cinque continenti e la microplastica non risparmierebbe nessuno, neppure chi monta in casa un filtro ad osmosi inversa. Si tratta della prima indagine accurata concernente la presenza di plastica nell’acqua del rubinetto, anche perché finora la plastica non è mai stata inserita fra le possibili sostanze contaminanti che vengono ricercate all’interno dell’acqua potabile.
Riguardo alla provenienza non ci vuole in fondo molta fantasia, se pensiamo che nel mondo si producono ogni anno 300 milioni tonnellate di plastica e dagli anni 50 ad oggi ne sono stati prodotti oltre 8,3 miliardi di tonnellate. Tenendo conto del fatto che circa il 40% della plastica prodotta viene usata una sola volta, generalmente per pochi minuti, prima di finire nel secchio della spazzatura. E della peculiarità che molti elementi di plastica, in particolare le fibre sintetiche, rilasciano grandi quantità di microplastica nell’aria e circa 700mila fibre nell’acqua ad ogni lavaggio.
Riguardo agli effetti delle fibre di microplastica sul nostro organismo sembra esserci invece soltanto molta confusione. I ricercatori non sono in grado di dire se esista un bioaccumulo all’interno del corpo umano, non sanno se la microplastica all’interno dell’organismo possa influire sulla formazione delle cellule e quindi concorrere all’epidemia di tumori che caratterizza la modernità e neppure se possano rappresentare un vettore per gli agenti patogeni.
Sicuramente costituiscono un elemento estraneo all’interno del nostro corpo, con il quale siamo e saremo costretti a fare i conti giorno dopo giorno.
La macchina del progresso che si muove sull’asse produzione/consumo ha sicuramente delle responsabilità enormi all’interno di questo problema, così come responsabilità enormi le ha il mondo scientifico che da decenni è consapevole dell’accumulo delle fibre di plastica all’interno della vegetazione e degli animali. Scaricare le responsabilità sul cittadino comune, invitandolo a non usare i sacchetti di plastica e le cannucce, a lasciare a casa il proprio pile o portarsi in giro una bottiglia di vetro personale, così come fa Repubblica, è solamente un tentativo puerile di nascondere il vero problema, costituito da un progresso che nel suo sogno di onnipotenza ha perso di vista le più elementari logiche di buonsenso.
La speranza è che la questione venga affrontata scientificamente in maniera seria, possibilmente in tempi brevi, e non utilizzata per false battaglie ecologiche (modello riscaldamento globale) aventi come unico scopo l’imposizione di balzelli e la costruzione di un business ecologico che non eliminerebbe le fibre di microplastica, ma metterebbe un sacco di miliardi nelle tasche di quegli stessi soggetti che il problema l’hanno ingenerato e ora dandocene la colpa avrebbero la presunzione di aiutarci a risolverlo.

DEDICATO AGLI SMEMORATI DIFENSORI DELL’ARMA

post di Giuseppe Triggiani

L'immagine può contenere: 1 persona, cappello e primo piano

Quando si è diffusa la notizia dello stupro subito dalle due studentesse americane a Firenze, ad opera di due carabinieri in servizio, il popolo fedele all’Arma, è insorto incredulo.
“Non è possibile”, hanno urlato, “le forze dell’ordine non si macchiano di questi delitti”, hanno scritto, inondando il web di dubbi sulla veridicità della notizia. Poi, quando iniziavano a filtrare le prime notizie sugli elementi probatori emersi nel corso delle indagini, hanno iniziato ad insultare le vittime dello stupro, definendole “ubriache”, “drogate” e “puttane”, scrivendo che erano già coperte di “assicurazione contro lo stupro”.
Di fronte all’ignoranza dei “sostenitori delle forze dell’ordine”, non esiste nulla per poterli far ravvedere. Il fanatismo e l’infatuazione per le divise, li porta al delirio. Unica concessione, sono “mele marce”, da espellere. Ma ne siamo sicuri? Siamo certi che nelle scuole di polizia e carabinieri vengano insegnati i principi di democrazia ispirati dalla Costituzione antifascista? I fatti, le decine di episodi criminali, di cui si sono macchiate le forze dell’ordine, dagli omicidi della Uno Bianca, alla Diaz, ai tanti ragazzi fermati vivi e usciti morti dalle caserme, le cronache sono piene.
Con questo scenario, sarebbe un gravissimo errore additare tutti gli operatori di polizia e carabinieri, di essere uguali, di essere dei potenziali delinquenti. Non è così. Ci sono, per fortuna, dei poliziotti e dei carabinieri, che onorano la loro divisa, rispettosi della democrazia e dei cittadini tutti. L’unico difetto che possono avere, è quello che non hanno voce. Non hanno la possibilità di organizzarsi e far sentire la loro voce, anche nei loro corpi di appartenenza e nelle caserme, luoghi oramai frequentati da fascisti e leghisti.
Agli smemorati vogliamo solo ricordare, quando dicono che non è mai accaduto, uno degli episodi più brutali degli ultimi anni: quello del maresciallo dei carabinieri Massimo Gatto, della stazione di Parabiago. Ha stuprato 13 donne in caserma, abusando del suo potere. Per questi delitti è stato condannato a 20 anni di carcere, poi ridotti a 16 anni, in appello.

CARABINIERI STUPRATORI

http://ilcorrosivo.blogspot.it/2017/09/carabinieri-stupratori.html

venerdì 8 settembre 2017

Marco Cedolin

Non sono mai stato un grande fan delle forze dell’ordine, così come gli articoli presenti in questo blog stanno a confermare. Forse perché nella mia vita ho preso troppe manganellate e respirato troppi lacrimogeni o perché mi tornano spesso alla mente le parole di mio zio (poliziotto) che mi raccontava l’atmosfera buia ed inquietante dei commissariati, dove troppo spesso legge e malaffare finiscono per trovare strade tortuose attraverso le quali andare a braccetto.
Ciò nonostante di fronte alla notizia dei due carabinieri denunciati a Firenze per stupro nei confronti di due studentesse americane sono restato perplesso e per quanti sforzi faccia non mi riesce davvero di trovare la vicenda verosimile….

Stando a quanto scrivono i giornali  nella notte tra il 6 e il 7 settembre i due militi, in divisa e con l’auto di servizio, di ritorno da un intervento in una discoteca, avrebbero caricato in macchina (circostanza confermata dalle telecamere e da testimoni) le due studentesse visibilmente ubriache e reduci dalla discoteca stessa, con l’intenzione di riportarle alla propria abitazione, per poi stuprarle selvaggiamente nell’androne di casa e all’interno dell’appartamento.

A non convincermi affatto sulla ricostruzione di quanto è accaduto non è soltanto il fatto che i vicini abbiano dichiarato di non avere sentito urla o baccano ed i medici dell’ospedale ad una prima visita non abbiano riscontrato sulle ragazze segni di abrasioni o violenza, ma anche e soprattutto il fatto che i due carabinieri fossero in divisa e sull’auto di servizio.

Solo un folle (o un carabiniere delle barzellette) sarebbe così stupido da organizzare uno stupro mentre è in divisa e in servizio, dal momento che saprebbe bene di essere identificato immediatamente senza fatica e certamente non potrebbe sperare che la “divisa” (buona forse per coprire abusi e pestaggi in guardina) lo metta al riparo da uno stupro su due ragazzine.

Probabilmente gli inquirenti riusciranno a fare luce sulla vicenda, ma la sensazione preponderante è quella che le due ragazze americane stiano giocando sporco, forse perché entrambe assicurate contro lo stupro, ed i media abbiano colto al volo una notizia appetitosa che potesse fare da contraltare allo stupro di Rimini che sta indignato le coscienze da alcuni giorni.

Anche gli italiani stuprano, perfino i carabinieri, sarebbe un argomento esplosivo per il radical chic di turno, nei salottini buoni dei dibattiti in TV.

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (VI) : UN RESEAU D’ESPIONNAGE BASE AU SENEGAL : LA PLATEFORME DE PROTECTION DES LANCEURS D’ALERTE EN AFRIQUE

 

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (VI)/

2017 09 09/

PANAF - LM AFROENQUETE VI pplaaf dakar (2017 09 08) FR

Cette enquête sur la déstabilisation du continent et le « Printemps africain » nous plonge au cœur d’un vaste réseau d’espionnage qui s’implante dans de nombreux pays africains (dont la Guinée Equatoriale et le Tchad, contre le président duquel on prépare un nouveau dossier BMA) et est, notamment,  en embuscade dans les affaires des soi-disant « biens mal acquis ». Le tout dans l’orbite des réseaux Sorös.

Nous allons plonger au cœur de l’hypocrisie et du double langage qui règnent sur les Dossiers BMA. Sous couvert d’une ONG sénégalaise, basée à Dakar, parrainée par l’avocat Wlliam Bourdon (Sherpa, Transparency International) et le juge espagnol Garzon (violemment hostile à la Guinée Equatoriale et suspendu 11 ans en Espagne pour des pratiques illégales), abritée sous le couvert de la défense des « lanceurs d’alertes » en Afrique (Whistleblowers) , parlant sans vergogne de « la défense de l’Afrique » (alors qu’elle est au service des appareils d’état français, espagnol et américain qui veulent la recoloniser sois prétexte de ce « printemps africain »), déjà impliquée dans de nombreuses affaires africaines (dont le vol de documents bancaires à la Société Générale de Malabo) avant même sa constitution légale, appuyée par les Réseaux du milliardaire Sorös et le Qatar, via Al-Jezirah (au cœur du « printemps arabe »), voici la PLLAAF ! …

LE ROLE DE LA PPLAAF,

LA PLATEFORME DE PROTECTION DES LANCEURS D’ALERTE EN AFRIQUE

Dans l’ombre des dossiers dits des « Biens mal acquis » (1), on trouve un réseau d’espionnage visant de nombreux pays africains. Et qui vient de s’organiser au Séngal !

Constituée à Dakar, avec l’aide du régime pro-occidental sénégalais, à l’initiative encore et toujours de Me Bourdon (2) et de l’Ong Sherpa, la PLATEFORME DE PROTECTION DES LANCEURS D’ALERTE EN AFRIQUE vise à mettre en forme et à ORGANISER DES RESEAUX PRIVES D’ESPIONNAGE DES ETATS AFRICAINS (3) actifs depuis au moins deux ans (l’espionnage des comptes du vice-président de Guinée Equatoriale à la SG de Malabo en fait partie).

Outre les Réseaux « Open Society foundations » de Sorös, les Ong occidentales habituelles soutiennent (sans surprise, on les retrouve déjà dans les Dossiers BMA), la Plateforme, notamment Sherpa (France), le Center for Trade Policy and Development (CETPD) (Zambie), la Déclaration de Berne/Public Eye (Suisse), l’Entraide missionnaire (Canada), Global Witness, les sections françaises d’Oxfam et du Secours catholique Caritas, Organized Crime and Corruption Reporting Projetct (OCCRP) …

La PPLAAF s’active sous le couvert du mythe médiatique des « lanceurs d’alerte » (« whistleblowers »), personnages troubles entre médias, services secrets … et Réseaux Söros.

QUE FONT LES « LANCEURS D’ALERTE » LA DEDANS ?

Personnages troubles, les Assange et autres Snowden ont réussi à apparaître aux yeux de l’opinion publique mondiale comme des ennemis des Etats occidentaux et autant de « chevaliers blancs » autoproclamés.

Pourtant Assange a joué un rôle essentiel dans le démarrage du soi-disant « printemps arabe » en Tunisie et en Libye début 2011, diffusant notamment sur Kadhafi de fausses informations.

Mais une information – que je résume en une seule question essentielle – révèle la véritable nature de ces personnages troubles, à la croisée des médias alternatifs, des ONG occidentales et des services secrets !

Qui est l’avocat en France de Edward Snowden (ex CIA), Julian Assange (Wikileaks), Antoine Deltour (affaire LuxLeaks) ? C’est l’inévitable homme-orchestre des dossiers BMA, Me Willian Bourdon !

On notera donc avec intérêt que Me Bourdon est l’avocat en France d’Assange, Snowden, Deltour. « Notre équipe est menée par l’avocat de défense des droits de l’Homme William Bourdon, fondateur de Sherpa et avocat d’Edward Snowden, Antoine Deltour (LuxLeaks), Hervé Falciani (SwissLeaks) et d’autres lanceurs d’alerte et personnes oppressées pour leurs opinions politiques », proclame le Site de l’Ong. Et que Wikileaks a puissamment contribué au lancement de l’insurrection contre Kadhafi à Benghazi début février 2011 …

LA PPLAAF ALLIEE DES SOI-DISANT « PRINTEMPS AFRICAINS »

« la Pplaaf se veut une alliée des printemps africains » (4), cette version des « révolutions de couleur » à l’africaine, clonées du « printemps arabe » !

« La Pplaaf, c’est un outil, une alliée de la liberté d’expression. C’est une allié de tous les printemps africains parce que cela brise les secrets que certains voudraient voir éternels pour se protéger et assurer leur impunité lorsqu’ils commettent le pire en prétendant protéger l’intérêt général alors qu’ils font l’inverse, à l’insu de leurs peuples, du consommateur et des contribuables », a indiqué Me Bourdon. « Les lanceurs d’alerte, c’est cette intolérance par rapport aux duplicités, ces sinistres qui ravagent l’action et la politique publique en Afrique et ailleurs. C’est une protestation universelle, » a ajouté le président de Sherpa, non sans promettre de « résister » à toutes les pressions. C’était quelques semaines avant le jour des témoins au procès de Paris des BMA contre le vice-président de Guinée Equatoriale, le 26 juin dernier (5). Où un autre Me Bourdon est apparu, complice de Sorös, comploteur, lié à des partenaires qui organisent des putsch avec des chiens de guerre comme Simon Mann (témoin de la défense ce jour là) !

LA PPLAAF DIRECTEMENT SOUTENUE PAR AMNESTY INTERNATONAL

Rappelant l’expérience partagée avec les initiateurs depuis plus de deux décennies, le directeur exécutif d’Amnesty International, Alioune Tine, s’est engagé à accompagner l’initiative. « Nous partageons des valeurs et des principes avec Pplaaf qui peut compter sur Amnesty International ». Alioune Tine un des hommes clés de la Déstabilisation du Cameroun (que nous présentions sans fard dans le Volet III de notre série d’enquêtes).

RETOUR SUR L’AFFAIRE D’ESPIONNAGE A LA SOCIETE DE MALABO …

Dans l’Affaire dite « des biens mal acquis », un des nombreux round s’était déroulé en décembre 2016 en Guinée Equatoriale même, où la justice française avec la complicité de la Banque SOCIETE GENERALE (en France et à Malabo) avait violé le secret bancaire des comptes du Premier Vice-Président de Guinée Equatoriale (Cible principale attaquée par le Parquet fédéral et une galaxie d’ONG occidentales dont Sherpa et Transparency International) à l’instigation de Paris. Malabo avait inculpé et poursuivi au pénal en Guinée Equatoriale les cadres de la banque française responsable (6) … On a compris que le réseau, qui va ensuite prendre le nom de PPLAAF était déjà au travail !

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée en juin 2017 pour EODE-AFRICA/ Source variées en Suisse et en France, vérifiées par enquêtes)

NOTES

(1)  Voir sur PANAFRICOM-TV/ LUC MICHEL: LE DOSSIER DIT ‘DES BIENS MAL ACQUIS’. UN ELEMENT DE LA DESTABILISATION L’AFRIQUE sur https://vimeo.com/196975706

(2) Cfr. « Les lanceurs d’alerte africains mieux organisés », Interview de Willian Bourdon sur la PPLAAF, Bimestriel NOTRE AFRIK, n°73 (mai-juin 2017).

(3) Voir  sur PANAFRICOM-TV/ LUC MICHEL: AU COEUR DE DÉSTABILISATION DE LA GUINEE EQUATORIALE UN RÉSEAU D’ESPIONNAGE BASE AU SENEGAL sur https://vimeo.com/218069193

(4) Voir « Lanceurs d’alerte : la Pplaaf se veut une alliée des printemps africains » sur IMPACT.SN, 25 mars 2017, sur http://www.impact.sn/Lanceurs-d-alerte-la-Pplaaf-se-veut-une-alliee-des-printemps-africains_a2835.html

(5) Cfr. sur EODE-TV/ LUC MICHEL: LE COMPLOT CONTRE LA GUINEE EQUATORIALE ETABLI (LES MASQUENT TOMBENT AU PROCES DIT ‘BIENS MAL ACQUIS’) sur https://vimeo.com/223738032

(6) Voir sur ECUATORIAL-GUINEA-TV/

LUC MICHEL: BIENS MAL ACQUIS. NOUVEAUX FAITS ILLEGAUX DE LA FRANCE COMMIS EN GUINEE EQUATORIALE Sur https://vimeo.com/196026714

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Assalto al cantiere di Chiomonte nell’ultima notte del campeggio No Tav

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/09/08/news/assalto_al_cantiere_di_chiomonte_nell_ultima_notte_del_campeggio_no_tav-174969140/

Un’ora di battaglia in Valsusa: lancio di sassi e petardi

di CARLOTTA ROCCI

 

08 settembre 2017

 

Notte di protesta al cantiere Tav di Chiomonte, preso d’assalto da un centinaio di persone che hanno lanciato sassi e fuochi d’artificio verso uno dei varchi di ingresso alla zona rossa, protetto dalle forze dell’ordine. 
Questa era l’ultima sera del campeggio studentesco No Tav –  ormai tradizionale appuntamento di fine estate in valle per i contestatori della linea ad alta velocità Torino Lioine –  che si è aperto a Venaus il 5 settembre e si conclude domani mattina con un’assemblea di bilancio. 
Una settantina di persone in arrivo di Venaus ha raggiunto la Clarea avvicinandosi al cancello della centrale intorno alle 21. Da qui sono partiti lanci di lacrimogeni e petardi in direzione di polizia e carabinieri che presidiano l’area dove si sta scavando il tunnel geognostico della Torino-Lione. Insieme con il gruppo di manifestanti anche una ventina di persone dei centri sociali.
L’assalto  è durato poco più di un’ora e la polizia ha disperso gli attivisti con l’uso di idranti e lacrimogeni. Intorno alle 22.30 la situazione è tornata alla normalità. La Digos indaga per identificare i partecipanti all’assalto.

REGENI, NEW YORK TIMES, “DITTATORI” – CARO ALESSANDRO DI BATTISTA, GUARDA MEGLIO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/09/regeni-new-york-times-dittatori-caro.html

MONDOCANE

VENERDÌ 8 SETTEMBRE 2017

Questa è una lettera che avevo indirizzato ad Alessandro Di Battista in merito al suo intervento alla Camera sul caso Regeni-NYT e, per conoscenza, ad alcuni parlamentari 5Stelle di mia conoscenza. Non ho ricevuto risposta e questa lettera diventa pubblica, anche perché contiene considerazioni che possono essere indirizzate a molte altre persone

Questa che è una critica all’intervento del deputato 5Stelle e un invito a riconsiderare certe sue posizioni, non mette minimamente in questione la stima e la solidarietà che ho nei confronti di tante ottime battaglie condotte da Di Battista, alcune delle quali sono state anche da me condivise sul campo

Caro Alessandro Di Battista,

faccio il giornalista da oltre mezzo secolo, oggi indipendente ma  vengo da organi come la BBC, Paese Sera, Panorama (pre-Berlusconi), L’Espresso, The Middle East, Giorni Vie Nuove, Astrolabio,  Rai-TG3. Ho sostenuto molte attività del M5S e con il MoVimento e suoi illustro sostenitori ho organizzato nella mia zona pubbliche iniziative (con Morra, Ruocco, Imposimato, Lanutti, Scibona, Bertorotta…) Ho intervistato deputati e senatori del MoVimento, compreso te, sono amico della senatrice Ornella Bertorotta e ho partecipato a numerose vostre iniziative alla Camera e al Senato. Miei documentari sono stati presentati al Senato. Ho lavorato con militanti  5Stelle sul territorio per i miei documentari e articoli No Tav, No Muos, No Triv, No Basi, terremotati. Spero che tutto questo mi dia un po’ di credibilità.

Conosco la tua esperienza in America Latina e nel Sud del mondo e quindi presumo una tua conoscenza del modus operandi di certe grandi potenze dagli insopprimibili appetiti coloniali in quelle parti del mondo.

Perciò sono rimasto sinceramente esterrefatto per le tue dichiarazioni alla Camera sulla questione Giulio Regeni e, in particolare, per aver accreditato la manifesta bufala di un giornale come il New York Times sulle presunte “prove inconfutabili”, di un suo articolo assolutamente privo di prove inconfutabili, che sarebbero state fornite da un oscuro e anonimo funzionario dell’amministrazione Obama. Prove di cui da allora non si è saputo più nulla. Documenti di cui il governo italiano dice di non aver mai saputo nulla (e mi sembra difficile negare qualcosa che potrebbe poi, apparendo, ritorcersi in maniera disastrosa su chi aveva negato). Considerare il NYT lo standard aureo dell’informazione è perlomeno azzardato, visto il ruolo che questo quotidiano, espressione dell’estrema destra israeliana, ha sempre sostenuto nell’avallare le ragioni, false, per tutte le guerre d’aggressione Usa, comprese le famigerate armi di distruzione di massa.

 La questione Regeni è complessa e vi si incrociano interessi dichiarati e altri molto poco dichiarati. Merita un’analisi attenta come quella che in parecchi, compreso il sottoscritto, vi hanno dedicato. Va inquadrato nella contesa geopolitica sul controllo dell’Egitto e dei suoi rapporti con un paese cruciale nel Mediterraneo come l’Italia, controllo che è diventato oggetto di contesa tra potenze varie,  soprattutto da quando l’Egitto, sotto la spinta di  una rivolta di massa (molto meno che di un golpe militare che l’ha solo assecondata), si è liberato del regime oppressivo e integralista  dei Fratelli musulmani, da sempre fiduciari degli interessi coloniali occidentali nel mondo arabo e matrice di buona parte del terrorismo che oggi vi imperversa.

 Ciò che turba  nell’accanita campagna per la verità per Giulio Regeni è che tutti trascurano i precedenti professionali del giovane e in particolare il suo lavoro per un gruppo di persone specializzate in operazioni sporche: i dirigenti dell’impresa transnazionale di spionaggio “Oxford Analytica” John Negroponte, organizzatore degli squadroni della morte in Nicaragua e Iraq, Colin McColl, già capo dell’MI6, e David Young, processato e incarcerato per il suo ruolo nello scandalo Watergate. E tutti fingono anche di non vedere come, nelle sue trattative con il capo del sindacato ambulanti, Regeni rifiutasse di sostenere le cure per la moglie dell’interlocutore ammalata di cancro, ma fosse disposto a pagargli  ingenti somme purchè presentasse “progetti”. Quali “progetti”, a nome di chi? Comportamento sufficiente per alimentare sospetti, non solo nel suo interlocutore. E’ stato mai chiesto all’Università di Cambridge, o a Oxford Analytica, per quali progetti a Regeni fossero state messe a disposizione decine di migliaia di euro?

L’interesse di governi Nato, in particolare anglosassoni e francese, concorrenti con quello italiano nella corsa alle risorse energetiche (incalcolabili, al largo dell’Egitto) nel Mediterraneo e in Libia, e, quindi, una strategia per emarginare un’Italia una volta fortemente egemone in quel settore (come accadde con Enrico Mattei), si è resa evidente con l’intensificarsi dei rapporti di questi governi con il pur tanto deprecato Al Sisi, nel momento spesso in cui, con scoperta ipocrisia, i media più rappresentativi di queste potenze si accanivano sul caso Regeni e condannavano l’Italia per aver ristabilito rapporti diplomatici con l’Egitto.

Ne risulta evidente che l’interesse del NYT, portavoce dei circoli neocon del complesso militar-industrial-finanziario Usa, a sollevare il caso Regeni, ha molto poco a che fare con i diritti umani (sul cui abuso lo stesso giornale tace ostinatamente quando si tratta di regimi alleati o subalterni), o con la sorte del giovane ricercatore. Ha a che fare con la negazione all’Italia di qualsiasi sovranità e autodeterminazione in politica estera ed economica. 

L’esperienza storica, da Enrico Mattei ad Aldo Moro, ma anche con Minniti oggi, dimostra che la coalizione israelo-euro-atlantica non consente all’Italia una politica estera autonoma, che valorizzi i nostri rapporti di mutuo beneficio con i paesi arabi. Il nostro, per l’alleanza diseguale in cui siamo inseriti, era e dovrebbe rimanere un ruolo ancillare. Quanto al Medioriente, l’attuale offensiva contro l’Egitto è con ogni evidenza la persecuzione di una strategia che punta alla frantumazione di Stati arabi forti, laici e indipendenti. Che ha già lasciato sulla sua strada la Libia e persegue la sua opera con  i tentativi di disgregazione, tra aggressioni dirette, surrogati jihadisti e della Fratellanza Musulmana, di Siria, Iraq, Sudan. Ne abbiamo ricavato esclusivamente conseguenze negative.

Il M5S ha dato ripetute dimostrazioni di autonomia e chiaroveggenza nelle sue iniziative di politica estera. Penso alle posizioni sulle sanzioni alla Russia, su Nato, i paesi dell’A.L.B.A, l’Iran, la guerra alla Siria. L’allineamento con una campagna chiaramente strumentale contro l’Egitto, fondata su premesse del tutto indimostrate e su altre mistificate e occultate, mi auguro possa essere, alla luce di quanto sopra, sottoposto ad accurata verifica.

Per finire, permettimi di avvisarti sulla pericolosità di ricorrere a stereotipi assai sospetti e invariabilmente  strumentali, come quello di affibbiare la qualifica di “dittatore” a destra e manca. A parte che  in alcuni casi la qualifica è del tutto arbitraria (Milosevic, Putin, governanti eletti in modo molto meno fraudolento di quelli con cui si condizionano gli elettori nella cosiddette democrazie) e, in altri, non tiene conto di una realtà storica, culturale, politica, del tutto diversa dalla nostra, non solo mostra un’inclinazione all’eurocentrismo sempre un po’ colonialista, ma contribuisce a spianare la strada alle aggressioni delle potenze che si arrogano il diritto di impartire tali etichette. Si tratta di questioni che, come constatiamo ogni giorno, coinvolgono la vita e provocano la morte di milioni di persone, sulle quali non è consentita approssimazione o ripetizione di stereotipi.

Non occorre essere grandi etnologhi, antropologi o storici per capire che i modelli istituzionali usciti in Europa dalle rivoluzioni borghesi difficilmente sono applicabili a contesti completamente diversi. I paesi che si definiscono disinvoltamente e strumentalmente “dittature”, da parte, tra l’altro, di chi è sottoposto alla più feroce dittatura finanziaria e alle più proterve manipolazioni mediatiche, hanno alle spalle una storia diversa. E sono usciti all’indipendenza e alla modernità solo da pochi decenni, dopo secoli e millenni di tirannie imperiali. Erano dominati da autocrazie distanti e sanguinarie, romana, ottomana, britannica, francese e altre. Non gli era consentita la minima autodeterminazione politica, se non una limitata gestione degli affari locali minori, specie sulle controversie giudiziarie. Ogni forma di organizzazione politica era bandita. La tribù poteva darsi al massimo un capo, nella persona più anziana o autorevole, per le questioni locali e per l’interlocuzione con gli emissari dell’impero. Nell’immaginario collettivo, all’inizio dell’era dell’indipendenza e della nazione, il quadro era quello tribale del capo e dell’assemblea degli anziani. Non poteva non perpetuarsi all’alba della nascita dello Stato, tanto più se questo era da attribuirsi al merito di un padre della patria come è stato il caso nella maggioranza dei paesi decolonizzati. Credo che la legittimità di un governo, poi, si misuri anche dal consenso e dal confronto con la situazione del passato. Quella determinata da noi democratici europei.

Noi italiani, poi, del resto come gli inglesi, che con Churchill hanno gasato i civili iracheni, o i francesi delle torture algerine, dovremmo adottare un po’ di cautela nella condanne. Il maresciallo Graziani ha sterminato un terzo del popolo libico, 600mila, Gheddafi ha dato a tutti i libici dignità, acqua potabile e benessere, come riconosciuto dall’ONU che, nel 2011, aveva ancora classificato la Libia prima per “sviluppo umano” in Africa.

Aggiungo alcuni illuminanti dettagli, già ripetutamente riferiti in miei articoli sul blog e su FB, oggi riassunti da chi si occupa del caso da tempo e che non dovrebbero essere trascurati da chiunque voglia occuparsi, in alternativa ai produttori di fake news nei massa media al servizio del revanscismo neocoloniale, di politica estera con onestà e competenza.

Grazie dell’attenzione.

Con stima per tanta parte che il M5S e tu avete avuto nel prospettare agli italiani una sorte migliore.

Fulvio Grimaldi

www.fulviogfrimaldicontroblog.info

-Giulio Regeni è stato un brillante studente che ha studiato a lungo negli USA 
e poi in Gran Bretagna (UK).
-Nel momento in cui è stato inviato in Egitto per effettuare una non ben precisata “ricerca” sui sindacati indipendenti egiziani, stava per conseguire un dottorato di ricerca presso la prestigiosa Università di Cambridge.
-In precedenza, nell’UK, aveva lavorato negli anni 2013-2014 anche per la Oxford Analytica, una vasta organizzazione con migliaia di dipendenti, presente in molti paesi del mondo, incaricata ufficialmente di svolgere “analisi politiche”i cui principali dirigenti erano:
John Negroponte (cittadino USA), già importante agente della CIA ed organizzatore degli squadroni della morte in America Centrale che uccidevano gli oppositori antimperialisti di quell’area;
David Young (cittadino USA), già membro del gruppo di spie implicato nello scandalo Watergate, incaricato dal Presidente Nixon di spiare e raccogliere informazioni sul rivale Partito Democratico;
Colin McColl (cittadino UK), già alto dirigente del noto servizio di spionaggio britannico M16 (quello di 007).
-In Egitto Regeni era anche “visiting scholar” dell’Università Americana del Cairo, notoriamente implicata in iniziative atte a diffondere il pensiero e l’influenza USA nella classe colta egiziana e difendere gli interessi statunitensi.
-Durante il periodo in cui è stato in Egitto, Regeni ha pubblicato con uno pseudonimo vari articoli sui sindacati egiziani, anche sul “Manifesto”, ma si sa pochissimo sulla sua attività di “ricerca”.
-E’ certo che Regeni avesse aggangiato il sindacalista Abdallah, capo del sindacato degli ambulanti.
-In una registrazione (parziale) diffusa da organi di stampa italiani qualche mese fa, si sente Regeni offrire 10.000 dollari ad Abdallah in cambio di fantomatici “progetti” non meglio specificati. Abdallah, già in contatto con la polizia egiziana,  registra il colloquio e chiede a Regeni denaro per sé. 
Regeni rifiuta e si mostra molto prudente. Forse già sa, o sospetta, che Abdallah lo sta registrando e lo ha già denunciato alla polizia. Di fatto Regeni è “bruciato”.
-Il 25 gennaio 2016 Regeni scompare in circostanze mai chiarite. Il suo cadavere, recante segni di gravi maltrattamenti e percosse, viene ritrovato il 3 febbraio in un luogo aperto, non nascosto e di facile accessibilità, presso l’inizio dell’autostrada per Alessandria.
-Proprio in quei giorni è in corso al Cairo un’importante riunione economica tra una delegazione italiana guidata dalla Ministra Federica Guidi ed una delegazione del Governo Egiziano. Tra gli argomenti trattati anche eventuali concessioni all’ENI relative al più grande giacimento di gas off-shore del Mediterraneo scoperto presso la costa egiziana.
-Il Ministro Guidi rientra precipitosamente in Italia (anche se si ritiene che trattative economiche siano continuate sottobanco).
-Le autorità italiane accusano gli inquirenti egiziani di scarsa collaborazione nelle indagini sull’assassinio e l’ambasciatore italiano viene fatto rientrare dal Cairo.Tutta la stampa italiana, ed i partiti ed i movimenti politici, tranne poche eccezioni, si scatenano in una prolungata campagna contro il Governo Egiziano, accusato quale mandante dell’omicidio (ma senza prove concrete). 
-L’Università di Cambridge rifiuta di collaborare con gli inquirenti italiani per chiarire l’esatto mandato ricevuto da Regeni. Nessuna pressione viene fatta dal Governo Britannico sull’Università di Cambridge o sulla Oxford Analytica perché forniscano chiarimenti sull’attività di Regeni. Lo stesso si può dire per il Governo USA nei confronti dell’Università Americana. Il Governo italiano non esercita pressioni e non prende alcun provvedimento verso le istituzioni ed i Governi di cui sopra.
-Solo pochi gruppi o persone in Italia si pongono il problema del “cui prodest”. L’omicidio Regeni ha certamente messo in difficoltà il governo egiziano, posto sotto accusa, e che non aveva interesse ad eliminare un informatore di basso profilo già “bruciato”. L’assassinio ha invece fortemente favorito gli interessi economici di altri paesi, come UK e Francia, che si sono affrettati a concludere una serie di accordi economici con l’Egitto profittando dell’allentamento dei rapporti Italia-Egitto e non mostrando nessuna solidarietà con l’Italia. Non appare peregrina l’ipotesi che l’informatore di basso profilo Regeni, già “bruciato”, sia stato “sacrificato” per creare una situazione come quella descritta sopra, magari con la complicità di qualche gruppo deviato dei servizi egiziani (eventualmente infiltrato dalla Fratellanza Musulmana, all’opposizione).
-Recentemente il Governo italiano decide di cambiare politica e riallaccia relazioni con l’Egitto, parlando di partnership ineludibile e di una possibilità di una maggiore collaborazione dei due stati anche nelle indagini..
-Si scatena l’attacco di ampi settori politici e della stampa, spesso facenti parte dell’area dell’interventismo “umanitario” (già sponsor delle guerre in Jugoslavia, Libia e Siria) al Governo, reo di un eccesso di realismo politico. 
Si comincia però in vari settori ad avanzare anche una critica alla non collaborazione di Cambridge e ad porre ipotesi alternative sull’omicidio e domande sulla reale attività di Regeni.
-In un’intervista il gen. Tricarico, ricoprente incarichi governativi (vedi sotto), ribatte alle accuse, parlando di “utili idioti” che non comprendono il reale contesto di questi tragici avvenimenti.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 12:07

LE VOLET SUISSE DE L’AFFAIRE DITE ‘DES BIENS MAL ACQUIS’, LA PROCHAINE DESTABILISATION EN AFRIQUE …

PANAFRICOM/ ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (V) :

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (V)/

2017 09 07/

Capture

# PARTIE I/

DES « BIENS MAL ACQUIS » AU « PETROLE MAL VENDU » :

LE VOLET SUISSE

Un volet parallèle aux « biens mal acquis » (BMA) (1) est en cours de préparation depuis au moins le début 2015 (2) Elle cible particulièrement la Guinée Equatoriale et le Congo Brazzaville . On pourrait l’appeler le « pétrole mal vendus ».

L’affaire a déjà été annoncée dans la presse suisse et internationale en 2015 est en phase de constitution des dossiers.

Plusieurs ONG suisses mènent des campagnes depuis les Années 2007-2008 sur les « biens mal acquis »: à Bâle, « Action place financière Suisse » suit « les développements concernant la fortune d’une douzaine de potentats ». De son côté, la « Déclaration de Berne » (devenue récemment « Public Eye ») « s’est alors beaucoup investie dans l’affaire concernant des transferts douteux sur un compte bancaire à Genève de millions de dollars à la fin des années 1990, provenant de revenus pétroliers destinés au remboursement de la dette angolaise envers la Russie », dit LE COURRER.CH (22 avril 2008). C’est l’époque où les réseaux Sorös se focalisent sur les Affaires BMA ! « Biens mal acquis: la France donne des idées à la Suisse » titre alors Le courrier.ch …

LES VENTES DE PETROLE AFRICAIN EN SUISSE PROCHAINE CIBLE DE L’AFFAIRE DITE ‘DES BIENS MAL ACQUIS’

Le cœur en est la Suisse, Berne (et aussi Genève) étant avec Hong-Kong la place internationale du négoce du pétrole et des hydrocarbures. Et Hong-Kong sous souveraineté chinoise – Pékin ayant apporté un soutien diplomatique et politique à Libreville, Brazzaville et Malabo contre Paris dans les dossiers des BMA – étant inaccessible aux maneuvres occidentales (ceci d’autant plus que les occidentaux tentent une révolution de couleur à Hong-Kong, la « révolution des parapluies » ou « Occupy Hong-Kong ») (3), restait Berne …

Acteurs :

le Quai d’Orsay, le Parquet financier de Paris, le Parquet suisse (qui après de spectaculaires dossiers de blanchiment et d’évasion fiscale, notamment le Dossier UBS, a capitulé devant les fiscs américain, français et allemand), le presse des réseaux Söros (dont le cœur est « Le Monde Afrique » financé officiellement par la Fondation OSIWA en Afrique du Sud) (4).

Initiateurs :

Söros, Total, l’inévitable Me Bourdon, Transparency International, deux Ong suisses qui servent de paravent aux précédents : « La Déclaration de Berne » (devenue aujourd’hui « Public Eye » et « Swiss Aid », et l’Ong suédoise SIDA.

Les buts de cette nouvelle déstabilisation :

* s’en prendre aux ventes de pétrole des états africains, les faire mettre sous contrôle de l’ONU, prolonger au cœur de l’économie africaine les « biens mal acquis ».

* Mais aussi saper les marchés pétroliers des états concernés et le prix de vente de leur hydrocarbures (on se souviendra que le soi-disant « philanthrope » Söros est un très grand spéculateur international, fortune de 34 milliards de $).

Opération donc infiniment plus vaste que les « biens mal acquis » et plus dangereuse !

Sont visés :

Encore et toujours des états africains !

Les trois états des « biens mal acquis » – Guinée Equatoriale, Congo Brazzaville, Gabon -, mais aussi le Tchad, le président Biya au Cameroun, la famille Dos Santos en Angola et la famille Kabila en RDC. Le président du Tchad est aussi visé, avec sa famille et la Première Dame.

# PARTIE II/

APRES PARIS LE CONGO DU PRESIDENT NSASSOU NGUESSO CIBLE EN SUISSE

Dès 2015, la famille Sassou Nguesso est ciblée en Suisse. RFI titre alors (2 mars 2015) « Le fils du chef de l’Etat congolais est épinglé par une ONG suisse de lutte contre la corruption. Selon cette organisation, Denis-Christel Sassou-Nguesso puiserait dans les revenus pétroliers du Congo, via une société basée à Genève ». « C’est l’ONG La Déclaration de Berne qui soulève le lièvre, dit RFI. A l’appui de certains documents transmis par un lanceur d’alerte, elle met en cause Denis-Christel Sassou-Nguesso (…) Le dossier du détournement fait l’objet d’une large publicité en Suisse. La presse y consacre de nombreux articles ». Pas étonnant quand on voit les appareils d’état, les réseaux internatonaux et les multinationales occdentales qui se proflent derrière ces affaires …

LE « DOSSIER ORION OIL »

Le grand quotidien genevois LE TEMPS (lié éditorialement au MONDE de Paris, financé par Sorös) (4) explique (uniquement à charge) comment « la Suisse cible le président congolais et son clan » (5), mais évoque aussi « Les enquêteurs français », « L’essentiel de l’enquête suisse a été transmis à la France en janvier dernier » (les parquets de Paris et de Berne agissant de connivence : « La société vaudoise Orion Oil appartient aux hommes de confiance de l’inamovible président congolais Denis Sassou-Nguesso. La justice suisse enquête sur son directeur pour blanchiment d’argent et corruption. Le cas illustre les liens secrets entre négoce pétrolier et dictatures ». On est au centre de la thématique développée par Me Bourdon et ses comparses.

« La Suisse a massivement collaboré avec la justice française et enquête (…) depuis 2012 au moins. Le Tribunal pénal fédéral a rendu dans cette affaire deux arrêts, malheureusement assez peu explicites sur les faits: RR.2015.227 et RR.2015.98. Les enquêtes suisse et française s’inscrivent dans la procédure dite des «biens mal acquis». Lancée par une plainte de l’ONG Transparency International ».

Le Temps précise que sont visés « le gaspillage de la richesse pétrolière dans les pays les plus pauvres du monde » et un homme, « L’ancien banquier est surtout l’homme de confiance de la famille du président congolais Denis Sassou-Nguesso pour tout ce qui concerne la finance offshore », à qui le procureur promet un « un procès retentissant devant la Cour des affaires pénales de Bellinzone. Poursuivi pour blanchiment aggravé, le Français risque jusqu’à cinq ans de prison (…) Le sexagénaire est associé avec le plus flamboyant trader pétrolier du Congo, Lucien Ebata, à la tête du groupe Orion Oil ». « En Suisse, l’un des centres du pétrole africain, certaines sociétés de négoce ne naissent et ne grandissent que grâce aux faveurs des dirigeants des pays producteurs. Orion Oil en offre un exemple particulièrement pur, que Le Temps a pu documenter ».

LE PETROLE CONGOLAIS EN LIGNE DE MIRE

A peine plus petite que l’Allemagne, peuplée de 4,7 millions d’habitants, la République du Congo – ou Congo Brazzaville – (à ne pas confondre avec son voisin géant, la République Démocratique du Congo) produit environ 250’000 barils de pétrole par jour, ce qui la place au 33e rang mondial. Le pétrole représente 75% des revenus de l’Etat.

Comme l’avoue le grand quotidien genevois LE TEMPS, la cible ce sont le Consortium congolais Orion Oil, « son pétrole et ses banques » (6) … ORION OIL est au cœur du pétrole congolais et du pouvoir de Brazzaville. C’est notamment la « 1re entreprise privée de trading pétrolier d’Afrique Centrale et de l’Ouest ».

Le Temps donne la dimension géoéconomique de ce consortium : « Les banques occidentales étant devenues plus regardantes sur leurs partenaires d’affaires, les banques africaines ont pris le relais pour financer certaines sociétés issues du continent noir. En décembre 2015, Orion a levé 580 millions de dollars en crédit export auprès de quatre banques africaines, afin d’assurer notamment le préfinancement à l’exportation de cargaisons de pétrole. Deux ans auparavant, 500 millions de dollars avaient été levés auprès de Ecobank Capital, dédiés au prépaiement de cargaisons de pétrole brut fournies par la Société Nationale des Pétroles du Congo (SNPC). Orion et la SNPC venaient de signer un accord commercial portant sur un programme d’allocation de pétrole brut d’une durée de 24. Cette quasi osmose avec la SNPC a permis à la société de Lucien Ebata de grossir. À l’été 2015, le groupe a racheté à la Petroci (la société nationale pétrolière de Côte d’Ivoire) qui est au bord de la faillite, ses parts dans le champ pétrolier MKB (Mengo-Kundji-Bindi), situé à la frontière avec l’enclave angolaise du Cabinda, devenant ainsi actionnaire à 40% des parts, alors que le reste appartient à la SNPC (…) En octobre 2014, Orion et la SNPC ont aussi levé un financement d’1,5 milliard de dollars pour le développement de champs pétroliers au large de la côte atlantique congolaise: Moho Nord, Moho Bilondo, LIANZI et MKB. » « Orion Oil se profile comme l’un des principaux robinets du pétrole du Congo-Brazzaville, travaillant main dans la main avec la société d’Etat SNPC, qui lui octroierait en moyenne 8 cargaisons de pétrole brut par an, selon plusieurs sources. Un volume énorme (…) Orion détiendrait aussi le monopole de fait pour l’approvisionnement en produits pétroliers du pays », toujours selon Le Temps.

LES SOURCES DES MEDIAS SUISSES ET FRANÇAIS OU LE SERPENT QUI SE MORD LA QUEUE : LES ONG (PUBLIC EYE, TRANSPARENCY ET CIE) QUI ONT MONTE LES DOSSIERS…

Parmi les sources du Temps « Marc Guéniat, spécialiste du trading de matières premières pour l’ONG Déclaration de Berne ». Et l’inévitable Me Bourdon ! « L’essentiel de l’enquête suisse a été transmis à la France en janvier dernier. Selon William Bourdon, avocat parisien de Transparency international, à l’origine des procédures, «la preuve est apportée aujourd’hui que sans le concours, l’engineering d’un certain nombre d’acteurs en Suisse, une partie des détournements du clan Sassou n’auraient pas été possibles». ». Un dossier est même concocté quelques mois plus tard par l’ONG la Déclaration de Berne/Public Eye intitulé « Un contrat raffiné », dont par exemple LE POINT (Paris, 10 février 2016) (7) se fait l’écho (toujours à charge uniquement). Le monde est petit …

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée en juin 2017 pour EODE-AFRICA/ Source variées en Suisse et en France, vérifiées par enquêtes)

NOTES

(1)  Voir sur PANAFRICOM-TV/ LUC MICHEL: LE DOSSIER DIT ‘DES BIENS MAL ACQUIS’. UN ELEMENT DE LA DESTABILISATION L’AFRIQUE sur https://vimeo.com/196975706

(2) Voir sur ECUATORIAL-GUINEA-TV/ LUC MICHEL: SUISSE VS GUINEE EQUATORIALE. LE VOLET SUISSE DE L’AFFAIRE DITE DES ‘BIENS MAL ACQUIS’

sur https://vimeo.com/189210992

Voir :

AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ LUC MICHEL DANS ‘LE DEBAT PANAFRICAIN’ EXPLIQUE POURQUOI LA SUISSE ATTAQUE MAINTENANT LA GUINEE EQUATORIALE DANS L’AFFAIRE DITE ‘DES BIENS MAL ACQUIS’

sur http://www.lucmichel.net/2016/10/23/afrique-media-eode-tv-luc-michel-dans-le-debat-panafricain-explique-pourquoi-la-suisse-attaque-maintenant-la-guinee-equatoriale-dans-laffaire-dite-des-b/

Et :

ECUATORIAL-GUINEA-TV/ LUC MICHEL: SUISSE VS GUINEE EQUATORIALE. LE VOLET SUISSE DE L’AFFAIRE DITE DES ‘BIENS MAL ACQUIS’

sur http://www.lucmichel.net/2016/10/27/ecuatorial-guinea-tv-luc-michel-suisse-vs-guinee-equatoriale-le-volet-suisse-de-laffaire-dite-des-biens-mal-acquis/

(3) Voir Luc MICHEL, EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (Saison I-5). OCCUPY HONG-KONG. REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE sur https://vimeo.com/114919746

 

(4) Cfr. Luc MICHEL, Déstabilisation de l’Afrique made in USA : Comment la presse africaine se fait intoxiquer par les ‘sondages’ des vitrines légales de la CIA !, sur http://www.palestine-solidarite.org/analyses.luc_michel.280515.htm

Et /

sur EODE-TV/ LUC MICHEL ANALYSE LES RESEAUX AMERICAINS QUI MANIPULENT LA PRESSE AFRICAINE/ SUR RADIO SPUTNIK (6 JUIN 2015) Podcast sur https://vimeo.com/130537885

(5) Cfr. « Pétrole et corruption: la Suisse cible le président congolais et son clan, LE TEMPS, Genève », 19 mai 2016.

(6) « Orion Oil, son pétrole et ses banques », LE TEMPS, Genève, 19 mai 2016.

(7) « Biens mal acquis – Congo : la Suisse entre dans la danse », LE POINT, Paris, 2 février 2016.

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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LE ‘PRINTEMPS ARABE’ EN TUNISIE POUR Y INSTALLER UNE BASE MILITAIRE AMERICAINE ? (BASE MILITAIRE AMERICAINE EN TUNISIE II)

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 09 06/

LM.GEOPOL - Base us en tunisie II (2017 09 06) FR

« Ce sont les Américains qui ont pris les choses en main (…) Les militaires américains ont parlé avec leurs homologues tunisiens, et Ben Ali a été prié, sans plus attendre, de quitter le territoire »

– Michèle Alliot-Marie (ministre française de la Défense, janvier 2011).

Et si le but du soi-disant « printemps arabe » en Tunisie avait été dès le début l’implantation de la base militaire US ?

* Lire LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

TUNISIE : CETTE BASE MILITAIRE AMERICAINE, FRUIT DU SOI-DISANT ‘PRINTEMPS ARABE’, QUE PERSONNE NE VEUT VOIR (PARTIE I) sur http://www.eode.org/luc-michels-geopolitical-daily-tunisie-cette-base-militaire-americaine-fruit-du-soi-disant-printemps-arabe-que-personne-ne-veut-voir/

REVOLUTION DE COULEUR TUNISIENNE : LES IDIOTS UTILES ONT BIEN TRAVAILLE POUR WASHINGTON DEPUIS 2011 !

Le président américain Barack Obama a affiché EN 2015 son « soutien à la Tunisie » (comme la corde soutient le pendu) en annonçant son intention d’accorder à ce pays, où le soi-disant « printemps arabe » – en fait une vague de révolutions de couleur – avait débuté il y a quatre ans (après un premier essai raté fin 2010 en Algérie), le statut d’ « allié majeur non-membre de l’Otan ».

* Retour sur 2011 et la pseudo « revolution du jasmin » :

Nous étions début 2011. Je publiais le 21 janvier pour PCN-INFO, le premier et longtemps le seul, la première analyse identifiant ce « printemps hiver » tunisien à une révolution de couleur. J’écrivais alors ce qui suit sous le titre « LA REVOLUTION DU PEUPLE TRAHIE, CONFISQUEE, MANIPULEE … L’ARMEE TUNISIENNE A FAIT UN COUP D’ETAT CONTROLE PAR LES AMERICAINS ! : « MAM (Michèle Alliot-Marie, alors ministre française de la Défense) : « Ce sont les Américains qui ont pris les choses en main ». Les révélations du CANARD ENCHAINE (Paris, 19 janvier 2011), les aveux de la ministre française Alliot-Marie ! Pourquoi l’armée et la police continuent à tuer des Tunisiens …

La France totalement hors du coup (bravo les neocons français, une fois de plus cocus et traités comme des valets) … Obama pense qu’un maghreb démocratique est le rempart (sic) ctre les islamistes. Une méconaissance totale du Mahreb ! Résultat : les islamistes tunisiens rentrent et se réorganisent. On comprend l’adoption par les médias de l’OTAN du terme “révolution de Jasmin”, qui relie le coup tunisien aux “révolutions de couleur”, en fait les contre-révolutions organisées dans l’Est européen par les USA contre les régimes anti-occidentaux. »

* … 4 ans après voila la Tunisie « allié majeur non-membre de l’otan » :

Mais revenons à 2015. C’est la deuxième fois qu’Obama recevait Caïd Essebsi dans le Bureau ovale. La première fois, en octobre 2011, ce dernier était Premier ministre d’un « gouvernement de transition » (toujours cette « transition » qui veut dire américanisation), mis en place après la révolution de couleur, travestie en soulèvement populaire, et appuyée dans la réalité sur un coup d’état militaire (comme MAM l’avouait au Canard Enchaîné début 2011) qui avait renversé le régime de Zine el Abidine Ben Ali le 14 janvier de la même année.

Le statut d'”allié majeur non-membre de l’Otan”, « privilège » commente sans honte l’AFP, déjà accordé à une quinzaine de pays, dont le Japon, l’Australie, l’Afghanistan ou encore l’Egypte, Bahreïn et le Maroc, entre autres prostituées « arabes » de Washington, permet aux pays concernés « d’avoir accès à une coopération militaire renforcée avec les Etats-Unis, notamment dans le développement et l’achat d’armements ». Un privilège qui engraisse le lobby militaro-industriel américain, dans des pays où la pauvreté absolue est le lot dune immense partie du peuple !

* Le but des révolutions de couleur du soi-disant printemps arabe dévoilé :

Implanter la democratie de type americain au proche-orient … Dans une tribune commune publiée alors dans le Washington Post, les deux présidents ont souligné que la Tunisie démontrait que « la démocratie est non seulement possible mais aussi nécessaire en Afrique du Nord et au Moyen-Orient ». « Le lieu où le printemps arabe a commencé est aussi celui où nous avons vu les progrès les plus extraordinaires » (resic), a souligné le président américain dans le Bureau ovale.

… et clientelliser les armées arabes !

Washington souhaite aussi clientelliser et fidéliser les armées des pays arabes « démocratisés », sur le modèle de l’Armée égyptienne (1,3 milliard de dollars d’aide financière US).

« Démocratie » sous contrôle américain, armée achetée par les aides US, pays « allié majeur non-membre de l’Otan » des USA : voilà les buts véritables de la révolution de couleur, dite du Jasmin, organisée par Washington. La Tunisie est un état-client des USA !

(Sources : Le Canard Enchaîné/2011 – ELAC Website)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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* EODE :

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Terzo Valico, appalto vinto dall’azienda dello scandalo del Tenda, il tunnel “fatto con lo sputo”

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/09/06/news/titolo-174780850/

Terzo Valico, appalto vinto dall'azienda dello scandalo del Tenda, il tunnel "fatto con lo sputo"
Un cantiere del Terzo Valico 

Lavori da 263 milioni a Fincosit, coinvolta nell’inchiesta in cui direttori e capicantieri si vantavano al telefono delle ruberie e della precarietà della nuova galleria tra Italia e Francia. Rettighieri, commissario del Cociv che assegna le commesse: “Tutto regolare”

di OTTAVIA GIUSTETTI

06 settembre 2017

L’impresa di costruzioni Grandi Lavori Fincosit, nel pieno dello scandalo per il cantiere del Colle di Tenda-bis, si è aggiudicata un nuovo appalto milionario, questa volta per la realizzazione dell’alta velocità tra Genova e Alessandria. Valore del contratto 263 milioni di euro. Il tutto mentre la procura di Cuneo va avanti con le indagini che a maggio hanno svelato uno scenario inquietante sulle modalità di realizzazione dei lavori della seconda galleria del Tenda, dove operai, direttori dei lavori e capi cantiere sono stati intercettati mentre rubavano le strutture in ferro per sorreggere la volta della galleria e le rivendevano come rottame, intascando oltre cento mila euro, e parlando al telefono di opere “fatte con lo sputo”.

Una scelta che fa scalpore, ma inevitabile almeno sotto il profilo tecnico, secondo Marco Rettighieri, commissario del Cociv, general contractor per la realizzazione del Terzo Valico. “Nessuna restrizione da parte dei giudici, l’impresa ha vinto un appalto regolarmente” dice Rettighieri. “Se Fincosit fosse stata raggiunta dal provvedimento di un giudice sarebbe stata esclusa, ma così non è successo e Cociv ha aggiudicato l’appalto aperto secondo i criteri dell’offerta più vantaggiosa”. Sul cantiere del Tenda-bis ci sono 11 indagati tra dipendenti di Anas e Fincosit accusati della maxi-frode, 5 arresti. Nulla che intervenga sull’operatività dell’azienda che ha licenziato i dipendenti infedeli e ha chiesto di essere parte lesa nel procedimento. Anche sul Terzo Valico pesa una complessa inchiesta penale che intreccia procura di Roma e di Genova. Le accuse sono di aver preso mazzette per pilotare le gare, ma in quel caso Grandi Lavori Fincosit non è stata in alcun modo coinvolta. Come forma di autotutela, Cociv aveva sospeso tutti i contratti, quindi anche quelli con Fincosit, temporanemente. E solo ieri il commissario Rettighieri li ha sbloccati.

Ma a Cuneo le indagini non sono concluse e la Francia è parte civile nel processo. Restano le frasi choc dal cantiere registrate  da gennaio 2014 a febbraio 2017 mentre la stessa Ati, tutta italiana, stava scavando pure dal lato francese avendo vinto l’intero appalto con procedura ristretta da 176 milioni di euro. Pali di ferro “fissati  con lo sputo”; uno degli indagati di Fincosti, che dice al telefono: “Eh qua finché non muore qualcuno non cambia niente!”. E un altro: “Si stanno spaccando tutti i mattoni, i mattoni non sopportano più il peso. Qua ci sono 6 metri dove si è mosso il muro, che la fondazione non ci sta”. Poi si scopre che il ferro per l’armatura delle fondazioni era finito a rottamare e il muro di contenimento sul lato francese stava crollando.