Un prototipo di aereo esplode in volo tra Santhià e Tronzano: due morti

In un articolo sul quotidiano Provincia di Biella si scrive che questo prototipo era un progetto “indipendente” da quello Usa…qualcuno si è risentito?

Il convertiplano della Agusta Westland era partito da Vergiate (Varese). I corpi delle due persone a bordo sono state trovate carbonizzate: si tratta di due ufficiali in congedo, un italiano e un americano

aereo

 Ii resti ancora fumanti dell’aereo convertibile dell’Agusta Westland

 30/10/2015

valentina roberto

santhia’

Un boato seguito da uno schianto al suolo nei campi tra Santhià e Tronzano: in tanti questa mattina hanno visto l’esplosione in volo del convertiplano militare sperimentale Agusta Westland, ibrido tra aereo ed elicottero partito dalla base di Vergiate, in provincia di Varese.  

La paura che il velivolo potesse precipitare sull’abitato di Santhià (le prime case dal luogo dell’impatto distano trecento metri) è stata tanta, ma proprio la prontezza dei due aviatori a bordo ha evitato la strage: loro, Pietro Venanzi, 53 anni, pilota Agusta Westland e Herbert Moran, ex pilota della Marina americana originario dell’Oregon ma residente a Varese, sono morti sul colpo ma con il loro coraggio e con una manovra finale capace di portare il mezzo in un’area periferica, hanno evitato una strage.  

Intanto la Procura di Vercelli ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e disastro aviatorio, così come l’Ansv, Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, ha aperto un’inchiesta e inviato sul posto un proprio team investigativo. 

Testimoni hanno raccontano di averlo visto inclinarsi prima di prendere fuoco. Non era il primo collaudo effettuato sui cieli del Vercellese.«Volava basso sulle case ed era in fiamme – hanno detto un gruppo di studenti -. Il pilota è stato bravo a portarlo fino sui campi di mais. Se fosse caduto in città, sarebbe stata una strage».  

«Abbiamo appena saputo che un nostro prototipo in prova è caduto – ha commentato questa mattina l’ad di Finmeccanica, Mauro Moretti, durante il suo intervento al convegno organizzato a Expo -. Questo non ci deve fermare in ricerca e innovazione». 

http://www.lastampa.it/2015/10/30/edizioni/vercelli/elicottero-esplode-in-volo-tra-santhi-e-tronzano-k0Fy2opruqz9CxCMdv1aQK/pagina.html

LE BOUQUET SPECIAL AVEC LUC MICHEL CE SAMEDI SOIR SUR AFRIQUE MEDIA TV DEPUIS DOUALA ET NDJAMENA

# SUR AFRIQUE MEDIA CE SAMEDI 31 OCTOBRE 2015/

LE ‘BOUQUET SPECIAL’ 

SUR AFRIQUE MEDIA CE SAMEDI 31 OCTOBRE 2015

En direct des studios de DOUALA

Ce samedi 31 oct. 2015

vers 19H30 (Douala/Ndjamena) ou 19H30 (Bruxelles/Paris/Berlin)

Présenté par Manuela Sike

 Avec les panelistes de NDJAMENA en duplex

Avec le géopoliticien Luc MICHEL en direct sur le plateau de Ndjamena

 SUJET :

 I- CONGO BRAZZA/92,96 % DES SUFFRAGES POUR LE CHANGEMENT CONSTITUTIONNEL : L’OPPOSITION CRIE AU SCANDALE.

 II- IIIème SOMMET INDE-AFRIQUE : QUELLES EN SONT LES RESOLUTIONS ?

 AMTV/ avec EODE Press Office et PANAFRICOM /

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LUC MICHEL EN DIRECT DE NDJAMENA CE DIMANCHE SUR AFRIQUE MEDIA TV

SUR AFRIQUE MEDIA TV/ LE DEBAT PANAFRICAIN DE CE DIMANCHE 1er NOVEMBRE 2015 : LE PROGRAMME COMPLET

 En direct de NDJAMENA

Vers 14H30 (Douala/Ndjamena/Malabo) et 14H30 (Bruxelles/Paris/Berlin)…

Présentée par Bachir Mohamed Ladan

En direct sur streaming sur http://lb.streamakaci.com/afm/ 

Avec les panelistes

et le géopoliticien Luc MICHEL en direct sur le plateau de Ndjamena

SUR AFRIQUE MEDIA CE DIM 1ER NOVEMBRE 2015

Avec duplex de DOUALA

Et des panelistes du Cameroun

LES THEMES DE L’EMISSION DE CE 1er NOVEMBRE

 1- Quelle est la place de l’opposition dans le jeu politique africain ?

 2- Sommet Inde-Afrique: les perspectives géopolitiques.

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Firenze, M5S: “Unesco ha dubbi su Tav. Solo Nardella e Renziinsistono su quest’opera inutile”

Roma, 29  ottobre 2015 – Firenze nel degrado. Una situazione che fa paura e non solo ai “soliti comitati” ma addirittura all’Unesco che, secondo quanto scritto dal Corriere Fiorentino, ha scritto al sindaco manifestando i timori per il rischio degrado anche in riferimento al tunnel Tav.

«Gli unici a non accorgersi della vergogna del sottoattraversamento Tav sono il sindaco Nardella e Renzi. Parliamo di un’opera incredibilmente inutile e costosa che sarà deleteria per l’intera città. Soltanto loro si ostinano a volerla portare avanti a tutti i costi», dichiara il portavoce fiorentino del M5S alla Camera dei Deputati Alfonso Bonafede». 

La lettera non è stata ancora pubblicata dal Comune. «L’Unesco certificherebbe così quello che da sempre andiamo sostenendo: il tunnel Tav è inutile e anzi arrecherebbe un dolo immenso a Firenze.  I nostri consiglieri comunali depositeranno domani un accesso agli atti per avere la lettera – precisa Bonafede – ma noi chiediamo che il sindaco la renda pubblica immediatamente. I cittadini di Firenze hanno il diritto di sapere».

Manziana, 7 novembre, spettacolo e film da Lampedusa

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Tocchiamo un argomento che sta al centro dell’attenzione europea e che ci coinvolge tutti, dall’Africa all’Europa, dal Medioriente all’America Latina: le migrazioni, i rifugiati.
Non c’è solo chi i rifugiati li esclude e demonizza, chi fa finta di umanità e sbarra  le frontiere, che li accoglie nel nome della misericordia.
C’è anche chi si chiede, da dove vengono, perchè fuggono, chi li fa fuggire, che fare? Accidente o strategia?
Nessuno meglio di un Lampedusano, Giacomo Sferlazzo, che ci visita da un’isola che ha vissuto e sofferto la vicenda dall’inizio e più di ogni altro, per parlarcene.
Artista, pittore, scrittore, cantautore e portavoce dell’Associazione lampedusana “Askavusa”, che da anni si batte per la verità e la giustizia dei profughi,
Giacomo Sferlazzo ci presenta il suo spettacolo musicale, “Lampedusa, una storia in mezzo al mare” e un film,  “I giorni della tragedia” di Antonino Maggiore, che ci rivela gli inediti e nascosti retroscena del naufragio di oltre 300 davanti alle coste dell’isola, il 13 ottobre 2013.
 
Con le migrazioni dobbiamo confrontarci tutti. E anche con una voce fuori dal coro.
Vi aspettiamo.
 
Circolo della Tuscia – ANAIC

A stragrande maggioranza, l’Onu ha chiesto di porre fine al blocco degli Stati Uniti contro Cuba

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Solo USA e Israele hanno votato contro la mozione delle Nazioni Unite.
 
Avete visto quando da Washington escono le classifiche sulla rispettabiità dei governanti di paesi sovrani con la loica semantica della classificazione in “asse del male”, “regime” e altri appellativi similari? C’è un’ingiustizia nella storia che si protrae dal 1962 e che vede protagonista uno dei principali violatori dei diritti umani della storia nei confronti di una piccola isola a 90 miglia dalle sue coste – noto come “bloqueo”. L’Onu ha quantificato recentemente in 117 miliardi le perdite subite a causa di questa imposizione criminale alla luce delle relazioni internazionali.
 
Ieri l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato, per il 24esimo anno consecutivo, e a maggioranza schiacciante, l’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba dal 1962. 191 paesi hanno votato a favore di questa decisione, solo i regimi di Washington e Israele hanno votato contro.
 
La risoluzione chiede a tutti gli Stati membri dell’ONU di “astenersi dall’adottare o applicare le leggi e misure” che estenderebbero l’embargo. Quanto a quelle che sono già entrate in vigore, viene chiesto di “revocarle o annullarle il prima possibile.”
Naturalmente è la Legge Helms-Burton del 1996, che viene esplicitamente individuata. Questa legge degli Stati Uniti ha introdotto sanzioni per le imprese straniere che fanno affari con Cuba. La proposta di risoluzione ritiene che il testo tocchi la sovranità degli altri Stati e gli interessi dei loro cittadini, così come la libertà di commercio e navigazione. Dal 1992, ogni anno, si tiene il voto dell’Assemblea Generale sulla risoluzione contro le sanzioni degli Stati Uniti: nel 2014, 188 paesi hanno votato rifiutato l’embargo.
La votazione di quest’anno si è tenuta dopo che lo scorso 17 dicembre Raul Castro  e Barack Obama hanno annunciato la decisione storica di ristabilire le relazioni diplomatiche, che sono stati ufficialmente riallacciate il 20 luglio di quest’anno. “I costi umani che le sanzioni hanno causato sono inestimabili. Il settantasette per cento dei cubani ha sofferto per l’embargo dal giorno in cui è nato”, ha commentato il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez Parrillia.
 
191 paesi contro 2. Che bisogna cambiare le coordinate per trovare l'”asse del male” forse?
 
Notizia del: 28/10/2015

Venezuela: continua a calare la povertà nonostante guerra economica e inflazione indotta

Risultati raggiunti anche nella tanto amata europa dei popoli e dell’euro vero? L’europa del rigore per mantenere l’euro e quindi la civiltà, ed a vancuffia i cittadini questa è democrazia altro che socialismo..
 
 
venezuela
Aumenti salariali e investimenti sociali proteggono la popolazione venezuelana dagli effetti nefasti della guerra economica in atto
+di Fabrizio Verde
 
La curva della povertà in Venezuela continua a scendere nonostante i forti attacchi portati contro l’economia nazionale, il sabotaggio e l’inflazione indotta. La guerra economica non riesce a fermare i progressi del processo bolivariano.
Il vicepresidente per la Pianificazione e la Conoscenza, Ricardo Menéndez, ha spiegato che negli ultimi anni sotto la guida del Presidente Nicolás Maduro la percentuale di persone che vive in povertà è continuata a calare allo stesso ritmo del periodo di Hugo Chávez. La povertà estrema per bisogni primari insoddisfatti (NBI) è passata dal 5,5% del 2013, al 5,4% dell’anno successivo, per attestarsi quest’anno al 4,9%.
In una conferenza stampa tenutasi a Caracas l’esponente del governo bolivariano ha illustrato i progressi raggiunti grazie alle politiche sociali implementate dal governo, con l’ausilio di alcuni grafici comparativi, che mostrano gli indici di povertà strutturale in Venezuela dal 1990 a oggi.
Ricardo Menéndez ha sottolineato che se nel 1990 il tasso di famiglie con bambini in un’età compresa tra i sette e i dodici anni che non frequentavano la scuola era del 5,2%, questo stesso tasso nel 2015 è dello 0,6%.
Inoltre il tasso delle famiglie monoreddito mentre nel 1990 era del 12,8%, nel 2015 si assesta al 3,1%. Numeri e dati che suffragano la bontà dell’azione portata avanti dal governo bolivariano in ambito sociale, dove sono stati fatti passi da gigante.
In un recente evento dove ha annunciato un aumento del salario minimo del 30%, il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro, ha ribadito che la misura serve a proteggere il popolo venezuelano dagli effetti della guerra economica.
I detrattori hanno immediatamente contestato la misura dichiarando che gli effetti saranno annullati dalla forte inflazione. Un’inflazione indotta al rialzo dalla speculazione: perché un prodotto X aumenta di prezzo, questo non avviene a causa del ‘controllo sul cambio’ o a causa del sussidio governativo. Il prezzo del prodotto aumenta perché l’importatore decide di speculare, guadagnado il 1000% sulla vedita di un determinato prodotto. Questi sono alcuni degli effetti negativi che si possono riscontrare in un paese dipendente dalle importazioni come il Venezuela.
A questo punto però è lecita una domanda: se l’inflazione alta impoverisce la popolazione, come mai in paesi dove questa è tenuta bassa come Colombia, Messico e Perù, la miseria resta una grossa piaga, con un indice di povertà che supera il 40%.
Evidentemente ad essere efficaci contro la povertà e per la protezione dei lavoratori e della popolazione sono le politiche dei governi bolivariani.
 
Fonte: Vtv/ Mision Verdad
 
Notizia del: 20/10/2015

“La Turchia appoggia l’Isis”. Le prove schiaccianti dalla città siriana di Qamishli raccolte da RaiNews

non sò se è più eclatante la notizia di quanto già in ambienti di informazione alternativa è noto da tempo, o che Rainews ne stia dando conto…….
 
turchia
 
“Vuoi sapere che fa la Turchia? Ecco una piastrina di un soldato turco in una base dell’Isis. Che ci fa un cittadino turco a 80km dal suo confine in territoro siriano in una base dell’Isis?”.
 
In Esclusiva per Rai News 24, Gian Micalessin, dalla città siriana di Qamishli, ha documentato prove schiaccianti dell’appoggio di Ankara ai miliziani dell’Isis.
Il generale delle milizie curde Kadil, intervistato dichiara: “Vuoi sapere che fa la Turchia?
Ecco una piastrina di un soldato turco in una base dell’Isis. Che ci fa un cittadino turco a 80km dal suo confine in territoro siriano in una base dell’Isis?”.
La Turchia prima appoggiava al Nusra ora l’Isis, prosegue il generale. “Questi sono tutti i passaporti che abbiamo perquisito nella base dei terroristi. Questo veniva dal Bahrein. E’ partito dall’aeroporto di Istanbul. C’è il timbro dell’aeroporto vedi. Questo è il passaporto di un tunisino, anche qui il timbro turco dell’aeroporto di Istanbul. Questo è un libico da Bengasi e anche qui timbro dell’aeroporto di Istanbul. Arrivano ufficialmente in Turchia per poter combattere e poi entrano in Siria illegalmente”.
Dopo aver mostrato le carte d’identità di militanti turchi nell’Isis, il generale mostra al giornalista italiano un registro perquisito di Al-Nusra. “Ci sono anche gli stranieri. Guardate quanti sono turchi e i sauditi”.
E poi la conclusione che è più una profezia: “Il ruolo di Ankara è immenso: sperava di capovolgere Assad ma ha fallito e tutto questo avrà gravi ripercussioni su tutta la Turchia”.
 
Turchia, paese Nato, sponsor del terrorismo internazionale. Il castello di carte costruito dalla propaganda Nato (Usa) sta venendo giù completamente, se a quattro anni di distanza, anche RaiNews riporta quello che noi vi abbiamo sempre denunciato. Spetterebbe ora al nostro governo agire di conseguenze, ma, da fedele servitore di Washington, Renzi e Gentiloni aspettano solo l’ordine per fare il gioco sporco che il padrone non vuole più fare.
 
Notizia del: 14/10/2015

Ungheria: una demonizzazione che ha i suoi perchè

Quelli che temono le “derive” dovrebbero tenere presente che l’Ungherina non ha dimenticato il 1956 come del resto noi ricordiamo le nostre di dittature loro si ricordano le loro di marchio opposto ( a meno che non le si considerino migliori) 
 
di Filippo Bovo – 19/10/2015
 
Fonte: Opinione pubblica
 
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Sul conto dell’Ungheria, finora, se ne sono sentite davvero di tutti i colori. A quanto pare in Italia, e non solo in Italia ma anche negli altri paesi della “Comunità Europea Storica”, vale a dire Francia e Germania, c’è tutta una categoria di giornalisti, intellettuali ed opinionisti che si guadagna da vivere a spese proprio dell’Ungheria, dicendone peste e corna dalla mattina alla sera. Tutto è cominciato, grossomodo, con l’elezione al governo di Viktor Orban: e si precisi che parliamo di “elezione al governo” e non di “salita al potere”, perché ciò è avvenuto in maniera del tutto democratica, tramite le elezioni, e non con qualche sinistro e sanguinoso colpo di Stato. Anche per questo motivo, che oggi si dipinga Viktor Orban alla stregua di un Francisco Franco magiaro suona decisamente molto grottesco. S’è detto, in quell’occasione, che l’arrivo al governo di Viktor Orban coincidesse con una pericolosa e preoccupante avanzata dei movimenti di destra in Europa: cosa che certamente è vera, ma che non riguarda di sicuro soltanto l’Ungheria. E, in ogni caso, quei movimenti d’estrema destra, additati come discendenti più o meno diretti dei movimenti fascisti che provocarono innumerevoli disgrazie nel Novecento e che non hanno mai fatto realmente e completamente i propri conti col passato, non sono mai divenuti forza di governo né in Ungheria né in nessun’altra parte d’Europa. Accostare Viktor Orban ed il suo partito, certamente molto legato all’identità nazionale, culturale e storica del suo paese, a questi movimenti, è decisamente un atteggiamento sleale e fuorviante.
 
Fin dai primi giorni della sua elezione, Viktor Orban è stato accusato di voler mettere al bando le forze politiche tradizionali, che infatti erano talmente messe al bando da poter godere di tutta la libertà d’organizzarsi ed agire contro di lui, per esempio portando un cospicuo numero di militanti a manifestare contro di lui in piazza, a Budapest. Basterebbe già solo quest’aspetto, che si commenta veramente da solo, a dirimere una volta per tutte la questione. Ma, senza senso della vergogna, ed aggiungerei anche senza senso della misura, una certa destra liberal ed una certa sinistra altrettanto liberal hanno preferito non demordere e continuare a negare dinanzi all’evidenza, ostinandosi nel propagandare con successo l’idea di Viktor Orban “fascista” e “dittatore”.
 
Probabilmente il problema si trova molto più a monte di quanto siamo disposti a credere. Tanto la destra tradizionale quanto la sinistra socialdemocratica e post-comunista, in Ungheria, vantano da sempre un profondo legame con l’Europa occidentale e con gli Stati Uniti d’America. Le loro scelte di governo sono sempre state tese a soddisfare questi due loro importanti committenti, in modo e maniera da rendere l’Ungheria sempre armonica e soprattutto “ancillare” nei loro confronti. Tutto è venuto meno con Orban, che ha pesantemente messo in discussione questo modello, basato su una strategia che mirava ad edificare un’idea di paese completamente diversa dalla sua. Secondo Orban l’Ungheria doveva essere un paese sovrano, in grado di misurarsi ad armi pari con le altri grandi potenze mondiali, facendo valere il suo peso strategico e geopolitico e, cosa importantissima, anche la sua grande storia.
 
Così Orban ha cominciato ad impostare una politica d’intesa con quei paesi che, guardacaso, sono visti come il fumo negli occhi dalle forze politiche tradizionali, che si tratti della destra liberal o della sinistra altrettanto liberal. Ha cominciato a parlare con la Russia e soprattutto con la Cina, con cui ha stabilito di fare dell’Ungheria uno dei paesi d’approdi della moderna e rivoluzionaria strategia della Nuova Via e della Nuova Cintura della Seta. Ciò ha comportato importanti intese anche con altri paesi europei e non europei che si trovano al di fuori dell’UE o della sua rete di simpatie, e che parimenti non sono visti di buon occhio nemmeno dalla Casa Bianca. Il risultato è sotto i nostri occhi: di fronte ad un simile atteggiamento, Orban non poteva che essere demonizzato ed additato come colui che aveva compiuto, nel cuore dell’Europa, la “resurrezione del fascismo”.
 
Come ben sappiamo, la demonizzazione di Orban e dell’Ungheria data ormai a ben prima del caso dei migranti giunti ad ondate in Europa centrale e meridionale a causa del caos mediorientale e siriano in particolare. Quest’ultimo caso è stato strumentalizzato a dovere, per accrescere presso il pubblico occidentale e soprattutto europeo l’immagine negativa dell’Ungheria, ma anche per causare a quest’ultima non pochi guai di tipo logistico, politico ed organizzativo. Non è un caso che si siano usati i migranti per far pressione soprattutto su quei paesi che, per un motivo o per un altro, sono da tempo caduti in disgrazia presso la politica occidentale, come la Macedonia, la Serbia o l’Ungheria. Anche la Grecia, da questo punto di vista, ha avuto il suo bel prezzo da pagare, e così Cipro. Sono tutti paesi che, neanche a farlo apposta, hanno stabilito ormai da tempo relazioni costruttive con le potenze orientali, in primo luogo la Russia, soprattutto in materia economica, commerciale ed energetica, e che guardano ancora più in là, fino alla Cina. Che sia solo un caso? Sono, poi, paesi che anche sulla crisi ucraina hanno rotto le uova nel paniere alla politica occidentale, per inciso a quella atlantista formata dal duetto Washington-Bruxelles, ben più di una volta. Che sia anche questo solo un caso? Pare tutto molto strano.
 
In un simile clima di demonizzazione del “nemico interno”, ovvero di colui che dentro l’Europa unita fa il bastian contrario e segue una politica economica ed estera tutta sua, un paese come l’Ungheria non può che farne le spese. Ed ecco che allora si parla di “vagoni piombati”, di “compagni socialisti e comunisti” messi al bando oppure financo “deportati”, e così via. Quante ne sono state dette? Tutto fa brodo, quando si tratta di demolire l’immagine di un paese che, invece, è tra i più civili ed avanzati del Continente Europeo. Un paese che, non dimentichiamocelo, è stato anche imperiale e che ha vissuto una stagione “risorgimentale” con molti lati in comune con la nostra. Anche per questo dovremmo sentirlo come fratello, come amico, e non come il suo contrario. Ma, fintantochè dovremo fare i conti con parole e sortite come quelle del nostro presidente del consiglio Matteo Renzi (“Oggi il vero rischio per l’Europa non è la Russia [che è fuori], ma l’Ungheria”), difficilmente si potrà sperare in un qualche positivo eppure indispensabile passo in avanti.