SIRIA, VENEZUELA: TRIONFALISTI MORGANATICI

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MONDOCANE

LUNEDÌ 18 SETTEMBRE 2017

Gira da sempre nella sinistra, specie in quella che cerca di restare autentica, rivoluzionaria, la tendenza che Mao esemplificò con la definizione della “tigre di carta”. Quanto fossero di carta capitalismo e imperialismo  s’è visto da allora ad oggi, con il capitalismo che, a parte l’URSS, s’è addirittura mangiato il paese di Mao, Cuba, il Vietnam e con il socialismo che, per vederlo ancora sognato e auspicato, tocca aggirarsi per El Alto di La Paz, o in qualche quartiere proletario di Caracas, tipo il “23 De Enero”.

Nell’attualità questa realtà travisata in prodotto del desiderio si manifesta con grande evidenza in Siria e in Venezuela. Una storicamente incrollabile fiducia nella Russia, URSS o Federazione che sia, trascura completamente la realtà sul terreno in Siria e anche davanti alle evidenze di compromessi al ribasso, rispetto alla riconquista della sovranità e integrità territoriale da parte di Damasco, formula ardite e volontaristiche teorie che lascino intendere scaltre manovre di Putin di aggiramento del nemico. Si torna a sentire l’antico mantra: tempo al tempo. Intanto Netaniahu bombarda impunemente siti strategici e trasporti cruciali, senza che entrino in funzione i celebrati S300 o S400 russi o siriani, vaste zone di confine e nel cuore del paese sono affidate (pro tempore, ad perpetuum?)  a coloro che hanno eseguito il mandato di sgozzare o espellere il maggior numero di siriani e di frantumarne l’unità, si tollera che i mercenari curdi dell’invasore statunitense espandano il proprio territorio compiendo terribili pulizie etniche, si accetta come normalità il fatto che un occupante straniero e i suoi scagnozzi intimino alle forze armate del governo di non superare, con l’Eufrate, un limite dai primi imposto con incommensurabile protervia e plateale violazione del diritto internazionale.

Si può e si deve esultare per la forza, la resilienza e l’eroismo di un popolo e della sua nobilissima leadership che, da ormai quasi sette anni, ha tenuto testa e parzialmente rigettato l’assalto di una muta di licantropi dotati di ogni mezzo tecnologico, finanziario, subumano e di ogni mancanza di scrupoli, accompagnati dall’uragano di menzogne e calunnie di media asserviti alle due più feroci tirannie del mondo, USA e Israele, con il bonus aggiuntivo della complicità immoralmente ideologica delle sinistre di complemento imperiale. E si deve rendere omaggio e riconoscenza, nel nome dei popoli liberi o ansiosi di libertà, al contributo offerto da Hezbollah e dalle brigate internazionali irachene e iraniane, queste sì eredi di quelle antifasciste di Spagna. Ed è anche vero che, per un motivo o per l’altro, Mosca ha aggiunto di suo una potenza militare e una sagacia diplomatica cui non è possibile negare un ruolo cruciale negli esiti  fin qui raggiunti.

Si interpreta, nell’esaminare i risultati dei vertici russo-iraniano-turchi di Astana, l’affidamento, letteralmente a scatola chiusa, di vasti settori del territorio nazionale siriano ai turchi con le loro riserve jihadiste, ai pulitori etnici curdi sotto comando statunitense, ai raggruppamenti terroristi Isis o Al Qaida, come una manovra di largo respiro che si esaurirebbe nel tempo per non si capisce quali resipiscenze degli stessi soggetti che, fino a dieci minuti fa, hanno sbranato il paese nel nome del Nuovo Medioriente USraeliano. Si confida, si vaticina, si divina. E si coltivano false e pericolose (auto)illusioni che potrebbero anche portare, non solo alla “riduzione della conflittualità”, come le macchie del leopardo israelo-americano-turco-curdo-jihadiste vengono benevolmente chiamate, ma al calo di quella tensione alla resistenza per l’affermazione di una patria libera, sovrana e integra, per la quale in tanti tanto hanno sacrificato. Tutto questo nel segno di una grande integrità morale e di un’altrettanto profonda sapienza politica dei russi. Come chiamarlo, fideismo?  L’irrisolto, eterno bisogno di mamma?

Intanto, proprio mentre sto scrivendo queste note, mi arriva dal Ministero degli Esteri una nota che respinge ogni permanenza turca su territorio siriano, come risulta sancita ad Astana e afferma, in netta opposizione a quanto Mosca e Ankara avrebbero concordato, primo, che il governo siriano considera la presenza turca illegale e, secondo che, ponendosi come garanti di soluzioni al conflitto, Russia e Iran hanno il dovere di pretendere dai turchi il ritiro da Idlib. Sono felice di questa dimostrazione di autonomia e dignità e spero che i russi non vogliano rischiare di perdere la faccia davanti ai siriani, agli arabi, al mondo libero.

Sarà interessante vedere la risposta degli alleati di Damasco, quella di netto rigetto del governo siriano è già stata espressa, all’oscena intimazione della soldataglia ascara curda e della giunte dei Tre Generali di Washington di non varcare l’Eufrate e di non azzardare attacchi a chi quell’area ha deciso di fare un cuneo puntato al cuore della Siria.. Questo detto a una nazione e ai suoi alleati, che legittimamente si battono in difesa, da invasori, predatori, terroristi, del territorio di uno Stato membro dell’ONU, da chi ha violato ogni norma del diritto internazionale e ha commesso ogni possibile crimine di guerra e contro l’umanità, non può essere considerato termine di discussione, oggetto di mediazione. Neanche da chi, scevro da ubbie morali o ideologiche, pratica il pragmatismo della realpolitik, essendo ogni Stato, come scrive un mio amico, in prima linea “amico di se stesso”.

 Kurdistan prima e dopo

Ho grande rispetto per il ruolo mondiale, che Putin ha assegnato al suo paese, di contrasto all’espansionismo imperialista, al bellicismo della criminalità  neocon-liberal organizzata nel complesso militar-industriale-securitario-mediatico statunitense ed europeo. Ma questo non mi acceca davanti ad equilibrismi tattici  che, nella fase presente, spuntano la lama dell’offensiva vittoriosa di Damasco e dei suoi alleati, nel momento in cui il nemico era in rotta, il risultato della liberazione totale pareva a portata di mano, la leva che i russi esercitano su Ankara alle prese con il rafforzamento USraeliano della quinta colonna curda, poteva limitarne l’espansionismo nel nord siriano. E non mi impedisce di udire l’assordante silenzio di Mosca sull’invasione USA del suolo siriano, sulla costruzioni di basi progettate permanenti, sul protettorato curdo che divora arti del corpo siriano e, e questo è davvero il colmo, sul connubio curdi-Isis benedetto dagli Usa in funzione antisiriana. Bella evoluzione di un YPG-PKK che per i nostri sinistrati era laico, femminista, egualitario, partecipativo, socialista.

Già i bombardieri Usa avevano sostenuto ripetutamente i jihadisti a Deir Ez Zor massacrando l’esercito regolare siriano, ma ora hanno superato ogni limite nel sostenere l’alleanza tra i curdi, di per sé già rotti a ogni oscenità, e i terroristi che dicono di combattere. Roba da immediatamente sollevare al Consiglio di Sicurezza dell’ONU con l’accusa dimostrata e, davanti al consesso internazionale, davvero imbarazzante per Washington, .della fusione dei due mercenariati, curdo e jihadista, ufficialmente sulla lista dei terroristi Usa, per l’ illegale  occupazione di un paese sovrano e per lo sterminio della popolazione autoctona. Invece niente.

Curdi, Israele e Isis uniti nella lotta

Se il progetto era quello di rovesciare Assad e il suo governo, se ne deve registrare il fallimento. Se invece, come è storicamente dichiarato e documentato, al regime change si doveva far seguire la divisione dello Stato unitario in frammenti etnico-religiosi, beh, al momento non si può disconoscere che quel risultato è stato raggiunto. Solo tattico e non strategico? E chi lo dice? Parrebbe wishful thinking. Parrebbe proprio un compromesso che salvaguarda, sì, la permanenza del presidente e della struttura dello Stato, ma ne taglierebbe drasticamente l’ambito territoriale, nel quale inserirebbe fattori endemici e cronici di destabilizzazione. E tra le zone d’influenza delle grandi potenze e di Israele così fabbricate, Mosca almeno manterrebbe la sua, nel paese e nel Medioriente, con tanto di base a Latakia.

Il Venezuela di Amnesty e “il manifesto”

“Il manifesto” e, con lui, le solite larghe intese pseudo sinistra-destra, festeggiano “il ritorno al dialogo” a Caracas. Confortato dagli otto, Indiscutibili,  milioni che hanno votato per l’Assemblea Costituente, estrema risorsa per togliersi le castagne dal fuoco di un’assemblea parlamentare a maggioranza di destra, Maduro porta un paese allo stremo e un governo minato da sabotaggi, sedizione violenta, ma anche da errori e corruzione, al confronto con un avversario che, da golpista, stragista, pogromista, veicolo del neocolonialismo Usa, viene da Amnesty, “il manifesto” e tutto il mondo perbene, elevato a legittima opposizione. Come l’hanno definita dall’inizio della rivolta governi e media della sedicente “comunità internazionale” (Usa, UE e Nato). Come, dopo aver defenestrato l’inviata Geraldina Colotti (nel silenzio dei bravi collaboratori comunisti e antimperialisti del fogliaccio) per essersi troppo appiattita sulle posizioni del “regime”, la definisce ora “il manifesto” con il suo nuovo corrispondente Roberto Livi (nomen omen), uno che ritiene gli sviluppi amerikani di Cuba un nuovo passo verso il socialismo.

Copertosi a sinistra con la rampogna a coloro che definiscono “dittatore” Maduro, Livi fa finta di non aver notato la prima vera presa di posizione utile del successore di Chavez, dopo la convocazione dell’Assemblea Costituente, che è la sostituzione dello Yuan al dollaro nella transazioni petrolifere. Un deciso diretto al mento del cospiratore statunitense e alla sua indecente fabbrica di dollari a debito universale. Per molto meno  Saddam Hussein e Gheddafi sono stati rovesciati e assassinati e il loro paese raso al suolo. Non è dunque questa mossa davvero coraggiosa che rallegra il commentatore del “manifesto” e di tutto il cucuzzaro a larghe intese imperialiste. Anzi. Si compiacciono, invece, per il ritorno al dialogo, già promosso con tanta buona volontà da super partes tipo Bergoglio e Zapatero con di rinforzo la zannuta vandea filo-golpe della Chiesa venezuelana e quel presidente colombiano, omaggiato dal papa per aver cessato di macellare indigeni e FARC, che si pregia di lavorare per il bene del vicino spedendoci sabotatori paramilitari e profittando del contrabbando transfrontaliero dei beni sottratti dalla grande distribuzione venezuelana.

A parte un paio di formazioni minori nella coalizione del MUD, che non hanno aderito, il grosso della Tavola di Unità Democratica, quella capeggiata dai noti Lopez e Capriles, fattisi le ossa nel golpe e nella serrata affamatrice del 2002, si è precipitata ad accettare il ritorno all’agone elettorale, l’eliminazione dei fili di ferro tagliateste attraverso le strade e la rinuncia a incendiare chavisti e scuole. Forti della vittoria alle ultime legislative, quando il chavismo non era ancora stato messo in forse da disastri sociali, inflazionistici, di boicottaggio dei rifornimenti alimentari, non sorprende che coloro il cui pogrom violento si è arenato nel rifiuto delle masse e nella resistenza dell’unità chavista civico-militare, abbiano colto al volo l’occasione di tornare a misurarsi sul terreno elettorale (regionale), in un quadro di disagio sociale più forte rispetto a quello delle legislative vinte.

Per cui esprimere soddisfazione per questa svolta non suona del tutto convincente. Sempre che soddisfatti per il dialogo non lo siano, sotto sotto, anche per il fatto che Maduro abbia rinunciato a quanto gli veniva chiesto dalla base bolivariana: provvedimenti drastici contro i sabotatori della grande distribuzione, dell’accaparramento, del contrabbando, della speculazione sui cambi, del feudalesimo terriero, delle Ong e dei media eversivi e vendipatria. Vale a dire espropri e nazionalizzazioni di tutte le strutture strategiche, dalla Grande Distribuzione alle banche. E finalmente strumenti decisivi per la lotta al debilitante fenomeno della criminalità.

Per il “manifesto” e gli affini di destra nelle larghe intese l’idea colottiana e di tutta la sinistra vera latinoamericana che in Venezuela un pogrom sanguinario commissionato dagli Usa agli eredi del vecchio regime, quello delle atroci diseguaglianze, dello schiavismo operaio e contadino, della totale subordinazione agli interessi yankee, puntava a un colpo di Stato come quelli realizzati in Honduras e Paraguay, non era altro che una, pur dura, “contrapposizione fra due parti della società”. Parti, dunque, equipollenti, entrambe sullo stesso piano, entrambe legittime, quella patriottica e quella golpista su mandato USA che per due anni aveva messo a ferro e fuoco il paese.

Tanto più che, ora, con le elezioni regionali proposte da Maduro, l’opposizione (sic) può dimostrare che ha veramente quella maggioranza che ha reclamato la sua mobilitazione di massa (sic). Constatazione o auspicio?

Viva la democrazia, la nonviolenza, il dialogo. E il rispetto per chi ti vuole tagliare la testa.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:57

Il Commissario Foietta replica all’intervento del professor Tartaglia fatte all’AlterVertice NoTav di Venaus

 http://www.lagenda.news/tartaglia-notav-dichiarazione/

Secondo i NoTav “i parlamentari sarebbero stati ingannati”. “Sono accuse oltraggiose ed infamanti” risponde Foietta

Il Prefetto Renato Saccone e il Commissario di Governo Paolo Foietta in una riunione dell'Osservatorio Tecnico Torino-LioneIl Prefetto Renato Saccone e il Commissario di Governo Paolo Foietta in una riunione dell’Osservatorio Tecnico Torino-Lione

TORINO- Le dichiarazioni rilasciate ieri da Angelo Tartaglia, docente del Politecnico di Torino e componente della “commissione tecnica” tutta NoTav nominata dal Comune di Torino e mutuata dalla Unione Bassa Valle Susa in occasione della giornata “Alter-Vertice NoTav” vista la gravità non poteva rimanere senza replica.

Parole pensanti come macigni, rilasciate forse per dare un “tono” ad un incontro che altrimenti non avrebbe avuto eco mediatico che così invece ha avuto. L’intervento del professore é stato segnalato sulle maggiori agenzie stampa. “Gli onorevoli – ha detto Tartaglia in un suo passaggio tra le altre considerazioni– sono liberi di votare come credono e persino di farsi ingannare. Ma non si devono ingannare gli elettori”.

In una dura nota il Commissario di Governo Foietta stigmatizza le dichiarazioni uscite dall’AlterVertice Notav

In una nota il Commissario di Governo Paolo Foietta puntualizza i fatti e stigmatizza le parole di Tartaglia: “Ho letto sui giornali che ieri a Venaus Angelo Tartaglia, a nome dei cosiddetti tecnici Notav, ha annunciato, un esposto al Tribunale di Roma contro chi, avrebbe sostenuto con parole e scritti idee ed opinioni differenti dalle sue, in “particolare su costi e benefici della Torino Lione.

Secondo sue dichiarazioni riportate dai giornali e dalle agenzie  “i parlamentari sarebbero stati ingannati” da “dossier contenenti dati inveritieri”.

Immagino che Tartaglia si riferisca alle presentazioni e alle relazioni utilizzate nell’’unica audizione alla Camera, del 13 dicembre 2016 e, da allora agli atti della Commissione Esteri.
Quindi Tartaglia parrebbe sostenere che la decisione del Parlamento italiano di ratificare il trattato sulla Torino Lione sarebbe stata costruita sull’inganno contenuto nelle slide e nei documenti utilizzati dagli esperti ascoltati dalla Commissione Esteri della Camera dei Deputati, nell’audizione del 13 dicembre 2016.

In questo caso i presunti colpevoli che avrebbero ingannato il parlamento, e che non sono mai stati nominati dal Professore per evitare querele, non possono che essere gli esperti invitati dal relatore di maggioranza. Quindi il sottoscritto, in quanto Commissario di Governo, il Prefetto Saverio Ordine del comitato per il Coordinamento Alta Vigilanza sulle grandi opere, il professor Roberto Zucchetti economista dei trasporti alla Bocconi, ed il professor Fabio Bassan, ordinario di diritto internazionale a Roma3.

Tutti hanno lasciato alla commissione la loro presentazione e documentazione. A dire il vero a nome dei Notav hanno parlato anche la professor Algostino ed il Dottor Pepino (in videoconferenza). Gli altri invitati non sono venuti, ma non credo che Tartaglia chieda conto dei loro interventi”.

“Ritengo che l’obiettivo di questa trovata sia tutto mediatico”

“Non sono per nulla preoccupato da questa nuova iniziativa, inedita e forse senza precedenti nella storia parlamentare italiana, che avviene con un ritardo di dieci mesi dalle audizioni parlamentari. Se Tartaglia credesse anche in minima parte a quello che dice, avrebbe senz’altro trasmesso l’esposto più celermente al Tribunale di Roma.

Ritengo che l’obiettivo di questa trovata sia tutto mediatico. Occorreva far parlare di AlterVertice di Venaus,manifestazione ridotta sia nel parterre dei relatori, tutti storici oppositori (Karima Delli compresa), che nella limitata partecipazione popolare. Serviva inventare qualcosa per screditare ed intimidire i tecnici e gli esperti auditi in commissione, accusandoli addirittura di “circonvenzione di parlamento”, e gettare ombre sulla legge di avvio definitivo dei lavori del tunnel di base del Moncenisio, approvata dalla Camera a fine 2016, a grandissima maggioranza, dopo oltre 20 anni di studi, valutazioni ed approfondimenti.
Non mi pare che questa trovata abbia raggiunto il risultato atteso.

Per quanto mi riguarda non mi ritengo per nulla intimidito per questa iniziativa più ridicola che minacciosa; sono certo delle cose che ho detto, che ripeto da anni e della “veridicità” della documentazione agli atti. Senz’altro quanto scritto non è conforme al pensiero di Tartaglia e dei Notav, ma questo non dovrebbe costituire un reato.

Attendo con curiosità di prendere visione dell’esposto annunciato e successivamente, di conoscere le valutazioni del Tribunale di Roma in merito alla sua ammissibilità. 
Proprio perché ritengo che ognuno debba sempre assumersi la responsabilità delle proprie affermazioni ed esternazioni, mi riservo di tutelare la mia persona ed i miei collaboratori da eventuali accuse oltraggiose e diffamanti, queste davvero “inveritiere” ed immotivate”.