PICCOLI ODIATORI ITTICI SUICIDATI CON IL CONCORSO DI BENETTON E TOSCANI —– GRANDI ODIATORI “PROGRESSISTI” E I LORO ASSALTI AL VOTO IN IOWA, ALLA CINA, AI 5STELLE, ALLA LEGGE UGUALE PER TUTTI

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/02/piccoli-odiatori-ittici-suicidati-con.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2020

 

USA: onta del partito dell’odio, caro agli odiatori nostrani

Trump, il più odiato dagli odiatori seriali. Nelle primarie Democratiche dello Iowa ennesima vittoria di Trump, a dispetto dei tanti ricatti accettati e subiti, sul duo Deep State-Partito Democratico delle guerre al mondo, del Russiagate sgonfiato e dell’impeachment fallito. Ora il presidente, vincitore tra i repubblicani con oltre il 90%, appare lanciato, dai successi economici e dall’occupazione mai così alta, verso il secondo mandato. Una presidenza che si spera più aderente alle promesse di distensione e multilateralismo che avevano portato alla disfatta di Hillary, la gorgone venerata dal “manifesto”.

La campagna del 2016, fu condotta dalla cosca Obama-Clinton con una pletora di metodi sporchi contro il più o meno sinistro Bernie Sanders, prima ancora che contro il pronosticato sconfitto Trump (per il quale fu inventata la grottesca balla dell’intervento russo). Con il nuovo sabotaggio di Sanders da parte del solito Comitato Nazionale Democratico, per eliminare un concorrente sgradito al sistema plutocratico e guerrafondaio, i democratici sono ricorsi a trucchi scandalosi, screditandosi davanti ai loro elettori e facendo ridere il mondo intero. Un risultato che aveva subito visto vincere Sanders (poi confermato per numero di voti) è stato oscurato per giorni di traccheggiamenti e, poi, attraverso l’imbroglio di una app fornita da un miliardario sostenitore del Partito Democratico, Reid Hoffman, stravolto a favore dell’outsider di Sistema, Pete Buttigieg, per supposta prevalenza di delegati.

Il candidato “progressista” caro a Wall Street, alle piattaforme e al “manifesto”

Zuckerberg e Buttigieg

 Chi è Buttigieg? Ex-sindaco di una cittadina nell’Indiana, si definisce progressista ed è finanziato da molti bonzi di Wall Street, gay dichiarato e militante LGBTQ, sostenitore all’estero delle guerre USA, ma anche delle migrazioni di massa, e quindi di Soros, del neoliberismo e delle assicurazioni private per la sanità in casa. Soprattutto candidato preferito e amicissimo del re di Facebook che controlla tutti noi, Zuckerberg. Con tali requisiti dai nostri sinistri è preferito  all’”estremista radicale” Sanders, subito abbandonato. E, con Marina Catucci ancora provata dalla dolorosa dissolvenza della virago assassina della Libia, per cui tanto si era spesa, subito il “manifesto” gli ha dedicato un ritrattino corredato di alloro e profumato d’incenso.

Tale è lo stato della democrazia nella nazione, guida dell’Occidente. E tale è lo stato del “quotidiano comunista”. Se ne saranno accorti i quattro scornacchiati ancora impegnati a fornirgli foglie di fico?

Buoni e cattivi per la “nazione eccezionale”

Come tutti sanno, gli Stati Uniti sono la “nazione eccezionale”, cui è stato assegnato “il destino manifesto” di sostenere i buoni e abbattere i cattivi. I buoni trovandosi dunque quasi tutti negli stessi Stati Uniti, con particolare concentrazione tra i ricchi e i democratici e un anomalo residuo di cattivi raggruppatisi attorno a Donald Trump e tutti gli altri cattivi a rovinare il resto del mondo. Di buoni ne sono rispuntati alcuni in America Latina, ce ne sono sempre stati parecchi in Europa, pochini nella periferia dell’Asia, una ridotta di buoni rifugiatisi in qualche ONG. Scarseggiano, i buoni, in Africa, quando non s’imbarcano su carovane e gommoni, mentre non ce ne sono quasi in Medio Oriente, fatta eccezione per i curdi, meglio se femmine, e mezza dozzina di corone arabe lucidate a petrolio.

Chiodo scaccia chiodo, odio scaccia “odio” e bue odia asino

I maestri odiatori sono bravi quanto il bue che dà del cornuto all’asino. Invertono i fattori dell’equazione, denunciando come odiatori i da loro odiati perché divergenti dal pensiero unico – e fisso, come certe stelle – degli odiatori. Nella colonia imperial-atlantista dei media, dove al rintronamento degli allocchi convinti di essere “de sinistra” ci pensa il “manifesto”, ci si è fatti le ossa in dieci anni di odio per i 5Stelle. Specialmente per certe anacronistiche pretese, come far passare qualche soldo dall’alto, dove sta bene, al basso, dove è sprecato, o come sconvolgere l’assetto sociale all’insegna del populista “la legge è uguale per tutti”. Pessima legge antica che impedisce agli avvocati (e a certi giudici) di guadagnarsi la pagnotta aiutando persone di buona famiglia, con nel curriculum qualche marachella, a farla franca.

Ci si è data buona prova di sé nell’odio per chi non condivide la liberazione di disperati dai loro paesi d’origine, dalle loro comunità, terre, foreste e miniere, resa possibile su appuntamento (detto naufragio) con i trafficanti. Quelli che insistono per rimanere, siriani, libici, iracheni e molti altri, vanno odiati nel loro stesso interesse e, a questo scopo ci si può avvalere di odiatori di complemento come Al Qaida, Isis e curdi. Quanto agli arabi in generale, visto che tutti sono semiti e in prevalenza musulmani, ecco che in questo caso licenza piena è accordata all’antisemitismo e alla virtù laica dell’islamofobia.

Dall’odio, per Russi e Cinesi, nasce cosa. Magari nucleare.

L’Ordine degli odiatori, ben visto anche in Vaticano, da tempo si esercita alla grande sulla Russia. Vedrete cosa ci aspetta dalle prossime presidenziali USA, se non dovesse passare uno pronto a sparare l’atomica su Mosca. Dalle ceneri del Russiagate sorgerà l’Araba Fenice di Putin che, in prima persona, hackererà tutti gli smartphone dei Democratici facendosi passare per George Washington che dice agli elettori di votare Trump. Oggi, però, visto l’esito funebre del meschinello Russiagate, l’odio, cavalcato al volo un virus dal muso giallo, cattivissimo come dimostrano gli occhi a mandorla, si riversa sulla Cina.

Per la Cina, nazione che si avvia all’egemonia mondiale della comunicazione digitale e, con la Via della seta, alla connessione infrastrutturale con mezzo mondo, per grandi scambi tra nazioni sovrane, paura e odio sono al parossismo. E al nostro establishment democristo-massonico-sorosiano, di arlecchini servitori di tutti i padroni, va riconosciuto il primato dell’isteria allarmistica. Dichiarano di evitare il panico e lo seminano a piene mani per quella che è con ogni evidenza la guerra alla Cina, con i mezzi della diffamazione e del sabotaggio economico. I media sono arrivati perfino a negare alla Cina e attribuire ai ricercatori dello Spallanzani l’isolamento del Corona virus (mentre gli stessi scienziati di quell’istituto, seri, hanno riconosciuto la primigenitura cinese. E il Fatto Quotidiano, principe delle fake news atlanticiste, ha approfittato del virus per pubblicare un paginone di veleni del ragazzo Yoshua Wong, caposquadrista di Hong Kong e referente degli Elmetti Bianchi, specialisti di False Flag chimiche in Siria, inventati e pagati dal colonialismo anglosassone.

Un’epidemia influenzale che nella Cina dalla sanità gratuita, con1,4 miliardi di abitanti, sta arrivando a 500 vittime, negli Stati Uniti dalla sanità a pagamento, con 327,2 milioni, nello stesso periodo ne ha provocato10mila. In Cina si è reagito con efficienza incredibile, isolando in pochi giorni il virus e allestendo un sistema di isolamento e intervento sanitario (due ospedali da 1000 posti in dieci giorni) da far crepare di invidia e odio chi sull’ebola in Congo e Africa Occidentale e sul colera in Yemen, da anni ci fa affaroni minerari, petroliferi e agroindustriali al costo di far fuori intere popolazioni.

Odio per il primo della classe?

Russia, Cina e loro complici, statuali e non, sono, come confermano i militanti della nostra stampa embedded (messa a letto) nelle alcove dell’Occidente, tutti paesi e genti di cui gli USA dovrebbero sbarazzarsi, vuoi a forza di terroristi islamici, vuoi sommergendoli di odio globale, vuoi a colpi di nuove atomiche “tattiche”, all’uopo ammodernate e già piazzate tutt’intorno al continente. E pure tra i piedi nostri che, però, marciano in entusiasmante sincrono con l’orologio degli scienziati, sul quale ora mancano 100 secondi alla mezzanotte nucleare. Tuttavia, con Conte, PD, la CEI, le ONG, tutti gli altri, compresa la frazione M5S che ci ha ripensato, compresi i sopravvissuti dei deprecati campi, non ci diamo il minimo pensiero circa la nostra identità di bersaglio atomico e la conseguente eventualità di precedere l’apocalissi promessaci da Greta. Siamo sempre stati un paese felicemente spensierato.

Sardine, odio ch’a nullo odiato odiar perdona

 United Colors of Benetton

Si vanno intanto estinguendo, e non per ragioni climatiche, le Sardine, odiatori di ultima generazione, però con tanto bon ton. Del resto, freschi di giornata a novembre, cosa vi aspettate di trovare sul banco tre mesi dopo? Basta, per illustrarci l’ultima trovata del miliardario ebreo-ungherese andata in putredine, la Sardina bolognese parlante, dall’ippodentatura e dalla chioma arricciata a 2000 volt. Si erano specializzati in odio al profumo di gelsomino per tutto ciò che, più rozzamente, odiavano i giusti, i buoni e i beneducati. Santori, da odiatore dei regressivi contadini lucani e pescatori dell’Adriatico, in quanto sostenitore di quante trivelle possano bucare Basilicata e Adriatico, a odiatore di spericolati viaggiatori su ponti ASPI, nel selfie con chi da autostrade, viadotti e guardrail trae miliardi pubblici e morti private. A odiatore anche di indigeni renitenti al progresso, sempre nel selfie con chi nelle pampas argentine, sottratte ai Mapuche, alleva pecore e disleva popolazioni. Infine, a odiatore di passeggeri frettolosi, nel selfie con chi fa di aeroporti, stazioni e autogrill dei suk disfunzionali per fondisti affetti da shopping-dipendenza.

Chi di odio ferisce, di selfie perisce

Il bacio della morte a quest’ultimo tentacolino del noto finanz-filantropo ungherese glie l’hanno dato Luciano Benetton e il suo fotografo di corte Oliviero Toscani (“Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola!” Così Toscani nella trasmissione “Un giorno da pecora”, Radio1). Pensate come ci sono rimaste tutta la scemenzeria e tutta la sorosianeria italiote, tutti uniti nell’odio per chi si rifiuta di entrare nel gorgo del pensiero unico, da papà PD al pappagallino mediatico “il manifesto”, fino all’intellighenzia de sinistra alla Marco Revelli o Massimo Cacciari.

Petrosardina, pontiere e fotografo di corte

Legge uguale per tutti? Quando mai!

Esce da questa costellazione di smisurati buchi neri e di pochi corpi luminosi un ulteriore flusso d’odio, di tale impeto da provocare la rottura degli argini. E’ l’odio per un concetto che, dal Codice Napoleonico in qua, rompe le palle con quell’utopia farraginosa e prevaricatrice dell’ordine naturale delle cose che sarebbe “la legge è uguale per tutti”. Utopia recuperata dal 1848  che offese principi e papi e lanciata contro signorie e borghesie dai  meritevolissimi di odio Cinquestelle, protettori di barboni, lazzaroni e perdigiorno. Principio che i barbari del Nord hanno tutti, non solo sancito, ma osservato e praticato come fosse, questa sì, legge naturale. Da tempi immorabili hanno garantito l’assenza di una prescrizione tale da allungare i processi fino a quando, dotati di avvocati e mezzi, signorie e signori no ne uscissero intonsi e giustamente ricompensati. Tipo Andreotti, col suo despotismo di velluto, sostenuto da mafia e Chiesa, tipo strage di Viareggio, sterminio Eternit da amianto, Taranto avvelenata a morte, Berlusconi degno follower di Andreotti, in una dinastia che si dipana dalla nascita della Repubblica ad oggi.

C’è l’immenso grumo di odio per chi stravolgendo l’ordine delle cose, nega immunità e impunità a chi la merita per censo e se l’è guadagnata spendendo fior di quattrini a sostegno dell’irrinunciabile categoria degli avvocati delle cause vinte. Un grumo malavitoso, mafioso e “civile”, con la testa maleodorante del pesce infilataci a mo’ di vessillo, che, non si sa come, era sfuggito allo schermo di equità giuridica con il quale certa Europa copre i purulenti ristagni del suo malaffare, che scendendo per li rami, hanno infettato un po’ tutta la nazione.

Legulei, avvocaticchi, giudici tipo quello del paese di Acchiappacitrulli, che manda in galera Pinocchio in quanto osa denunciare il furto dei signori Gatto e Volpe, sinistri da bassifondi sorosiani, persino presunti custodi della Costituzione che, se ci fosse una Corte Costituzionale senza gli Amato, li manderebbe per stracci, garantisti nel nome di una civiltà giuridica come quella di colui che disse “la loi c’est moi”, tutto un universo mediatico con le tastiere lubrificate a odio per il volgo, si sono avventate sul primo ministro in assoluto che si sente ed è della Giustizia. Odio di avvocati terrorizzati, ancora più che dalla prescrizione bloccata, dalla riduzione dei tempi del processo penale, a cui Bonafede sta pure lavorando. Quanti studi chiuderanno scomparsa la greppia?

C’è una dimostrazione di odio di classe che, a sentirsi tale classe minacciata nel privilegio di poter tarare la bilancia del diritto a suo favore e in odio ai burini da basso, è quella che si va consumando nel parlamento della più alta percentuale di malavitosi, corrotti, corruttori, pregiudicati, processati, inquisiti, denunciati, mafiosi dell’intera Europa. Tutti, nelle varie forme partitiche e col supporto del sistema mediatico dell’odio sinistro e destro, all’assalto di Bonafede, come il prussiano Blücher con la sua cavalleria contro Napoleone (e fu Waterloo e la restaurazione).

Si sono fatti le beffe, gli odiatori, ma anche presunti sodali e simpatizzanti, della parola d’ordine “onestà”, centrale tra tutte le leggi mosaiche su cui si è fondato il MoVimento. Perno epocale di una scelta di civiltà. Inscindibile dalla parola libertà. Molte delle idee guida sono state dimenticate, lasciate nel fosso al lato della via, addirittura tradite. Ma quella è una delle rimaste, intatte e robuste. E’ intorno a questo fulcro che ci si gioca un futuro alla Benetton, o alla Davigo. Qualcuno parla di M5S “residuale”. Ce ne fossero. L’errore peggiore? Il via libera al traghettatore consacrato alla camicia nera Padre Pio. Traghettatore da un principio di civiltà e uguaglianza a uno prono a ogni rivalsa vandeana. Proprio come quei traghettatori che “salvano” deportati dalla patria, con gli strumenti del ricatto e dell’illusione, e consegnati alla schiavitù in terra aliena con lo strumento della carità.

Fuori dal palazzo, a parte lo strepitio tossico degli odiatori di carta e schermo, c’è silenzio. La gente guarda ammutolita. Quando non si sente paralizzata dal Coronavirus. E’ paura, rassegnazione, è sospensione davanti alla porta della tua squadra minacciata dal goal? A sostegno dei Cinquestelle e di questa lotta, come occorse al tempo del TAV, altro nodo cruciale troppo leggermente lasciato sciogliere, occorrerebbe una Valsusa di dimensioni nazionali, una mobilitazione di piazza in piazza, tribunale in tribunale, scuola in scuola, rete in rete, a difesa di Bonafede e dei suoi. Per non lasciarli soli, anche rispetto a chi finge di stare di qua, mentre sta già di là. Come si sono fatti lasciare soli al tempo del TAV. Altro che legulei e chi si spippazza trovando mille peli in ogni uovo e scambiando per nemico del popolo il M5S anziché tutti gli altri. O quelli che, più bravi dei Nobel che hanno scisso l’atomo, scindono in mille frammenti di buono, o meno buono, o difettoso, quanto i pentastellati hanno fatto o vogliono fare, a dispetto delle cadute e inversioni di marcia: reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota 100, revoca autostrade, stop trivelle, spazzacorrotti, taglio pensioni d’oro, taglio vitalizi…..

Ora gli odiatori di queste cose le vogliono cancellare tutte. Chi invochiamo? I grilli parlanti, le Sardine, Bersani, papa Francesco, o la civilissima UE, territorio di eunuchi, briganti e lobby dell’odio?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:18

Comunicato Stampa 5 febbraio 2020 – CONTE: il 2020, anno decisivo nella battaglia sul clima ||| La Torino-Lione è climaticida

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

5 febbraio 2020

www.presidioeuropa.net/blog/?p=21182

CONTE: il 2020, anno decisivo nella battaglia sul clima

Largo spazio alla partecipazione dei giovani e della società civile

La Torino-Lione è climaticida

Ieri a Londra, nel corso dell’incontro con Boris Johnson per la presentazione della Conferenza sul clima COP26 che il Regno Unito organizza in partnership con l’Italia nel mese di novembre a Glasgow, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato che “il 2020 deve essere l’anno decisivo nella battaglia sul clima“.

Conte ha annunciato  durante il punto stampa (al minuto 0’34”) che nel quadro di questa battaglia “daremo molto spazio alle istanze dei giovani e alla società civile negli eventi che organizzeremo a Milano dal 28 settembre al 2 ottobre 2020 in vista della COP26”.

È noto che queste istanze portate avanti dal basso guardano alla conversione economica come mezzo per giungere alla circolarità nei processi produttivi, stabilizzando i flussi di merci e di persone.

Appare quindi evidente che le politiche dei trasporti non possono essere trattate indipendentemente dalle strategie economiche.

In questo senso il Movimento No TAV, che da trent’anni si oppone all’insensato progetto Torino-Lione, rivendica il suo ruolo di protagonista nella battaglia civile a difesa dell’ambiente, per il buon uso delle risorse pubbliche e contro i cambiamenti climatici.

Se il Presidente Conte vuole vincere quest’anno la battaglia sul clima, per coerenza non può che riconoscere che la Torino-Lione è climaticida e dovrà quindi fermare il progetto.

Le cittadine e i cittadini dalla Valle Susa fino alla Sicilia gli riconosceranno in quel momento il ruolo di avvocato difensore del popolo italiano che rivendica.

COMMENT ON A DESTABILISE LA CENTRAFRIQUE (II). LE TEMPS DES COMPLOTS CONTRE TOUADERA

 

La déstabilisation de la Centrafrique expliquée par la Géopolitique, la Science du XXIe Siècle…

Partie II sur https://vimeo.com/388303901

vignette geopol rca II

# CENTRAFRICA-NEWS-TV/

GEOPOLITIQUE/ LUC MICHEL:

COMMENT ON A DESTABILISE LA CENTRAFRIQUE (II).

LE TEMPS DES COMPLOTS CONTRE LE PRESIDENT TOUADERA

(ZOOM AFRIQUE DU 30 JANVIER SUR PRESS TV, IRAN)

* Press TV :       

Samedi, des violences ont éclaté dans la ville de Bria, dans l’est de la Centrafrique, entre les membres d’un groupe de l’ex-Seleka. Des violences définies par RFI comme étant à caractère ethnique.

Luc Michel, géopoliticien nous a expliqué dans un premier temps ce qui était en train de se passer en RCA lors de l’émission d’hier. Écoutons maintenant la deuxième partie de son analyse.

* Voir aussi LUC MICHEL :

GRAND REPORTER EN CENTRAFRIQUE

Sur https://vimeo.com/379417212

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COMMENT L’AXE USA-FRANCE MANIPULE LA DESTABILISATION DU SAHEL ? (ZOOM AFRIQUE DU 29 JANVIER SUR PRESS TV)

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COMMENT L’AXE USA-FRANCE MANIPULE LA DESTABILISATION DU SAHEL ? (ZOOM AFRIQUE DU 29 JANVIER SUR PRESS TV, IRAN)

Sur https://vimeo.com/388263178

VIGNETTE SAHEL

Sahel : nouveau scénario France-USA …

Alors que depuis quelque temps des infos apparaissent sur les médias occidentaux faisant état du « retrait » des forces américaines de l’Afrique et notamment du Sahel, le « monsieur Afrique » des États-Unis s’apprête à conclure une grande tournée en Afrique.

Tibor Nagy a entamé il y a deux semaines une série de voyages entre la Centrafrique, l’Éthiopie, le Kenya, la Somalie, le Soudan du Sud et le Soudan. Ce sixième passage du secrétaire d’État adjoint sur le continent doit se terminer le mercredi 29 janvier. « La France craint un retrait militaire des États-Unis dans le Sahel. La ministre française de la Défense, Florence Parly, est d’ailleurs à Washington pour dissuader les Américains de suspendre leur aide. Tibor Nagy, lui, a préféré rappeler que c’était aux pays de la région de prendre leurs responsabilités : “Les problèmes du Sahel ne seront pas réglés par la France ou les États-Unis. Ce sont aux pays du Sahel de le faire. Pour faire reculer les terroristes, vous avez besoin de bonne gouvernance, d’un retour de l’État dans l’espace abandonné par les terroristes, en apportant la sécurité, des services de santé, l’éducation. Vous pourrez avoir autant de partenaires internationaux que vous voulez, au final tout dépend de la volonté des pays concernés”, lit-on sur maliactu.

MAIS QUI CROIT À CE JEU DU CHAT ET DE LA SOURIS ?

Tibor Nagy met en garde les dirigeants africains, dans quel but ? on comprend mieux les intentions américano-françaises quand on lit l’article suivant :

“Réunis dimanche dernier à Ouagadougou au Burkina Faso, les chefs d’état-major des armées du G5 Sahel ont procédé à la révision de leurs documents-cadres. À l’issue de la rencontre, les responsables se sont entendus sur l’élargissement des marges de manœuvre des différentes armées de l’organisation. Les nouvelles mesures permettront désormais aux forces de défense des pays du G5 Sahel de poursuivre les combattants terroristes dans les pays voisins, sur 100 km au-delà de leur frontière. Jusque-là, les accords-cadres de la Force G5 Sahel ne permettaient aux pays d’intervenir que sur une bande de 50 km de part et d’autre des frontières communes.

Pour les responsables, cette nouvelle mesure permettra une meilleure flexibilité dans la mise en œuvre des opérations de la Force conjointe G5 Sahel.” Les USA menacent, la France agit. C’est ainsi que se résume cette nouvelle politique colonialiste en Afrique. En menaçant les dirigeants africains, Les USA cherchent à intimider ces derniers, afin de les pousser à s’engager dans une coopération encore plus étroite avec le G5 Sahel. On le sait depuis très longtemps : à l’ombre, les USA tirent les ficelles des politiques expansionnistes de la France au Sahel. Les deux états agissent main dans la main, mais jouent un scénario que les Africains connaissent par cœur. Le peuple africaine st loin d’être dupe et ne tombera guère dans cette nouvelle pièce, signée France-USA.

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COMMENT ON A DESTABILISE LA CENTRAFRIQUE (I). LE CHOC DES CIVILISATIONS IMPORTE EN RCA

 

a déstabilisation de la Centrafrique expliquée par la Géopolitique, la Science du XXIe Siècle…

Partie I sur https://vimeo.com/388247072

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GEOPOLITIQUE/ LUC MICHEL:

COMMENT ON A DESTABILISE LA CENTRAFRIQUE (I).

LA THEORIE OCCIDENTALE DU CHOC DES CIVILISATIONS IMPORTEE EN RCA

(ZOOM AFRIQUE DU 29 JANVIER SUR PRESS TV, IRAN)

* Press TV :       

RCA : que se passe-t-il à Bria ?

Samedi, des violences ont éclaté dans la ville de Bria, dans l’est de la Centrafrique, entre les membres d’un groupe de l’ex-Seleka. Des violences définies par RFI à caractère ethnique. Luc Michel, géopoliticien revient sur ce sujet.

* Voir aussi LUC MICHEL :

GRAND REPORTER EN CENTRAFRIQUE

Sur https://vimeo.com/379417212

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12/02, Chiomonte. Altra pagliacciata di Telt, noi ci saremo!

notav.info
agendapost — 10 Febbraio 2020 at 11:47

Anche a Giaglione sono in atto le procedure di espropri temporanei gestite da Telt.

In questo caso si tratta dei terreni interessati alla salvaguardia della farfalla zerynthia, operazione che vorrebbe rappresentare TELT come difensore dell’ambiente! Per maggiori info leggi Il cerone di unito, le pagliacciate di TELT e l’habitat della farfalla notav

Mercoledí 12 mattino alle 7,30 ci troveremo ai cancelli di Chiomonte dove TELT ha dato appuntamento alle 8,30 ai proprietari dei terreni di Giaglione per prendere visione.

Una presenza nostra per dire che ci siamo e ci saremo come è successo a Salbertrand mercoledí scorso!

PATRICK ZAKI: GIULIO REGENI 2.0, SOROS 100.0 —– SULL’EGITTO L’ODIO DEGLI ANTI-ODIO PATENTATI —– STAMPA ITALIANA D’ECCELLENZA. NON CI RESTANO CHE I SOCIAL

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/02/patrick-zaki-giulio-regeni-20-soros.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 2020

Ve lo raccomando, come difesa dall’eccesso di presa per i glutei da parte della stampa, baby

Un nuovo Regeni: è in gioco il petrolio e la Libia

Permettetimi di raccomandarvelo: è una difesa dall’eccesso di presa per i glutei

Regeni raddoppiato

Su Giulio Regeni, dopo aver proposto ai retti e onesti tutte le notizie che media e Roberto Fico occultano e che rovesciano nel suo contrario la narrazione ufficiale (come occorrerebbe fare ogni giorno), avevo scritto una lettera aperta al presidente della Camera, oggi governista ad oltranza per amore di PD. Ma l’increscioso autore del colpo di mano che ha imposto ai parlamentari di rompere ogni relazione con il parlamento egiziano, non se n’è dato per inteso. Dando così prova della sensibilità democratica che, lo comprendiamo, con compagni di merende come PD e Italia Vivacchiante, è incompatibile. Un nuovo Regeni, l’Egitto, i media, sono l’oggetto centrale dell’odio dei nostri specialisti anti-odio e, dunque, di questo articolo. Ma partiamo da lontano.

Siamo sopravvissuti agli tsunami dell’odio rovesciatici addosso, prima, dal Giorno della Memoria e, poi, da quello del Ricordo, entrambi illustratici, come suole, con la nota correttezza dagli storici e parastorici dei vincitori. Per non farci mancare niente, hanno affiancato queste intemperie a quell’altro uragano dell’odio che ci accompagna da tempo e che riguarda gli sciagurati che, fuori da ogni discussione, si meritano l’odio degli anti-odio al potere in Occidente: Russia, Cina (oggi capolista), Siria, Iraq, Iran (sul quale si va esercitando, con particolare perizia Bilderberg, il promotore di Draghi presidente: Stefano Feltri del “Fatto”). Quanto alla Cina, oggi sottoposta a un prodromo di guerra in chiave economico-mediatica-occidentocentrica su base batteriologica, ci possiamo vantare di essere, con l’eccellenza clerico-atlantista Conte Bis, più realisti del re. Primi e, dopo giorni, ancora unici in Europa, nonostante l’OMS l’abbia ritenuto inutile, abbiamo imposto il blocco per un’epidemia influenzale che, nella sua forma in Cina (1,7 miliardi), ha ucciso quasi 800 persone e, nello stesso periodo, in quella degli USA (320 milioni), 10.000.

Ritocca all’Egitto, capofila arabo

Ma da domenica, 9 febbraio, è tornato alla ribalta un altro oggetto di sacrosanto odio, all’ennesima potenza a partire dall’insurrezione popolare che, nel 2013, ha cacciato Mohamed Morsi, il Fratello Musulmano della Sharìa per tutti, degli scioperi operai per nessuno e delle fiamme alle chiese cristiano-copte. Il reprobo di turno da anatemizzare è l’Egitto di Al Fatah al Sisi. Una nazione tornata alla laicità, all’amicizia con Mosca, di nasseriana memoria, al sostegno a una Libia in corso di riunificazione e riscatto sotto il governo di Tobruq (l’ultimo regolarmente eletto e, perciò, non riconosciuto dalla “comunità internazionale”), per mano del generale anti-Isis, Khalifa Haftar.

L’Egitto, come tutti sappiamo è, insieme a Siria, Algeria, Sudan e Libano, uno degli Stati arabi ancora non comprati, o annientati, dai colonialisti di ritorno a guida USA. Algeria, Sudan e Libano sono stati capaci, a forza di elezioni stravinte, di neutralizzare l’ennesimo tentativo colonialista di regime change alla Otpor-Soros. “Rivoluzione” affidata a manovratori di gente scontenta, strumentalizzata e spesso pagata e, in Algeria, dopo gli islamisti degli anni ’90, ai soliti berberi, quinta colonna francese fin dai tempi della liberazione.

L’Egitto, tuttavia, ha un’altra caratura. Dai tempi del liberatore Nasser, lo Stato-pilastro del panarabismo laico, strategicamente e geopoliticamente centrale per dimensioni storiche, geografichje e demografiche e ora anche per risorse energetiche, è rimasto l’unico vincitore netto della prima “Primavera Araba”, il più importante tentativo di sovvertire uno Stato sovrano in termini non militari, ma sociali e terroristici. Fallito il primo, con la sconfitta dei Fratelli Musulmani (FM), partoriti negli anni venti dalla reazione colonialista al nascente panarabismo laico e socialista, si è passati al secondo. Di nuovo con i FM, ma stavolta eminentemente in chiave terroristica, con il braccio armato jihadista dell’ISIS, impegnato in una sanguinaria guerriglia in Sinai, con le spalle coperte da Israele e con attentati contro esponenti delle istituzioni, a partire dei vertici della magistratura, che richiamano le stragi di civili e turisti, compiuti dai FM in decenni passati.

Si tratta di Libia e di Zhor

Vi annoio con un brevissimo sunto. Contro questo Egitto si scatena la canea vandeana di chi si vede sfuggire un importante pezzo del centro strategico del mondo, il Mediterraneo tracimante di petrolio e crocevia tra Est e Ovest, Nord e Sud. A punirlo per la estromissione a furor di popolo (20 milioni in piazza contro Morsi vincitore con il 17% degli aventi diritto in elezioni boicottate da tutti) del despota integralista, emerge il solito strumento dei “diritti umani”, brandito dai peggiori violatori di tali diritti. Giulio Regeni, ricercatore preso l’Università Americana del Cairo, scompare il 25 gennaio 2016 e viene ritrovato in strada, torturato a morte, il 3 febbraio.

Come con Enrico Mattei

Elementi che qualsiasi inquirente e giornalista prenderebbe in massima considerazione, ma che da noi vengono pervicacemente ignorati. Il giorno del ritrovamento di Regeni è quello in cui una missione del nostro ministero dello Sviluppo, con decine di rappresentanti delle maggiori industrie italiane, si incontra con Al Sisi per siglare contratti per miliardi, compreso quello per lo sfruttamento da parte dell’ENI di Zhor, il più grande giacimento di idrocarburi del Mediterraneo. Gas che renderà l’Egitto indipendente ed esportatore sul piano energetico e a noi fornirà approvvigionamenti certi. Non ne sono per niente contente le grandi compagnie petrolifere anglo-franco-americane. Fregate come dall’ Enrico Mattei degli accordi con l’Iran di Mossadeq. Seguiranno esiti non dissimili. L’incontro al Cairo salta.

Uno dei più attrezzati servizi segreti del mondo avrebbe fatto ritrovare un corpo da esso orrendamente mutilato, al lato di una strada principale, l’avrebbe buttato tra i piedi del suo presidente nel giorno del contrattone con il paese di cui il soggetto era cittadino. Tanto per favorire gli accordi…. Un’intelligence di cretini, tafazzisti, o Fratelli musulmani ostili al loro capo. Sciocchezze da escludere a chiunque non abbia la sciocchezza o i motivi di accusare il governo egiziano.

Cosa cercava il ricercatore italiano?

Il giovane Regeni aveva un passato da esplorare con cura. Mai fatto. La sua formazione inizia negli Stati Uniti sotto il patronaggio di ambienti dell’intelligence. Il suo lavoro prosegue nel Regno Unito al servizio di una centrale di spionaggio e commercio dati più illustre della notoria Cambridge Analytica (scandalo Facebook), la Oxford Analytica. Una potente e oscura multinazionale fondata e guidata da tre dei più illustri esponenti di un simpatico “milieu” alla marsigliese: Colin McColl, già capo dei servizi britannici, David Young, già assistente di Kissinger e John Negroponte, già ambasciatore Usa, ma soprattutto creatore degli squadroni della morte in Centroamerica e Honduras. Un aspetto trascurabile del curriculum del giovane, vero?
John Negroponte, Hillary Clinton

Al Cairo lo imbarazza un sindacalista dell’economia informale, agente della Sicurezza sotto copertura, Mohamed Abdallah, che Regeni riteneva utile a fornirgli contatti con elementi dell’opposizione. Invece l’agente lo controlla e alla fine lo inchioda con un video in cui, alla richiesta provocatoria di Abdallah di un aiuto per la madre ammalata di cancro, Regeni risponde con un diniego e poi con l’offerta di 10.000 dollari (di chi?), ma non per il caso umano, bensì per un “progetto”. Sovversivo? Il resto sono chiacchiere vane e fatti sepolti sotto il profluvio delle accuse senza base. Solo borbottio, dell’Egitto, dell’Università di Cambridge dalla quale Regeni dipendeva e anche degli inquirenti della Procura di Roma. Silenzio, ma tra enormi boatos propagandistici sull’Egitto dittatoriale, torturatore, decimatore del suo popolo. Silenzio sui danni che vanno facendo questi boatos all’Egitto turistico e geopolitico, sui favori che questi boatos vanno facendo ai concorrenti dell’Italia nei rapporti con l’Egitto. Modello Libia di Gheddafi e poi di Al Serraj. Siamo sempre stati bravi a offrire gratis vasellina a chi non ci vuole troppo bene.

Pensate, i rimbrotti riservati a Erdogan, padrino dei tagliagole in tutto il MO, sono carezze rispetto all’esecrazione di Al Sisi. Nonostante che, con disprezzo assoluto per tutti e per ogni legge, il sultano pirata s’è preso la fascia del petrolio che congiunge la Turchia alla Libia. E’ che lui, alla faccia della dabbenaggine dei russi, resta solidamente incastonato nel consorzio imperialista della Nato. E gli USA lo sanno e lasciano fare. E lo sappiamo anche noialtri, che ce lo lasciamo fare.

Ma silenzio soprattutto su due elementi che neanche il fratello scemo dell’ispettore Clouseau avrebbe ignorato. Botta all’Egitto: un cittadino del paese estero privilegiato, dai servizi egiziani rapito, ucciso e fatto ritrovare nel giorno degli accordi tra i due partner. Botta ai mandanti di un possibile provocatore smascherato e quindi bruciato e quindi da eliminare, possibilmente attribuendone la paternità al governo da provocare. Vi stupite che i rispettivi governi con le loro magistrature, presi in questo pasticcio che coinvolge alleati potentissimi, traccheggino da quattro anni e non sappiano come uscirne? Dando libero campo. con inchieste parlamentari, articoli alla stricnina, striscioni, ai Bonino, Manconi, Colombo, Fico, sindaci vari e media tutti, a una delle più feroci campagne d’odio contro un altro paese e di danno al proprio che si siano mai viste.

Lo spirito di Hillary nei media italiani

A sostegno di tutto questo c’è un terzo elemento rigorosamente occultato. Quando Amnesty (figuriamoci, sono quelli che mostrificano tutti coloro che gli Usa devono far fuori) e, al seguito, “il manifesto” e gli altri parlano di decine di migliaia catturati, spariti, uccisi, ci devono far pensare a gente come te e me e nostri parenti e amici. Mica a migliaia di jihadisti dell’ISIS messi in campo dai Fratelli Musulmani, loro storica espressione politica e ora lanciati contro l’Egitto in una vera e propria guerra pseudo-civile del terrorismo provatamente affiliato e devoto alle Potenze occidentali, che continua dalla caduta di Morsi e prosegue con l’eccidio di centinaia di civili e soldati egiziani, soprattutto nel Sinai. Terroristi in guerra contro lo Stato fatti passare per innocenti civili colpevoli di dissenso. C’è, in questo, una spudoratezza paragonabile alla sghignazzata di Hillary Clinton quando annuncia il linciaggio di Gheddafi.

Spuntano quelli di Soros

Ebbene ci risiamo. Alle celebrazioni per Regeni e agli anatemi contro il “dittatore”, ora si affianca, rilanciando quelli, una campagna altrettanto violenta per l’arresto di Patrick George Zaki, studente a Bologna, rientrato in Egitto, fermato all’aeroporto ed, entro la nottata, trasferito nella sua città natale Mansura dove gli è stato confermato un fermo di 15 giorni e dove ha potuto incontrare legali e famigliari. Vi risparmio i miei commenti. Parlano da soli i titoli che riproduco e che riproducono il solito unanimismo di regime tra giornaluccoli come i sovvenzionati “il manifesto” o il “Foglio”, in edicola in virtù di chi non li compra, alle grandi testate main stream, vanto dell’FNSI, come di Usa, UE e Nato.

Aggiungo solo, per deontologia, un dovere da rintracciare nei meandri di incunaboli antichi, che non c’è un filo di verità nelle accuse di torture, bastonate, frustate per ore con cavi elettrici, elettrochoc, riferite ai carcerieri egiziani. I legali di Zaki, studente di questioni di genere, hanno riferito: “Zaki era molto provato, abbiamo parlato del caso giudiziario e di ciò che è successo”. Punto. Che sia “provato” è comprensibile. Il resto è fuffa. Sembra quasi un comunicato ufficiale della Questura, spedito ai giornali. Ma l’hanno detto un amico, una sorella e Mohamed Lotfy, amico di Zaki e direttore di un’associazione dei diritti umani. Tutti senza aver avuto un minuto di contatto con la “vittima”.

Infine, non è forse del tutto sprecato che si sappia che, in una foto diffusa da La7, dietro al volto di Zaki appare, appeso alla parete un poster con il pugno reso indimenticabile da Otpor a Belgrado e, poi, in tutte le “rivoluzioni colorate”. Zaki è membro dell’EIPR. “Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona” che si occupa in prevalenza di questioni di genere e di impedimenti alle pratiche religiose per motivi di laicità dello Stato. Dalle sue pagine internet si evince una stretta relazione con “Freedom House”, uno dei Think Tank neocon impegnati, come la Cia e NED, nella sovversione in paesi disobbedienti. EIPR ne ha preso le difese quando è stata multata per aver violato il divieto di farsi finanziare da enti stranieri. Divieto che ha visto inquisite altre 13 organizzazioni per i diritti umani, in parte legate a Soros. Hassam Baghat, fondatore di EIPR, nel 2010 ha ricevuto il premio per “Attivismo Straordinario” da “Human Rights Watch”. I comunicati di EIPR sono riportati e diffusi dalla “Open Society Foundation” di George Soros.

https://www.atlanticphilanthropies.org/wp-content/uploads/2016/04/Resource_Doc_Human_Rights_and_International_Justice_Report.pdf

A questo link troverete il lungo elenco delle organizzazioni sorelle che nel mondo collaborano per i “diritti umani”. Accanto a Open Society di Soros, Amnesty International, Human Rights Watch, Riockefeller Foundation, Ford Foundation, Avaaz e altri esperti castigatori di nemici dell’Occidente, chi trovate? “Egyptian Initiative for Personal Rights” (EIPR) di Patrick George ZakySono sorprendenti le misure cautelari delle autorità egiziane? Sorprendono le accuse di nequizie subito sparate dai media? Ne va di Zhor, ne va della Libia, ne va di più migranti, né va di diritti umani come visti dal colonialismo. Tout se tien.

Facebook ti banna, Google ti censura, Twitter ti cancella, Instagram ti esclude. Tutto vero, tutto bruttissimo. Ma di fronte a questa stampa-tv, che il cielo ci preservi i social media!

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:33