Monti pontifica, ma alla Camera spendono 5 milioni per i parcheggi

di FABRIZIO DAL COL

Monti è già in campagna elettorale e mentre tra le forze politiche sale sempre di più la tensione a causa di un accordo  sulla nuova legge elettorale che non si riesce a trovare, Montecitorio  è in preda al panico per  le scarse risorse finanziarie disponibili. Risorse che di norma sono sempre state utilizzate solo  per accontentare i partiti a fine legislatura. E mentre si discute di ciò,la Camera approva la spesa di 5 milioni di Euro in tre anni per garantire lo spazio adeguato per i posteggi delle auto dei parlamentari. Che a Roma la viabilità sia da sempre un caos generale e che pur  di parcheggiare  molto spesso si arrivi alle mani, lo sanno tutti. Ma la spesa di 5 milioni di euro in tempi in cui i parlamentari preferiscono persino non farsi riconoscere come tali  per non rischiare di prendersi qualche ceffone,  ha il sapore per i Cittadini di una vera e propria presa per il culo. Guardando nel dettaglio il provvedimento,  dove si spiegano gli obbiettivi che lo stesso si prefigge, si scopre che all’obbiettivo D.4 è spiegato come favorire la mobilità: “L’attività è diretta a favorire adeguati tempi di percorrenza dei vari tragitti versola Camera per gli utenti delle sedi”. Tra i diversi e lacunosi provvedimenti previsti, c’è anche la motivazione di quello relativo all’obbiettivo D.4 : “l’incremento della disponibilità di parcheggi a disposizione degli utenti parlamentari migliorandone l’efficienza di utilizzo mediante una razionalizzazione degli spazi nelle aree interne a disposizione della Camera”.

Chi non  ricorda quando il premier nelle sue conferenze si faceva vanto e pontificava che il suo governo,  nonostante abbia applicato una politica del rigore inflessibile, non ha avuto quelle rilevanti contestazioni che invece avevano avuto gli altri Stati in difficoltà? Oppure quando sosteneva che il suo governo, contrariamente a quelli che lo avevano preceduto, non ha avuto né scioperi né contestazioni di rilievo? Se è ancora di questo parere, abbia  allora  il coraggio di sostenerlo anche oggi visto chela Camera ha approvato la spesa dei 5 milioni per i suddetti parcheggi nel totale silenzio del suo governo. Professore, le vede e le sente le contestazioni che il suo governo subisce in questi giorni? Non sarebbe il caso di valutare e ascoltare anche quelle motivazioni che arrivano dalle piazze? Magari chiedersi perché queste contestazioni continuano a fiorire ogni giorno di più, rischiando prima o dopo di sfociare in qualche cosa di peggiore?  Infine, ci dica professore, quanto  tempo  ancora i Cittadini dovranno subire l’onta di veder continuamente sperperati i loro denari, visto che il suo governo ha fatto poco o nulla  per fermare tale emorragia e, anzi, ha prodotto un innalzamento di quella spesa pubblica che invece si era impegnato a tagliare e poi non ha mantenuto le promesse?

Tav: le ditte coinvolte negli appalti

LO STATO DI CRISI DEI TRASPORTI PUBBLICI LOCALIMAURIZIO BONGIOANNI
    da FAI Notizia (Radio Radicale)

Era il 24 settembre del 1970 quando i dipendenti delle Officine Moncenisio di Condove (To) votarono all’unanimità una mozione di rifiuto alla fabbricazione di armi in quanto “lavoro moralmente inaccettabile”. Oggi i tempi sembrano cambiati. L’etica nel lavoro non è più un elemento così importante. Soprattutto in Val di Susa dove le aziende coinvolte nei lavori dell’Alta Velocità hanno dei trascorsi non così trascurabili.

Ascolta l’intervista a Ivan Cicconi, presidente di Itaca (Istituto per l’Innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale)

 

 

L’origine del Consozio Valsusa

Nel maggio del 2011 viene costituito il Consorzio Valsusa con il compito di prestare consulenza alle imprese coinvolte nei lavori di escavazione e composto da un gruppo di imprenditori tra i quali Lazzaro Laura (Italcoge spa) e Benente Giuseppe (Geomont Srl) due aziende fallite dopo poco e che escono dal Consorzio a novembre per rientrarci nello stesso mese con altre due loro aziende costituite ad hoc: la Italcostruzioni e la Geodata. A dicembre il Consorzio Valsusa cambia nome diventando Consorzio Valsusa – Piemonte Imprese per lo Sviluppo e cambia anche l’oggetto sociale del gruppo che offre una ben più articolata panoramica di servizi agli associati tra cui, come scritto nello statuto, quello di “coordinare e disciplinare in maniera non concorrenziale l’attività dei consorziati”. La direzione del Consorzio è affidata a Luigi Massa, già indagato dalla Corte dei Conti di Napoli per fatti accaduti quando era direttore generale del Comune partenopeo in quanto aveva affittato delle sedi comunali in modo non regolare per una valore di 230 milioni di euro. Intanto al posto di Lazzaro Laura subentra il fratello Lazzaro Ferdinando e nel febbraio 2012 entrano 17 nuovi consociati: sotto la direzione di Massa il peso delle ditte valligiane si riduce drasticamente e il consorzio cambia totalmente fisionomia, sprovincializzandosi. Infatti, tra i nuovi consociati risulta anche il C.E.R. (Consorzio Emiliano-Romagnolo) di cui fa parte la CMC. Ezio Rovati, rappresentante del CER, entra nel consiglio direttivo del Consorzio Valsusa-Piemonte.

LTF pubblica a giugno 2012 i nomi delle ditte che a marzo si erano aggiudicate il pre-appalto dei lavori preparatori del cantiere a La Maddalena di Chiomonte. Tutte le aziende che hanno partecipato, tra cui quelle già fallite e in corso di fallimento (Italcoge e Geomont), si sono aggiudicate almeno il lotto n.1 (“Lavori per il sito di stoccaggio relativo al tunnel geognostico de La Maddalena”). Ma a ben vedere i lavori a La Maddalena, ad esempio quelli per il disboscamento, erano già attivi dal giugno 2011: come erano stati appaltati questi lavori nessuno lo sa. “Gli appalti si affidano a trattativa privata” ricorda Alberto Perino, leader dei NoTav. Da notare che questi lotti sono stati affidati a ditte tra le quali compaiono aziende con un solo dipendente, aziende costituite apposta per partecipare a questa gara, aziende – come la SCC Srl o la Luigi Notari Spa – che pur occupandosi di rifiniture o completamenti per edifici civili vincono appalti per movimento terra. Poi ci sono ditte – come la Zublena Srl e la Edilcebana Srl – che hanno nel cda la stessa persona (Riva Maria Caterina). Alle stesse aziende, tranne che a quelle contenute nel vecchio Consorzio Valsusa, vengono affidati i lavori anche del lotto n.2 (“Opere civili relative al tunnel geognostico de La Maddalena”).

La Italcoge

Il fallimento della Italcoge merita un capitolo a parte. Il 30 dicembre 2010 questa azienda presenta al tribunale di Torino un’istanza di legge fallimentare per la ristrutturazione del debito. Al 30 settembre il bilancio presentava una perdita di circa 5 milioni di euro ma questo non ha frenato la Italcoge: l’azienda infatti ha chiesto la ristrutturazione del debito dando come garanzia gli appalti per il tunnel geognostico de La Maddalena e quelli per il raddoppio del traforo autostradale del Frejus, appalti che non erano ancora stati affidati. LTF, la società che decide a chi dare gli appalti, non ha fatto cenno. Ad ogni modo, a febbraio la richiesta viene respinta e la Italcoge fallisce. Poi a maggio 2011 LTF, nonostante conosca di per certo la situazione di default nella quale versa la Italcoge, gli assegna senza gara d’appalto i lavori della recinzione anti-intrusione al cantiere de La Maddalena. La Italcoge si affretta a costituire un’Ati (associazione temporanea d’imprese) con la famiglia Martina che costituisce ex-novo la Martina Service Srl per condividere il lavoro. Socio unico della nuova società è Cattero Manuela, moglie di Claudio Pasquale Martina, gemello di Roberto. Per i gemelli Martina il pm di Torino Roberto Furlan ha chiesto una condanna a tre anni e nove mesi di carcere per concorso in bancarotta fraudolenta: i due gemelli avrebbero distratto 1,2 milioni di euro dalle casse societarie prima della bancarotta. I Martina sono inoltre incappati nell’inchiesta Minotauro insieme ai Lazzaro: come ricostruito da Alberto Gaino de La Stampa, i carabinieri hanno fotografato 14 imprenditori della ValSusa mentre entravano a casa di Bruno Iaria, capo della locale n’dranghetista di Cuorgné e dipendente della Italcoge. Tra gli imprenditori accorsi a casa di Iaria per fare affari c’era anche Claudio Pasquale Martina. In seguito, l’Ati pare essere a rischio data la mancanza di liquidità della Italcoge così LTF “gira” l’appalto con totale disinvoltura a Martina Service (che non era citata nel contratto originale), la quale a sua volta costituisce una nuova Ati con la neonata Italcostruzioni srl, costituita a maggio con soli 2500 euro di capitale versato, che prende il posto della Italcoge in via fallimentare. Ma non basta. La Italcoge, sempre più prossima al fallimento, decide di intestare tutte le quote alla Iminvest Srl, l’azienda-cassaforte di famiglia Lazzaro così teoricamente quest’ultima prende momentaneamente il posto della Italcoge che viene dichiarata fallita dal tribunale di Torino il 2 agosto. Il fallimento rischia di portarsi dietro anche la neonata Italcostruzioni. Ma non succede. Anzi, dal 4 agosto i mezzi della Italcoge continuano a lavorare nel cantiere de La Maddalena come se nulla fosse accaduto perché gli stessi lavori passano di mano alla Italcostruzioni: ma come è stato reso possibile questo passaggio? Così: il curatore fallimentare dell’Italcoge, Michele Vigna, indice un’offerta pubblica del ramo dell’azienda in fallimento chiedendo una garanzia fidejussoria di primo rischio pari a 900mila euro. E chi la vince? Ovviamente la Italcostruzioni, una società senza bilancio, con meno di 10mila euro di capitale sociale di cui versati solo 2500. Tra l’altro le persone che la costituiscono derivano dalla stessa famiglia – i Lazzaro – e anche se questo in Italia non è reato, è un fatto che dietro la società vincitrice ci sono persone e società plurifallite.

Ma i Lazzaro non sono gli unici ad avere guai giudiziari nel Consorzio Valsusa-Piemonte. Nel 2002 furono indagati 59 imprenditori per un presunto cartello di imprese che si spartivano gli appalti, in barba alla trasparenza, in tutto 50 aziende coinvolte e 12 persone arrestate. Tra queste ritroviamo Lucco Castello Luciano, Godino Ermanno e Margrita Giuseppe oltre a Ferdinando Lazzaro. Questi persone le ritroviamo nei cda delle aziende facenti parte del Consorzio in questione. Altra azienda da segnalare del Consorzio è la Sti Srl (Studio Tecnico Italiano) di cui fa parte Vincenzo Procopio come socio e direttore tecnico. Azienda tipicamente famigliare, Vincenzo è già stato condannato per turbativa d’asta coinvolto in indagini come quella della frana sulla statale di Avigliana – di cui Procopio era uno dei progettisti -, indagato nelle rete di favoritismi dell’esponente An Ugo Martinat (quest’ultimo coinvolto dalla Guardia di Finanza per turbativa d’asta e abuso in atti d’ufficio), coinvolto nelle indagini relative agli appalti pilotati nelle Olimpiadi invernali torinesi e soprannominato da La Stampa “il burattinaio delle infrastrutture piemontesi”.

Nella GeoValsusa Srl vi è Accattino Giuseppe, già consigliere alla Assot Srl indagato perfalso in bilancio e presentata dalla stampa locale come “pessimo esempio nella gestione della cosa pubblica”. Il movimento NoTav da tempo ha raccolto materiale su queste ditte: «Ci sembra che il panorama nella sua globalità sia moralmente desolante. Ci sembra che LTF operi in spregio di ogni regola, legge o regolamento» è il commento del leader Alberto Perino. «Ci sembra che si operi, come forse è successo per tutte le grandi opere, al di fuori della legalità formale, certi dell’impunità. A questo proposito ci sembra che la lezione del Mugello per i lavori dell’AV Bologna-Firenze sia esemplare: una zona devastata per sempre, irrimediabilmente messa a secco: e nessuno colpevole. Tutti assolti o prescritti».

Due grossi soggetti presenti in tutte le grandi opere italiane sono la CMC di Ravenna e il Gruppo Gavio

CMC

La Cooperativa Muratori e Cementisti – Cmc di Ravenna, azienda leader nel settore delle costruzioni che opera in Italia e nel mondo, è stata fondata a Ravenna nel 1901. E’ in ogni cementificazione importante in ambito nazionale. La CMC è presente nei mercati delle grandi opere, dei lavori pubblici (grandi infrastrutture, edilizia pubblica, lavori portuali come l’aeroporto Malpensa e porti marittimi), dei lavori ferroviari con particolare riguardo all’Alta Velocità (oltre la Torino-Lione ha lavorato nella Torino-Milano, Bologna-Milano, Firenze-Bologna e altre) dei lavori privati (ipermercati, hotel, centri direzionali) e degli interventi edili e in infrastrutture nel territorio in cui ha sede e nel quale è impegnata ad assicurare presenza imprenditoriale e sociale. Con l’imputazione di turbativa d’asta, a maggio è stato aperto un fascicolo di indagine sul primo appalto dell’Expo2015 a Milano. La procura sta lavorando per scoprire se la gestione dell’appalto “rimozione delle interferenze” sia stata combinata a tavolino. La Cmc è contraente generale nonché esecutrice dei lavori nell’autostrada infinita Salerno – Reggio Calabria, progettista ed esecutori del passante di Mestre, sta progettando la contestata Tangeziale Est Esterna di Milano, sta costruendo la base militare americana (la più grande d’Europa) Dal Molin a Vicenza appaltata dallo US Government Em Department of the Navy per 242 milioni di euro (questo nonostante il parere contrario degli abitanti espresso anche attraverso un referendum cittadino). Nel settore militare si sta occupando anche della base di Sigonella, in Sicilia, dove verranno “addestrati” i droni americani spediti in Medio Oriente. Infine c’è il tanto discusso Ponte sullo Stretto. Oggi è pronta a partire con il tunnel esplorativo a Chiomonte. Ma ancora gli scavi non sono iniziati. Perché? Le istituzioni danno la colpa al movimento NoTav ma la realtà è un po’ più complessa a partire dall’incertezza della risorse finanziarie, incertezze che ha spinto altri paesi europei a rinunciare ai progetti dell’Alta Velocità. Alla CMC nel 2005 vennero affidati i lavori del tunnel esplorativo di Venauspoi mai realizzato: nello stesso raggruppamento d’imprese c’era la Cogeis. Titolare della Cogeis era Giovanni Bertino, indagato per aver scaricato 150 camionate di detriti presso il fiume Dora e arrestato nel 1991 per corruzione ad Aosta insieme a Bruno Binasco, braccio destro del costruttore Marcellino Gavio (oggi Bruno Binasco fa parte del comitato direttivo della società Autocamionale della Cisa S.P.A, che gestisce tratti autostradali in concessione).

Gavio

Indiscusso leader della famiglia Gavio è Marcello, morto all’età di 77 anni nel 2009. È sicuramente tra gli imprenditori di infrastrutture autostradali più famosi d’Italia. Partecipa nelleprincipali tratte autostradali italiane e uno dei suoi ultimi affari è stata la cessione del 15% delle azioni della Serravalle-Milano alla Provincia di Milano sotto la direzione del deputato Pd Filippo Penati, indagato per tangenti dalla Procura di Monza. Le azioni in questione sono state pagate il quadruplo del loro valore originale. Ma Marcello Gavio non è nuovo a questi intrallazzi. Nel 1992 si è rifugiato a Montecarlo per sfuggire a un mandato di cattura nei suoi confronti per presunte tangenti pagate a Gianstefano Frigerio della DC, riguardo l’appalto per l’autostrada Milano-Genova. Una volta prescritti i reati, Gavio è rientrato in Italia. Dal 2007 fa parte anche di Impregilo, la più grande società di costruzioni e ingegneria italiana che controlla insieme alle famiglie Benetton e Ligresti. Nei lavori dell’Alta Velocità il Gruppo Gavio ha partecipato, con Impregilo, alla realizzazione della tratta Torino-Novara della linea ad Alta Capacità Torino-Milano. In quell’occasione gli ispettori del Servizio per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere del Ministero delle Infrastrutture scrivono in un loro memorandum riservato all’allora Ministro dei Trasporti Altero Matteoli che “la condotta delle società consortili è stata volutamente improntata alla lievitazione del costo complessivo dell’opera. Si rileverebbe un corposo introito di denaro non giustificato in capo al Gruppo Gavio (circa 100 milioni di euro) a fronte di lavori effettivamente svolti e fatturati a costi ampiamente inferiori dai soci consorziati con quota minoritaria. Tale fattispecie dimostrerebbe che, la stessa opera, poteva essere portata a compimento con un costo di gran lunga inferiore. Parimenti le società consortili sembrerebbero essere state create artificiosamente al fine di eludere il divieto di affidamento in secondo subappalto. […] Il costo delle lavorazioni […] risulterebbe essere stato contabilmente raddoppiato rispetto a quello sostenuto e che quindi doveva essere speso, passando da circa 10 mln Euro/Km a circa 20 mln Euro/Km”. Le società consortili create “artificiosamente” sono la Biandrate e la Agognate. In entrambe le società il 95% delle quote fanno parte ad imprese appartenenti al Gruppo Gavio tra cui l’Itinera Spa, la quale partecipa oggi al lotto 1 e 2 dell’attuale linea ad Alta Velocità Torino-Lione.

Stati Uniti d’Europa – i dubbi dei costituzionalisti e delle persone di buon senso

Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.

Esodo 3-6

Solo il federalismo sarà capace di evitare il fallimento dell’Euro e le sue conseguenze disastrose sulla vita di tutta l’Unione europea. Esso aprirà agli Europei la via verso un’Europa giusta, solidale e democratica in grado di garantire il suo spazio centrale nel mondo.

Giuliano Amato, Jacques Attali, Emma Bonino, Romano Prodi,Il federalismo che può salvare l’Europa”, La Repubblica, 9 maggio 2012

Un’Europa che potrebbe rivelarsi uno dei pilastri essenziali di un più ampio sistema euroasiatico di sicurezza e cooperazione sponsorizzato dagli americani. Ma, prima di ogni altra cosa, l’Europa è la testa di ponte essenziale dell’America sul continente euroasiatico. Enorme è la posta geostrategica americana in Europa…l’allargamento dell’Europa si traduce automaticamente in un’espansione della sfera d’influenza diretta degli Stati Uniti. In assenza di stretti legami transatlantici, per contro, il primato dell’America in Eurasia svanirebbe in men che non si dica. E ciò comprometterebbe seriamente la possibilità di estendere più in profondo l’influenza americana in Eurasia…Un impegno americano in nome dell’unità europea potrebbe scongiurare il rischio che il processo di unificazione segni una battuta d’arresto per poi essere addirittura gradualmente stemperato.

Zbigniew Brzezinski, architetto della politica estera statunitense in Eurasia, mentore del giovane Obama e co-fondatore con David Rockefeller della Commissione Trilaterale –“La grande scacchiera”,  Milano : Longanesi, 1998, pp. 83-85

Io credo che, alla fine, la risoluzione della crisi odierna in Europa non funzionerà poi tanto male…Inevitabilmente, una vera unione politica prenderà gradualmente forma, all’inizio probabilmente attraverso un trattato di fatto, che sarà raggiunto con un accordo intergovernativo nel prossimo futuro. Sarà un’Europa a due velocità. Non c’è niente di male in un’Europa che è in parte e contemporaneamente un’unione politica e monetaria nel suo nucleo centrale e che accetta di essere diretta da Bruxelles, circondata da un’Europa più ampia che non fa parte dell’eurozona ma condivide tutti gli altri vantaggi dell’Unione, per esempio la libera circolazione delle persone e delle merci. È un progetto in linea con la visione post-Guerra Fredda di un’Europa in espansione, unita e libera.

Zbigniew Brzezinski, intervista rilasciata al Christian Science Monitor, 24 gennaio 2012

Leggendo il suo articolo mi pare che per lei il federalismo sia una soluzione finale. Io credo che sia un mezzo: uno dei mezzi. Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che il potere oppressivo non è soltanto prerogativa degli Stati nazionali. Una grande impresa oggi ha la possibilità di abusare del potere più dello stato stesso. Le nostre costituzioni accordano garanzie contro l’abuso di potere da parte degli organi dello Stato. Non ne accordano contro l’abuso di potere da parte dei grandi gruppi capitalistici. Il superamento dello Stato nazionale è una faccia del problema del potere. O i federalisti credono che sia una soluzione totale? Io non ne sono del tutto convinto.

Norberto Bobbio ad Altiero Spinelli, 15 dicembre 1957

Nessuno degli esempi della storia, siano essi una federazione di stati o un’unione di nazioni, può servire come modello per plasmare l’unione politica. L’Unione europea è sempre stata, e resterà, un impegno unico per il quale non ci sono modelli che possono essere facilmente adottati. È importante consentire un processo evolutivo, che è aperto a ulteriori iniziative di integrazione, ma salvaguarda ciò che è già in atto e funziona bene, e che assegna le competenze agli Stati nazionali o addirittura alle regioni a seconda dei casi.

Otmar Issing, capo degli economisti della BCE, 24 marzo 2006.

Il modello burocratico che vige a Bruxelles è il modello francese, in cui la burocrazia decide quanto cacao vi deve essere in un impasto di cioccolata oppure il raggio di curvatura che deve avere una banana. La Svizzera per contro rappresenta ancora oggi lo spirito di regionalismo, d’identità locale che non vuole cedere alla pressione dell’Unione Europea. E secondo me con diritto. Perché io sono democratico, e per me l’esistenza di una comunità come Bellinzona, che andrà alle urne per decidere di un credito per la pavimentazione di una piazza, è una parte importante della democrazia mondiale. […]. I singoli Stati americani sono molto più simili tra loro che non i 26 cantoni svizzeri. Quando si attraversano le frontiere in America non si nota nessuna differenza. Tutto è uguale, che sia Pennsylvania o New Jersey o Virginia. La diversità americana, che tanto ho amato, non esiste più. […]. Lì il federalismo è più una finzione: in realtà quello americano è un governo centralizzato.

Jonathan Steinberg, docente di storia moderna europea all’Università della Pennsylvania, Corriere del Ticino, 31 Luglio 2003

 È nell’interesse di tutti addivenire ad un’Europa politicamente unita, ma dovrebbe essere evidente a tutti che l’Europa è sostanzialmente diversa dagli Stati Uniti d’America, per storia, lingue e cultura. I suoi popoli e comunità non possono essere trattati alla stregua degli ospiti della leggendaria locanda di Procuste, che venivano amputati oppure “allungati” per poterli adattare alle misure dei letti. È più che realistico attendersi che proprio la mancanza di rispetto per le specificità locali e le sensibilità particolari, oltre ad una fretta ingiustificata, produrranno reazioni violente e l’affondamento del sogno europeista.

Tra l’altro, è piuttosto curioso che si caldeggi una maggiore integrazione europea mentre oltreoceano, per tre soli voti (e grazie ad uno scaltro emendamento inserito all’ultimo minuto), non è passata una proposta di legge del Wyoming (HB 0085, 2012) per l’istituzione di un gruppo di studio che intraprenda l’analisi delle conseguenze di una potenziale interruzione del governo federale degli Stati Uniti, di un eventuale rapido declino del dollaro, di una situazione in cui il governo federale non ha alcun potere effettivo o autorità sul popolo degli Stati Uniti, di una crisi costituzionale e dell’ipotetica interruzione nel settore della distribuzione alimentare e dell’energia.

In un libro molto bello e sincero, intitolato “Il mito d’Europa” (Monti, 2000) Luciano Monti, docente di Politica Regionale europea presso la Luiss Guido Carli, dà testimonianza di come certe perplessità siano assolutamente motivate. Carli rileva che l’Europa è diventata un fine in sé e che il mito rischia di diventare un idolo. Sottolinea la modesta potestà legislativa del Parlamento europeo ed il suo scarso coinvolgimento nel processo decisionale della politica europea, stigmatizza il prevalere della burocrazia e l’inamovibilità dei suoi vertici, il proliferare di normative sempre più complesse ed il decentramento a livello regionale che indebolisce gli stati come corpi intermedi che possono anche tutelare le regioni stesse, le quali, sono comunque troppo deboli e mal coordinate. Infine, un’élite distante dai cittadini, isolata nella sua torre eburnea, persuasa di essere, sola, in grado di decretare i destini di centinaia di milioni di cittadini (p.235): “Vi sono anche numerosi potentati, che a differenza delle tradizionali strutture di governo, legate ad un territorio, sono piuttosto incardinati su una fitta rete di relazioni. Non si tratta in realtà di una casta determinabile, ma, per dirla con Herman Hesse, delle Castalie, vale a dire dei gruppi circoscritti di soggetti isolati dal resto della società civile. Dove l’isolamento è il prodotto non già dell’emarginazione ma piuttosto dell’elevazione“.

Perciò non sorprende constatare che le corti costituzionali dei paesi europei, specialmente in Francia, Germania e Regno Unito, abbiano assunto un atteggiamento difensivo e critico verso l’architettura istituzionale dell’Unione Europea (Zagrebelsky/Portinaro/Luther, 1996; Zagrebelsky, 2003). In particolare, il costituzionalista tedesco Dieter Grimm ha argomentato in modo molto persuasivo una serie di contestazioni all’iter integrativo europeo che si coniugano a quelle che ho menzionato in precedenza. Grimm osserva che, come non si possono costruire degli edifici a partire da tetto, ma servono delle solide fondamenta, così l’edificio europeo non può prescindere da una società civile europea, una lingua-ponte europea sufficientemente diffusa, partiti europei, media europei, una memoria sufficientemente condivisa, ossia di tutti quei trait d’union e soprattutto corpi intermedi che, fin dai tempi di Montesquieu, sono considerati elementi basilari ed irrinunciabili per un’organizzazione statuale stabile ed efficiente ed una cittadinanza che possa prendere parte attiva al processo decisionale. Senza la possibilità di comunicare in modo più agevole, di scambiare opinioni e valutazioni, come sarà possibile che mezzo miliardo di persone trovi punti di accordo, raggiunga compromessi e regoli i suoi rapporti con i paesi extra-europei, anche in tempi di crisi?

Una valutazione sottoscritta, tra gli altri, da Ralph Dahrendorf e Gian Enrico Rusconi nei loro commenti ad unasentenza della Corte Costituzionale Federale Tedesca del 12 ottobre 1993, la prima di una serie di sentenze, non solo tedesche, che hanno intralciato i piani delle autorità europee di addivenire al più presto ad uno Stato federale. Sentiamo il parere, al riguardo, di Andreas Vosskuhle, presidente della corte costituzionale tedesca, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine („Mehr Europa lässt das Grundgesetz kaum zu“, 25 settembre 2011):

La Costituzione consente un’ulteriore integrazione europea?

Penso che i margini di manovra si siano in gran parte esauriti.

E se la politica volesse procedere oltre?

La costituzione tedesca garantisce l’inviolabilità della sovranità statuale. Essendo ancorata alla Costituzione, essa non potrebbe essere accantonata neppure per mezzo degli emendamenti costituzionali. Le modifiche della Costituzione concernenti i principi strutturali – democrazia, stato di diritto, stato sociale, federalismo – sono inammissibili.

La sovranità di bilancio del Parlamento potrebbe essere parzialmente trasferita alle istituzioni europee?

Non c’è più molto spazio per una cessione di ulteriori competenze all’Unione Europea. Se si volessero varcare questi limiti – il che può anche essere politicamente legittimo e desiderabile –, in quel caso la Germania dovrebbe darsi una nuova costituzione. Ma allora si renderebbe necessaria una consultazione referendaria. Non si possono fare queste cose senza il popolo.

È curioso che molti analisti politici, accecati dalla loro fede europeista, si dimentichino della differenza tra democrazia formale (la scatola) e democrazia sostanziale (il contenuto) e che debbano essere dei costituzionalisti a rammentarglielo (cf. per esempio Antonio Cantaro). Una democrazia senza una società civile vigorosa e corale (voci distinte ma armonizzate, come in un coro, appunto) è come quelle pagnotte che sembrano belle esternamente ma quando le spezzi scopri che è quasi tutta crosta e poca mollica (sostanza). Un vinaccio scadente ed un vino di alta qualità sono entrambi vini, ma sfido chiunque a dire che sono la stessa cosa: uno intossica, l’altro gratifica.

Ciò che è forse paradossale, ma molto significativo, è che questa agognata società civile europea, questo popolo sovrano europeo, sta effettivamente sbocciando, con fatica, solo ora, tra gli indignati, ma come atto di protesta contro le istituzioni europee e globali. La sensazione è che, per molti Europei, l’Unione stia diventando un problema, piuttosto che una soluzione, a dispetto del diverso parere di una larga fetta dell’intellettualità europea.

Come giustamente lamenta Giuseppe Guarino (2008, p. 160): “Bisogna andare avanti, si dice. Completare un processo glorioso che si è svolto con successo per oltre cinquanta anni. Andare avanti, certo. È indispensabile. Ma sempre che la strada prosegua diritta e sicura. Se diventa accidentata e va inoltrandosi in luoghi non chiari, se sorge anche un minimo dubbio se continui ad essere quella giusta, la più elementare prudenza suggerisce di fermarsi e chiedere informazioni…Non c’è ragione per discostarsi da quanto in analoghe condizioni farebbe una comune persona, mediamente saggia. Solo di questo si tratta“.

Vorrei concludere questo capitolo riproponendo alcuni passi salienti di un dibattito avvenuto in seno alla famosa, o famigerata, Commissione Trilaterale (Crozier, Huntington, Watanuki, 1977), un’organizzazione che è soprattutto nota per il suo elitismo e che quindi non ci si aspetta che possa manifestare posizioni contrarie all’accentramento del potere nelle mani di pochi selezionati. Ebbene, verso la fine degli anni settanta, le proposte di tre relatori che andavano, appunto, nella direzione di una revisione in senso tecnocratico e centralistico della democrazia come rimedio per la presunta crisi in cui versavano le società democratiche, ricevettero una bordata di critiche da diversi membri della Commissione. Ci fu chi sottolineò che i padri fondatori degli Stati Uniti non avrebbero mai anteposto la “governabilità” al rispetto dei diritti dei cittadini, chi denunciò gli eccessi dei governanti e della burocrazia, piuttosto che quelli dei governati, chi definì i rimedi raccomandati “errati, deludenti, fatali”, chi invocò più democrazia, non meno democrazia, chi lamentò il restringimento del pluralismo nei media e chi constatò che, essendo gli esseri umani così deboli, in una situazione di monopolio sarebbero inclini ad abusare del potere loro conferito. Posizioni assolutamente coincidenti con quelle degli indignati dei nostri giorni. Quel che più ci interessa è invece la valutazione che i membri canadesi diedero del federalismo canadese, uno dei possibili modelli per quello europeo (pp. 184-185): “Si fece rilevare che l’espansione e la proliferazione della burocrazia a livello federale, provinciale e comunale hanno contribuito, a causa della sempre minore chiarezza di direzione e responsabilità, alle tensioni cui è sottoposto il sistema politico canadese. Si registra una tendenza sempre più forte – si disse – della burocrazia ad assumere ruoli che tradizionalmente erano di pertinenza prevalente degli uomini politici – ad esempio quei ruoli che hanno per oggetto il “bene pubblico”. In ciò si potrebbe vedere uno sviluppo pericoloso, specie alla luce della vocazione della burocrazia federale a “imperniarsi su Ottawa”, senza più esprimere un’adeguata rappresentanza delle altre regioni del paese“.

Tratto da: Stati Uniti d’Europa – i dubbi dei costituzionalisti e delle persone di buon senso | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/06/05/stati-uniti-deuropa-i-dubbi-dei-costituzionalisti-e-delle-persone-di-buon-senso/#ixzz2COuvBDUr

Prodi l’allucinato

Romano Prodi intervistato dal Fatto: “Mai stato nostalgicio, ma provo pena per l’Italia”

L’Huffington Post  |  Pubblicato: 19/11/2012

“Ho attraversato varie fasi della vita, ma sempre con molta tranquillità e non mi sono mai sentito nostalgicamente ex. L’unico dispiacere che mi porto appresso è vedere l’Italia com’è oggi”. Lo afferma l’ex premier Romano Prodi in un’intervista al Fatto Quotidiano.

Prodi parla del suo incarico alla guida della commissione Onu per l’Africa. “E’ una fida difficile, parliamo dei Paesi più poveri del mondo”, dice. “Non ho mai lavorato così tanto. Mia moglie penserà di esser vedova”. La pensione, al momento, può aspettare – “prima o poi accadrà, non mi sembra questo il momento” – ma, racconta, “sto pensando seriamente di lasciare gli incarichi in Cina perchè non ce la faccio proprio a passare da un continente all’altro”.

Nell’intervista Prodi interviene anche sulla legge elettorale. “Un sistema di voto non è fatto per andare al governo. Serve a governare bene un Paese”, sottolinea. “Se in Italia avessimo avuto una legge tipo quella francese oggi saremmo più forti della Germania”.

http://www.huffingtonpost.it/2012/11/19/romano-prodi-intervistato-non-ho-nostalgia-della-politica-ma-provo-pena-per-litalia_n_2157696.html?utm_hp_ref=italy#comments

Il figlio di Sharon: “Bisogna radere al suolo Gaza”

Il figlio dell’ex premier israeliano Sharon: “Dobbiamo radere al suolo interi quartieri di Gaza, radere al suolo tutta Gaza. Gli americani non si sono fermati a Hiroshima”

Luca Romano – Lun, 19/11/2012 

Radere al suolo tutta Gaza: non ha dubbi Gilad Sharon, figlio dell’ex primo ministro israeliano Ariel Sharon.

È questa la sua ricetta, sciorinata in un editoriale pubblicato dal quotidiano Jerusalem Post.

“O gli abitanti di Gaza e le loro infrastrutture sono costretti a pagare il prezzo, o rioccupiamo l’intera striscia di Gaza” perché “il desiderio di prevenire danni ai civili innocenti di Gaza porterà in ultima analisi al danno per i veri innocenti: i residenti del sud di Israele. I residenti di Gaza non sono innocenti, hanno eletto Hamas. Non sono ostaggi: hanno fatto una libera scelta, e devono sopportarne le conseguenze”, scrive Sharon.

Che poi spiega: “Non c’è giustificazione perché lo Stato di Gaza possa sparare impunemente sulle nostre città. Dobbiamo radere al suolo interi quartieri di Gaza, radere al suolo tutta Gaza. Gli americani non si sono fermati a Hiroshima; i giapponesi non si stavano arrendendo abbastanza in fretta, così hanno colpito anche Nagasaki. Non dovrebbe esserci elettricità a Gaza, niente benzina né veicoli in movimento, niente. Allora davvero chiederebbero un cessate il fuoco“.

Secondo Sharon, “se questo accadesse, le immagini di Gaza sarebbero sgradevoli, ma la vittoria sarebbe rapida, e le vite dei nostri soldati e dei nostri civili sarebbero risparmiate, invece se il governo non è preparato ad andare fino in fondo, dovremo rioccupare l’intera Striscia di Gaza. Non qualche quartiere dei suburbi con in Piombo Fuso, ma tutta la Striscia, come in Scudo difensivo, così che sia impossibile lanciare razzi.

http://www.ilgiornale.it/news/figlio-sharon-bisogna-radere-suolo-gaza-857323.html

L’ORO delle riserve nazionali: una luccicante finzione

novembre 13, 2012

* Le Banche Centrali possiedono tuttora le riserve auree dichiarate?
* Vari paesi chiedono una verifica delle loro riserve presso la Fed
* Dov’è e a quanto ammonta fisicamente l’oro delle riserve Italiane?
* L’oro resituito al Venezuela era l’oro della Libia di Gheddafi?

***

Pubblicato da mcc43.overblog.com  su 13 Novembre 2012

Con tag : #oro, #gold, #Libia, #speculazione, #riserve auree nazionali

Il Comitato Anti-Trust per il mercato dell’oro (Gold Anti-Trust Action Committee) va dicendo ed esponendo da anni con tanto di prove. Ovvero che molte Banche Centrali Occidentali non possiedono tutto l’oro dichiarato a titolo di riserva.

Parte di quell’oro e’ stato alienato, dato in prestito e in leasing, pertanto non e’ piu’ nelle loro disponibilita’. E’ importante che questi fatti divengano di dominio pubblico.

Alcuni commentatori come John Carney della CNBC affermano che non e’ importante conoscere se l’oro della Germania e’ presente nei caveaux delle Banche Centrali che lo detenevano.

Ma chi crede di prendere in giro il Sig. Carney? Lui pensa che i cinesi, gli indiani, i russi, si possano prendere seriamente per il naso? Guardate che anche essi sono a conoscenza di questi fatti; difatti stanno accumulando oro fisico in modo forsennato. Non si lasceranno ingannare facilmente.

C’è di che essere convinti che le reali entita’ delle riserve auree delle Banche Centrali Occidentali siano molto piu’ esigue di quel che si crede. Questo verra’ pienamente alla luce quando la domanda mondiale di oro fisico comincera’ a intensificarsi.

La verita’ e’ che un gigantesco ammontare di metallo giallo delle Banche Centrali Occidentali e’ stato utilizzato per fare fronte all’incremento della domanda negli anni scorsi. Alla fine la verita’ verra’ a galla e si scoprira’ che le Banche Centrali hanno venduto o prestato l’oro per tenere i prezzi sotto controllo, aumentando artificialmente il lato dell’offerta.

Credo che la maggior parte dell’oro di queste Banche oggi adorni le braccia e i colli delle donne in formato di gioielli; mentre una parte e’ stivato presso i caveaux delle Banche Centrali dell’Estremo Oriente.

Quando tutto questo verra’ pienamente alla luce, in confronto, lo scandalo della manipolazione del tasso Libor sara’ poca cosa.

Vi dico che cosa e’ successo veramente con quest’oro: quando e’ stato prestato, la controparte che ne e’ venuta in possesso ha provveduto a venderlo sul mercato per alimentare l’offerta e comprimere il prezzo dell’oro. Questo procedimento e’ dagli esperti definito come – schema finanziario di manipolazione ribassista del prezzo dell’oro – (Gold Suppression Scheme).

Il problema e’ il seguente: se le Banche Centrali Occidentali non sono piu’ in possesso di parte del loro oro, come faranno a effettuare una copertura delle loro valute nel caso, in futuro, si ponesse il problema di vararne di nuove?

Per non parlare di quelle correnti. Sono curioso di vedere come andra’ a finire questa storia.

di  John Embry, Investment Strategist presso Sprott Asset Management. Embry, uno dei massimi esperti mondiali del mercato dell’oro,

*****************************************

Nominalmente le riserve auree italiane si pongono al terzo posto, dopo quelle di Stati Uniti e Germania, ed ammontano a 2500 tonnellate e sono il 70 % circa dell’intero ammontare delle riserve nazionali.

citazione

a Marzo 2012 le riserve auree Italiane sono diminuite di circa 6000 miliardi. Dove siano finiti questi soldi non si sa. Voci dicono che siano finite nelle mani della BCE su pressione della Bundesbank, che chiedeva questo sforzo del nostro paese da tempo.

Che il vendere l’oro della riserva nazionale senza l’opinione dei cittadini sia costituzionale, questo e’ un altro discorso. Tremonti, che provo’ a farlo anni orsono, venne ripreso in maniera molto seria da Trichet e Draghi, i quali gli rammentarono che l’oro non e’ della Banca d’Italia ma del popolo italiano.

Dove si trovano fisicamente le nostre riserve auree? Ai tempi in cui si temeva, o meglio si favoleggiava, uninvasione delll’impero sovietico erano state mandate in America, nei sicuri caveau della FED [sebbene non sia questa, come si crede, un ente statale ma privato]. Sebbene il quadro mondiale sia cambiato, il nostro oro continua a restare là, a Manhattan. Non si capisce per quale ragione, ma soprattutto: nessuno ha mai chiesto una verifica della sua perdurante esistenza.. E’ notizia recente che la lista dei paesi inquieti, che richiedono il controllo fisico dell’oro o il rimpatrio cresce. Al Venezuela l’anno scorso, alle recenti intenzioni espresse dalla Germania sulla necessità della verifica, si sono aggiunte Svizzera, Olanda e Ecuador.
Mario Monti tace, ma non dovrebbe!

****

Poichè il pubblico è all’oscuro delle manovre sull’oro per regolarne le quotazioni mondiali , è passato inosservato il fatto che le riserve auree della Libia di Gheddafi, 144 tonnellate, sono svanite dai media dopo essevi state ampiamente presenti all’epoca della caduta di Tripoli. Tutto ciò avveniva nelle stesse settimane in cui Chavez aveva chiesto il rimpario dell’oro dalla Gran Bretagna.

La vicenda dell’oro libico si incunea nelle vicende della ribellione suscitando non pochi interrogativi sugli ultimi giorni di Gheddafi e i motivi che hanno indotto la Nato a consegnarlo nelle mani dei ribelli. La storia è sviluppata nell’articolo 

Dossier GHEDDAFI. La morte: tante versioni pubbliche e la taciuta “pista dell’oro”

qui anche le bibliografie

http://www.nextmags.com/mcc43/mistero-gheddafi

http://storify.com/mcc43_/misteri-sulla-morte-di-muhammar-gheddafi-mysteries

http://mcc43.wordpress.com/2012/11/13/loro-delle-riserve-nazionali-una-luccicante-finzione/

“Basta Monti, basta Europa, basta multinazionali”! Di Finizio insegna!

Venerdì, Ottobre 5th/ 2012

– di Silvia Laporta e Sergio Basile –

Il monito:“Basta Monti, basta Europa, basta

multinazionali”!

Lo striscione di protesta issato sul Cupolone di San

Pietro in Vaticano

La protesta disperata di Marcello Di Finizio,  fa “Scuola”

RomaDa ieri Di Finizio è tornato a casa. Giusto il tempo per un altro forte monito – ieri sera – in diretta TV a “Piazzapulita” e poi via, verso la strada “incerta” di casa. La sua impresa, però, non è caduta nel nulla, ma ha fatto storia e scuola. Calatosi dalla ringhiera del Cupolone – tre giorni fa – il “pazzo del Cupolone” srotolava e poi appendeva il suo striscione di protesta con su scritto: ” Basta Monti, basta Europa, basta multinazionali!”. Dimostrazione palteale, quella dell’imprenditore triestino, che per la seconda volta era riuscito ad eludere i controlli della Gendarmeria Vaticana e ad arrampicarsi fin su in cima alla Cupola più famosa della Città Eterna e del Mondo.

 L’esempio di Marcello l’arrampicatore 

Di Finizio, voleva urlare il suo disappunto e il suo dissenzo contro le direttive europee e le politiche neoliberiste Ue che, ovviamente, danneggiano la sua attività di piccolo imprenditore, come quelle di altre migliaia di imprenditori, in tutt’Europa e soprattutto nei Paesi Piigs. In particolare Di Finizio protestava contro la direttiva Bolkestein, iniqua legge promossa el Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, relativa ai servizi nel mercato interno, risalente al Febbraio 2004.

 La dittatura delle lobby e la Bolkestein 

Una “legge” (direttiva europea) che lo costringerebbe a rinunciare quasi presumibilmente al suo caro “lido balneare estivo“: il sogno di una vita, valso sacrifici e mutui onerosissimi. Il tutto per la fredda e spietata legge del mercato, che obbligherebbe i gestori a mollare l’osso sugli impianti ed a correrre assieme ad altri soggetti imprenditoriali europei (di ben altra stazza e potere eonomico) in improbabili gare d’appalto aperte a tutti. Ma cose si può far competere un piccolo imprenditore con una multinazionbale? Davvero pazzesco! 

 Una storia lunga e drammatica 

Marcello Di Finizio iniziò la sua protesta qualche anno fa, quando il suo noto locale “La Voce della Luna” – che sorge sul lungomare di Trieste – venne distrutto da un incendio. L’imprenditore triestino cercò di ottenere il risarcimento dei danni, ma la direttiva europea Bolkestein – che come detto prevede la messa all’asta delle concessioni balneari – non glielo permise. A questo punto, iniziò la carriera da arrampicatore sovversivo di un uomo a cui, ormai, non è rimasto niente. Proteste in piazza, scioperi della fame,  affissioni di striscioni e occupazioni di luoghi pubblici; come quando salì sullo storico pontone-gru Ursus nel Porto Vecchio di Trieste e vi rimase tre giorni. Si convinse a scendere solo dopo una lunga trattativa con carabinieri e Prefetto. Riuscì, infatti, a strappare a quest’ultimo, tale Alessandro Giacchetti, la promessa di interessare il ministro degli Affari Europei, Movavero, in merito alla sua travagliata e tragica questione. Ma , evidentemente, quella del prefetto era solo una promessa da “marinaio”. Infatti dopo quell’evento Di Finizio, il 30 Luglio scorso, decise nuovamente di arrampicarsi e protestare, raggiungendo abilmente il Cupolone del Vaticano. Quale modo migliore di farsi ascoltare?

 I nuovi arrampicatori dei Diritti 

Dopo il 30 Luglio, il 2 Ottobre, ripeté l’arrampicata sovversiva per la seconda volta, issando  fiero il suo striscione di protesta.  Una protesta “bianca” e non violenta che ha suscitato la curiosità e l’interesse di tantissimi turisti che si trovavano, come ogni giorno, in Piazza San Pietro. Visitatori  e cittadini romani sono rimasti col naso all’insù per un bel pò. Infatti è stato necessario chiedere l’aiuto dei vigili del fuoco per arrivare all’uomo e convincerlo a scendere. Ma non è stata l’unica manifestazione di protesta nel “Bel Paese”. Nelle ultime ore nuovi manifestanti arrampicatori si sono issati – infatti – sul campanile della Basilica di San Marco a Venezia. Per tacere su quelli in cima alla torre principale dell’Ilva a Taranto, e tanti, tanti altri arrampivatori dei diritti. Di sicuro un esempio per l’addormentata classe politica italiana e per molti Italiani di mezz’età, ormai rassegnati al montismo.

 Le proteste che fanno “Scuola” 

Manifestazioni plateali, queste, che hanno tuttavia colto nel segno, facendo scuola. E lo hanno dimostrato oggi,   ampliamente, le altre proteste spontanee delle scorse ore, inscenate nelle piazze di tutta Italia. Il futuro – quello dei giovani – è sceso in piazza a protestare contro l’austerity, l’eurocasta Ue, le lobby e Monti. Tantissimi giovani, migliaia di giovani, hanno sfilato per le città italiane armati di determinazione ed entusiasmo per portare avanti una vera e propria rivolta contro il sistema. 

“Contro crisi e austerità, riprendiamoci scuole e città” 

Piazze diverse ma stessi ideali e stessi valori. I giovani studenti Italiani non vogliono più sottostare alla precaria situazione che caratterizza la quotidianità della loro vita, fatta di costi esosi per affrontare le spese scolastiche e strutture decadenti e indecenti, con l’intento di smascherare i concreti effetti di un’austerity recessiva ed iniqua;  fatta di manovre finanziarie e tagli gravissimi alla scuola pubblica, e non solo. 

 Il Rogo delle Schede Elettorali 

I cortei si sono conclusi con un’azione simbolica: in molte piazze italiane i  giovani hanno bruciato le tessere elettorali per simboleggiare la rabbia e il dissenzo nei confronti della classe politica e dell’Europa dei tecnocrati. Come dire: voi non “lavorate” per noi,  e noi giovani piuttosto che darvi il nostro voto preferiamo bruciare le schede elettorali. Un atto plateale che noi di “Qui Europa” condividiamo pienamente!  Con l’augurio che l’ardore di questi ragazzi non si fermi. Insieme possiamo riprenderci il nostro futuro!

 Il “Monito” di Napolitano 

Unica nota stonata – molto stonata – della serata, è stato il vuoto ed ipocrita monito di Giorgio Napolitano – “proprio lui!” – da Assisi, che ha richiamato all’ordine ed alla legalità gli Italiani, dimenticando che la legalità nel nostro “Bel Paese” è ormai – ed anche grazie a lui – solo un vuoto slogan. Proprio lui, il nostro caro presidente golpista, quello che costerebbe agli Italiani – con il suo carrozzone del Quirinale e non solo – quattro volte quello che costa la Regina d’Inghilterra ai suoi sudditi. Come direbbe in questi casi il Principe Antonio De Curtis: “Napolitano, ma mi faccia il piacere!”

Silvia laporta, Sergio Basile  (Copyright © 2012 Qui Europa)

http://www.quieuropa.it/basta-monti-basta-europa-basta-multinazionali-lo-striscione-di-protesta-issato-sul-cupolone-del-vaticano/

Gaza: Boicotta i boicottatori di BDS

Sons of Malcolm


Non si deve essere ingannati da Alì abu Nimah di Electronic Intifada, che sembra avere una posizione radicale in TV, mentre argomenta su al-Jazeera a favore di Gaza, ma si dovrebbe piuttosto guardare da vicino il pensiero che guida abu Nima e il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzione), il movimento di cui Electronic Intifada fa parte. Questo movimento è una ONG finanziata dall’Unione europea, stretta alleata di Israele, e da George Soros, un liberale sionista e da altre organizzazioni simili. Mentre chiedono il boicottaggio dei prodotti israeliani, prendono denaro dal più grande partner commericale di Israele, con cui ha il maggior tasso di scambi: l’Unione europea. E mentre chiede di boicottare le merci e gli scambi artistici e accademici con Israele, non hanno mai provato a chiedere il divieto di inviare armi ad Israele all’UE e agli Stati Uniti.
Si può anche dire che BDS e Electronic Intifada siano stati indirettamente arruolati da Israele, i cui interessi servono. L’idea principale di tali gruppi è riconoscere lo Stato di Israele e cercare una soluzione al problema palestinese, ma nel quadro di Israele. Considerano Israele uno stato d’apartheid che dovrebbe seguire il modello sudafricano, applicando la formula adottata dal Sud Africa per porre fine alla segregazione. In base a ciò, Israele dovrebbe annettersi i territori occupati nel 1967, per formare un paese, un Israele che abbandoni le sue politiche razziali e dia ai palestinesi diritti legali. Questo è, al nocciolo, ciò che Alì abu Nimah concepisce come soluzione del problema palestinese che, non solo è fuori luogo soltanto perché la Palestina non è il Sud Africa, ma perché sembra risolvere i problemi di Israele piuttosto che quelli dei palestinesi.

Si noti il disegno di sopra, ripreso da Electronic Intifada, di come mette sullo stesso piano Siria e Israele, considerandoli uguali. Questo è esattamente il tipo di propaganda che serve gli scopi sionisti.

Se Israele premia i soldati virtuali con un badge

Pubblicato: 19/11/2012 12:16

Il blog delle forze armate israeliane (IDF) che in questi giorni sta raccontando in presa diretta, senza mediazioni, le manovre militari su Gaza ha un elemento poco discusso quanto inquietante, per promuovere la guerra della propaganda online: un gioco a premi, seppur virtuali.

Una delle nuove frontiere del coinvolgimento dei navigatori è il gioco. Inserire elementi ludici o giocosi in un servizio web, quali una classifica tra gli utenti più attivi, una classifica degli amici con cui competere o premi virtuali, è dimostrato aumentare il livello di partecipazione. Sfruttando questo presupposto, in inglese definito dal concetto gamification (letteralmente, far diventare il servizio un gioco), molti servizi web e tecnologie, oggi usate da milioni di persone come Foursquare o Fitbit, hanno una base utenti fedele e attiva.

Lo stesso concetto è stato fatto proprio da IDF nel blog, aperto qualche mese fa per raccontare le attività dell’esercito israeliano, con una sezione dedicata ai virtual fighter, ai combattenti virtuali. In pratica, registrandosi, ogni cittadino israeliano (o simpatizzante della causa) è invitato a diffondere sui social network i contenuti del blog, visitare spesso il sito, commentare e mettere un mi piace agli articoli. Più l’utente partecipa, più acquista punti che si trasformano in badge, ovvero in medagliette che si sbloccano superati certi livelli e che appaiono sulla pagina del profilo dell’utente, come se fossero gradi su una divisa militare.

un esempio di badge

L’aspetto giocoso legato a un conflitto con morti e feriti ha suscitato sdegno nella comunità dei blogger e del pubblico attivo della rete, rimbalzando di blog in blog. Lo stesso Haaretz documenta le reazioni internazionali alla propaganda israeliana in salsa social, citando i commenti critici.

Ho provato a registrarmi e a verificare direttamente il meccanismo del gioco, ma in questo momento tutto il blog sembra avere problemi tecnici, forse dovuti all’elevato traffico a cui è sottoposto il sito in queste ore. In ogni caso alcune delle pagine sono raggiungibili dalla cache di Google. Un portavoce IDF ha risposto ad alcune critiche sull’operazione relativa alla gamification del blog, ribadendo che il tutto è mosso da motivazioni molto serie, rigettando ogni ipotesi che il tutto fosse volto a minimizzare l’impatto della manovra su Gaza:

In no way is ‘IDF Ranks’ meant to gamify Operation Pillar of Defense or any military actions during the operation. We embarked on the operation for serious reasons – Israeli civilians have been the target of rocket fire for over a decade – and we continue to see it with the utmost seriousness.

Un grazie a Michele Aggiato per la segnalazione del link da cui ha preso spunto l’articolo.

http://www.huffingtonpost.it/luca-conti/israele-premia-i-soldati-_b_2156901.html?utm_hp_ref=italy