UN’OCCHIO PULITO SULLA PIAZZA DI SANTIAGO ———— IL FALSO DALL’IRAN, IL VERO DAL CILE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/01/unocchio-pulito-sulla-piazza-di.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 13 GENNAIO 2020

Questo che segue, dopo una mia premessa, è il capitolo cileno, a Santiago in lotta, del diario di viaggio di un mio giovanissimo amico, Tommaso Cherubini, con le sue belle e significative fotografie. Il suo è un viaggio per l’America Latina, con zaino, sacco a pelo e in autostop, di esplorazione e formazione.

I falsari dell’informazione ci stanno saturando con le immagini di proteste popolari in paesi accuratamente selezionati. Di altre manifestazioni e di repressioni ben più feroci si sforzano di non farci sapere nulla. Sono documenti come quello che vi propongo che ci fanno avere bagliori di verità e che riducono alla vergogna e al ridicolo le manipolazioni ormai ontologiche e generalizzate, a sinistra-destra come a destra-destra.

Così veniamo inondati da cronache stampate e televisive che ci dovrebbero entusiasmare sulla “rivolta dei giovani iraniani” contro il loro governo. Prima, perché erano stati decisi prezzi appena più alti sui carburanti (10 centesimi al litro) per poter convogliare questo aumento alle fasce più colpite e impoverite dalle sanzioni genocide che, da Obama a Trump e dai loro rispettivi referenti, colpiscono una nazione che rifiuta di inchinarsi ai presunti padroni del mondo. E, successivamente, in protesta contro l’abbattimento dell’aereo delle aviolinee ucraine e le sue 170 vittime  a causa dell’errore dell’antiaerea iraniana. Non “ammesso con colpevole ritardo”, come infieriscono i media, ma dopo due giorni, con l’inchiesta neanche terminata. Vorremmo altrettanta onestà da parte di chi bombarda Siria e Iraq e nasconde la mano. Oppure da chi ha abbattuto il DC-9 dell’Itavia su Ustica e da chi sa tutto. O da chi ha fatto ammazzare Ilaria Alpi e Miran Hovratin a Mogadiscio. O da chi ha ordinato e supervisionato tutte le stragi di Stato da noi. O alle Torri Gemelle…………

Nessuno rileva che queste dimostrazioni, al pari di quelle di Hong Kong, Algeria, Libano, Iraq, tutte fomentate ai fini del “regime change” perseguito dall’Occidente nei confronti di governi disobbedienti, si rapportano a quelle di milioni in tutti i paesi arabi e islamici, ma anche latinoamericani, contro l’assassinio del generale Qassem Soleimani, come un roveto è paragonabile a una foresta. Soleimani, vincitore della guerra contro il terrorismo Isis e Al Qaida in Iraq e in Siria, era in missione di pace a Baghdad per negoziare la distensione tra Iraq e l’ostile Arabia Saudita, creatrice e foraggiatrice, insieme agli Usa e Israele, di questo mercenariato jihadista (oggi, peraltro, attivo in Libia su mandato dell’altro sponsor del jihadismo, Erdogan, e impegnato, con il beneplacito di potenze e gregari, a fermare la liberazione in atto di quel paese dai Fratelli musulmani e loro milizie Isis).

L’assassinio di Soleimani, a cui oggi plaudono sia l’ISIS che Israele, costituisce una criminale violazione del diritto internazionale, delle convenzioni di Ginevra e della sovranità di due paesi, Iraq e Iran. Immaginate cosa sarebbe potuto succedere se qualche paese aggredito da sanzioni, eserciti, o mercenari Usa-Nato, avesse ucciso con un drone il Segretario di Stato Pompeo, superfalco e vero protagonista dell’estremismo Usa, o l’influentissimo politico e parlamentare statunitense John McCain (defunto nel suo letto), massimo guerrafondaio americano, compare di tutti i capi della sovversione terroristica, da Al Baghdadi, con cui si fece fotografare in amichevole colloquio, ai golpisti di Kiev. Coloro che ora sono rispuntati nelle piazze di Baghdad, Beirut, Tehran, avevano inneggiato all’uccisione di Soleimani. Veri patrioti.

C’è da aggiungere, a prova del tasso di deontologia dei nostri media, che si sorvola con grazia leggera sulle repressioni in Cile e Bolivia, di netta natura pinochettiana, che vanno avanti da mesi e hanno prodotto centinaia di morti, tra l’un paese e l’altro, e migliaia di arresti, con l’immancabile corollario della tortura. Mentre viene trasformata in inaudita violenza contro inermi l’incredibile moderazione delle forze di polizia di Hong Kong davanti ad autentiche brigate di squadristi, uniformate e armate, che tutto devastano, invadono il parlamento, distruggono la metropolitana, danno fuoco a chi ne prende le distanze, sventolano le bandiere del colonialismo e dell’imperialismo, britannica e statunitense.

Il documento che ci fa avere Tommaso sul Cile di un pinochettismo mai morto, ma anche di un popolo mai domo, rende giustizia alla verità. Non ci arriva dagli schermi e dalle pagine che si fanno passare per fonti di informazione. Sono occhi che hanno visto, cuore che ha sentito, mente che ha capito. Ci arriva via rete. Quella rete che tutti i corruttori di un giornalismo che, per me, dovrebbe essere la più utile e bella professione del mondo, denunciano come la massima fonte di fake news. Freud parlerebbe di transfert.

Tommaso mi perdonerà se taglio la breve parte storica, ben nota ai miei interlocutori

E questi sono due link che ristabiliscono la verità sui bombardamenti iraniani sulle due basi Usa in Iraq. Il primo è la cronaca dell’inviata della CNN che mostra la distruzione causata (e negata) alla base di Ain el Asad, con uno dei dieci crateri prodotti dalla dozzina di missili. L’altro è un’ulteriore illustrazione dei danni a quella base. Se ne può trarre la conclusione che, seppure non sarebbero state causate vittime, l’intento della ritorsione all’assassinio di Soleimani , come si sa preavvisata al governo iracheno, non era una strage, ma la dimostrazione di quanto l’Iran potrà infliggere a qualunque aggressore. Risposta civile alla barbarie.

https://youtu.be/xXl6wEcRYOg Base Usa a Ain el Asad distrutta, cratere di uno dei 10 missili arrivati (CNN)

https://youtu.be/AR2-LHXUXNg  danni alla base di Ain el Asad

 Tommaso Cherubini da Santiago

Una città in protesta, un popolo stanco che rivendica i propri diritti

Sono finalmente a Santiago de Chile.

Al contrario degli altri luoghi finora visitati, questo mi attira per tutt’altri motivi. Non per la natura e le emozioni dei paesaggi, ma per la situazione storica che sta vivendo questo paese, raccolta e rappresentata dalla capitale.

Prima di iniziare questa pagina di diario, vorrei precisare che quello che scrivo e scriverò è frutto di ciò che ho vissuto e mi è stato raccontato.  Non voglio offendere nessuno né considerarmi l’unico possessore della verità assoluta, solo raccontare la mia esperienza.

L’inizio delle proteste si ha il 14 Ottobre 2019, in seguito all’aumento del costo del biglietto della metro. Come mi viene spiegato, però, questo è da considerarsi solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, infatti le motivazioni sono molteplici: carovita, corruzione, disuguaglianze, legge sull’aborto e molti altri.

Ma tutto ha inizio, quindi, dalle stazioni della metro e dagli studenti universitari che iniziarono a non pagare il biglietto.

Il 18 settembre, vedendo la situazione peggiorare, con continue occupazioni e danneggiamenti delle stazioni metro, il presidente Piñera decide di dichiarare lo stato di emergenza, spiegando le forze militari. Quel giorno, per la prima volta dalla dittatura Pinochet, viene attuata una repressione militare, con coprifuoco e limitazione della libertà.

Le proteste sono tutt’ora in atto, da più di 80 giorni.

Il 22 Novembre, il presidente ha affermato che “Il Cile è in guerra”.

Io, nel mio piccolo, dall’Italia avevo avuto notizie solo attraverso i media e la situazione sembrava critica in tutto il Cile. Parlando, però, con i miei amici cileni, ero stato rassicurato e mi era stato consigliato di non dare retta ai notiziari, in quanto controllati dal governo. Così ho deciso di andare a vedere con i miei occhi, non volevo farmi sfuggire questa opportunità.

Il giorno del mio arrivo mi imbatto subito nella prima protesta, mentre mi dirigo alla fermata della metro per andare in centro. C’è una strada ad alta velocità che attraversa la città, a pagamento, il cui pedaggio continua ad essere aumentato di anno in anno. Passando al fianco di essa, mi accorgo di un accumulo di persone, fuori dal recinto che la delimita, ma tutte rivolte all’interno. Avvicinandomi mi accorgo che lungo la pista è pieno di macchine e camion che la percorrono a velocità molto bassa, suonando il clacson.

È in corso una manifestazione di protesta contro il caro prezzi, i veicoli vengono condotti a bassa velocità per creare traffico ed intoppi.  L’assembramento di persone al lato della strada è all’altezza di un posto di blocco dei carabinieri.

Mi unisco alla folla e subito mi salta all’occhio che i carabinieri, indossando abbigliamento color militare e giubbotti antiproiettile, hanno in mano armi più grandi di quelle che mi aspettavo e si muovono con veicoli blindati davvero enormi. Fermano ogni auto, fanno scendere il conducente e i passeggeri, li perquisiscono, il tutto mentre la folla gli urla contro di non toccarli e di rispettare i loro diritti. C’è anche una giornalista col suo cameraman che riprende tutto, all’interno di quella che sembra un’autostrada.

Davanti ai miei occhi increduli, una ragazza che conduceva una delle macchine a bassa velocità, viene caricata su una delle camionette blindate e portata via. Così. Chiedo spiegazioni ad un ragazzo tra la folla e lui mi spiega le motivazioni di tale protesta. Il pedaggio di questa strada è stato aumentato per l’ennesima volta quest’anno, per coprire i costi di investimento iniziali e la manutenzione. Secondo i manifestanti, però, l’investimento è già stato coperto da anni e la manutenzione è solo una piccolissima percentuale rispetto al guadagno dello stato sulle spalle dei cittadini.

Mi fa subito impressione la quantità spropositata di carabinieri rispetto ai protestanti. Ci sono almeno 5  per ogni manifestante, si muovono a gruppi, con scudi, elmetti, manganelli ed armi.

Resto un po’, per fare qualche foto e video, poi me ne vado verso il centro.

Come primo giorno non c’è male.

L’indomani esco per fare un giro nel centro di Santiago. Piazza Italia è il punto nevralgico della protesta cilena, la fermata metro Baquedano, al centro di essa, è fuori servizio dai primi giorni di tensione. Scendo quindi alla precedente e mi avvio a piedi, le proteste iniziano ogni giorno verso le 17, quindi sono tranquillo essendo più o meno le 12.

Avvicinandosi alla piazza si notano i cambiamenti, gli edifici iniziano ad essere pitturati e pieni di murales, i pavimenti distrutti, i negozi chiusi con lastre di metallo o cemento, la quantità di carabineros che aumenta a dismisura. Arrivato, ho subito la sensazione di trovarmi in un luogo dove è successo, e sta succedendo, qualcosa di storico. L’aria è tesa, come piena di energia per le proteste del giorno prima e pronta per quelle in arrivo. La statua al centro è completamente vandalizzata, i semafori distrutti, i negozi e gli edifici pieni di scritte e murales contro il governo e i “pacos”, come vengono chiamati carabinieri.

Dà i brividi. Carabineros in tenuta antisommossa, armati di scudo, casco ed armi. Impassibili alla gente comune che passeggiando o andando a lavoro gli urla “asesinos”.

Allontanandomi mi imbatto nella seconda manifestazione, un gruppo di una 60ina di persone in mezzo alla strada con dei cartoni raffiguranti degli occhi. Mi avvicino e noto che, come sempre, sono circondati da carabinieri. Ma la manifestazione è tranquilla, un microfono passa di mano in mano permettendo alle persone di esprimere la loro rabbia. Si parla di mancanza di diritti, di necessità di sanità gratuita, di corruzione, della violenta repressione delle proteste. Di come non sia possibile festeggiare il Natale vista la situazione in cui verte il Cile.

I cartelli stanno a significare che è necessario aprire gli occhi, rendersi conto del problema e non far finta di nulla.

Quello che mi ha colpito, oggi, è la varietà di persone presenti alla manifestazione. Dall’adolescente, al signore di mezza età, alla vecchietta che mi ha rapito il cuore. Tutti in piedi, in piazza, intenti a far sentire la propria voce e ad unirsi facendosi forza l’uno con l’altro.  Gente incazzata, gente in lacrime, gente orgogliosa e convinta di quello che sta facendo.

Vengo informato che il venerdì seguente, 20 dicembre 2019, ci sarebbe stata l’ultima grande manifestazione prima delle vacanze natalizie.

Il giorno stesso mi dirigo lì verso le 18, la fermata di piazza Italia, come già detto, è fuori servizio, quindi scendo a quella prima: San Salvador. Esco dalla stazione ed è già manifestazione. Centinaia di persone tutte intorno a me, con bandane a coprire naso e bocca o maschere da snowboard. Tamburi, trombe, canti e balli.  Tutti in strada, diretti a Piazza Italia, incitando chi ancora sul marciapiede ad avvicinarsi. L’atmosfera è allo stesso tempo gioiosa ed incazzata. Gioiosa per me, perché si percepisce quanto la gente faccia tutto ciò col cuore, perché ama il proprio paese e preferisce questo ad abbandonarlo. Incazzata perché questo paese non è disposto ad ascoltarla, ma preferisce reprimerla con la forza.

Mi aggiungo al corteo, non è il classico corteo di una manifestazione in cui sono tutti appiccicati, in questo la gente è a più di 2 metri di distanza, sparsa su tutta la strada, sviluppato molto in lungo. Percorro meno di 50 metri quando sento qualcuno urlare in lontananza, poi vedo i manifestanti correre in senso opposto al mio.

Tutto succede molto velocemente. Mi rendo conto di colpo che a 20 metri da me c’è un gruppo di un centinaio di poliziotti che corre verso di noi, scudo e manganello in mano. Mi giro e corro più veloce che posso. Sento cadere la borraccia dallo zaino.  Mi giro per dargli l’ultimo saluto, ma è già nelle mani di una ragazza che me porge, mentre continuiamo a scappare.

Sento scoppi in lontananza, poi più vicini. Poi nuvole di fumo. Volano lacrimogeni.

Non ho idea di quanto spazio o tempo io abbia corso, finché vedevo gente correre intorno a me, non mi fermavo.

Ho avuto paura. Arrivo al ponte che attraversando il fiume in secca va verso l’esterno del centro. Mi giro e la situazione sembrava più tranquilla, i manifestanti intorno a me, a quanto pare molto abituati al contesto, ricominciano come se niente fosse. Quelli in bici urlano “blocchiamo qui” e si buttano in mezzo alla strada fermando le macchine in entrambe le direzioni. I tamburi ricominciano a battere, mentre si aggiungono un gruppo di ragazze sbattendo mestoli contro pentole. Poi dei ragazzi suonano dei grossi sassi contro i pali della luce.

Ho la pelle d’oca da un’ora. Tutto ciò mi emoziona. Mi sento fortunato a poter vivere tutto questo, nonostante sia nel mezzo di una guerrilla. Sono commosso sotto la bandana e gli occhiali da sole.

 I carabinieri di fanno indietro, io cerco di avvicinarmi di nuovo a Piazza Italia, rinominata in questo periodo Plaza de la Dignidad.

Stavolta passo più vicino al fiume, dove sembra più tranquillo. Perché nonostante tutto quello che sto raccontando, la gente continua ad attraversare queste zone come se niente fosse, semplicemente per arrivare dall’altra parte. Sono a pochi metri dalla piazza più famosa del Cile. Inizia a prudermi il naso, inizio a starnutire. Poi la gola, un lieve prurito che diventa piano piano forte e costante. Poi gli occhi, non riesco a tenerli aperti. Si arrossano e pizzicano, moltissimo.

La piazza è piena di lacrimogeni e le forze armate continuano a lanciarne. Ad altezza uomo. Qualche giorno fa hanno ucciso una ragazza di 15 anni colpendola in faccia con uno di questi.

Sono costretto ad allontanarmi perché non respiro. Ci sono dei ragazzi che girano per le zone di protesta con acqua e bicarbonato in uno spruzzino, per aiutare la gente alleviandole il dolore. Ne incontro uno che mi aiuta e mi permette di tornare verso la piazza. Un prato di forze armate, sparpagliate, alcune in moto, altre a cavallo, decine di camion blindati, gruppi a piedi con scudi e manganelli. Tutti con casco e giubbetto antiproiettile.

La situazione è come quella precedente, migliaia di manifestanti sparsi per la piazza, il suono dei tamburi sovrastato da quello del lancio dei lacrimogeni. Dalle strade tutto intorno la piazza, tutti suonano nel traffico, con un ritmo che è lo stesso dei tamburi, per invitare la protesta. Non è facile né scontato muoversi in mezzo a tutto ciò. Si segue il movimento delle masse, se qualcuno scappa tu scappi, se si avvicina cerchi di avvicinarti. Se senti qualcuno urlare “arriba!” guarda in alto, è stato appena lanciato un lacrimogeno.

Resto li in mezzo, faccio foto, video, parlo con i manifestanti. Sono emozionato, eccitato, adrenalinico, ma soprattutto molto impaurito. Il dolore provocato dai lacrimogeni torna insopportabile e decido di lasciare la zona, mi è stato suggerito di andarmene presto, prima che i carabinieri ricevano l’ordine di far finire tutto e diventino ancora più violenti.

Tornando a casa ripenso a quello che ho vissuto, mi sento di nuovo molto fortunato. Si, è stato pericoloso. Ma non sarebbe stato più pericoloso vivere con il rimorso di essere stato qui, in questo momento storico così importante per questo paese, e non aver vissuto da vicino tutto ciò?

Ho deciso di andare perché spesso, da fuori, gli avvenimenti vengono distorti per vari motivi. Spesso cose come questa, che riguardano vite umane e problemi seri, si riducono a chiacchiere da bar dove ci si sente in diritto di esprimere un’opinione pressappochista della realtà. Dall’Italia ero informato solo sul vandalismo rivoluzionario del popolo cileno. Vivendolo in prima persona ho visto persone che, stanche della situazione in cui verte il proprio paese, rivendicano diritti sacrosanti pacificamente. In opposizione, il loro governo li reprime con la violenza, venendo meno anche ai diritti conquistati con la fine della dittatura.

Mi sento vicino al popolo cileno e spero che questa situazione si risolva nel migliore dei modi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:16

Torino, corteo dei no Tav per Nicoletta Dosio: 3000 persone sfilano in centro

https://video.repubblica.it/edizione/torino/torino-corteo-dei-no-tav-per-nicoletta-dosio-3000-persone-sfilano-in-centro/351800/352376

11 GENNAIO 2020

nico

È partito da piazza Statuto il corteo dei no Tav in solidarietà con Nicoletta Dosio, l’attivista 73 enne arrestata prima di Natale nella sua casa di Bussoleno, dopo che è diventata esecutiva una condanna a un anno e dopo che la donna ha rifiutato di avvalersi delle misure alternative. Circa tremila persone stanno sfilando per le vie del centro di Torino dietro lo striscione con la scitta “Partigiane della terra e del futuro no Tav”, scandendo slogan contro la linea ad alta velocità.

di Alessandro Contaldo

Tav, il governo blocca le compensazioni per i Comuni: in ballo altri 60 milioni per la Valle

https://www.lastampa.it/torino/2020/01/12/news/tav-il-governo-blocca-le-compensazioni-per-i-comuni-in-ballo-altri-60-milioni-per-la-valle-1.38319954?fbclid=IwAR2N892YIUh7pNG0VBul46Ksf_CIvflZ43ftgNvBSPpEHsWcyaU7ofia-wE

Nessuno convoca l’Osservatorio: tra i primi interventi di compensazione c’è la rete del metano a Chiomonte

TORINO. Un cortocircuito che non trova soluzione e continua a rallentare i lavori collegati alla Tav. Mentre sul fronte dell’opera Telt sta procedendo nei tempi e già sono iniziati gli incontri con i sindacati per stabilire gli accordi relativi ai lavoratori che serviranno in cantiere, la partita delle compensazioni è ferma e dal governo non arrivano segnali che possano sbloccare i milioni previsti.

Il problema principale, come ormai evidente da quasi un anno, è che dal governo non ci sono indicazioni sul piano da 35 milioni presentato come ultimo atto dall’Osservatorio prima che scadesse il mandato dell’ex Commissario Paolo Foietta. Senza una risposta non si può procedere nonostante i fondi siano già stanziati e riguardino interventi fondamentali in valle. Come il completamento della rete di metano di Chiomonte, dove sono a buon punto i lavori del primo lotto mentre una porzione di territorio dovrà ancora aspettare perché non sono ancora nemmeno partite le procedure di gara per il secondo. E poi ci sono progetti legati allo sviluppo turistico, alla viticoltura, alla tutela del paesaggio e alla digitalizzazione che coinvolgono anche gli altri comuni.

Ma il silenzio del governo riguarda anche la nomina di un commissario che possa poi presiedere e convocare l’Osservatorio. Senza convocazioni non si può nemmeno iniziare a discutere di un altro piano di compensazioni ben più corposo. Ci sono, infatti, altri 60 milioni che potrebbero essere spesi . La Regione, oltre a portare avanti buoni propositi, sull’Osservatorio ha le mani legate e non può fare altro che sollecitare il ministro Paola De Micheli. Le strade possibili restano due ma problematiche. La prima è procedere con l’autoconvocazione dell’Osservatorio, che avverrà il 20 gennaio. Ma il timore è che senza l’attenzione del governo, diventi solo un dialogo sterile. Il governatore Cirio e l’assessore alle Infrastrutture Marco Gabusi intendono procedere con una cabina di pilotaggio regionale, prevista per tutte le grandi opere, che inizi a cercare accordi sul piano di spesa di questi 60 milioni. Ma in questo caso i membri del comitato di pilotaggio dovrebbero essere meno rispetto all’Osservatorio quindi i Comuni dovrebbero accordarsi per esprimere dei portavoce condivisi. E poi anche in questo caso il governo dovrebbe nominare un suo rappresentante. «Non vogliamo perdere altro tempo quindi andremo avanti anche senza rappresentante – spiega Gabusi – almeno per iniziare un processo che porti a stabilire i capitoli di spesa». Ma, per Foietta, assegnare il potere di gestire i fondi per le compensazioni al comitato di pilotaggio è «altamente complesso. È necessario riformulare gli atti con cui il Cipe ha messo a disposizione i soldi e per farlo servirebbe un nuovo confronto con il ministero. Quindi altro tempo che si perde».

Altra questione sulla quale la Regione è ferma, ma sia Chiorino sia Gabusi sostengono si procederà a breve, è la formazione degli operai che poi serviranno in cantiere. «I fondi ci sono – assicura Gabusi – quando avremo chiare le figure professionali necessarie si partirà. Il comitato di pilotaggio oltre che delle compensazioni può occuparsi di questo». L’assessore Chiorino aveva anche già convocato un incontro con i sindacati a ottobre e nelle prossime settimane è pronta a convocare altre riunioni. Insomma: nonostante già lo scorso governo abbia sciolto le riserve sull’opera, l’attuale non sta facendo nulla di concreto per andare avanti.

Il leader No Tav Alberto Perino non si arrende: “In Val Susa resisteremo finché non se ne andranno” [VIDEO]

Migliaia in piazza a Torino per manifestare contro gli arresti dei militanti del movimento. Duro attacca al pg Saluzzo: “Chiudere il tribunale è strategia della tensione”

Il leader No Tav Alberto Perino non si arrende: "In Val Susa resisteremo finché non se ne andranno" [VIDEO]

“Sono trent’anni che resistiamo in Val Susa e resisteremo finché non se ne andranno”. A rinnovare l’urlo di battaglia dei No Tav è Alberto Perino, leader storico del movimento che si oppone alla costruzione della Torino-Lione.

Insieme a migliaia di persone (3.500 secondo la questura, almeno 5mila secondo gli organizzatori), Perino è sceso in piazza in segno di solidarietà nei confronti dei No Tav arrestati, fra cui l’ex insegnante di 73 anni Nicoletta Dosio, che dal 30 dicembre si trova in carcere per scontare una pena di un anno.

perino

Il corteo da piazza Statuto ha raggiunto piazza Castello senza alcun disordine e lentamente la tensione della vigilia si è smorzata. A fare discutere è stata soprattutto la decisione del procuratore generale di Torino, Francesco Enrico Saluzzo, che ieri in vista del corteo odierno aveva annunciato la chiusura del tribunale. “Una grandissima provocazione”, ha dichiarato Perino rivolgendosi alla folla, aggiungendo come il provvedimento “è strategia della tensione”.

Al termine del corteo un’attivista ha letto al megafono una lettera scritta da Nicoletta Dosio. “Il movimento No Tav non lascia da soli nessuno, ora non c’è più tempo da perdere, bisogna agire per evitare la catastrofe sociale e ambientale, è il momento di essere lucidi e irriducibili”.

I sindaci No Tav a Torino al fianco di Nicoletta Dosio

http://www.lunanuova.it/valli/2020/01/11/news/i-sindaci-no-tav-a-torino-al-fianco-di-nicoletta-dosio-505355/?fbclid=IwAR1dXGNm6U0lkdj98SmR9Uwj88OJYYpXX9xtqSu8H-f30ifpaeNfJFHsU7c

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Alcune migliaia di attivisti stanno sfilando da piazza Statuto verso piazza Castello

11 Gennaio 2020 – 16:04

I sindaci No Tav a Torino al fianco di Nicoletta Dosio

Alcune migliaia di No Tav stanno sfilando nel cuore di Torino a sostegno di Nicoletta Dosio, l’attivista storica di Bussoleno in carcere dal 30 dicembre per aver occupato l’A32 nel 2012, e degli attivisti oggetto delle misure cautelari decise dalla magistratura, per manifestare contro la repressione in atto contro il movimento che da 30 anni si batte contro la Torino-Lione. Tra i partecipanti al corteo, partito da piazza Statuto e diretto verso piazza Castello, aperto dagli striscioni “Nicoletta continua a fare scuola, la scuola sta con Nicoletta” e “Partigiane della terra e del futuro”, ci sono anche numerosi sindaci e amministratori comunali, che senza fascia tricolore hanno deciso di schierarsi apertamente al fianco di Nicoletta Dosio.

I sindaci Ombretta Bertolo (Almese), Andrea Archinà (Avigliana), Mario Richiero (Bruzolo), Bruna Consolini (Bussoleno), Gian Andrea Torasso (Caprie), Fabrizio Borgesa (Chiusa San Michele), Marina Pittau (Mattie), Piera Favro (Mompantero), Sergio Lampo (San Didero), Danilo Bar (San Giorio), Antonella Falchero (Sant’Ambrogio), Enzo Merini (Vaie), Avernino Di Croce (Venaus) e Emilio Chiaberto (Villarfocchiardo) hanno sottoscritto un documento in cui affermano: «Come cittadini che hanno il ruolo di amministratori partecipiamo alla manifestazione dell’11 gennaio a Torino per esprimere solidarietà a Nicoletta e per continuare a porre all’attenzione collettiva i temi a cui ha dedicato la sua vita. Nicoletta Dosio, una donna di 73 anni, insegnante di greco e latino, che ha sostenuto i valori della Resistenza, lo spirito democratico, la libertà di espressione, il diritto al lavoro, la difesa dell’ambiente, la lotta contro il Tav, ora con la sua condotta rompe il silenzio sull’applicazione di pene più severe contro il dissenso sociale rispetto a quelle applicate ad altri settori. Non solo intendiamo ribadire la contrarietà a questa grande opera inutile, ma vogliamo esprimere preoccupazione per le pene gravose contro i cittadini che hanno il coraggio di dissentire dalle decisioni prese dall’alto e fatte ricadere sulle popolazioni senza condivisione. Vogliamo essere vicini a Nicoletta per la coerenza, la determinazione e la dignità con cui ha portato avanti ideali di civiltà, di accoglienza e di integrazione e perché la sua vita è stata sempre improntata all’impegno culturale, sociale e politico a beneficio di tutta la comunità. Grazie Nicoletta». Sono presenti alla manifestazione anche i sindaci di Moncenisio, Mauro Carena, e di Giaglione, Marco Rey, oltre all’ex presidente dell’Unione montana ed ex primo cittadino di Susa, Sandro Plano.

A Torino migliaia in piazza chiedono Nicoletta e No Tav liberi

http://contropiano.org/altro/2020/01/11/a-torino-migliaia-in-piazza-chiedono-nicoletta-e-no-tav-liberi-0122885?fbclid=IwAR1L4nIN8fH6xunSmvRz-Hsk3dfYpSQLzoogZT1t6GRbgjh5irRNjG5T79w

In migliaia di persone provenienti anche da molte città sono partite in corteo da Piazza Statuto per chiedere la liberazione di Nicoletta Dosio e degli attivisti No Tav ancora in carcere, ma soprattutto la fine delle persecuzioni giudiziarie contro una comunità che da anni si batte per le difesa del proprio territorio dalle devastazioni ambientali e dalla mafia. Chi sostiene il Tav ne è complice, chi si oppone è un esempio da seguire.

11 Gennaio 2020

Giorgio e Mattia escono dal carcere! Il teorema della procura non regge

https://www.infoaut.org/no-tavbeni-comuni/giorgio-e-mattia-escono-dal-carcere-il-teorema-della-procura-non-regge?fbclid=IwAR2udKLDiMjVbfvvkj2zxjRxO_BaGuR6HHVo0ANta9qZKjPbFHhexDcMQNQ

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Giorgio e Mattia sono usciti dal carcere questa sera. Il teorema persecutorio imbastito dalla Procura e dalla Questura di Torino nei loro confronti non ha retto alla prova del riesame. Non solo, i giudici hanno ritenuto che non fosse necessaria alcuna misura cautelare meno restrittiva per questo procedimento. Aspettiamo le motivazioni del riesame, ma presumiamo che questa scelta derivi dal fatto che non hanno riscontrato indizi di colpevolezza sufficienti a giustificarle. Purtroppo Giorgio e Mattia però torneranno ai domiciliari per un altro procedimento riguardante i fatti del G7 del lavoro di Venaria.

Giorgio e Mattia escono dal carcere! Il teorema della procura non regge
 

Come avevamo scritto in occasione dei loro arresti l’operazione contro i No Tav in cui sono stati coinvolti si è rivelata un pacco. La solita grancassa mediatica a sirene spiegate, con tanto di conferenza stampa in questura, che finite le feste si scioglie come neve al sole.

Ricordiamo brevemente i fatti per chi se li fosse persi. Il 27 luglio, durante il Festival Alta Felicità, il movimento No Tav convoca una grande manifestazione partecipata da oltre 15mila persone per rispondere alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte che, dopo aver tergiversato per tempo e tradendo una promessa storica del suo schieramento, ha annunciato che i lavori per il tunnel della Torino-Lione sarebbero andati avanti. Il movimento aveva annunciato pubblicamente che sarebbe giunto fino in Clarea violando la zona rossa per mostrare ai partecipanti al festival e alla manifestazione la devastazione provocata dalla grande opera inutile. I No Tav hanno collettivamente mantenuto la promessa attraversando la zona rossa e abbattendo il cancello montato dalla polizia sul sentiero che impediva l’accesso alla Val Clarea.

Poco prima delle ferie di natale 16 attivisti No Tav vengono fermati, le loro case vengono perquisite e gli vengono affibbiate diverse misure cautelari (per lo più divieti di dimora dai comuni della valle e obblighi di firma). Giorgio e Mattia invece vengono trasferiti in carcere con l’accusa di essere i registi delle azioni della giornata. Accusa di per sé un po’ bislacca, dato che il movimento tutto nella sua collettività aveva dichiarato pubblicamente quali sarebbero stati gli obbiettivi della manifestazione. Ma non solo, la procura per provare a continuare la sua opera di persecuzione nei confronti di questi due compagni particolarmente attivi nella lotta No Tav e nelle lotte sociali a in città, ha appiccicato insieme un po’ di frasi decontestualizzate che qualunque partecipante a quel corteo avrebbe potuto dire per cercare di dimostrare la loro colpevolezza. Un fatto che sarebbe ridicolo di per sé, se non fosse che ha portato Mattia e Giorgio a passare quasi tre settimane in cella.

I giornali, sempre accondiscendenti con la questura quando si tratta di colpire i No Tav, hanno dato alla stampa i soliti titoloni parlando di “leaders”, di “capi” e dimostrando ancora una volta tutta la loro ignoranza rispetto al funzionamento del movimento.

Oggi tutto il castello di carte su cui si era montata questa fanfara ha subito un duro colpo. Il riesame ha ordinato la scarcerazione immediata. Nella conferenza stampa in questura in occasione degli arresti la polizia aveva annunciato che “non sarebbe finita qui” facendo supporre un secondo troncone dell’operazione probabilmente nella consapevolezza che questa prima parte si sarebbe certamente rivelata una fuffa. Ci chiediamo con quale credibilità ancora vengano concessi soldi dei contribuenti a questi personaggi per condurre indagini e operazioni che si rivelano molto spesso solo persecuzioni ad personam. Ma si sa, quando si parla di TAV i denari da spendere ci sono sempre…

Da notav.info

Torino, il senatore Pd Cerno in carcere da Nicoletta Dosio: “Amnistia per i No Tav”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/01/10/news/torino_il_senatore_pd_cerno_in_carcere_dalla_dosio_amnistia_per_i_no_tav_-245422559/?fbclid=IwAR2mRnLq50lBxqGwFexe8_aqK9HQXzZNG7lvoqqZWjWB378CgaHnAChFLEc

Il parlamentare Dem: “Sto lavorando ad un provvedimento di clemenza non limitato all’ex insegnante”

di JACOPO RICCA

 

10 gennaio 2020

Il senatore del Pd Tommaso Cerno ha incontrato questa mattina nel carcere di Torino l’attivista No Tav, Nicoletta Dosio, e primo parlamentare a farlo pubblicamente si esprime a favore di un’amnistia per chi è stato condannato per la battaglia contro l’alta velocità: “Mi farò portavoce della richiesta di amnistia per i No Tav perché le inchieste e i processi sono stati usati per reprimere un dissenso legittimo” spiega all’uscita dal Lorusso e Cutugno. Tra i pochi parlamentari dem a essersi detti contrari alla Torino-Lione Cerno sta lavorando perché si arrivi a un provvedimento di clemenza non limitato all’ex insegnante di Lettere valsusina: “Ho incontrato Dosio e devo dire che è una donna forte, ma provata – racconta – Ha deciso di andare in carcere per mostrare a tutti l’ingiustizia che patiscono in tanti e non solo lei”.

Secondo Cerno i margini per arrivare all’amnistia ci sono: “La solidarietà a Nicoletta è stata manifestata anche da Roberto Morassut che fa parte del governo, dove troppi pochi ancora la pensano come noi, e non vedo perché una proposta di amnistia che è in fondo la ragione per cui Dosio ha scelto di andare in carcere non possa essere valutata”.
Il senatore esprime dubbi anche sulle strategie che hanno portato alla condanna di Dosio: “La questione dell’alta velocità è sentita da migliaia di persone, ma alcuni sono stati puniti per dissuadere gli altri da manifestare. Il caso di Dosio è l’ultimo, ma prima ci sono stati i ragazzi accusati ingiustamente di terrorismo e di altre invenzioni giudiziarie che un paese civile non può ammettere”.  

Nicoletta, noi, la politica

https://volerelaluna.it/controcanto/2020/01/02/nicoletta-noi-la-politica/?fbclid=IwAR0lDHSvvaakUf-7RMvXedimzNwxNVnNTxPr3YjqgQXbmZeKrvP5hxOInhQ

Conviene partire dall’inizio.

Il 27 febbraio 2012, per protestare contro gli espropri di terreni interessati al TAV, un giovane di Cels, Luca Abbà, sale su un traliccio adiacente il cantiere della Maddalena. Inseguito da un agente di polizia precipita a terra folgorato. Mentre, al CTO di Torino, lotta tra la vita e la morte, la Val Susa scende in strada. Le forze dell’ordine intervengono, talora in modo brutale. Il 3 marzo, dopo una partecipata assemblea a Bussoleno, un folto gruppo di manifestanti raggiunge il casello autostradale di Avigliana e blocca alcune entrate indirizzando gli automobilisti verso due varchi nei quali è stato disattivato il sistema di pagamento. Nel corso dell’azione dimostrativa sopravviene anche Nicoletta Dosio che contribuisce a sostenere uno striscione con la scritta “Oggi paga Monti!”. Per questo, insieme ad altre 10 persone, viene ritenuta responsabile dei reati di violenza privata e interruzione di pubblico servizio e condannata alla pena di due anni reclusione (ridotti, in appello, a uno). Passano gli anni, la sentenza diventa definitiva e la Procura generale di Torino emette un ordine di carcerazione, la cui esecuzione viene, peraltro, sospesa per consentirle di chiedere la detenzione domiciliare (modalità ordinaria di sconto della pena per gli ultasettantenni). Ma Nicoletta rifiuta di chiedere la misura alternativa e dichiara che, in caso di concessione a seguito dell’iniziativa della Procura generale (evidentemente consapevole dell’ingestibilità della situazione che si sta innescando), non si atterrà alle prescrizioni (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/11/21/intervista-a-nicoletta-dosio-una-storia-intrecciata-con-il-tav). Così il magistrato di sorveglianza nega la misura alternativa e nel pomeriggio del 30 dicembre Nicoletta viene arrestata e tradotta in carcere.

«Giustizia è fatta!» recita un comunicato del Procuratore generale di Torino. Ma è chiaro che, a prescindere dai formalismi giuridici, non è così. Lo coglie persino La Stampa che, per attutire l’impatto della notizia, la relega a pagina 53 dell’edizione del 31, in fondo alle cronache locali e dopo le rituali raccomandazioni sui botti di Capodanno. Ovviamente non basta. In valle e in decine di città (da Nord a Sud) si rincorrono manifestazioni e presidi per protestare contro l’arresto mentre lo slogan “Nicoletta libera!” riempie i social. Tutti del resto – anche chi non sa nulla del TAV – colgono l’assurdità di rinchiudere in carcere Nicoletta (il cui reato, se reato c’è, non ha fatto male a una mosca e ha provocato alla società autostrade un danno di poche decine di euro) mentre sono allegramente in libertà bancarottieri, condannati per corruzione, politici che hanno fatto strame del bene comune, responsabili di disastri e attentati alla salute di tutti. L’ingiustizia è stridente e apre gli occhi su quel che davvero è accaduto e accade in Val Susa. Con la sua ostinazione Nicoletta – come il Bartleby di Melville con il suo irremovibile “preferirei di no” – mette a nudo le prevaricazioni del sistema e la pratica, contro i dissenzienti, di un “diritto penale del nemico” fatto di attenuazione del carattere personale della responsabilità (Nicoletta è stata condannata non per comportamenti specifici ma «perché ha partecipato scientemente alla manifestazione»), di deliberata confusione tra presenza e concorso nel reato, di applicazione spropositata della custodia cautelare in carcere (definita, in alcuni casi di violenza a pubblico ufficiale, «il minimo presidio idoneo a fronteggiare in modo adeguato le consistenti ed impellenti esigenze cautelari»), di mancata concessione di misure alternative per la il solo fatto di «essere No TAV e di abitare in Valle» (come accaduto a Luca Abbà: https://volerelaluna.it/tav/2019/09/15/la-vicenda-esemplare-di-luca-e-la-giustizia-nel-paese-del-tav/) e di molto altro ancora. Grazie a Nicoletta “il re è nudo”.

Non è certo la prima volta in cui le istituzioni reagiscono alle lotte sociali con un surplus di repressione. Ma, nella storia nazionale, ci sono stati momenti in cui la politica (una politica interessata, in qualche misura, al bene comune) ha saputo riprendere il suo ruolo. È accaduto, per esempio, nella primavera del 1970 quando un Parlamento pur a maggioranza moderata (con un Governo a guida democristiana) colse che l’aspra conflittualità dell’autunno caldo dell’anno precedente, con oltre 10.000 denunciati per una pluralità di reati, non poteva canalizzarsi, senza ferite permanenti, nelle aule dei tribunali. Venne così varata l’ultima amnistia politica (concessa con l’art. 1 del decreto presidenziale 22 maggio 1970) estesa a tutti i reati «commessi, anche con finalità politiche, a causa e in occasione di agitazioni o manifestazioni sindacali o studentesche, o di agitazioni o manifestazioni attinenti a problemi del lavoro, dell’occupazione, della casa e della sicurezza sociale e in occasione ed a causa di manifestazioni ed agitazioni determinate da eventi di calamità naturali» punibili con una pena non superiore nel massimo a cinque anni e, sempre alle stesse condizioni, per la violenza o minaccia a corpo politico o amministrativo, la devastazione, gli attentati alla sicurezza di impianti, il porto illegale di armi o parte di esse e l’istigazione a commettere taluno dei reati anzidetti. Disse, allora, il relatore della legge autorizzativa dell’amnistia che occorreva dare risposta al «disagio diffuso nella pubblica opinione che, pur deprecando taluni episodi di autentica delittuosità e pericolosità sociale, ritiene in gran parte sproporzionata e sostanzialmente ingiusta la rubricazione di quelle vicende sotto titoli di reato che erano stati dettati in un’epoca in cui era sconosciuta la realtà storica dei conflitti che caratterizzano tutti gli Stati moderni».

Oggi il clima, avvelenato da furori repressivi di diverso segno, è assai diverso, nella giurisprudenza come nella legislazione. I decreti sicurezza approvati dalla maggioranza gialloverde (e rimasti immodificati con quella giallorosa) hanno nuovamente penalizzato il blocco stradale, aumentato le pene per le occupazioni di stabili e previsto specifici e abnormi aggravamenti sanzionatori per la resistenza o violenza a pubblico ufficiale e reati consimili se commessi «nel corso di manifestazioni», così ribaltando persino l’impostazione del codice fascista che prevedeva (e formalmente prevede) come attenuante «l’aver agito sotto la suggestione di una folla in tumulto». Quanto all’amnistia, la sua stessa evocazione è considerata blasfema, tanto che, a seguito della sciagurata e demagogica riforma costituzionale del 1992, occorrono, per vararla, maggioranze parlamentari («due terzi dei componenti di ciascuna Camera») più ampie di quelle previste per le modifiche della Carta fondamentale.

La politica si guarderà bene dal riprendere un ruolo di governo lungimirante della società. E tuttavia la scelta di Nicoletta non può restare relegata nell’ambito di una coerenza etica individuale. Il suo è un gesto politico e deve avere un seguito politico. Nell’immediatezza dell’arresto “Volere la luna” ha chiesto al Capo dello Stato di concederle la grazia: non come provvedimento di clemenza individuale ma come atto, sia pur tardivo, di giustizia e come segnale di cambiamento generalizzato di una politica e di un intervento giudiziario che mostrano sempre più il loro fallimento. Non ci sarà l’amnistia e, probabilmente, neppure la grazia, riservata nel Belpaese a chi è organico al potere di sempre (da Sallusti, a Bossi, agli agenti della CIA condannati per il sequestro di Abu Omar). Ma l’apertura di una campagna per la grazia avrebbe comunque l’effetto di costringere la politica, la cultura, il mondo del lavoro a schierarsi sulla libertà di dissentire, sul valore della libertà personale, sull’entità del potere punitivo. E non sarebbe poca cosa.

LE VERITABLE ARRIERE-PLAN DU SOMMET DE PAU : LA VAGUE DE LA COLERE ANTI-FRANCAISE AU SAHEL !

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2020 01 13/

LM.GEOPOL - Sommet de pau (2020 01 13) FR (4)

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ZOOM AFRIQUE du 13 janvier 2020

sur PRESS TV (Iran)

J’ai analysé ce jour pour PRESS TV les véritables motivations du Sommet de Pau convoqué par Macron en direction des présidents africains du G2Sahel. La véritable motivations de ce Sommet c’est la peur de Paris face à la vague de fond de la colère anti-française parmi les masses africaines, en particulier au Mali, au Niger et au Burkina Faso …

* Source :

La Video sur PRESS TV/YOUTUBE sur

https://youtu.be/BTEl8gijWRU

PRESS TV présente ainsi mon analyse :

« Sommet de Pau : le Sahel ne veut plus de la France !

Le Sommet de Pau, reporté sous prétexte de solidarité pour le Niger qui a perdu 71 soldats dans la mascarade d’Inates, se tient ce lundi 13 janvier. Agacé par la montée du sentiment anti-français, Macron n’avait pas caché sa colère en demandant sur un ton insolent aux pays du G5 une « une clarification » quant à la présence française sur place.

Qu’attendre de ce sommet ?

Luc Michel, géopoliticien revient sur ce sujet. Écoutons-le. »

DES ELEMENTS POUR COMPRENDRE LE DOSSIER :

1-

Voir mon analyse sur Afrique Media sur la contre-information menée par Paris :

* Vidéo MALI, LA VERITE SUR LES MANIFESTATIONS ANTI-FRANCAISES. THEORIE DU COMPLOT DES MEDIAS OCCIDENTAUX OU COLERE POPULAIRE ?

sur https://vimeo.com/384227055

2-

Que représente le sentiment anti-français ?

Le Monde (Paris, financé par les Réseaux Sorös, est en aveu :

Extrait/ « Une pétition pour une intervention russe.

De cette impatience est né le Groupe des patriotes du Mali (GPM). Ses membres n’ont pas oublié le 30 janvier 2013, quand l’armée française est entrée dans Kidal, ville du nord du Mali connue pour être le fief des rebelles, « et qu’ils ont empêché les soldats maliens de les suivre », ajoute Seydou Sidibé, du GPM. Aujourd’hui en première ligne dans l’organisation des manifestations, ils sont également à l’origine d’une pétition réclamant une intervention russe signée, selon eux, par 8 millions de Maliens. Selon un sondage publié mercredi 11 décembre 2019 par le site Maliweb, une aide russe « pour sortir définitivement de la crise » aurait la faveur de 89,4 % de la population, et 80 % aurait une opinion défavorable de la France. Pourtant, cette enquête a été uniquement réalisée « dans le district de Bamako » (…) »

(Sources : Press TV – Afrique Média – Le Monde – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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