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Archivio mensile:gennaio 2020
RITORNO ALLA “NORMALITAV”
De Micheli, un ministro delle infrastrutture che tra gaffes e decisioni discutibili sta facendo rimpiangere Toninelli
- Il ministro dei Trasporti e Infrastrutture Paola De Micheli. Agf
L’impresa non era semplice. Ma alla neo ministra delle Infrastrutture e Trasporti, la 46ene Paola de Micheli (Pd), sono bastati tre mesi scarsi per far rimpiangere il più che discusso predecessore, Danilo Toninelli.
Tra gaffes (la ventilata cooptazione dell’ex ad di FS, Mauro Moretti – condannato in appello a 7 anni per la strage di Viareggio – a consigliere ministeriale, nomina poi negata quando la notizia è trapelata e i parenti delle vittime hanno minacciato la rivoluzione); atteggiamenti “morbidi” verso i concessionari autostradali (l’ultima umiliazione tre giorni fa, quando il neo ad di Aspi, Roberto Tommasi, le ha risposto “neanche ci sogniamo di abbassare i pedaggi”); siluramenti di professionisti già indicati per guidare nuove agenzie di controllo; scudi protettivi concessi ai controllori dei concessionari di autostrade e ferrovie; il pasticcio dei seggiolini; in molti hanno iniziato a rimpiangere l’ex ministro assicuratore del primo governo Conte. Soprattutto la sua voglia di rompere l’enpasse burocratico-amministrativa che ha portato l’Italia ad avere infrastrutture traballanti.
Quanto costa la TAV alla Terra. L’impronta ecologica della Torino-Lione
Il primo ministro dice che la TAV si farà perché non farla costerebbe di più. Ma quanto costa la TAV alla Terra?
Si afferma che il gran buco sotto le Alpi è necessario per spostare il traffico dalle strade e dalle autostrade alla linea ferroviaria, e dunque per ridurre le emissioni. E’ un ragionamento infondato sia per le merci sia per i passeggeri.
Infatti per stabilire se la costruzione della linea ferroviaria comporta una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica – il gas principale responsabile dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale – bisogna calcolare le emissioni necessarie per scavare il tunnel ferroviario e per posare i binari, “spalmare” queste emissioni nel corso del funzionamento della linea e poi tirare le somme.
Non risulta che nulla del genere sia mai stato fatto. Si è sempre solo parlato di quanto costa la TAV in termini economici. Un sacco di soldi che potrebbero essere meglio spesi per rattoppare il quotidiano funzionamento dello scalcagnato italico stivale.
Dato che non esiste l’analisi ecologica dei costi-benefici legati alla TAV, bisogna far ricorso alla letteratura scientifica, ovvero al saggio “Can high speed rail offset its embedded emissions?”. Il testo completo è riservato agli abbonati, ma on line c’è anche una versione gratuita.
Il saggio conclude che una linea ferroviaria ad alta velocità lunga 500 chilometri, di cui il 10% in galleria, comporta un risparmio di emissioni nell’arco di 50 anni solo se si verificano due condizioni: ogni anno i passeggeri sono almeno 10 milioni (dieci milioni!) e la maggior parte di loro usa il treno al posto dell’aereo. Cinquant’anni per compensare le emissioni del cantiere: i cambiamenti climatici si verificano qui ed ora, fra 50 anni sarà troppo tardi.
Il saggio offre un esempio teorico analogo, ma non uguale, alla TAV Torino-Lione, che – se arriverà a compimento – sarà lunga circa 230 chilometri, di cui oltre il 22% in galleria (la parte che, in fase di realizzazione, comporta emissioni più alte) e sarà destinata al traffico veloce di passeggeri oltre che di merci.
Forse che il risparmio di emissioni si verificherà grazie allo spostamento delle merci da strade e autostrade alla ferrovia? Affermarlo è come minimo azzardato. Il passaggio di pesanti e lenti treni merci (circa 120 chilometri all’ora) su binari condivisi con leggeri e veloci treni passeggeri (circa 220 chilometri all’ora) comporta costi molto alti e serie difficoltà tecniche che a tutt’oggi, almeno in Italia, non sono state risolte.
Infatti in Italia le linee ferroviarie ad alta velocità ed alta capacità esistono dal 2005, ma allo stato attuale dei fatti su di esse passano solo due treni merci, diconsi due, dal lunedì al venerdì: sabato e domenica, riposo. Il servizio ha cominciato a funzionare nell’ottobre 2018, e da allora non risultano variazioni.
Torino dice di nuovo no alla Tav: M5s vota per tenere la città fuori dall’Osservatorio

La mozione di Lo Russo (Pd) in Consiglio comunale, per rientrare nell’organismo appena rilanciato dal governo con la nomina del prefetto Palomba, respinta con 22 voti contro 10
Torino dice di nuovo No alla Tav. Con 22 voti contrari, e 10 a favore, il Consiglio comunale ha infatti bocciato una mozione, primo firmatario il capogruppo Pd Stefano Lo Russo, che chiedeva alla Città di rientrare nel l’Osservatorio, dal quale Torino è uscita nel dicembre 2016. “Il punto non è essere favorevoli o contrari alla Tav – ha precisato Lo Russo – ma garantire l’interesse dell’ente. Una volta che i lavori vanno avanti e l’Osservatorio non è stato chiuso anche grazie al sostegno del M5S a livello nazionale perché la città continua a rimanere fuori?”. L’Osservatorio è stato rilanciato nei giorni scorsi, con la nomina, da parte del governo, del prefetto torinese Claudio Palomba come presidente.
La maggioranza 5 Stelle ha però ribadito la sua contrarietà.”Non mi sarei aspettata – ha osservato la capogruppo Valentina Sganga – che il governo riuscisse a bloccare l’opera, ma mi sarei aspettata che si provasse a ricucire la frattura fra lo Stato e una parte importante del suo territorio, la Valsusa. Una frattura – ha aggiunto – che persiste e che verrà a bussare alla porta di tutti noi: se pensiamo di affrontarla con un atto che è una scaramuccia politica questo sarà un problema”.
Amin Al-Husseini: uno dei maggiori responsabili del terrorismo islamico
http://veromedioriente.altervista.org/alhusseini.htm
Le verità sul medio oriente oltre la propaganda antisemitahttp://veromedioriente.altervista.org |
Tratto da: http://www.corsodireligione.it/attualita_2/islam_e_nazismo.htm
Quasi sconosciuto in Occidente , Amin Al-Husseini è considerato uno dei maggiori responsabili del terrorismo islamico del secolo scorso. La sua eredità è ancora attiva ai nostri giorni . Ha anche influenzato l’attuale pensiero arabo di odio contro gli ebrei in Palestina. Predicatore dell’islam wahabita ha posto le basi di un nuovo impero islamico dopo quello ottomano smantellato da Ataturk. Spregiudicato sul piano politico-finanziario, oscurantista su quello dottrinale, il wahabismo nasce come corrente islamica sunnita nel diciottesimo secolo ma si afferma soltanto nel Novecento, grazie all’appoggio delle grandi potenze occidentali alla monarchia saudita. Oggi si sta diffondendo in tutto il mondo musulmano. Ma deve anche fare i conti con le sue ali più estreme, da cui è nata la rete di estremisti islamici. Amin Al-Husseini rif : www.faithfreedom.org Dal Genocidio degli armeni ai Fratelli Musulmani.
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Il telegramma di Himmler al Gran Muftì di Gerusalemme: al vostro fianco contro gli ebrei
Il documento scoperto nella National Library di Israele, spedito il 2 novembre 1943

Un documento riemerso dalla National Library di Israele getta nuova luce sui rapporti fra la Germania nazista e il Grand Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini. E consolida in qualche modo la tesi del premier Benjamin Netanyahu che il religioso abbia giocato un ruolo nell’incitare allo sterminio degli ebrei. E’ un telegramma spedito dal capo delle Ss Heinrich Himmler a Husseini, il 2 novembre 1943, nel ventiseiesimo anniversario della Dichiarazione di Balfour.
Himmler ricorda che la Grande Germania è stata una “strenua sostenitrice” della battaglia “degli arabi in cerca di libertà, in particolare in Palestina, contro gli ebrei invasori”. In nemico in comune, continua, “sta creando una solida base per l’unità fra la Germania e gli arabi nel mondo. In questo spirito, vi auguro, nell’anniversario della Dichiarazione di Balfour, di continuare la lotta fino alla grande vittoria”.
Proprio la citazione della Dichiarazione di Balfour ha portato a riemergere il documento. La biblioteca stava infatti conducendo una ricerca di tutte le testimonianze sul tema nel centenario della Dichiarazione. Il telegramma era stato confiscato dall’esercito americano nel 1945, dopo la disfatta della Germania nazista, dove viveva il Gran Muftì. Poi era entrato in possesso dell’Haganah, l’organizzazione ebraica che ha portato alla nascita di Israele. E infine era arrivano alla National Library, dove è rimasto sepolto fino ad ora.
Il documento originale, ingiallito ma in perfetto stato di conservazione, è stato pubblicato sul giornale Haaretz. E naturalmente si è riaccesa la discussione sulle frasi di una anno e mezzo fa di Netanyahu, quando aveva accusato il Gran Muftì di aver suggerito a Hitler di “bruciare” gli ebrei, il loro sterminio. Poi il premier aveva fatto marcia indietro in mancanza di prove storiche. Il telegramma non prova che quella conversazione abbia veramente avuto luogo ma conferma i rapporti “calorosi” fra i nazisti e il leader religioso.
L’incontro fra Hitler e il Gran Muftì è però del novembre 1941, due anni prima del telegramma di Himmler. Lo sterminio degli ebrei, come conferma Dina Porat del Museo dell’Olocausto Yad Vashem, sempre citato da Haaretz, “era già cominciato da un pezzo” e i nazisti stava già uccidendo gli ebrei “e avevano già abbandonato l’idea che l’emigrazione forzata e l’espulsione fossero una soluzione”. Il telegramma ribadisce comunque l’esistenza di un’alleanza ideologica fra nazisti e il Muftì in quel preciso momento storico
BAGHDAD-ROMA: PACIFISTI ANTIGUERRA E PACIFISTI DI GUERRA —– CHI VIVRA’… IRAQ ! —– ELEZIONI: ZUPPA BATTE PAN BAGNATO
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MERCOLEDÌ 29 GENNAIO 2020
Elezioni: il punto, anzi il puntino
Archiviamo subito la sempre deprimente questione “elezioni”, per poi passare alle cose serie: pace e guerra, finta la prima, vera la seconda. Sfuggiamo a fatica all’onda anomala dello tsunami orgasmatico del 98% dei media italiani, scatenato dagli esiti giudicati esaltanti da chi padroneggia l’intero sistema di fake news nazionale, simboleggiato dalle 10 pagine della “Repubblica” dedicate ai sette punti di vantaggio di Bonaccini su Borgonzoni, seguite da una pagina sola in cui si nascondono i quasi venti punti di vantaggio del centrodestra in Calabria. Ecchissenefrega, alla Calabria (e molto oltre) ci pensa la ‘ndrangheta.
L’autofagia di Grillo e Di Maio
Quanto ai Cinque Stelle, hanno raccolto quanto hanno seminato Grillo, l’equivoco chierichetto degli orchi piattaformisti di Silicon Valley, il suo ragazzo di bottega Di Maio, il premier all’orecchio della Curia e soci. Hanno raccolto il frutto marcio prodotto dall’inquinamento di Sistema, dalla perdita di alterità, terzietà, rispetto a coloro che dovevano restare l’opposto e il contrario su tutti i piani, internazionale e domestico. Dall’ambiente abbandonato agli ecocidi, ai diritti degli ultimi, penultimi e non primi, dalle servitù in politica estera, all’annacquamento del contrasto all’etnocida operazione migranti del globalista Soros, con le sanguisughe Ong attaccate al bancomat costruito dalle Ong con la pelle degli africani, siriani, afghani. Fino al mancato recupero di una sovranità indispensabile alla democrazia, al riscatto sociale, alla liberazione dal cappio degli eurotiranni. Sulle loro spoglie mortali, ora si erge luminosa la figura di Vito Crimi, uno che suscita lo stesso entusiasmo ed emana lo stesso carisma di una patatina abbandonata dopo il Camparino.
Nell’armata brancaleonica dei parlamentari 5S, scesa dalla piscina sull’attico direttamente nelle canalizzazioni sotterranee, c’è una truppa di sprovveduti e opportunisti che dalla catastrofe trae il rimedio letale: consacrare in matrimonio la pratica sodomitica subita dalla Lega e poi dal PD. Masticati prima dall’una e poi digeriti dall’altro. O ci si libera di costoro, ultra-papisti alla Conte e ultra-atlantisti alla molti altri, che governano in nome del già citato brigante ungherese e di Padre Pio, cappellano squadrista nel 1922, e quel tantissimo che rimane del MoVimento sul territorio, più i vari Di Battista, Paragone, Morra, si dà una mossa, anche sotto altro nome, o è la fine. Che, per un bel po’, sarebbe la fine di tutti noi, diversamente italiani, diversamente umani. A sistemarci per le feste ci penserebbero spaventevoli sinistri, tipo Orfini e Renzi e loro fans nelle grazie di Soros, come le Sardine, o la “coraggiosa” Eli Schlein, decisiva per la vittoria a Bologna del primatista italiano di consumo del suolo (nella lista degli eurodeputati cari al globalista Soros, insieme a Cofferati e Spinelli).
La cruciale scelta tra zuppa e pan bagnato
Al di là dei trionfi celebrati dall’ ormai istituzionale unanimismo destra-destrosinistra, fatto passare per bipolarismo, il risultato emilianoromagnolo calza come un pedalino stinto il piede caprino del miscione politico nazionale. Uno è benemerito per clientelismo – do nido ut des voto – Grandi Opere, privatizzazioni, trivelle, cemento e asfalto a gogò, Nato e UE, secessione e, dunque, per alto tradimento dell’unità nazionale sancita dalla Costituzione. Costui ha sconfitto un altro benemerito per clientelismo – do armi per tutti ut des voto – Grandi Opere, privatizzazioni, trivelle, comento e asfalto a gogò, Nato e UE, secessione, dunque, per alto tradimento dell’unità nazionale sancito dalla Costituzione. Il più ganzo ed epico dei commentatori, Massimo Giannini di “Repubblica”, insignendo se stesso delle più alte onorificenze alleate, in attesa di essere proclamato baronetto dalla Regina, Sir Maximus, chiama questa collusione di operosi sensi, con meraviglioso senso delle proporzioni, “Stalingrado non è caduta”.
Sarebbe come proclamare megalopoli Sgurgola, o chiamare il mio bassotto Mohammed Ali. Peste colga invece quei Cinquestelle che, col voto disgiunto, hanno deciso la vittoria del cementificatore secessionista. Complimenti per come hanno recepito l’insegnamento del Grillo Sparlante, ahinoi non raggiunto dal martello di Pinocchio.
La Soros-Jugend
Voi invece provate a indovinare chi dei due gemelli bipartisan è centrosinistra e chi centrodestra. Le Sardine del filo-petrolieri Santori, con endorsement entusiasta del peggiore brigante mondiale, perciò anche dette Soros-Jugend, oggi in campo per lo Jus Soli, piede di porco (non c’è termine più adatto) per scardinare popoli, identità, radici, sovranità, cultura e futuro dei dominati, specchietto delle allodole della tratta, non hanno avuto dubbi: da sempre al fianco di chi queste cose le fa meglio. Sono rivoluzionari in difesa dell’esistente piramidale, amatissimi dal Potere, a chi lo rosicchia nei bassifondi, a chi ne prende il sole sui colli più elevati. Per fortuna fra un anno non ci saranno più. Li troverete, come certi predecessori del ’68 calpestato, nelle redazioni, nei consigli d’amministrazione, in Parlamento, o da Zuckerberg, alla cui libertà d’espressione la petrosardina Santori collabora, esigendo il DASPO per chi parla male di loro e dei loro referenti e sponsor.
Queste le parole d’ordine in USA.
Roma, manifestazione per la pace, o per la Pax Americana?
Una superfetazione di Ong, associazioni, gruppi e gruppuscoli, sindacati gialli, club del confortevole vivere colonialista e razzista, all’ombra e con le idee – e talvolta gli sghei – del solito Soros, commesso viaggiatore dello Stato Profondo USA, golpista e guerrafondaio, hanno proclamato e poi condotto, il 25 gennaio a Roma, una manifestanzioncella definita “per la pace”. Per la pace della coscienza di brave persone, sciocchi, utili idioti, amici del giaguaro e aperti propagandisti delle guerre USA-Nato con relativo mercenariato terrorista. Hanno colto al volo un appello della maggiore organizzazione pacifista statunitense e internazionale, l’UNAC (United National Antiwar Coalition), quella di cui vi ho fatto la cronaca da Dublino in occasione di un’assembla contro le basi USA-Nato. Una manifestazione chiara e precisa, quella negli Strati Uniti: “No alla guerra all’Iran, Usa fuori dall’Iraq e dalla Siria, Basta sanzioni, No Nato”
I finti emuli nostrani l’hanno pervertita e si sono gonfiati come tacchini di pacifismo farlocco. Quella che era una chiamata contro l’imperialismo, le sue guerre, in difesa dei popoli aggrediti, dalla parte delle vittime e contro i carnefici, è stata degradata in un fiancheggiamento politico-ideologico ai pretesti falsi e bugiardi addotti proprio dagli stessi carnefici
Concorso esterno in omicidio
Dal palco di questi sfigati, conniventi e collusi, si sono sentite soprattutto voci contro quelli che stanno sulle palle al colonialismo di ritorno. Ospiti d’onore, dissidenti iraniani e siriani, hanno imprecato contro l’Iran martoriato dalle sanzioni Usa, la Siria insanguinata e frantumata e i rispettivi “dittatori”, cantato alleluja per l’uccisione del generale Qassem Soleimani, “feroce assassino”, inni ai “popoli che si rivoltano contro dittature e lottano per la democrazia”. Dove si rivolterebbero codesti “popoli”? In Bolivia, Cile, Colombia, Francia? Scherziamo? Andiamo sul sodo dei Soros, Clinton, Bush, Obama, Blair,Trump: si parla di “popoli” alla Otpor, che danno fastidio ai governi che danno fastidio agli Usa, ai paesi Nato, al colonialismo-imperialismo tutto. Quindi: Libano, Iran, Iraq, Algeria, Sudan, Hong Kong e quanti altri “colorati” la Cia e la NED sanno mettere in piazza.…
Io ovviamente non c’ero e se ci fossi stato ci sarei andato come chi affronta il Coronavirus, la nuova SARS in Cina, quella pompata a dismisura dai media pur di parlare male della Cina e pur di occultare il proprio silenzio sul colera in Yemen, o dell’Ebola in Africa che ne stanno ammazzando a migliaia.
Ho criticato in rete, con un po’ di ortiche, un attivista statunitense che, contro l’avviso dei suoi, ha voluto dare il suo concorso alla sorosata romana. Fa il capo del gruppo “No War”, ma è politicamente tagliato con l’accetta liberal yankee. Dal connubio con i tre trotzkisti e rifondaroli presenti e in oggettiva combutta con Soros per la guerra ai “dittatori” sgraditi alla plutodittatura USA, come all’etnocrazia israeliana, gli è venuta l’allucinazione di un “grande fronte antimperialista”. I “volemose tutti bene”, cultori del galateo praticato all’ora del tè con la Regina, si sono scatenati per la natura “scomposta” del mio rimbrotto. Naturalmente nessuno è entrato nel merito di quella che era una ragionata confutazione del perché ai collusi con le ragioni “democratiche e dirittoumaniste” avanzate per le guerre, semplicemente non ci si va. O semmai ci si va per buttare all’aria il palco. Verbalmente, per carità.
L’otporino italico
E quindi non ho visto Fabio Alberti, uno degli intervenuti anti-guerra. Lo conosco bene. Con un suo gruppo del “Ponte per…” sono stato varie volte in Iraq, quando, collaborando con le agenzie di Saddam, accompagnava gruppi di visitatori solidali e portava cartoni di medicine al popolo. Insieme a Baghdad nel 2003, nell’imminenza dell’attacco di Bush figlio, abbiamo perfino fatto gli scudi umani. E prima, insieme pure in Serbia, sotto le bombe, quando saltavano i ponti, i treni, gli ospedali e la grande Zastava, cuore operaio della Jugoslavia e davvero ci voleva coraggio. E, poi, al tempo del golpe contro Milosevic e la prima apparizione, con Otpor, dei “colorati” Cia. Era un altro “Ponte per…” allora.
Oggi si è dato una mutazione genetica. Alberti e i suoi si sono ravveduti e la stella di Soros, quanto meno dei suoi propositi su migranti, guerre e mondo, splende sui ravveduti. L’ultima volta l’ho visto a Piazzale Ostiense, sotto lo sventolio delle bandiere dei “ribelli” siriani e tra gli slogan di chi voleva Assad morto e la Siria democratizzata dagli americani e dall’ISIS. E lì è rimasto.
Confortato da quei personaggi che pensano di fare gli antimperialisti sui presupposti propagandistici degli imperialisti: “lotta contro i dittatori, la corruzione (non manca mai), per la democrazia, per i diritti umani”. Patrick Boylan, capo di No War Roma, che sei corso a rinfoltire questa gente, forse lo sai, forse no: hai fatto da stampella. E continuerai a farlo finchè condividerai il trucco della “lotta contro i dittatori e la democrazia”. Come facesti a Zagarolo, sul palco accanto a me, ricordi, a proposito di Assad.
Milioni a Baghdad per il ritiro degli Usa
Alberti e facilitatori affini, celebrando i “movimenti di rivolta dei giovani iracheni” si riferiva a quei sodali di Otpor in Serbia, Venezuela, Bolivia, Georgia, Ucraina, Hong Kong che, in coincidenza con la crescente protesta contro la presenza americana e Nato, da parte dei partiti e dei vincitori dell’ISIS, ISIS scelleratamente foraggiato dagli Usa, hanno allestito una loro “rivoluzione colorata” nel Sud del paese “Contro la corruzione, la mancanza di acqua ed energia, le infrastrutture a pezzi e, ovviamente, le interferenze iraniane”. Non una parola dedicata alle due guerre e all’occupazione Usa, alle devastazioni causate dall’irruzione dell’ISIS, alle rapine della risorsa petrolifera da parte delle multinazionali arrivate al seguito dei missili americani. E basterebbe questo.
CHI VIVRA’…IRAQ!
Ma dal volto sporco di servilismo e complicità col nemico, la maschera colorata è caduta definitivamente quando quei “giovani iracheni in rivolta” hanno reagito con efferata soddisfazione all’assassinio di un altissimo rappresentante istituzionale di uno Stato sovrano, ospite di un altro Stato sovrano, prestigioso e amatissimo vincitore della marmaglia mercenaria dell’imperialismo, protetto da immunità diplomatica: Qassem Soleimani.
https://twitter.com/i/status/1220641129651003392
https://youtu.be/f3plTR1Dcew due video delle manifestazione per il ritiro degli Usa dall’Iraq
Milioni contro gli USA e…Otpor
Forze di Mobilitazione Popolare
Quando venerdì scorso le città irachene, a partire da Baghdad, sono state sommerse da una autentico popolo in rivolta, ma stavolta contro gli occupanti e rapinatori a mano armata, e perfino le agenzie internazionali hanno dovuto parlare di una massa sterminata di donne e uomini, tra uno e quattro milioni, che esigevano l’uscita dal paese di chi ne ha già ucciso tre milioni e affamato il resto, la rivolta del popolo colorato a stelle e strisce, celebrato dai cabalisti del 25 gennaio romano, si è risolta in pigolìo, per poi tacersi.
Quei milioni hanno dimostrato che, nonostante trent’anni di aggressione, genocidio, devastazione, sanzioni, depredazione, un oceano di sangue, il popolo culla della civiltà umana, che ho frequentato da quasi mezzo secolo, di cui ho visto la gloria, la prosperità, l’orgoglio, l’impegno per la Palestina e per gli oppressi tutti e, poi, l’incommensurabile ingiustizia, l’indicibile dolore, la distruzione, l’oscena diffamazione e al quale ho lasciato parte del mio cuore, è vivo. E lotta, purtroppo non posso dire “insieme a noi”, ma per tutta l’umanità. Cerchiamo di esserne degni.
Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 16:02
FRANCIA, IL ROSSO E’ DIVENTATO GIALLO
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LUNEDÌ 27 GENNAIO 2020
Riproduco qui un diario fotogiornalistico che, alla mano di magnifiche immagini, illustra quella che in Europa è indubbiamente la più valida, forte, giusta e nobile lotta di massa del nuovo millennio, quella dei Gilet Gialli, ora al 60° appuntamento.
I media di regime, vale a dire i media dei miliardari, evitano. Pubblicano, se proprio c’è un po’ di sangue, qualche trafiletto. Ma si impegnano alla morte a ridurre, sopire, troncare, minimizzare. Rilevano che dopo 60 appuntamenti in gran parte del paese, i numeri dimagriscono. Non rilevano che questo dato fisiologico non toglie nulla al fatto storico che si tratta della lotta più lunga vista in Europa dalla fine della guerra, una lotta che continua e ora si è espansa ad altre masse di maltrattati, deprivati ed emarginati.
I Gilet Gialli hanno il merito di aver denudato il sovrano messo lì dalla corporazione degli usurai di Francia e di aver fatto emergere con il proprio valore e sacrificio, tra media renitenti, i suoi incredibilmente brutali e sanguinari metodi di affrontare cittadini, voluti sudditi, che si permettono di rivendicare quanto gli è dovuto.
Hanno dimostrato che razza di feroci pretoriani difendono i caveau dei dominanti e ne hanno evidenziato la differenza rispetto a una polizia di Hong Kong che ha risposto alla violenza devastatrice e, in alcuni casi omicida, di squadristi con mandato USA e UK, con una civiltà e un autocontrollo che l’Occidente ha volontariamente abbandonato da secoli.
Hanno fatto da innesco a una vera e propria insurrezione di popolo guidata da sindacati come noi ce li sogniamo, anzi, non abbiamo mai avuto, ora al 50° giorno di sciopero generale contro gli strumenti di strangolamento sociale messi in campo dal burattino e dai suoi pupari. Un esempio che viene dalla Francia che ha ancora in corpo elementi di DNA del 1789 e del 1870. Un esempio al mondo, che però a noi sfugge grazie all’unanimismo tirannico di un’informazione che quanto le mostra la Francia fa tremare e…cestinare.
Di Maio e Di Battista si sono fatti vedere accanto ai Gilet Gialli. Ci fossero rimasti! O avessero fatto apparire dei gilet gialli made in Italy!
IT.INSIDEOVER.COM
Francia, la rabbia dei gilet gialli un anno dopo le proteste
I gilet gialli, uno dei più grandi movimenti di piazza del nuovo millennio, raccontato attraverso le voci di chi ha lottato e chi la protesta l’ha studiata
Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:32
Giorno della Memoria – Leggi Razziali
In primo piano
A proposito delle “Pietre ad inciampo” perchè non posarne qualcuna con i nomi di quei Prefetti, Questori, Magistrati e Funzionari vari che durante il fascismo si distinsero nel fare rispettare ed applicare leggi infami.
Se Mussolini potette fare tutto quello che ha fatto, è perchè aveva molti collaboratori.
Le leggi razziali. Ottant’anni. Perché tutti le approvarono. E perché contro gli ebrei.
Giorno della Memoria – 1938 le Leggi Razziali – da Passato e Presente – RAI 3
Il 16 ottobre 1938, in Italia, entrarono in vigore le Leggi Razziali (ancora non eravamo in guerra), VERGOGNA!
Leggendole oggi potrebbero addirittura sembrare ridicole ma le conseguenze furono TRAGICHE per milioni di esseri umani.
Le Prefetture avvalendosi della fattiva collaborazione delle Questure, notoriamente incapaci nel perseguire i veri criminali, dimostrarono in questo caso, una straordinaria efficienza, classificando, nell’arco di poche settimane, oltre 40 milioni di italiani in base agli ottavi di sangue ebraico e questi elenchi furono poi ovviamente consegnati agli occupanti nazional-socialisti Tedeschi che ebbero quindi facilitato il loro “lavoro”.
Da osservare il che se si fossero comportati “normalmente”, senza rischiare nulla, per una attività del genere avrebbero impiegato anni e si avrebbero avuti gli elenchi solo a guerra finita, quindi con tanti morti in meno.
Che la vergogna perenne cada sui responsabili di questa infamia, di questo crimine.
Da non dimenticare il che i solerti magistrati non si “tirarono” quasi mai indietro quando si trattava di applicare le Leggi fasciste, avrebbero potuto anche solo “tirarla un po’ alla lunga” come da loro normale abitudine, invece sovente lo fecero molto rapidamente e “volentieri “.
Gli attuali “occupanti” dei posti in Prefettura, in Questura ed in Magistratura, oggi si comporterebbero diversamente? Credo proprio di no, oggi come allora affermano di eseguire solo ordini, e lo fanno sempre con scrupolo e “volentieri”.