Perino interviene: bisogna votare M5S altrimenti …

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Serata di presentazione dei candidati del M5S a Bussoleno. Molti i presenti. Si è parlato di quanto fatto dal movimento nel corso di cinque anni. Intervento di Alberto Perino che invita al voto.

di Bruno Garrone.

Serata del  a Bussoleno, dedicata alla presentazione dei candidati e del lavoro svolto nei cinque anni trascorsi. Presenti i senatori uscenti Alberto  , i candidati  (Camera),  (Senato), e Franco  (Camera). Presenti in sala Alberto  Dimitri De Vita (M5S – Città Metropolitana). Moderatrice la serata la consigliera regionale Francesca .

Ospite speciale  che ha illustrato le recenti evoluzioni sui costi del .

Scibona e Airola hanno raccontato l’esperienza politica della legislatura terminata. Cosa ha potuto fare il M5S come forza di opposizione, e gli ostacoli riscontrati. I loro interventi hanno rimarcato l’importanza di conseguire un buon risultato elettorale; sopra tutto in relazione alla nuova legge Rosatellum (che Airola definisce incostituzionale), scritta per impedire un possibile governo al M5S.

Vale la pena ricordare che già l’Italicum fu scritta con lo stesso obiettivo, ma venne parzialmente cassata dalla Corte costituzionale. La nuova legge è stata comunque partorita nel momento in cui è stato chiaro che l’Italicum avrebbe potuto consentire al movimento di formare una maggioranza di governo.

I candidati.

Luca Cabaretta, il più giovane dei candidati presenti, ha raccontato la sua storia politica, iniziata con il movimento , e che ha successivamente trovato uno sbocco naturale nel M5S. Cabaretta è ingegnere ambientale e ha dato vita a due start up. 

Elisa Pirro, già consigliera comunale a Orbassano e in Città Metropolitana, lavora in ambito ospedaliero e in questi anni si è occupata dei problemi della Sanità e della questione Tav per quanto riguarda la famosa questione della linea SFM5, promessa da anni, non ancora realizzata, e che le amministrazioni cercano di far passare come “compensazione” alla linea Torino-Lione. 

Franco Trivero ha illustrato la sua esperienza di lungo corso in ambito finanziario, tributario e del mondo del lavoro, avendo ricoperto ruoli di dirigenza in diversi ambiti.

I candidati hanno risposto alle domande del pubblico che sollecitavano alcuni chiarimenti sulla questione delle alleanze e sulla posizione antifascista e antirazzista. In merito il sen. Airola ha ribadito che non esistono ipotesi di intese con scambi da manuale Cencelli, così come si intendono normalmente le alleanze nel nostro paese. Il M5S proporrà, se riuscirà ad ottenere l’incarico, una lista di punti fondamentali su cui chiederà la fiducia per un governo “tecnico”. Punti sui quali, specifica Airola, sarà responsabilità delle altre forze politiche assumersi l’onere di spiegare agli elettori un eventuale loro rifiuto.

Intervento di Alberto Perino.

Intervento applauditissimo quello di Alberto Perino. Per cambiare sul serio la situazione del paese, per impedire che la linea del Tav venga portata avanti, così come altre opere inutili e dannose, bisogna votare, e far votare, Movimento Cinque Stelle, sono state le prime parole di Alberto.

Capisco – ha ribadito Perino,- ci possano essere sentimenti e opinioni differenti, ma è il momento di avere un sano pragmatismo politico e comprendere che l’unica forza politica, in questo momento, che può generare la differenza, è il M5S.

Già l’esperienza del 2014, con le elezioni europee – ricorda Perino, – avrebbe dovuto insegnare che disperdere i voti per coltivare piccoli orticelli, non è utile alla causa No Tav. Proprio in quell’occasione la dispersione di voti costò la mancata elezione di alcuni candidati della Valle.

Un intervento forte e diretto quello del leader No Tav, concluso con l’appello accorato a sollecitare il voto per il M5S. È tempo di decidere da che parte stare: o di quà o di là – ammonisce Alberto. Hanno cercato di far passare in tutti i modi il movimento come uguale, o addirittura peggiore, di quelli che rubano  in continuazione solo perché, una numero irrilevante, si è trattenuto i soldi (propri, quindi non di altri) tradendo il patto con gli elettori.

Insomma, conclude Alberto, “chi non vota il Movimento Cinque Stelle, per cortesia, non si lamenti più: di come sta’, della merda che deve mangiare tutti i giorni, e delle inculate che gli danno tutta la vita…“.

Il video della serata (si ringrazia Patrizia Monica Triolo per la registrazione).

(B.G. 24.02.18)

ODIO-PAURA-RAZZISTI-FASCISTI ARMI DI DISTRAZIONE DI MASSA – USA: IL WATERGATE DEI DEMOCRATICI. ITALIA: STRATEGIA DELLA TENSIONE 2.0

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/02/odio-paura-razzisti-fascisti-armi-di.html

MONDOCANE

VENERDÌ 23 FEBBRAIO 2018

 

Nella vita moderna niente è più efficace di un luogo comune: affratella il mondo intero.(Oscar Wilde)

Ecco uno striscione che fa felice strategisti della tensione e mondialisti

Asini e buoi dei paesi tuoi. E degli Usa

Quando si tratta di buoi, cervi, renne, rinoceronti, che danno del cornuto all’asino, gli Stati Uniti d’America sono, al solito, maestri e noi, al solito, i ragazzi e (non se l’abbiano a male le femministe) le ragazze di bottega: gli sguatteri che arrivano dopo, trafelati e ai piedi del podio. Negli Usa è successa una cosa che rovescia tutto nel suo contrario. Il Russiagate è svaporato e trasfigurato nel ridicolo. Il grande accusatore di un’elezione americana decisa da hacker russi, è il procuratore Robert Mueller, già capo dell’FBI, la più grande associazione a delinquere mai apparsa sul pianeta, fondata nel 1924 e retta fino al 1972 dal capo gangster Edgar Hoover che, a forza di spionaggio e ricatti, ha tenuto al guinzaglio tutti i presidenti della sua epoca (salvo Kennedy e Nixon e s’è visto). Di fronte alla clamorosa assenza della benché minima prova a supporto dell’assunto, in pieno affanno l’aspirante boia dello sventurato Donald Trump s’è inventato 13 blogger russi che, da un antro in San Pietroburgo, avrebbero diffuso notizie talmente malvage su Hillary Clinton da convincere 62,3 milioni di fessacchiotti tra Manhattan e Beverly Hills a votare il suo avversario. Talmente boccaloni da non aver avuto nemmeno bisogno, come gli italiani, dei pacchi-dono Usa per votare democristiano, o di una scarpa su due per votare Lauro.

Crolla il Russiagate, emerge l’FBIgate

A seppellire definitivamente la panzana Russiagate, con tanto entusiasmo spappagallata anche da noi nelle larghe intese tra “manifesto”, “Repubblica” e tutti gli altri fakenewisti dei massmedia atlantisti, è arrivata la deflagrazione di una bomba a talmente alto potenziale che…  non ne ha parlato nessuno. Né i paladini della libera stampa come Washington Post, New York Times, CNN, CBS, BBC, nè quei ragazzi della bottega di Soros, del “manifesto”, del “Corriere”, devi vari canali tv. Un esercito di “tre scimmiette”. Eppure l’affare è gigantesco, tanto grosso quanto le corna sull’ungulato del Russiagate. Vale per la mandria taurina dello Stato Profondo Usa, con dentro tutta l’intelligence, l’FBI, il ministero della Giustizia, Wall Street e il Pentagono, che si riprometteva di avviare all’impeachment il burattino sfuggito al controllo). Al confronto quelle di Trump sono corna di capretto.

Altro che Russiagate. Watergate!

Si chiama “Nunes Memo”, cioè memoriale di Devin Nunes, che è il presidente della Commissione Intelligence (Servizi Segreti) della Camera. Un rapporto risultante da un’inchiesta della Commissione che è stato prima secretato, poi pubblicato sotto pressione dell’opinione pubblica e del Partito Repubblicano, felice di poter rivoltare la frittata democratica che avrebbe dovuto incartare il presidente repubblicano e che ora, coinvolgendo ministri e direttori dell’FBI, potrebbe aprire le porte del carcere proprio a chi pensava di sotterrare la capa di pannocchia.

Conviene approfondire l’argomento andando su internet. Qui si dica solo che tranne silenzi, borborigmi imbarazzati, risolini e balbettii, l’establishment politico e mediatico non ha saputo contrapporre una cippa. L’inchiesta ha appurato che FBI e Ministero della Giustizia avevano cospirato per incastrare Trump nella fandonia di un suo ruolo di agente di Putin e traditore della patria. Utilizzando un noto pendaglio da forca ed ex-spia britannica, Christopher Steele, pagato per la bisogna da FBI e Ministero della Giustizia,ma anche dal partito Democratico, avevano fabbricato un dossier che pretendeva di provare che Carter Page, consigliere di Trump nella campagna elettorale, era in mano a Putin e ai suoi ordini rovinava la vita a Hillary.. Sulla base di questa bufala si erano fatti, illegalmente, assegnare dal Tribunale per la Sicurezza dell’Intelligenc (FISC), ricorrendo, abusivamente, alla Legge sulla Sicurezza dell’Intelligence (FISA), il mandato per spiare Trump e tutto il suo staff nel corso della campagna elettorale. In piena collaborazione con la CIA.

Niente di meno che un altro Watergate, ancora più sporco, da porre, oltrettutto, accanto al sabotaggio, effettuato dal Comitato Nazionale Democratico, dell’altro candidato del partito alla presidenza,  Bernie Sanders, in forte ascesa.  Un’ondata di calunnie tese anche a distrarre dall’immane scandalo (subito seppellito dall’FBI) delle mail riservate di Stato che l’allora Segretaria di Stato scambiava sul suo account privato addirittura con Anthony Weiner, marito della sua più stretta collaboratrice, Abedin, e pedopornomane scoperto e condannato. Era questa la candidata alla presidenza degli Usa pompata dalla “sinistra” italiana e, con particolare passione, dal “manifesto”.

Fascisti! Razzisti! Odio! Paura! Ci risiamo col bue cornuto e con la strategia della tensione. 

Questo abbagliante caso di corna di cartapesta affibbiate all’asino per distrarre da quelle ultraramificate e di duro osso piantate in testa al bovino, trova, come ogni misfatto amrikano, emulazione nella marca imperiale italiana. Non dubito delle buone intenzioni di coloro che il 10 febbraio hanno rinfoltito le file dei marciatori a Macerata. Dubito della loro chiaroveggenza. Dubito di chi ne presentava le ragioni  a livello di partiti e istituzioni. Dubito di portavoce della lotta al nazifascismo incombente che scoprono in una tranquilla e civile cittadina di provincia, sotto forma di un singolo disaddatato manifesto, preda di delirio xenofobo e revanscista, l’orrenda testa del rettile fascista che risorge dalle fogne. Dubito di strepitanti e virulenti accusatori di un mondo di odio e paura (il manifesto su tutta pagina:  “I giorni dell’odio”, editoriale dell’ungulata Rangeri su chi semina paura. Ovviamente l’asino…) che starebbe rovesciandosi su di noi, a partire da eternamente minoritarie formazioni di frustrati nostalgici, ora irrobustite dal cosiddetto “fascioleghismo”.

Si confondono artatamente le ottuse volgarità antislamiche di Salvini con chi contrappone all’ipocrisia buonista la corretta e fondata valutazione di un fenomeno, quello delle migrazioni, pianificato dai mondialisti, come quello delle migrazioni. E, come la speculare controparte colonialista dell’accoglienza senza se e senza ma, pervicacemente ignora il destino che guerrafondai, multinazionali predatrici, corruzione e terrorismo indotti, assegnano ai paesi da cui si sollecitano i titolari a partire. Partire nella nuova tratta degli schiavi e, in ogni caso, esclusivamente per perdersi in qualcosa di subdolamente razzista come la deidentificazione attraverso assimilazione e integrazione (nella superiore civiltà europea).

Lidia Mena…pace?

Dubito – e mi perdoneranno coloro che hanno elevato le donne alla categoria, vagamente specista, sessista, razzista, del genere migliore – di chi, in virtù di questa categorizzazione, si è posto alla testa della denuncia dei disseminatori di odio e paura, odio inesorabilmente razzista, maschilista, fascista, paura diffusa dai rimasugli di Salò e dal buriname leghista, mica istigata da chi vede tirannosauri dove ci sono solo lucertole. Tipo Laura Boldrini, Emma Bonino, Lidia Menapace.

Di quest’ultima, mi limito a ricordare due momenti significativi:. Quando suscitò in alcuni burloni il ghiribizzo di ridefinire la partigiana e pacifista “Menaguerra”, per aver lei, pacifista e partigiana, sorpreso il suo seguito elettorale votando in parlamento per la guerra imperialista all’Afghanistan: “”Votiamo nella nostra qualità di componente originaria dell’Unione”, ha detto la senatrice del Prc, precisando che quello di Rifondazione “è un voto ragionato, critico, preoccupato e responsabile, anche sofferto”.  L’altra volta fu a un incontro pubblico sulle guerre, con lei e me relatori. Dichiarato che le donne, in quanto generatrici di vita e custodi di vite inermi, sono diversamente dai maschi, ontologicamente contro ogni guerra (vedi Albright, Rice, Clinton, Thatcher, Pinotti,,,,), pretese l’ultima parola per dire che quella della Siria era una dittatura criminale, implicando che quel paese si meritava quanto gli stava capitando. Un bel discorso dell’odio, in sintonia con indefessi promotori dell’amore quali Obama o George Soros.

Mentre la triade della lotta all’antifascismo, ai discorsi dell’odio e alle fake news (rigorosamente di rete) svettava sui bravi manifestanti di Macerata, eravamo una cinquantina in un altro centro delle Marche a vedere un mio film dell’odio “O la Troika o la vita” e a scambiarci  discorsi dell’odio. Tipo 300mila ammazzati in Siria da Nato e suoi ascari, tipo generazioni nostre cacciate dal Jobs Act nel fosso lungo la strada per il futuro, tipo 12 milioni che non hanno soldi per curarsi, tipo un vecchio satiro molestatore e delinquente  rilanciato a padre nobile  C’era però parso che un certo odorino di emotività, se non di avversione viscerale, quasi quasi di odio, si sarebbe potuto anche percepire da come la presidenta della Camera aveva gestito l’opposizione dei 5 Stelle a certe manifestazioni di odio antipopolare e antipace, come le ghigliottine e i canguri ai dibattiti sui regali miliardari alle banche, o sulle missioni di guerre imperialiste, o sulla devastazione dell’ambiente (“Sblocca Italia”), o sulla distruzione dell’istruzione (“Buona Scuola”), o sui favori a big del crimine multinazionale (vaccini, trivelle, tabacchi, azzardo…).

Odio de ché, di chi?

Bonino-Soros: è vero amore.

Un odorino che nel caso della portatrice d’acqua per le campagne d’amore di Soros, Bonino, diventa profumo asfissiante al percorrere gli appoggi che la radicale gandhiana ha assicurato a indistintamente tutte le guerre dei terminator USraeliani,  tutti i provvedimenti sociocidi finalizzati a elevare alla settima potenza le diseguaglianze di una società di predatori e predati, tutti gli abbracci e baci con un liquidatore di eccessi di popolazione e di abusive autodeterminazioni dei popoli, come Soros. Profumo che serpeggia anche nell’affettuosa convivenza, nel presiedere al benessere degli italiani, con gentiluomini come Berlusconi, Previti, Dell’Utri, nell’amorevole difesa dei camorristi alla Cosentino e nel simultaneo schifo fattole dai magistrati anticasta, nel saltabecchismo acrobatico da una forza politica al suo opposto in nome della continuità morale radicale. Poi, al culmine della carriera, renzianamente, sorosianamente “+Europa”. Più Juncker, cioè più dumping fiscale, più evasione istituzionalizzata, più ordini agli italiani di come votare, più tasso etilico…  Niente male come passione per  diritti civili  inalberati sulla tomba di quelli sociali e umani. Del resto, l’altra sera, dalla compariella in cupola finanzcapitalista Gruber, non ha la zannuta e grinzosa europeista, laico-democristo-renzista, rivendicato la comune appartenenza al circolo Bilderberg che “non è mica il Ku Klux Klan, ahahahah”. Vero, il Ku Klux Klan restava limitato più o meno all’Alabama. Bilderberg e i suoi Rothschild puntano al mondo. Un mondo possibilmente con meno gente inutile e molto più Soros, più deportati dai paesi ricchi di risorse, più Ong, più generi sterili.

Squadracce nere o bancacce bianche?

Vista la risonanza riservata dai media alle tre eroine della lotta all’odio, al fascismo e ai critici del sistema migranti (il solito manifesto, con gigantografia che riesce a rendere addirittura avvenente la Bonino), ci tocca convenire che la lotta è impari. Che cianciavamo di tecno-bio-fascismo, protagonisti Wall Street, Obama e Silicon Valley, con incorporato odio per libertà e umanità, neanche più acquattato in qualche covo di periferia, ma bell’è installato ai quartieri alti e bassi dell’intero emisfero nord-occidentale, dotato delle armi-fine-del-mondo, nucleari per il fisico, cibernetici per il cervello, sociali per la cancellazione di diritti, identità, sovranità, cosa possiamo opporre a Boldrini, Bonino, Rangeri e mascolinità femminista al seguito?

Un inciso su Norma Rangeri, già acida critica televisiva delle mie “sanguinolente performances” contro la vivisezione al TG3, ora direttrice di un “manifesto”, “quotidiano comunista”, che sta all’imperialismo come un geometra sta all’archistar. Quello a cui fanno fare gli infissi e tappare le crepe. Il suo è anche l’House Organ di quella organizzazione sedicente non governativa, Amnesty International, sommamente governativa la dove occorre la vasellina delle calunnie per agevolare le guerre d’aggressione anglosassoni e Nato, da Kabul all’Avana, da Bagdad a Tripoli, al Cairo e a Damasco. Con inesauribile impegno per Regeni, nella misura in cui il giovane collaboratore di Negroponte serve a non parlare di un Egitto massacrato dal terrorismo dei fidati Fratelli Musulmani-Isis. Tappeto volante su cui ospitare questi emissari del Dipartimento di Stato e della Cia, “il manifesto” non si è privato del piacere di raddrizzare la schiena ai suoi molli lettori pacifisti pubblicando in pompa magna e con Croce di Ferro di Prima Classe proprio tutte le truculente invenzioni di Amnesty, ultima quella di giovedì scorso sull’odio e sul razzismo che permeano il linguaggio elettorale italiano (di tutti quelli che non concordano con Boldrini, Bonino, Rangeri, ovviamente).

 

Soros e Juncker: + Europa

Noi che pensavamo che il culto e la pratica della guerra fossero connaturati al fascismo di ieri, di oggi e di sempre, abbiamo dovuto constatare che si tratta di interventi umanitari  e che il vero fascismo sta in chi scribacchia cretinate su lapidi, o interrompe una trasmissione tv, o fa una manifestazione nazionale in cinquanta.Stiamo zitti e mortificati di fronte allo tsunami di odio di chi sbertuccia la Boldrini sul web, al razzismo di chi sospetta che dai migranti c’è chi guadagna ragion d’essere e molto altro, dai paesi svuotati delle loro genti ricava monoculture e miniere, da quelli inondati di spodestati e deportati produce conflittualità intersociale che distoglie da quella politica.

Abbiamo sbagliato tutto. Una volta che, a lezione da Boldrini, Bonino, Rangieri, Menapace, Gruber e, magari, Hillary, la spodestata dal cafone Trump, avremo capito che le fake news che fingono critica e opposizione non sono altro che viscerali e letali espressioni d’odio; che uno spostato con il tatuaggio pseudonazi sul cranio che spara a cittadini neri è Rodolfo Graziani alla guida degli squadroni neri e bruni in agguato al di là della siepe, pronti a rinchiuderci tutti nelle nuove Auschwitz; che chi non si presta ad integrare e assimilare alla superiore civiltà occidentale i selvaggi sfuggiti alla civilizzazione della Compagnie delle Indie, di Salazar, dei cotonieri della Carolina del Sud e di Churchill, avremo raggiunto la pace dei sensi, dello spirito e delle sinapsi.

Noi che ci eravamo limitati a ritenere, sia negli anni ’70 che oggi, che gli scazzi e le scazzottature tra fascisti da curva laziale e antifascisti museali, esprimessero l’idiozia dei boccaloni succubi dell’arma di  distrazione di massa Stalin contro Mussolini, convinti di stare sulla Linea Gotica e avere di fronte il Feldmaresciallo Kesselring (efficace distrazione dalla lotta necessaria, bassotti contro altotti), oggi abbiamo imparato dalla Boldrini  che odio è il conflitto tout court. Che dunque ogni conflitto, specie quello contro Juncker, Gentiloni, Marchionne o Nato, è male. E chi lo pratica Boldrini lo colga.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:34

OU VA ISRAEL ? (II) : VERS UNE NOUVELLE GUERRE DU LIBAN ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 02 24/

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« Il semblerait que toute la région se trouve au centre d’une guerre pétrolière et gazière. L’ennemi israélien cherchait une occasion comme celle de la présence de Donald Trump à la tête du pouvoir aux États-Unis afin d’annexer le Golan occupé à Israël. Le Golan n’est plus une question de sécurité nationale, mais c’est une grande source d’eau, de pétrole et de gaz (…) Nous devons savoir que le conflit essentiel entre le Liban et Israël est un conflit économique axé sur les frontières maritimes »

– Hassan Nasrallah (leader du Hezbollah libanais).

téléchargement

Où va Israël ?

Mur à la frontière et hydrocarbures offshore, deux importants sujets de discorde entre le Liban et Israël. Auquels s’ajoutent le Hezbollah, sorti renforcé du conflit syrien, et la question du Golan. La persistance des différends à ce sujet a fait intervenir certaines parties étrangères, dont la Force intérimaire des Nations unies au Liban (FINUL), amenant au Liban le sous-secrétaire d’État américain chargé des affaires du Proche-Orient, David Satterfield, puis le US State Secretary Rex Tillerson.

Dans cette Seconde partie, j’analyse les risques d’une nouvelle guerre déclenchée par Tel-Aviv contre le Liban …

* voir aussi sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ OU VA ISRAEL ? (I) : LA DEGRADATION IRREVERSIBLE DES RAPPORTS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV … sur https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel/posts/1211972942270455

# PARTIE II/ OU VA ISRAEL ?

LES RISQUES D’UNE NOUVELLE GUERRE CONTRE LE LIBAN …

« Israël simule un conflit contre le Liban après la destruction de son

F-16 », titrait ce 23 février le ‘Times of Israel’. « Le jeudi 22 février, la 91e division de l’armée israélienne a mené un exercice simulant une confrontation avec le Liban ». Selon le quotidien ‘The Times of Israel’, « ces exercices de simulation visent à préparer l’armée israélienne à une éventuelle guerre contre le Liban ».

Dans ce droit fil, l’armée israélienne a rendu public un communiqué, faisant part de la participation de soldats et de réservistes dans ces exercices : « Les forces impliquées dans cette manœuvre se sont exercées à répondre rapidement à des appels de l’armée et elles se sont préparées à un éventuel conflit contre le Liban », lit-on dans le communiqué.

« Des manœuvres militaires séparées ont été également organisées par le 188e brigade blindée de l’armée israélienne », dans le nord de la Palestine occupée. Ces manœuvres se déroulent après la destruction d’un F-16 de l’aviation israélienne par la Syrie, au Golan occupé, le 10 février. C’est la première fois qu’Israël perd un avion de combat depuis 1982. Israël prétend que « son aviation s’est permis de violer l’espace aérien de la Syrie suite au vol d’un drone iranien au-dessus des territoires occupés », allégation démentie par les responsables iraniens.

DES MANŒUVRES LOURDES DE MENACES :

L’ARMEE ISRAELIENNE SE PREPARE EN SIMULANT UNE GUERRE AU LIBAN

Des réservistes et des conscrits ont participé à ces exercices à grande échelle le long de la frontière libanaise pour « améliorer le degré de préparation sur le front nord ». La 188e Brigade blindée de Tsahal a donc participé à un vaste exercice dans le nord d’Israël « destiné à simuler une guerre au Liban » ! La division ‘Galilée’ de l’armée israélienne a achevé cette série « d’exercices à grande échelle destinés à préparer les militaires à une guerre potentielle qui pourrait avoir lieu prochainement au Liban », a déclaré l’armée, alors que « les tensions sont devenues croissantes au cours des dernières semaines le long de la frontière nord d’Israël ».

« Des soldats enrôlés, ainsi que des réservistes, ont pris part à l’exercice. Les soldats ont rapidement mobilisé les réservistes, ont étudié les capacités opérationnelles et se sont préparés à combattre en territoire libanais », a déclaré l’Etat-major israélien. En outre, la 188e Brigade blindée de l’armée a mené son propre exercice distinct dans le nord d’Israël, « avec des troupes d’ingénierie de combat, d’infanterie et d’artillerie ». Ces exercices ont eu lieu dans le nord du pays, à la suite d’affrontements aériens entre l’armée de l’air israélienne et l’armée syrienne, et alors qu’Israël et le Liban s’opposent concernant une réserve de gaz naturel en mer Méditerranée, le « Bloc 9 », que chacun revendique comme sien.

« Les exercices de la Brigade ont eu lieu dans le cadre du programme d’entraînement amélioré de 2018. Leur but est de préparer les soldats et leurs commandants à n’importe quel scénario, et d’améliorer leur préparation et leurs capacités à faire face à des menaces en temps réel », a déclaré l’armée israélienne. Le colonel Manny Liberty, chef de la 769e Brigade territoriale, « qui est responsable de la défense de la partie orientale de la frontière libanaise, a déclaré que l’exercice avait amélioré les capacités offensives et défensives de son unité ». Durant l’exercice avec les chars de la brigade et les troupes ont simulé « une variété de scénarios et testé leur efficacité logistique et opérationnelle durant une longue période de combat », a déclaré l’armée.

Le Commandant de la 188ème Brigade, le Colonel Gal Shochami, a souligné » l’importance de l’exercice étant donné qu’un conflit pourrait éclater à tout moment » ! « Nous devons toujours nous souvenir de la signification du commandement ‘la guerre est demain’, qui nous dit que toute situation d’entraînement peut être la dernière avant le véritable test de nos capacités sur le champ de bataille », a déclaré Shochami. « La 188ème Brigade sera prête à se battre sur le champ de bataille, et ce dès que cela sera nécessaire », a-t-il encore dit. Gadi Eizenkot, chef d’état-major de l’armée, et le général Yoel Strick, chef du Commandement du Nord, ont assisté aux exercices dans le nord d’Israël, s’entretenant avec les commandants des différentes unités participantes et évaluant les capacités de la brigade.

LE SOUVENIR CUISANT DE LA DEUXIEME GUERRE DU LIBAN

« L’armée a été vivement critiquée à la suite de la deuxième guerre du Liban » contre le Hezbollah en 2006 « pour le manque de formation des soldats dans les combats qu’ils ont livrés – ces derniers étaient davantage préparés à des opérations anti-terroristes en Cisjordanie »

: « Au cours des douze années intermédiaires, l’armée a cherché à résoudre ce problème en construisant des installations spéciales qui imitent l’architecture du sud du Liban et en investissant beaucoup plus de ressources dans les exercices d’entraînement des réservistes ».

En septembre 2017, l’armée israélienne a mené « son plus grand exercice depuis des décennies, visant spécifiquement à simuler une guerre avec le Hezbollah dans le sud du Liban ». Ces exercices « ont pour but de se préparer à un autre combat » avec le Hezbollah et ses alliés : l’Iran et la Syrie. « Un conflit qui ne serait qu’une question de temps », selon de nombreux responsables de la défense et analystes.

Les perspectives d’un tel affrontement entre Israël et l’Axe de la Résistance par Téhéran, Damas et le Hezbollah, basé à Beyrouth, « ont été réétudiées à la suite d’un conflit aérien important au début du mois ». Durant le raid de représailles qui a suivi, l’un des huit avions de chasse israéliens F-16 qui ont pris part à l’opération a été touché par un tir anti-aérien syrien et s’est écrasé. L’armée de l’air israélienne a ensuite mené une deuxième série de frappes aériennes. Au lendemain du conflit, « des responsables iraniens, syriens et du Hezbollah se sont vantés que la chute du F-16 marquait la fin de la capacité d’Israël à opérer librement dans la région » …

LE PRESIDENT LIBANAIS AOUN MET EN GARDE ISRAEL

Michel Aoun a mis en garde Israël, « un Etat raciste », contre de « nouvelles guerres ». Le président libanais a affirmé que « Beyrouth était déterminé à maintenir sa position concernant la clôture frontalière et ses droits sur des gisements de gaz naturel offshore ».

Le Premier ministre libanais Michel Aoun a averti ce 13 février « qu’un certain nombre de différends avec Israël, notamment concernant l’exploration contestée de gisements de gaz naturel offshore et la construction d’un mur frontalier par Israël, pourraient mener à une nouvelle guerre » : « Le Liban a pris la décision de se défendre si une attaque israélienne survenait sur son territoire ou sur ses réserves pétrolières », a déclaré M. Aoun dans une interview accordée à l’émission d’informations égyptienne ‘ON Live’. « Jusqu’à présent », a-t-il ajouté, « il n’y a pas eu d’attaque. Des forces diplomatiques et politiques sont intervenues pour aider à résoudre ce conflit », a-t-il ajouté.

Jeudi 16 février, Reuters a rapporté que « l’envoyé américain David Satterfield, secrétaire d’Etat américain adjoint par intérim, avait transmis un message d’Israël aux Libanais affirmant que Jérusalem ne souhaitait pas d’escalade de la violence ». Aoun a cependant averti que, « si Israël mettait en pratique ses menaces, un nouveau cycle de conflit militaire entre les deux parties pourrait éclater ». « La provocation verbale israélienne nous importe peu, mais si elle est mise en pratique, il y aura de nouvelles guerres », a-t-il affirmé.

Aoun a ajouté que « si Israël construisait un mur sur le territoire libanais », le résultat pourrait être « catastrophique ». Cependant, il a affirmé « espérer que cela ne mènerait pas à une nouvelle guerre ». « Nous avons proposé une solution. Il y a des points contestés le long de la frontière avec Israël. Alors résolvons d’abord ce différend, et ils pourront construire le mur qu’ils veulent sur leurs terres », a déclaré le président libanais.

Aoun a soutenu durant l’interview qu’Israël était « un Etat raciste » et était « responsable du manque de paix avec ses voisins arabes ».

Israël « ne veut que la domination et ses résultats », a-t-il déclaré.

Le quotidien libanais ‘An-Nahar’ a rapporté que « Aoun, le président du Parlement Nabih Berri et le Premier ministre Saad Hariri s’étaient rencontrés lundi à Beyrouth afin de discuter de l’agression israélienne contre la souveraineté libanaise ». Selon le journal, au cours des discussions, M. Hariri a déclaré que « des pourparlers avec la communauté internationale étaient en cours afin de préserver la souveraineté du Liban ». Les trois dirigeants libanais, ainsi que le brigadier-général Malek Chams, coordinateur du Liban auprès de la Force de maintien de la paix des Nations unies, connue sous le nom de FINUL, « ont discuté du message transmis par l’envoyé américain Satterfield la semaine dernière ». Le message a été transmis à Jérusalem via la FINUL, indique le reportage. « Les forces de l’ONU, craignant une éventuelle escalade, ont initialement transmis le message aux ambassadeurs américain et français, qui en ont informé le bureau du Premier ministre à Jérusalem ».

Le gouvernement israélien, « peu impressionné, a réagi en lançant un avertissement », a indiqué le reportage. « Israël a déclaré agir sur son propre territoire souverain, conformément à la résolution du Conseil de sécurité de l’ONU adoptée après le retrait d’Israël du Liban en 2000 ». « Israël n’a pas l’intention d’arrêter la construction », a déclaré Jérusalem, et « le Hezbollah paiera cher s’il tente d’attiser les tensions. La réaction d’Israël sera forte et douloureuse », ont déclaré des sources au sein de l’establishment sécuritaire israélien.

Israël a également menacé « d’empêcher l’Iran de construire des usines visant à fabriquer des missiles avancés au Liban ». Le Premier ministre Benjamin Netanyahu a averti « les ennemis du pays de ne pas nous tester » et a déclaré que l’armée israélienne « se tenait prête face à tous les scénarios ».

LE CONTENTIEUX DES FRONTIERES MARITIMES LIBANO-ISRAELIENNES SUR FOND DE GUERRE DU GAZ

Des tensions ont également éclaté ces derniers jours, sur fond de Guerre du Gaz (1), lorsque le Liban a lancé un appel d’offres concernant une exploration pétrolière et gazière offshore à la frontière maritime du pays, déclenchant un conflit verbal avec Israël, qui revendique également l’un des gisements en question (le Bloc 9).

Le Liban vient de signer son premier contrat de forage pétrolier et gazier au large de ses côtes avec un consortium composé des géants de l’énergie Total, ENI et Novatek, notamment concernant ce gisement revendiqué par Israël.

Les autorités libanaises affirment que le pays « va débuter le forage exploratoire offshore en 2019 et que le Liban veut faire valoir ses droits sur ces ressources situées le long de son territoire maritime ». Le faucon Avigdor Liberman, ministre de la Défense israélien, a qualifié cette initiative de « très provocatrice » et expliqué que « le Liban avait lancé un appel d’offres à des groupes internationaux concernant un gisement de gaz qui est de toute évidence le nôtre ».

Le président libanais Michel Aoun a récemment dénoncé ces allégations du ministre israélien des Affaires militaires sur l’appartenance du bloc 9 d’un champ gazier offshore à Tel-Aviv. Il a balayé d’un revers de main ces allégations, disant qu’elles « s’inscrivaient dans le cadre des politiques hégémoniques d’Israël ».

Aoun dénonce les allégations « sans importance » israéliennes sur un champ gazier offshore Mon Feb 12, 2018 5:38PM AccueilMoyen-Orient Mur à la frontière et hydrocarbures offshore, deux importants sujets de discorde entre le Liban et Israël. (Photo à titre d’illustration du journal libanais L’Orient-Le Jour) Mur à la frontière et hydrocarbures offshore, deux importants sujets de discorde entre le Liban et Israël. (Photo à titre d’illustration du journal libanais L’Orient-Le Jour) Le président libanais a qualifié de « sans importance » les récentes allégations israéliennes. Par ailleurs, certains disent que Beyrouth a rejeté la proposition américaine prévoyant le partage du bloc 9 d’un champ gazier offshore très convoité par Israël.

À l’antenne d’une chaîne de télévision égyptienne, le président libanais Michel Aoun a affirmé que son pays ne prêtait pas beaucoup d’importance aux allégations israéliennes à ce sujet ; « mais si ces allégations conduisent à une phase opérationnelle, une nouvelle guerre ne serait pas exclue », a-t-il pourtant ajouté.

Les tensions entre le Liban et Israël ont pris de l’ampleur ces jours-ci à cause des allégations sur une prétendue appartenance, à Israël, du bloc 9 d’un champ gazier libanais, mais aussi sur un mur de séparation qu’Israël envisage de construire le long de ses frontières avec le Liban.

Cela fait plusieurs semaines qu’Israël a commencé les travaux préliminaires dans le cadre de la construction de cette barrière à Ras Naqoura, dans la région frontalière entre la Palestine occupée et le Liban. La construction de ce mur qui devrait atteindre les dix mètres de hauteur dans les zones avoisinant les colonies israéliennes prendra plusieurs années.

Et en ce qui concerne l’autre sujet de tension, le ministre israélien des Affaires militaires a prétendu que le bloc 9 du champ gazier se trouvant à la frontière des eaux territoriales du Liban et du régime israélien appartenait à Israël, alors que le Liban a fait récemment un appel d’offre pour développer ce champ gazier.

Le Liban est bien résolu à couper court aux convoitises israéliennes.

D’après la chaîne libanaise ‘Al-Mayadeen’, le sous-secrétaire d’État américain chargé des affaires du Proche-Orient, David Satterfield avait proposé que « le Liban et Israël acceptent un plan de partage, avec une part de deux tiers (plus de 60%) de propriété pour les Libanais et un tiers (plus de 30), pour les Israéliens », proposition que Beyrouth a rejetée. Cette question était aussi à l’ordre du jour des entretiens du secrétaire d’État américain Rex Tillerson ce jeudi au Liban …

NOTES :

(1) Sur cette Guerre du Gaz, voir sur PCN-TV/ PRESS TV (IRAN) DEBAT AVEC LUC MICHEL: GEOPOLITIQUE. GUERRE PÉTROLIÈRE ET GAZIÈRE AU LEVANT (18 FEVRIER 2018)

sur https://vimeo.com/256377290

(Sources : The Times of Israel – Haaretz – ON line – Fars – Reuters – EODE Think-Tank)

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PRESS TV (IRAN) DEBAT AVEC LUC MICHEL: GEOPOLITIQUE. GUERRE PÉTROLIÈRE ET GAZIÈRE AU LEVANT

* Voir sur PCN-TV/

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(18 FEVRIER 2018)

sur https://vimeo.com/256377290

LM.PRESS TV - DEBAT guerre du gaz au levant (2018 02 18)

* Le commentaire de PRESS TV :

Débat: Nasrallah menace les ennemis du Liban

« Toute la région se trouve au centre d’une guerre pétrolière et gazière »

(Nasrallah)

« S’exprimant lors d’une cérémonie commémorant la mort en martyrs de hauts membres du Hezbollah libanais, Seyyed Hassan Nasrallah a tenu un discours important sur Israël, les questions intérieures libanaises et la région. Après des propos sur les martyrs de la Résistance, le secrétaire général du Hezbollah libanais s’est penché sur les divergences d’ordre frontalier entre le Liban et Israël ainsi que leur conflit au sujet des ressources pétrolières et gazières dans les eaux régionales.

« Il semblerait que toute la région se trouve au centre d’une guerre pétrolière et gazière. L’ennemi israélien cherchait une occasion comme celle de la présence de Donald Trump à la tête du pouvoir aux États-Unis afin d’annexer le Golan occupé à Israël. Le Golan n’est plus une question de sécurité nationale, mais c’est une grande source d’eau, de pétrole et de gaz », a-t-il dit. Selon ce dernier, la guerre lancée par Tel-Aviv au sujet du Bloc 9 libanais a pour but de s’emparer des ressources énergétiques libanaises. Il affirme également que selon certains rapports, le Golan syrien abrite une grande quantité de pétrole.

Seyyed Hassan Nasrallah a recommandé aux Libanais de rester « unis et solidaires » dans la guerre énergétique. « Nous devons savoir que le conflit essentiel entre le Liban et Israël est un conflit économique axé sur les frontières maritimes. Les États-Unis entendent nous priver de notre droit précieux de jouir des eaux libanaises. Les autorités libanaises doivent être vigilantes et ne pas permettre aux USA de semer la zizanie entre les Libanais. Israël construit un mur de séparation sur le territoire palestinien et ce n’est qu’une partie de ses actes de colonisation. Jusqu’ici, il n’a pas osé s’approcher du territoire libanais. En tant que front de la Résistance, nous nous engageons à protéger entièrement notre territoire », a-t-il dit. »

Les géopolitologues Luc Michel (Bruxelles) et Ghada Houballah (Liban) s’expriment à ce sujet.

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OU VA ISRAEL ? (I) : LA DEGRADATION IRREVERSIBLE DES RAPPORTS ENTRE MOSCOU ET TEL-AVIV …

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 02 23/

LM.GEOPOL - Ou va israel I russie (2018 02 23) FR 3

« Pour la première fois depuis l’effondrement de l’Union Soviétique, Moscou est à égalité avec Washington, quant à sa capacité de dicter son agenda politique et militaire à la région Est de la Méditerranée »

– Ariel Cohen (chercheur du

Think-Tank du ‘Conseil Atlantique’).

« Les objectifs actuels de la Russie en Syrie demeurent de préserver le pouvoir d’Assad, et à tout le moins, de maintenir un partenariat étroit avec l’Iran et d’assurer que les intérêts de Moscou demeurent protégés (…) les intérêts d’Israël apparaissent contredire de plus en plus les intérêts de Poutine »

– Anna Borshchevskaya

(Institut WINEP, Washington).

Israël, puissance régionale au Proche-Orient et au Levant, seule puissance nucléaire de la région (1). Petit état par la géographie, mais dont la profondeur stratégique est celle de la toute-puissante VIe Flotte US en Méditerranée de son allié américain. Avec un « soft power » puissant, celui des communautés juives dans le monde, et une influence directe sur la politique des USA, via le puissant Lobby pro-israélien AIPAC (2).

Mais Israël aussi grand perdant de la guerre en Syrie (3). Qui a des conséquences déstabilisatrices pour Tel-Aviv. Tout d’abord un Axe de la Résistance installé en Syrie et au Liban, avec le Hzebollah, sorti renforcé de la Guerre. Mais ensuite, et surtout, une modification des rapports entre Moscou et Tel-Aviv. Moscou, grand vainqueur de la Guerre, avec un Poutine « Tsar de l’Orient ». Une Russie qui s’éloigne de la neutralité bienveillante d’hier vis-à-vis d’Israël (4), et qui alliée à l’Iran, neutralise la domination stratégique de Tel-Aviv dans la région.

PARTIE I/ OU VA ISRAEL ?

QUAND MOSCOU S’ELOIGNE ET REVIENT A LA POSITION SOVIETIQUE DE JADIS …

Où va Israël ?

Dans cette Première partie, j’analyse la dégradation irréversible des rapports entre Moscou et Tel-Aviv …

« ISRAËL PROBLEME INDIRECT MAIS GRAVE POUR LA POLITIQUE SYRIENNE DE LA RUSSIE » : JUSQU’OU IRA LA PATIENCE RUSSE FACE AU SOUTIEN D’ISRAËL AUX TERRORISTES ?

Selon un analyste russe, « Israël s’est transformé en un problème indirect, mais grave pour la politique syrienne de la Russie ». Dans un récent article, le journal russe ‘Nezavissimaïa Gazeta’ revient sur « le soutien accru d’Israël aux groupes terroristes actifs dans le Sud syrien » et écrit : « Le Centre des réflexions régionales en Israël confirme cette information, en soulignant qu’il s’agit là d’une tentative visant à contrer la présence iranienne en Syrie. À Moscou, des milieux politiques voient d’un œil réprobateur cette décision jugée “bien divergente” avec les intérêts russes. En effet, le face-à-face entre deux vieux ennemis que sont Israël et l’Iran dépasse désormais le ciel syrien pour inclure les combats au sol ».

L’analyste israélienne Elizabeth Tsurkov, en ce sens, affirme « avoir réalisé des dizaines d’entretiens avec des “groupes armés”, qui reconnaissent bénéficier d’un soutien croissant de Tel-Aviv ». Un soutien pas uniquement financier, mais aussi et de plus en plus militaire. Tsurkov révèle d’ailleurs « le nombre de ces groupes, sept en tout, qui se revendiquent de l’ASL. »

Sous prétexte de contrer la prétendue « influence iranienne », Israël multiplie donc ses aides aux groupes terroristes en Syrie, dit la presse russe. « Mais pourquoi Israël a-t-il décidé de reconnaître publiquement son soutien aux terroristes ? »

Selon le quotidien russe, citant toujours Tsurkov, « de fulgurants succès de l’armée syrienne et de ses alliés dans le Sud syrien se trouveraient à l’origine de ce soutien dorénavant patent d’Israël aux terroristes » : « La victoire de Damas reviendrait à implanter en effet l’Iran aux portes d’Israël, avec en corollaire une tentative syro-iranienne de reprendre le contrôle des hauteurs du Golan qu’Israël occupe depuis 1967. »

Le journal russe reproche ensuite à Israël « ses provocations », en rappelant que « la Russie a multiplié les initiatives pour rassurer Tel-Aviv, sans que ce dernier s’y montre sensible » : « Personne ne pourra prétendre que les autorités russes n’ont rien fait pour assurer les intérêts d’Israël. L’accord d’Amman conclu en novembre dernier a inclus, outre la Russie, les États-Unis et la Jordanie. Il stipulait la mise au point d’une zone de sécurité dans le sud de la Syrie qui tenait compte des intérêts d’Israël. Mais Israël n’en a jamais fait cas ». Ce que reconnaît et justifie d’ailleurs Tsurkov en ces termes :

« Les efforts des autorités de Tel-Aviv pour convaincre la Russie de protéger les intérêts israéliens n’ont rien apporté de concret. Car Moscou n’a pas pu ou voulu contrer l’Iran en Syrie ».

Les arguments de Tsurkov ne semblent toutefois guère convaincants, car le journal pose d’emblée la question suivante : « Mais jusqu’où ira la patience russe ? »

Selon l’analyste russe Alexander Shumilin, directeur du ‘Centre d’analyse des conflits au Moyen-Orient’ au sein de l’’Institut pour les études américano-canadiennes’, « Israël s’est transformé en un problème indirect, mais grave pour la politique syrienne de la Russie.

Certes, le soutien de Tel-Aviv aux groupes armés dans le Sud syrien n’est pas chose nouvelle, et les efforts israéliens pour entraver les mouvements de Damas et de Téhéran ne le sont pas davantage. Ce qui est nouveau en revanche, c’est qu’au stade actuel des choses, ce soutien étendrait les zones sous contrôle des terroristes et c’est là que les intérêts israéliens et russes divergent ! »

QUAND LA PRESSE ISRAELIENNE MENANCE POUTINE / « EN CAS DE GUERRE ISRAËL-IRAN, POUTINE PERDRA » (HAARETZ)

Israël en est désormais à menacer Poutine : le journal de gauche israélien ‘Haaretz’ publie un article signé Anshel Pfeffer, qui explique « les choix qui se présentent désormais à Poutine dans le cadre d’un face-à-face entre Israël et l’Iran ». Le ton, fort menaçant, « trahit la colère et la frustration d’un Israël largement en désarroi en Syrie ».

Que dit Anshel Pfeffer ? « Il y a à peine quelques semaines, le président russe Vladimir Poutine croyait avoir vaincu les États-Unis en Syrie et avoir atteint l’ensemble de ses objectifs. Poutine a tout fait pour sauver la peau d’Assad avec qui la Russie partage des intérêts communs. Poutine tente tant bien que mal de contrer l’escalade des tensions entre Israël et l’Iran dans le sud de la Syrie ».

Après avoir brossé un tableau préliminaire des démarches russes de ces dernières semaines, l’auteur établit un parallèle entre les efforts russes et américains, tout en minorant la contribution de Moscou dans la lutte contre le terrorisme en Syrie : « Poutine n’a fait après tout en Syrie qu’un tout petit investissement : 12 avions de combat et 2 000 militaires tout au plus. Sur le plan de la politique étrangère, il a au contraire réussi à s’imposer à moindres frais. Dans le camp d’en face, les États-Unis ont au contraire déployé 10 fois plus de forces en Syrie avec des centaines d’avions de combat et de chasseurs, de chars, et une grande quantité d’équipements spécialisés pour la guerre électronique. »

La suite de l’article est une tentative, fort maladroite (dans la ligne des intimidations de Netanayhu fin 2017), « destinée à faire peur à l’homme fort de Moscou en brandissant les supposés dangers de la poursuite de son alliance avec l’Iran et les adjectifs hyperboliques ne manquent pas sous la plume du journaliste » : « Ce gain stratégique, la Russie pourrait le perdre à cause de l’Iran et de son comportement dangereux dans la région », prétend le journal, qui avoue « la crainte israélienne de voir l’Iran remettre sans cesse la balle dans le camp de ses ennemis ».

ANALYSE ISRAELIENNE BIAISEE OU INTIMIDATION ANTI-RUSSE ?

Et l’article d’enchaîner : « Des dizaines de milliers de forces pro-iraniennes soutiennent Assad. De plus, il y a aussi des combattants du Hezbollah prêts à mener des opérations bien plus complexes. La Russie opère quant à elle avec un tout petit contingent à la différence de son expédition afghane dans les années 80. Poutine a été assez intelligent pour mettre à profit le vide laissé par Obama pour débarquer en Syrie puis au Moyen-Orient. Il a même eu le courage d’annoncer lors d’une visite imprévue à Lattaquié en décembre 2017 “la fin de la mission”. Mais il est peut-être allé trop vite en besogne.

Poutine aurait dû tirer leçon de l’expérience de George Bush quand il a annoncé la fin précipitée de la guerre en Irak quelques mois après avoir commencé. La belle victoire de M. Poutine est sur le point de s’effondrer » (sic).

Pour Anshel Pfeffer, « qui rumine visiblement la défaite stratégique que fut pour Israël la destruction d’un F-16 le 10 février par la DCA syrienne », la conférence de Sotchi où « la Russie devait décider d’une issue à la crise a tourné au fiasco ». En l’absence de ce succès diplomatique, « il y a aussi l’embrasement du front nord-syrien où la Turquie mène son offensive pour chasser les Kurdes ». Mais, écrit le journaliste, « Afrin inquiète moins Poutine que l’Est syrien où les FDS multiplient les attaques contre l’armée syrienne et ses alliés » (ce qui est inexact, les FDS allant à Canossa à Afrin et réintégrant l’Etat syrien) et où « les États unis ont bombardé à plusieurs reprises Assad et ses alliés du Hezbollah et de Moscou ». Pfeffer tire un infini plaisir à avancer « le chiffre de 200 morts dans les rangs russes après un raid contre l’est de Deir ez-Zor », chiffre que Moscou n’a pas confirmé : « Bien que le Kremlin ne l’ait pas encore confirmé, les rapports officieux en Russie avancent un bilan de plus de 200 morts. Cela étant, le problème le plus sérieux auquel fait face la Russie se trouve ailleurs : la confrontation militaire Israël/Iran.

L’aventure afrinoise d’Ankara n’inquiète pas tant Poutine que la perspective d’un face-à-face israélo-iranien. Au Golan, les intérêts russes sont menacés (resic), car toute guerre au Golan pourrait sonner le glas de la victoire syrienne de Poutine, et ce, au seuil de la présidentielle russe ».

L’article laisse toutefois le lecteur sur sa faim, « car il n’explique guère comment un Israël qui a désormais perdu sa suprématie aérienne saurait capable de gagner une guerre au Golan où ce sont les troupes au sol qui auront le dernier mot. Or sur ce terrain, Israël a perdu d’avance », commente Fars.

QUE DISENT LES ISRAELIENS ?

LE « RISQUE D’ESCALADE ENTRE LA RUSSIE ET ISRAËL » …

Les experts israéliens « s’alarment d’un risque d’escalade entre la Russie et Israël à propos de la Syrie », disent les médias israéliens, comme JNS : « La rencontre entre le Premier Ministre Biyamin Netanyahu et le Président russe Vladimir Poutine (Ndla : à Moscou fin Janvier) n’a pas semblé résoudre quoi que ce soit dans les divergences d’objectifs des deux pays en Syrie, et il demeure peu évident que le status-quo puisse se prolonger indéfiniment ».

« La rencontre entre le Premier Ministre Biyamin Netanyahu et le Président russe Vladimir Poutine, la semaine dernière, n’a pas semblé résoudre quoi que ce soit dans les divergences d’objectifs des deux pays en Syrie, et il demeure peu évident que le statu-quo puisse se prolonger indéfiniment », dit encore JNS.

MOSCOU A RETABLI LA PARITE STRATEGIQUE ENTRE ISRAËL ET SES ENNEMIS ARABO-PERSANS.  RETOUR A LA PERIODE SOVIETIQUE !

La puissance russe déployée en Syrie a rétabli la parité stratégique entre Israël et ses ennemis arabo-persans. Retour à la période soviétique ! « Les avions russes ont encore augmenté le rythme de leurs attaques en Syrie lundi, quelques jours après que les rebelles syriens aient abattu un de leurs avions SU 25 et tué son pilote dans un échange de tirs contre lui. Les attaques présumées israéliennes contre des cibles iraniennes et du Hezbollah en Syrie et au Liban doivent prendre en compte la présence militaire des forces russes dans le pays, qui servent à appuyer le régime du Président syrien Bachar el Assad ».

« La Russie tente de restaurer le contrôle du régime Assad sur la Syrie, de sécuriser ses bases militaires, de démontrer la supériorité de ses armes en gardant un oeil sur l’augmentation potentielle de ses ventes d’armes et de développer ses modalités de projection de sa puissance sur le Moyen-Orient », déclare à JNS, Ariel Cohen, un chercheur important du Think-Tank du ‘Conseil Atlantique’. « Le résultat de ce rôle accru de la Russie dans la région est négatif pour Israël », selon Cohen, également directeur du ‘Centre Géopolitique des Ressources Naturelles et de l’Energie’ à l’’Institut d’Analyse de la Sécurité Internationale’ à Washington D.C.

Netanyahu a déclaré au cours de sa rencontre avec Poutine que « l’Iran tente de transformer le Liban en un vaste site de production de missiles – un site pour fabriquer des missiles de précision contre l’Etat d’Israël. C’est quelque chose que nous sommes pas prêts à tolérer ».

Cohen a expliqué que « les défenses anti-aériennes russes basées en Syrie couvrent la grande majorité du territoire israélien, font sévèrement obstacle à la liberté des opérations des forces aériennes israéliennes. Deuxièmement, la Russie est en bien meilleure position pour espionner et collecter des renseignements militaires sur Israël.

Et troisièmement, la présence russe en Syrie rend le Levant plus sûr pour l’Iran, alors même qu’il représente une menace stratégique et existentielle pour l’Etat Juif ».

« LA RUSSIE EN POSITION D’ARBITRE STRATEGIQUE VIS-A-VIS DE JERUSALEM »

« Tout cela met la Russie en position d’arbitre stratégique vis-à-vis de Jérusalem – lui permettant de décider jusqu’à quel degré, la liberté de manœuvre d’Israël peut s’étendre dans la région”, dit Cohen. « Pour la première fois depuis l’effondrement de l’Union Soviétique, Moscou est à égalité avec Washington, quant à sa capacité de dicter son agenda politique et militaire à la région Est de la Méditerranée », conclut Cohen.

Anna Borshchevskaya, détentrice de la ‘Chaire Ira Weiner’ à ‘l’Institut de Politique du Porche-Orient de Washington’ (le WINEP), affirme que « les objectifs actuels de la Russie en Syrie demeurent de préserver le pouvoir d’Assad, et à tout le moins, de maintenir un partenariat étroit avec l’Iran et d’assurer que les intérêts de Moscou demeurent protégés ».

Quoiqu’il en soit, « les objectifs de la Russie semblent, de toute évidence, contraires aux intérêts d’Israël dans le pays, qui est plus focalisé sur ses capacités à déjouer les tentatives de renforcements de l’Iran et du Hezbollah en Syrie. En tant que tels, cela pourrait avoir suffisamment de potentiel pour envenimer les tensions entre les deux pays (…) Il serait douteux que Poutine cherche à provoquer une crise bilatérale avec Israël ; au contraire, les bonnes relations sont importantes pour lui, mais il n’est pas non plus évident de savoir combien de temps il peut maintenir l’équilibre qu’il a instauré jusqu’à présent en termes de bonnes relations aussi bien à l’égard de l’Iran que d’Israël ».

Borshchevskaya a poursuivi en ajoutant que « les intérêts d’Israël apparaissent contredire de plus en plus les intérêts de Poutine et, alors qu’aucun camp ne cherche à déboucher sur une crise bilatérale, une escalade est tout-à-fait possible ».

LES ATTAQUES ISRAELIENNES EN SYRIE CONTRE LES INTERETS RUSSES

« Les attaques Israéliennes en Syrie, à la fois, contribuent et portent préjudice aux intérêts russes », dit Yuri Teper, un expert israélien de la Russie qui, jusqu’à récemment, était chercheur post-doctorat à l’’Institut Kennan’ de l’’Université Hébraïque de Jérusalem’. Il a déclaré que « Permettre à Israël d’agir en Syrie affaiblit l’image omnipotente de la Russie en Syrie parmi ses alliés et ses ennemis, mais cela contribue à limiter l’étendue de ces attaques contre le régime Assad ».

QUAND L’INTERVENTION TURQUE EN SYRIE IMPACTE ISRAËL

Le Grand jeu syrien est extrêmement plus complexe que son ancêtre du XIXe siècle. Et la position turque est une complexité sinueuse au milieu de celui-ci …

« Ankara s’est réconcilié avec Israël », affirmait las médias israéliens en septembre dernier. Et, pour couronner le tout, à deux reprises, Erdogan a envoyé ses chars traverser la frontière pour entrer en Syrie. « Israël, bien sûr, suit attentivement ces nouveaux développements et l’intervention turque à l’intérieur de la Syrie », aux noms de code de “Opération Bouclier de l’Euphrate” et ”Rameau d’olivier”. « Israël ne sait que trop bien que ce qui commence comme une incursion relativement mineure au nord de la Syrie peut avoir des répercussions importantes pour la région et pour Jérusalem ».

Eran Lerman, qui a servi de 2009 à 2015 comme adjoint au Conseil national de sécurité israélien, en politique étrangère et affaires internationales, a confié « en quoi l’intervention militaire turque pouvait impacter Israël, avec quelles  conséquences sur l’état hébreu » : « Tout d’abord, cette intervention Turque va limiter considérablement la capacité de nuisance de la Turquie dont Ankara a déjà fait preuve « , a déclaré Lerman (aujourd’hui membre du corps professoral au ‘Centre Universitaire Shalem’ à Jérusalem et chercheur au ‘Centre d’études stratégiques Begin Sadate’ de l’université ‘bar-Ilan University’). « Plus ils s’impliqueront en Syrie, plus ils auront intérêt à faire diminuer les autres potentiels conflits, dans lesquels ils pourraient être entraînés, ailleurs ».

En d’autres termes, « les Turcs ont maintenant intérêt à contenir la capacité de nuisance du Hamas, avec lequel ils entretiennent des liens étroits, et de faire en sorte que les événements de Gaza ne leurs posent pas de problèmes supplémentaires » : « Je ne serais pas surpris s’ils en venaient à utiliser leur influence pour faire comprendre au Hamas qu’ils n’aimeraient pas vraiment être mis dans la position d’avoir à choisir entre leur intérêt actuel d’aller de l’avant dans leur réconciliation avec] Israël, et les hypothétiques bénéfices qu’ils pourraient tirer d’une escalade à Gaza », a-t-il dit. « Ils ont un intérêt évident à éviter l’escalade à Gaza ».

Au milieu de tout cela, et comme pour les Américains, les Russes ou Damas, les kurdes sont des pions. Sacrifiables …

Lorsqu’on lui a demandé « pourquoi Israël est si frileux quand il s’agit d’évoquer l’éventualité de la création d’un Etat kurde, même si l’émergence d’un tel état serait celui d’un allié naturel, non arabe, dans la région », Lerman, qui a servi 20 ans dans le renseignement militaire, a répondu que Jérusalem « ne veut pas donner aux ennemis des Kurdes la possibilité de dire que ce serait quelque chose que nous avons fomenté ».

La plupart des observateurs israéliens, et ils ont raison, « s’accordent à dire que l’une des conséquences de l’incursion Turque qui a pour objet d’affaiblir à la fois l’Etat islamique et les rebelles kurdes qui luttent contre le régime d’Assad, contribuera à aider Assad à conserver le pouvoir ». En cela, l’interventionnisme aventuriste turc est, sans le vouloir,  « en phase avec les intérêts russes et iraniens en Syrie qui sont d’assurer la survie d’Assad ». On l’a bien compris à Moscou ! « Il y a une communauté d’intérêts iraniens et russes en ce qui concerne la survie d’Assad » dit Lerman.

NOTES :

(1) Cfr. Luc MICHEL, GEOPOLITIQUE. LE GRAND TABOU DU PROCHE-ORIENT, ISRAEL PUISSANCE NUCLEAIRE

sur http://www.lucmichel.net/2015/08/21/nouveaux-horizons-magazine-luc-michel-geopolitique-le-grand-tabou-du-proche-orient-israel-puissance-nucleaire/

(2) Voir sur EODE-TV/

LUC MICHEL : CONVENTION 2017 DU LOBBY ‚AIPAC’. UN EVENEMENT DE PORTEE GEOPOLITIQUE MONDIALE

sur https://vimeo.com/211756244 Et :

sur EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/

LE GRAND JEU. AU CŒUR DE LA GEOPOLITIQUE MONDIALE: LES USA, LE NUCLEAIRE IRANIEN ET LE LOBBY ISRAELIEN

sur https://vimeo.com/123575078

(3) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ SYRIE D’UNE GUERRE A L’AUTRE (V): ISRAEL GRAND PERDANT DE LA GUERRE QUI SE TERMINE EN SYRIE

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/16/luc-michels-geopolitical-daily-syrie-dune-guerre-a-lautre-v-israel-grand-perdant-de-la-guerre-qui-se-termine-en-syrie/

(4) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT: POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (III).

LA FIN DE LA NEUTRALITE BIENVEILLANTE AVEC ISRAEL

sur http://www.lucmichel.net/2017/12/20/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iii-la-fin-de-la-neutralite-bienveillante-avec-israel/

(Sources : Fars – Times of Israel – Nezavissimaïa Gazeta – Haaretz – JNS – EODE Think-Tank)

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PRESS TV (IRAN) INTERROGE LUC MICHEL: ENQUETE SUR LE MINISTRE LE DRIAN (1) (LA REALITE DU REGIME MACRON)

 

Infos exclusives sur le ministre français des Affaires étrangères français …

* Voir sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERROGE LUC MICHEL:

ENQUETE SUR LE MINISTRE LE DRIAN (PARTIE 1) (LA REALITE DU REGIME MACRON)

(REPORTAGE, 22 JANV. 2018)

sur https://vimeo.com/257201680

Capture LE DRIAN I 1

Press TV :

« Pour comprendre la diplomatie controversée de la France, nous avons décidé d’enquêter afin de mieux connaître les hommes et femmes politiques français.

Au cours de nos recherches, nous sommes tombés sur des infos exclusives sur le ministre des Affaires étrangères du gouvernement Édouard Philippe.

Écoutons la première partie des révélations sur M. Le Drian, présentées par le géopoliticien Luc Michel. »

Le Géopoliticien Luc MICHEL :

Dit tout sur le ministre Le Drian, ex « Monsieur Afrique » de la Françafrique de Hollande, devenu le parrain géopolitique de Macron.

Le Drian, homme clé des Réseaux américains en France et au cœur du scénario politique qui a choisi Macron et l’a amené à la présidence …

# SUR LES METHODES DU REGIME MACRON DONT PARLE LUC MICHEL VOIR AUSSI :

* Voir sur LUCMICHEL. NET/

LES BARBOUZERIES DE MACRON : VOICI LA ‘CELLULE DEMOLITION’ CONTRE FILLON !

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/16/lucmichel-net-les-barbouzeries-de-macron-voici-la-cellule-demolition-contre-fillon/

* Et voir LES REVELATIONS DE LAURENT WAUQUIEZ SUR LES EGOUTS DE LA Ve REPUBLIQUE (III) : DE NOUVEAUX EXTRAITS DE SES DECLARATIONS CHOC SUR LA ‘DICTATURE TOTALE’ DE MACRON ET ‘SES GUIGNOLS’ DE LA REPUBLIQUE EN MARCHE ET LA CORRUPTION DES SYNDICATS

sur http://www.lucmichel.net/2018/02/20/lucmichel-net-les-revelations-de-laurent-wauquiez-sur-les-egouts-de-la-ve-republique-iii-de-nouveaux-extraits-de-ses-declarations-choc-sur-la-dictature-totale-de-macron-et/

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LUC MICHEL DEBAT AVEC PRESS TV (IRAN) : LA GHOUTA, ENJEU DE LA NOUVELLE GUERRE EN SYRIE CONTRE DAMAS (23 FEVRIER 2018)

Syrie: ce qui se passe dans la Ghouta orientale !?

L’armée syrienne s’est focalisée sur les territoires contrôlés par les groupes terroristes Daech et Front al-Nosra …

* Voir sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) DEBAT AVEC LUC MICHEL:

LA GHOUTA (BANLIEUE DE DAMAS), ENJEU DE LA NOUVELLE GUERRE AMERICANO-OCCIDENTALE EN SYRIE CONTRE BACHAR AL-ASSAD

(23 FEVRIER 2018)

sur https://vimeo.com/257201058

LM.PRESS TV - DEBAT ghouta orientale (2018 02 23) 2

«  Pour paraphraser le titre d’un film de propagande américaine d’Hollywood, il faut « sauver le soldat al-Nosra »

– Luc MICHEL.

* Le commentaire de PRESS TV :

« Syrie: les opérations de l’armée inquiètent les terroristes … Avec l’entrée en vigueur de l’accord de 2013 dans la Ghouta orientale, l’armée syrienne et les combattants de la Résistance se sont focalisés sur les territoires contrôlés par les groupes terroristes Daech et Front al-Nosra, ce dernier étant la branche syrienne d’al-Qaïda.

Malgré l’accord conclu, les opposants au gouvernement syrien et les groupes terroristes tirent quotidiennement des obus de mortier sur les quartiers résidentiels de Damas. Depuis 2012, quelque 14 800 obus et roquettes se sont abattus sur différents endroits de cette ville, tuant jusqu’à présent presque 11 000 personnes, dont 1 500 enfants.

Ces agressions ont également laissé une trentaine de milliers de handicapés.

Alors que les pressions internationales sur Damas s’accentuent pour qu’il arrête ses opérations dans la Ghouta, les terroristes et les opposants tentent le tout pour le tout en donnant des chiffres exagérés sur les victimes civiles, afin d’exciter l’Occident et les États-Unis contre la Syrie.

Les soutiens occidentaux des terroristes syriens, qui depuis le début du déclenchement de la crise syrienne souhaitaient l’effondrement du gouvernement, savent bien actuellement que si la Ghouta orientale de Damas, dernier bastion des terroristes et des opposants syriens, venait à tomber, ils perdraient l’un de leurs leviers de pression sur le gouvernement syrien et que les terroristes et les opposants se rendraient alors tôt ou tard à l’armée, comme ce qui s’était passé dans la Ghouta occidentale.

Luc Michel, géopoliticien, et Bernard Cornut, analyste politique, nous donnent plus de détails sur ce sujet. »

# ALLER AU-DELA DU DEBAT …

Ce que ne disent pas les médias de l’OTAN, englués dans leur propagande sans nuances contre Bachar Al Assad et Poutine …

COMMENT LES DJIHADISTES FRAPPENT DAMAS DEPUIS LA GHOUTA ORIENTALE !?

Les groupes terroristes (les Jabbat al-Nosra et cie, sous couvert de la soi-disant « Armée syrienne libre » – sic) ont tiré 40 roquettes en direction des zones d’habitation de Damas et de Deraa, ce 21 février.

C’est la menace permanente sur Damas. Et la raison du nettoyage de cet abcès purulent ! Damas a été une nouvelle fois la cible des groupes terroristes. Trois roquettes se sont abattues sur les quartiers d’al-Ghassani et d’al-Qassa, causant des dégâts matériels.

La police de Damas a fait part de deux missiles qui s’étaient abattus près de l’hôpital al-Zahrawi dans le quartier d’al-Qassa Le bilan de cette attaque terroriste est 12 blessés, dont des femmes et enfants.

Les médias de l’OTAN cachent ces morts !

CE QUI SE PASSE RELLEMENT DANS LA GHOUTA ORIENTALE ET POURQUOI LES OPÉRATIONS DE L’ARMÉE INQUIÈTENT LES SOUTIENS OCCIDENTENTAUX ET TURCS DES TERRORISTES ?

Avec l’entrée en vigueur de l’accord de 2013 dans la Ghouta orientale, l’armée syrienne et les combattants de la Résistance se sont focalisés sur les territoires contrôlés par les groupes terroristes Daech et Front al-Nosra, ce dernier étant la branche syrienne d’al-Qaïda.

Malgré l’accord conclu, les opposants au gouvernement syrien et les groupes terroristes tirent quotidiennement des obus de mortier sur les quartiers résidentiels de Damas. Depuis 2012, quelque 14 800 obus et roquettes se sont abattus sur différents endroits de cette ville, tuant jusqu’à présent presque 11 000 personnes, dont 1 500 enfants.

Ces agressions ont également laissé une trentaine de milliers de handicapés. La poursuite de ces attaques constitue une violation flagrante de l’accord sur la désescalade, un accord dont la Turquie doit surveiller la mise en application par les opposants au gouvernement syrien.

La poursuite de ces attaques et la violation incessante de l’accord sur la désescalade ont amené Damas à décider de mettre un terme à la présence des terroristes dans leur arrière-cour. Selon certaines informations, alors que l’armée syrienne se prépare à une opération dans la Ghouta orientale de Damas, les soutiens occidentaux des terroristes et des opposants se sont déclarés inquiets et ont décidé de prendre des mesures.

Tout en exprimant « ses inquiétudes » quant aux opérations que l’armée syrienne a l’intention de lancer dans cette région, Steffan de Mistura, émissaire des Nations unies pour la Syrie, a prétendu « qu’il craignait la transformation de la Ghouta orientale en une deuxième Alep ».

Dans le même temps, le négociateur en chef de l’opposition syrienne, Nasr Hariri, a demandé au Conseil de sécurité « d’intervenir au plus vite pour mettre fin à ce qu’il a appelé « les crimes de l’armée syrienne », en empêchant les opérations de Damas visant à nettoyer la banlieue de Damas de la présence des terroristes ».

Hier, mercredi 21 février, Emmanuel Macron, président français, Antonio Guterres, secrétaire général des Nations unies, et le porte-parole de la chancelière allemande Angela Merkel ont demandé « la cessation immédiate des opérations de l’armée syrienne dans cette région ».

EST-CE QU’UN COMPLOT EST TRAMÉ CONTRE DAMAS ?

Alors que les pressions internationales sur Damas s’accentuent pour qu’il arrête ses opérations dans la Ghouta, les terroristes et les opposants tentent le tout pour le tout en donnant des chiffres exagérés sur les victimes civiles, afin d’exciter l’Occident et les États-Unis contre la Syrie.

Les soutiens occidentaux des terroristes syriens, qui depuis le début du déclenchement de la crise syrienne souhaitaient l’effondrement du gouvernement, savent bien actuellement que si la Ghouta orientale de Damas, dernier bastion des terroristes et des opposants syriens, venait à tomber, ils perdraient l’un de leurs leviers de pression sur le gouvernement syrien et que les terroristes et les opposants se rendraient alors tôt ou tard à l’armée, comme ce qui s’était passé dans la Ghouta occidentale.

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AFRICOM ET RECOLONISATION US DE L’AFRIQUE (IV): LES DESSOUS DE L’INTERVENTION MILITAIRE AMERICAINE EN AFRIQUE

PANAFRICOM TV/

AFRICOM ET RECOLONISATION US DE L’AFRIQUE (IV):

LES DESSOUS DE L’INTERVENTION MILITAIRE AMERICAINE EN AFRIQUE (AVEC LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESSTV – IRAN)

sur https://vimeo.com/256909881

Vignette PANAF-TV africom 4

* Sujet de cette PARTIE IV :

Le déploiement des Forces spéciales US en Afrique s’accélère, piloté depuis Tampa en Floride (Siège du commandement des Forces spéciales

  1. US) et Stuttgard en Allemagne (siège de l’AFRICOM).

L’intervention américaine en Afrique se fait sur fond de l’échec de l’intervention française (Barkhane) au Niger et au Malin et vise le contrôle de laforce africaine du G5SAHEL …

* Nous reprenons dans cette série, sur la Recolonisation de l’Afrique par les USA et la mainmise militaire de l’AFRICOM et de l’US Army sur le Continent noir, une sélection de « Flash info » de la Télévision francophone d’Etat iranienne PRESS TV, diffusés dans la quotidienne « Zoom Afrique ».

PRESS TV s’inspire directement des analyses du géopoliticien Luc MICHEL (patron des Réseaux panafricains PANAFRICOM) sur cette Recolonisation de l’Afrique par les USA, sous prétexte du soi-disant « Printemps africain », qui est la menace principale en Afrique aujourd’hui. Paris et la Françafrique étant devenu les auxilliaires militaires de l’AFRICOM (la nouvelle « infanterie sénégalaise du Pentagone » dit Luc MICHEL), « le nouveau sherif de l’Afrique » comme l’a dit le Général US Mattis, chef du Pentagone sous Trump, en avril 2017 sur la base française de Djibouti …

# COMPRENDRE L’ARRIERE-PLAN GEOPOLITIQUE DU DOSSIER :

QUELLE EST LA THESE DE LUC MICHEL ?

LE PANAFRICANISME DOIT REGARDER VERS L’AVENIR. LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 …

Il y a un arrière-plan géopolitique au soi-disant « printemps africain » de 2014-2018.

La thèse de Luc MICHEL, c’est que cet arrière-plan a changé depuis 2007-2008, que 2007 et 2008 ont été des tournants géopolitiques en Afrique … « Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans, nous dit-il. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’AFRICOM, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique, par Bush II et Obama en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique.

Comme dans l’OTAN, la collaboration militaire et politique franco-américaine se double d’une « CONTRADICTION INTERNE » (caractéristique du Bloc américano-occidental) : l’allié militaire français est aussi le concurrent économique des USA, qu’il faut évincer des marchés africains (Alliés politico-militaires dans l’OTAN, les pays de l’UE sont opposés aux USA depuis les Années ’80 par la guerre économique USA vs UE et la guerre financière Dollar vs Euro).

Autrement dit Paris tire les marrons du feu pour Washington en Afrique !

Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent, par les méthodes habituelles des USA (révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » -sic-, cloné en « printemps africain » -resic-). De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps arabe » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. La RDC qui est la cible principale (le « pivot géopolitique » de l’Afrique) et le Cameroun (qui est le pivot du Golfe de Guinée), où des scénarios de révolution de couleur sont en cours d’implantation. La Guinée-Equatoriale et le Tchad, où le dialogue national a asséché le terrain pour une révolution de couleur …

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AFRICOM ET RECOLONISATION US DE L’AFRIQUE (III): LA CONTRADICTION INTERNE DES RELATIONS FRANCO-AMERICAINES EN AFRIQUE

PANAFRICOM TV/

AFRICOM ET RECOLONISATION US DE L’AFRIQUE (III):

LA « CONTRADICTION INTERNE » DES RELATIONS FRANCO-AMERICAINES EN AFRIQUE (QUI SUIT CELLE DU BLOC AMERICANO-OCCIDENTAL EN EUROPE) (AVEC LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESSTV – IRAN)

sur https://vimeo.com/256908467

Vignette PANAF-TV africom 3

* Sujet de cette PARTIE III :

Entre les États-Unis et la France, l’alliance militaire se double d’une « guerre à mort » géoéconomique en Afrique. Le plan machiavélique de Washington contre Paris … Comprendre ?

Comme dans l’OTAN, la collaboration militaire et politique franco-américaine se double d’une « CONTRADICTION INTERNE » (caractéristique du Bloc américano-occidental) : l’allié militaire français est aussi le concurrent économique des USA, qu’il faut évincer des marchés africains (Alliés politico-militaires dans l’OTAN, les pays de l’UE sont opposés aux USA depuis les Années ’80 par la guerre économique USA vs UE et la guerre financière Dollar vs Euro).

Autrement dit Paris tire les marrons du feu pour Washington en Afrique !

* Nous reprenons dans cette série, sur la Recolonisation de l’Afrique par les USA et la mainmise militaire de l’AFRICOM et de l’US Army sur le Continent noir, une sélection de « Flash info » de la Télévision francophone d’Etat iranienne PRESS TV, diffusés dans la quotidienne « Zoom Afrique ».

PRESS TV s’inspire directement des analyses du géopoliticien Luc MICHEL (patron des Réseaux panafricains PANAFRICOM) sur cette Recolonisation de l’Afrique par les USA, sous prétexte du soi-disant « Printemps africain », qui est la menace principale en Afrique aujourd’hui. Paris et la Françafrique étant devenu les auxilliaires militaires de l’AFRICOM (la nouvelle « infanterie sénégalaise du Pentagone » dit Luc MICHEL), « le nouveau sherif de l’Afrique » comme l’a dit le Général US Mattis, chef du Pentagone sous Trump, en avril 2017 sur la base française de Djibouti …

# COMPRENDRE L’ARRIERE-PLAN GEOPOLITIQUE DU DOSSIER :

QUELLE EST LA THESE DE LUC MICHEL ?

LE PANAFRICANISME DOIT REGARDER VERS L’AVENIR. LA GEOPOLITIQUE AFRICAINE DE 2016 N’EST PLUS CELLE DES ANNEES 1960-2007 …

Il y a un arrière-plan géopolitique au soi-disant « printemps africain » de 2014-2018.

La thèse de Luc MICHEL, c’est que cet arrière-plan a changé depuis 2007-2008, que 2007 et 2008 ont été des tournants géopolitiques en Afrique … « Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans, nous dit-il. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’AFRICOM, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique, par Bush II et Obama en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique.

Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent, par les méthodes habituelles des USA (révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe » -sic-, cloné en « printemps africain » -resic-). De nombreux pays ont ensuite été secoués par les vents mauvais de ce « printemps arabe » venu de Washington. De 15 à 20 pays sont concernés. Notamment Le Brurundi, où la révolution de couleur a échoué et a fait place au terrorisme. La RDC qui est la cible principale (le « pivot géopolitique » de l’Afrique) et le Cameroun (qui est le pivot du Golfe de Guinée), où des scénarios de révolution de couleur sont en cours d’implantation. La Guinée-Equatoriale et le Tchad, où le dialogue national a asséché le terrain pour une révolution de couleur …

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