Chi ha paura di Elio Lannutti

http://www.lanuovasavona.it/2019/12/17/leggi-notizia/argomenti/contromano-1/articolo/chi-ha-paura-di-elio-lannutti.html?fbclid=IwAR1ETooMgpdV3twbSGk3_aAMIDij3ZsHrfvkh2dMCMo40uINfNIw8AJ2zvQ

17 dicembre 2019 16:11

I giornali han sbattuto il mostro in prima pagina, imputandogli nientemeno che di avere un figlio che lavora all’agonizzante Banca Popolare di Bari. Tutto vale per scongiurare la nomina di Lannutti in Commissione Banche. Infatti guardacaso è competente, onesto e non molla l’osso di un millimetro

Chi ha paura di Elio Lannutti

Ho lavorato per anni con Elio Lannutti. Ero a Striscia la Notizia, e le ragioni dei consumatori e dei truffati delle banche sul piccolo schermo non erano così frequenti.

Elio Lannutti, con la sua voce lenta e poco televisiva, spiccava per coraggio su tutti. Adusbef era ed è un punto di riferimento per i dannati del credito.

L’associazione (https://www.adusbef.it) tanto per dire, si presenta così:

“Adusbef, associazione a difesa dei consumatori e degli utenti, particolarmente specializzata nel settore bancario nacque nel maggio 1987. 

Ha sempre combattuto aspre battaglie in difesa dei diritti dei cittadini in ogni settore consumerista con gli esclusivi contributi degli iscritti, perché ha sempre rifiutato contributi privati che possono condizionare anche indirettamente l’attività. 

Le battaglie giudiziarie di Adusbef note a tutti, hanno sconfitto l’arroganza delle banche, che per oltre mezzo secolo hanno aggirato un preciso articolo del codice civile sull’anatocismo, dando luogo ad una fiorente attività di capitalizzazione; hanno aiutato milioni di cittadini a rinegoziare interessi troppo elevati sui mutui a tasso fisso; hanno avuto ragione nei Tribunali annullando centinaia di contratti capestro sui bond Cirio, Parmalat, argentini; ha denunciato le malefatte dei “furbetti del quartierino” capeggiati dall’ex Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e del presidente della Consob, Cardia, con il figlio a libro paga di Fiorani. 

La forza dell’Adusbef risiede nella sua indipendenza ed autonomia più assoluta dal potere economico e nella contribuzione associativa dei concittadini, che ci permette di non avere né padroni, né padrini, né sul versante politico, né appartenenti a potentati economici.”

Capito ora perché IV e PD non vogliono Elio Lannutti in commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche?

La nostra solidarietà per qualcuno che vale.

NO TAV, 2 ARRESTI E 12 MISURE CAUTELARI DOPO LA MARCIA AL CANTIERE DEL 27 LUGLIO

https://www.valsusaoggi.it/valsusa-2-arresti-e-12-misure-cautelari-contro-i-no-tav-dopo-la-marcia-al-cantiere-del-27-luglio/

Blitz della polizia contro antagonisti torinesi e attivisti No Tav, dopo la marcia al cantiere del 27 luglio. Mercoledì 18 dicembre la polizia ha arrestato Giorgio Rossetto e Mattia Marzuoli, storici leader del centro sociale torinese Askatasuna, impegnati da sempre nella lotta No Tav. Sono accusati di aver coordinato l’attacco al cantiere di fine luglio. Il Gip ha emesso 14 misure cautelari, con 9 divieti di dimora e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli antagonisti sono accusati di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, danneggiamento, travisamento e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.

Oltre a Rossetto e Marzuoli, sono stati colpiti dai provvedimenti della Digos gli attivisti E.S. ed O.F. (rispettivamente con divieto di dimora nei Comuni della Val Susa ed obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), 7 militanti di Askatasuna (C.S., R.S., R.L., P.A., M.L., G.M. con divieto di dimora nei Comuni della Val Susa) e l’attivista G.S. con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

L’indagine della polizia, coordinata dalla procura di Torino, riguarda in particolare l’ala più “estremista” del movimento No Tav. Le misure cautelari riguardano anche altri attivisti dei centri sociali Guernica di Modena e Bocciodromo di Vicenza. Sempre nella mattinata di oggi gli uomini delle Digos di Torino, Padova, Modena e Vicenza hanno perquisito 16 persone indagate per la stessa inchiesta.

Secondo il dirigente della Digos, Carlo Ambra, “Le misure hanno raggiunto i maggiori leader dell’autonomia torinese e gli esponenti dell’ala più oltranzista del movimento No Tav che, durante la marcia dello scorso 27 luglio in Val di Susa, hanno coordinato le azioni criminose e l’assalto al cantiere di Chiomonte”.

LA REAZIONE DEL MOVIMENTO NO TAV: “CONTINUA L’ACCANIMENTO DI QUESTURA E PROCURA”

“Continua l’accanimento contro i No Tav – spiegano dal movimento – perquisizioni e obblighi di firma per la marcia del 27 luglio al cantiere sono in corso da questa mattina tra la Valle e Torino, 14 persone di ogni età coinvolte nella maxi operazione di stamattina. Tra chi sta subendo la perquisizione e le misure cautelari c’è una ragazza di 19 anni e un pensionato di 64 anni. Sequestrati i cellulari. Due No Tav (Giorgio e Mattia) portati in carcere. Per gli altri obbligo di firma o divieto di dimora in Valle e/o a Torino. La procura e la questura aprono l’ennesima stagione di caccia al notav in cerca di capri espiatori per confortare le proprie narrazioni deliranti. Ma quello che è sotto gli occhi di tutti è che il 27 luglio eravamo migliaia per i sentieri. Quella marcia è stata la risposta degna all’infame decisione del governo gialloverde di proseguire con il progetto Tav. Il 27 luglio abbiamo fatto né più né meno di quello che avevamo promesso nei giorni precedenti alla manifestazione: arrivare, tutti insieme, fino al cantiere per manifestare il nostro dissenso contro un’opera scellerata che devasterà ulteriormente il nostro territorio. Purtroppo in questo paese di buffoni e voltagabbana non c’è peggior delitto di far seguire alle parole i fatti. Seguiranno aggiornamenti su situazione degli arrestati e iniziative di solidarietà”.

Prova per il Mose, ma le paratoie si bloccano: non si chiudono per troppi detriti

https://www.fanpage.it/attualita/prova-segreta-per-il-mose-ma-le-paratoie-si-bloccano-non-si-sono-chiuse-per-troppi-detriti-video/

Test questa mattina all’alba a Punta Sabbioni: cinque paratoie restano sollevate. Il motivo? Gli alloggiamenti in fondo al canale si riempiono di spazzatura e detriti vari rendendo necessario l’intervento di una squadra di sommozzatori per pulire “manualmente” questi vani e permettere la chiusura della barriera. Un intervento già effettuato 22 volte da febbraio solo sulla barriera di Punta Sabbioni.

16 DICEMBRE 2019 13:40di Giorgio Scura

VENEZIA – Il Mose non si chiude. Questa mattina all’alba c’è stata una prova a Punta Sabbioni, dove è presente ma non ancora completamente funzionante una delle tre barriere per difendere Venezia. Durante queste prove di emersione e di successiva immersione cinque paratoie sono rimaste emerse. Il motivo? Gli alloggiamenti di queste paratoie, fissate al fondo del canale da cerniere, si sono riempite di sabbia e detriti e questo ne impedisce la chiusura. In pratica, quando si alzano, questi immensi cassoni lunghi 20 metri, alti quasi 30 e spessi fino a 5, creano un “risucchio” che trascina negli alloggiamenti detriti e spazzatura di ogni genere che impediscono alle paratoie di rientrare nella loro posizione. Sul posto è dovuta intervenire una squadra di sommozzatori che è scesa sul fondale per pulire manualmente questi vani, con l’aiuto di due gru, come testimoniano i video e le foto in possesso di Fanpage. Le operazioni di pulizia sono andate avanti per tutta la giornata e al momento non sono concluse: i test dovrebbero andare avanti fino a giovedì, in vista di una prova generale alla quale sarà invitata la stampa, ma la data ancora non c’è, ovviamente, visto che ancora il sistema non funziona.

Il Mose non si chiude a causa di detriti e spazzatura: pulizie continue
219870195Pubblicato da Giorgio Scura

Un problema, questo, che si è già verificato diverse volte, che pare essere strutturale e al momento non ha una soluzione. In pratica quindi, ogni volta che il Mose entrerà in funzione e che quindi le paratoie vengono riempite di aria compressa e fatte emergere, bisognerà andare a pulire gli alloggiamenti sul fondo. Come? Ancora non si sa, visto che le pompe presenti, evidentemente, non bastano, o non funzionano. Perché se da una parte l’intervento umano sembra l’unica strada, dall’altra i costi per gestire decine di squadre di sommozzatori che ogni volta si immergano per permettere al Mose di abbassarsi è una follia economica. L’ennesima. Così qualcuno pensa a robot marini, una specie di spazzini del mare che possano essere immersi al posto dei sub e tenere gli alloggiamenti sgombri. Peccato che questi robot, al momento, non esistono, quindi non si sa quando potrebbero entrare in funzione, quanto potrebbero costare effettivamente e quanto questo andrà a influenzare i tempi di realizzazione dell’opera (consegna lavori annunciata per fine 2021) e i costi di manutenzione, già ora spropositati. Da febbraio ad oggi, infatti, solo per quanto riguarda questa barriera, sono stati effettuati 22 test di sollevamento per la pulizia di questi alloggiamenti.

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L’allarme democratico (quello vero)

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Come Don Chisciotte – Controinformazione – Informazione alternativa

13 Dicembre 2019 , 7:12 

DI GIOVANNI IOZZOLI

carmillaonline.com

È in corso un’offensiva politico-poliziesco-giudiziaria contro il sindacato Si Cobas e soprattutto contro le centinaia di lavoratori e lavoratrici che stanno affrontando, sotto la direzione di questa sigla, durissime battaglie sul terreno della difesa dei posti del lavoro e del diritto alla contrattazione. Non è la solita recriminazione contro la repressione – che in Italia, del resto, non guarda in faccia a nessuno e interviene puntuale, da sempre, dentro ogni contraddizione reale. Qua siamo davanti a un salto di qualità, coordinato e organizzato, che potrebbe anche preludere alla costruzione di un qualche “teorema” nazionale, se si troverà una Procura di buona volontà pronta a prestarsi. È tradizione italiana ricondurre alle aule dei tribunali tutti i fenomeni sociali che non si riescono a normalizzare.

Il rosario della repressione, solo per restare agli ultimi giorni, è impressionante e va aggiornato con il passare delle ore. Sul piano propriamente vertenziale, gli attacchi sono molteplici: a Tortona, a Brescia, a Fermo, a Bologna, a Castellarano: si va dall’ordinario cambio appalto con mancato rinnovo degli iscritti, al licenziamento mirato delle avanguardie (20 alla Coop di Tortona), al licenziamento di massa di chi sciopera (140 dipendenti alla Ambruosi e Viscardi di Fermo), alle cessioni di ramo d’azienda fatte al solo scopo di “ripulire” il personale riottoso e sindacalizzato (alla ex Pamm di Castellarano) e numerose altre situazioni analoghe. Poi c’è il versante poliziesco e giudiziario: si estende in tutta Italia la pratica dell’attacco manu militari ai presidi e ai picchetti, così come i fermi arbitrari contro dirigenti e militanti sindacali, i provvedimenti punitivi, le denunce, le sanzioni amministrative. Le Questure sono tutte allertate per stroncare a colpi di manganello ogni resistenza ai cancelli.

Modena si conferma laboratorio di queste pratiche antisindacali: dopo le centinaia di candelotti sparati ai cancelli dell’Italpizza per mesi, ora è in corso un bel maxi processo (che nostalgia) contro 86 ex dipendenti della Alcar. Fioccano i fogli di via contro i sindacalisti e arrivano le prime pericolosissime richieste di revoca della carta di soggiorno – che per i proletari stranieri sono una minaccia peggiore della galera. A questo ordinaria follia si aggiungono strane voci (e qualcosa di più) circa maneggi, manipolazioni e pressioni sui lavoratori più fragili ed esposti, allo scopo di coinvolgerli in una provocazione di più ampio respiro, da utilizzare magari in qualche ipotesi di “associazione a delinquere” – vecchio pallino degli ambienti giudiziari modenesi che hanno fallito con l’operazione Milani e non vedono l’ora di riprovarci. Il dispiegamento di uomini e mezzi smentisce tutte le chiacchiere sulle “carenze di organico”: quando c’è da bastonare gli operai, l’organico è adeguatissimo. Bisognerebbe farlo notare al piagnucoloso cittadino medio che chiede “più polizia”: vada davanti ai cancelli degli stabilimenti in agitazione e ne vedrà a volontà.

Se si sommano tutti gli elementi di questo contesto mefitico, si contano diverse centinaia di provvedimenti repressivi di vario tipo già in essere (dai rinvii a giudizio ai divieti di dimora) e considerando il pregresso, alcune migliaia di posizioni processuali, riconducibili unicamente a vertenze sindacali. Numeri impressionanti, totalmente occultati dalle cronache mainstream.
L’inquietante salto di qualità di cui parlavamo all’inizio, è nelle modalità in cui questo tsunami si sta dispiegando: mentre prima nei diversi territori l’approccio era variabile e condizionato anche da dinamiche locali, oggi pare esistere una strategia coordinata e generalizzata che mira a sconfiggere sul campo le vertenze (per scoraggiare i segmenti più attivi e sindacalizzati) e fare più male possibile al sindacato e alle sue avanguardie. “Impantaniamoli nella giungla giudiziaria, così non avranno tempo per fare altro”. Un’autentica resa dei conti pre-natalizia. Ma mirante a cosa? E gestita da chi?

Allarghiamo il focus del ragionamento. I dati macroeconomici sono in drastico peggioramento: Pil, produzione industriale – e segnatamente manifatturiera –, ordinativi e aspettative: ogni indice ha il segno meno. Tutte le strategie di sopravvivenza sono già state bruciate: in questi vent’anni la compressione dei salari e la precarizzazione di massa, attraverso lo stiracchiamento delle filiere e l’abuso degli appalti interni, sono stati l’unico strumento – ampiamente utilizzato – per mantenere margini di competitività abbassando il costo del lavoro e intensificandone lo sfruttamento: una specie di “delocalizzazione interna” praticata con entusiasmo da tutta l’impresa italiana, grande e piccina. Oltre, però, non si può andare. La corda è ormai consumata.
Un clima di panico serpeggia oggi nel micro mondo delle imprese italiane; l’interrogativo che rimbalza da un centro studi all’altro, che tutti ripetono con voce bassa e tremante, è: “stiamo tornando al 2008? Dopo un decennio, siamo tornati alla casella di partenza della Grande Crisi?”.

Al punto in cui siamo, rischia di essere una domanda retorica: ormai ci siamo dentro fino al collo. E del resto in un paese in cui ogni anno cala il reddito disponibile delle famiglie, calano gli investimenti privati, non decollano quelli pubblici, aumenta la pressione fiscale, all’interno di un quadro continentale stagnante da oltre un anno, nella debole condizione di terzisti dell’industria continentale europea, che situazione si potrebbe manifestare, se non quella che è sotto i nostri occhi?

Siamo di nuovo in quella sacca tremenda da cui avevamo solo avuto l’illusione di essere usciti. E la affrontiamo con un armamentario di ammortizzatori molto più povero e meno tutelante, rispetto a dieci anni fa – su questo piano Ichino e compagnia bella hanno lavorato bene, esercitando un’egemonia di lunga lena su tutti i governi tecnici, di destra o di sinistra, i quali, un pezzetto alla volta, hanno rosicchiato gli strumenti difensivi che riparavano un minimo i lavoratori e che nel 2008 avevano impedito un adeguamento meccanico e immediato dei livelli occupazionali all’andamento produttivo.

Torniamo ai facchini. Chi sta concretamente gestendo questa nuova escalation antioperaia e antisindacale? Questori ardimentosi, prefetti intraprendenti, graduati bellicosi in cerca di medaglie e promozioni? Crediamo di no. Queste cose non si decidono nelle sedi locali. C’è un livello di decisionalità politica più alto. Certe operazioni di piazza sono anche pericolose; a Castellarano un dipendente è stato investito da un capo cooperativa pochi giorni fa, mentre in tutti i picchetti i tentativi di sfondamento dei camion sono all’ordine del giorno – la tragedia del povero Abdel Salam è dietro l’angolo, anche senza eccedere in allarmismi. Quindi: chi si prenderebbe la briga di organizzare queste grandi manovre paramilitari, senza la copertura politica del Ministro dell’Interno?

E qui c’è il primo nodo da sciogliere (lo sottoponiamo volentieri alle Sardine democratiche): al Viminale oggi non c’è più il puzzone Salvini, con il suo “linguaggio violento” e le sue “retoriche sovraniste” e la sua “cultura dell’odio”; al governo oggi c’è il centro sinistra, e a gestire l’ordine e la sicurezza pubblica c’è una funzionaria di lungo corso, dall’aria presentabile e l’impeccabile bon ton istituzionale (vabbè, era nella squadra di Salvini, ma questo in Italia è abbastanza normale, siamo gente laica e pragmatica).

Però, le domande che vanno poste sono: chi al governo del paese sta sollecitando o coprendo questa ondata repressiva antisindacale? Qualcuno si è assunto questo ruolo di killer delle lotte, facendo fare “alla sinistra” il lavoro sporco della destra, come nella migliore tradizione italiana?
E ancora: l’impossibilità di fare pratica sindacale vera – cioè scioperi e picchetti –, rappresenta un vulnus democratico grave almeno quanto “le retoriche populiste” del cattivone Salvini?
Massacrare lavoratori, prevalentemente stranieri, spesso donne, è più politicamente corretto e sopportabile delle sparate xenofobe o antifemministe dei trogloditi leghisti?
E in ultimo. È normale che si debbano passare anni nelle aule di tribunale (o peggio), per aver reclamato l’applicazione della legalità – giusti contratti per giusto lavoro, equo salario, tutele contro i licenziamenti, diritti sindacali? Cioè: la normalità costituzionale sta diventando oggettivamente sovversiva?

Cosa succederà se dentro la crisi sociale incipiente, larghe masse impoverite cominceranno a rivendicare reddito e servizi, a fronte di una disoccupazione di massa? La post-democrazia italiana è in grado di sopportare tale domanda senza implodere e delegare ai suoi corpi armati il simulacro della pace sociale?

Ecco, questa è la situazione. Una pesantissima crisi sociale in arrivo, centinaia di migliaia di persone che rischiano concretamente di trovarsi senza un lavoro nei prossimi due anni, le crisi storiche – Ilva, Alitalia, il settore bancario, l’automotive tutto intero – nelle quali nessuno sa dove mettere le mani e che tutti sanno come andranno a finire. I salari ulteriormente falcidiati dalla riduzione, pesante, delle ore lavorate. La ristrutturazione tecnologica usata come una clava contro i segmenti più deboli di forza lavoro.

Un popolo già frastornato, livoroso e impaurito, potrebbe trovarsi davanti a un concretissimo smottamento sociale. Gli esiti di tale passaggio sono onestamente non prevedibili. Anche la Bella addormentata della favola a un certo puntò fu costretta ad aprire gli occhi. Magari la nostra favola sbocca nell’incubo e la Bella addormentata si risveglia zombi, ottusa e feroce. Non lo sappiamo.
Quello che sappiamo è che mentre nella Francia dei gilets jaunes, si sciopera per una settimana intera, dando corpo, voce e dignità al malessere sociale, in Italia Landini auspica un “fronte comune imprese, sindacati, governo per una nuova idea di paese”.
Prepariamoci a un risveglio che sarà comunque brusco.

Giovanni Iozzoli

Fonte: www.carmillaonline.com

Link: https://www.carmillaonline.com/2019/12/12/lallarme-democratico-quello-vero/

13.12.2019

Grecia invasa… è solo l’inizio?

https://comedonchisciotte.org/grecia-invasa-e-solo-linizio/?fbclid=IwAR22VCDdQ_rDXNEgDuyY3R8GZK0mvksY92v7cK5Z07u2EvV7BDiX4mjKHlo

Come Don Chisciotte – Controinformazione – Informazione alternativa
Migranti del momento. Grecia settentrionale, stampa greca, novembre 2019

Grecia invasa… è solo l’inizio?

DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

greekcrisis.fr

La fine dell’autunno in Grecia è caratterizzata dall’intensificarsi dei flussi migratori in ingresso, non più solo nelle isole, ormai sature, ma direttamente sul continente. Sono giovani, in forze, dotati di cellulare, spesso inviati direttamente dalla Turchia, con evidenti finalità di destabilizzazione del mai amato vicino ellenico. La propaganda dilagante non ferma le reazioni popolari, che si fanno sentire un po’ ovunque, anche perché le disposizioni (ufficiali e non) dicono in sostanza che i nuovi arrivati devono venire prima dei greci in tutti gli ambiti di intervento pubblico (alloggi, sussidi, cure sanitarie, etc). L’impoverimento dei greci è tale che i villaggi sono ormai spopolati e molti non reclamano neppure i morti negli ospedali, per non doverne pagare la sepoltura. Le commemorazioni della rivolta studentesca del 1973 sono occasione di passerella per Tsipras e Varoufakis, ma nel mondo reale la gente subisce aggressioni e violenze dai nuovi arrivati e si organizza: gli alberghi cominciano a non volerli più ospitare (nonostante i rimborsi statali). E’ come un’invasione, ma senza colpi di arma da fuoco, almeno per ora: più di uno prevede che molti dei migranti entrati in questi mesi si “attiveranno” nel momento  in cui la Turchia deciderà di passare all’azione per un attacco militare vero e proprio. Intanto anche registi famosi come Costa-Gavras si prestano ad operazioni agiografiche verso il potere, facendo uscire il film ispirato al libro “Adulti nella Stanza” di Varoufakis. Da leggere per intero la lettera di Zoe Konstantopoúlou che presiedeva, all’epoca, il Parlamento Greco, che smonta la versione autoassolutoria dell’autore, secondo cui non ci si poteva opporre ai memoranda “Una lettura della storia che mostra quello che è successo nel 2015 come unico risultato del comportamento estremo dei creditori (…) è una lettura falsa. I creditori si sono comportati in modo criminale, spietato, che ricorda un colpo di stato. E’ un dato di fatto. Purtroppo, il governo greco e i responsabili delle trattative con i creditori hanno reso loro le cose più facili. Non si erano preparati, il loro lavoro era sommario e superficiale. E se alcuni pensano di aver capitolato perché non erano preparati, la mia convinzione, sulla base dei fatti che ho vissuto, è che hanno scelto di non prepararsi perché avevano accettato di capitolare”.

E infine, come sempre a fine anno, Panagiotis Grigoriou apre una sottoscrizione straordinaria, ormai non solo più per esigenze specifiche del blog, ma anche per il sostentamento materiale del suo autore. La pagina è QUESTA


Giovedì 14 novembre 2019

Da “C’è un passaggio e… Pasarán” – articolo originale QUI

(…)

[E] Poi ci sono i parassiti politici ed economici di Atene, tra cui il Presidente della “Repubblica” Pavlópoulos, e Mitsotákis nel ruolo di Primo Ministro e il loro “Parlamento” da operetta, tutto questo piccolo mondo di vampiri, che ha osato istituire un Comitato….. per commemorare i 200 anni della Rivoluzione Nazionale, Cristiana e Sociale del 1821, che ha portato ad una Grecia finalmente (e supponiamo) libera. A capo di questa commissione c’è la ricchissima Giánna Angelopoúlou, che aveva già presieduto il comitato delle fatidiche Olimpiadi del 2004, quando ancora le stesse caste avevano inghiottito tanti milioni, ma un regalino da qualche miliardo è stato come sempre inviato ai cittadini del paese reale sotto forma di debito. Giánna Angelopoúlou, la cui famiglia del marito venne notevolmente arricchita dalla gentile partecipazione dei tedeschi sotto l’occupazione degli anni ’40 (trasmissione 90.1 FM, 12 novembre 2019, mattino), ha tenuto addirittura un discorso al “Parlamento” il 7 novembre, un discorso degno di una mediocre liceale, un po’ come se stesse presiedendo l’Ufficio del Turismo della…. regione della Grecia.

La moglie del ricco uomo ha parlato degli armatori di Chios, della tessitura della seta di due secoli fa, delle attuali ONG che si occupano di protezione dell’orso, e poi della cosiddetta recente….. grandezza di una Grecia piuttosto multiculturale. Gli eroi della nostra Rivoluzione Nazionale sono stati ignorati, la Rivoluzione stessa è stata dimenticata, come se volessimo commemorare la Rivoluzione del 1821 senza di essa.


Angelopoúlou, Pavlópoulos, Mitsotákis. Atene, novembre 2019, stampa greca

(…)


Tsípras, Mitsotákis e Georgiádis. Atene, 11 novembre 2019, stampa greca

Dal “No pasarán”…… all’attuale “autostrada”, c’è stato solo un piccolo passo, ed è stato sicuramente fatto. Inoltre, la propaganda di questa sinistra, che i Mitsotakiani, così come i Sorositi, ripetono anch’essi, è allora abietta e grossolana. Doúrou [NdT: ex Presidente della Regione dell’Attica], attraverso il suo messaggio, assimila gli attuali migranti ai rifugiati greci cacciati dai turchi tra il 1922 e il 1924 dopo la guerra del 1919-1922. Quando nel 1923, a Losanna, la maggior parte dei greci era già stata espulsa o rimpatriata in Grecia. Il trattato, che seguì la prima espulsione dei greci da Smirne, dal ponte e dalla Cappadocia, riguardava 1.700.000 greci, che si trovavano ancora in Turchia, e circa 400.000 musulmani da Creta e Macedonia.


Doúrou….. quella accogliente. Pireo, 11 novembre 2019, fonte Internet

Un soldato greco, in servizio al confine greco-turco a nord vicino al fiume Evros, ha appena inviato un messaggio di dolore a Sávvas Kalenterídis. (…) Molto popolare in Grecia e Cipro, è autore di molti libri di analisi geopolitica e dirige la casa editrice “Infognomon” e il sito web InfognomonPolitics, vedi anche qui.

La relazione di Kalenterídis è la seguente: “Questa è la verità su Evros e sull’invasione straniera. La testimonianza di un soldato che vi presta servizio. Questa mattina ho ricevuto un messaggio da un soldato greco che non conoscevo in servizio ad Evros, e cito testualmente, dalla zona di sicurezza delle frontiere. L’ingresso degli stessi greci è severamente vietato, ad eccezione degli agricoltori della regione, per non parlare degli stranieri. Ciò ricorda l’avventura di due soldati greci entrati illegalmente nella rispettiva zona militare e poi arrestati l’anno scorso dall’esercito turco, che sono rimasti imprigionati per diversi mesi in Turchia prima di essere restituiti alle autorità greche. Il messaggio del membro è il seguente: Salve signor Sávvas….. Vengo da……… Sono un soldato e servo in Evros. La situazione è tragica…….. Non ho alcun diritto di impedire loro di entrare, perseguirli o adottare misure per avvertirli che stanno entrando in una zona militare vietata e che stanno entrando illegalmente nel mio paese! Non riesco nemmeno a fermarli! Non c’è più una zona di sicurezza al confine. Perché tutto quello che posso fare secondo gli ordini che ricevo è notificare le guardie di frontiera… Per dar loro il benvenuto allora…tutti insieme… I loro passaporti sono bruciati e dichiarano ciò che vogliono sui loro paesi d’origine. Essi sostengono anche di non avere un telefono cellulare… e così via… Questo è tutto e…”, blog di Kalenterídis, 10 novembre 2019.


L’invasione. Migranti verso Evros. Fonte, Kalenterídis, 11 novembre 2019

Passaporto mezzo bruciato. Fonte, Kalenterídis, 11 novembre 2019

Barca usata dai migranti a Evros. Fonte, Kalenterídis, 11 novembre 2019

Migranti e altri agenti turchi entrano a migliaia dal confine con la Turchia sul fiume Evros in modo organizzato e pianificato, aggiungendosi all’altra invasione, quella delle isole greche via mare. Va anche notato che questi immigrati clandestini che attraversano il fiume Evros non sono nemmeno registrati. “Evros, è un setaccio, e nessuno è chiamato ad avere almeno un’idea con chi abbiamo a che fare. Dal mio posto di lavoro sul delta del fiume conto tra i 70 e i 100 migranti ogni giorno. Sono aggressivi, vanno direttamente nei villaggi della minoranza musulmana della regione lungo le strade già indicate e poi scompaiono. Si tratta di una popolazione maschile, giovane e visibilmente formata, che ha ripetutamente attaccato gli abitanti della regione. Atene non sembra sentirci”, testimonianza di un ufficiale dell’esercito greco, radio 90.1 FM mattino, 13 novembre.

E nell’interno del paese, nel Peloponneso, nella regione di Patrasso, la Chiesa si prepara ad accogliere i migranti in un monastero storico che attualmente non ha monaci. Ne dedurremo che presto avrà un imam. Gli abitanti del villaggio vicino sono sconvolti e quelli della Chiesa esitano un po’ di fronte alla reazione popolare ma sperano di andare avanti con la “loro” decisione.

In ogni caso, le autorità greche e le forze armate e navali greche sono disinnescate dall’interno di fronte all’invasione, mentre i confini navali e terrestri della Bulgaria con la Turchia rimangono ermeticamente sigillati e controllati, con nessun migrante che attraversa i confini con la Bulgaria. Ciò che, secondo i giornalisti e altri lacchè della globalizzazione, sembra quindi impossibile da controllare in Grecia, sembra perfettamente possibile per altri paesi, e già confinanti con la Bulgaria. (…)

E’ una guerra e poi una guerra importante. I film di propaganda dell’Ufficio delle Nazioni Unite sulla migrazione imposta …. e contro le nazioni, anche promettono ai migranti condizioni ideali in Grecia, anche gli alberghi con piscina, sembrano video delle agenzie di viaggio, è qui. (…)

“Negli ultimi anni, il nostro paese è stato inondato da ondate di immigrati clandestini. Entrano illegalmente nel territorio greco, chiedono asilo come rifugiati e si stabiliscono qui. Non sono, per la maggior parte, rifugiati o semplici migranti economici che vengono a lavorare per qualche anno e poi tornano nel loro paese d’origine, sono coloni che cercano di costruire la loro nuova vita sul territorio di un altro paese”, dice Nikos Iglessis sul suo blog.

Così, in tutto il paese, le reazioni a questa colonizzazione forzata sono forti. “Invasori clandestini fuori dalla Grecia”, si legge ovunque, mentre i migranti moltiplicano gli atti di violenza e vandalismo, a volte anche saccheggiando chiese e organizzando campi di proprietà privata a Lesbo e Samo, per esempio, senza che la polizia faccia rispettare la legge o protegga i legittimi proprietari dei luoghi.

(…) “La propaganda dei ‘politicamente corretti’, mondialisti neoliberali e anti-patrioti di sinistra, cerca poi di convincere i greci che alla fine dovrebbero semplicemente prestarsi a un’eutanasia. Tutte queste persone ci dicono che non ci sono molti nuovi arrivati e che dobbiamo imparare a vivere con loro. Ma se li installiamo oggi, inevitabilmente ne arriveranno altri. Negli ultimi quattro mesi, il numero di arrivi ha ufficialmente raggiunto le 40.000 persone, secondo il vice ministro della protezione dei cittadini, G. Koumoutsákos, responsabile dell’immigrazione”.

“La società greca dovrebbe adottare, se possibile….per via endovenosa, una logica molto grottesca. I migranti, chiamati rifugiati, hanno diritti più alti dei greci. (…)

“Infine, la più grande minaccia alla sicurezza nazionale greca è la creazione di una grande minoranza musulmana nel paese, che sarà strumentalizzata a tempo debito da potenze straniere, la Turchia e molte altre, a fini geostrategici. (…)


Greco e senzatetto. Atene, novembre 2019

(…) molti greci sono senzatetto, mentre i resti di coloro che muoiono negli ospedali a volte non vengono rivendicati dai parenti perché le famiglie non hanno i mezzi per seppellirli. E’ un piano ed e’ in corso. (…) Dora Bakoyánni, membro….. nel tempo libero del gruppo Bilderberg e sorella ufficiale di Mitsotákis (in Grecia si dice a volte che è più sua madre), ha appena dichiarato “che i migranti dovranno essere sistemati selettivamente nei villaggi spopolati del paese”, stampa greca, novembre 2019. (…)

Nelle ultime notizie, i media tradizionali censura ogni evento legato alla cosiddetta crisi migratoria. Come se i fatti fossero….. emigrati altrove. Silenzio, ci sono le TV. Allo stesso tempo, i clandestini vengono imbarcati dal Pireo su autobus che li portano a destinazione, attraverso strade secondarie e talvolta sterrate, sempre scortati dalla polizia, sempre verso le tre del mattino.

(.) Altrove, gli abitanti stanno lottando e resistendo all’invasione come meglio possono, in Agía Varvára Imathias nella Macedonia greca, tre poli elettrici che circondano un campo sono stati distrutti e l’energia elettrica è stata tagliata, il rapporto è qui, 13 novembre 2019.


Gli abitanti del villaggio di Ano Sotirítsa. Televisione locale, 5 novembre 2019

(…) Ai vampiri politici ed economici che si sono incontrati il 7 novembre nel “Parlamento”, è stato visibilmente ordinato di accelerare il processo perché il paese reale e la gente sta reagendo qua e là, e dicono addirittura che prenderanno le armi (Internet greco, novembre 2019),


Giovedì 21 novembre 2019

Da “Non lasciate che il vostro paese affondi” – Articolo originale QUI

(…) ad Atene è stata la cosiddetta “celebrazione”, la commemorazione della quasi vera rivolta degli studenti dell’École Polytechnique nel mese di novembre, sotto il regime dei Colonnelli, nel 1973.

(…)

Questa rivolta studentesca, [avvenuta] soprattutto ad Atene, tra il 14 e il 17 novembre 1973, è stata certamente autentica, ma allo stesso tempo è stata “lavorata” e incanalata dall’interno dai servizi segreti greci, americani e israeliani, secondo quanto talvolta viene detto pubblicamente ad Atene, anche attraverso alcuni media, come su 90.1 FM, di questa settimana (trasmissione mattutina). E in ogni caso, l’obiettivo, ricercato e finalmente raggiunto, non era il rovesciamento della dittatura, ma l’espulsione del dittatore capo Papadópoulos e la sua sostituzione con l’ufficiale Ioannídis, un agente della CIA, una povera e tragica marionetta, (…)

Quelli di Papadópoulos dovettero cadere, in primo luogo perché il loro regime non voleva dare carta bianca agli Stati Uniti per utilizzare la base militare americana di Souda a Creta(…) Poi, c’era altrettanto e altrettanto urgente la questione di accelerare il….. piano anglosassone, americano e britannico per Cipro. Se necessario, Makarios avrebbe dovuto essere abbattuto a Nicosia, considerata troppo filosovietica. Soprattutto, la Turchia dovette essere introdotta con la forza nel gioco (…).


Varoufákis e la sua famiglia durante la sfilata del 17 novembre 2019 ad Atene (foto su Internet)

Successivamente, la transizione dalla dittatura alla democrazia è stata troppo agevole e soprattutto è rimasta in gran parte segreta. Karamanlis il vecchio è arrivato ad Atene il 24 luglio 1974 dal suo esilio d’oro a Parigi, e come previsto dalla programmazione, ha ammesso e soprattutto “legittimato” il piano dell’invasione di Cipro. Perché è stato sotto il governo di Karamanlís e non sotto i colonnelli che, con la sua seconda operazione Attila-II nell’agosto 1974, l’esercito turco ha finito per controllare non il 4% del territorio dell’isola come da luglio, ma quasi il 40%. Karamanlis ha poi pronunciato pubblicamente questa frase, che è rimasta negli annali della storia politica più triste del paese: “Cipro è molto lontana” in modo da [non] intervenire. Tuttavia, le forze armate greche disponevano di tutti i mezzi necessari per fermare l’invasione turca in modo pulito o almeno per contenerla.

Quindi, da questo punto di vista, Karamanlis difficilmente incarna la rottura di fronte al tradimento programmato e materializzato dall’ultimo dei Colonnelli, ma piuttosto la sua continuità. (…) Indubbiamente, la rivolta dell’École Polytechnique ha svolto un ruolo decisivo e, in definitiva, fatale, se si giudica dalla concretizzazione dell’atto finale della tragedia, accelerata dal licenziamento di Papadópoulos il 17 novembre 1973. (…) i comitati studenteschi erano stati infiltrati da agenti del regime, di fatto la CIA. (…)

Detto questo, dal punto di vista degli studenti dell’epoca, ma anche di alcuni ateniesi, come i miei genitori che vi parteciparono sul posto e a modo loro il 16 novembre 1973, la rivolta, la loro e quindi l’unica, era stata reale, sincera…. inefficace e soprattutto tradita. Il resto è il rito di una grande manifestazione dal 1974, che è diventata molto più piccola con gli anni della Troika e il tardivo risveglio di molti greci. Ed è in questa processione di appena 20.000 persone nel 2019 che il culmine dell’attuale perversione politica, Tsípras, la sua famiglia e Varoufákis, hanno partecipato. Arroganza e poi impostura. Era il grande circo degli hybris, soprattutto perché la famiglia Tsípras, allora costruttori immobiliari, fece fortuna sotto i colonnelli, e questo è solo un esempio.

(…)

Così, la popolazione greca è molto preoccupata, i nuovi migranti stanno occupando piazze e panchine, i giovani greci e soprattutto le donne non osano più uscire da soli, in ogni caso, perché molti casi di aggressioni sessuali, sia concrete che verbali, sono già stati segnalati, tranne che i media stanno facendo tutto il possibile per elevare lo stato di (nuovo) conflitto in cui il paese reale si sta gradualmente ritrovando. Solo a Lesbo, tra il 1° e il 14 novembre, sono arrivati 1425 migranti, circa cento al giorno, e naturalmente tutti dichiarano di essere rifugiati e immediatamente, sotto l’egida delle ONG di Sóros, presenteranno la loro domanda di asilo. Tuttavia, secondo le fonti di informazione di Droúgos, “il 58% di essi proviene da paesi asiatici, Pakistan, Afghanistan, Bangladesh, 31% dall’Africa subsahariana e dal Maghreb, e chiaramente meno del 10% dalla Siria.

(…) La situazione sta peggiorando ovunque, ad esempio sull’isolotto di Kastelórizo, l’invasione è in corso, i migranti vagano ovunque, ora entrano nelle case e nelle aziende per rubare o stabilirsi e persino per saccheggiare le chiese. I funzionari locali eletti allora suonano un vero e proprio segnale d’allarme, ma…….. Atene è lontana, stampa del 20 novembre.

Allontanandosi ad alta velocità dai miti che le pseudo-elite volevano imporre così tanto, il vero paese si ripudia e si organizza. Il sindaco di Samos, così come l’intero consiglio comunale, si è dimesso, opponendosi all’annuncio della creazione di un nuovo campo per migranti, presumibilmente chiuso, comunicato stampa del 21 novembre. (…)

Nel nord della Grecia, nel Kilkis, i residenti hanno presentato denunce contro le compagnie di autobus che trasportano immigrati clandestini e anche contro gli albergatori che li ospitano. Allo stesso tempo, gli albergatori locali si sono rifiutati di stipulare altri contratti con il Ministero, di fatto con le ONG e l’ONU, perché i residenti non accetteranno più migranti nelle loro case, a seguito dell’intervento del comune, la stampa della settimana. Allo stesso tempo, a Salonicco, i poliziotti hanno marciato dietro lo striscione: “Stiamo diventando migranti in patria”. Ufficialmente, la polizia denuncia la mancanza di risorse perché quasi la metà del personale delle stazioni di polizia è destinato alla sorveglianza dei migranti in tutta la Grecia e il sistema alla fine crollerà. In breve, denunciano il tentativo di sostituire la popolazione della Grecia, con la complicità dei politici, stampa della settimana.


Diventiamo migranti in patria. Polizia di Salonicco, 19 novembre 2019

(…) Allora lasceremo che Christian Darlot concluda, come Nicolas Bonnal fa tanto per il suo articolo:

“Miei cari amici, gli anni a venire non riposeranno su un morbido cuscino di piume. Se non vuoi questo futuro, parla con chi ti circonda, affronta le lacrime delle bande di vecchi amici, tollera le tensioni nelle riunioni di famiglia, ma non lasciare che il tuo paese cada a pezzi. E se non sei patriottico, fai qualcosa per la tua famiglia”.


Non lasciate che il vostro paese affondi. Atene, novembre 2019

Giovedì 28 novembre 2019

Da “Basso Impero” – Articolo originale QUI

(…)

I cosiddetti media mainstream nascondono la realtà come possono, ed è meglio seguire i media locali e alcune rare trasmissioni sulle principali stazioni radio per farsi un’idea del cataclisma del momento. O, semplicemente, basta vivere nel nord della Grecia o nelle isole, questi alti luoghi di passaggi e contrabbandieri per vedere cosa sta accadendo lì giorno e notte senza tregua, i media sono quasi inutili per la descrizione. E questa è l’Apocalisse. Gli abitanti hanno sofferto gli eventi sconvolti, organizzandosi con i mezzi di fortuna  di fronte a quest’ultima operazione di guerra ibrida e….. del tipo Attila, orchestrato, ricordiamo, tra gli altri, da Berlino, Ankara e Sóros.

“La nostra popolazione viene sostituita, tutte le nostre strutture crollano, la polizia, gli ospedali, le strade, tutto. Sulle spiagge della nostra isola, più di duecento migranti sono arrivati tra il sabato e la domenica, questa è l’entità del disastro. Le ONG agiscono spudoratamente al di fuori di ogni controllo, perché nella nostra isola hanno semplicemente sostituito lo Stato. Così, le ONG, FRONTEX e le altre autorità greche stanno lavorando esclusivamente e insieme al solo scopo di accogliere i migranti e mai per prevenire o addirittura ostacolare questa ondata”, il Sindaco di Samos, 90.1 FM, trasmissione del mattino, 27 novembre. Anche ad Atene questa disorganizzazione, prevista, sta accelerando. Negli ospedali, come il grande ospedale pubblico per bambini di Atene, i giovani migranti si organizzano in bande per rubare e assaltare il personale ospedaliero, la situazione diventa più che insostenibile, come riportano i media greci della settimana.

Questo è come invadere un paese senza nemmeno sparare una salva. Per il momento, almeno, perché i salvataggi arriveranno in tempo, quando ai nidi di agenti dell’esercito turco travestiti da migranti sarà ordinato di sabotare la Grecia dall’interno, con….. il tipo di cooperazione dei migranti musulmani, il giorno in cui la Turchia attacca, e quel giorno probabilmente non è lontano. “Accendete le vostre radio, ascoltate il mio grido d’allarme, la Turchia attaccherà e in breve tempo”, dice il giornalista Trángas dalla sua zona sulla radio 90.1 FM, ed è altrettanto chiaro che il governo Mitsotákis sta ora chiedendo il suo ritiro dalle onde radio, così la sua ultima trasmissione avrà luogo il 15 gennaio prossimo.


Migranti del momento. Grecia settentrionale, stampa greca, novembre 2019

I migranti si organizzano in bande negli ospedali. Media greci, novembre 2019

(…) a volte, anche la stampa tradizionale, come “Kathimeriní”, riferisce che un numero significativo di migranti si sono stabiliti in un albergo della città di Sparta, senza avvisare né il comune né gli abitanti, Kathimeriní il 27 novembre. Operazioni, come richiesto, tenute segrete, agli autobus scortati dalla polizia per effettuare l’operazione di colonizzazione, città dopo città, villaggio dopo villaggio. Gli spartani presenti sul posto hanno reagito in modo forte, molto disgustato. (…) Dettaglio importante, secondo le relazioni, gli albergatori in questione sono più spesso in fallimento, e quindi devono una somma significativa alle autorità fiscali “greche”, l’amministrazione fiscale appartenente fin dagli accordi di Tsípras del 2015 – 2016, interamente alla AADE Limited Company, una struttura gestita essenzialmente da Berlino via Bruxelles (…)


Sabato 30 novembre 2019

Campagna annuale di sostegno – dicembre 2019 – gennaio 2020

Il vostro blog, “Greekcrisis” sta entrando nel nono anno….. della sua storia. Libero ma spesso sopraffatto, prende atto dei momenti e degli stati d’animo che lo circondano mentre continua il suo viaggio con i suoi poverissimi materiali quotidiani e tutta la loro…. tossicità, poi i suoi poeti, e infine i suoi animali, più “adespoti” (senza padrone) che mai. Oltre 750 testi dal lontano mese di ottobre 2011, e analisi sincere che possono essere condivise o meno, naturalmente.

“Greekcrisis” (libera da qualsiasi affiliazione politica istituzionale e partigiana) funziona solo come sapete con donazioni, il vostro contributo, per coprire i suoi costi, in realtà le esigenze sempre più primarie dell’autore…. perché il blog senza i suoi lettori, semplicemente non esisterebbe.

Questa campagna eccezionale di sostegno finanziario in questo preciso momento, che è diventata una campagna regolare alla fine di ogni anno, è stata quindi lanciata e durerà due mesi, fino alla fine di gennaio 2020.

Si tratta di chiedere il vostro intervento e il vostro sostegno per raggiungere in due mesi i 2.000€ in più se possibile, di ciò che costituisce per noi le somme che permettono rispettivamente un funzionamento minimo del sito “Crisi greca”, per trascorrere l’inverno in un qualche modo.

Per effettuare le vostre donazioni, andate sulla pagina speciale “Donazione” tramite il pulsante “Pay Pal” o direttamente (se preferite) sul conto corrente bancario indicato nella stessa pagina.

GRAZIE per la vostra fedeltà e il vostro sostegno, nonché per i vostri messaggi e commenti. Dobbiamo resistere…… anche quest’anno, nelle avversità e nell’incertezza di questa fine…. del tempo.


Lunedì 2 dicembre 2019

Da “Gavras non è Gavroche” – Articolo originale QUI

I bastardi politici che “governano”, se possibile, impongono la loro versione dei fatti, anche quelli immaginari che ne derivano. E’ il caso del narciso Varoufákis. Questo Sóros sociale, molto compatibile, questo apolide professionista ha il coraggio di imporre, attraverso il cinema di un Gavrás finale, la cosiddetta fatalità come unica via d’uscita dalla storia. Ma Gavrás non è Gavroche, tranne che gli amici francesi del blog stanno cadendo sotto il fascino del film. Allora c’è bisogno di una risposta.


Il film di Costa-Gavrás. Stampa francese, novembre 2019

Così “Greekcrisis” a sua volta pubblica qui la “Lettera aperta dall’ex Presidente del Parlamento greco al regista Costa-Gavras”, di Zoé Konstantopoúlou.

“10 settembre 2019 – Lettera aperta a Costa-Gavras

Caro signor Gavrás,

“Come ho avuto modo di raccontarvi oralmente alla fine di maggio 2015 a Parigi, apprezzo e rispetto il vostro lavoro e il vostro contributo. Per questo motivo, nel giugno 2015, in qualità di Presidente del Parlamento greco, le ho chiesto di sostenere la relazione della commissione di revisione contabile del Parlamento per la verità sul debito greco. All’epoca, lei mi ha chiesto di inviarle la relazione e pochi giorni dopo siete stati uno dei primi firmatari. Cioè, avete sostenuto il lavoro scientifico ufficiale di avvocati, economisti ed esperti di fama internazionale, che hanno lavorato volontariamente per mesi e hanno analizzato le ragioni per cui il presunto debito pubblico del paese è illegale e non dovrebbe essere pagato dal popolo greco”.


Aléxis Tsípras e Zoé Konstantopoúlou, stampa greca.

“Con questa lettera aperta, vorrei che i miei dubbi fossero resi pubblici. Lei ha scelto di fare un film in riferimento ad un periodo estremamente importante della storia recente del nostro popolo e del nostro paese. Un periodo che alcuni di noi hanno vissuto dalle nostre posizioni di responsabilità e che tutti i nostri collaboratori hanno vissuto nel modo più intenso possibile. E lo ha fatto adottando pienamente la versione e la narrazione (veramente la sceneggiatura) di un uomo che ha giocato un ruolo decisivo in quel periodo”.

“Quest’uomo che si è comportato almeno in modo irresponsabile e inconsapevole nella gestione del negoziato, trattandolo come una questione personale, seguendo una strategia e una tattica personale, negoziando senza consulenti legali e minando gravi opportunità per il nostro paese (che ancora esistono), creando catene e legando la Grecia al terzo memorandum, ancor prima di aver completato il suo primo mese al Ministero delle Finanze.

“Ho vissuto questi eventi critici e questo mi ha portato a conclusioni che, almeno a mio avviso, sono abbastanza chiare sul ruolo che ciascuno dei protagonisti della storia ha avuto. (…) Una lettura della storia che mostra quello che è successo nel 2015 come unico risultato del comportamento estremo dei creditori e che dimostra che il governo greco non è stato in grado di difendersi e di rivendicare i propri diritti è una lettura falsa. I creditori si sono comportati in modo criminale, spietato, che ricorda un colpo di stato. E’ un dato di fatto.”

“Purtroppo, il governo greco e i responsabili delle trattative con i creditori hanno reso loro le cose più facili. Non si erano preparati, il loro lavoro era sommario e superficiale. E se alcuni pensano di aver capitolato perché non erano preparati, la mia convinzione, sulla base dei fatti che ho vissuto, è che hanno scelto di non prepararsi perché avevano accettato di capitolare. Ciò è stato chiaramente confermato quando hanno scelto di non utilizzare il lavoro svolto in Parlamento in quel momento e gli specifici strumenti negoziali prodotti da tale lavoro”.

“Nei negoziati del 2015, il governo di Tsípras, contrariamente ai suoi impegni, non ha mai sollevato la questione della cancellazione del debito, né messo in discussione il suo rimborso, ma l’ha accettato con l’accordo del 20 febbraio firmato dall’onorevole Varoufákis prima che il Parlamento iniziasse i suoi lavori. Con lo stesso accordo, il governo greco ha trasferito 11 miliardi di euro ai creditori, il che era contrario ai suoi impegni e al suo programma”.


Simbolo delle realtà europeiste. Grecia, anni 2010

“In risposta alle mie reazioni a questo accordo, Tsípras e Varoufákis fingevano di non capire. Non hanno sospeso il rimborso del debito né l’inizio dei lavori della commissione di audit del Parlamento per la verità sul debito greco, anche se si erano impegnati a farlo. Né hanno utilizzato la relazione del Comitato di revisione contabile, né nel momento cruciale dei cosiddetti negoziati di giugno”.

“Quando il Parlamento ha approvato il referendum, il signor Varoufákis ha cercato di invertirlo dichiarando che ‘se la proposta dei creditori cambia, la questione cambierà e il governo si batterà per il sì’, mentre il signor Dragasákis diceva che il referendum non poteva avere luogo. Ho dovuto fare una dichiarazione pubblica del Parlamento che il referendum non era stato annullato (…)”.

 

“E’ ormai chiaro che Tsípras e Varoufákis pensavano che il popolo greco avrebbe votato ‘Sì’ nel referendum, e stavano pensando di usare questo ‘Sì’ come alibi. Per questo motivo, Varoufákis si è dimesso il 6 luglio 2015, poco dopo il NO del referendum, per poi facilitare il tradimento: non ha giustificato le sue dimissioni, ha inviato una lettera di sostegno al suo successore Tsakalótos, e la sua procura per l’imminente accordo del 13 luglio – il terzo memorandum, ha votato a favore delle condizioni preliminari per l’applicazione del terzo memorandum, compresa la riforma del codice di procedura civile, che ha reso più facile per le banche in fallimento di sequestrare i beni dei cittadini. Tutto questo è stato fatto per scelta e non per mancanza di scelta”.

“Considero un errore scegliere di basare il proprio film, che tratta di eventi storici di tale importanza, esclusivamente sul racconto di un uomo, quando è chiaro che si è preoccupato molto sistematicamente di scrivere una sceneggiatura incentrata sul proprio personaggio eroico, che non si è preoccupato, come avrebbe dovuto, di sostenere il nostro paese e il nostro popolo, e che continua a non voler dare spiegazioni serie su molti eventi e sulle proprie azioni.

“Naturalmente, come artista e anche come Cóstas Gavrás, hai la libertà e il diritto di creare ciò che vuoi. Ma non credo che lei abbia il diritto di presentare unilateralmente, dal punto di vista di uno dei funzionari e delle persone coinvolte, eventi storici di tale importanza. Secondo lo scenario di Varoufákis e Tsípras, non poteva essere altrimenti per la Grecia”.

“So che potrebbe essere stato e può essere diversamente. E la responsabilità di coloro che non hanno voluto fare ciò che era giusto e che si erano impegnati a fare, non diminuisce cancellando il dolore di chi l’ha affrontato. La loro responsabilità non è diminuita, anche con il tuo film. “Con tutto il rispetto, Zoe Konstantopoúlou, ex Presidente del Parlamento.”


Ridateci la nostra patria. Protestante di Atene, anni 2010-2014

No, Gavrás non è Gavroche. Sappiamo che Gavroche è il personaggio del romanzo di Victor Hugo “Les Misérables” che sembra un bambino di strada parigino, probabilmente ispirato al bambino del quadro di Eugène Delacroix “La Liberté guidant le peuple”. Sappiamo bene come chiunque altro che Gavrás ci dà qui una versione volutamente parziale dei fatti, ispirata da uno dei figli spirituali del profittatore economico Sóros, cioè Varoufákis.

TRADUZIONE per comedonchisciotte.org di FRANZ-CVM

GRANDI OPERE, GRANDE ’NDRANGHETA, PICCOLI CITTADINI. DAL 1943. —– GIALLO-VERDI, GIALLO-NERI, TAV: “CE LA MANGIAMO IO E TE LA TORINO-LIONE”

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/12/grandi-opere-grande-ndrangheta-piccoli.html

MONDOCANE

DOMENICA 22 DICEMBRE 2019

Da Mario Monforte (“Il Ponte”) ripubblico in calce questa denuncia dei No Tav sulle commistioni TAV-MAFIE-+EUROPA venute alla luce da iniziative della magistratura, fatti di cronaca e episodi già rivelati in passato da indagini degli stessi NO Tav (criminalizzati e perseguitati anche per questo). Commistioni occultate dai media in coerenza con l’etica del giornalismo italiano e dei suoi organi rappresentativi, escluso l’altrimenti malemerito “Fatto Quotidiano”.

Si tratta di fatti sconvolgenti, ma non sorprendenti, relativi agli interessi  e complicità che muovono quest’opera inutile, di spreco spaventoso e dalle conseguenze distruttive sul piano ambientale, sociale e politico. Una Grande Opera, grande esclusivamente per le dimensioni della devastazione e il tasso di cinismo di chi ne trae profitto, contro cui da trent’anni si batte tutta una comunità e la parte migliore del paese, pagandone un prezzo altissimo in termini di mazzate poliziesche, giudiziarie e mediatiche. Grande Opera tentacolo di uno Stato-mafia che ha i suoi consolati, i suoi servizi segreti, le sue forze dell’ordine su ogni lembo del territorio nazionale. Grande Opera di cui i cittadini titolari di quella terra hanno percepito la portata regressiva e delinquenziale, non solo per le comunità e l’ambiente interessati direttamente, ma anche sul piano morale e culturale che caratterizza l’approccio del totalitarismo globalista al pianeta tutto e ai suoi abitanti. Se ne dà testimonianza anche nel mio documentario “Fronte Italia-Partigiani del 2000”.

Opera (No Tav Valsusa, No Tav Terzo Valico, No Tav sotto Firenze) che, simbolicamente e sul piano della continuità storica, conferma quello che è, dal 1943, sbarco degli americani in Sicilia in base a un accordo con la mafia, al di là della “costituzione più bella del mondo”, il tratto saliente, malavitoso, della classe dirigente postfascista. Classe di dominanti che carnevalescamente maschera il fascismo postmoderno, biopolitico e tecnologico, suo e delle società occidentali, facendo inneggiare all’antifascismo sardine in piazza, corporazioni e caste varie. Dobbiamo a questa piovra le centinaia di vittime delle stragi da “terrorismo”, ovviamente mai scoperchiate, se non da teorici del “complottismo”, finalizzate a mantenere in piedi uno status quo occasionalmente minacciato da ventate di “odio populista e sovranista” per ladri, ladrocinii e saccheggi. E i militanti No Tav della Valsusa e del Terzo Valico, più che per aver opposto striscioni ai manganelli, e mortaretti agli idranti, anche per aver indicato e documentato i consorzi malavitosi che fanno capo all’impresa, hanno subito indecenti abusi repressivi.

Il tema TAV ha determinato quello che forse è il più radicale fallimento del governo detto gialloverde e la crisi del Movimento Cinquestelle che ora, con l’ulteriormente degradante alleanza con PD e renzismo, minaccia di divenire irreversibile, almeno nei suoi quadri dirigenti. Da una parte la Lega del demagogo Salvini, asservita in ogni sua componente agli interessi del grande capitale mafio-neoliberista nazionale ed europeo, fintamente sovranista e interamente compresa nello schieramento capitalimperialista dei guerrafondai, devastatori dell’ambiente e fautori di un controllo orwelliano su un’umanità di sudditi espropriata, livellata e de-identificata. Dall’altra, in perfetta sintonia strategica, non contraddetta dalle sceneggiate di sardine e altri, il nuovo partner “nero” dei Cinquestelle, propagandisticamente e per puro opportunismo bipolarista definito “sinistra” o “centrosinistra”. Ambedue, nel segno di un bipolarismo finto e di un monopolarismo effettivo, con davanti lo stesso pifferaio.

A questi due schieramenti minoritari, che costituiscono la tenaglia mortale a cui Unione Europea e Nato hanno affidato il controllo e la cattiva sorte degli italiani, guidati in entrambi i casi, gialloverde e giallonero, nella tradizione del migliore trasformismo italiano, da un classico prodotto del clerical-atlantismo democristiano, il Movimento Cinquestelle ha consegnato la sua maggioranza parlamentare. L’altroieri con il grottesco voto a salve anti-Tav in parlamento, che comunque non metteva minimamente in discussione, anzi, la subalternità ai soci e al premier, ieri con lo scandaloso voto all’iperausteritaria Von der Leyen, presidente del consesso di euro-eunuchi (e già sotto accusa per malversazioni da ministro della Difesa tedesco) e oggi, nascosto sotto un ridicolo rinvio, con il consenso al MES, arma-fine-d’Italia.

Vi lascio alla lettura della denuncia dei No Tav (nel link) e del commento sottostante, nonché a una torta per la nascita dell’anno nuovo, con sopra alcune candeline anti-mafia e anti-mafiosità: quella della prescrizione bloccata dal primo giudizio, quella del bavaglio alle intercettazioni strappato all’ex-ministro PD Orlando (auguri, Alfonso Bonafede), quella di un reddito che ha tolto dalla miseria due milioni e mezzo di persone. E teniamo in serbo quella che strappa dagli artigli dei malversatori le autostrade del paese, altrettante forche caudine, a volte mortali. Per il resto ci alziamo sulla punta dei piedi e guardiamo oltre le Alpi, nelle piazze e nelle rotonde di Francia.

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DA MARIO MONFORTE

No tunnel Tav Firenze: per chi ha voglia di brutte notizie un articolo in cui si parla di come emissari delle ’ndrine incontrano candidati di FI e +Europa nella compravendita di voti. Tutto per fare il Tav piemontese. 

Da NoTav.Info: https://www.notav.info/top/ndranghetav-lincontro-tra-il-boss-e-i-parlamentari-di-fi-e-europa-riprendere-i-lavori-in-val-susa/?fbclid=IwAR2vUWMQ834Xx0ZVZZQAmqWVqGId-p8tG1gHtwyCQgXAsGfXuDTnYKc-YHY, 21.12.2019

Ndranghetav. L’incontro tra il boss e i parlamentari di FI e +Europa: «riprendere i lavori in Val Susa».  Mentre ieri l’attenzione di tutti si concentrava sull’arresto per scambio politico-mafioso di Roberto Rosso, una notizia bomba tichettava nelle carte dell’inchiesta sulla ’ndrangheta in Piemonte. Negli atti dell’inchiesta, ancora secretati ma usciti grazie a una fuga di notizie, non c’è solo l’assessore degli striscioni «sí-tav» in Comune ma si parla anche di un altro incontro tra esponenti politici di altissimo livello e le cosche piemontesi. È il 24 febbraio 2019. A Nichelino si incontrano Francesco “Franco” Viterbo, portavoce del boss Onofrio Garacea, e alcuni onorevoli. Garacea è esponente del clan Bonavota ed è considerato “il reggente dei calabresi” tra Genova e Torino. Come riferirà Viterbo al patron del cosche del basso Piemonte, all’incontro sono presenti esponenti di spicco della politica nazionale, tra gli altri, «Napoli e Bertoncino». Si tratta con tutta probabilità della candidata alle europee per +Europa, Maurizia Bertoncino, e del deputato di Forza Italia, Osvaldo Napoli. Il colonnello forzista è uno dei piú accaniti sostenitori del Tav in Piemonte, da oltre 15 anni instancabile garante degli interessi opachi che si nascondono dietro la nuova Torino-Lione: già sindaco di Giaveno, promotore di uno dei primissimi esprimenti di movimento «sí-tav» nel 2010, non perde occasione per chiedere di arrestare i «no-tav» come terroristi, accoglie con giubilo ogni avanzamento dell’opera, elargisce solidarietà ai poliziotti che proteggono il cantiere, pretende la chiusura dei centri sociali torinesi accusati di dar manforte ai valsusini nella battaglia contro l’alta velocità. Piú importante ancora, l’on. Napoli dal 2013 ha affiancato Paolo Foietta come vice-presidente dell’Osservatorio ministeriale alla realizzazione dell’asse ferroviario Torino-Lione. Quanto a +Europa, il partito della Bonino in Piemonte fa del Tav letteralmente la sua bandiera nella campagna elettorale, arrivando a battezzare la lista per le europee «+Europa-sitav».

In quei giorni, il dibattito sulla seconda Torino-Lione imperversava in tutta Italia. […] l’analisi-costi benefici del MIT ha attestato che l’opera, oltre a un impatto ambientale devastante sull’arco alpino, è in perdita per diversi miliardi di euro. Dopo 20 anni di battaglie, il progetto Tav sembrava ormai arrivato al capolinea. È in questo momento che boss e deputati convengono sulla necessità di «dover prendere il paese in mano»Che significa? Il punto di convergenza tra le parti il 24 febbraio è sulla necessità che «i lavori presso i cantieri della Tav di Chiomonte devono proseguire».

Il resto è storia. Nel maggio 2019 il futuro consigliere regionale di FdI Roberto Rosso compra da Garacea pacchetti di voti dalle ’ndrine calabresi e viene eletto con il record di preferenze nella giunta di Alberto Cirio. Il 23 luglio il governo giallo-verde, per bocca del presidente del consiglio Conte, smentisce l’analisi costi benefici e annuncia che il Tav verrà finanziato. Il deputato Osvaldo Napoli dichiara «la Tav va avanti, come il buon senso vuole è una vittoria per l’Italia con ciò si conferma che l’ideologia della decrescita felice è stata e rimane il piú grande ostacolo allo sviluppo dell’Italia. Con la decisione sulla Tav, Conte si pone come naturale punto di equilibrio fra la maggioranza e le opposizioni». Il 9 agosto, a poche settimane dall’insediamento, Cirio visita il cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte in compagnia del direttore di Telt Mario Virano e del consigliere Rosso, e dichiara «l’opera è irreversibile, è venuto il momento di far ripartire i lavori».

Questi fatti sono noti in tutte le redazioni del nostro paese. Nessun quotidiano nazionale né Tg però ne sta parlando, se non su qualche sperduto trafiletto. Per mesi hanno pompato ogni minchiata riguardante il Tav, sperticandosi sui dettagli della cromatura della talpa Federica o il guardaroba delle “madamin”, ma il fatto che la ’ndrangheta ordini a dei parlamentari di continuare con la piú controversa opera pubblica in Italia non è degno di nota. Come definire un’informazione del genere? Distratta? Complice? Collusa? Quanto a questa vomitevole macchina che vuole spolpare il nostro territorio, nota anche come Tav, che pieghino armi e bagagli e non si facciano mai piú vedere. A cambiare i cartelli della Val di Susa in Val di Scusa ci pensiamo noi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:53

TERRORISME : COMMENT LE PARLEMENT ‘EUROPEEN’ CONTINUE A JOUER LE ‘SCENARIO DU DIABLE’ CONTRE LA CHINE !?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 12 19/

“Nous exigeons que (le Parlement européen) fasse une distinction claire entre le bien et le mal, retire sa nomination et cesse de soutenir le séparatisme et le terrorisme”

LM.GEOPOL - Chine Xinjang pe (2019 02 19) FR (1)

– Geng Shuang,

porte-parole du ministère chinois des Affaires étrangères.

“En brandissant le prétexte des droits de l’Homme et de la liberté, (le Conseil de l’Europe) blanchit un séparatiste qui soutient la violence et le terrorisme”

– Diplomatie chinoise.

On nous dit à Bruxelles ou à Paris que l’Union dite « européenne » entend « combattre le terrorisme djihadiste ». Mais le Parlement Européen, lui, soutient par un vote honteux, célébré ad nauseum sur tous les medias de l’OTAN (les Euronews, Arte, LCI, France24, RFI et cie), qui reprennent une campagne initiée parlLe quotidien américain ‘The New York Times’ , le terrorisme islamiste en Chine. A la grande colère, légitime, de Pékin !

L’Ouïghour Ilham Tohti a en effet été récompensé par le « Prix Sakharov » (tout un programme) du dit Parlement Europén … Le souci : il est issu issu de la minorité musulmane de Chine, secouée par un terrorisme sécessionniste qui réclame l’indépendance d’un Califat djihadiste, le « Turkestan Oriental », et dont certains ensanglantent la Syrie sous le nom de « Parti du Turkestan » ‘également connu sous le nom du « Mouvement islamique du Turkestan oriental ») !!!

La fille d’Ilham Tohti, qui vit aux USA, a reçu ce mercredi à Strasbourg ce « prix Sakharov des droits de l’homme du Parlement européen », au nom de son père. Ilham Tohti, 50 ans, est considéré comme un “terroriste” par Pékin, et a été condamné en 2014 à la prison à vie pour “séparatisme”. Ilham Tohti avait déjà obtenu fin septembre le « prix des droits de l’Homme Václav-Havel » (décidément on reste dans la vulgate atlantiste), décerné cette fois par le Conseil de l’Europe. Le prix Sakharov, créé en 1988, est décerné chaque année à des personnes ayant apporté “une contribution exceptionnelle à la lutte pour les droits de l’Homme dans le monde”.

PRIX SAKHAROV: LA CHINE ACCUSE LEGITIMEMENT LE PARLEMENT EUROPEEN DE “SOUTENIR LE TERRORISME”

La Chine a fermement dénoncé ce mercredi la nomination par le Parlement européen de l’ouïghour Ilham Tohti pour le prix Sakharov des droits de l’homme, accusant l’institution de “soutenir le terrorisme”.

Il est en effet membre de l’ethnie musulmane ouïghoure, majoritaire au Xinjiang (nord-ouest de la Chine), une vaste région frappée pendant des années par des attentats mais désormais sécurisée. “Dans sa classe, il a publiquement loué en héros des extrémistes ayant commis des actes terroristes”, a dénoncé mercredi lors d’un point presse Geng Shuang, porte-parole du ministère chinois des Affaires étrangères. “Il a également utilisé son identité d’enseignant pour pousser ou forcer certaines personnes à participer aux activités du Mouvement islamique du Turkestan oriental (Etim) à l’étranger.” L’Etim est un groupe islamiste radical qui milite pour l’indépendance du Xinjiang. Il est largement considéré à l’international comme une organisation terroriste.

“Nous exigeons que (le Parlement européen) fasse une distinction claire entre le bien et le mal, retire sa nomination et cesse de soutenir le séparatisme et le terrorisme”, a déclaré M. Geng.

Ilham Tohti avait déjà obtenu fin septembre le « prix des droits de l’Homme Václav-Havel », décerné cette fois pour 2018 par le Conseil de l’Europe. Cette initiative avait été fermement condamnée par le ministère chinois des Affaires étrangères dans un communiqué transmis à l’AFP. “En brandissant le prétexte des droits de l’Homme et de la liberté, (le Conseil de l’Europe) blanchit un séparatiste qui soutient la violence et le terrorisme”, a dénoncé la diplomatie chinoise. “Cela profane et ridiculise les notions d’État de droit et de droits de l’Homme.”

UNE REGION STRATEGIQUE, LE XINJIANG

LM.GEOPOL - Chine Xinjang pe (2019 02 19) FR (2)

Ajoutons que la Chine accorde une importance stratégique à la région turcophone du Xinjiang, peuplée notamment de 8,3 millions d’Ouïgours, des musulmans turcophones, placée au cœur chinois des « Nouvelles routes de la Soie ». « Vaste région aride, le Xinjiang constitue l’une des deux zones, avec le Tibet, où Pékin redoute particulièrement l’instabilité (…) Grande comme trois fois la France mais seulement peuplée de 20 millions d’habitants appartenant à près de 47 ethnies différentes, parmi lesquelles 8 millions d’Ouïgours et autant de Hans (…) Cette région périphérique, qui représente un sixième du territoire de la Chine, a joué un rôle de tampon à l’époque soviétique. C’est pourquoi elle est restée longtemps sous-développée. En outre, le gouvernement a mis du temps avant de la dominer totalement. »

« Les premières conquêtes remontent au milieu du XVIIIe siècle sous les Qing, explique encore l’expert Thierry Kellner (pour ‘La Croix, Paris). Les troubles militaires n’ont en réalité jamais cessé pendant un siècle, jusqu’à une « reconquête militaire » à partir de 1875 et un rattachement à l’empire chinois en 1884. Mais il faudra attendre 1954, après la mort de Staline, pour voir réellement l’Armée rouge se réinstaller sur place. En 1962, de graves émeutes avaient provoqué une migration de plus de 100.000 Ouïgours en URSS. Un conflit frontalier avec l’URSS en 1969 avait confirmé son statut de région conflictuelle avec le voisin soviétique mais aussi avec les minorités musulmanes (…) La politique de réforme lancée par Deng Xiaoping en 1978 avait fait revivre la religion islamique et le nationalisme ouïgour, une redécouverte de l’identité musulmane qui mènera à une insurrection armée en 1979. C’est à cette période que remontent un sérieux tour de vis des Chinois et le contrôle de la religion vécue comme un vecteur du nationalisme et du séparatisme ».

Pourquoi le Xinjiang est si stratégique ?

Auteur de « L’Occident de la Chine, Pékin et la nouvelle Asie centrale 1991-2002 » (PUF 2008),  Thierry Kellner répond à la question :  « Sa position géographique, frontalière avec la Mongolie, la Russie, l’Inde, le Pakistan, l’Afghanistan, le Kirghiztan et le Tajikistan, fait du Xinjiang une zone hautement stratégique pour la Chine. Il s’agit d’une zone de transit des ressources qui viennent d’Asie centrale : l’oléoduc du Kazakstan fonctionne déjà et le gazoduc turkmène ouvrira en 2010. De plus, le sous-sol contient de l’or, du gaz, du pétrole, de l’uranium, du charbon et d’autres métaux précieux de la plus haute importance pour la Chine qui a besoin de ces énergies pour faire tourner son économie. Les ressources agricoles ne sont pas négligeables non plus lorsqu’on sait que seulement un tiers des terres chinoises sont cultivables. Plus important encore, le centre expérimental de tous les programmes nucléaires chinois depuis les origines est basé dans le « polygone de Lop-Nor », vaste de 100 000 km2, où ont été effectués les tests nucléaires souterrains comme à l’air libre. Le centre de test balistique est voisin, tout comme un centre d’entrepôt des déchets nucléaires. Selon Thierry Kellner, des essais chimiques et bactériologiques ont été effectués dans cette zone. Enfin, le Xinjiang constitue la rampe de lancement de la pénétration chinoise en Asie centrale jusqu’au Moyen-Orient. La Chine est aujourd’hui le premier investisseur en Afghanistan et s’impose de plus en plus en Iran et en Asie centrale comme le premier banquier ».

SUR LE TERRORISME ISLAMISTE EN CHINE ET LA QUESTION DU TURKESTAN ORIENTAL :

Depuis le 11 septembre 2001, Pékin fait face à une menace terroriste « actionnant à distance » et depuis l’étranger des agents locaux grâce à Internet et s’enveloppant dans le discours musulman. Ce teerrorisme lié à l’Internationale djihadiste est niée par les experts occidentaux.. Ainsi Thierry Kellner « ne croit pas pour autant à une structure terroriste extérieure liée à Al-Qaida » mais plutôt à des « petites structures locales autonomes » (sic).

Pourtant un grand nombre de terroristes d’origine chinoise, qui se revendiquent du « Parti al-Turkistani » se battent pour un État indépendant dans l’ouest de la Chine, trois fois plus grand que le Kurdistan irakien ». Avec le Front al-Nosra (al-Qaida en Syrie), le « parti du Turkistan », qui regroupe les djihadistes venus des minorités musulmanes de Chine, est un des principaux groupuscules terroristes soutenus par Ankara dans le nord de la Syrie …

* Voir les cartes du soi-disant ‘Turkestan’ et mon analyse sur Luc Michel’s Geopolitical Daily : La Chine s’engage dans une géopolitique de puissance militaire

sur https://davi-luciano.myblog.it/2019/06/25/dibouti-sri-lanka-syrie-la-chine-sengage-dans-une-geopolitique-de-puissance-militaire/

COMPRENDRE LE « SCENARIO DU DIABLE » :

* Lire aussi pour comprendre mon interview pour SITA :

INTERVIEW DE LUC MICHEL PAR LE SITE ARABE ‘SITA INSTITUTE’ : DJIHADISMES – TERRORISME – IMMIGRATION. QUAND L’AGENDA PROCHE-ORIENTAL S’IMPOSE EN EUROPE …

La grande interview du géopoliticien Luc MICHEL par Jan Vanzeebroeck et Samar Radwan (Beyrouth), pour le site arabe libanais ‘SITA INSTITUTE’

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-interview-de-luc-michel-par-le-site-arabe-sita-institute-djihadismes-terrorisme-immigration-quand-lagenda-proche-oriental-s/

(Source : AFP – Le Quotidien du Peuple – The New York Times – SITA – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

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