Quale Stato tutela la polizia?

Voglio portare un modesto contributo alla discussione che si sta sviluppando in questi giorni in merito alle violenze perpetrate dalla polizia contro studenti e lavoratori inermi.

Voglio e posso portare un modesto contributo grazie anche all’esperienza vissuta con ilMovimento No Tav, soprattutto il 27 giugno del 2011, quando vi fu l’occupazione manu militari della libera repubblica della Maddalena.

Quella mattina, quando la battaglia si concluse, in mezzo alla nebbia dei lacrimogeni mi apparve tra le lacrime uno schieramento di poliziotti non riconoscibili l’uno dall’altro, se non fosse stato per la diversa corporatura. Tutti bardati da capo a piedi, novelli robocop, con il casco e la visiera tirata giù. Fieri di fare il proprio mestiere e di aver portato a termine la propria missione.

Probabilmente qualcuno di questi robocop avrebbe poi lanciato i lacrimogeni ad altezza d’uomo il giorno del 3 luglio, oppure avrebbe trascinato a e preso a calci un manifestante, come testimoniato dai video.

Ma chi può dirlo? Chi può dirlo, visto che questi poliziotti (un mio collega amabilmente li definisce “sbirraglia”) sono tutti uguali l’uno all’altro nelle loro divise, e soprattutto non hanno un codice identificativo od un distintivo con nome e cognome che li renda riconoscibili?

La polizia oggi molti di noi la avvertono come un corpo che difende sì, lo Stato, ma non lo Stato cui ciascun cittadino appartiene e quindi noi apparteniamo, ma lo Stato come entità altra, diversa. Di là c’è lo Stato con la polizia che lo difende, di qua ci siamo noi. E la frattura tende a diventare insanabile. Altra piccola esperienza personale. Un giorno andando in tribunale per un importante processo contro i No Tav, c’era un folto gruppo di poliziotti schierati all’entrata del Palazzo di Giustizia. Erano in assetto anti-sommossa, ma questa volta senza caschi né visiere. Avevano quasi tutti i capelli rasati, magari un filo di barba ben curata ed i Ray Ban addosso: gli mancava solo l’Electra Glide parcheggiata lì davanti. Si vedeva, lo si capiva che avevano voglia di menar le mani, e, devo ammetterlo, mi facevano paura. Ecco, loro erano la difesa dell’altro.

Ora che i tempi si fanno sempre più duri, la frattura è e sarà sempre più evidente. Con loro, i poliziotti a difendere il potere costituito (magari neanche eletto dalla popolazione) e dall’altra parte i giovani, i senza lavoro, i precari e massì anche i famosi anarco-insurrezionalisti, che ci sono pure loro. Da una parte loro, pronti a picchiare, consci dell’impunità, senza codice identificativo e garantiti dall’omertà dei compagni. Dall’altra parte quelli che non ne possono più, e che invece sono facilmente riconoscibili se lanciano un uovo od inneggiano alla protesta. Non è un caso che oggi presso laProcura della Repubblica di Torino non ci risulti un procedimento penale pendente contro la polizia, nemmeno per i famosi fatti di Venaus della notte del 6 dicembre 2005.

Difficile, molto difficile che in questa situazione lo Stato (altro) decida di dotare i propri difensori di un sistema di riconoscimento.

Processo ai Militanti NO TAV: DICHIARAZIONE E PRIMO RESOCONDO

Il mattino del 26 gennaio 2012 un’ enorme retata preconfezionata dalla Procura di Torino e condotta da centinaia di agenti delle forze dell’ordine con svariate perquisizioni in tutta Italia , ha portato a 26 custodie cautelari in carcere, svariate denunce e pesanti restrizioni per le imponenti manifestazioni di dissenso al TAV avvenute 6 mesi prima. La sproporzione delle dure restrizioni rispetto ai fatti di cui siamo accusati, è solo uno degli aspetti che ha svelato dall’inizio la natura dell’attacco politico!

Le imputazioni sono varie ma genericamente quelle di “ lesioni, resistenza , violenza ecc”: i crimini che la magistratura e polizia utilizzano quando attaccano per reprimere manifestazioni e scioperi, come è avvenuto per esempio dalle mobilitazioni contro il G8 a Genova nel 2001 al “non” cantiere di Chiomonte.

Tra gli scopi dell’inchiesta vi è il tentativo di indebolire il movimento No Tav ( visto da sempre con timore dai vari Governi e padroni ), dividere i manifestanti in buoni e cattivi e cercare di impaurire chiunque protesti date le ampie mobilitazioni in corso: per questo un attacco a uno è un attacco a tutti!

Infatti, il periodo degli arresti avviene in un momento di varie lotte nel paese: in particolare le resistenze di operai e lavoratori, il movimento dei cosiddetti forconi e dei pastori sardi, le manifestazioni dei tassisti,agricoltori e vasti settori sociali contro le proposte di strangolamento economico e tassazioni varie del Governo. Momenti di lotta che potrebbero rafforzarsi reciprocamente ed è perciò che attacchi repressivi come questo vorrebbero fungere da monito per qualunque forma di dissenso scomoda. Parallelamente, inizia una campagna politico-mediatica denigratoria e mistificatoria a senso unico , dando spazio quasi interamente agli accusatori, contro noi imputati-e, raffigurati-e addirittura come infiltrati nel movimento No Tav e tesa a personalizzare insistendo sul fatto che molti-e di noi non siamo della Valsusa e che vi sono imputazioni per fatti specifici e circoscritti ma noi tutti sappiamo bene che “gli infiltrati” sono le forze di polizia che hanno occupato la Valsusa e li riteniamo responsabili della devastazione della valle e delle torture ai danni dei manifestanti no tav.”

Dalle prime ora degli arresti e fermi inizia una risposta in solidarietà al pesante attacco a noi e al movimento No Tav riassunta nel bellissimo slogan: “ La Valle non si arresta: liberi tutti “. Dalle assemblee in Valsusa, negli spazi sociali e nelle scuole, ai presidi fuori dalle carceri, ai cortei e blocchi stradali in tutta Italia con alcuni casi anche all’estero. Oltre a mostrare la vicinanza a tutti-e noi ( e non è poco) ha fatto e continua a far rivivere le ragioni della protesta.

Da anni il movimento No Tav si batte contro questa opera costosa, dannosa, nociva e utile solo ai padroni:

la devastazione ambientale che provocano i lavori per l’opera è enorme,tra l’altro le montagne della zona sono amiantifere ; la linea sorge sui terreni espropriati ai contadini dove la non accettazione di compensazioni economiche (comunque sempre al ribasso ) dei valligiani dimostra ancora una volta la compatta contrarietà all’opera e la non rassegnazione; la tanto propagandata necessità di una mobilità più fluida è una finzione infatti è provato che quelle tratte viaggerebbero a treni semi vuoti oltre che a costi enormi, mentre l’esigenza di mobilità per i pendolari in tutto il paese rimangono come sempre inascoltate; i fondi necessari per la realizzazione sono sottratti alla sanità, alle scuole, al risanamento ambientale mentre vengono imposti tagli ulteriori al sociale ( si stima che l’opera verrebbe a costare circa 1300 euro per ogni famiglia); il tutto in un territorio sempre più militarizzato che ricorda gli scenari propri dell’occupazione militare nei teatri di guerra come nel moderno apartheid della Palestina.

Nel concreto, l’ampiezza di questa lotta continua a dimostrare che non è solo un treno in questione. Di fatto, viene messo in discussione, nelle più svariate forme, il modello criminale economico sociale in cui viviamo che crea guerre,miseria e sfruttamento, razzismo, disastri ambientali ecc. Inoltre le decisioni prese sempre sulla testa delle persone lasciando sempre più inascoltate le esigenze reali della popolazione per garantire come sempre il tornaconto ad una cricca di speculatori e affaristi.

Nell’infinità di processi e forme di repressione, come le centinaia di fogli di via che continuano ad arrivare ed attuati contro le varie forme di resistenza in Valsusa e non solo, il 21 novembre ci sarà l’apertura del processo ,visto da tutti-e noi come un processo politico! Abbiamo scelto il rito ordinario e quindi di andare al dibattimento ( ad eccezione di uno solo), per non concedere nessun arretramento sulle nostre posizioni e motivazioni che come molti altri ci portano a lottare con e per la Valsusa abbracciando il movimento No Tav. Siamo consapevoli che questa posizione non beneficerà di alcuno sconto dalla controparte, che anzi, manterrà vivo l’accanimento dimostrato fino ad oggi. Nonostante la nostra eterogeneità ( elemento proprio delle lotte di massa e potenzialmente una ricchezza ) e le varie “impostazioni” che useremo in Tribunale, difenderemo il carattere unitario e condiviso di quelle giornate e la legittimità delle varie pratiche di lotta adottate così come ha sempre fatto il movimento No Tav.

Allo stato attuale tre di noi si trovano ancora in stato di detenzione: due in carcere e uno ai domiciliari. Queste differenziazioni e accanimenti continui li riteniamo inacettabili dato che le loro condotte non sono sicuro state diverse da quelle adottate da tutti-e.

Si parte e si torna insieme!

Ora e sempre Notav! Ora e sempre resistenza!

GLI IMPUTATI E LE

IMPUTATE 

 E’ iniziato il processo al movimento NOTAV, a seguito degli arresti del 26 Gennaio, che vede a giudizio 45 persone colpevoli di aver resistito, insieme ad altre migliaia di uomini e donne, allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e poi di aver assediato il cantiere di Chiomonte il 3 Luglio. Tutti a giudizio questa mattina per la prima udienza, con Maurizio e Juan ancora detenuti per il puntiglio (che denota l’accanimento) della procura di Torino

All’esterno un presidio di solidarietà ha atteso i notav sotto giudizio e quelli entrati fino alla conclusione, bloccando il traffico.

Anche questa volta, l’informazione grida al lupo al lupo per uno scambio vivace di battute con un cameramen.

Di seguito il report a cura di Infoaut.org

L’inizio della mattinata si distingue per l’infelice scelta dell’aula da parte del Tribunale di Torino (probabilmente una vittoria delle grigia burocrazia piuttosto che del buonsenso): un’aula da 40 posti per ospitare 45 imputati, altrettanti avvocati e il numerosissimo pubblico presente per sostenere anche questa battaglia insieme ai NOTAV sotto giudizio.

L’inagibilità dell’aula sovraffollata e il rifiuto del giudice di utilizzare il microfono hanno portato a diverse proteste da parte dei presenti. Gli avvocati stessi si sono rifiutati di continuare l’udienza in quell’aula inagibile, minacciando di abbandonare l’aula.

Nel frattempo politicanti e giornalisti asserviti sono sempre pronti a far il loro solito circo di allarmi infondati e banalità di rito riguardo ad una presunta aggressione ad un giornalista avvenuta durante queste fasi confuse, la realtà è, come sempre, un’altra: un cameraman, che si era infilato furtivamente a fare riprese dentro l’aula stracolma, viene invitato ad uscire, lui si rifiuta quindi si crea una discussione lievemente più accesa del normale, ma nulla di più. Probabilmente giornalisti imbrattacarte incapaci di dare un senso migliore al loro lavoro non possono che aspirare a pontificare condannando il nulla.

L’udienza viene quindi spostata in un’aula più capiente ma, dopo un breve appello, viene subito rinviata al 21 Gennaio per dei vizi di notifica ad alcuni imputati.

Durante l’intera mattinata ci sono state numerose manifestazioni di solidarietà nei confronti di Alessio e Maurizio (ancora detenuti in carcere); ricordiamo che Maurizio Ferrari a 10 mesi dagli arresti rimane in carcere, all’età di 67 anni, perché Caselli non sopporta la sua coerenza ed il suo ruolo di militante negli anni ’70.

Diversi cori sono stati scanditi a più riprese dal gran numero di persone presenti in aula, tra cui “Liberi Tutti!” e “Giù le mani dalla Valsusa!”. Nel frattempo si è radunato un folto presidio di NOTAV all’esterno del tribunale che ha effettuato un blocco stradale.

Processo ai No Tav o processo alla Procura?

TG R del 21-NOV-2012 ore 1400

 http://www.youtube.com/watch?v=bnOpyX4Oywg

 TAV – In un’aula di tribunale, non adeguata per la quantità di pubblico presente, è iniziato, ma subito rinviato (a gennaio), a causa di errori e dimenticanze formali della Magistratura, il processo politico contro gli oppositori alla Nuova Inutile Linea Ferroviaria per il Treno ad Alta Velocita’ (TAV). Nell’aula qualche contestazione e qualche coro, in particolare, contro la Polizia e le ingiustizie, viene immediatamente dipinto dalla solita informazione di regime e dai politici di turno, come atti di violenza ecc. Quella della Polizia che spara i lacrimogeni (contenenti gas tossico) contro la “gente” e conto le civili abitazioni, avvelenando i prodotti ortofrutticoli, frutto di un duro lavoro (che loro non sanno neppure che cosa vuol dire), non è violenza? Perchè non vengono incriminati? Attentato alla salute Pubblica – Crimini contro l’Umanità – Crimini di Guerra in tempo di pace – Attentato alla Costituzione. 

Processo ai No Tav o processo alla Procura?

 Mercoledì 21 novembre. Circa 150 No Tav presidiano il tribunale con bandiere e striscioni. È il primo giorno del processo ai 45 attivisti rinviati a giudizio per la resistenza allo sgombero della Maddalena e per la giornata di lotta del 3 luglio 2012. 

L’aula dove è fissata l’udienza è una di quelle piccoline piccoline, la numero 46. Non ci stanno nemmeno gli avvocati, figurarsi gli imputati e i solidali che, in tanti, vorrebbero assistere al processo, cogliendo l’occasione per salutare Maurizio, Alessio e Juan, i tre No Tav ancora privati della libertà dal 26 gennaio scorso.
Subito scoppia la bagarre, finché il giudice si decide a trasferire l’udienza in un’aula più grande, la numero tre. Nemmeno questa basta a contenere tutti, quelli della penitenziaria fanno cordone davanti alla gabbia per i detenuti. Ci vuole una buona mezz’ora prima che, in un’aula stipatissima, dove tutte le regole formali, tutte le divisioni fisiche sono saltate, con gli imputati mescolati al pubblico e agli avvocati, vengano fatti entrare i due detenuti, accolti da un applauso e dal grido “libertà”!
Il giudice non guarda in faccia nessuno, quasi fatica a fare l’appello, accoglie di fretta alcune eccezioni procedurali e rimanda tutto al 21 gennaio. Poi comunica il calendario delle udienze: oltre venti entro maggio, mese nel quale ne sono fissate ben 5. Una marcia a tappe forzate, per arrivare presto alla conclusione, per dare una lezione ad un movimento vivo e forte, che non si è piegato ad un anno e mezzo di occupazione militare, alle violenze della polizia, ai gas velenosi.
La Procura di Torino vuole un processo esemplare, un processo che divida i buoni dai cattivi, che separi i violenti dai non violenti.
Ha fatto male i propri conti perché il movimento No Tav, è sempre più unito dalla consapevolezza che non si vince se non mettendosi in mezzo, violando le zone rosse, tagliando le reti, bloccando gli accessi alle ditte collaborazioniste, chiudendo la via maestra delle truppe di occupazione.
Qualcuno tira sassi, altri non li tirano: tutti però hanno scelto di violare leggi messe a difesa di un ordine ingiusto, un ordine che difende chi devasta e depreda il territorio e le risorse, un ordine che perseguita chi lotta in difesa dell’ambiente e per la giustizia sociale.
Oggi, nell’aula 3 del tribunale di Torino, mentre il giudice chiudeva l’udienza e i secondini di preparavano a portare via i due No Tav in gabbia, l’aula si è riempita del grido “giù le mani dalla Val Susa!”. Decine di mani si sono allungate verso la gabbia, mani diverse, anime diverse di un movimento che, facendo della propria diversità una ricchezza, sa unirsi nella solidarietà.
È cominciato il processo ai No Tav o quello alla Procura di Giancarlo Caselli?
Per info e approfondimenti vedi:
http://anarresinfo.noblogs.org

Regardez cette femme! Ne l’oubliez jamais

Regardez  cette femme! Ne loubliez jamais.

 Les prix ne vont pas toujours à ceux qui les méritent

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1942   

       2008                                                           


 

 

                                

Irena  Sendler.  Récemment  décédée à 98 ans.

Elle demanda  pendant la 2ème guerre mondiale à aller  travailler dans le Ghetto de Varsovie, comme  plombier, serrurier.     
Elle avait  une motivation bien  particulière.   
Elle  connaissait les plans dextermination des nazis  envers les juifs, elle était  allemande.                   
Irena a caché des enfants dans le fond de sa boite à  outils qu
elle transportait à larrière de son  véhicule ainsi quun grand sac  (pour les enfants plus grands) 
Elle avait aussi un chien à l
arrière quelle a entrainé à aboyer quand les soldats allemands la contrôlait  à lentrée et à la sortie du  ghetto.   
Les soldats  ne pouvaient rien contre le chien qui couvrit en  fait le bruit que pouvait faire les  enfants. 
Elle sauva  2500 enfants en les cachant ainsi.                   
Elle fut  arrêtée et les nazis lui brisèrent les jambes,  les bras et la torturèrent très sévèrement.
 Irena garda tous les noms des  enfants quelle avait fait partir du Ghetto et garda ces noms dans une jarre en verre enterrée derrière un arbre au fond de son jardin derrière  sa maison.   Après la guerre, elle essaya de  localiser tous les parents qui avaient pu survivre et tenta de réunir les familles; mais  la plupart avaient été gazés.     
Les enfants qui  avaient été sauvés ont été placés dans des  familles daccueil ou ont été  adoptés.   Lannée  dernière elle a été proposée pour le prix Nobel  de la Paix, mais na pas été  retenue; 
cest Al Gore  qui fut primé pour son film sur le  réchauffement de la planète. 


En sa mémoire 63 ans plus tard Je participe à cet anniversaire, très modestement en faisant suivre ce  message.  
J
espère que vous ferez de  même..                    
Nous espérons  que cet EMAIL sera lu par plus de 40 millions de  personnes dans le monde entier!  
 
Rejoignez-nous  pour le transmettre autour du monde en le  faisant suivre à tous ceux que vous  connaissez
> > > > > 

Ne le  détruisez pas! cela vous prendra une minute pour  le faire suivre  !  

 

 

Euroballe prenatalizie – La salvezza dell’Europa affidata a project bond e Unione politica

Martedì,  Novembre 20th/ 2012

– di Maria Laura Barbuto e Sergio Basile –

Euroballe pre-natalizie – Salvezza dell’Europa affidata ai project bond ed all’unione politica?

Assolutamente No!

I veri rimedi contro la crisi sono l’abbandono delrigore e dell’austerità, lo stop alla speculazione, la rinazionalizzazione della Banca Centrale, la delegittimazione del Trattato di Lisbona e delle fuorvianti “Agenzie di Rating”

Francoforte – Per risollevare l’Europa dalla crisi, pare che l’illuminazione sia arrivata dall’attenzione che molti operatori finanziari stanno riservando, sia in Italia che a livello europeo, ai Project bond. Ma più che un’illuminazione ci sembra piuttosto un colpo di sole violento e disorientante: un’insolazione bella e buona, per intenderci! Sembra tutto così facile e provvidenziale in apparenza, ma la realtà è ben diversa. Ma veniamo ai fatti! Su 585 progetti europei dal controvalore complessivo di poco meno di 235 miliardi di euro, 35 sono già  pronti per essere realizzati. Ma stato di avanzamento dei lavori a parte, è il concetto – come ribadito più volte dal nostro osservatorio – che è totalmente sballato e deleterio.

 Project Bond – Porte e finestre spalancate alla Speculazione privata 

Visto che gli investimenti da parte degli operatori finanziari sono pochi e scarsi – e ti credo! dopo la cura Monti e le ricette della Commissione europea di Barroso! – per i falsi profeti dell'”europeismo a tutti i costi”, i project bond rappresenterebbero la soluzione per il lancio e lo sviluppo degli innumerevoli progetti economici ed infrastrutturali in “cassetto” e per la rinascita dell’Italia. Ma questa funzione di investimento in economia, non spettava allo stato? Perchè questa fiducia cieca in privati e speculatori? Davvero non ci si raccapezza! Essi – i project bond – infatti risultano (ma che combinazione!) particolarmente adatti al coinvolgimento di capitali privati nel finanziamento di opere infrastrutturali, in un momento in cui, come tutti sappiamo, i debiti pubblici degli stati sono (per volere e impegno degli stessi profeti e ciarlatani del mercatismo e del liberismo – non dimentichiamolo!) alle stelle (vedi gli attacchi facili e dissennati apportati in maniera illegittima ed in tempi non sospetti dagli aguzzini del rating e del declassamento facile) e le “povere” banche non rappresentano più una tradizionale fonte di finanziamento (soprattutto grazie al raggiro dell’innalzamento dei coefficienti di riserva patrimoniale delle stesse banche deciso dai banchieri privati e dalle solite élite finanziarie con Basilea 3) ma solo, a detta nostra, di ricchezza riservata a pochi eletti.

 Follia europeista – Avanti tutta coi Nuovi “Euro-Debiti” 

Il settore delle infrastrutture, insomma, per ripartire e rilanciare l’Europa dell’economia reale nel contesto mondiale, ma soprattutto i denigrati ed annientati Pigs (maiali), alleviandone le sofferenze economiche secondo questi “falsi profeti” dovrebbero partire affidando tutto nelle mani di lobby private! Che inventiva! Che sagacia! A tal proposito la Commissione europea ha “decretato” che i fabbisogni europei a livello infrastrutturale, negli ultimi tempi, sono lievitati ed ammonterebbero a 2000 miliardi di euro. La situazione potrebbe sbloccarsi proprio con l’impiego dei project bond che però, come ogni cosa dei giorni nostri, hanno sempre un colore politico e sono soggetti ad imperativi ed interessi dei vari rappresentanti e gruppi d’affari, oltre che rappresentare una sorta di raggiro proteso ad aumentare il livello di debito in Europa (vedi allegati) a danno degli allocchi.

Ma come sempre abbiamo sottolineato, il teatrino europeo continua ad alimentarsi sulla base di copioni recitati e, ormai, anche monotoni, in cui ciascuno fa la sua parte, compreso il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, il quale dopo tanti disastri avallati (e dopo il rifiuto di finanziare direttamente il debito dell’Eurozona – gonfiato dallo spread –  con soldi direttamente emessi e stampati dalla BCE, seguendo la clausola riconosciuta dallo stesso art. 11 dello statuto del SEBC – Statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali – in caso di “situazioni di crisi”) ha definito l’euro (svegliandosi prodigiosamente da un misterioso ed inquietante coma) come l’origine di tutti i mali europei che ha costretto i singoli stati a rimettere agli ordini internazionali parte della propria sovranità.  Come dire: vista l’evidenza, adottiamo una strategia diversa per prendere per i fondelli gli europei e i cttadini dei Pigs. Non solo: “l’autorevole” ricco banchiere che gestisce i fili della crisi europea come si fa con i burattini (d’accordo con i rappresentanti politici), ha disegnato un’Europa nuova basata su principi fondamentali, ovvero l’Unione bancaria, fiscale, quella economica e quella politica. Cioè ha auspicato come un disco rotto l’immediata nascita degli “Stati Uniti d’Europa“: l’unione politica, nel progetto del Governatore della Bce, “ovviamente” è l’ultimo pilastro sul quale dovrebbe reggersi l’Europa. O meglio, invero, dietro tanti paraventi, mezze verità e sotterfugi, emerge come il vero obiettivo perseguito dall’euro-casta. Un continente, ovviamente, gestito sempre dai soliti “padroni”non eletti! Prospettiva lodevole! Non c’è che dire! Peccato che qui – come direbbe Totò – nessuno è fesso!

A parole sono cose propinateci come bellissime, nei fatti però – in un regime di tecnocrazia come quello imposto dall’Unione europea oggi – la situazione appare certamente più complicata di come viene spiegata ai “comuni mortali”. Anzi, essa appare più che mai come davvero disarmante e disastrosa! E ora di svegliarsi! E magari di fugare ogni incubo, ricordando i grandi benefici che l’Italia ebbe storicamente con la lira e con una Banca Nazionale centrale e statale (non privatizzata come accade ora). Non saranno né i project bond, né le varie unioni bancaria, fiscale, economica e politica a salvare il Vecchio Continente! Questo è poco ma sicuro! E’ ora di fare marcia indietro da questa delirante  pazzia liberista! Come? Cominciando a sfatare questi falsi miti nei pubblici dibattiti, senza vergogna e timore alcuno, nei luoghi sociali tradizionali e sulla rete. Ciò, anche rischiando di apparire anacronistici. E’ un dovere per ciascuno di noi: è il prezzo minimo richiestoci per iniziare un doveroso ed irto percoso di affrancamento da questa dittatura del debito facile ed infinito, evitando di sprofondare irrimediabilmente in sabbie mobili perenni.

Maria Laura Barbuto, Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)

http://www.quieuropa.it/euroballe-prenatalizie-la-salvezza-delleuropa-affidata-a-project-bond-e-unione-politica/

L’incubo del default mascherato da patrimoniale

di Paolo Cardenà
Vincitori e Vinti

monti-sleepL’ultima volta che ho visto la pubblicità del BTPItalia era notte fonda, ed ero in procinto di andarmene a dormire. Spero che non capiti solo a me di addormentarmi e ripensare, sognando, le ultime pagine di un libro che si è letto poco prima, o le ultime immagini di un film che si è visto, o la melodia di una canzone ascoltata poco prima. Ebbene, quella notte ho sognato proprio la pubblicità del BTPItalia.

Lo ricordo benissimo. Sognavo e mi giravo e rigiravo nel letto, quasi come fosse un incubo. Ero inquieto e pensavo: che bello sarebbe  se il debito pubblico fosse tutto in mani italiane. E sognavo che queste parole fossero state  pronunciate  dal politico di turno. Penso fosse Tremonti, se non ricordo male. Addirittura, ricordo che citava ad esempio il Giappone,  e sosteneva che il paese nipponico poteva sostenere l’enormità del debito pubblico proprio grazie al fatto che era detenuto quasi completamente in mani domestiche, oltre che per il sostegno della BOJ (Banca Centrale del Giappone).

Mi dicevo nel sogno: certo che noi siamo proprio sfigati nell’avere in mani nostre solo il 50% del debito pubblico complessivo! Questo ci pone sempre sotto il ricatto della speculazione internazionale, pronta ad avventarsi su di noi al primo starnuto  di qualcuno. Bisognerebbe fare qualcosa che possa indurre gli italiani ad una azione di patriottismo e rimpatriare quanto più possibile il debito pubblico in mani estere, mi dicevo sognando. Ma cosa fare? D’altronde siamo un Paese ricco e possiamo permetterci di ricomprare tutto il debito, continuavo a ripetermi. Niente più speculazione, niente più spread e niente più tasse su tasse per ripagare gli intessi passivi. E mentre continuavo a girarmi e rigirarmi sul letto per trovare una soluzione,  ad un certo punto, come il sole all’improvviso, ecco apparire il cavaliere bianco:  il banchiere centrale più audace della storia umana che, con una pioggia di miliardi, si mette a foraggiare le banche italiane.

Caspita! Siamo alla svolta, esclamo nel sogno. Infatti, le banche iniziano subito a  comprare titoli di stato italiani e il debito prima posseduto dai banchieri esteri, come per magia, in gran parte, viene riportato  entro i confini nazionali. Ma nonostante la diminuzione dello spread, e il debito pubblico ora al 70% o forse più in mani nazionali, le cose continuano ad andare male. Tanto male che si inizia a parlare di imposta patrimoniale straordinaria. E lo fa lo stesso Presidente del Consiglio, forse suggerito da Bersani  la cui imposta patrimoniale è come un sogno erotico. Mica come quelli che faccio io che sono rivolti ai BTP, mi dicevo nel sonno.

Subito il sogno si trasforma in un incubo e inizio a riflettere e riflettere su cosa si potrebbe colpire con l’imposta patrimoniale. Ma non trovo nulla che possa essere tassato oltre quanto già lo sia. Ma ad un certo punto, ecco un lume celeste scendere dal cielo che mi illumina e mi dice: “E se tassassero proprio i titoli di stato?” No no, non ci posso credere. Non possono mica fare una patrimoniale feroce sui titoli di stato in mano agli italiani! Non possono infliggere un colpo a tradimento al popolo italiano che si è reso disponibile a comprare tutti quei titoli di stato. Ma questo pensiero continuava a tormentarmi e ragionavo: certo che se si è rimpatriato buona parte del debito pubblico italiano in mani estere, è aumentata la base imponibile da colpire…. Così tengono indenni le banche estere e salvano i rapporti commerciali e le relazioni internazionali con i vari Paesi…..mi dicevo.  I mercati apprezzerebbero una bella patrimoniale di 200/300 miliardi di euro  che colpisca solo gli italiani residenti…… Anzi, continuerebbero anche a finanziare l’Italia reputandolo uno Stato sovrano d’onore, che ha preferito colpire il popolo, anziché colpire gli interessi delle banche d’oltre confine.

Ma no no, non è possibile che possano fare una patrimoniale di questo genere: mica sono matti! E poi c’è il debito pubblico anche in mano alle banche italiane, e quindi mica son così scemi da colpire le banche che li hanno portati al governo!! Se così fosse, le banche dovrebbero registrare delle minusvalenze su titoli, e comprimerebbero ancor di più il patrimonio che non potrebbe essere ricapitalizzato.

Ma a quel punto potrebbero essere anche nazionalizzate, mi dicevo. No, no….. Matematicamente impossibile, mi rassicuravo nel sogno.  Però, è pur vero che le banche hanno la possibilità di liberarsi dal rischio vendendo  i titoli di stato ai risparmiatori italiani, ricominciavo a riflettere. Addirittura possono farlo anche scaricandoli sulle società di gestione di fondi comuni che loro controllano, e poi far sottoscrivere le quote dei  fondi sempre ai risparmiatori. D’altronde, in questo sono esperte: lo hanno già fatto con le obbligazioni Parmalat, Cirio, quelle argentine ecc ecc….Perché non farlo anche con i titoli di stato italiani?

E poi, vuoi che il governo non trovi il modo per salvare gli interessi delle banche? Potrebbe mettere una patrimoniale solo sulla ricchezza delle persone fisiche e il gioco è fatto. No no, non è possibile. E se un risparmiatore ha solo titoli di stato e non ha la liquidità per pagare l’imposta patrimoniale? Che si fa? Si vendono i BTP per pagare l’imposta? No no! Impossibile del tutto. Accidenti a Bersani e la sua patrimoniale del piffero, esclamavo nel sogno!Voglio non pensarci più e dormire in pace!

Però, a pensarci bene…..Se dovessero mettere la patrimoniale sui titoli di stato a tutti gli italiani, in caso non si abbiano soldi per  pagare l’imposta, lo Stato potrebbe sempre decurtare il titolo rimborsando un importo minore, quando sarà il momento, riflettevo. Caspita, non ci avevo pensato! Devo essere proprio rincoglionito, a non pensarci prima!

Ma questa non sarebbe più una IMPOSTA PATRIMONIALE, ma  un DEFAULT TRAVESTITO DA PATRIMONIALE, pensavo inquieto rigirandomi nel letto. Per fortuna suona la sveglia e l’incubo finisce. E’ ora di andare a lavoro…..E anche  di mangiare meno peperoni, la sera.

Fonte: Vincitori e Vinti 17 Novembre 2012

L’ABCD della crisi alimentare

20 novembre 2012 di vanesalia 

Qualche settimana fa, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, siamo stati allertati da un nuovo aumento dei prezzi degli alimenti, con ripercussioni che già si contabilizzano nei registri funerari dei paesi più vulnerabili, principalmente nel Sahel. L’argomento diffuso : i cattivi raccolti che l’industria agro-alimentare ha conseguito quest’anno negli Stati Uniti, rapporto che già sappiamo per metà essere falso e per metà incompleto ma fortunatamente si amplia l’informazione e le vere cause affiorano: il prezzo della materia prima sale- come nelle antecedenti crisi alimentari- per le seguenti ragioni a) le grandi quantità di cereali destinati alla produzione di combustibile (vi ricordare 6 o 7 anni fa quando erano emerse perplessità riguardo gli inconvenienti legati a questa nuova tecnologia?); b) la speculazione operata sulle previsioni dei raccolti futuri causa di bolle finanziarie, e c)-questo è più una novità- per la sempre maggiore quantità di terra fertile che sta passando dalle mani contadine al patrimonio delle banche, aziende e fondi d’investimento.

Chi è coinvolto in tutti questi affari contemporaneamente? Chi c’è dietro la carne, il pane, la pasta,il latte….e non lo sappiamo? Chi ha nello stesso locale scaffali ripieni di agro combustibili fatti di mais e soia per l’ingrassamento degli animali, e un corridoio più in là, un tavolo con un gestore che offre pensioni legate all’ acquisto di ettari in Etiopia o buoni finanziari referenziati al prezzo del frumento? I quattro “compro, vendo, speculo” del cibo ai quali mi riferisco sono, in quest’ordine: ADM, Bunge, Cargill e Dreyfus, conosciuti per le loro iniziali come gli ABCD della commercializzazione della materia prima. Quattro aziende con sede negli Stati Uniti che, se inizialmente sono riuscite a dominare e controllare il mercato mondiale dei frumenti basici, cerali e legumi, hanno ampliato, negli ultimi anni, i loro affari in queste nuove aree.
Sono quattro stabilimenti, quattro bazar, come quelli che hanno tutto ciò che ti puoi immaginare e quel che non t’immagini. Da una brocca a forma di mucca per servire il latte con le sue tette di ceramica, al sempre imprescindibile caccia farfalle tra gli scaffali di indumenti intimi e le utili chiavi della ferramenta o sacchi di terra per il giardinaggio. Solo c’è una differenza, mentre in tempi di crisi questi universi di quartiere patiscono la crisi come qualsiasi altro negozio, gli ABCD del cibo, quattro aziende mostruose nate e cresciute nel grembo di mamma capitalismo e papà deregolamentazione, vincono tutto l’oro del mondo dicendo che creano cibo quando in realtà lucrano affamando milioni di esseri umani,operando nell’ invisibilità.
E’ molto difficile addentrarsi nelle viscere di queste aziende con le loro infinite succursali ma ci sono due aspetti ovvi da considerare. Il primo, se tra loro quattro controllano, come in realtà avviene, il 90% del mercato mondiale dei cereali; se il mercato non ha nessun tipo di regolamentazione (ne tassi ne quote d’import/export, ne riserve pubbliche di cereali, ne politiche di prezzi); e se le poche norme che si dettano sono supervisionate dalle stesse ABCD, è facile dedurre che sono le loro decisioni che veramente segnano il prezzo della materia prima e quindi di tutti gli alimenti che includono riso, mais, frumento, ecc. Successivamente se le ABCD (insieme ad alcune entità finanziarie) hanno tratto i brutali benefici che la speculazione con il cibo e la terra da coltivazione provoca come i vampiri con il sangue, continueranno succhiando della fame degli altri se nessuno mette loro un freno. Dreyfus, ad esempio, ha creato il suo proprio strumento d’investimento Clayx Agro Ltc, per “ottenere benefici del crescente settore degli agro-affari e del potenziale d’apprezzamento della terra, acquistando terreni che attualmente si sfruttano con bassa tecnologia o che si usano per il pascolo”.
Le ultime crisi alimentari hanno permesso che la società civile conoscesse e denunciasse come il cibo e la terra si sono trasformati in oggetti di speculazione. L’attenzione si è concentrata sulle banche e sulle attività nei mercati finanziari legati agli alimenti, con campagne pubblicitarie del tipo “l’affare di alimentare il mondo” che si è guadagnato il rifiuto della società. Anche se il ruolo che giocano le ABCD è complesso e lontano dovremo prendere coscienza della loro importanza nel prezzo delle materie prime. Da parte dei movimenti contadini la risposta che è arrivata è stata, in qualunque caso, chiara: Sovranità alimentare. Adesso bisognerebbe rispondere. Non sono norme perché le ABCD guadagnino di meno quello di cui abbiamo bisogno, ciò che si richiede sono politiche a favore della sovranità alimentare perché l’alimentazione, che non è una merce, ci arrivi da molte, piccole e umane agricolture.

Fonte

Traduzione: FreeYourMind!

http://freeyourmindfym.wordpress.com/2012/11/20/labcd-della-crisi-alimentare/

Grecia: il Fondo monetario chiede altri licenziamenti

 

 


21 novembre 2012 

 

di Andrea Perrone

 La Grecia continua ad essere sotto il giogo dell’usura internazionale.

Proprio ieri, infatti, il governo ellenico guidato dal conservatore Antonis Samaras ha respinto una richiesta supplementare del Fondo monetario internazionale di 22mila licenziamenti entro il 2014, oltre ai 27mila già pianificati e concordati con la troika dell’usura (Ue-Bce-Fmi). A confermare la dura richiesta dei tecnocrati dell’organismo mondialista sono stati i funzionari del ministero delle Finanze ellenico, precisando che la richiesta è giunta ad Atene nella notte, alla vigilia del vertice dell’Eurogruppo che ieri pomeriggio ha discusso il rilascio della nuova tranche di aiuti internazionali da 31,5 miliardi di euro in favore delle casse elleniche. Il piano quadriennale di risanamento dei conti pubblici di Atene dettato dalla cordata, la troika dell’usura, Ue-Bce-Fmi, e recentemente approvato dal Parlamento greco, prevede una riduzione entro il 2016 di circa 125mila dipendenti pubblici. Nonostante le enormi difficoltà per giungere ad un accordo. Difficoltà palesi e enormemente gravi per un Paese che inesorabilmente si sta impoverendo senza poter sperare in un futuro migliore, nonostante i ripetuti e durissimi sacrifici che gli vengono imposti dalla troika. Ma di fronte a tutto questo, i Soloni Ue si dimostrano sempre fiduciosi, Naturalmente con l’ennesimo accordo per concedere ad Atene l’ennesimo prestito che indebiterà i greci all’infinito. A dire la sua questa volta è stato il capo dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker (nella foto) che ha sottolineato come l’Eurozona abbia “buone chance” di trovare un accordo, spianando così la strada allo sblocco della nuova tranche di aiuti ad Atene. “La Grecia ha fatto la cosa giusta. Ci sono buone possibilità di ottenere un accordo”, ha chiosato Juncker al suo arrivo alla riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurozona. Anche la Commissione europea sta cercando nel frattempo di preparare una bozza per il raggiungimento dell’intesa, ma il problema principale è stato quello di mettere d’accordo Fondo monetario, Unione europea e Bce, ovvero la troika dell’usura internazionale che sta prosciugando stipendi, pensioni e averi del popolo ellenico. Secondo alcune fonti vicine a Bloomberg, un gruppo di funzionari del ministero delle finanze di Francia, Germania, Italia e Spagna sono riuniti a Parigi da lunedì scorso. Il ministero delle Finanze tedesco non avrebbe né confermato né smentito l’informazione. Tra i vari punti del compromesso, secondo i funzionari di Berlino e Bruxelles, potrebbe esservi l’abbassamento del tasso di interesse per i prestiti ad Atene. E comunque gli “aiuti” avrebbero lo stesso un costo che graverebbe sempre sulle spalle del popolo greco. E poi ci sono le dichiarazioni del direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde che giunta a Bruxelles ha dichiarato: “Stiamo lavorando in modo costruttivo per vedere se possiamo trovare una soluzione alle finanze e all’economia della Grecia e al suo debito, che deve essere sostenibile in un periodo di tempo ravvicinato’”. Una linea questa che conferma quella già seguita dal Fmi che si dice contrario all’ipotesi di concedere due anni in più alla Grecia (dal 2020 al 2022) per riportare il debito al 120% del Pil. Per i tecnocrati dell’organismo con sede a Washington e gli eurocrati nonostante le divergenze il secondo pacchetto di aiuti alla Grecia sarà dato solo se sarà dimostrato che la Grecia ha portato a termine le azioni prioritarie e se il rapporto della troika sarà positivo. Ad ogni modo per i 31,5 miliardi di aiuti “non vogliamo che si mettano a disposizione soldi freschi, perché – ha sottolineato il ministro delle Finanze austriaco, Maria Fekter – sarebbe difficile spiegarlo ai nostri contribuenti”. Per questo “sul tavolo ci sono diverse opzioni”, ha aggiunto. Opzioni che saranno comunque pagate dal popolo ellenico costretto a pagare le colpe altrui di una crisi che è stata innescata da altri ben noti personaggi e strutture della politica, dell’Alta Finanza, delle banche e degli organismi internazionali che hanno lucrato e continuano a lucrare sulla pelle dei popoli.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17885

L’importanza dei mass media nella guerra in Siria

 21 novembre 2012 

 

di Francesco Bevilacqua

L’informazione è un’arma potentissima e il suo controllo può risultare determinante in un conflitto serrato come quello siriano. Analizzando le fonti, si può infatti notare che quelle considerate ufficiali e quindi attendibili sono in realtà caratterizzate dalle contraddizioni più evidenti.

 Il drammatico conflitto in atto in Siria è una guerra che si combatte su due campi, quello militare e quello mediatico. Il problema per noi occidentali e per chiunque come noi non è in grado reperire informazioni di prima mano o direttamente sul campo, è che tutto ciò che riguarda il reale ed effettivo svolgimento dei fatti viene filtrato da una fitta rete informativa, costituita da numerose agenzie, fonti più o meno certificate, testate giornalistiche note e stimate, che appartengono però a una sfera politica che sta giocando un ruolo attivo nella partita in atto in Medio Oriente.

Dall’altra parte del campo, si schiera la cosiddetta ‘controinformazione’, media non allineati che spesso hanno un accesso alle notizie di prima mano più ristretto di quello concesso alle fonti del mainstream, ma che svolgono il compito fondamentale di rappresentare l’altra campana dell’informazione, di offrire al lettore una seconda versione dei fatti.

Essa è spesso poco credibile se viene vista attraverso la lente che, soprattutto negli ultimi due o tre anni, siamo stati abituati a utilizzare – quella del crudele dittatore arabo che controlla duramente una popolazione stremata dalla repressione e desiderosa di democrazia e libertà ‘all’occidentale’ –, ma che diventa molto più plausibile se, per un momento, si riesce a uscire da questo paradigma e ad allargare il campo visivo, inquadrando la situazione nella sua interezza e nella sua complessità, considerando tutti gli attori in gioco – che non si limitano certo alle forze governative e all’opposizione interna – e analizzando le loro mosse e i loro interessi.

conflitto siria
Il conflitto in Siria è una guerra che si combatte su due campi, quello militare e quello mediatico

Nel mezzo, probabilmente, sta la verità. Per promuoverla, nei giorni scorsi, è stato diffuso un appello internazionale che auspica una risoluzione pacifica del conflitto, che veda però riconosciuto il diritto all’auto-determinazione del popolo siriano. È fondamentale quindi – come d’altra parte sostengono da tempo alcuni importanti attori dello scenario internazionale, come la Russia –, che la cessazione delle ostilità venga negoziata fra i rappresentanti dell’opposizione e il Governo di Bashar al Assad, senza ingerenze esterne e attraverso un percorso interreligioso, finalizzato a superare i contrasti settari che, opportunamente innescati, stanno devastando il paese.

Nella direzione opposta rispetto a questo soluzione va la recente presa di posizione degli Stati Uniti, che si sono apertamente schierati con l’opposizione, aderendo a Doha alla neonata Coalizione Nazionale, iniziativa che segue quella ufficiosamente creata da Sarkozy in seno all’ONU degli Amici della Siria. Poco più di un mese fa, prima della sua rielezione, il Presidente americano Obama ha auspicato il rovesciamento del Governo di Assad.

Gli stessi termini, arricchiti con parole chiave ormai classiche, ha usato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Mark Toner salutando la formazione della Coalizione Nazionale per la Rivoluzione Siriana e le Forza di Opposizione: “Siamo ansiosi di supportare la Coalizione nella direzione di un epilogo del sanguinario regime di Assad e dell’inizio di un futuro pacifico e democratico che tutta la popolazione della Siria merita”. Sul sito del Dipartimento viene rivolto anche un encomio al Qatar per aver organizzato e ospitato la conferenza costitutiva. Il Governo di Doha è un alleato strategico dell’Occidente in Medio Oriente. Il suo reggente, l’emiro Hamad bin-Khalifa Al Thani, è il principale finanziatore di Al Jazeera.

Poco più di un mese fa, prima della sua rielezione, il Presidente americano Obama ha auspicato il rovesciamento del Governo di Assad

A proposito di informazione, è interessante analizzare le fonti delle notizie relative agli ultimi eventi violenti accaduti in Siria. Tra quste vi sono i Comitati Locali di Coordinamento. L’organizzazione – che contrariamente a quasi tutte le altre realtà analoghe può contare su un sito internet in lingua inglese efficiente e sempre aggiornato, con collegamenti a Twitter e Facebok – è nata nel marzo del 2011 e può contare su sezioni dislocate su tutto il territorio siriano. Stranamente, sembra godere di un’ottima agibilità, soprattutto sul web, cosa che contrasta con le accuse rivolte al Governo siriano di esercitare una feroce censura nei confronti delle voci dissidenti, la maggior parte delle quali è infatti costretta a operare dall’estero.

I Comitati hanno recentemente deciso di abbandonare il Consiglio Nazionale Siriano, a loro avviso egemonizzato dai membri della Fratellanza Musulmana, e di partecipare, sempre a Doha, alla costituente di un nuovo fronte guidato dal dissidente Riad Seif. Altra fonte delle notizie più fresche, in particolare di quelle che riguardano l’afflusso di rifugiati, è il Governo turco. Ankara è però impegnata da tempo in un’accanita campagna politica contro Assad e in violente scaramucce con l’esercito siriano lungo il confine fra i due paesi.

Il Parlamento turco ha già approvato azioni militari contro la Siria, incassando fra l’altro l’approvazione del Ministro degli Esteri italiano Gian Maria Terzi. Oltre a non meglio precisati “testimoni oculari” appartenenti alla popolazione, un’altra fonte citata è la Ondus, l’Organizzazione Nazionale per i Diritti Umani della Siria, guidata dall’esule e dissidente siriano Rami Abdelrahman, residente a Coventry, in Inghilterra, nemico politico di Bashar al Assad e in strette relazioni con il Ministro degli Esteri britannico William Hague.

kenneth roth
Gli editoriali aperti di Kenneth Roth compaiono con regolarità su Foreign Affairs, la rivista ufficiale del Council on Foreign Relation, organizzazione legata al gruppo Bilderberg

Contrariamente a quello dei Comitati Locali di Coordinamento, il sito dell’Ondus è quasi interamente in arabo ed è poco aggiornato – le ultime notizie risalgono a giugno 2012, a settembre 2011 quelle disponibili in lingua inglese – e non vengono forniti dati sul bilancio o informazioni sui membri dell’associazione.

Dello stesso tenore i resoconti di Human Rights Watch, forse l’organizzazione più autorevole e conosciuta fra quelle che riportano notizie sul conflitto siriano. Quasi sempre però, le fonti sono protestanti, attivisti dell’opposizione o semplici passanti, come nel caso dei diversi report pubblicati sul sito Syrian Report, che ha base in Germania. Direttore esecutivo dell’organizzazione è Kenneth Roth. Roth ha lavorato alle investigazioni sul caso Iran-Contra ed è stato portato a Human Rights Watch nel 1993 dall’ex direttore esecutivo Aryeh Neier, oggi presidente emerito della Open Society Foundation di George Soros.

Gli editoriali aperti di Kenneth Roth compaiono con regolarità su Foreign Affairs, la rivista ufficiale del Council on Foreign Relation, organizzazione legata al gruppo Bilderberg che si concentra principalmente sulle questioni politiche americane, mentre la sorella Trilateral Commission ha un taglio più internazionale. Ex editore di Foreign Affaire, oltre che membro del consiglio del CFR, è James Hoge, presidente di Human Rights Watch.

Questa breve disamina evidenzia come la maggior parte delle fonti che – contrariamente a quelle che costituiscono quella che viene denominata ‘controinformazione’ o ‘informazione alternativa’ – forniscono la versione considerata come ufficiale e quindi veritiera, sono in realtà strettamente legate a potenti interessi, che partecipano attivamente allo svolgimento dei fatti siriani. Diventa quindi imprescindibile, per avere un quadro realistico e imparziale della situazione, dubitare della veridicità delle versioni ufficiali, confrontarle costantemente con quelle definite ‘di parte’ – che spesso sono in realtà molto meno partigiane – ed effettuare un’analisi critica dei fatti riportati, sempre senza perdere di vista il quadro nel suo complesso.

http://www.ilcambiamento.it/guerre/importanza_mass_media_guerra_siria.html