ODIATORI DI SISTEMA SCATENATI —– A CHI GIOVA LA STRAGE DI TURCHI IN GERMANIA (E DI TUTTI GLI ALTRI TERRORISMI)? —– GERMANIA, UN PASSATO CHE DEVE TORNARE SEMPRE. QUELLO DEGLI ALTRI, MAI.

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MONDOCANE

SABATO 22 FEBBRAIO 2020

 

Compaiono lupi, scompaiono agnelli

Scompare la Merkel, scompaiono Schaeuble, Steinmeier, l’euro-impero franco tedesco, il massacro della Grecia, il cappio che l’economia tedesca stringe sui paesi meridionali, il protagonismo tedesco sullo squartamento della Jugoslavia, la partecipazione della Bundeswehr a quasi tutte le carneficine provocate dalle aggressioni Nato, il rinnovato colonialismo in Africa, gli scandali della Deutsche Bank. La santa Rackete che sperona navi italiane per imporre la tramutazione di popoli in schiavi.

E appare il mostro. Appaiono le cellule neonaziste nella polizia e nell’esercito, i razzisti, xenofobi, i partiti di ultradestra, inesorabilmente neonazisti, l’AFD che ruba elettori ai grandi partiti istituzionali democratici e moderati. E, naturalmente, con l’aiuto di tutti i media europei di cui ci parla Ulfkotte (“Giornalisti Venduti”, editore Zambon), tutte le belle cose istituzionali e democratiche di cui sopra e di cui questi partitoni, compreso anche lo sgabello “verde”, alle cui smanie guerrafondaie Greta ha aggiustato la gamba zoppa, vantano la paternità.

E riappare immancabilmente, doverosamente, utilmente, enorme, sull’orizzonte pangermanico, con tentacoli in tutta Europa, il fantasma del PASSATO. Quello di cui la Germania non vuole, non può (o non deve?) mai liberarsi. C’è stata un’epurazione che ha di fatto tolto di scena mezza generazione, quando le altre le aveva eliminate la guerra. Molti dei 7,3 milioni di tedeschi, su 80, che, spesso nolenti o a forza, erano iscritti al Partito nazionalsocialista, furono processati, condannati, spesso ostracizzati, salvo alcuni bonzi che si ritenne utile cooptare nei nuovi poteri. E tutti quelli che erano sopravvissuti degli 80 milioni diventarono a loro insaputa “nazisti”.

Le colpe non ricadono sui figli. Dipende dalla nazionalità dei figli

Comunque, è stato ed è, grazie alla nota teoria dell’intelletto collettivo capitalista e alla scaltrezza di certi eterni “creditori”, per cui le colpe dei padri ricadono sui figli, nipoti, pronipoti, che la parola “tedesco£ divenne sinonimo di nazista”. E c’è chi più li definiva tutti nazisti e più si sentiva antifascista e comunista. Qualche rara testa d’uovo azzardava di escludere Goethe, Schiller, Marlene Dietrich, Einstein e Marx. Perfino un Kurt Waldheim, unico segretario dell’ONU, insieme all’egiziano Boutros Ghali, che non si è fatto portalettere degli Usa e di Israele, venne politicamente e moralmente decapitato per essere stato richiamato nella Wehrmacht a vent’anni.

“Il passato che torna”

E dunque può bastare uno psicopatico come Tobias Rathjen, che si arma di una delle sue quattro pistole e di un fucile liberamente acquistati e va in giro per locali Shisha di Hanau ad ammazzare turchi e poi la madre e se stesso, per far gridare al “passato che torna”, che non muore mai, che cova in tutti i tedeschi e che ora si manifesta in tutti coloro, razzisti, xenofobi, populisti, sovranisti, ovviamente nazifascisti, che vengono visti come fuori dal politicamente corretto come definito da Popper e Soros.

Sono i miscredenti che detestano quell’apparato, tipo Vergine di Norimberga, dove quattro giustizieri UE, senza legittimazione democratica, decidono vita e morte di popoli; che non condividono che la Germania sia sotto scacco per 80 basi militari americane (da noi 90), con 40.000 effettivi, sul proprio suolo; che la Nato ne determini la politica estera, che quando ci si accorda per un gasdotto dalla Russia, Usa e Nato le impongono di toglierlo; che 11 milioni di migranti, strappati dalle multinazionali e dalle loro guerre ai propri paesi, sono troppi, che non vanno votati all’Est coloro che quella parte della “patria” l’hanno depredata, impoverita e diffamata, ma che anche il resto della Germania è stata condotta dai partiti “democratici” all’orlo di una stagnazione che arricchisce i rami in cima e fa seccare quelli sotto.

AFD, sconosciuto, ma mostro.

Non posso dire niente di più, rispetto a questi o altri punti del programma e dell’anima dell’AFD. Un giorno andrò a documentarmi. Immagino che ci sia dentro di tutto, un po’ di Lega, qualche M5S, dei crani rasati, molto SED (il partito socialista della DDR), cittadini comuni senza particolare ideologia, patrioti, tantissima ragione per protestare,  e, soprattutto, guardando all’Est stuprato e ora anche all’Ovest profittatore, c’è tantissimo disagio, rabbia. L’odio, invece, come da noi, è quello che li teme e disprezza. Vanno ostracizzati e dannati, senza neanche provare a capire.

La Turingia o il diavolo

Il problema non è mica il completamente pazzo, così dichiarato dai sanitari, ma ciononostante lasciato libero di detenere un arsenale e di sparare deliri in rete. Il problema è la crisi di una Germania in cui la fine della Merkel coincide con la fine degli anni grassi, in prima linea per i ceti subalterni, in primissima linea per i rapinati dall’annessione colonialista nell’Est. E il problema più grosso è che in un Land dell’ex-DDR, la Turingia, a seguito di altre sostanziose crescite in tutto l’Est (è già il secondo partito in Sassonia e Brandenburgo), l’AFD ha sbaragliato i partiti grossi, CDU e SPD, responsabili dello sconquasso, assieme ai portatori d’acqua Verdi. Con l’AFD al 24% e la Linke (Sinistra) prima al 31%, CDU e liberali dell’FDP si sono acconciati a condividere il governo con i “fasciopopulisti” o “neonazisti”, come li chiama il ”manifesto”, foglio abusivamente sovvenzionato dai soldi di chi non lo compra e promotore virulento di tutte le campagne sui cui ombreggiano George Soros e il Deep State.

E’ successo il finimondo. Il neopresidente Kemmerlich, FDP, ha dovuto mollare e si prevedono nuove elezioni. Dove quel quarto di elettorato AFD rischia di crescere ancora e, in democrazia (?) non si può togliere di mezzo. Ma si può diffamare e destabilizzare, anche con l’utilizzo dell’attentato di un fuoritesta. Pensate, siccome l’AFD ha dichiarato, diversamente di tutti i media tedeschi, più o meno del livello dei nostri, e per i quali si tratta dell’ennesima prova del “ritorno del passato” e dell’orda hitleriana dentro le porte, che  sia impossibile negare che Tobia sia pazzo da legare (e mai legato dai servizi, come tanti altri), ecco che “AFD” cerca di coprire il suo emissario a Hanau!!! La malafede diventa ancora più evidente tenendo conto che il fattaccio dei Shisha è avvenuto 48 ore prima delle elezioni nella città-Stato di Amburgo. Non solo, nel momento in cui AFD, sembra a buona ragione, ha chiesto il riesame dell’assegnazione dei seggi, proprio nella regione di Hanau, l’Assia, con buona probabilità che dei cinque in ballo qualcuno vada agli Alternativi per la Germania.

Merkel buona, Merkel no buona

Ma, ditemi, si può???

Stamane, RadioRai 1, al pari di tutti i media di regime, dedicava metà del giornale radio e tutti gli approfondimenti a voci accorate, indignate, tutte con il dito puntato sulla Germania che non riesce a liberarsi del noto fantasma in camicia bruna, spettro nero che, via via, torna a dotarsi di ossa, vene, sangue, fisionomia visibile e rischia di infettare noi e tutta l’Europa. Ieri, dell’eurosovrana Merkel si acclamava il fatto che aveva condotta il paese “a fare i conti col passato”, visto che era la privilegiata alleata di una Potenza che non fa che copiare e migliorare quanto caricato su Hitler, misurandosi con la sua immagine nello sfoltimento dell’umanità e dei suoi beni. Oggi, con le vesti dell’imperatrice stracciate, non è altro che un’inetta che non ha saputo tener testa ai rigurgiti neonazisti e, anzi, col suo partito CDU, con questi in Turingia ha pure fatto comunella.

Il preavviso “ignorato”

“Il manifesto”

Prima di sparare a “popoli da eliminare”, questo principio lo stragista di Hanau l’aveva esplicitato in ben 24 pagine su Internet, perché tutti ne potessero essere istruiti, compresi la polizia di Hanau, i servizi segreti, il controspionaggio, gli organi di sorveglianza del Land Assia e di tutta la Bundesrepublik. Ma, guai a buttarci un occhio e imporre a Tobias un minimo di controllo. Almeno quello che si riserva ai pazzi furiosi e violenti che si propagandano pubblicamente. Cos’era, violazione della privacy di uno che promette di far fuori popoli interi (tra cui, abbastanza incoerentemente, Turchia, Israele e Stati latinoamericani)? Oppure, nei deliri di Rathjen, c’è forse, per noi altri fetidi complottisti che non ci accontentiamo del “manifesto”, del Fatto”, della “Repubblica”, di Gruber, Zoro e Formigli, da fare una riflessioncina su quel testo messo su Internet quando dice che “i nostri paesi sono infettati da società segrete, o sotterranee, e che esiste, nello specifico, un’organizzazione segreta  che pratica lettura del pensiero, o perlomeno sa condizionarlo e che gli altera e ruba le riflessioni”. Cose da pazzi? Mica tanto Non c’è servizio segreto che non abbia esperti impegnati sul tema.

Un pazzo incontrollato?

Per gli odiatori seriali dell’Establishment oggi è una giornata campale

Deliri di un pazzo. Incontrollato, però. O controllato? Diretto? Per gli odiatori di palazzo e redazione che vanno in crisi di astinenza se non scoprono in continuazione “odiatori”, è un neonazista punto e basta, prodotto da un’atmosfera sempre più pervasa da veleni di un passato che non passa mai. Come quegli altri, di Halle, dove l’attentatore si sarebbe scagliato contro la sinagoga che, però non ha nemmeno sfiorato, quando ha sparato per strada e ucciso due non ebrei. O come l’assassino del politico CDU Luebcke, ovviamente neonazista perché anti-migranti, sempre nell’Est. Poi ci sono stati quelli della strage di Duisburg, ‘Ndrangheta, o di Monaco, iraniano, e i tanti d Francia, Belgio e Inghilterra, presunti ISIS. Senza parlare dei killeraggi seriali di massa nelle scuole statunitensi, inesorabilmente matti, o suprematisti bianchi. O, da noi primattori dello sragismo, Piazza Fontana fino a Via D’Amelio e oltre, esclusivamente  di fascisti e mafiosi (i servizi, la Cia e i massoni “deviati” passavano di lì per caso).

Terrorismo neonazista, mafioso, islamista, fascista, razzista. Schiamazzi insensati e ingiustificati di fronte a epifenomeni risivi, o ad autentiche alternative politico-sociali al degrado malavitoso e totalitario che ci assedia? Non hanno dato ampiamente dei populisti, razzisti, sovranisti e, dunque, fascisti, per anni e tuttora ai 5Stelle? Quale migliore difesa per un establishment che preserva e estremizza il suo carattere criminale e antipopolare  che  rovesciare il proprio nero e bruno su chiunque esca dal seminato. “Il manifesto” ne è la più “manifesta” e volenterosa “manifestazione”. Ara un terreno, direi un’aiuola, fertile: quella degli allocchi che lo ritengono di sinistra.  Qualsiasi occhiuto teorico della cospirazione capisce che in nove casi su dieci (calcolo riduttivo) trattasi di terrorismo di stabilizzazione dell’esistente. Come nel ’69. Con correttivi: qualche telecamera, qualche colonna infame, qualche ceppo, alcune manette, qualche spione in casa, qualche bavaglio in più. E, soprattutto, con tutto questo rigurgito di nazismo di massa, non sono che da ringraziare E questo risponde all’interrogativo nel mio titolo.

“il manifesto”

Beato quel paese che non ha passati che ritornano

Com’è che né in Francia, né nel Regno Unito, né in Belgio, né negli Usa si parla mai di “passato che non muore”, delle “radici del male che continuano a produrre i loro perfidi frutti”. Eppure, tra questi Stati non c’è chi ha tagliato più teste e sterminato più ugonotti, chi spolpava e spolpa colonie e in Algeria ha compiuto genocidi e inventati i più orridi sistemi di tortura? Non c’è chi ha arricchito la sua classe dirigente e i suoi monarchi facendo killeraggi di massa e depredando paesi e continenti per secoli e, con Cromwell, protagonista sugli irlandesi del primo genocidio? E non ci dovrebbe essere quel paesuccolo artificiale, mezzo Olanda e mezzo Francia, ma che nonostante le sue dimensioni ha saputo far fuori 20 milioni in Congo e tuttora ne facilita, a scopo di estrazione, le sue rapine e le sue carneficine?

E non ci manca forse quel grande paese, oggi delle sette guerre di sterminio, ieri del Vietnam dai 4 milioni di uccisi, dell’Iraq dei 3 milioni di morti da due aggressioni, delle colorate destabilizzazioni di Stato dopo Stato con sanzioni e golpe, dei ricatti all’universo mondo, di Guantanamo e Abu Ghraib? Quel grande paese di cui le due parti si fecero vicendevolmente a pezzi, gli uni per difendere lo schiavismo, gli altri per imporre il capitalismo?  Non sono questi i frutti sempre maturi delle radici mai recise, tra le quali si aggirano le anime di 20 milioni di nativi eliminati dalla faccia della Terra?

Macchè, i paesi del Pensiero Unico non hanno nessun passato che risorge, nessuna bonifica morale, spirituale o materiale da compiere, nessuna colpa antica dei padri ricaduta sui figli e nipoti. Non sono tedeschi. E neppure italiani, e neppure greci, o arabi, o iraniani, o cinesi, che un passato ce l’hanno. Da evocare quando serve e, guardando a Dresda o a Palmira o al Coronavirus, da distruggere quando serve.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:39

COS’È IN GIOCO CON IL GIORNALISTA DI WIKILEAKS? TUTTO! —– ASSANGE DEVE MORIRE (E NOI CON LUI) —– INFORMAZIONE, O TI VENDI, O SEI FUORI

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MONDOCANE

VENERDÌ 21 FEBBRAIO 2020

 

Julian Assange, 49 anni, nel 2018 e nel 2020, torturato in carcere a Londra

DOMENICA A ROMA, PIAZZA DEL POPOLO, ORE 16. SABATO A MILANO, PIAZZA LIBERTY, ORE 17.

In treno blindato con capotreno il Direttore

Se pensate che il giornalismo italiano abbia toccato il fondo, avete modo di aggravarvi e constatare che, oltre il fondo, c’è un sottofondo, come nelle valigie o nelle macchine dei narcos, dove ormai sguazza l’intera compagnia che deve convogliarci sui carri bestiame verso dove ci vogliono rinchiudere Bilderberg e i suoi sguatteri. Di stazioni il treno ce ne ha fatto percorrere già parecchie. Saltiamo quella fatiscente di “Regeni”, dove pare che in sala d’aspetto giacciano ancora vecchi rotoli del Mar Morto che raccontano di un giovane italiano dai suoi eliminato in Egitto perchè da agenti egiziani scoperto al servizio della multinazionale di spionaggio Oxford Analytica, diretta dall’inventore degli Squadroni della Morte, John Negroponte e, quindi, fiduciario bruciato.

Ci hanno lasciato affacciare sulla fermata “Zaki”, dove ci distribuivano giornali dai titoli cubitali su Patrick Zaki, altro giovane, stavolta egiziano, in Egitto torturato, scudisciato con cavi elettrici, elettroshockato. Lo diceva l’associazione sorosiana di cui Zaki faceva parte e, dunque, lo dicevano tutti i giornali italiani, ma nessuno di quelli egiziani, o di altri paesi. Già perché lì, come ci ha spiegato il controllore “Amnesty”, c’è la dittatura, con 60mila prigionieri “politici” (nessuno dell’ISIS che imperversa da un capo all’altro) e ne spariscono 10 al giorno e li torturano tutti, mentre da noi no. Nessun cittadino viene mai fermato, tantomeno picchiato e torturato. Solo se osa usare la formula iettatrice No Tav, o No Bellanova, oppure, evidente teppista o sovversivo, insulta il pubblico ufficiale chiedendo perché lo stiano pestando. Ma guai se qualche paese osa interferire con le nostre forze dell’Ordine, o con la nostra magistratura. Un po’ di rispetto per un paese sovrano, che cazzo!

Alla fermata successiva, “Fatto e Gabanelli”, solo una gran pila di giornali spiegazzati e buttati. A malapena si riusciva a leggere di Patrick Zaki, ma neanche più una riga su torture, scudisciate con cavi ed elettroshock, “non ce n’erano i segni visibili”, né lui l’aveva mai detto. In compenso c’erano il capostazione Travaglio e la telegrafista Gabanelli che, a dispetto di continue assoluzioni dei capi ENI, Descalzi e Scaroni, vogliono cacciarli, e magari torturarli, perché a forza di estrarre petrolio per noi italiani dai megagiacimenti egiziani di Zhor, insultano i martiri Regeni e Zaki, e questo è niente, se si pensa che, d’accordo col dittatore Al Sisi, sottraggono il business ai nostri amici americani, britannici, olandesi, francesi di Exxon, BP, Shell, Total…

Ne abbiamo passate altre, di stazioni, col treno bestiame allestitoci dal giornalismo italiano. Interessanti le fermate “Sardine 1”, “Sardine 2” e “Sardine 3”, tutte vestite Benetton, insignite del Nobel per le Gaffe e galleggianti spensierate su barchette marca Soros, in un mare di petrolio. Nella prima folle festanti e branchi di pesce. Nella seconda, pesce congelato nei banchi del mercato Soros, avvolto amorosamente in giornali come “il manifesto” o “Repubblica”, o nell’immancabile appello di Fra Zanotelli. Nel terzo, a Napoli, dove sono meno boccaloni, banchi vuoti e pesci andati a male nei secchi.

Il Regno di Mordor, patria dei media

La stampa di Mordor

Tutto questo per celebrare l’impeccabile deontologia, il votarsi alla verità fino all’estremo sacrificio, sotto la guida assennata e moralmente impeccabile di editori purissimi, grandi capitani di un’economia tesa a soddisfare i tanti bisognosi a discapito dei pochi privilegiati, che ai loro giornali allegano in omaggio pezzetti del proprio sacro cordone ombelicale. Ù

Quel treno poi, dopo molte altre stazioni, a un certo punto filava dritto, non credevamo ai nostri occhi, verso alcuni corpi legati sui binari. Vicino, sempre più vicino. Orrore!  Uno sembrava Julian Assange! A questo punto abbiamo sfondato le porte da vagone a vagone e ci stavamo avventando sui macchinisti perché si fermassero prima della carneficina. Non se ne davano per inteso…

Assange e gli altri

Ma qui incomincia la storia di Julian Assange, e anche di Chelsea Manning e di Edward Snowden e di altri che gli anglofoni chiamano “whistleblower” (fischiatori) e noi “eroi dell’informazione”, “combattenti della verità”, “Illuminatori dell’oscuro Regno di Mordor”

Coloro che pazientemente seguono i miei scritti sanno già che Julian Assange, australiano, 49 anni, è rimasto per 7 anni, dal 1911, prima protetto dal presidente Correa, poi recluso dal presidente Moreno su ordine USA, in una stanza dell’ambasciata dell’Ecuador di Londra. Vi si era rifugiato perché inseguito da un’accusa di stupro mossagli in Svezia dalla polizia che aveva alterato la deposizione di una donna in cui questa negava di essere stata violentata, e per la quale nella capitale inglese era stato fermato e poi rilasciato sulla parola. Solo dopo nove anni la Procura svedese, per l’accusa ovviamente subornata dalla Cia, ha dovuto chiudere il caso. Per sette anni non ha visto che molto raramente un suo legale, qualche amico giornalista, un gatto. Niente luce del sole. I suoi visitatori venivano illegalmente spiati da un’agenzia spagnola che ne apriva telefoni e computer e ne rubava i dati.

Su richiesta degli Usa, che ne hanno preteso l’estradizione per 17 capi d’imputazione, eminentemente di rivelazioni di segreti di Stato, spionaggio e collusione col nemico, che prevedono 175 anni di galera, cioè la morte vivente, Scotland Yard il 19 aprile 2019 irrompe nell’ambasciata (Moreno aveva ricevuto in cambio 1,5 miliardi di aiuti statunitensi), ne estrae a forza Assange e lo sbatte per 50 settimane – poi rinnovate – in una prigione di massima sicurezza, in isolamento. Isolamento che schianta la salute fisica e mentale del detenuto, tanto da far dichiarare al Relatore Speciale dell’ONU sulla Tortura, Nils Melzer, che Assange rischia la morte da tortura fisica e psicologica. In una prima udienza, il giornalista australiano appare incapace di capire le procedure, fa fatica a ricordare il suo nome. Solo su richiesta firmata dai decine di altri detenuti, ad Assange viene sospeso l’isolamento. Le sue condizioni migliorano leggermente. Al padre che, indefesso, gira il mondo per sostenerne la causa, appare invecchiato di vent’anni.

Tortura

Lunedì 24 febbraio è prevista una nuova udienza sull’estradizione e a fine maggio altre. Nel mondo, non in Italia, i colleghi di Assange nei media, sostenuti da grandi mobilitazioni popolari intensificano la lotta contro l’immane sopruso inflitto al più coraggioso di tutti noi. I carcerieri del Regno Unito e degli Usa, nell’imbarazzo per quella che è smascherata come la più criminale violazione della libertà di stampa e d’espressione, in un mondo occidentale già strangolato da mille censure e bavagli, contano di far morire Julian in carcere. Alla fine, per dribblare l’ostacolo costituito da una deontologia del Quarto Potere che si vuole cane da guardia contro il Potere e che approva ogni verità sottratta ai frodatori, sono ricorsi al mezzuccio infinitamente tentato e infinitamente fallito: Assange, strumento dei russi, perché le sue pubblicazioni avrebbero danneggiato Hillary Clinton al tempo delle elezioni del 2016, rivelandone i finanziamenti ai terroristi islamici in Medioriente. Danneggiare una come l’assassina della Libia, non è difficile. Quanto ai russi, non ne sono stati troppo contenti quando, anche di Mosca, Assange ha pubblicato almeno 800 documenti riservati su sistemi di controllo.

Chi ci rappresenta

Voglio dare massima evidenza alla circostanza, altamente lusinghiera per un paese di  lavapiatti del principe, che vede una stampa italiana tacere, o al massimo borbottare, su questo epocale tentativo di colpire uno per educarne tutti gli altri alla definitiva sottomissione in cambio di guiderdoni. Nulla di sorprendente quando in piazza per Giulio Regeni, o per qualche altra mistificazione della malapolitica, si vedono prontissimi sempre la Federazione Nazionale della Stampa e l’Ordine dei Giornalisti, con i rispettivi capoccia. Per i perseguitati in un modo che neanche Torquemada, nessuno mai. Cosa c’entrano loro con sabotatori delle menzogne del Potere, o con un giornalista che sarà esempio di verità e coraggio da qui alla fine del mondo?

Chelsea

Julian, direttore della piattaforma Wikileaks, che da due decenni rivela al mondo, con milioni di dati, documenti diplomatici e militari, gli orrori perpetrati dagli USA e dalle potenze alleate in tutto il mondo attraverso guerre, massacri come quello dei marines che mitragliano a morte, divertendosi, undici civili innocenti a Baghdad, torture, colpi di Stato, rapimenti, assassini mirati. Gran parte di queste prove gli vengono fornite da un giovanissimo analista dell’Intelligence militare, Chelsea Manning, diventato donna dopo l’arresto e tuttora in carcere, dopo sette anni e mezzo per aver diffuso documenti classificati, di nuovo, dal 9 marzo 2019, per rifiutarsi di testimoniare contro Assange davanti all’obbrobrio giuridico di una giuria segreta che non lo libererà mai. Multata di 1000 dollari per ogni giorno di continuato rifiuto, Chelsea ha dichiarato: “Non cederò mai”. Anche lei è detenuta in condizione che sono state definite inumane dal Relatore Melzer. Del resto si tratta di quelli di Guantanamo e Abu Ghraib.

Edward

A partire da Edward Snowden, rivelatore dello spionaggio Cia e NSA su tutti i telefoni e computer del mondo e che, unico a scamparla, nel 2013 riesce a rifugiarsi a Mosca, , di questi eroi dell’informazione, del rispetto per un pubblico che ha diritto di sapere, soprattutto le malefatte dei suoi governanti, la Storia del mondo può incidere sulle sue tavole del giusto e del bene, i nomi nobilissimi, le imprese esemplari. Nomi ed imprese di un giornalismo che, in Occidente, per la maggior parte, ha tradito la sua missione. Il sacerdozio al servizio del vero e del reale trasformato in codardo oltraggio e servo encomio  a vantaggio delle più brutali, sanguinarie e bugiarde oligarchie dal tempo di Johannes Gutenberg, inventore della Stampa nel 1455.

Viviamo in un mondo oscuro come descritto in Mordor daTolkien, e prima da Huxley e  Orwell, dove la segretezza è diventata un cielo come quello finto di Truman Show e la trasparenza è stata sostituita dal muro di quel film. Dove gli autori di crimini, tipo quello dell’elicottero dei marines, o i torturatori di Guantanamo, vanno liberi e onorati e chi ne racconta i delitti va in galera, o finito prima. Al processo “internazionale”, ma delle sole quattro potenze vincitrici, in base a leggi retroattive, furono impiccati 14 tra gerarchi e generali, non tutti ugualmente colpevoli.  Nessuno ha mai processato mandanti ed esecutori di Hiroshima o Nagasaki. Non si perseguono più i crimini di guerra, le obbedienze agli ordini ingiusti. Nessuno stupratore yankee di donne irachene è mai stato incriminato.

Quello contro Julian Assange è chiaramente un processo contro quanto ci resta di giornalismo non venduto e comprato. E’ la minaccia di stare in guardia, giacchè ora può capitare anche a te, se non stai ai patti dell’informazione ai tempi neoliberisti dell’oligarchia globalizzatrice e del pensiero unico e politicamente corretto. Seguirà a questa morte del giornalismo, a questa capillare vittoria della censura, la tirannide. E questa non è mai responsabile di nulla: unaccountable, come si dice in inglese. Basta che contro i dissidenti, i complottisti, i residui investigativi, i diversamente politici, si pronunci la parola “ODIO”, ed è fatta. Del resto non sapremo mai più niente.

Ora ci ritroviamo in piazza per Assange, la grandissima Chelsea, altro che Antigone, Edward Snowden, l’integrità di tutti noi. Forse non tanti qui, ma tantissimi in un mondo meno addormentato. Si vedrà se siamo riusciti a fermare quel treno maledetto, con i giornalisti chiusi dietro le porte blindate e, sulla motrice, le bandiere a stelle varie.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:15