Ragusa, imprenditore (e consigliere comunale vicino al Pd) appende ad una trave e picchia un suo operaio: arrestato – Il Fatto Quotidiano

nooo….loro accolgono ed integrano perché sono moralmente superiori, non c’entra mica lo sfruttamento capitalista

Un romeno che lavora in un’azienda agricola di Vittoria, nel ragusano, si appropria di una bombola di gas per riscaldarsi e il titolare, dopo averlo colto sul fatto, lo malmena, lo chiude in un garage, gli lega mani e piedi, lo appende ad una trave e lo prende a bastonate procurandogli diverse fratture. È l’incubo vissuto da un operaio romeno per mano del suo datore di lavoro, il consigliere comunale vicino al Pd Rosario Dezio, che ora si trova agli arresti domiciliari e deve rispondere di lesioni gravi, sequestro di persona e porto d’armi. Il 40enne Dezio è stato definito un “soggetto pericoloso” dal dirigente della Squadra mobile di Ragusa, Antonino Ciavola, e la sua azienda agricola, era già stata oggetto di controlli per il contrasto al caporalato ed allo sfruttamento della manodopera. Anche due familiari di Dezio e un suo collaboratore sono stati denunciati per aver contribuito a vario titolo, alla commissione dei reati.
A denunciare l’incredibile storia di violenza e sfruttamento è stata la stessa vittima, che lo scorso 15 febbraio si è recata in commissariato denunciando il pestaggio e raccontando che altri suoi connazionali erano stati picchiati e feriti anche loro da Dezio. Sono così scattate le indagini, che hanno permesso di scoprire dentro una delle abitazioni fatiscenti ricavate nell’azienda, nascosto sotto le coperte e dolorante, un giovane romeno terrorizzato e sotto choc. Lo stesso imprenditore, spiegano gli investigatori, “in modo spavaldo ha ammesso di aver picchiato i romeni sorpresi a rubare una bombola di gas, senza però aggiungere con quali modalità lo aveva fatto”. Gli accertamenti hanno permesso di appurare che i due operai a causa del forte freddo avevano rubato una bombola per riscaldarsi, ma erano sorpresi dall’imprenditore. Uno dei due era riuscito a nascondersi, mentre l’altro è stato brutalmente picchiato con il calcio di un fucile, pugni e colpi di bastone. Per impartire la “lezione”, Dezio aveva anche imbracciato il fucile, regolarmente detenuto, esplodendo alcuni colpi d’arma da fuoco per terrorizzarlo.
L’operaio, mentre Dezio ricaricava il fucile, però, era fuggito con il compagno lungo le serre. Dopo aver vagato per diverse ore, i due rumeni avevano trovato rifugio da un loro connazionale in un casolare abbandonato, dove l’indomani li aveva scovati l’imprenditore, che insieme a un suo collaboratore aveva seguito un connazionale delle vittime. Dentro il casolare è scattato il nuovo pestaggio. Dopo aver trascinato gli operai contro la loro volontà nell’azienda l’imprenditore aveva chiuso in un garage il ladro sorpreso a rubare la bombola, lo aveva legato mani e piedi e appeso a una trave. Una volta reso inerme, lo ha picchiato selvaggiamente con un bastone di legno, procurandogli lesioni e fratture in diverse parti del corpo giudicate guaribili in almeno 45 giorni. A liberare la vittima solo dopo un paio d’ore è stato un familiare dell’imprenditore, anche lui denunciato per aver preso parte al pestaggio in concorso morale.

Quelli del “PIU’ EUROPA” non si sono visti davanti ai cancelli della Embraco

500 persone, 500 famiglie rimarranno senza lavoro, e dopo quella miseria di ammortizzatori sociali di breve durata anche senza reddito. Secondo voi, che succederà loro quando non potranno pagare il mutuo? O non avranno i soldi per le bollette? O per le tasse? Riceveranno aiuto e solidarietà? SARANNO BOLLATI COME EVASORI E FURBETTI, basta leggere i giornali quando parlano di “lotta all’evasione”, manco fosse gente che si porta i soldi alle Cayman.

Feb 20, 2018
Embraco-proteste-lavoratori (1)
Embraco proteste lavoratori
 
La decisone della Embraco, l’azienda brasiliana del gruppo Whirlpool che sta procedendo in questi giorni al licenziamento delle sue maestranza (500 persone) nel suo stabilimento a Riva di Chieri (Torino) per delocalizzare la produzione (compressori per frigoriferi ), trasferendo il tutto in Slovacchia, è soltanto l’ultimo caso di multinazionale che ha scelto di chiudere la produzione in Italia e trasferirsi nell’l’Est Europa, dove i costi di produzione e la mano d’opera sono nettamente più bassi.
Oltre alle più convenienti condizioni di base, il governo slovacco, da parte sua, approfitta della comune appartenenza alla UE per applicare una politica di incentivi fiscali verso le aziende che trasferiscono la produzione sul proprio territorio, offrendo condizioni di esenzione fiscale sugli investimenti per i primi anni e semplificazione burocratiche. In concreto la Slovacchia pratica quello che viene definito il “dumping fiscale”, una forma estrema di concorrenza applicata mediante imposte più basse, la stessa che da anni applicano paesi come l’Irlanda o il Lussemburgo.
Questa la realtà dell’Unione Europea dove vige la regola del “tutti contro tutti” ed il più forte (la Germania) si approfitta dei paesi più deboli maturando giganteschi surplus nella sua bilancia commerciale (300 miliardi all’anno).  Vedi: L’inarrestabile surplus commerciale della Germania.
Altro che “solidarietà europea, è in corso la guerra economica fra i paesi del vecchio continente.
 
Naturalmente la Embraco non è la sola ma ci sono stati innumerevoli casi di delocalizzazioni attuate per gli stessi motivi negli ultimi anni, come è avvenuto per la Honeywell, un’altra multinazionale statunitense che realizzava compressori per motori diesel ad Atessa, in provincia di Chieti, che occupava circa 400 maestranze, oltre al numeroso indotto costituito da piccole aziende. Questo tralasciando le numerose altre imprese che negli anni hanno seguito lo stesso percorso di spostare la produzione in Slovacchia, in Polonia o in altri paesi concorrenti.
 
In Slovacchia si sono trasferite non solo aziende italiane ma anche aziende provenienti da altri paesi europei dove la tassazione ed il costo del lavoro sono paragonabili a quelli italiani, così troviamo le francesi PSA Peugeot-Citroën, la Orange, la Gaz de France, la tedesca Siemens, le spagnole Aluminium Cortizo, la ESNASA e le italiane Magneti Marelli, Sisme, Came e Zanini. Tutte aziende che hanno deciso a suo tempo di delocalizzare la produzione nella Repubblica Slovacca, favorite dalla politica fiscale e dagli incentivi che il Governo di Bratislava a pensato bene di emanare per scippare le imprese ai concorrenti della stessa Unione Europea.
Il ministro Calenda, ministro di un governo e di un partito, il PD, che ha sempre esaltato i “vantaggi” dell’appartenenza alla UE, si finge scandalizzato per l’operazione di dumping attuata dalle autorità di Bratislava per attirare le imprese nel proprio territorio e lancia appelli alle autorità di Bruxelles per verificare se non siano state violate le norme europee sugli aiuti di Stato. Un atteggiamento di pura forma, giustificato dall’imminenza delle elezioni, ma di sostanziale ipocrisia, fatto dall’esponente di un Governo che ha sempre calpestato l’interesse nazionale per adeguarsi alle direttive di Bruxelles.
Gli europeisti del PD, quelli del “ce lo chiede l’Europa”, non si erano accorti che lo stesso Jean Claud Juncker, presidente della Commissione Europea, era stato quello che, da primo ministro del Lussemburgo, aveva atttirato nel Granducato 500 multinazionali a stabilire colà la loro sede principale, emanando una forma di agevolazioni fiscali che consentivano a queste società di pagare soltanto l’1% di imposte al Lussemburgo. Allora nessuno aveva gridato allo scandalo ed al dumping fiscale ma anzi i rappresentati del PD al Parlamento Europeo avevano eletto Juncker alla presidenza per i suoi “meriti”. Vedi: Lussemburgo 550 “favori” alle multinazionali che imbarazzano Juncker
Adesso il ministro Calenda lancia dichiarazioni di fuoco “Questo fatto che i paesi dell’Est che beneficiano peraltro di fondi europei facciano dumping per attirare produzioni dal resto dell’Europa è una cosa che deve finire, non è più tollerabile” ha detto Calenda. Fuori tempo, erano dichiarazioni che dovevano essere fatte ben prima, quando i rappresentanti italiani a Bruxelles firmavano tutti i trattati europei senza porre alcuna questione.
Ogni paese oggi guarda ai propri interessi e si regola nel miglior modo per attirare lavoro ed investimenti sul proprio territorio ma la regola non vale per l’Italia che dispone di una classe politica prostituita agli interessi dei grandi gruppi multinazionali e dei potentati finanziari.
Davanti agli stabilimenti della Embraco ci sono 500 operai disperati nella prospettiva di dover perdere il loro posto di lavoro e di rimanere privi di qualsiasi prospettiva concreta, allo stesso modo come era successo per gli operai della Honeywell di Chieti o per quelli della Magneti Marelli. L’unico possibile futuro per questi dipendenti è quello del lavoro precario con le regole del “Job Act” emanato dal Governo Renzi, una prospettiva però che non suscita entusiasmo fra i lavoratori ma soltanto disperazione.boninoPiù Europa di Emma Bonino
 
Non si sono visti davanti ai cancelli della Embrago gli attivisti del “Più Europa” della Emma Bonino e soci, sembra strano perchè è proprio questo il caso dove le varie Bonino, Renzi e compagnia cantante dovrebbero andare a spiegare ai lavoratori quali siano i “vantaggi” del “Più Europa” che loro hanno dipinto per anni come la prospettiva migliore per l’Italia. Gli operai ed i lavoratori in genere oggi ne stanno verificando le conseguenze. di Luciano Lago

LETTERA APERTA A CHI SI CANDIDA A GOVERNARE L’ITALIA (CHE CONTRIBUISCE A FINANZIARE LA FRANCIA PER LA TORINO-LIONE)

http://www.presidioeuropa.net/blog/lettera-aperta-ai-candidati/

Membri della Commissione Tecnica di supporto dell’Unione Montana Valle Susa e dei Comuni di Torino, Torrazza Piemonte e Venaria Reale sui problemi legati alla Nuova Linea Torino Lione hanno inviato una LETTERA APERTA ai Candidati che si propongono per guidare il Governo del Paese.

Torino, 21 febbraio 2018

Egregio Candidato, Gentile Candidata,

     Lei si propone per guidare il Governo del Paese o parteciparvi nel caso che gli elettori e le elettrici gliene diano la possibilità. Con la presente vorremmo pubblicamente chiederle se è al corrente del fatto che:

  • Il Governo italiano, con l’avallo del Parlamento che ha approvato a larga maggioranza la legge 5 gennaio 2017 n. 1, ha sottoscritto un Accordo col Governo francese per la realizzazione della sezione transfrontaliera di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione per la quale il costo della realizzazione, al netto di un contributo europeo, verrebbe ripartito al 57,9% a carico dell’Italia e per il restante 42,1% a carico della Francia,
  • Una volta compiute, le opere rimarrebbero di proprietà della società TELT, partecipata al 50% dal socio francese (Stato francese) e al 50% dal socio italiano (Ferrovie dello Stato Italiane),
  • Allo scioglimento della società TELT le opere rimarrebbero di proprietà dello stato su cui si trovano e quindi al 78% dello stato francese e al 22% di quello italiano.

     Qualora andasse al Governo, come riterrebbe di regolarsi riguardo a questo Accordo in cui l’Italia contribuisce a finanziare la Francia per un’opera transfrontaliera?

     Per sua convenienza, Le ricordiamo che la Sezione transfrontaliera della Torino-Lione, di cui alla Legge 5 gennaio 2017, n. 1/2017, ha un costo ufficiale, a valuta 2012, di € 8609,68 milioni, attualizzati dal CIPE (Delibera n. 67/2017), in € 9630,25 milioni.

     Nell’ipotesi più ottimistica riguardo al contributo europeo la spesa italiana sarebbe di circa € 3582 milioni e quella francese di € 2604 milioni per un’opera (il tunnel di base) situata per 45 km in territorio francese e per 12,5 km in territorio italiano e che quindi alla fine sarebbe per il 78% di proprietà francese, come scritto più su.

     Distinti saluti.

Angelo Tartaglia, Claudio Cancelli, Marina Clerico, Simone Franchino, Michele Giacosa, Claudio Giorno, Luca Giunti, Luca Mercalli, Alberto Poggio, Gabriella Soffredini, Roberto Vela

Membri della Commissione Tecnica di supporto dell’Unione Montana Valle Susa e dei Comuni di Torino, Torrazza Piemonte e Venaria Reale sui problemi legati alla Nuova Linea Torino Lione.

Per eventuali risposte, che auspicheremmo pubbliche, indirizzarsi a angelo.tartaglia@polito.it

SCANDALES SEXUELS DES ONG EN AFRIQUE : APRES OXFAM ET MSF, VOICI LE CICR SUISSE (CROIX ROUGE) !

 

LM/ PANAFRICOM/ 2018 02 21/

tps

« Le CICR s’en fiche. Il est complice. J’ai vu plusieurs cas quand j’y travaillais. L’un des collaborateurs a même eu une promotion au siège (du CICR) bien qu’il ait été pris en flagrant délit. […] Ce mec n’avait jamais appris sa leçon et continuait de se vanter auprès de ses collègues d’avoir trouvé les vraies filles »

–  Un ex-employé (Au sein du groupe sur Facebook du CICR).

Le Temps (Genève) révèle l’étape suivante du scandale :

« La britannique Oxfam vient de faire amende honorable pour l’embauche de prostituées et autres «comportements inappropriés» par ses employés en Haïti. Depuis, l’onde du scandale atteint peu à peu Genève, capitale mondiale de l’humanitaire. Médecins sans frontières a admis être probablement concernée par des cas similaires. Le CICR, fleuron du secteur, est aussi dans la tourmente. Le Temps a eu accès à des discussions sur un forum Facebook interne d’anciens de l’organisation, au contenu sans équivoque. Selon plusieurs ex-employés, le recours à des prostituées était monnaie courante, dans le cadre d’une «culture sexiste» bien ancrée. »

« DELEGUES RECOURANT A LA PROSTITUTION: LE VIF DEBAT QUI SECOUE LE CICR » (LE TEMPS)

« Sur Facebook, un groupe d’anciens et d’actuels collaborateurs du Comité international de la Croix-Rouge réagissent au scandale Oxfam et dénoncent à leur tour des cas où des collaborateurs de leur organisation ont recouru à des prestations sexuelles tarifées sans qu’ils aient été sanctionnés », dit encore le quotidien suisse …

Que dit encore Le Temps :

« Le scandale des humanitaires recourant à la prostitution dans des pays souvent très défavorisés heurte la communauté du CICR. Des questionnaires à choix multiple sont même proposés: «J’étais au courant du fait que des collègues recouraient à des prestations sexuelles tarifées en mission.» «Je n’étais pas au courant.» «J’étais au courant de cas de harcèlement sexuel parmi mes collègues.» «J’ai entendu parler du fait que des collègues payaient pour des prestations sexuelles.» Etc. Au siège du CICR, on ne cherche pas à cacher le problème. Yves Daccord, directeur général de l’institution, a rapidement répondu aux quelque 5000 membres de l’Alumni Network. «Nous sommes à l’écoute et nous prenons la chose à cœur.» Chef des relations publiques, Ewan Watson précise: «Nous abordons le problème avec humilité et transparence et nous sentons le besoin d’accélérer les choses. Nous ne sommes ni immunisés [contre ces pratiques] ni parfaits. Nous ne sommes pas aveugles. Nous avons eu des cas de prostitution et des gens ont été licenciés. Pour nous, de tels comportements sont d’autant plus inacceptables que nous sommes une organisation fondée sur des valeurs. De tels agissements sapent surtout la confiance des populations auxquelles on est censé venir en aide et porte préjudice à notre action » (…) Aujourd’hui, l’organisation peine à quantifier le nombre de cas répréhensibles.

Longtemps, la gestion de telles situations était décentralisée et l’apanage des chefs des quelque 80 délégations du CICR à travers le monde. Ces cadres n’étaient pas contraints d’en informer le siège genevois » (…) »

* Lire sur Le Temps :

https://www.letemps.ch/monde/delegues-recourant-prostitution-vif-debat-secoue-cicr

(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)

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