I GIORNI DELLO STUPRO – DALLE TORRI GEMELLE A VIA TORNABUONI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/09/i-giorni-dello-stupro-dalle-torri.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 11 SETTEMBRE 2017

 

Ricorrenza dell’11 settembre 2001, data in cui qualcuno, tra Wall Street, Washington e uno degli Hotel Bilderberg, ha tentato di spostare il treno dell’umanità su un binario morto.

E’ l’occasione in cui il mercenariato imperiale, politico e mediatico, sguatteri sinistrati in testa, si rimobilita e si riaffanna a ricostruire un qualcosa di presentabile dalle macerie, non delle Torri Gemelle cadute su se stesse o del Pentagono bucato al piano terra, ma della versione ufficiale bushiana, disintegrata dalle evidenze raccolte dalle eccellenze internazionali della scienza e tecnica competente.

Noi sappiamo, gli amici del giaguaro sanno, sanno gli autori del dirottamento, non di fantasmagorici aerei pilotati da gaudenti sauditi bocciati agli esami di deltaplano (roba disperatamente diffusa in extremis dalle agenzie di copertura e affidata da noi a Giulietto Chiesa), ma del citato treno dell’umanità verso il suo annichilimento sotto globalizzazione, Nuovo Ordine Mondiale e Governo Mondiale, chi è stato, chi è, a cosa puntava, a cosa punta, l’operazione che ha esordito l’11 settembre. Gli unici che non lo sanno e che belano “complottisti”, “dietrologia”, al comando del direttore d’orchestra e dei suoi pifferai e cimbalisti, sono gli utili idioti, opportunamente terrorizzati da botti e macelli che gli esplodono tutt’intorno, da Boston a Parigi, da Bruxelles a Barcellona, da Londra a Madrid. Utili idioti rastrellati soprattutto a “sinistra”, è più convincente,  perchè siano  pronti ad arruolarsi nella “guerra al terrorismo”, o perlomeno a sottostare, auspicandole, alle misure repressive che quel terrorismo esige e che del volgo castrano identità, potenzialità e libertà. Sono gli eterni ausiliari decerebrati del Leviatano di turno. Il mettersi a disposizione fa la loro estasi.

Non è da ieri che nuotiamo come pesci rossi in un globo di menzogne e raggiri. Vi ci siamo fatti immergere a forza di minacce di torture eterne (altro che quelle attribuite ad Als Sisi come ad Assad, altro che quelle vere di Abu Ghraib, Guantanamo e Netaniahu, comunque tutte a tempo) e, in alternativa, di eterni godimenti tra cherubini e troni. Verità, consapevolezza e libero arbitrio l’abbiamo persi quando qualcuno sostituì agli dei, molteplici come gli uomini, il dio unico, onnipotente e indiscutibile. Quando sotto un unico altare fu seppellito il dì che nozze e tribunali e are / dier alle umane belve esser pietose / di se stesse e altrui.

Oggi, tuttavia, per farci tornare belve impietose di se stesse e altrui, s’è inventato il neoliberismo, il consumo, la competizione, il mors tua vita mea. E per farlo passare sui neuroni sopravvissuti ai trucchi millenari dei pochissimi per annichilire i tantissimi, dall’11/ 9 sono partiti strumenti di annientamento della ragione da fare un baffo perfino a precedenti totalizzanti come la Bibbia, il Vangelo, gli Atti degli Apostoli,, i miracoli, Padre Pio, le bolle e balle dei papi fino a Francesco.

Dice, la forza della verità è tale da sgretolare la roccia. Dice. Nei duemila anni trascorsi la roccia non l’ha neanche scalfita..

Intanto, si parva licet componere magnis, registriamo nel variopinto cosmo delle Fake News che punteggiano ogni attimo della nostra vita, le storiella dei carabinieri stupratori di fanciulle americane in Firenze. Nella campagna tonitruante degli stupri, che le varie essenze sorosiane nella cabina di guida sul binario morto hanno tratto dai campi di migranti in Libia e dalle spiagge di Rimini, tanto da dare un’altra siringata di integratore allo Scontro di Civiltà, quello dei carabinieri è un momento apicale. Per raggiungerlo si è addirittura abbandonata la pista privilegiata dei trucidi musulmani.  A noi per l’Arma nei Secoli (In)fedele non corre gran simpatia. Ci corre piuttosto il pensiero a Carlo Giuliani, a Stefano Cucchi, a tante mazze roteanti sulle nostre teste, agli spifferi provenienti da comandi supremi che spazzino via cimici rivelatrici di garbugli tra gentiluomini, di governo e sotto, intesi ad accaparrarsi il più grosso appalto sul piatto europeo. Ma questa storia capita troppo a fagiolo, nella zuppa di legumi allestita intorno a Italia-Egitto-Regeni-Libia-Usa, per non darci un sapore di ingrediente Fake News.

Due scafate ragazzotte da discoteca, canne e cocktail duri. Una rissa fuori dal locale che consente la chiamata dei carabinieri. Due carabinieri poco ligi al regolamento, ma molto arrapati e due ragazze che si esibiscono “strafatte” (aggravante per chi ne abusi) a chiedere un passaggio, non a qualche compare maschiotto di discoteca, ma a carabinieri e, nientemeno, mentre si trovano in (apparente) stato di punibile, ma vulnerabile, alterazione. Dopodichè, giunte sotto casa nell’esclusiva via Tornabuoni (roba da dollaroni), dopo immaginabili “avances”  dei due scapestrati dell’Arma, non si fanno il minimo scrupolo di invitarli in casa. E consumano. Nell’androne, pare, e nell’ascensore, antico luogo deputato a tali effusioni. Non emettono un grido di protesta, non esibiscono vestiario lacerato nel tentativo di opporsi. E, prontezza di spirito da 007, una delle due filma l’evento, per poi dichiarare che lo smartphone aveva preso di suo l’iniziativa di passare da una chiamata d’aiuto a videoregistratore, con serie di clic e ditate che, nel trambusto della colluttazione, danno l’immagine di una ragazza-polipo. Quest’ultimo dettaglio ora verrebbe smentito. Troppo imbarazzante per la vittima. Vai a sapere.

Come a questo punto un qualunque cultore di Fake News avrebbe potuto aspettarsi, sull’evento pecoreccio si sarebbero esercitati esaltandosi  quelli di  gossip pruriginosi come “Chi”. Invece altro che “Chi”! L’evento merita la transnazionalità  che il suo portato geopolitico implicito merita. Entrano in campo i campioni della categoria, il New York Times, la CNN, il Washington Post, tutti i megafoni del “Deep State” che sottotraccia governa a Washington. Dopo queste mosche cocchiere, parte in quarta il Dipartimento di Stato USA, nientemeno, con una formidabile tirata  che esige giustizia, catarsi, hubris. E, sollecitando le inermi e per definizione intonse (come Meredith) fanciulle del West, del centro e dell’East, a evitare di uscirsene da sole a Firenze e, meglio, evitare del tutto la terra degli stupratori, raffigura il nostro paese come abitato da una landa di licantropi, alcuni addirittura in uniforme. Bella botta al turismo americano in Italia.

Come quelle che infliggono all’Egitto, in piena sinergia, i terroristi Isis-Fratelli Musulmani e quelli politico-mediatici, anche quelli del sinistrismo neocolonialista italiota e occidentale, un po’ ricorrendo all’abbattimento di aerei, un po’ a stragi di poliziotti in Sinai, e un po’ a finti ricercatori di Cambridge.

E allora cosa si può intravvedere su uno scenario che ci vede già sul banco imperiale degli imputati per avere l’ENI che pesca nei giacimenti egiziani di gas, per aver rimandato al Cairo il nostro ambasciatore dando da intendere che sappiamo tutti che Regeni lavorava per una centrale di spie, per darci da fare in Libia, intralciando sia l’esclusiva di governo dello shopkeeper Al Serraj e brigando anche con il generale Haftar, “restauratore del gheddafismo”, sia per aver posto un freno un freno all’operazione migranti con la quale quelli del Dipartimento di Stato si sbranano l’Africa e affondano il Sud Europa?

Cosa si può intravvedere? Tenendo conto di circostanze e precedenti, direi, una bella trappola. Sono supposizioni, direte. Forse. Ma quelle del New York Times, scusate, che cosa sono? E quelle, poi, di chi alle 11 dell’11 settembre, manco due ore dopo l’accadimento, già annunciava al mondo che era stato Bin Laden (in quel momento certificato  legato alla macchina della dialisi in una clinica per diabetici in Pakistan)?

La smetterà mai, l’astuto Ulisse, a piazzare cavalli di legno sotto le mura di Troia?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:58

Tav, il consorzio di Luigi Massa si prende lavori per 6 milioni

http://www.lunanuova.it/news/428150/Tav-il-consorzio-di-Luigi-Massa-si-prende-lavori-per-6-milioni.html

Intanto a Roma il governo presenta l’analisi costi-benefici e conferma l’impegno finanziario per l’opera

Finora alle ditte della valle di Susa è andata la fetta più grande dei lavori per il cantiere Tav di Chiomonte. Si tratta di quattro milioni 420 mila euro sui quattro milioni 505mila già affidati. Intanto,il Consorzio Valsusa Piemonte guidato dall’ex deputato Pds Luigi Massa, si è aggiudicato i primi lavori “fuori appalto” del tunnel della Maddalena per 6 milioni. Anche per Antonio Ferrentino le ditte valsusine devono essere privilegiate nei subappalti. Ieri a Roma il governo ha presnetato l’analisti costi-benefici di Virano e ha ribadito che «darà al Tav tutte le risorse».

Su Luna Nuova di venerdì 27 aprile

Torino, Di Maio e Appendino: “Con i Cinque Stelle al governo stop alla Torino-Lione”

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/09/11/news/torino_di_maio_e_appendino_con_i_cinque_stelle_al_governo_stop_alla_torino-lione_-175160341/

E la sindaca sulle periferie: “I risultati arriveranno, procediamo a piccoli passi”

di PAOLO GRISERI

11 settembre 2017

 

La strategia è quella dei picocli passi. Chiara Appendino giustifica così la mancanza di risultati immediatamente visibili nelle scelte del Comune a favore delle periferie. La sindaca si presenta alla festa di partito dei 5 Stelle al parco Peccei, nella zona di via Cigna. Lo fa per salutare Luigi Di Maio, poi intervistato da Marco Travaglio.
Appendino quasi si giustifica sul tema delle periferie: “Stiamo intervenendo. Abbiamo destinato a questo tema circa 40 milioni. So che per adesso non si vedono ancora gli effetti che tutti ci auspichiamo. Ma questo è dovuto a una scelta precisa, quella di non spendere tutto in pochi grandi interventi ma di destinare la somme ai molti interventi di miglioramento e manutenzione che sono necessari da tempo”. L’emergenza periferie è stato lo scorso anno uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale dei 5 Stelle. Ma quando arriva e incontra lo stesso pubblico della festa grillina (circa 400 persone) la sindaca viene subissata di domande sui campi rom e sul degrado. Segno che le cure

 

 promesse un anno fa non hanno ancora dato i loro frutti.
Dal palco Di Maio parla anche della situazione torinese. Il candidato premier in pectore esprime solidarietà alla sindaca: “Che cosa non ha trovato nei bilanci, eredità dei professionisti della politica”. Poi il cavallo di battaglia grillino: “Se andremo al governo – promette Di Maio – bloccheremo la Torino-Lione”. Appendino conferma: “Certo, è sempre stato nel nostro programma”.

L’INTERVISTA DI “ALTRECONOMIA” AD ALBERTO POGGIO e le contro-risposte di Beppe Gillio

È apparsa nel sito di “Altreconomia” (TAV Torino-Lione: il bilancio dell’opera dopo 27 anni di progetti, 22 agosto 2017) un’intervista all’ing. Alberto Poggio, membro della “Commissione Tecnica a supporto dei Comuni dell’Unione Montana Valle Susa, Torino e Avigliana”, che ripropone tesi e argomentazioni ormai settimanalmente ripetute nel “TECNOTOUR NOTAV” in corso in Val di Susa.

Abbiamo deciso di riprendere e commentare l’intervista perché pienamente aderente al “racconto” TECNOTOUR offerto dal movimento NO TAV negli incontri e nelle iniziative di questi ultimi mesi. Il movimento è oggi palesemente in difficoltà dopo la decisione definitiva dei parlamenti di Italia e Francia, assunta all’inizio del 2017 a grandissima maggioranza, di finanziare e realizzare il Tunnel di Base del Moncenisio (57,5 km). Opera che peraltro ha già prodotto 20 km di scavo di gallerie preliminari ed è cospicuamente cofinanziata dall’Unione Europea.

I numeri ed i fatti dimostrano come il Tunnel di Base sia indispensabile per adeguare l’intero asse ferroviario Torino Lione agli standard delle ferrovie moderne: condizione fondamentale di una significativa e quanto mai necessaria ridistribuzione modale del traffico merci tra Italia e Francia.

L’Italia, con la Francia e l’Ovest dell’Europa, ha un interscambio economico in crescita che ha recuperato le dimensione pre-crisi (160 MLD € anno), una dimensione di merci trasportata di 42 ML ton/a, superiore a quella che interessa l’asse svizzero. Per contro la linea ferroviaria attuale – obsoleta, antieconomica ed impraticabile per i trasporti ferroviari moderni – è oramai abbandonata dagli operatori ferroviari europei ed ha perso in 10 anni oltre il 70% delle merci trasportate mentre oltre il 93% delle merci viaggia oggi in autostrada.

Ma questo è ancora troppo poco per gli “esperti NOTAV”, o meglio “SITIR”, che non si arrendono  neppure davanti all’evidenza;  se i fatti non sono utili alla causa si omettono o si travisano, se la storia non piace la si riscrive.

Per questo rispondiamo non solo all’ing. Poggio, interprete assiduo del TECNOTOURNOTAV, ma all’intera cabina di regia, la cosiddetta “Commissione Tecnica”, a cui lo stesso appartiene. Esperti troppo impegnati a negare fatti ed ad aggiustare la storia per preoccuparsi delle smentite che la realtà stessa ha costantemente offerto. Ad esempio riguardo alle montagne “piene di amianto e di uranio” di cui non esiste traccia, alla presunta dissipazione di acque, le cui misure sono drasticamente inferiori persino ai dati di progetto, alle “pericolose” dispersioni di polveri sottili, i cui valori sono lontanissimi dai limiti di attenzione previsti dalle norme italiane ed europee. Oppure a quanto profetizzato su presunti tempi biblici dello scavo della Maddalena, felicemente concluso nel febbraio 2017, o a quanto spergiurato sull’impossibilità che l’UE finanziasse al 40% l’opera e che il parlamento francese la approvasse o ancora alla tesi dell’impossibilità di un’adozione della normativa antimafia in Francia.

E l’elenco di smentite delle “profezie”, pervenute ed ignorate, potrebbe continuare ancora a lungo.

Per questa ragione, ritenendo utile una rilettura critica del racconto di Poggio (e del TECNOTOUR), abbiamo chiesto a Pier Giuseppe Gillio, autore di un’originale e documentatissima monografia sulla Torino Lione (Le ragioni di un ambientalista “Sì Tav”, Altralinea Edizioni, 2016), di rispondere alle stesse domande dell’intervista lasciandogli lo spazio per utilizzare argomenti, dati e fatti.

A chi legge risulterà senz’altro chiara la distanza abissale che esiste tra i due racconti.

La Redazione di Veritav

NUOVE RISPOSTE ALLE DOMANDE DIALTRECONOMIA
di Pier Giuseppe Gillio

Che cosa comporta la recente decisione del CIPE ?

Diventato legge di Stato l’ultimo accordo italo-francese per la realizzazione della tratta transfrontaliera della Nuova Linea Torino-Lione, il CIPE ha approvato con deliberazione 7 agosto 2017 la realizzazione per lotti costruttivi e stanziato i fondi compensativi per il territorio interessato dal tracciato. L’atto, che costituisce impegno programmatico dello Stato Italiano per il completo finanziamento dell’opera, ha sbloccato i finanziamenti relativi alla quota italiana del primo e secondo lotto.

I lavori finanziati comprendono lo scavo di gran parte del tunnel di base in Italia e Francia, opere accessorie e all’aperto (in Italia svincolo di Chiomonte, galleria di ventilazione, rilocalizzazione autoporto e pista guida sicura, realizzazione infopoint, adeguamento linea storica tra Bussoleno ed Avigliana). Nel frattempo TELT ha pubblicato la “variante di cantierizzazione”, così denominata perché prevede modifiche esclusivamente legate alla logistica dei cantieri, mantenendo invariati tracciato e opere.

L’ing. Poggio formula considerazioni sull’inopportunità di lotti costruttivi che a suo dire dovrebbero essere funzionali. Nei fatti esistono gli uni e gli altri. Con il fasaggio dell’opera si sono infatti definite fasi funzionaliche consentono di anticipare le opere che permettono di accedere alla parte più significativa dei benefici attesi e di rinviare quelle che non risultano indispensabili prima dell’attivazione del tunnel. Con vantaggio socioeconomico riconosciuto anche da personalità non favorevoli al progetto (Ponti, Boitani, Debernardi, Grimaldi). Circa l’opportunità dei lotti si ricorda che conformemente all’articolo 2, commi 232-233, della legge 191/2009 afferiscono a opere con tempi di realizzazione molto lunghi, per le quali lo stanziamento in anticipo dell’intero importo risulterebbe antieconomico e vincolerebbe inutilmente per molti anni risorse ingenti a scapito di altri progetti realizzabili nello stesso periodo.

Aggiunge Poggio: “Se, come sembra dagli ultimi orientamenti politici, le tratte nazionali non saranno realizzate, il tunnel sarà collegato alle ferrovie già esistenti. Pertanto sarebbe un’opera sostanzialmente inutile perché non si avrebbe incremento della capacità di trasporto lungo il percorso ferroviario Torino Lione, che rimarrebbe pari a quelle delle linee attuali.” A parte il fatto che le tratte nazionali non sembrano affatto messe in discussione, suscitano stupore idee tanto confuse sulle criticità della linea storica. Perché il problema non è certamente quello della “capacità” della linea, intesa come potenziale del volume di transito, ma della “capacità” di traino dei singoli treni, decisiva del vantaggio o svantaggio economico del trasporto su ferro verso la strada.

Tra le specifiche tecniche d’interoperabilità della rete centrale europea, di cui la NLTL è elemento nodale, hanno infatti peso primario pendenze e raggi di curvatura, funzionali a standard di prestazione elevati (treni lunghi fino a 700 m e/o pesanti fino a 2000 tonn) e a esse si stanno adeguando anche in Italia le principali linee di pianura. E così pure i tunnel ferroviari di base svizzeri e austriaci e più in generale ogni altra linea della rete centrale. Se senza i nuovi standard neppure il traffico merci ferroviario di pianura risulta competitivo, come potrebbe mai esserlo quello sulla tratta di valico del Frejus dove le STI non possono trovare applicazione neppure con le onerosissime trazioni doppie e triple oggi usuali?

Per quanto riguarda le tratte nazionali italiane e francesi è vero che richiedono importanti interventi di potenziamento, tuttavia sin da oggi non offrono ostacoli insormontabili all’adeguamento alle STI; anche relativamente al transito di profili P/C 80. E questo spiega perché non costituiscano la prima urgenza.

Oltre al tunnel esplorativo che cosa abbiamo della tratta dopo 27 anni di progetti ed oltre 1 mld speso ?

Non mi sembra corretto parlare di “27 anni di progetti”. A meno che si vogliano considerare tali le proposte e gli studi relativi a un nuovo tunnel, ma in tal caso, facendo data dal contributo di Domenico Regis (cui altri ne seguirono), si tratterebbe non di 27 ma di 107 anni.

Per contro, dopo la prima attività largamente ricognitiva di Geie Alpetunnel, soltanto a seguito dell’Accordo italo-francese del 2001 si sono svolti studi di fattibilità, scavi geognostici, valutazioni di impatto ambientale e azioni progettuali. In questa complessa fase, affidata al promotore pubblico LTF, il progetto ha subito rilevanti trasformazioni sul lato italiano a seguito delle richieste del territorio e delle indicazioni formulate dall’Osservatorio. Con conseguente spostamento del tracciato di valle dalla riva sinistra alla destra e successiva definizione di un nuovo assetto di intervento per la tratta nazionale italiana di adduzione (fase 1) che riutilizza, con adeguamenti,  oltre 50 km  della linea ferroviaria storica.

Contemporaneamente alle fasi di progettazione sono stati scavati quasi 20 km di gallerie. Ultimata la prima funzione geognostica, le discenderie costituiranno parte integrante del tunnel di base in quanto essenziali alla sua ventilazione, a interventi di manutenzione, a uscite di sicurezza.

È pertanto del tutto fuori luogo l’affermazione dell’ing. Poggio che a oggi non si sarebbe scavato “neppure un metro”. Tanto più che oltre alle discenderie risultano scavati, al 4 settembre 2017, 1.528 m (1393 m con TBM) tra Saint Martin la Porte e La Praz (sui circa 9 km di tratta appaltati), sull’asse e nel diametro della canna sud del tunnel di base. La qual cosa significa che gli scavi ultimati costituiscono quasi il 12% del totale; ovvero il 17% includendo i lavori già appaltati e attualmente in corso.

Si ricorderà infine che a incidere sui tempi della programmazione non è stata soltanto la complessità delle fasi preliminari, ma la tempistica dei finanziamenti europei, cadenzata in quadri finanziari settennali. Per il 2007-2013 il finanziamento concerneva le fasi preliminari: ricognitiva e progettuale. Ed è peraltro in ragione di tale vincolo che è stato necessario ricorrere al titolo di tunnel geognostico per lo scavo di Saint Martin la Porte, di fatto primo segmento del tunnel di base. Soltanto nel quadro corrente (2014-2020, ma approvato con due anni di ritardo) il finanziamento è stato vincolato alla realizzazione dell’opera.

Circa la copertura finanziaria complessiva di parte italiana Poggio sostiene essere inadeguata. Nei fatti appare del tutto congrua, coprendo la realizzazione delle opere previste per i prossimi 5 anni e contemplando l’impegno programmatico dello Stato al prosieguo delle erogazioni (come peraltro avviene per Terzo Valico e Brennero). Del resto era già la legge di stabilità per il 2013 (L 228/2012 comma 228) a contemplare una spesa di circa 2,9 mld, spalmata fino al 2029

Come sono ripartite le spese ?

La previsione di ripartizione della spesa per la realizzazione della tratta transfrontaliera è di 3.328,3 mln a carico dell’UE; 2.884,9 mln per l’Italia; 2.087,5 mln. per la Francia (cui si aggiungono circa 300 mln diversamente ripartiti per espropri e interferenze). Al netto del cofinanziamento UE del 40% è a carico dell’Italia il 57,9% della spesa e della Francia il 42,1%.

Ha commentato Poggio: “nei primi accordi nel 2004 la Francia si lasciò convincere solo a fronte della promessa italiana di sostenere la quota maggiore delle spese”. Affermazione poco sostenibile perché a partire dal 1990 fu soprattutto la Francia a sostenere la necessità dell’opera. Inoltre, nell’ipotesi di una ripartizione paritaria, i due Stati avrebbero contribuito con 2.486 mln ognuno, per cui è difficile credere che uno “sconto” di 400 mlnsia stato l’elemento determinante dell’impegno francese. Soprattutto considerando, come lo stesso Poggio ricorda, che in prima ipotesi la Francia doveva farsi carico di una spesa di 11 mld per la realizzazione della propria tratta nazionale contro i 4,4 mld dell’Italia. E fu proprio tale divario a motivare una parziale perequazione con quote diversificate.

Con la spending review in corso, l’Italia ha dimezzato i costi della propria tratta nazionale sospendendo i progetti della galleria dell’Orsiera, della galleria tra Chiusa ed Avigliana e della gronda di Torino che verranno realizzati in un orizzonte temporale lontano e soltanto nel caso in cui se ne ravvisasse l’effettiva necessità. Il costo delle opere oggi a progetto, utili all’attraversamento del nodo di Torino (tratta tra S. Ambrogio e Orbassano con tunnel di Sant’Antonio, galleria artificiale di Rivalta, “duna” di Orbassano, interventi sul nodo e integrazione con linea SFM5), ammonta secondo il Contratto di programma MIT/RFI, approvato dal CIPE il 7 agosto 2017, a 1,7 mld.

Si conosceranno probabilmente nel 2018 le determinazioni della Francia relativamente a una riduzione similare della spesa, ma il forte divario tra gli impegni di spesa dell’uno e dell’altro paese è destinato a permanere. Se non altro per la grande differenza di lunghezza dei tracciati.

Al di là di queste considerazioni resta da aggiungere che potrebbe essere l’Italia a trarre il maggiore profitto dall’opera dal momento che nel 2015 l’export italiano verso la Francia valeva 42,5 mld contro un import di 32 ( http://www.infomercatiesteri.it/scambi_commerciali.php?id_paesi=68 ).

L’Europa come partecipa ?

Dopo la revisione della rete Ten-T e l’istituzione della rete centrale, l’UE ha inteso privilegiare la rimozione dei riconosciuti “colli di bottiglia” del sistema. A tal fine, anche per l’esortazione della Corte di conti europea a evitare un’eccessiva frammentazione dei contributi e a concentrare le risorse su progetti transfrontalieri, il finanziamento massimo, già del 10% e poi del 30%, è stato accresciuto al 40%.

Applicando criteri oggettivi precedentemente definiti, l’agenzia INEA ha proposto nell’ambito del progetto CEF l’assegnazione alla NLTL di un finanziamento che per entità risulta terzo in una lista di 270 progetti infrastrutturali (selezionati su circa 700) producendo la motivazione di un “forte valore aggiunto europeo”. Nel 2016 la proposta è stata approvata dai rappresentanti dei 29 paesi dell’Unione.

Scrive Poggio che “la partecipazione definitiva alle spese da parte dell’Europa non è ancora stata deliberata. Sarà oggetto di discussione dopo il 2020 e potrà arrivare al massimo a coprire il 40% sul costo del solo Tunnel di Base”. E non può che essere così perché l’UE non ha la possibilità di deliberare spese per periodi eccedenti il settennio finanziario. Congetturare per i successivi una marcia indietro significherebbe ipotizzare la rinuncia alla realizzazione della rete centrale e all’obiettivo del trasferimento modale al 50%; cosa che sarebbe alquanto incongrua dopo i poderosi stanziamenti, senza precedenti nella storia comunitaria, del settennio corrente. Infine, nonostante effettivi ritardi, non pare esaustiva la spiegazione “la Commissione europea ha revocato oltre 270 milioni di euro di contributi alla Torino-Lione a causa del notevole ritardo dovuto a difficoltà amministrative e tecniche” (benché si tratti della motivazione ufficiale), perché il precedente finanziamento UE includeva le prime fasi di realizzazione del tunnel dell’Orsiera, differite sine die.

La Francia ha cambiato idea sulla tratta ?

È veramente singolare la risonanza ottenuta nello scorso mese di luglio da un articolo della stampa francese riportante dichiarazioni della ministra ai trasporti Borne su un periodo di “pausa” sulla Torino-Lione. Già, perché la pausa è iniziata da qualche anno e più precisamente dopo l’opzione dei due paesi per un ulteriore fasaggio del progetto. Essendo in Francia cresciuto enormemente il programma di spesa per nuove infrastrutture, il Governo incaricava la commissione Mobilité 21 di formulare proposte di priorità temporaledelle realizzazioni. Nel rapporto del 27 giugno 2013 la commissione dava per scontata la realizzazione della tratta transnazionale della NLTL e confermava “l’interesse per la realizzazione degli accessi previsti”. Tuttavia, “considerata l’incertezza dei tempi di realizzazione del tunnel di base, non ha potuto valutare se i rischi di saturazione e dei conflitti d’uso che giustificano il progetto potranno aver luogo prima degli anni 2035-2040”. Di conseguenza raccomandava “un monitoraggio delle condizioni specifiche dello sviluppo del progetto complessivo, con una frequenza minima di 5 anni, nonché di verificare con regolarità l’orizzonte probabile della realizzazione degli accessi francesi”. A oggi non sono seguite determinazioni governative e soltanto il mese scorso il presidente Macron ha assunto impegno per l’emanazione di “una legge quadro sulla mobilità che sarà presentata al Parlamento per essere esaminata nel primo semestre 2018. E sarà il Parlamento a decidere sui diversi progetti” (“Il Fatto Quotidiano” 20/07/2017).

Relativamente all’orientamento francese si ricorderà che l’ultimo trattato è stato ratificato nel 2013 con il voto favorevole del 96% dei senatori. Nello stesso anno, il 23 agosto, è stata pubblicata la Dichiarazione di pubblica utilità degli accessi francesi da Lione a St. Jean de Maurienne. Il trattato perfezionato dal protocollo aggiuntivo è ora legge n. 116 del 1° febbraio 2017.

Con tutto ciò risulta piuttosto gratuita e incauta la tesi di una Francia che avrebbe “cambiato idea”.

Qual è la situazione dei flussi ferroviari ?

Sostenitori istituzionali del passato e oppositori del presente hanno commesso un colossale errore di valutazione, che ha medesime radici, confidando i primi in una saturazione della linea storica e ritenendo i secondi che l’attuale capacità della linea escludesse la necessità di una nuova. Quando nei fatti la linea si avviava a un’inesorabile agonia. Dice Poggio: “Perché spendere miliardi quando esiste una linea idonea?”. Ma se, come lui stesso riconosce, “il transito di merci sulla ferrovia della Valle è pari a 3-4 milioni tonnellate di merci all’anno” [per l’esattezza 2,9 mln nel 2016] vorrà dire che qualcosa non funziona. E certamente non per scarsità di traffico perché nel 2016 sono transitate ai confini italo-francesi, tra strada e rotaia, 42,44 mln/tonndi merce; ovvero più di quanta ne sia transitata in Svizzera (40,43 mln/tonn) (https://ec.europa.eu/transport/sites/transport/files/2017-observatoire-trafic-transalpin-chiffres-cles-2016.pdf).

Il grave squilibrio modale, che nel 2016 ha comportato sull’arco alpino occidentale il transito di quasi 2,8 mln di TIR (con buona dispensa di emissioni climalteranti, ossidi di azoto, polveri sottili, alti consumi energetici, incidentalità, congestione, inquinamento acustico), consegue a una realtà molto semplice: per la parte fortemente maggioritaria delle tipologie di merce il costo del trasporto ferroviario è molto più elevato su rotaia che su strada.

Programmi e normativa UE, letteratura trasportistica, voci dei grandi operatori del combinato sono assolutamente concordi nel riconoscere nell’aumento di capacità di carico l’unica possibilità di rendere economicamente competitivo il trasporto su ferro. Mentre la linea storica del Frejus offre ostacoli insormontabili al miglioramento di prestazioni. Basti dire che a causa di una acclività severa la capacità di traino a trazione semplice passa dalle 1.700 tonn della linea di adduzione Culoz-Chambéry alle 570 di Modane.

Vero è che la Svizzera è recentemente pervenuta a un 71% di merci su rotaia senza ancora i nuovi tunnel di base in esercizio a pieno regime, ma per merito di incentivi annui al combinato più o meno equivalenti a quanto pagherà annualmente l’Italia fino al 2030 per la realizzazione del tunnel di base. Ricorrendo inoltre a poderosi servizi di spinta, nonostante linee storiche più vantaggiose del Frejus per massa trainabile. Dunque una spesa rilevantissima che la Conferedazione ha potuto sostenere grazie ai proventi di una tassa sul traffico pesante che la normativa UE sulla concorrenza non consente in Italia e in Francia.

Quanto ricordato vale anche a spiegare perché in Svizzera siano in corso di ultimazione 129 km di tunnel di base sui due assi del Gottardo e del Lötschberg, nonostante un traffico merci complessivo inferiore a quello dell’arco alpino occidentale.

Alle criticità della linea storica si aggiungono limitazioni d’esercizio per ragioni di sicurezza, ingiunte dal traffico promiscuo merci e passeggeri. Già il rapporto COWI del 2006 riconosceva la pericolosità della linea, ma oggi il suo stato è abissalmente lontano da quello contemplato dalle normative di sicurezza, soprattutto per assenza di uscite di sicurezza e mancanza di ventilazione. E interventi risolutivi, sul tunnel di Modane e gli altri di adduzione, comporterebbero spese enormi e una lunga interruzione del traffico.

Tra le criticità denunciate ci sono anche le alte temperature interne alle montagne ?

Nel punto di maggior copertura del tracciato della NLTL, sotto il massiccio dell’Ambin, è stata rilevata dal sondaggio geognostico di Chiomonte una temperatura di poco superiore ai 45°C per un tratto di qualche centinaio di metri. Il fenomeno delle alte temperature di profondità è ben noto e recentemente è stato riscontrato in misura analoga a quella di Chiomonte nello scavo del Gottardo.

A detta di Poggio ne conseguirebbe la necessità di “raffreddare perennemente la galleria” con notevoli consumi energetici, ma così non è perché in fase di esercizio il passaggio monodirezionale del treno è sufficiente a permettere un adeguato ricircolo dell’aria e quindi l’abbassamento di temperatura. Esattamente come avviene al Gottardo e al Lötschberg e come è previsto per il tunnel del Brennero, ove gli impianti di ventilazione-refrigerazione sono predisposti per essere utilizzati esclusivamente in condizioni eccezionali. Infatti l’impianto di ventilazione è finalizzato all’estrazione massiva dei fumi presenti in galleria in caso di incidente o incendio e quello di refrigerazione al mantenimento delle condizioni igieniche dell’ambiente di lavoro nel corso di impegnativi interventi di manutenzione.

Nel mese di luglio TELT ha chiesto una variante dei lavori. Modifiche di che tipo ?

Non è TELT ad aver chiesto una variante dei cantiere, ma il CIPE ad averla prescritta recependo le indicazioni del Ministero dell’Interno. La scelta di spostare la localizzazione è frutto della stagione 2011-2014, afflitta da tentativi di sabotaggio al cantiere di Chiomonte e da ripetuti attacchi da parte delle frange antagoniste. Con l’esito di una progressiva fortificazione dell’area e l’istituzione di un sito di interesse strategico nazionale che consente normativamente il presidio di Forze dell’Ordine e Forze Armate. Secondo le autorità di P.S. il cantiere del tunnel di base nella Piana di Susa, già approvato dal CIPE nel 2015, risultava difficilmente gestibile, di conseguenza la variante è motivata da ragioni di sicurezza nonché di risparmio degli elevati costi di protezione di un secondo cantiere.

La nuova allocazione comporta, a parità di costi e di tracciato, il potenziamento del cantiere esistente e la realizzazione di rampe d’accesso all’autostrada (svincolo). I materiali di scavo saranno trasportati a Salbertrand ove in parte consistente saranno utilizzati per la produzione dei conci o dei rilevati ferroviari e in parte trasferiti su rotaia nelle aree di deposito permanente già previste nel progetto 2015.

Il programma di cantierizzazione di TELT prevede un nuovo tunnel che consentirà di raggiungere perpendicolarmente l’asse del tunnel di base e di introdurvi una TMB di diametro maggiore di quella precedentemente utilizzata. Tale soluzione consentirà di risparmiare la già prevista realizzazione del pozzo di ventilazione della Val Clarea e potrà tornare utile allo stoccaggio in sotterraneo dei materiali potenzialmente amiantiferi prodotti nei 300 m di scavo in cui ne è prevista presenza.

Sostiene Poggio che a effetto dello spostamento “ogni giorno centinaia di camion scenderebbero a Susa per poi invertire la marcia e risalire a Salbertrand, per il trasbordo sul treno”. L’inversione di marcia avverrà più precisamente allo svincolo di Susa ovest e pertanto non ci sarà attraversamento di centri abitati. Tuttavia l’osservazione è fondata, facendo riferimento a un elemento critico del progetto su cui si sta peraltro ancora discutendo in sede di Conferenza dei Servizi, con ricerca di soluzioni migliorative.

A quanto ammonterebbero le penali se si volessero sospendere i lavori ?

Dice Poggio che “nell’insieme degli accordi tra Italia e Francia stipulati dal 2001 a oggi non sono indicate penali”. Non sono esperto di diritto internazionale, ma mi pare scontato che in caso di recesso unilaterale la controparte avrebbe pieno diritto di richiedere il risarcimento dell’intera spesa sostenuta. Per quanto riguarda il finanziamento europeo il regolamento 1316/2013 stabilisce all’art. 12 che possa essere richiesto dalla Commissione “il rimborso totale o parziale dell’assistenza finanziaria concessa se, entro due anni dalla data di completamento stabilita nelle condizioni di assegnazione dell’assistenza finanziaria, la realizzazione dell’azione che ne beneficia non è stata terminata”. E a questi costi si sommerebbe la dissipazione della spesa sino a oggi sostenuta da parte italiana.

Nel caso del tutto ipotetico di una sospensione dei lavori occorrerebbe dunque includere nei costi i rimborsi a Francia e UE delle somme spese; la perdita dei futuri finanziamenti UE; i lavori di messa in sicurezza degli oltre 20 km di gallerie già realizzate. Dovendosi poi ripiegare sulla vecchia tratta di valico occorrerebbe spendere somme elevatissime per garantire standard di sicurezza europei. Rinunciando in ogni caso all’obiettivo del riparto modale che a questo punto sarebbe perseguibile soltanto con incentivi poderosi come quelli corrisposti in Svizzera e tuttavia non consentiti dalla normativa europea sulla concorrenza.

In altre parole, le cose rimarrebbero come sono. Con pregiudizio grave e irreparabile per la funzionalità della rete centrale e per i benefici ambientali da essa attesi. Inoltre, sotto il profilo economico, ci sarebbero altri costi diretti e indiretti derivanti dalla mancata realizzazione dell’opera, come quelli descritti dal rapporto Cost of non-completation of the TEN-T (2015) realizzato per la Commissione Europea da uno dei maggiori istituti di ricerca europeo, il Fraunhofer-Institut für System und Innovationsforschung.

In altre parole rinunciando all’opera si spenderebbe molto di più, in termini economici e in termini sociali.

Foto @ Alessandro Di Marco

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (VII) : COMMENT LA PRESSE AFRICAINE SE FAIT INTOXIQUER PAR LES ‘SONDAGES’ ET AUTRES ‘INFOS’ DES RESEAUX SORÖS ET DES VITRINES LEGALES DE LA CIA !

 

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (VII)/

2017 09 12/

PANAF - LM AFROENQUETE VII manip presse africaine (2017 09 12) FR

Le point de départ de ma réflexion et puis de mon enquête : le 25 mai 2015, la presse africaine reprenait massivement un « sondage » qui affirmait que « 73% des Africains étaient favorables à une limitation à 2 du nombre de mandats présidentiels ». Un sondage qui tombait à pic pour justifier la politique de changements de régime planifiée par Washington en Afrique. Une information qui allait sans aucun doute contribuer à la déstabilisation des états visés par l’administration Obama et relancer l’agitation dans ceux déjà touchés (dont le Burundi au cœur du sondage).

La dépêche largement reprise dans tous les médias africains précisait ce qui suit : « Une enquête publiée le 25 mai par le CONSORTIUM D’INSTITUTS DE SONDAGES AFROBAROMETER a révélé que 73% des Africains sont favorables à une limitation à deux du nombre de mandats présidentiels. Ce chiffre est le résultat de la compilation d’une série de sondages qui ont eu lieu dans une trentaine de pays du continent depuis 2011 ». Info reprise pour argent comptant par des centaines de médias et de journalistes, sans aucun recul, sans aucune critique, sans aucune vérification, sans aucune préoccupation sur le fait que le standard des « deux mandats » est précisément celui des USA. Pas un ne s’est demandé qui avait publié ces « sondages », qui se cachait derrière cet « Afrobarometer ». Nous l’avons fait pour eux !

UNE VASTE OPERATION DE DESTABILISATION DE L’AFRIQUE DECIDEE A WASHINGTON EN AOUT 2014

Mais faisons un détour indispensable pour comprendre.

Début Août 201 à Washington se tenait le « SOMMET USA-AFRICAN LEADERS » sur invitation d’Obama. Un piège tendu aux chefs d’état africains. Obama et Kerry y annoncent une vague de changements de régimes en Afrique (1), désignant même 13 chefs d’état. Le modèle : le soi-disant « printemps arabe ». Le but : recoloniser l’Afrique au profit des USA (2), en liaison avec le travail de prise en main des armées africaines par l’AFRICOM (créé par Bush II en 2007), le Commandement US pour l’Afrique.

Au même moment, se tenait aussi à Washington un « SOMMET ALTERNATIF » (3) organisé par un organisme d’état US (créé par Ronald Reagan), financé sur le budget américain, la NED, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain, au cœur de la déstabilisation du Cameroun), l’USAID, l’Open Society de Soros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis plus de 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie, au Venezuela et le « printemps arabe ». Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes surtout y sont pris en main.

Car pas de « révolution de couleur » sans une intense préparation médiatique, à la fois au niveau du pays déstabilisé, mais aussi international. Ici soutien dans les autres pays africains. Support dans les grandes capitales occidentales. Rapidement les groupes de jeunes activistes sont organisés, sur le modèle des Serbes dOTPOR/CANVAS (les tombeurs de Milosevic en 2000, la première des révolutions de couleur). Et tout aussi vite la conformisation de la presse africaine est mise en place, d’autant plus facilement qu’un vaste réseau dONG, Instituts et médias existe déjà. Soutenu, financé, organisé à la fois par les Réseau Soros et la NED et ses pseudopodes. Voici le décor planté.

AFROBAROMETER DANS LA GALAXIE DE SOROS ET DE LA NED

Afrobarometer se présente sur son site comme « un projet d’enquête et de recherche, non partisan, dirigé en Afrique, qui mesure les attitudes des citoyens sur la démocratie et la gouvernance, l’économie, la société civile, et d’autres sujets ».

En fait, Afrobarometer est directement lié à une Galaxie d’ONG, d’instituts, de fondations, dont les pôles sont les Réseaux Soros et la NED, contrôlée par Washington.

L’histoire d’Afrobarometer commence en 1999 : « Trois projets indépendants de recherche, conduit par le Dr Michael Bratton, le Dr Robert Mattes, et le Dr Emmanuel Gyimah-Boadi, ont été fusionné pour créer Afrobaromètre. Les trois principaux partenaires d’Afrobaromètre sont: Michigan State University (MSU), Institute for Democracy in South Africa (IDASA), et le Center for Democratic Development in Ghana (CDD-Ghana). »

Quelques exemples sont plus parlant que de longs discours.

Parmi les fondateurs, dirigeants ou experts d’Afrobarometer, on retrouve Michael Bratton est lié à l’USAID, Robert Mattes est lié à la NED, IDASA est lié à la Soros Foundation, le CDD-Ghana appartient aux mêmes réseaux.

* Qui est Michael Bratton ?

Il est américain, professeur émérite en science politique et en études africaines à l’Université d’État de Michigan (MSU). Il a travaillé comme consultant pour la Banque Mondiale, le Programme de Développement des Nations Unies, l’USAID, et d’autres bailleurs de fonds internationaux ainsi que des ONGs. Il est co-fondateur et ancien directeur exécutif d’Afrobaromètre et maintenant joue le rôle de conseiller principal.

Il est aussi « Research Council Member » de la NED (4).

* Qui est Robert Mattes ?

Il est professeur de science politique et directeur de l’Unité de Recherche sur la Démocratie en Afrique dans le Centre de Recherche en Sciences Sociales à l’Université de Cape Town. Il est également co-fondateur d’Afrobaromètre. 

Nommé en l’honneur de deux des principaux fondateurs de la NED, l’ancien président Ronald Reagan et lex Congressman Dante Fascell, le programme boursier REAGAN-FASCELL DEMOCRACY FELLOWS PROGRAM a été créé en 2001 par le Congrès américain « pour activer la démocratie, les militants, les décideurs, les universitaires et les journalistes du monde entier, afin d’approfondir leur compréhension de la démocratie et de renforcer leur capacité à promouvoir un changement démocratique. Les Bourses Reagan-Fascell sont généralement de cinq mois dans la durée et se concentrent sur les aspects politiques, sociaux, économiques, juridiques, culturels ou de développement démocratique.

En 2004-2005, le REAGAN-FASCELL DEMOCRACY FELLOWS PROGRAM a accueilli des militants, des journalistes et des universitaires de toutes les régions du globe, y compris l’Australie, l’Azerbaïdjan, la Biélorussie, la Tchétchénie, la Chine, l’Equateur, le Kirghizistan, le Malawi, le Monténégro, le Nigeria, la Corée du Sud, l’Afrique du Sud, le Tadjikistan, la Turquie et les Etats-Unis. Grâce à ses efforts de sensibilisation, le programme Reagan-Fascell « cherche à relier ses semblables avec les médias, la politique et les milieux universitaires à Washington DC. Le programme organise un calendrier actif de présentations publiques par les boursiers, et favorise les contacts entre les boursiers et les experts du Congrès américain, du Département d’Etat et d’autres organismes gouvernementaux, ainsi que dans les universités, les think tanks et les organisations des médias ». En Mars-Juillet 2005, Robert Mattes est l’hôte du programme de formation continue de la NED. Le 17 Juin 2005, Mattes présente une conférence publique à la NED, intitulée «La démocratie sans le peuple: Réévaluer le miracle sud-africain” (5).

* Le CDD-Ghana sur son site donne parmi 15 liens … la NED (6) !

Normal puisque la NED finance le CDD-Ghana, partenaire principal d’Afrobarometer, auquel il est lié organiquement ! Voici ce que confirme la NED sur son site : « Ghana Center for Democratic Development. $ 60,000. Pour renforcer le réseau West Africa Election Observers Network (WAEON), nouvellement créé, et renforcer la capacité de ses membres à effectuer des observations crédibles comme observateurs électoraux nationaux, CDD-Ghana organisera trois réunions sous-régionales au Libéria, au Sénégal et au Mali pour discuter des prochaines élections, familiariser les membres de WAEON avec les systèmes électoraux en Afrique de l’Ouest, et démontrer un soutien sous-régional pour l’observation citoyenne des élections. CDD-Ghana servira de secrétariat pour le réseau et fournira l’expertise administrative et logistique. CDD-Ghana et WAEON recevront également une assistance technique du National Democratic Institute (NDI). (7) »

* L’un des fondateurs d’Afrobaromètre, le Professeur Gyimah-Boadi « est également le directeur exécutif du Centre pour le Développement Démocratique (CDD-Ghana) à Accra. Il est professeur dans le Département de Science Politique à l’Université du Ghana-Legon et titulaire d’un doctorat de l’Université de Californie-Davis ».

Il est aussi un « Research Council Member » de la NED.

« La vaste gamme d’organismes internationaux auxquels Gyimah-Boadi a fourni des services de conseil comprend la Banque Africaine de Développement, UNECA, UNDP, DFID, USAID, GTZ/GIZ, la Banque Mondiale, et … Transparency International. » (8)

IDASA, « PRINCIPAL PARTENAIRE » D’AFROBAROMETER, AU CŒUR DES RESEAUX SOROS EN AFRIQUE

La remarquable enquête « GEORGE SOROS AND SOUTH AFRICA’S ELITE TRANSITION » de Michael Barker explique comment IDASA (fermée en 2013), « principal partenaire » dAfrobarometer,  a été au cœur de la stratégie d’implantation des réseaux Soros en Afrique, au départ le l’Afrique du Sud :

Extraits: «Depuis ces jours (ndla : de la lutte contre l’Apartheid), l’Institute for Democracy in South Africa  (Idasa) est devenu un bénéficiaire privilégié de l’aide étrangère, l’obtention de subventions lucratives d’organismes comme l’Agence américaine pour le développement international USAID, et de plus petits mais importants financements d’organismes comme le National Endowment for Democracy (NED). Rien d’étonnant donc que cette organisation médiatrice, IDASA, ait joué un rôle clé dans le lissage de la transition de l’apartheid (…) la diffusion de l’idéologie en faveur du projet néo-libéral a continué sans relâche dans l’ère post-apartheid. Dans cette période, IDASA a des idées avancées qui semblent propager l’idée que le maintien des personnes à l’écart des véritables leviers du pouvoir, c’est-à-dire l’économie, est une bonne chose. Des exemples des rapports entretenus par IDASA et les élites libérales, en 1996 le chef de l’Institut, Wilmot James, est devenu un administrateur de la Fondation Ford (un poste qu’il a conservé jusqu’en 2008); également le dernier président de IDASA, Njabulo Ndebele, est un ancien chercheur résident de la Fondation Ford. Ndebele est également administrateur de la Fondation Nelson Mandela et il servait aussi dans la Fondation Open Society actuelle de l’Afrique du Sud aux côtés du membre du conseil (et ancien administrateur de la Fondation Rockefeller) Mamphela Ramphele. Ancien membre du conseil d’administration de la Fondation Open Society de l’Afrique du Sud, Khehla Shubane, a aidé à établir la Fondation Nelson Mandela, tout en servant de chef de la direction du commerce de la Map Foundation (…) L’Open Society Foundation d’Afrique du Sud se trouve être au centre des entreprises de George Soros, et Soros a recruté Slabbert pour devenir le président fondateur de cette organisation quand elle a été fondée en 1993. En plus de Ramphele, deux autres membres notables du conseil d’administration de la Fondation sont l’éditeur du Financial Mail, Barney Mthombothi (qui est membre du conseil de l’Institut international de la presse de la démocratie), et Jody Kollapen, l’ancien président du principal organe des droits de l’homme de l’Afrique du Sud, la Commission des droits. Incidemment, Kollapen était un membre du conseil de IDASA et le président de son Centre de ressources juridiques. Le Juge Fikile Bam, un ancien membre du conseil d’administration de la Fondation Open Society de l’Afrique du Sud, a servi en tant que directeur du Centre de ressources juridiques à Port Elizabeth en 1985, et est actuellement membre du conseil d’administration du Centre de développement de l’entreprise, un think tank qui met l’accent sur “les questions de développement et de leur relation à la croissance économique et la consolidation démocratique», qui a reçu une subvention de la NED en 2006. »

De l’Afrique du Sud, la grande ombre de Soros s’étendra sur toute l’Afrique. Suivons toujours Michael Barker :

«En 1997, George Soros a l’intention d’étendre ses ambitions en Afrique, et part de la Fondation Open Society pour l’Afrique du Sud pour aller travailler dans dix pays d’Afrique australe, et encore Slabbert l’a aidé à mettre en place son dernier géant philanthropique. Le vice-président actuel de cette fondation est l’épouse de Max Sisulu, Elinor Sisulu, qui est la porte-parole et le directeur du bureau de la Zimbabwe Crisis Coalition, financée par la NED, à Johannesburg, dont elle a contribué à létablissement en 2004. En outre, Reginald Matchaba-Hove, l’ancien président de la Fondation Open Society pour l’Afrique australe, est membre du comité de direction du Mouvement mondial de la NED pour la démocratie (aux côtés du directeur exécutif d’IDASA, Paul Graham), et il est le président du Zimbabwe Election Support Network, soutenu par la NED. Deux autres membres du conseil de la fondation de la démocratie, liée à la NED, de Soros comprennent Godfrey Kanyenze, qui a servi pendant une longue période, comme directeur de la Zimbabwe Congress of Trade-Unions, financée par la NED, et Immaculée Birhaheka, (…)  qui était le gagnant du Prix 2006 de la démocratie de la NED et est le co-fondateur et président de la Fondation Appui aux Initiatives des femmes, financée par la NED (…) Un  membre particulièrement importante du conseil consultatif de la Fondation Free Africa est le théoricien “de la promotion de la démocratie” Larry Diamond, qui est membre du conseil d’administration du Bureau américain des amis d’ IDASA, et est co-directeur du Forum international pour les études démocratiques de la NED. »

PARLONS ARGENT. QUI FINANCE L’AFROBAROMETER ?

Sur son site, Afrobarometer explique sans vergogne qui sont ses financiers officiels : « Pour nous aider à atteindre notre objectif, nous sommes financés par les organisations et institutions ci-dessous » (9).

« Les principaux donateurs pour les séries 5 et 6 d’Afrobaromètre comprennent » :

  • Mo Ibrahim Foundation
  • Swedish International Development Cooperation Agency (SIDA). Que l’on retrouve dans les attaques (sur les ventes de pétrole en Suisse) contre le gouvernement de Guinée Equatoriale, du Cameroun et du Tchad. En compagnie et dans l’orbite de Transparency International et de Me Bourdon … •Department for International Development (DFID) (Royaume-Uni) •United States Agency for International Development (USAID) (que lon retrouve dans le financement de la plupart des révolutions de couleur) •Banque Mondiale

« Des financements supplémentaires sont fournis par » :

  • Institute for Security Studies (Afrique du Sud) •United States Institute of Peace •Transparency International, que l’on retrouve dans les attaques contre les gouvernements de Guinée Equatoriale, du Gabon et du Congo Brazzaville.
  • Bill & Melinda Gates Foundation

Voilà. Vous savez maintenant ce qu’est Afrobarometer.

Plus un journaliste africain ne pourra dire “je ne savais pas”. Voici les manipulateurs de foules en détresse et les spécialistes des changements de régime qui sont derrière Afrobarometer et ses forts opportuns « sondages » …

VOIR LES EMISSIONS QUI ONT SUIVI MON ENQUETE EN 2015

* Voir sur EODE-TV/

LUC MICHEL: ENQUETE SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE / SUR AFRIQUE MEDIA TV (31 MAI 2015)

sur https://vimeo.com/129592581

* Ecouter sur EODE-TV

le Podcast de mon interview sur RADIO SPUTNIK/ LUC MICHEL ANALYSE LES RESEAUX AMERICAINS QUI MANIPULENT LA PRESSE AFRICAINE/ SUR RADIO (6 JUIN 2015) sur https://vimeo.com/130537885

LUC MICHEL / PANAFRICOM

(première version éditée en mai 2015 pour EODE Think Tank)

NOTES

(1) Cfr. LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ? https://vimeo.com/102962474

(2) Cfr. Mon interview pour LA VOIX DE LA RUSSIE :

LUC MICHEL SUR LA VOIX DE LA RUSSIE/ INTERVIEW CHOC : REVOLUTIONS DE COULEUR. VOICI LE TOUR DE L’AFRIQUE ET DE LA CHINE !

sur http://www.lucmichel.net/2014/12/22/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

et :

http://www.lucmichel.net/2014/12/24/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-2-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

(3) Cfr. PCN-TV/ LA FABRIQUE DES REVOLUTIONS DE COULEUR EN AFRIQUE (2) / CONFERENCE AFRIQUE DE LA NED (WASHINGTON, 5-6 AOUT 2014) sur https://vimeo.com/115084012 et :

PCN-TV/ LA FABRIQUE DES REVOLUTIONS DE COULEUR EN AFRIQUE (1) / CLIP DE PROPAGANDE DU SOMMET AFRIQUE DE LA NED (AOUT 2014) sur https://vimeo.com/115083906

(4) Cfr. Sur le site de la NED :

http://www.ned.org/research/research-council/michael-bratton

(5) Cfr. Document pdf de la NED sur le REAGAN-FASCELL DEMOCRACY FELLOWS PROGRAM :

http://www.ned.org/docs/05annual/fellows05.pdf

(6) Cfr. La page « Liens recommandés » du Site du CDD-Ghana :

http://www.cddgh.org/cdd-ghana-people/recommended-links

(7) Cfr. sur le site de la NED :

http://www.ned.org/publications/annual-reports/2011-annual-report/africa/west-africa-regional

(8) Cfr. sur le site de la NED :

http://www.ned.org/research/research-council/e-gyimah-boadi

(9) Cfr. sur le site dAfrobarometer :

http://www.afrobarometer.org/fr/propos-de-nous/financement

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE I

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* PANAFRICOM

WEBTV http://www.panafricom-tv.com/

LE ‘11 SEPTEMBRE’, UN BOOMERANG DIRECTEMENT ISSU DE LA POLITIQUE D’AGRESSION DES USA : EN 15 ANS RIEN N’A CHANGE !

Luc MICHEL/En Bref/

Avec PCN-SPO/ 2017 09 11/

LM.NET - EN BREF en finir avec le 11 sept (2017 09 11) FR

 

Et les mêmes causes continueront à produire les mêmes retours de bâton meurtriers  pour les USA !

LM.NET - EN BREF pr en finir avec le 11 sept (2017 09 11) FR

Deux Dessins du grand Latuff illustrent avec son immense talent le fait qu’en quinze ans rien n’a changé :

* le premier est de septembre 2011, ce sont les « bombardiers boomerangs yankee ».

* Le second est de ce matin, il lie l’agression contre la Syrie – décidée par Obama-Clinton (« Yes we can ») et continuée par Trump-Mattis (« la géopolitique américaine s’impose à Trump », dit Stratfor) – au « 11 septembre » …

POUR EN FINIR AVEC LE « 11 SEPTEMBRE » !

Quinze ans de matraquage incessant sur le «11 septembre» se marquent comme chaque année par un pic de propagande pro-américaine. Il s’agit toujours de la même rengaine éculée. Destinée à conditionner les cerveaux sur le thème, parfaitement résumé dans le titre d’un édito du MONDE (Paris) du 12 septembre 2001 : « Nous sommes tous américains »… Nous pas ! Notre position sur « 11 septembre » est parfaitement résumée par ce dessin de presse de 2001, précisément, dû au Brésilien Carlos Latuff, et qui a illustré plusieurs couvertures de notre presse : deux boomerangs géants aux couleurs US sont venus frapper les tours jumelles de Manhattan.

* Lire aussi mon édito pour PCN-INFO :

L’AUTRE ‘11 SEPTEMBRE’ …

sur http://www.lucmichel.net/2017/09/11/pcn-info-lautre-11-septembre/

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

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L’AUTRE ‘11 SEPTEMBRE’ …

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ)

pour PCN-INFO/ avec PCN-SPO / 2017 09 11/

PIH - LM l'autre 11 septembre (2017 09 11) FR (1)

Puisque nous en sommes aux anniversaire, parlons de l’autre « 11 septembre » !

C’était le 11 septembre 1973, tout juste 40 ans, Pinochet prenait le pouvoir avec l’aide de la CIA et la bénédiction de Nixon et Kissinger, faux prix Nobel (déjà …) et véritable criminel de guerre.

“Le Président ne se rend pas !”, lançait le Président Allende aux putschistes qui lui donnent un ultimatum: ou bien il se rend, ou bien ils bombardent la Moneda. Sur fond de tirs de tanks et du vrombissement des bombardiers Hawker Hunter, Allende décide d’adresser un dernier message au pays: “Je ne démissionnerai pas et paierai de ma vie la loyauté du peuple”, affirme Allende, d’une voix ferme. Ce sera alors le bombardement aérien et terrestre contre la Moneda. Plusieurs explosions de produisent à l’intérieur du palais présidentiel où débute un incendie et des colonnes de fumée commencent à s’élever du bâtiment. Un peloton de soldats entre dans la cour centrale. Encerclés, les derniers combattants descendent par le grand escalier de la Moneda pour se livrer à la junte. A cet instant, un coup de feu retentit. Le président, âgé de 65 ans, s’est suicidé d’une balle sous le menton avec le fusil offert par Fidel Castro. “Mission accomplie. La Moneda prise. Président mort”, annonce un commandement putschiste, près de trois ans après l’arrivée au pouvoir du dirigeant de la gauche chilienne, élu le 3 novembre 1970.

La suite : plusieurs dizaines de milliers de militants et de simples civils, assassinés, torturés, « disparus ». sans parler des dizaines de milliers de militants, patriotes, communistes, assassinés dans le cadre de l’ « Opération Condor », vaste programme d’élimination des ennemis de l’Ordre occidental, perpétré par les juntes chilienne et argentine. Avec l’aide et le soutien de la CIA. Et les conseils éclairés des spécialistes du MOSSAD. Tous ceux là sont aussi nos morts !

Car Augusto Pinochet a été imposé à la tête du Chili par les Etats-Unis. « Le dictateur chilien Augusto Pinochet a été placé au pouvoir par les Etats-Unis en vue de lutter contre le communisme en Amérique latine » rappelait pertinemment le politologue russe Viatcheslav Nikonov. « L’indépendance du dictateur était très limitée (…) Salvador Allende, président du Chili renversé par le général Augusto Pinochet, était le premier leader socialiste élu par un vote populaire dans l’histoire de l’Amérique latine. Ce précédent était absolument intolérable pour les Etats-Unis. Partant, ils ont orchestré l’opération visant à renverser Salvador Allende conduite par Augusto Pinochet.

UNE HISTOIRE PAS TERMINEE …

Par la suite, Pinochet devait s’acquitter de deux tâches: élimination physique des communistes et édification d’un modèle économique libéral, à l’instar des Etats-Unis, avec la participation des représentants de l’Ecole économique de Chicago » (*).

Les mêmes qui ont servi à démembrer l’économie soviétique et à piller la Russie à partir de 1991. Ceux qui servent aujourd’hui de modèle et d’inspirateurs à la régression ultra-libérale dans l’UE ou en Afrique (Ouattara joue le même rôle pour leFMI en Côte d’Ivoire en ce moment) …

PCN-INFO/ LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

(*) Sur les Années Pinochet et le mythe de son expérience économique, Lire : Luc MICHEL sur PCN-INFO, AUGUSTO PINOCHET, DICTATEUR SANGUINAIRE ET FIDELE LAQUAIS DE L’IMPERIALISME YANKEE,

Sur http://www.pcn-ncp.com/PIH/pih-061212.htm

______________________

 

Parti Communautaire Néoeurasien, PCN,

Neoeurasian Communitarian Party, PCN-NCP, Неоевразийская Общественная Партия, PCN- НОП, Neo Avrasyali Komunotarist Partisi, PCN-NAKP, Partidul Comunitar Neoeurasian, PCN …

 

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‘BURUNDI FORUM‘: SECURITE – LUC MICHEL SUR AFRIQUE MEDIA PREVIENT D’UNE ATTAQUE VENANT DU RWANDA, APPUYEE PAR LES USA ET LA BELGIQUE, CONTRE LE BURUNDI, POUR CHANGER LE REGIME

Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ)/
Revue de Presse/ avec PCN-SPO/
2017 09 10/

PCN-SPO - RP LM buzz coup anti-nku burundi-forum (2017 09 10) FRLe Website « BURUNDI FORUM » a rediffusé le 13 août 2017 dernier l’intervention de Luc MICHEL sur le Burundi (sur l’opération de changement de régime occidentale, démarrée en octobre 2014 et qui continue) dans LIGNE ROUGE du 10 août 2017, qui a fait le « buzz » sur le Net burundais et congolais.

A noter aussi d’intéressantes remarques sur l’histoire du Burundi !

Extrait : « Le Burundi est vieux Royaume millénaire africain – Ingoma y’Uburundi – : – 1/ qui a donné jadis une Dynastie en Egypte ( celle des Anous “Abantou” – la Dynastie des Nagada – 9.000 à 3.200 avant notre ère ) ; – 2/ qui a géré l’Empire Mwene Mwezi ( Burundi, Rwanda, Ouganda, Sud Soudan, Tanzanie, Kenya, Malawi, et le nord de Mozambique ) entre le 14ème et le 15ème siècle de notre ère ; – et 3/ qui était le plus grand Etat au 17ème siècle dans la Région des Grands Lacs africain. Le vieux Royaume -Ingoma y’Uburundi – s’est mis en pause pour 40 ans en 1965-1966 lorsque la France a décidé de mettre en place -le Régime Hima burundais ( Micombero, Bagaza, et Buyoya )-. Depuis 2005, les Barundi ont repris leur destin en main dans cette Région de l’Afrique et du Monde. »

* Lien vers cet article :

SECURITE – LUC MICHEL SUR AFRIQUE MEDIA PREVIENT D’UNE ATTAQUE VENANT DU RWANDA, APPUYEE PAR LES USA ET LA BELGIQUE, CONTRE LE BURUNDI, POUR CHANGER LE REGIME https://www.burundi-forum.link/article5822.html

 

* Voir l’intervention de Luc MICHEL :

sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL: NOUVEAU COMPLOT CONTRE LE BURUNDI (SUR ‘LIGNE ROUGE’, AFRIQUE MEDA, 10 AOUT 2017) sur https://vimeo.com/229485650

 

PCN-SPO (Bruxelles)

Service de Presse du PCN

PCN-NCP Press Office

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GEOPOLITIQUE DE LA CRISE COREENNE (SUR PRESS TV, IRAN)

EODE-TV/

LUC MICHEL: GEOPOLITIQUE DE LA CRISE COREENNE.

LA CRISE COREENNE, LE CONTEXTE GEOPOLITIQUE REGIONAL ET MONDIAL ET LE DOSSIER DE LA BOMBE DE PYONG-YANG …

(SUR PRESS TV, IRAN, DANS ‘REPORTAGE’, 3 SEPT. 2017) sur https://vimeo.com/232528055

EODE-TV - LM geopol coree presstv (2017 09 10) FR

PRESS TV, la télévision iranienne internationale francophone, interroge le géopoliticien Luc MICHEL …

PRESS TV :

« La Corée du Nord a annoncé ce dimanche 3 septembre avoir mené un essai souterrain d’une bombe à hydrogène destinée à être montée sur un missile à longue portée.

Cet essai, le sixième mené par la Corée du Nord depuis 2006, a été ordonné par le dirigeant Kim Jong-un, peu après l’annonce officielle que Pyongyang était parvenu à développer une nouvelle arme nucléaire dotée d’une « grande capacité destructrice », précise la télévision. Pékin a « condamné vigoureusement » ce test, tout en exhortant Pyongyang à « cesser d’aggraver la situation » avec des « actes qui ne servent pas ses intérêts ».

Cette nouvelle escalade de la crise dans la péninsule coréenne fait suite à des provocations américaines à l’encontre de Pyongyang, qui se sont traduites surtout par des menaces de guerre, la multiplication des manœuvres militaires conjointes avec la Corée du Sud ou encore l’installation de batteries de missiles Patriot au Japon et en Corée du Sud. Mais pourquoi ne cesse-t-on pas d’accuser Kim Jong-un ? Que cherchent les USA à travers ces menaces ?

Luc Michel, géopolitologue, nous répond.» _____________________

EODE ORGANISATION …

# EODE-TV :

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# ЕВРАЗИЙСКИЙ СОВЕТ ЗА ДЕМОКРАТИЮ И ВЫБОРЫ (ЕСДВ)/ EURASIAN OBSERVATORY FOR DEMOCRACY & ELECTIONS

(EODE) :

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LE TERRORISME DJIHADISTE EST UN MONSTRE A 3 TETES WAHHABITES (SAOUDS, ARMÉE PAKISTANAISE, QATAR)

PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL:

sur https://vimeo.com/232257958

PANAF-TV - LM 3 têtes wahhabites (2017 09 01) FR

Luc MICHEL,

Dans EDITION SPECIALE Sur AFRIQUE MEDIA

THEME DE L’EMISSION :

« LE QATAR, VERITABLE FINANCIER DES GROUPES TERRORISTES ? »

Le sujet vu par AFRIQUE MEDIA :

« Comment éviter le plan de déstabilisation de l’Afrique centrale par le Qatar ?

Le Tchad, l’Arabie saoudite, l’Egypte, les Emirats arabes unis et Bahreïn ont rompus leurs relations diplomatiques avec le Qatar. Ceux-ci  ont  invoqué des questions de sécurité nationale pour justifier la rupture des relations diplomatiques avec leur voisin. Ils l’accusent, en effet, de déstabiliser la région et de soutenir des « groupes terroristes ». D’après des sources concordantes, le Qatar serait impliqué très considérablement dans le financement des groupes terroristes tels que ( Boko haram, Al-Qaida, l’organisation Etat islamique et la confrérie des Frères musulmans ) ».

LE POINT DE VUE DE LUC MICHEL (QUI A UNE AUTRE VISION DU DOSSIER) :

« LE TERRORISME DJIHADISTE EST UN MONSTRE A 3 TETES – WAHHABITES – SAOUDS, ARMÉE PAKISTANAISE, QATAR – ET IL FAUT COUPER LES TROIS ! »

Le géopoliticien Luc MICHEL traite notamment les thèmes suivants :

* Le terrorisme est un monstre à trois têtes : Saouds, Pakistan, Qatar.

Ne pas se focaliser sur une seule tête, ce qui serait l’erreur majeure !

* Pourquoi le choc Ndjaména-Doha est purement une affaire locale Tchad-Lbye-Qatar !?

Hissein Brahim Taha, ministre tchadien des Affaires étrangères confirme, dans une interview accordée à RFI que « Le problème actuel avec le Qatar est un problème bilatéral. Ce n’est pas la poursuite de la crise diplomatique née dans le pays du Golfe » …

* Mythes et réalités du Terrorisme qatari.

* Voir aussi sur EODE-TV/

LUC MICHEL: LE TERRORISME EN AFRIQUE,

GENESE, EVOLUTION, FORCES EN PRESENCE

(LIGNE ROUGE, 25 AOUT 2017, AFRIQUE MEDIA) sur https://vimeo.com/231549968

* Sur SYRIA-COMMITTEES-TV/

LUC MICHEL : POUTINE – ASSAD – DEBY ITNO.

LES TROIS PRESIDENTS QUI COMBATTENT VRAIMENT LE DJIHADISME !

(PCN-TV)

sur https://vimeo.com/228646110

Images EODE-TV (Bruxelles)

Multiplex avec Douala-Malabo

Emission EDITION SPECIALE du 30 août 2017 Sur AFRIQUE MEDIA

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