Avanti con il «no» al Mes! – ma siamo sempre al ribasso …

 Orazione di Conte a Camera e Senato: auto-giustificazione/-esaltazione, con ostentazione culturale (citazioni, peraltro inutili a chiarire il discorso, in anglico, francese, latino e greco, a far mostra di cultura – ma proprio l’ostentazione è nel top della volgarità), attacchi (a Salvini-Lega e Meloni-Fd’I, però in un «dire a suocera perché nuora intenda», ossia sottesi anche a Di Maio) e insulti (“ignoranti, non sapete leggere, dite balle”, etc.), per concludere “il Mes va bene”. Assenso dell’uomo-Ue-Gualtieri (entusiasta l’ora ministro dell’Economia: piú di 40 minuti a far «sí» con la testa), assensi dal Pd (e discorso ilarotragico di Delrio, “l’Europa è la nostra salvezza”: !?) e applausi (ma non tutti i piddini “si sono spellati le mani”), assenso anche di Marattin (Italia viva) … Ma Di Maio è rimasto impietrito e gelido, se ne è andato dai banchi del governo alla Camera senza salutare (Conte e Gualtieri) e neanche si è recato a sentire il discorso ripetuto in Senato. Del resto, aveva già annunciato che “cosí com’è la riforma del Mes non si sottoscrive”, ribadendolo nella riunione-fiume del governo la notte di domenica scorsa (1 dicembre), per chiudere con “deciderà il voto del parlamento”.

Del resto, Conte si può «arrampicare su tutti gli specchi» che vuole: la risoluzione parlamentare (M5S-Lega) del 19 giugno 2019 dice (scritto nero su bianco) di “non trattare”. Invece Conte, e l’allora ministro dell’Economia Tria (lo confermano le sue dichiarazioni di questi giorni), hanno trattato. Questo, anche non tenendo conto della massa di comunicazioni (e-mail e Whatsapp) a ribadire che non si doveva trattare, né delle ripetute richieste (in particolare di Bagnai e Borghi) di informare il parlamento sul Mes, tutte disattese. E «le chiacchiere non fanno farina»: né quelle che il governo («giallo-verde») fosse informato e in realtà d’accordo, né che in particolare Giorgetti (Lega) fosse consenziente, né che solo ora viene sollevato “il caso” in maniera strumentale. La risoluzione parlamentare e le richieste disattese inchiodano Conte (insieme a Tria): hanno trattato e dato il consenso al Mes-riformato, hanno violato il mandato parlamentare, sono proceduti di soppiatto al parlamento e al governo (precedente), hanno approvato un attentato contro il nostro popolo e paese (se ne è già trattato nelle comunicazioni Mes, Meccanismo europeo di stabilità: di che e di chi, e in che senso? E misfatti connessi … e Mes e M5S: hic Rhodus hic salta, per cui, adesso, qui non ci si ritorna). Salvini-Lega e Meloni-Fd’I uniscono all’attacco contro il Mes-riformato quello giuridico a Conte (violazione della «Legge Moavero» su rapporti e trattati esteri, e dell’art. 264 del c. p., «infedeltà in affari di Stato»). Non fa lo stesso Di Maio, che, però, non approva e rinvia al voto parlamentare. Che dirà di «no» all’approvazione del Mes-riformato-cosí-com’è – probabilmente

Come mai quest’ultima “incertezza”? Perché il «no» sarà, a ogni modo, contro l’uomo-Ue-Gualtieri e contro lo stesso presidente del Consiglio, Conte. Quindi, il «no» dei 5S, insieme a Lega e Fd’I, in contrasto con il «sí» del Pd (Italia viva infine che farà? E LeU, se anche Fassina si è espresso contro?), configura una diversa maggioranza parlamentare. Il che significa che il Conte-bis non ha la maggioranza del parlamento. Crisi di governo? Non di necessità (a meno che Conte non ponga la fiducia sull’approvazione e riceva, appunto, un «no»), tuttavia la “scossa di crisi” sarà comunque forte e foriera di caduta prossima ventura. Ma Grillo – vero «capo politico» del M5S (residuo) -, che ha proclamato «la collocazione “a sinistra” (del M5S) è quella giusta», lo permetterà? Grillo ben sa (o lo dovrebbe) che “la sinistra”, ovvero il Pd & Renzi & Co., sono la forza agente della piú abietta sottomissione a Ue/euro. Ma il «no» al Mes-riformato metterà in discussione sia l’accordo con il Pd & “soci”, sia l’assetto-Ue. E Di Maio e gli “esponenti” ed eletti 5S, nel caso di tale eventuale imposizione grillesca contraria, l’accetterebbero? Su tutto ciò ora si può solo dire: vedremo.

Una notazione però è necessaria. Ai pochi grulli (come chi scrive) che si sono letti, attentamente, il «contratto di governo» dell’esecutivo «giallo-verde» non sfugge che il proposito concordato era rivolto già contro il precedente (alla riforma) Mes. E niente è stato fatto, evidentemente sotto il “marchio” vincolante (nel «contratto») del “si sta nell’Ue/euro/Nato”, anche se ne derivava almeno il «no» a trattativa e consenso sul Mes-riformato. Ma ora a cosa siamo arrivati? Che si voterà «no» – sul che Lega e Fd’I si sono dichiarati d’accordo con i 5S – “alla riforma del Mes prima che sia ridiscussa e trattata”. Allora, nel caso che in seguito vi sia qualche parziale “soddisfazione” su “qualcosa”, si dirà «sí»? Si procede di ribasso in ribasso, come su un piano inclinato in giú. Domanda ineludibile: cosí dove si andrà a finire?

Mario Monforte

4 Novembre, vedi Napoli e poi muori.

Dalla Cesarina Branzi su Nato e Italia

Napoli, e non Roma, è stata al centro della Giornata delle Forze Armate. Sul Lungomare Caracciolo sono sfilati 5 battaglioni. Ma il pezzo forte è stata l’area espositiva interforze, che ha richiamato per cinque giorni in Piazza del Plebiscito soprattutto giovani e bambini. Essi hanno potuto salire a bordo di un caccia, guidare un elicottero con un simulatore di volo, ammirare un drone predator, entrare in un carrarmato, addestrarsi con istruttori militari, per poi andare al porto a visitare una nave da assalto anfibio e due fregate missilistiche. Una grande “Fiera della guerra” allestita con un preciso scopo: il reclutamento. Il 70% dei giovani che vogliono arruolarsi vive nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia dove la disoccupazione giovanile è del 53,6%, rispetto a una media Ue del 15,2%. L’unico che offre loro un’occupazione “sicura” è l’esercito. Dopo le selezioni, il numero dei reclutati risulta però inferiore a quello necessario. Le forze armate hanno bisogno di piú personale, perché sono impegnate in 35 operazioni in 22 paesi, dall’Europa orientale ai Balcani, dall’Africa al Medioriente e all’Asia. Sono le “missioni di pace” effettuate soprattutto là dove la Nato sotto comando Usa ha scatenato, con l’attiva partecipazione dell’Italia, le guerre che hanno demolito interi Stati e destabilizzato intere regioni. Per mantenere forze e armamenti adeguati – come gli F-35 italiani schierati dalla Nato in Islanda, mostrati dalla Rai il 4 novembre – si spendono in Italia, con denaro pubblico, circa € 25 miliardi annui. Nel 1918 la spesa militare italiana è salita dal 13° all’11° posto mondiale, ma Usa e Nato premono per un suo ulteriore aumento in funzione soprattutto dell’escalation contro la Russia. Lo scorso giugno il governo Conte 1 ha “sbloccato” € 7,2 miliardi da aggiungere alla spesa militare. Lo scorso ottobre, nell’incontro del premier col segretario generale della Nato, il governo Conte II ha assicurato l’impegno ad aumentare la spesa militare di circa € 7 miliardi a partire dal 2020 («La Stampa», 11 ottobre 2019). Si sta cosí per passare da una spesa militare di circa € 70 milioni al giorno a una di circa 87 milioni al giorno. Denaro pubblico sottratto a investimenti produttivi fondamentali, specie in regioni come la Campania, per ridurre la disoccupazione a partire da quella giovanile. Ben altri sono gli “investimenti” fatti a Napoli. Essa ha acquistato un ruolo crescente quale sede di alcuni dei piú importanti comandi Usa/Nato. A Napoli-Capodichino ha sede il Comando delle Forze navali Usa in Europa, agli ordini di un ammiraglio statunitense che comanda allo stesso tempo le Forze navali Usa per l’Africa e la Forza congiunta Alleata (Jfc Naples) con quartier generale a lago Patria (Napoli). Ogni due anni il Jfc Naples assume il comando della Forza di risposta Nato, una forza congiunta per operazioni militari nell’«area di responsabilità» del Comando Supremo Alleato in Europa, che è sempre un generale Usa, e «al di là di tale area». Nel quartier generale di Lago Patria è in funzione dal 2017 l’Hub di direzione strategica Nato per il Sud, centro di intelligence, ossia di spionaggio, concentrato su Medioriente e Africa. Dal comando di Napoli dipende la Sesta Flotta, con una base a Gaeta, che – informa la vice-ammiraglia Usa Lisa Franchetti – opera «dal Polo Nord fino al Polo Sud». Questo è il ruolo di Napoli nel quadro della Nato, definita dal presidente Mattarella, nel messaggio del 4 novembre, «alleanza alla quale dobbiamo liberamente scelto di contribuire, a tutela della pace nel contesto internazionale, a salvaguardia dei piú deboli e oppressi e dei diritti umani» (M. Dinucci, «il manifesto», 05.11.2019).

[Da notare le parole tanto untuose quanto stomachevoli di Mattarella: abbiamo «liberamente scelto» di stare nella Nato? Cosa? Dopo la sconfitta nella II Guerra mondiale e la collocazione dell’Italia nell’area di influenza Usa, ossia sub Stati Uniti? E ci stiamo «a salvaguardia dei piú deboli e oppressi», etc.? Come? Con il ruolo che ha avuto, e ha, la Nato – anche dopo la fine dell’Urss, contro cui falsamente era stata costruita, e, anzi, poi ancor di piú – di manus delle operazioni imperiali degli Stati Uniti in Europa e in tutto il mondo? Con la componente delle truppe italiane che fanno dovunque da “ascari” degli Usa? E intanto anche il sopradetto intervento di Dinucci fa ri-vedere appieno (ancora una volta) che funzione di base strategica ha l’Italia per gli Usa e che posizione di subalternità funzionale ha l’Italia. La fuoriuscita dalla Nato, alias da questa abietta sottomissione agli Usa, è cum-sostanziale alla fuoriuscita dall’abietta sottomissione all’Ue/euro. Ma, se un certo dibattito riguardo a Ue/euro c’è, sulla questione Nato/Usa vige il pieno silenzio. M:M.]

RIVOLTE DEI SIGNORI(NI): TRA LE ROSE DEL CLIMA E LE VIOLE DI HONG KONG ANCHE LE PETROSARDINE CI STAN BENE —- MES NAZIONICIDA ED ELEZIONI CAPESTRO: I 5STELLE DA BENE MAGGIORE A MALE MINORE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/11/rivolte-dei-signorini-tra-le-rose-del.html

MONDOCANE

VENERDÌ 29 NOVEMBRE 2019

 

Le sardine? Un movimento spontaneo di fiancheggiamento dell’establishment” (Giuliano Ferrara, Intelligence Usa, con incontenibile entusiasmo)

Il disordine sotto il cielo nell’ordine dei media

Dove eravamo rimasti? Ah già, le sardine, occhiutissime a “destra”, orbe a “sinistra”, per riprendere una categorizzazione che, oggi come oggi, vale quanto quella di “fedeli” e infedeli” per la religione, o “fascisti” e “democratici” per i globalisti neoliberali. E poi Di Maio e cosa stia facendo al M5S. E anche l’invasione nella parte nord-occidentale del pianeta di un movimento sul cambiamento climatico che ha tutte le caratteristiche, identitarie e strategiche, delle sollevazioni “spontanee” in corso nel mondo, da Hong Kong a Beirut, da Baghdad a Tehran. Che poi sono opposte ad altre di segno contrario, in Bolivia, Cile, Colombia. Ma che i media, strafurbi, mescolano tutte, facendone una zuppa nella quale si fa convivere la sana cicoria e la tossica mandragola. Così, l’ignaro se la pappa e viene steso da una bella colite di strumentalizzazioni.

Torniamo sull’argomento, proprio per dare una mano affinchè si eviti il debilitante inconveniente. E per dire della “spontaneità”, ecco un bell’esempio di manifestanti a Hong Kong che si battono per la democrazia con le mani nude degli oppressi e sfruttati, e un link che ne dimostra l’assoluta indipendenza e il rifiuto di ogni manipolazione esterna. https://youtu.be/98I4luNNai4 (si canta l’inno nazionale britannico e si sventolano bandiere UK)

Così bisognosi di essere soccorsi, questi inermi ragazzetti, che hanno messo a ferro e fuoco la metropoli, da richiedere l’intervento a gamba tesa di Trump, con sanzioni ai dirigenti cinesi (ormai siamo alle sanzioni a metà dei paesi del mondo che, peraltro, sarebbe una buona indicazione della perdita di egemonia degli Usa). Quanto a ingerenze negli affari interni di un altro paese, quella di Washington sta a quella presunta di Mosca nelle elezioni americane, come un caterpillar che sfonda la porta di casa sta a una mosca sul vetro della finestra.

Abbiamo visto la disarmata e del tutto autonoma “spontaneità” delle rivolte che piacciono alla gente che piace (al Sistema) e vediamo quelle che alla gente che piace piacciono per niente. Gente dilaniata dal dolore in Bolivia….

…..mentre dalle nostre parti abbiamo delle gradevolissime sardine…

 …  Extinction Rbellion con le brave ragazze e i bravi ragazzi di Bill Gates, George Soros e paperoni vari

 …. e, trattate un po’ diversamente, le cattivone del Cile.

Segnalate le differenze

Mentre dalla Bolivia si nota l’evoluzione, bene articolata dal “manifesto”, quando nelle sue analisi passa da “colpo di Stato fascista con direttore d’orchestra yankee”, al più equilibrato “crisi in Bolivia” e a certe femministe boliviane alle quali, nella congiuntura, preme soprattutto denunciare l’insopportabile machismo, mica del golpista Luis – el macho – Camacho, protagonista dichiaratamente nazista del golpe, ma l’evidentemente molto peggiore Evo Morales Ciò nel momento  in cui il popolo di Evo viene massacrato dai militari addestrati nella Scuola delle Americhe. Non manca mai al “manifesto” lo spunto per far risuonare alta e forte la voce del Deep State.

Da Bologna a Firenze a Palermo, i padroni si riprendono la piazza

L’organetto clintonian-obamiano che si annuncia come “quotidiano comunista”, esperto più di chiunque nel fingersi sorosianamente antagonista per frenare ogni vero antagonismo, alla vista di certe ascendenze renziane e piddine delle sardine, è stato anche il primo a suggerire agli organoni maggiori come sventare qualsiasi approfondimento, se non dubbio. Di quelli solitamente attribuiti a quei nemici del popolo che sono i complottisti. Dei bravi ragazzi che marinano la scuola il venerdì per ritrovarsi in piazza a salvare l’umanità dall’estinzione, nulla si può assolutamente dire, se non bene. Per cui quale migliore evoluzione che quella in cui tutta la meglio gioventù, Greta e i suoi, Fridays For FutureExtinction Rebellion, da 450 euro di rimborso al mese, e le “sardine”, si riunisca in un empireo di ragazzi, magari analfabeti funzionali, come dicono i ricercatori, ma compattamente e irriducibilmente anti-gas serra, antirazzisti, antipopulisti, anti-omofobi, magari LGBTQI, antisovranisti, implicitamente anti-Lega e, soprattutto, anti-Cinquestelle?

Sardine al petrolio? Per furbi e pirla basta un Bella ciao

Potevano mancare i soliti chierichietti  a fianco degli scontati incensatori dei pesci azzurri che ci penetrano in casa e sfondano certe ghiandole dagli schermi di Zoro, Formigli, Fazio, Gruber, Floris e via imbonendo? No, non potevano. Come non hanno potuto far mancare la propria fervida adesione a questi stessi quando navigavano, virtualmente o davvero, sui bastimenti della nuova tratta degli schiavi. Sono i cartonati sinistri messi a guardia di una Guantanamo Mondiale, operata dal globalismo delle sanzioni e delle guerre. Gli immancabili reperti museali della sinistra in buonafede, ma bischera. Il più esibito e, per buoni motivi, gradito agli amici del giaguaro Raiset-Cairo, è quel Marco Revelli, ultimo giapponese della Lista per gonzi Tsipras (Tsipras-Troika, in effetti) che, per ribadire la sua bravura negli abbagli, si sprofonda in peana per le sardine colorate.

Questa fusione di eccellenze democratiche, ecologiciste, antirazziste e ittiche, è la pietra filosofale che tramuta in oro liberal-socialdemocratico il cemento di un grande progressista  emiliano-romagnolo che, come l’ex-sindaco e poi ministro Delrio, governa sulla regione a più alta densità ‘ndranghetara d’Italia, ora vergognosamente pugnalato alle spalle da quei voltagabbana dei 5Stelle.

Del resto, non è che ci vuole molto a farsi sedurre da sardine e affini. Basta che intonino un Bella Ciao e il gioco è fatto. Tutti commossi e convinti che l’ossimoro sardine al petrolio, più Fridays For Future, sia la rivoluzione del subcomandante Marcos (peraltro truffaldina come questa). Io a quelli che hanno ridotto il canto partigiano a colonna sonora di ogni imbroglio dedicherei, se non proprio la sorte che i partigiani riservavano agli infiltrati, non sono ahinoi quei tempi, qualcosa di virtualmente simile.

Petrosardine – i trascorsi trivellisti della sardina Santori

 

pesci petrolizzati nella Basilicata dove per il capo-sardina servono più trivelle.

Le sardine sono una garanzia a 360 gradi. Non si fanno e non ci fanno mancare niente. Sono ecumenici, come “il manifesto”: dagli operai della Whirlpool alla Hillary Clinton del linciaggio della Libia e di Gheddafi. Pensate cosa ha scoperto il Professore di Diritto Costituzionale di Teramo, Enzo Di Salvatore, leader del movimento anti-idrocarburi No Triv (lo trovate da me intervistato anche sul docufilm “O la Troika o la vita”), oltre alle già note ascendenze renzian-piddine del caposardina fiorentino, Bernard Dika. Tre delle quattro sardine che hanno dato vita al fiancheggiamento dell’ultradestra PD-Italia Viva nelle prossime elezioni, lavorano con, o hanno a che fare con le compagnie dell’energia. Di cui poco agli anti-idrocarburi Fridays For Future sembra calare. Non vale a compremettere l’unità anti-populisti e anti-sovranisti.

Mattia Santori, subcomandante bolognese, nel 2014 si entusiasmò per lo Sblocca Italia di Renzi, culmine di ogni devastazione ambientale, più trivelle nella martoriata Basilicata e dappertutto, inceneritori e impianti energetici a gogò e militarizzati come strategici. Chi le contrasta è un disertore. Nel 2016 sostenne il sabotaggio del referendum contro le trivelle che squarciano Italia e Adriatico e a manetta per TAP e Grandi Opere. Un vero eroe della devastazione ambientale al servizio dei Grandi e Grossi. Non per nulla impazza in tv su onde di banalità sloganiste e vuoti politici e “il manifesto” gli ha lubrificato un’intervista degna di Rockefeller-Exxon, o George Soros (ve ne daremo conto prossimamente)

Le Petrosardine di Bologna

Chissà quanto la sorellina Greta, ospite coccolata da tutti i grandi inquinatori e guerrafondai della Terra, si troverà a suo agio accanto a questo giovanotto, circonfuso di allori e bagliori dal solito Formigli in Piazza Pulita, a compenso della sua totale inanità. Ciò che di lui e degli altri tre centurioni di Bologna – Roberto Morotti, Giulia Trapattoni e Andrea Garreffa – rende valido l’intervento accanto a una sinistra criptodestra in affanno e a spostare a destra il vuoto lasciato da Di Maio e soci, sono l’inevitabile faccia pulita, perché serena, curata, soddisfatta e compiaciuta, e le scelte che simili volti possono condividere.

Della Lega e dei Cinquestelle gli fanno schifo populismo, razzismo, sovranismo. Dei PD e sconnessi annessi non fanno schifo, anzi non fanno nemmeno notizia, l’obbedienza ai caudilli non eletti dell’UE, il ruolo di ascari dei sovranisti Usa, il plauso a colpi di Stato e rivolte colorate dei vari Soros, Cia, NED, le guerre ai “dittatori”, le sanzioni razziste ai popoli che hanno da morì, il genocidio strisciante dei palestinesi, il glifosato di Bayer-Monsanto, i vaccini coatti della Lorenzin-Glaxo, il populismo becero di Renzi, il clintonismo del PD, gli osceni scambi tra finanziamenti e favori, il consociativismo con ogni sorta di malaffare, il MES finalizzato a far sprofondare nel Mediterraneo, dopo la Grecia, l’altra appendice d’Europa, l’Italia, e far predare il nostro mare a chi, nel Nord, da duemila anni lo brama.

Il MES e altri boia

A proposito di MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, che è il nome d’arte, o piuttosto di battaglia, dei terroristi UE impegnati a imporre il principio della democratura: il potere dell’oligarchia plutocratica, sciolta dalla dipendenza da elezioni, sui popoli che ancora s’illudono di poter dire la loro mediante voto. E qui l’azionista di maggioranza nel parlamento, quello che sorride alle sardine mentre gli stanno tirando via la terra sotto ai piedi, tentenna, traccheggia, s’avvia all’impossibile compromesso con una triade Gualtieri-Mattarella-Von der Leyen che sentenziano “cosa fatta capo ha”.

Ecco, il peccato originale e diononvoglia finale: si chiama Ursula von der Leyen, il voto dei Cinquestelle che ne ha permesso l’elezione, quello contrastato che ne ha permesso la conferma a stragrande maggioranza degli euro-eunuchi (4 Eurodeputati 5Stelle tra contro e astenuti, grazie Corrao!). E, conseguentemente, la proclamazione dell’ ”emergenza ambientale” che, come tutte le “emergenze” adottate dai regimi pencolanti verso l’autoritarismo, non punta ad altro che a imporci lacci e lacciuoli per assoggettarci al imperialcapitalismo della Green New Economy. Grazie a Greta, Fridays For Future, Extinction Rebellion e petrosardine.

Il MES e il figlio deforme di un genitore pesantemente afflitto da deriva genetica, il Fiscal Compact, l’obbligo del pareggio di bilancio, addirittura inciso nelle tavole costituzionali. La Lega di Salvini dice benissimo che si tratta di un commissariamento dell’Italia, con un cappio al collo, il debito, che i boia non eletti dell’Unione – eminentemente le banche tedesche – possono stringere e stringeranno, quando si tratterrà di disperdere al vento le briciole dell’Italia che si sono mangiati. Sarebbe più convincente il solito cartonato Salvini se il suo braccio destro, sinistro e di centro, Giorgetti, non ne fosse stato il primo firmatario.

Ma lo scandalo vero non sono le mosse propagandistiche di Salvini, quanto la verità della sua accusa strumentale che il trio euro-mattarelliano della cattiva sorte, Conte, Tria e Gualtieri, abbiano accettato questo carcere a vita con esecuzione finale, senza renderne conto al parlamento. Roba da alto tradimento della Repubblica, come non senza ragione dice l’imbonitore papeetiano. Del resto, quella del passare per le istanze transnazionali non elette, sopra e sotto al parlamento, e quindi del popolo, è la trave portante della divisione dei poteri secondo la globalizzazione.. Cosa ci hanno fatto sapere del TTIP, del CETA, tutti negoziati in segreto, o delle operazioni militari clandestine, di combattimento ora scoperte in Iraq, grazie all’ordigno dei jihadisti e in Libia, grazie ad Haftar che ha abbattuto il nostro drone. Anzi due.

E Di Maio e la sua consorteria governista, dopo aver ingoiato Tav, Tap, Muos, combine elettorale col PD in Umbria, F35, Nato, Euro, Von der Leyen, Lagarde, inseriranno nella cintura esplosiva che si sono stretti in vita anche questo ordigno? Daranno retta a gente come la Lombardi che, tentato assieme al baldo Spadafora di far fuori la migliore e più perseguitata sindaca che fosse capitata al MoVimento, pone il suo ruolo di sgabello di Zingaretti governatore a modello di quanto i Cinquestelle dovrebbero fare in Emilia-Romagna e dappertutto? Quello Zingaretti, che distribuisce licenze per la devastazione dei centri storici e che, per la gioia di Lombardi, ha mancato tutti i suoi impegni sullo smaltimento dei rifiuti, ritardando dal 2012 il Piano regionale relativo e dandone la colpa e osando ricatti nei confronti della Raggi?

I 5Stelle, da bene maggiore a male minore

Se si applicasse ai 5Stelle l’aurea massima del “dimmi con chi vai”, guardando agli accalappiallocchi turboliberisti e finti sovranisti di prima e al concentrato di malaffare renzian-piddino nel quale si stanno facendo frullare adesso, vi sarebbero tutti i motivi per emigrare in Islanda. Come e peggio di prima, quando se la dovevano vedere con i latrati del pitbull, la tenaglia in cui si ritrovano, tra boa constrictor e serpente a sonagli, gli vorrebbe far saltare i pochi denti che gli restano. E che sarebbero: la prescrizione dopo il primo grado, che eviterebbe al paese un nuovo governo di un associato mafioso; la legge sul conflitto d’interessi, che ci risparmierebbe una classe dirigente di traffichini e trafficoni; un NO al MES da assordare Bruxelles, Parigi e Berlino, che strappi la mannaia agli esperti di nazionicidio; l’inchiesta di Paragone sulle banche, compresa la BCE, affinchè sia neutralizzato il principale strumento per la mostruosa diseguaglianza sociale su cui il liberalismo ha trionfato; la riforma dei contributi all’editoria, perché strombazzatori di partito, cosche, logge, canoniche, Stati Profondi, non vengano più tenuti in piedi dai miei soldi; la revoca delle concessioni autostradali ai profittatori e manutentori inadempienti e colpevoli di omicidi colposi; lo stop ai devastatori petroliferi e farmaceutici. Eccetera eccetera. E, subito, un’organizzazione, come tanti la richiedono, che ponga fine al biumvirato sultano – visir e faccia parlare, crescere e decidere il popolo 5Stelle.

Ci credete? Boh. Alla luce dei mesi recenti, mica tanto. Però è successo finalmente che un segmento del popolo 5Stelle ha contraddetto sultano e visir e ha deciso di non nascondersi e di gareggiare, a dispetto dei tempi bui, alle elezioni regionali. Buon segno. Purchè la lotta sia  senza remore e con ogni fibra del corpo e della testa pentastellati e non si faccia il giochino di correre da soli, ma senza dar troppo fastidio all’energumeno cementificatore. Sarebbe davvero il meritato 5% e anche meno. Tutto questo è compatibile con l’alleanza di governo? Per me, no.

Alessandro alza la voce.

Alessandro Di Battista, tornato dall’Iran dopo il doloroso evento della morte della madre, dopo tanto amaro silenzio, ha fatto sentire la sua voce. Può dire mille volte, nel nome della coesione di quanto brilla ancora nelle 5 Stelle, che la pensa come Di Maio. Di Maio è altro. Dibba è l’uomo, il militante, il politico che, secondo me, assieme a coloro che la pensano come lui e come le sue parole nell’intervista al FQ del 29 novembre: con gli eurodeputati che hanno votato contro Von der Leyen, la legge sul conflitto d’interesse che disarmerebbe tutti i gangster della politica e della burocrazia, ambiente sul serio, giustizia, fondazioni, MES, Benetton, liberismo, IMU della Chiesa…. Mancano UE, euro, Nato, molte cose, ma vedremo. Uno si attacca alla ciambella che gli capita a tiro. E io credo che Di Battista potrebbe dare una svolta alla deriva, fiducia agli sconcertati, un itinerario ai disorientati, fuoco alle polveri. E un alt all’invasione della Sardinen Jugend  Forse. Se le future vicende mi smentiscono, non ci sarà cenere sufficiente per il mio capo.

Personalmente non vedo altri che possano essere credibili con il popolo dei 5Stelle. Che comunque rimane se non la migliore, se non la più matura, la parte meno contaminata della nostra società. E questo è ciò che conta di più.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:49

APPELLO DELL’INTERNATIONAL ACTION CENTER PER LA LOTTA ALLE SANZIONI USA, inoltrato da Sara Flounders

 

Le sanzioni vengono imposte dagli Stati Uniti e dai suoi soci minori contro paesi che si oppongono al loro ordine del giorno. Si tratta di armi della Guerra Economica che producono carenze croniche di necessità di base, delocalizzazioni economiche, iperinflazione caotica, carestie indotte, malattie, povertà. In ogni paese sono i più poveri e i più deboli – bambini, minori, malati cronici, anziani – a subire il peggiore impatto delle sanzioni.

Le sanzioni imposte dagli USA violano il diritto internazionale e sono strumenti per i cambi di regime. Coinvolgono un terzo dell’umanità in 39 paesi. Sono un crimine contro l’umanità utilizzato, al pari degli interventi militari, per rovesciare governi e movimenti che hanno il sostegno popolare. Forniscono appoggio economico e militare a forze di destra subalterne agli USA.

Il dominio economico degli USA e le sue oltre 800 basi in tutto il mondo esigono che tutti gli altri paesi partecipino alle azioni di strangolamento economico. Devono porre fine a tutti i normali rapporti commerciali, se non vogliono trovarsi puntata contro l’artiglieria di Wall Street. Le banche e le istituzioni finanziarie responsabili della devastazione delle nostre comunità a casa, guidano il saccheggio degli altri paesi.

Molte organizzazioni hanno combattuto da tempo le sanzioni e le guerre economiche. ORA abbiamo l’opportunità di unire gli sforzi per far crescere la consapevolezza di questo cruciale problema.

La nostra campagna allargata comprenderà proteste e manifestazioni, pressioni, petizioni e tutte le forme di impegno comunicativo..

Come passo iniziale di questa campagna sollecitiamo mobilitazioni e attività di informazione-formazione da organizzarsi in vista della Giornate d’Azione Internazionale contro le Sanzioni e la Guerra Economica degli Stati Uniti, nei giorni 13-15 marzo 2020.

PER FAVORE VOGLIATE AGGIUNGERE LA VOSTRA ADESIONE E AIUTARE A DIFFONDERE L’APPELLO

Sanctions are imposed by the United States and its junior partners against countries that resist their agendas.  They are a weapon of Economic War, resulting in chronic shortages of basic necessities, economic dislocation, chaotic hyperinflation, artificial famines, disease, and poverty.  In every country, the poorest and the weakest – infants, children, the chronically ill and the elderly – suffer the worst impact of sanctions.

US imposed sanctions, violate international law and are a tool of regime change. They impact a third of humanity in 39 countries.  They are a crime against humanity used, like military intervention, to topple popular governments and movements.   They provide economic and military support to pro-US right-wing forces.

The US economic dominance and its +800 military bases worldwide demands all other countries participate in acts of economic strangulation.  They must end all normal trade relations, otherwise they risk having Wall Street’s guns pointed at them.  The banks and financial institutions that are responsible for the devastation of our communities at home drive the plunder of countries abroad.

Many organizations have been fighting Sanctions and Economic War for some time.  NOW is an opportunity to combine efforts to raise consciousness on this crucial issue.

This broad campaign will include protests and demonstrations, lobbying, petition drives and all forms of educational efforts.

As an initial step for this campaign we encourage mobilizations and educational efforts to be organized for the International Days of Action against US imposed Sanctions and Economic War on March 13-15.

Please add your endorsement and help spread the word

DALL’ODIO DEL “MANIFESTO” AL MANIFESTO DELL’ODIO —– QUANDO LE COLORI, LE SARDINE VANNO A MALE —– CHE CI FANNO BILL GATES, TED TURNER E GEORGE SOROS CON EXTINCTION REBELLION?

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/11/dallodio-del-manifesto-al-manifesto.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 26 NOVEMBRE 2019

 

“Non siamo contro il Sistema” (I fondatori delle “Sardine” toscane: Danilo Maglio, Cristiano Atticciati, Matilde Sparacino, Benard Dika)

Una cosa è certa: questo PD degli Zingaretti, Marcucci, Lotti, Orfini, Guerini, non è mai stato in grado e non lo sarà mai di produrre una mobilitazione di massa, estesa sul territorio, come quella oggi in atto con le “sardine”. Per quanto possa poi risultargli favorevole nel voto. Chi sa dar vita a fenomeni del genere, solitamente effimeri, ma di grande impatto momentaneo grazie alla sinergia con un sistema mediatico controllato dagli stessi che innescano tutte le rivoluzioni colorate. Di cui sono una manifestazione le “sardine”, assieme ad altre analoghe, nelle loro più recenti invenzioni improntate  a un odio sconfinato per coloro che dannano come odiatori. Sono tutti quelli che escono dal seminato, ossia non condividono, non si assoggettano, si permettono dissensi nei confronti del Sistema. Che è un nome asettico per non dire establishment, o élite, o Cupola, o padroni del mondo.

Infatti cosa proclamano in primo luogo e come caposaldo politico-ideologico i capibranco “sardine” di Firenze? “Non siamo contro il Sistema”. Non sono, quindi, contro coloro che il Sistema lo disegnano, attuano, reggono: i dominanti. Ne consegue, forzando neanche tanto: noi siamo con il Sistema, magari un tantinello critici (ma tutto scompare nell’odio per Salvini e il populismo), con l’establishment, con il Deep State, l’élite, l’UE, la Nato, la Green New Economy integrata dal catastrofismo ambientale, con l’annullamento delle identità e lo sradicamento dei popoli, con ogni criminalità organizzata, ogni forma di terrorismo, con il capitale che tutti ci governa e cui sono connaturati il totalitarismo di comunicazione e sorveglianza, le guerre sociali, economiche e militari. Non sono contro il Sistema, ma sono virulentemente contro i fuori dal Sistema: a parolacce contro quello finto, Salvini; in effetti contro quelli veri,  tutti indistintamente gettati nel secchio del populismo e del sovranismo

Da renziani a sardine

Non fa meraviglia che simili paradigmi vengano enunciati da uno come il giovane Bernard Dika, attivista renziano fino all’altro ieri, oggi nominato da Mattarella “Alfiere della Repubblica”, ha lasciato il PD quando gli è convenuto darsi credibilità di “sardina” fuori dai giochi del partito conosciuto come scivolo dalla padella alla brace.

E non fa meraviglie che il loro primitivissimo programma, scritto in forme linguistiche e sintattiche da analfabeti funzionali ( Forse lo hanno tradotto da Soros) abbia quell’unico obiettivo, Salvini  e i populisti. Obiettivo diabolizzato oltre ogni misura se paragonato alla sedicente sinistra o al centrosinistra. Politici che dai loro vituperi sono però risparmiati. Eccone il testo, presentato non come il rigurgito di frustrazioni e aggressività di un bulletto di seconda media, fanatizzato da videogiochi di guerra e nazismo, ma come loro manifesto ufficiale: 

https://www.agi.it/politica/sardine-6596346/news/2019-11-21/.

Avete mai letto un peggiore concentrato di intimidazioni, minacce, protervia, violenza verbale, intolleranza? E dovrebbe rappresentare il non plus ultra di una società della solidarietà e dell’inclusione. Sentite questa: “Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare… lasciato campo libero… siete gli unici a dover avere paura…dobbiamo liberarci della vostra presenza… non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare… siamo pronti a dirvi basta…” Gentili, democratici, rispettosi. Manca solo il fez. Un concentrato d’odio come piace al “manifesto”, che infatti gli dedica una standing ovation.

L’odio degli anti-odio

Manifesto-programma pieno di contenuti come un guscio d’uovo dopo che ne abbiamo succhiato il rosso e il bianco. E campagna monotematica e apodittica, che non ammette contradditorio o mezzetinte, come tutte le grandi operazioni diversive e divise, di distrazione di massa da ciò che caratterizza la storia dell’uomo ieri, oggi, domani: lo scontro tra dominati e dominanti. E penso al machofemminismo di “Non una di meno”, “Se non ora quando”, “Me too”,  alle accuse di omofobia e LGBTQ-fobia, a Greta e discepoli del catastrofismo climatico, bullismo, dirittoumanismo-migrantismo, all’antifascismo dove non c’è fascismo (trascurando quello vero che si maschera da democrazia), all’antisemitismo dove c’è solo islamofobia e antisemitismo (nel senso di semiti arabi), all’antirazzismo che mimetizza i razzisti del neocolonialismo, alle fake news tutte esclusivamente della rete, finalizzate a coprire la mendacità ontologica dei grandi media, all’odio trasformato da legittimo sentimento umano in categoria politica da chi ha in odio chiunque esca dal recinto di filo spinato del pensiero unico.

E’ necessario e sacrosanto fare lotte su temi specifici, figuriamoci: No Tav e Grandi Opere, Grandi Navi a Venezia, gasdotti, maltrattamenti di animali. Ma se parli di commercio d’armi e non dici dove vengono usate, da chi e perché, o lotti contro l’inquinamento climatico e non coinvolgi i grandi inquinatori, o denunci la violenza contro le donne e non tiri mai in ballo le violenze di donne come Madeleine Albright o Hillary Clinton, o gridi contro gli odiatori nel web e sei complice di quelli sugli schermi o nei giornali,  c’è da pensare a strumentalizzazioni.

Quelli del transfert 

E qui si rincorrono tutti i giornali di autentica estrema destra, quella liberale finanzcapitalista all’arrembaggio del pianeta, ma che si definiscono di sinistra. Li confermano tali amici del giaguaro, accademici e mediatici, così guadagnando credito presso chi ne garantisce  protezione, successo e profitto. Guardate cosa s’è inventata la “Repubblica”, col “manifesto” massima fucina di odio per gli “odiatori”. Ingrandite e leggete. E’ lo stesso giornale che, a fianco, pubblica un soffietto alle “sardine” di quel  simpaticone da farsa di Plauto che è Enzo Bianchi, definitosi “monaco laico” e perciò idolo della trash-tv. Sempre a fianco non poteva mancare un’intervistona dai fumi d’incenso a Joshua Wong, il giovanotto che ha guidato le formazioni squadriste di Hong Kong a distruggere e dar fuoco, anche a persone, e far sembrare boy scout i casseur dei Gilet Gialli. Dopodichè Wong è andato a Berlino a congratularsi col fondatore degli Elmetti Bianchi.

In linea con lo spirito di questo manifesto delle “sardine” è un incredibile appello, sempre sul giornale dei De Benedetti, in cui la famiglia Regeni, il ragazzo che lavorava per la centrale di spionaggio angloamericana Oxford Analytica e ha provato di sobillare sindacati contro il governo egiziano, annuncia una piattaforma offerta da “Repubblica”. Piattaforma per anonimi che, così protetti dalla vendetta degli sgherri egiziani, vorranno comunicare “rivelazioni” sulla sorte del figlio la cui morte ha scatenato una canea contro il presidente Al Sisi (e contro l’ENI che minacciava di sfilare i grandi giacimenti di petrolio egiziani alle varie BP, Shell, Exxon,Total). Avremo così uno sfogatoio di odiatori dell’Egitto e spunterà chi ha visto Al Sisi strangolare con le proprie mani e marchiare a fuoco il giovane Regeni. Spazio alla delazione, calunnia, nevrosi, ma soprattutto all’odio

Violenza delle “Sardine” e violenza sulle donne

Sono i turbopropellenti mediatici che, dopo girotondi e popoli viola, grete e gretisti, Fridays For Future ed Extinction Rebellion, oggi fanno dilagare le “sardine”. Per capire a cosa sono intese queste campagne basta analizzare la prima, quella della violenza sulle donne e sulla conseguente, ma non legittima, demonizzazione degli uomini. Do per scontato che nessun maschio raziocinante può ignorare e non combattere le discriminazioni sociali e culturali di cui sono vittime le donne in quanto tali, e che sospetto si sentano umiliate da certe categorie di donne alla Lilli Gruber che, nel suo libro “Basta!”, dopo i “Chador” e “Prigionieri dell’Islam” d’ordinanza islamofobica, vede la questione della parità unicamente nella competizione per il potere in termini di rivalsa del genere, il suo, avendo come riferimento coloro che lei onora nelle sue partecipazioni al Club Bilderberg. Ovvio che lei si dovesse spendere, nel contesto della sua guerra per il PD e contro il M5S, a corpo morto per le “sardine”. Tout se tien.

Lasciamo da parte esperienze personali che potrebbero falsare la vista, non solo di uno il cui padre non lo ha mai sfiorato e la cui madre gli ha inferto infinite punizioni corporali e psicologiche, di figli picchiati dalle madri fisicamente e moralmente. Ma è onesto che le donne sorvolino sulle madri di cui letteratura e psicologia secolari narrano il possesso totalitario dei figli (specie maschi, da cui probabilmente in parte la violenza maschile) attraverso la violenza fisica e il ricatto affettivo? Quando si sancisce la superiorità della donna per sensi e comportamenti umani, suscitando la guerra dei generi e, dunque, quell’altro diversivo dalla lotta unitaria contro i dominanti, è onesto oscurare il ruolo di migliaia di donne che esercitano un potere politico ed economico sui deboli altrettanto feroce, a volte maggiore, di quello degli uomini?

E, soprattutto, non è segno di settarismo fino alla malafede e di scellerate motivazioni politiche, mobilitare il mondo contro la violenza sulle donne, cancellando totalmente la massima violenza, sofferenza e morte loro inflitte da guerre e sanzioni, perlopiù solo da Stati – paradosso solo apparente – nei quali prosperano le campagne antiviolenza? Quante erano le donne tra le 40mila vittime di soli due anni di sanzioni Usa al Venezuela constatate dall’ONU? Quante donne, dagli zero anni in su, sono rimaste sotto le macerie delle bombe lanciate dai paesi che si mobilitano per le donne, quante sotto gli stupri e le esecuzioni dei carnefici terroristi sguinzagliati da quegli stessi paesi? Quanto è l’odio delle donne per le donne che non stanno contro Assad, o Morales, o Maduro?

Sinite parvulos venire ad me

Dunque, le “sardine” chiamano a raccolta tutti gli antipopulisti, antirazzisti, accoglitori senza se e senza ma, salviniani e altri. Cioè dovrebbe accorrere la metà degli italiani in età di voto. Cioè almeno la metà di quel 73% che ha votato. Resterebbe fuori quasi un terzo, oltre il 51% che sarebbero i populisti, sovranisti e razzisti, “che non si devono poter far ascoltare”.Che popolo di merda! Deve farsi travolgere da questi bravi ragazzi che, essendo giovani, spesso senza aver ancora finito le scuole, o mai letto un giornale, o mesmerizzati dallo smartphone, sono più saggi, informati, maturi di tutti gli altri. Basta che siano adolescenti, meglio bambini. Vedi Greta che non ha bisogno di studiare. Le basta terrorizzare il mondo con l’apocalisse che incombe perchè si sottometta a quelle emergenze con cui aldenaro è più facile governare.

Il “sistema Soros”

Festa della sardina

Il trucco è sempre quello e ne è il più classico degli interpreti, George Soros, l’uomo di tutte le campagne del “manifesto”, colui che ha messo l’Italia, con l’assalto alla lira assieme a Draghi, sul banchetto dei saldi. E’ la frode classica di tutte le religioni post-classiche. L’ho osservato in diretta in tante “primavere arabe”. Si fa appello ai buoni sentimenti di brave persone con valide ragioni per rivendicare qualcosa, ragioni che, a corto di perfezione umana, non mancano mai in nessuna società. Si forniscono ricchi e avanzati strumenti di comunicazione, rifornimenti, logistica, attrezzature, pubblicistica. E insieme a tutto questo, i preparati e addestrati esperti nell’utilizzare i buoni sentimenti per azioni che servono solo ai manovratori in alto. Una normale protesta politica, o sociale, o ambientale, o giuridica, viene pompata fino a mettere in discussione l’intero “regime”.

Nel caso specifico, si parte dal sacrosanto disgusto per il più rozzo degli operativi, Salvini, guerriero delle finte contrapposizioni nel quadro delle compatibilità con cui la Cupola manomette la nostra idea del vero, e si spiana la strada all’altro operativo, quello della finta alternativa, più raffinata e collaudata, inducendo l’idea che il bene abbia vinto sul male. La posta in palio a cui, nella congiuntura, sono chiamate le sardine? Le elezioni in varie regioni d’Italia. In particolare, un piedistallo per il governatore della regione e delle cementificazioni, Bonaccini, nel momento in cui gli è venuto a mancare lo sgabello dei Cinquestelle.

Non molto diversamente, lo scatenamento della violenza terroristica sull’imminente annientamento da clima, affidato a bambini e adolescenti che, si sa, ci contagiano con la loro purezza e innocenza, a cosa deve servire? Strategicamente a imporci i ferri e i ceppi necessitati da ogni “emergenza” e, a questo scopo, favorire le forze politico-economiche che puntano al rilancio di un turbocapitalismo oligarchico basato sulla Green New Economy, contro tutto quello che chiamano “populismo” e “sovranismo”. Sul piano tattico, far vincere certe elezioni agli schieramenti amici. Per esempio, visto il ruolo del Regno Unito nei confronti dell’Europa, neutralizzare la Brexit.

Una rivolta dei padroni

Non per nulla è in Inghilterra, dove George Soros ha condotto il suo primo assalto a una moneta nazionale, demolendola e facendoci una montagna di miliardi, che si è messa all’opera una delle sue creature più recenti. Quell’Extinction Rebellion, con nel logo la clessidra a segnare la fine del mondoche, bloccando Londra, lì ha fatto il botto più grosso, mutuando, con gli scontri duri e i droni a sabotare addirittura gli aeroporti, i metodi dei fratelli di Hong Kong. Nel grafico, Soros (Open Society) e “ribelli” vari a sostegno di XR. Tutti anitifascisti, antirazzisti, antipopulisti e antisovranisti. Tutti zitti su liberalismo, imperialismo e guerre.

Il fondatore di XR, Roger Hallam, colloca il suo movimento nella tradizione di Ghandi e Luther King. Però calcola la rivoluzione, le sue vittime, i suoi arrestati, con un algoritmo. In un convegno dell’affine “Amnesty International”, ha proclamato, con toni che ci fanno capire da dove viene il linguaggio delle sardine: ”Costringeremo il governo ad agire. E se non lo farà, lo abbatteremo e creeremo una democrazia adatta allo scopo. E, sì, alcuni potrebbero morire nel processo”.  In un video Hallam raccomanda di farsi dare “i soldi dai capitalisti, che abbiamo riempito di ansia per il cambiamento climatico”. E dunque chi trovi, ansioso o no, tra i bancomat di XR? Oltre Soros, con Bill Gates e Ted Turner nella Global Business Association (una specie di Confindustria mondiale), la catena di abbigliamento C&A, una serie di Fondi d’Investimento che fioriscono sui derivati, la famiglia Kennedy, la famiglia Buffett, la famiglia Rockefeller, il neocandidato miliardario Bloomberg, tanti altri. Insomma XR è il pupetto nato dall’impegno della necrocratica  créme de la crème imperialcapitalista mondiale.

Gli attivisti di XR sono quasi tutti volontari…pagati. Fino a 450 euro la settimana. Si riempie un modulo in cui si illustrano i propri bisogni vitali e si chiede il VLE, Volunteer Living Expense che dà diritto al “rimborso”. Non stupisce che le piazze di XR siano affollate. Del resto, chi ci salva dall’estinzione non merita questo modesto guiderdone?

Quando Hallam, un agricoltore biologico e ricercatore presso il King’s College, fondò XR nel 2018, insieme a Gail Bradbrook, altra ricercatrice convinta alla causa, scoperta facendosi di LSD in Costarica, alla comitiva si aggiunse una vasta schiera di studiosi, soprattutto psicologi e psichiatri, quanto occorre per trasformare una preoccupazione in isteria collettiva. C’era anche Antony St.John, XXII barone St.John of Bletso, uno dei novantadue membri ereditari della Camera dei Lord, presidente del consiglio di amministrazione della banca commerciale Strand Hanson e direttore esecutivo di un lungo elenco di società minerarie, informatiche, telematiche, energetiche e finanziarie, sia in Sud Africa sia in Europa. Quelle che fanno tanto bene al clima. Nella Camera dei Lord è membro della Commissione Esecutiva del gruppo parlamentare sull’Africa. Come tale, grande sponsor delle migrazioni. Il cerchio si chiude. E chiudo anch’io.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:35

Contrastare le grandi opere per combattere la crisi climatica

https://www.italia.attac.org/contrastare-le-grandi-opere-per-combattere-la-crisi-climatica/?fbclid=IwAR3raj9GJqgbAchAxzn4yLXX-BW8PveKYfsvmzyO4C2l-Q9tJ6XFYmXbffY

ATTAC Italia

Chi “applaude Greta” e vuole il Tav “non la racconta giusta”

di Claudio Giorno (*)

La “corsa all’accaparramento” di Greta Thumberg registra ogni giorno nuove sospette adesioni; e si fa asfissiante (quasi più dell’effetto-serra) il corteggiamento del movimento FFF, nato per lo stimolo potente, la coraggiosa intransigenza e la determinazione sorprendenti di una ragazzina che ha avuto il coraggio di denunciare i tanti re nudi che ci circondano e senza che nessuno li indicasse prima alla pubblica disapprovazione.

Ma, visto dalla Valle di Susa, questo vero e proprio “abbraccio mortale” rivela particolari addirittura grotteschi: se c’è un luogo dove in 30anni si sono adoperati tutti i vecchi arnesi oggi raggruppabili nello slogan “ecocompatibilità” è il nostro. “Ecocompatibile” per antonomasia (prima ancora che divenisse d’uso comune lo stesso termine “ecologia”) fu la realizzazione a scopo idroelettrico di uno dei più grandi bacini d’alta quota (2000 metri slm): il lago del Moncenisio; Un invaso lungo circa 6 km ottenuto sbarrando il pendio italiano del valico ceduto alla Francia come “bottino di guerra” ma dove di comune accordo EDF & ENEL (del resto partner anche sul nucleare) realizzarono – decapitando una montagna – una della più grandi dighe in terra d’Europa! Sommergendo per sempre la strada napoleonica, lo storico ospizio, il paese con la sua chiesetta e il piccolo cimitero sotto oltre 300 milioni di metri cubi d’acqua che alimentano le sottostanti centrali idroelettriche in caverna (quella “nostra” è a Venaus): un movimento terra da leccarsi i baffi, per i mafiosi mandati al confino…

Poi, più di mezzo secolo dopo, si sbarra, questa volta con calcestruzzo e paratoie metalliche, l’altro versante (quello della Dora Riparia), che viene semi-prosciugato per alimentare un nuovo e moderno sistema idroelettrico marchiato IREN, che dell’ ecocompatibilità ha fatto la sua “mission”… soprattutto grazie alla catena di “termovalorizzatori” pubblicamente sovvenzionati, a corredo di vecchie e nuove centrali idroelettriche o policombustibile.

Nello spazio dei 50anni racchiusi nell’”arco voltaico” alla valle viene fatto dono – negli anni ’80 – del raddoppio (quasi completamente in galleria) del binario unico sul tratto più acclive e tortuoso (Bussoleno-Salbetrand) della ferrovia che collega Italia e Francia fin da quando il tutto ancora si chiamava Savoia. Per venire ai giorni nostri agli impegnativi e onerosi lavori di risagomatura del traforo ferroviario del Frejus. Un ampliamento destinato a rendere più scorrevole il trasporto di camion su treno sul tratto a cavallo del confine, da Bardonecchia a Modane.

Poco meno di un miliardo di euro di denaro pubblico interamente speso, ma che oggi viene “svalutato” dagli stessi AD che adesso siedono ai vertici di TELT (il nuovo logo scelto per quel che resta del “TAV” Lyon-Turin, vale a dire il tunnel Bussoleno-St.Jean); gente che, prima della folgorante conversione sulla via del ferro, adorava la dea gomma e sedeva sulla poltrona SITAF (traforo & autostrada del Frejus); gli stessi personaggi che hanno spinto per la realizzazione di un tunnel e di un’autostrada (quasi tutta in galleria) e che (come aperitivo al buco per l’eco-treno) hanno scavato il raddoppio del tunnel stradale per i futuri eco-Tir…(del resto chi vende camion li dichiara sempre più ecocompatibili, prossimamente elettrici): la quadratura del cerchio tra SITAF, IREN, ENEL & TAV…

Chi ha avuto la pazienza di seguirmi sin qui si sarà fatto una idea su quante infrastrutture siano state “messe a dimora” negli ultimi 50anni in Val di Susa, ma forse non tutti sanno che il fondovalle “utile” è largo mediamente poco più di un Km… le due grandi centrali elettriche di Venaus – ad esempio – trasportano l’energia a grandi distanze con imponenti elettrodotti che determinano pesanti servitù di passaggio; e il più recente – che collega la rete elettrica italiana a quella francese – sta venendo interrato sotto la rete stradale.

Abbiamo sempre affermato senza mai essere smentiti che sia per metri quadrati di “territorio utile” che per metri cubi di calcestruzzo pro capite siamo una delle vallate alpine a più alta concentrazione di infrastrutture; e di denaro pubblico in esse riversate in luogo di una sempre più necessaria politica di prevenzione idrogeologica (resa drammaticamente urgente proprio dal cambiamento climatico); e le grandi infrastrutture proteggono solo se stesse, e neanche sempre: Genova – tragicamente – insegna.

Ora, per la sua caratteristica di lotta popolare straordinariamente longeva, con momenti di vera e propria ribellione di popolo come nel dicembre 2005, ci siamo (ci hanno?) caricati addosso aspetti simbolici che vanno anche ben al di la della posta in gioco, per cui la propaganda a tappeto dei giornali di “proprietà finanziario-palazzinara” ha svolto il suo “istituzionale“ ruolo di disinformazione con un accanimento particolare (ampiamente e approfonditamente documentato nel lavori del Controsservatorio Val Susa al link:

 http://controsservatoriovalsusa.org/12-iniziative/172-la-fabbrica-del-consenso-video-e-materiali ).

Ai “No Tav” non solo “non la si può dar vinta”, ma per poter costruire indisturbati la fabbrica dei conci di galleria (in zona esondabile!) è stato deciso di mettere mano alla costruzione delle “fabbrica del consenso” che nel fritto misto di fake news di regime ha posto l’accento proprio sulla pretesa “eco compatibilità della Grandeopera”, la sua taumaturgica azione virtuosa contro il cambiamento climatico, ottenuta grazie al trasferimento modale gomma/ferro.

In 30 anni di studi, dopo decine di libri  di autorevolissimi (e disinteressati) esperti è stata prodotta una documentazione mai smentita , anzi confermata dai dati reali e addirittura “rivelata” dai dati progettuali dei proponenti. Dati sui quali, peraltro, ci siamo sempre rigorosamente basati citandoli nelle nostre controdeduzioni. C’è in rete una “montagna di gigabyte” di argomentazioni che nessuna “talpa” riuscirebbe mai a perforare…

Ma per confutare la propaganda di coloro che tentano di usare Greta e il movimento giovanile che da lei ha preso vita basta dire che nei documenti ufficiali di Italia, Francia e UE non vi è traccia della fu Torino Lione, (oltre 300 km desaparecidos), che i francesi sono si favorevolissimi allo scavo della galleria di valico, ma solo perché la pagano gli italiani e l”Europa”; e hanno formalmente deciso che prima del 2035 non intendono rimettere mano neanche alle carte progettuali delle cinque gallerie (ben più complesse e onerose di quella di valico) tra St.Jean e Chambery (nonostante le solenni promesse delle prime e ormai “storiche” brochure di propaganda); anzi, l’attuale governo transalpino (quello del banchiere Macron) per il traffico merci ha optato per l’uso della ferrovia esistente Torino-Digione (in luogo di una nuova Torino-LIone)!

Ma soprattutto va evidenziato che scavare le gallerie di una intera ferrovia ex novo aumenterebbe le emissioni di CO2 fino al 2038 (dati del Quaderno 8 dell’Osservatorio del Governo italiano). E a patto che (con un tocco di bacchetta magica?) sparisca più della metà dei camion e le merci salgano “spintaneamente in carrozza!

Bilancio CO2 (Q8): nel Quaderno 8 dell’Osservatorio governativo si afferma che tutta la CO2 emessi per la costruzione della nuova ferrovia sarebbero recuperati solo a partire dal 2038 e a patto di realizzare tutti gli oltre 300 Km del nuovo collegamento (che i francesi non intendono neanche progettare prima del 2035!) e non solo la galleria di valico di 57 Km e soprattutto che le folli e sbugiardate previsioni di traffico della lobby-tav si verifichino davvero!

Ma se davvero l’obiettivo perseguito fosse quello di mettere le merci (possibilmente utili) sui treni e non le mani su una montagna di denaro pubblico a favore di lobby private, si potrebbe lavorare da subito al riempimento dei binari esistenti – oggi ben al di sotto di un quinto delle loro potenzialità: chi sa se nel 2038 ci sarà ancora un solo ghiacciaio sulle Alpi…nel frattempo ridotte a una groviera dalla banda dei buchi che ha rubato l’adolescenza di Greta?

Potenzialità Ferrovia Attuale (Q1) : la slide mostra quanto affermato nel Quaderno 1 dell’Osservatorio “TAV” istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo la ribellione di Venaus dell’8 dicembre 2005: dati ufficiali dei proponenti (quindi) che ammettono che sulla ferrovia esistente potrebbero essere instradate fino a 30 milioni tonnellate di merci/anno (mentre oggi se ne contano circa 3).

(*) Commissione tecnica non profit della Unione dei Comuni Montani della Valle di Susa

***

P.S.: Sono particolarmente grato ad Attac e a Marco Bersani per avermi chiesto di “trattare” il tema Tav  denunciando la mistificazione di chi lo “vende” ancora oggi come soluzione ecocompatibile per trasportare sempre di più a prescindere dalla utilità del “trasportato” anche e soprattutto nelle aree di maggior fragilità ambientale. Un appannato specchietto per allodole di cui – giusto 30 anni fa – un “visionario” come Alex Langer aveva intuito la pericolosità. E che indusse l’eurodeputato verde a organizzare a Trento un seminario (oggi lo definiremmo “Stati Generali delle Alpi”) dal titolo essenziale, “TRAFFICO TRANSALPINO”, ma dal sottotitolo inequivocabile: “UNA BOMBA PER L’AMBIENTE”, convocato proprio il 13 ottobre 1989 nella saletta consiglieri della Regione Autonoma con la partecipazione di delegati di tutte le regioni dell’arco alpino, Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia, Veneto, Trentino AltoAdige/Sudtirol, Friuli V.G.

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Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 42 di Novembre – Dicembre 2019.Il Sol dell’avvenire e l’avvenire del Sole

Un Paese in malora che spende 14 miliardi per i caccia F-35.

https://comedonchisciotte.org/un-paese-in-malora-che-spende-14-miliardi-per-i-caccia-f-35/?fbclid=IwAR2GO7XsCV0hllnbuoxIoq_3mw0KHk1u9o6OC-Q1p4ifhSY4eKhGGZzCnUY

Come Don Chisciotte – Controinformazione – Informazione alternativa

DI TOMMASO DI FRANCESCO

ilmanifesto.it

In un Paese che frana e va in malora il governo decide di spendere 14 miliardi di euro per i caccia F-35. Che non ci serviranno a nulla perché Haftar in Libia ci abbatte i droni quando vuole e chiunque ci piglia per i fondelli. Favori che facciamo a Trump, che non ce ne fa nessuno, per presentarci con l’abito della festa al vertice Nato di Londra. Ma i 5-S non erano contrari agli F-35? Ora voterebbero qualunque cosa pur di restare in sella.

Alberto Negri

Fonte: www.facebook.com

30.11.2019

Con gli F35 il governo va a «caccia»

Un’Italia che frana ovunque, che non trova risorse per le scuole che crollano, che fatica a trovare fondi per la sanità pubblica, sulle armi non si tira indietro dallo spendere almeno 14 miliardi

Volete una prova dei «valori cristiani» occidentali dei quali i leader europei e quelli italiani si riempono la bocca? Papa Francesco, non ha ancora fatto in tempo a rientrare dai luoghi dell’Olocausto nucleare, Hiroshima e Nagasaki, dove ha accusato apertamente di immoralità e criminalità il possesso e l’uso di armi atomiche e di ipocrisia i «Paesi europei che parlano di pace ma vivono di armi», che il governo di svolta, il Conte 2, per bocca del ministro della difesa Guerini annuncia, con l’avvio della «fase 2», l’acquisto dei cacciabombardieri F-35. Nonostante sia un’arma che prevede il first strike, il primo colpo d’offesa (un “colpo” all’articolo 11 della Costituzione), e che può montare atomiche – ce ne abbiamo ben 70 a Ghedi e ad Aviano, a proposito di ambientalismo. Via dunque alla «fase 2», al modico costo di circa 130 milioni di euro per ciascun cacciabombardiere, per un totale di circa 14 miliardi di euro (più spese incalcolabili per aggiornamento software e gestione) relativo ai circa 90 caccia che il governo italiano ha deciso di acquistare.

È un’Italia che, sotto gli occhi di tutti, frana ovunque, che manca di infrastrutture, che necessita di investimenti massicci nel riordino del territorio, nella salvaguardia e bonifica ambientale (l’Ilva e non solo) che valgono lavoro per generazioni; un’Italia che non trova risorse per le scuole che crollano, che in estate brucia e non ha gli idrovolanti per spegnere gli incendi, che fatica a trovare fondi per la sanità pubblica…

Ma sulle armi, che portano distruzione, morte e devastazioni umane e ambientali – anche di ritorno, a cominciare dalla disperazione dei profughi -, non si tira indietro dallo spendere almeno 14 miliardi (se dicono «ma spalmati negli anni», vuol dire per condizionare le scelte anche in futuro); mentre è evidente che la spesa militare sottrae fondi alle altre risorse a disposizione. Da tenere presente il fatto che per il bilancio alla difesa l’Italia, pur in difficoltà a raggiungere subito il 2% del Pil come da richiesta pressante di Trump, si precipita però a corrispondere in tempi brevi ai desideri della Casa bianca trovando, oltre ai già impegnati 25 miliardi euro all’anno, ben altri 7 miliardi di euro: così invece di 70 milioni di euro in media al giorno per le spese militari, adesso ne spenderemo 86 di milioni in media al giorno. Fedele alle richieste atlantiche arrivate con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo in vacanza romana nemmeno due mesi fa; e con il suggello dalle parole con cui Trump ha salutato a metà ottobre il presidente Mattarella in visita a Washington: «L’Italia è un partner chiave e irrinunciabile del programma F-35». Per il manifesto che dal 30 maggio 2002, da quasi 17 anni, denuncia questa assurdità, non è una sorpresa ma una amara conferma.

Perché c’era un volta la mozione del deputato Pd Scanu, con la quale il governo italiano sospendeva ogni avvio del programma di acquisto degli F35 sulla base di una reale valutazione sull’utilità, sui costi, sui guasti macroscopici del sistema d’armi in oggetto. Tutto questo non solo non c’è mai stato, ma sulla scia dell’ossequio atlantico a Cameri si è installata una fabbrica che produce, a costi di investimento elevatissimi, parti decisive degli ultimi modelli F35: in sostanza, vive di commesse per un sistema d’arma da guerra nucleare: qualcosa di perfino più nocivo degli altiforni dell’Ilva. Il M5S sempre contrario a parole agli F35, approva e tace; LeU protesta e fa sapere che protesterà; ad applaudire convinta il Conte 2 che va «a caccia» c’è la Lega filo-Trump di Salvini. Mai la pace è stata così debole.

Tommaso Di Francesco

Fonte: https://ilmanifesto.it

Link: https://ilmanifesto.it/con-gli-f35-il-governo-va-a-caccia/?fbclid=IwAR240kAZer2FeOZFO_Z1UgHp78DTlZhGxJ5hPdh3WRuPqKifRFvq_4lmeEk

29.11.2019

“Le botte? Una benedizione”. Le islamiche spiegano come va pestata una moglie

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il Giornale, ultime notizie

Il gruppo “Hizb ut-Tahrir” spiega come va picchiata la moglie con il bastone chiamato “sivaak”. A tenere le lezioni sono le donne stesse: “Per noi è una benedizione”

“Le botte che i mariti danno alle mogli sono una bellissima benedizione”.

A dirlo non sono gli uomini musulmani, ma le loro stesse donne. C’è infatti un gruppo di islamiche radicali, chiamato “Hizb ut-Tahrir”, che tiene addiritture lezioni per spiegare come deve essere pestato il gentil sesso. “Il marito picchia la moglie perché la ama, è quasi una conseguenza naturale – spiegano – non lo fa per odio o rabbia, ma per seguire i comandamenti di Allah.

Reem Allouche insegna alle elementari e tiene lezioni di mezz’ora in cui spiega come deve essere picchia una donna con il bastone chiamato “sivaak”. A registrare il contenuto di queste lezioni è stata Ollie Gillman per il Daily Mail Australia. Nel video, che è divenuto subito virale, la donna spiega che i mariti sono autorizzati a picchiare le mogli qualora queste disobbediscano. Prima di ricorrere al bastone, però, devono infliggere punizioni “più leggere” con una sciarpa attorcigliata o con un pezzo di stoffa. Come spiegano le islamiche del gruppo radicale “Hizb ut-Tahrir”, le donne concordano nel farsi pestare quando “commettono peccato”.

Nella lezione riportata dal Daily Mail Australia e tradotta in Italia da Dagospia, vengono spiegati per filo e per segno quali sono i peccati: si va dalla disobbedienza ad Allah e al marito agli atti immorali, dal tradimento a gesti più innocenti come il far entrare in casa una persona non gradita dal marito. “Questo serve a promuovere tranquillità”, dice Reem Allouche spiegando che in famiglia è il marito a comandare e a decidere le misure disciplinari. “Il marito picchia la moglie perché la ama – continua – è quasi una conseguenza naturale. Non lo fa per odio o rabbia, ma per seguire i comandamenti di Allah”. E conclude: “Il marito non picchia subito. Prima ammonisce la moglie, rifiuta di dormire con lei e qualsiasi intimità. Se non funziona, la può colpire. È una bellissima benedizione”.

La guerra climatica è cominciata

https://comune-info.net/guerra-climatica-cominciata/?fbclid=IwAR25EVyWrbTE_mquGCPI1-c1b2GOkM2u34AmQlgfMpDgG15babellvkNRXA

Marco Boschini

11 Novembre 2014
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LEGGI ANCHE: Catastrofe italiana (25 novembre 2019)

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di Marco Boschini*

Siamo in guerra. Lo siamo da tempo e lo accettiamo, impotenti. Ce lo dicono le cronache dei notiziari quasi ogni settimana, da autunno a primavera inoltrata. Gli eserciti ci invadono da terra, via mare, dalle montagneCi travolgono nei nostri letti mentre dormiamo. Ci uccidono nei capannoni dove ogni giorno portiamo avanti il lavoro. Sparano munizioni che non lasciano scampo: frane, esondazioni, terremoti…

Hanno alleati a cui avremmo affidato la nostra sicurezza: politica, istituzioni locali, partiti. Che invece si rimpallano ogni volta responsabilità e dichiarazioni a favore di telecamere. Cambiano i nomi dei morti, gli scenari dei paesi bombardati. Non il canovaccio della storia. Case costruite dove non si sarebbe dovuto. Mancata prevenzione e cura del territorio. Disorganizzazione nel gestire l’emergenza. Polemiche, dolore, altri morti.

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Io non voglio entrare qui nel merito di questioni per cui ci battiamo da un decennio: opere utili, opere meno utili. Se fossimo un Paese normale si potrebbero fare un sacco di cose, ma non lo siamo. Non è così. L’Italia è un Paese malato, un Paese in guerra. Invece di procedere con lo Sblocca Italia e tutte le altre sicuramente (?) utilissime opere pubbliche dovremmo davvero fermarci. Porre un freno, uno stop.

Avere il coraggio di sospendere tutte le grandi opere previste nei prossimi anni e concentrarsi “solo” ed esclusivamente sul dissesto idrogeologico. Lo faccia Renzi, che ha così smania di cambiare questo Paese in meglio. Lo facciano i governatori di regione e i sindaci sparsi nel territorio. Siano il nostro esercito della salvezza. Agiscano subito, perché è già troppo tardi. Perché stiamo perdendo.

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assessore dal 2004 all’Ambiente, Patrimonio ed Urbanistica del Comune di Colorno (Parma), è coordinatore dell’Associazione dei Comuni Virtuosi e autore di alcune pubblicazioni, tra cui Nessuno lo farà al posto tuo (Emi, 2013). Questo articolo è pubblicato anche su un blog de ilfattoquotidiano.it.

Unione Montana Valsusa: i sindaci parteciperanno alla marcia NoTavUna nota firmata dalla giunta conferma la presenza

https://www.lagendanews.com/lunione-montana-sulla-marcia-notav/

L'Agenda NewsBussoleno, Unione Montana Val Susa

BUSSOLENO – La scorsa settimana la posizione dell’Unione Montana Valsusa rispetto alla marcia NoTav del prossimo 8 dicembre era di non partecipare. L’idea sostenuta dal presidente Banchieri era sostanzialmente di lasciare il gonfalone a Palazzo Ferro. Un passaggio di discontinuità rispetto agli ultimi anni. Poi alcuni sindaci che rappresentano anche l’area del Movimento NoTav hanno richiesto una riunione tra primi cittadini. Da queste, secondo le indiscrezioni, il sindaci di Avigliana e Almese, Archinà e Bertolo, e la vice di Vaie Serra avrebbero chiesto un documento contrario a quanto deciso in giunta. Un passaggio politico d’appoggio che ha trovato la maggioranza dei sindaco d’accordo. Insomma, la richiesta, sconfessa di fatto quanto deciso da Banchieri e alcuni della giunta, nata proprio con l’auspicio di non trattare temi politici ma operazioni concrete sul territorio.

UN DOCUMENTO NOTAV

Questa mattina la svolta che cambia la posizione dell’Unione Montana Valsusa. Il presidente Pacifico Banchieri è all’estero e non è contattabile. Dalla sua giunta è arrivato un comunicato stampa rovescia quando deciso e sconfessa di fatto la posizione “non” politica della giunta dell’ente. “L’Unione Montana Valle di Susa parteciperà alla manifestazione del prossimo 8 dicembre da Susa a Venaus. È quanto deciso ad ampia maggioranza dall’Assemblea dei Sindaci molti dei quali interverranno in forma ufficiale per ribadire la contrarietà alla realizzazione del TAV in Valle di Susa e della tratta nazionale della Nuova Linea Torino Lione. L’opera, sulle cui criticità trasversali è stato richiesto il più ampio confronto, è infatti ritenuta non prioritaria, e destinata a drenare risorse pubbliche a discapito delle legittime esigenze di servizi e investimenti a favore dei cittadini e a tutela di un territorio sempre più fragile“.

IMBARAZZO IN GIUNTA

La giunta dell’Unione Montana Valsusa è adesso in imbarazzo. Il documento è stato, e lo dice un membro della giunta, preparato dal vicepresidente dell’Unione Archinà e condiviso dal presidente Banchieri. Ciò che avverrà adesso in Unione non è chiaro. la posizione dell’amministrazione di Susa, su questo aspetto, è sempre stata più che chiara. “Del TAV non si parla, pensiamo al lavoro sul territorio” era il punto fermo della presenza segusina in quel di Bussoleno. E adesso? In attesa che il presidente rientri in Italia si vive questo cortocircuito politico.