Perché il Pd vuole suicidarsi con lo Ius Soli? Forse una ragione c’è, inconfessabile

Ci siamo: la Sicilia fra poche ore andrà alle urne per eleggere il governatore e il Consiglio regionale. Un dato, sin d’ora, è certo: il Pd non vincerà. Si tratta solo di sapere se perderà male, finendo terzo, o malissimo, addirittura quarto. Saranno gli esperti di politica siciliana a interpretare, ad urne chiuse, le dinamiche più profonde di questo insuccesso, che però ha anche, e forse soprattutto, una valenza nazionale. La maggior parte degli elettori non crede più nel Pd di Renzi e in una regione come la Sicilia il problema dei migranti ha contato, eccome se ha contato.
Certo, gli elettori hanno la memoria corta – è noto – ma non cortissima. Sanno come il governo Gentiloni ha affrontato la questione del “servizio taxi” operato dalle navi delle Ong, dapprima negandolo, poi dissimulandolo, infine criminalizzando chi denunciava abusi e complicità con Organizzazioni non governative alcune delle quali chiaramente in combutta con gli scafisti e animate non solo da propositi umanitari quanto, soprattutto, da propositi politici per favorire un’irresponsabile e socialmente destabilizzante immigrazione di massa. Ora la verità sta venendo fuori, ora sappiamo chi aveva ragione.
Sì, il Pd paga, elettoralmente, anche per questo. Ma anche per l’ostinazione con cui continua a proporre lo ius soli ovvero la concessione automatica della cittadinanza agli stranieri che nascono in Italia. E come lo fa: toni drammatici, scioperi della fame, più mediatici che di sostanza, certo ma inequivocabili nel loro significato: il Pd quel provvedimento lo vuole approvare e prima della fine della legislatura.
 
Diciamolo pure: complimenti per la coerenza. Salvini e il centrodestra apprezzano e sentitamente ringraziano. Però qualcosa non torna. Perché i sondaggi sono inequivocabili: un numero crescente di elettori, ormai maggioritario, inclusi molti di sinistra, è contrario allo ius soli.
E al Pd e a Renzi non mancano di certo gli esperti elettorali in grado di spiegare che intestardirsi su un tema impopolare significa urtare gli elettori moderati e dunque perdere le elezioni, domenica in Sicilia in marzo in Italia.
Eppure Renzi, per una volta d’accordo con Gentiloni, va avanti. Persino un ministro competente e che quest’estate ha saputo prendere posizioni ferme in tema di immigrazione, come quello degli Interni Minniti, improvvisamente ha innescato la retromarcia.
 
Titoli come questi sono inequivocabili:
ius soli gentiloni minniti
E allora bisogna chiedersi cosa spinga il Pd al suicidio politico. Ci deve essere una ragione suprema, per cui l’approvazione di un provvedimento straordinariamente impopolare diventa più urgente delle più ovvie considerazioni di strategia elettorale. Perché anche se il Parlamento non lo approverà entro Natale, il Pd verrà attaccato su questo tema. E Salvini e la Meloni non molleranno la presa.
 
Dunque, perché? Non ho risposte certe, solo ragionevoli dubbi, ad esempio apprendendo che Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari “affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti in tutta Europa. Di questi, 14 sono italiani, quasi tutti del Pd (trattasi di Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti). Più Barbara Spinelli, della lista Tsipras, ex indignata speciale di Repubblica.
Attenzione: non si tratta di complottismo ma di un dettagliato documento interno della Open Society, pescato e divulgato da DcLeaks.
Quel Soros che lo scorso maggio fu ricevuto a Palazzo Chigi da un gaudente Paolo Gentiloni. Quel Soros che da anni tesse una meticolosa ed efficace rete di contatti negli ambienti progressisti italiani. Quel Soros che ha appena deciso di donare 18 miliardi del suo patrimonio a Open Society.
E’ un uomo potente, influente, determinato, certo coerente con le sue convinzioni. E non è isolato. Fa parte di un mondo che persegue interessi che sono umanitari nelle motivazioni ufficiali ma dall’innegabile valenza politica pro immigrazione, contro la sovranità degli Stati, di aperta ostilità alle identità nazionali, ai valori e alle culture tradizionali.
E allora viene da chiedersi: è a quel mondo che il Pd non può dire di no?
di Marcello Foa – 04/11/2017

SVELATA LA LISTA DEI 226 PARLAMENTARI EUROPEI CONSIDERATI ‘AFFIDABILI’ DA GEORGE SOROS

Soros-networki tirapiedi del “filantropo”…ecco come certe politiche diventano “irreversibili, imprescindibili”. Ma no certo, è solo per puro amore fraterno e solidale che uno speculatore finanziario vuole accogliere

Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli.
Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti.
 
 I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.
 
La maggioranza, 82, è nel partito dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, ma ci sono circa 38 del Partito Popolare Europeo e 36 del gruppo Liberale, 34 della Sinistra Nordica, fino a 7 conservatori e conservatori e riformisti europei. Un appoggio trasversale.
 
Per carità, le grandi compagnie nell’organizzare attività di lobby così fanno, individuano le persone avvicinabili in una istituzione per disponibilità e per competenza. Ma se si trattasse solamente di individuare chi è vicino a certe opinioni, certe battaglie, a certe campagne in modo ideale, per appartenenza politica e sentimento, perché solo 226 presi nell’intera area progressista del Parlamento, e non solo? Perché solo 14 italiani, quando si suppone che tutti e 31 gli eletti del Partito Democratico dovrebbero condividere le stesse opinioni? Perché nessuno dei 17 eletti dei 5 stelle? Nessuno sensibilizzabile fra I 13 di Forza Italia?
È un bel malloppo quello preparato dalla Open Society che DCleaks ha reso noto, e che il governo ungherese, gran nemico di George Soros, ora ritiene di poter utilizzare nella sua furibonda battaglia contro i progetti della Open Society di riempire di profughi e di immigrati tutti i Paesi europei.
I 226 parlamentari sono elencati per incarichi, competenze, interessi, background, appartenenza politica, Paesi di provenienza, ruoli nelle varie commissioni passati presenti e futuri; c’è Martin Schulz, non più presidente perché si è candidato nel partito socialdemocratico tedesco e ha sfidato la Merkel portando il suddetto partito al suo minimo storico. C’è l’italiano Gianni Pittella, che del gruppo Socialista è il presidente. Ci sono nomi famosi come Sergio Cofferati e Barbara Spinelli, e meno noti al pubblico, ma segnalati come influenti nel loro partito e nel Parlamento europeo, come Roberto Gualtieri.
 
Sull’autenticità del rapporto non c’è il minimo dubbio; su reazioni, annunci e speculazioni che fanno gli ungheresi alcune premesse sono necessarie perché il rapporto tra governo di Budapest e George Soros e’ di guerra. A dir la verità siamo prossimi alla guerra anche tra gli organismi che dirigono l’Unione Europea e Budapest, ma anche Varsavia, Bratislava e Praga, a cui aggiungere Vienna.
Lo scontro ruota intorno alla politica di accoglienza indiscriminata, causa principale anche dell’uscita dell’Inghilterra, sarà bene ricordarlo. Con Soros, Budapest e il governo nazionalista di Viktor Orban hanno un conto doppio, perché George Soros è nato in Ungheria, nel 1930, da ebreo del ghetto di Budapest ai nazisti, imparando magistralmente fin da bambino l’arte della sopravvivenza a modo suo, denunciando ai nazisti i luoghi nei quali altri ebrei erano rifugiati. Da lì è partita la sua straordinaria avventura di finanziere e speculatore, con pelo sullo stomaco come pochi, basta ricordare la svalutazione della Sterlina e della Lira nel 1992.
 
La Open Society e la filantropia sono venute dopo, ma non sono meno aggressive nei metodi e nei finanziamenti di certi partiti e di certi candidati piuttosto che di altri. Open Society Foundation si propone di “far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere”,cito il titolo di un progetto. Progetto finanziato di recente per 18 miliardi di dollari con il passaggio di una parte del patrimonio di Soros a Open society.
Sara’ complottismo, impazza anche negli Stati Uniti, visti i rapporti strettissimi tra Barack Obama e Hillary Clinton e Soros, e lo smacco subito con l’elezione di Donald Trump che proprio non era prevista visto il fiume di soldi profusi, ma l’idea è che per raggiungere l’obiettivo basterebbe negli Stati europei un milione di migranti l’anno, con la collaborazione attiva della sinistra “no borders”, della finanza apolide, dei neoguelfi al potere in Vaticano. Tutte colonie.
Nelle parole di Viktor Orban, giudicato pericoloso autocrate nelle capitali dell’Europa occidentale ma estremamente popolare nel suo Paese, l’Europa potrebbe diventare presto ostaggio di “un impero finanziario e speculativo che promuove l’invasione orchestrata di nuovi immigrati”.
Magari Orban è pazzo, ma come mai senza un appuntamento prestabilito né un argomento dichiarato, George Soros può incontrare Jean Claude Juncker? Se è per questo, ha lungamente incontrato anche il premier italiano, Gentiloni, l’estate scorsa, in piena crisi di barconi. Insomma, a 87 anni compiuti, ma evidentemente ancora sostenuto da un’energia indomabile, il vecchio speculatore si muove come un leader politico mondiale. E liste come questa del Parlamento Europeo aiutano lui ma non aiutano la considerazione e la fiducia degli elettori.
 
Maria Giovanna Maglie

Soros e il Mito della Democrazia Europea: Una Rivelazione Shock

soros20net
Nella foto solo uno degli innumerevoli schemi che rappresentano la mafia capitanata dal “filantropo” Soros

Ormai è un segreto di pulcinella che la “rete di Soros” abbia un’ampia sfera d’influenza sul Parlamento europeo e su altre istituzioni dell’Unione europea.
 
La lista di Soros è stata resa pubblica recentemente. Il documento elenca 226 parlamentari europei provenienti da tutto lo spettro politico, tra cui l’ex Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, l’ex presidente del Belgio Guy Verhofstadt, sette vicepresidenti e un numero di commissari, coordinatori e questuanti vari. Queste persone portano avanti le idee di Soros, come ad esempio far entrare più migranti, matrimoni dello stesso sesso, integrazione dell’Ucraina nella UE e contrasto alla Russia. I membri del Parlamento Europeo sono 751 e questo significa che gli amici di Soros occupano più di un terzo dei seggi.
George Soros, investitore ungaro-americano e fondatore e proprietario della ONG Open Society Foundations , ha potuto incontrare il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in un “incontro a porte chiuse e senza nessuna agenda ufficiale” , cosa che ha sottolineato come le proposte della UE per ridistribuire le quote di migranti tra i vari paesi siano molto vicine ai programmi studiati da Soros per affrontare la crisi.
Il finanziere miliardario crede che l’Unione europea debba accogliere milioni di immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionale, fornendo a ciascuno di essi un aiuto annuale di 15.000 euro e collocare questi migranti in un qualsiasi Stato membro dove i migranti non vogliono andare e dove non sono necessariamente benvenuti.
 
Il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán ha accusato la EU di “essere manipolata” da Soros e crede che la politica delle frontiere aperte proposta dal miliardario sia il motivo della campagna contro l’Ungheria. Il motivo è il tentativo del governo (ungherese) di intraprendere una azione legale con una nuova legge che richiede che le ONG, sostenute da stranieri – molte delle quali finanziate da Soros – indichino i nomi dei loro grandi donatori d’oltremare su un pubblico registro e che le fonti dei loro finanziamenti siano trasparenti . Il governo ungherese sta impegnandosi per chiudere l’Università Centrale Europea di Budapest, fondata da Soros.
Tutta l’Unione europea è in difficoltà perché i suoi capi ed i suoi burocrati adottano decisioni come queste”, ha dichiarato Orbán.
“La popolazione appoggia l’ideale dell’Unione Europea, ma allo stesso tempo, non può sopportare la sua leadership, quando insulta gli Stati membri con cose del genere e quando abusa dei suoi poteri. Tutti in Europa possono vederlo e per questo la leadership europea non viene rispettata”.
 
Il gruppo di Visegrad sta cercando di resistere alla pressione della UE sulla politica degli immigrati. La European Commission of Migration and Home Affairs sta spingendo per un nuovo disegno di legge che renda obbligatori i contingenti di migranti e almeno 30 amici di Soros lavorano per questa commissione.
Molte delle persone elencate nel documento sono note per i loro attacchi contro la Russia. Per esempio, Rebecca Harms, deputata tedesca del Partito dei Verdi, chiede regolarmente al Parlamento europeo un regime di sanzioni contro Mosca ancora più duro. Guy Verhofstadt accusa la Russia di essere responsabile di qualsiasi cosa vada male in Europa. Il suo articolo Putting Putin in his Place ha fatto molto rumore l’anno scorso. Nel 2012, l’ex premier croato Tonino Picula, che era Capo di una missione di osservatori dell’OCSE, sostenne che le elezioni presidenziali russe del 2012 erano state irregolari e “manipolate” a favore di Vladimir Putin.
L’elenco di Soros mette in luce la questione di cosa renda le politiche attuate dalla UE contrarie agli interessi degli europei. La risposta è la corruzione. I politici corrotti da Soros ballano con la sua musica e lottano contro i tentativi dei leader nazionali di proteggere gli interessi dei propri popoli. Spesso chi si oppone a quelle politiche deve confrontarsi con la resistenza delle élite politiche del proprio paese. Lo scontro tra il Primo Ministro Orbán e la rete di Soros è un buon esempio che può spiegare come funziona. Il Parlamento europeo sotto l’influenza degli amici di Soros sta spingendo l’Europa a suicidarsi facendo entrare migranti a milioni.
Questo dimostra che la democrazia europea è solo di facciata e nasconde le attività di una struttura di potere vicina ad un sistema feudale in cui è il Signore locale che tiene le redini. Difficilmente si può dire potere al popolo. La pubblicazione delle liste di Soros fornisce un indizio per comprendere chi governa veramente la UE e chi istighi sentimenti russofobi in Europa. In realtà, questo succede ogni volta che un paese della UE – come l’Ungheria – si trovi sulla stessa barca della Russia e che si oppone alle stesse forze USA, per proteggere la propria sovranità e la propria indipendenza.
 
Questo è il momento giusto per gli europei per cominciare a pensare a cambiare il sistema in modo da eliminare qualsiasi pressione esterna.
 
Alex Gorka 5.11.2017
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

Rita Katz: “In Italia la strage di Natale, dove vi massacreranno”

isis-san-pietro-un-fan-dello-stato-islamico-in-vaticano-648013_tna proposito di fake news, ma i media quelli “seri ed ufficiali” possono. Mai c’è stato un Papa tanto tanto “aperto” nel senso sorosiano e politically correct, e sti qua, che hanno i loro ufficio stampa etc annunciano una strage…complimenti per “l’effetto sorpresa”… Se è vero che questo odio si sconfigge con l’integrazione chi più e meglio del Papa può dare il buon esempio regalando loro la cittadinanza vaticana?


Rita Katz: “In Italia la strage di Natale, dove vi massacreranno”

Terrorismo islamico, la più grande esperta al mondo: “In Italia la strage di Natale, dove vi massacreranno”
by Agostino R
 
Terrorismo islamico, Rita Katz: “Italia in pericolo a Natale, la minaccia dell’Isis”
Un terrificante poster di propaganda diffuso da un gruppo che sostiene lo Stato Islamico chiede che i lupi solitari attacchino il Vaticano a Natale. La minaccia è stata resa nota da Site, il sito diretto dall’autorevolissima Rita Katz che monitora le attività dello jihadismo online.
 
Nell’immagine, riporta Libero, si vede un’auto lanciata a tutta velocità verso San Pietro. Dunque, si reitera la richiesta: attaccare a Natale. Certo, è difficile attaccare San Pietro, ma gli esperti ritengono che la minaccia natalizia sia credibile. Rita Katz, infatti, ha spiegato: “Si tratta di un chiaro ordine d’attacco che arriva dalla Wafa Media Foundation, specializzata in questo tipo di propaganda. Ora che l’Isis è in difficoltà in Iraq e Siria, invitano i lupi solitari a passare all’azione. Queste minacce – conclude la Katz – vanno prese sul serio”. Il Belpaese è avvertito. 18.11.2017

“Stretta di Putin sulla rete!”, ma i media non vi dicono che…

messoraTutti i media denunciano la stretta di Putin sulla rete, ma di quello che varerà lunedì la Camera non vi dicono niente…
Data Retention per sei anni. Tutti schedati, internet, chat, telefonate… anche quelle a cui non risponderete. E l’Agcom che si sostituisce alla magistratura nella rimozione di contenuti dalla rete, su semplice richiesta delle lobby. E vi impedisce di ricaricarli, anche! In Russia i dati si tengono per soli 6 mesi, non per 6 anni. E poi la stretta sulla rete sarebbe di Putin?
l’intervento in cui Fulvio Sarzana, su Byoblu.com, vi spiegava quello cui stavamo per andare incontro
Pubblicato 3 novembre 2017 – 21.25  Da Claudio Messora

L’assalto alle “fake news” è un attacco ai media alternativi

write_what_youre_told_propagandabisogna fermare i populisti che minacciano le elites che proteggono e vogliono tanto bene ai popoli no?

Da Salon, la denuncia del giornalista americano Dave Lindorff, collaboratore di una grande varietà di testate: la lotta alle fake news è un attacco a chi riporta punti di vista differenti rispetto alla linea mainstream; i media alternativi (e con loro blogger e siti di opinione, aggiungiamo noi) devono difendersi dalle campagne maccartiste che iniziano ad essere lanciate dai media mainstream, in una strategia che cerca di cooptare anche i giornalisti e i giganti del web, attraverso la minacciae che non esclude il ricorso alla fine della neutralità di internet. L’ennesima prova che in tutto il mondo occidentale cosiddetto libero le condizioni dell’informazione sono in drammatico declino e che sono sempre più forti le pulsioni verso una svolta decisamente autoritaria, di cui la “polizia del pensiero” sarà solo il primo passo.
Sono giorni difficili in cui essere un giornalista serio. Fai il resoconto di una storia oggi, con i tuoi fatti graziosamente messi in fila, e probabilmente te la ritroverai etichettata come “notizia falsa” da qualunque persona alla quale tu abbia incornato le proprie bufale – e anche dagli amici che non condividono la tua prospettiva politica. Per buona misura, diranno che ti sei basato su “fatti alternativi”.
Gli storici dicono che il termine “fake news” risale all’epoca della “stampa scandalistica” del tardo 19° secolo, ma il termine è decollato nel 2016, poco più di un anno fa, durante la corsa presidenziale di Donald Trump. Il termine è stato usato per descrivere cose differenti, dai media “privi di fatti” pro-Trump a storie sensazionalistiche e in gran parte false, il cui unico obiettivo era catturare attenzione e soldi. Durante la stagione delle primarie, lo stesso Trump ha iniziato a etichettare tutte le storie dei media mainstream su di lui come “notizie false”. Anche se l’idea che ci potrebbero essere diverse verità risale almeno all’amministrazione del presidente George W. Bush, quando il consigliere Karl Rove affermò che l’amministrazione “crea la propria” realtà, ha guadagnato terreno quando il consigliere di Trump Kellyanne Conway, beccata a inventarsi cose in un’intervista televisiva, ha affermato di affidarsi a “fatti alternativi”.
 
Un espediente che sarebbe andato bene, di per sé. La maggior parte delle persone è spinta a credere che i politici mentano – qualunque sia il partito o la convinzione che rappresentano – per cui i loro tentativi di negarlo quando vengono accusati di essere dei maestri dell’invenzione tendono ad essere riconosciuti come tali.
 
I media istituzionali – The New York Times, The Washington Post, i programmi di notizie sulla rete e persino la Radio Pubblica Nazionale (NPR) – hanno tutti risposto all’accusa di essere bugiardi e fabbricanti di “notizie false” promuovendosi come “la comunità fondata sulla realtà” (NPR), o sostenendo che stanno combattendo una giusta lotta contro l’ignoranza, come dimostrato dal nuovo slogan della testata del Post, “La democrazia muore nell’oscurità”. Il Times è rimasto al suo slogan “Tutte le notizie che vale la pena di stampare”, ma ha aggiunto una peculiarità nella terza pagina quotidiana, che elenca “i fatti notevoli del giornale di oggi” e ha preso a chiamare “bugie” le bufale dell’amministrazione Trump.
Lo scorso dicembre il Congresso ha approvato una nuova legge, prontamente firmata dall’allora presidente Barack Obama, che ha reso esecutivo un emendamento orwelliano alla Legge sulla Autorizzazione alla Difesa del 2017. Chiamata Legge sul Contrasto alla Disinformazione e alla Propaganda, questa misura assegna al Dipartimento di Stato, in concerto con il Dipartimento della Difesa, il direttore dell’intelligence nazionale e un’oscura organizzazione governativa sulla propaganda chiamata Broadcasting Board of Governors, il compito di creare un “centro per l’analisi dell’informazione e la risposta”. Il compito di questo nuovo centro, finanziato da un budget di 160 milioni di dollari su due anni, sarebbe quello di raccogliere informazioni sulla “propaganda straniera e i tentativi di disinformazione” e “migliorare proattivamente le narrazioni basate sui fatti che supportano gli alleati e gli interessi degli Stati Uniti”.
Cosa sono le “fake news”? Il bersaglio continua a muoversi
Tutto questo potrebbe sembrare ridicolo, ma come giornalista che ha lavorato in questo campo per 45 anni, sia nei giornali mainstream che nella televisione e nei media alternativi, e come pubblicista di lunga data che ha scritto per pubblicazioni diverse come Business Week, The Nation, The Village Voice e un sito di notizie gestito collettivamente, chiamato ThisCantBeHappening.net, ho osservato come questa ossessione per le “notizie false” si sia trasformata in un attacco alle notizie alternative e alle organizzazioni che le riportano.
Il 24 novembre scorso, il Washington Post ha pubblicato un articolo da prima pagina in stile maccartista dichiarando che circa 200 siti di notizie sul web erano in realtà “fornitori di propaganda pro-russa” consapevoli o involontari. L’articolo, scritto dall’inviato sulla sicurezza nazionale del Post Craig Timberg, si basava sul lavoro di un gruppo ambiguo, chiamato PropOrNot, i cui proprietari-organizzatori erano stati tenuti anonimi da Timberg e le cui fonti di finanziamento non erano dichiarate. PropOrNot, ha scritto Timberg, aveva elaborato un elenco di siti che secondo il gruppo stava facendo circolare “propaganda pro-Russia”.
Per uno dei siti dell’elenco, il noto giornale di sinistra Counterpunch, fondato decenni fa dall’ex editorialista di The Village Voice e The Nation Alexander Cockburn, PropOrNot ha portato due articoli a giustificazione della sua nomina. Uno di questi articoli era mio. Era un pezzo che avevo scritto per ThisCantBeHappening, e che era stato ripubblicato a mio nome da Counterpunch. Il recensore, l’ufficiale in pensione dell’intelligence militare Joel Harding (che ho scoperto essere legato a Fort Belvoir, vicino Washington, che è sede del Comando dell’Esercito USA per le Operazioni sulle Informazioni, o INSCOM), ha etichettato il mio articolo come “assurda propaganda pro-russa”.
In realtà, l’articolo era una semplice relazione delle conclusioni del 29 settembre 2016 da parte dall’indagine congiunta olandese-australiana sull’abbattimento sopra l’Ucraina di un jumbo jet passeggeri malese nel luglio 2014; l’indagine aveva concluso che la Russia era colpevole. Nell’articolo notavo che questa indagine non era legittima perché si sapeva che due nazioni – Russia e Ucraina – possedevano i missili e i lanciatori Buk che avevano abbattuto l’aereo, ma solo ad una di esse, l’Ucraina, era stato permesso di portare prove. Le prove offerte dalla Russia in questo caso erano state ripetutamente respinteIl rapporto evitava anche di menzionare che il governo ucraino aveva ottenuto il potere di veto su tutte le conclusioni raggiunte dagli investigatori.
Il resoconto era una “fake news” o propaganda? Niente affatto.
In questo caso le notizie false sono state quelle scritte e trasmesse su quella terribile tragedia da quasi tutti i media americani, tra cui il Times, il Post e tutte le principali reti. Tutti questi media continuano a dichiarare come se fosse un fatto accertato che un missile Buk russo ha abbattuto quell’aeroplano, anche se non è stata condotta nessuna indagine onesta. (Tecnicamente è vero che i missili Buk sono tutti “russi”, in quanto sono stati fabbricati tutti in Russia. Il non detto è che i militari ucraini avevano lanciatori Buk perché la loro nazione faceva parte dell’Unione Sovietica e loro avevano continuato ad acquistarli dopo l’indipendenza).
 
La forma più sciatta di critica ai media
“Etichettare le notizie che non ti piacciono come “notizie false” è la forma più sciatta di critica ai media”, afferma Jim Naureckas, redattore di Fairness and Accuracy In Reporting, una rivista di giornalismo di New York. “È come mettersi le dita nelle orecchie e canticchiare ‘la la la’ a voce alta. Sia il governo che i media istituzionali hanno delle ragioni per non volere che il pubblico conosca dei punti di vista che sono una minaccia al loro potere”.
 
Mentre Kellyanne Conway ha affermato il suo diritto di offrire “fatti alternativi” come un modo per giustificare l’essere stata sorpresa a mentire, esistono anche fatti alternativi reali, ma che non sono riportati dai media istituzionali. Un esempio classico è stato all’inizio dell’invasione statunitense dell’Iraq, quando tutti i media istituzionali hanno riferito che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa e stava tentando di sviluppare una bomba nucleare.
C’erano molte organizzazioni di notizie alternative che hanno citato gli ispettori delle Nazioni Unite, che sostenevano che niente di tutto ciò era vero e che non c’erano armi di distruzione di massa né programmi per la loro creazione in Iraq, ma sono stati semplicemente oscurati dai media istituzionali come il Times, il Post e le principali reti di notizie .
In questi giorni un’altra storia dubbia è che i russi “hackerarono” il server del Comitato Nazionale Democratico (DNC). Forse è andata in questo modo, ma in realtà il vasto sistema di intelligence che gli USA hanno costruito per monitorare tutte le telecomunicazioni nazionali ed estere non ha offerto alcuna prova reale di un simile tipo di attacco. L’avvocato per la sicurezza nazionale William Binney e l’analista in pensione della CIA, Ray McGovern, hanno suggerito che alcune prove indicano che deve essere stato coinvolto un membro del DNC.
Ci sono certamente notizie false in tutto il mondo, e cospirazionismi infondati dilagano incontrollati sia a sinistra che a destra. Ma troppo spesso articoli come il mio citato da PropOrNot (un vero fornitore di notizie false!) sono stati etichettati come propaganda – in quello che Naureckas afferma semplicemente essere “l’uso dell’ironia come meccanismo di difesa” – da parte di organizzazioni di notizie effettivamente colpevoli di pubblicare davvero notizie false, come ha fatto il Post con lo “scoop” della sua lista nera di PropOrNot.
Quello che il governo e i media istituzionali stanno cercando di fare, con l’aiuto delle grandi società internet”, sostiene Mickey Huff, direttore dell’organizzazione Project Censored in California “fondamentalmente è chiudere i siti di notizie alternative che mettono in discussione la posizione comune dei media sui temi”.
Un’ampia minaccia per i media online
Questa è una minaccia per qualsiasi organizzazione online di news, inclusa questa, che dipende dall’uguaglianza di accesso a Internet e dalle alte velocità di download. Secondo le accuse di Huff, ci sono già resoconti secondo cui Facebook sta rallentando alcuni siti che hanno collegamenti alla sua piattaforma, in una risposta sbagliata alle accuse di aver venduto spazio pubblicitario alle organizzazioni legate al governo russo accusate di aver tentato di influenzare le elezioni presidenziali dello scorso novembre.
 
La fine della neutralità di Internet, ovvero l’uguale accesso ad alta velocità a Internet per la navigazione e il download che è stato garantito a tutti gli utenti – ma che è ora attaccata dall’amministrazione di Trump, dalla sua Commissione Federale delle Comunicazioni e da un Congresso a guida repubblicana – renderebbe molto più facile il verificarsi di questa chiusura dei media alternativi.
 
La vera risposta, naturalmente, è che i lettori e gli spettatori di tutti i media, mainstream o alternativi, diventino consumatori critici di notizie. Ciò significa non solo leggere gli articoli criticamente, incluso questo, ma cercare molteplici fonti di informazione sulle questioni importanti. Basarsi solo sul Times o il Post, o su Fox News o NPR, ti lascerà denutrito a livello informativo – non solo non informato, ma disinformato. Anche se dovessi leggere entrambi i giornali e guardare entrambe le reti, spesso saresti lasciato con una versione incompleta della verità.
Per arrivare alla verità, dobbiamo anche controllare le fonti alternative di informazione, sia di sinistra, di destra o di centro – e dobbiamo mantenere la distinzione critica tra punti di vista impopolari o non ortodossi e bugie sfacciate o propaganda. Senza una simile distinzione, e la libertà di prendere tali decisioni per noi stessi, mantenere la democrazia sarà impossibile.
di Dave Lindorff, 11 novembre 2017 di Saint Simon – novembre 14, 2017

La BCE propone di metter fine alla protezione dei depositi di Henry Tougha – novembre 21, 2017

draghi end depositZeroHedge pubblica un articolo su un pericoloso provvedimento, già a lungo paventato, ma ora probabilmente in via di attuazione, che rimuove ogni garanzia sui depositi bancari (anche al di sotto di 100.000 euro). La logica prevalente nella UE è che, tutto mascherato dietro la tutela dei “contribuenti”, anche i piccoli risparmiatori si possano considerare alla stessa stregua degli azionisti, e attaccabili in un eventuale bail-in. Per tutelarsi dal rischio di una corsa agli sportelli infatti, secondo la BCE, non ha senso mantenere la piena libertà di accesso ai conti, che potrebbero venire congelati a prescindere dal loro ammontare.
di GoldCore, via ZeroHedge, 20 novembre 2017
È “opinione della Banca Centrale Europea” che il programma di protezione dei depositi non sia più necessario:
La copertura dei depositi protetti e dei crediti  soggetti al programma di compensazione degli investitori dovrebbe essere sostituita da esenzioni discrezionali limitate concesse dall’autorità competente al fine di mantenere un certo grado di flessibilità“.
Per tradurre dal gergo “legalese” dei burocrati della BCE, questo può significare che l’attuale soglia dei depositi di 100.000 euro, attualmente protetti in caso di bail-in, potrebbe presto venire meno. Ma non preoccupatevi amici risparmiatori, perché la BCE è del tutto consapevole della rivolta che questo potrebbe causare, per cui sono stati così gentili da proporre quanto segue:
durante il periodo di transizione, i depositanti dovrebbero avere accesso a un ammontare dei loro depositi garantiti adeguato a coprire il loro costo della vita entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta
Che sollievo, dovrete aspettare solo cinque giorni prima che qualche “autorità competente” giudichi quale sia l’ “ammontare adeguato” che vi spetta del vostro denaro affinché possiate mangiare, pagare le bollette e andare al lavoro.
Quanto sopra è tratto da un documento della BCE pubblicato l’8 novembre 2017 e intitolato “Sulla revisione del quadro di gestione di crisi nell’Unione“.
 
È un documento lungo 58 pagine, delle quali la maggior parte sono emendamenti proposti al quadro di gestione delle crisi nell’Unione, nonché l’attuale testo delle Direttive sui Requisiti dei Capitali (CRD). È abbastanza noioso  da leggere, ma ci sono certi passaggi cruciali che dovrebbero far suonare un allarme. È evidente che una volta ancora la banca centrale può manipolare le situazioni ben oltre i limiti della politica monetaria. È anche una lezione per i risparmiatori, affinché diversifichino i loro beni al fine di ridurre la propria esposizione ai rischi delle controparti.
Bail-in, a chi servono?
Secondo il documento di Revisione della Stabilità Finanziaria, lo strumento di bail-in della UE è benvenuto in quanto:
 
“…contribuisce a ridurre il carico sui contribuenti nella risoluzione di grandi istituzioni finanziarie di peso sistemico, e mitiga alcuni degli incentivi all’azzardo morale delle istituzioni “too-big-to-fail” [troppo grandi per fallire, NdT].”
Come abbiamo discusso in passato, siamo confusi dall’apparente separazione tra i “contribuenti” e quelli che hanno messi i loro sudati risparmi in una banca. Dopotutto, non sono anche loro contribuenti? Questo non importa, dice Matthew C. Klein sul Financial Times, che recentemente ha sostenuto che “i bail-in sono teoricamente preferibili perché preservano la disciplina di mercato senza causare danno indebito a persone incolpevoli“.
In definitiva i bail-in sono fatti affinché le banche centrali possano continuare a far proseguire il gioco del denaro facile e dell’irresponsabilità. Questi sono stati sanciti perché, anziché risolvere i problemi e imparare la lezione dal caos avvenuto coi bail-out di quasi un decennio fa, si è deciso di inventare un metodo di aiuto alle banche ancora più grande, per rattoppare il sistema.
“I bailout, al contrario, sono ingiusti e inefficienti. I governi tendono a ricorrervi, tuttavia, a causa di una malriposta preoccupazione di “preservare il sistema”. Questo alimenta i (giustificati) risentimenti sul fatto che le élite si preoccupino più di proteggere i propri amici che di aiutare la gente normale” – Matthew C. Klein.
 
Che dire quindi della gente normale che ha depositato i propri soldi in banca, credendo che fossero al sicuro da un’altra crisi finanziaria? Non sono forse “incolpevoli” e non meritano anche loro protezione?
 
Klein ha scritto il suo ultimo pezzo sui bail-in appena una settimana prima di questo ultimo articolo della BCE. Per correttezza verso Klein, al momento in cui scriveva i depositanti con meno di 100.000 euro in banca erano protetti secondo i termini delle regole di copertura dei depositi della BCE.
 
Eppure già questo ci sembrava assurdo, in quanto ritenevamo discutibile che i soldi di chiunque, depositati in banca, potessero essere improvvisamente prelevati per sostenere un’istituzione in crisi. Abbiamo regolarmente fatto notare che, sebbene ci sia attualmente un livello dei depositi protetto che non dovrebbe essere svuotato, questa situazione potrebbe cambiare nel giro di un minuto.
 
Gli ultimi emendamenti proposti suggeriscono che questo sia proprio ciò che sta per succedere.
 bce11
Perché cambiare le regole del bail-in?
La proposta di emendamento di 58 pagine della BCE prosegue, ed è circa a metà che ci si imbatte nel suggerimento che i “depositi protetti” non debbano più essere garantiti. Quanto segue è ciò che viene determinato dalla BCE nella preoccupazione di una possibile corsa agli sportelli delle banche in via di fallimento:
 
Se il fallimento di una banca appare imminente, un numero sostanzioso di depositanti protetti potrebbe comunque ritirare i propri fondi all’istante, in modo da garantirsi un accesso ininterrotto o perché non hanno più fiducia nel sistema di garanzie.
Questo potrebbe essere particolarmente fatale per le grandi banche e provocare ulteriori crisi di fiducia nel sistema:
Questo scenario è particolarmente probabile per le grandi banche, dove il semplice ammontare dei depositi protetti potrebbe erodere la fiducia nella capacità dello schema di garanzia dei depositi. In un tale scenario, se l’ambito di applicazione della moratoria non include i depositi protetti, la moratoria potrebbe mettere in allerta i depositanti sul fatto che sia molto probabile che l’istituzione stia fallendo o sia in procinto di fallire.
Pertanto, argomenta la BCE, la moratoria attuale che protegge i depositi potrebbe essere “controproducente”. (Per le banche, ovviamente, non per le persone a cui il denaro appartiene veramente):
La moratoria pertanto sarebbe controproducente, causando una corsa agli sportelli anziché prevenirla. Un tale esito sarebbe a discapito di una risoluzione ordinata delle banche, e questo potrebbe in definitiva causare un grave danno ai creditori e uno stress significativo sullo schema di garanzia dei depositi. In aggiunta, una tale esenzione potrebbe portare a un trattamento peggiore per le banche finanziate dai depositanti, dato che dovrebbe essere preso in considerazione al momento di determinare la gravità della situazione della banca quanto a liquidità. Infine, qualsiasi potenziale impedimento tecnico potrebbe richiedere ulteriori valutazioni.
 
La BCE propone invece che “certe salvaguardie” siano messe in atto per permettere una restrizione all’accesso ai depositi… per non più di cinque giorni lavorativi. Ma vediamone la durata:
 
Pertanto, un’eccezione all’applicazione della moratoria per i depositanti protetti getterebbe seri dubbi sull’utilità complessiva dello strumento. Invece di imporre un’esenzione generale, la BRRD dovrebbe includere certe salvaguardie per proteggere i diritti dei depositanti, tra cui una chiara comunicazione su quando possa essere riottenuto l’accesso e una restrizione della sospensione a un massimo di cinque giorni lavorativi, per evitare un uso cumulativo da parte dell’autorità competente e dell’autorità di risoluzione.
Anche dopo aver studiato e letto sui bail-in per un anno sono ancora orripilato all’idea che qualcosa del genere venga ritenuto preferibile e più giusto rispetto ad altre soluzioni, e in particolare a un aggiustamento del sistema bancario. I burocrati che gestiscono la UE e la BCE sono ancora ciechi alle sofferenze che le loro proposte possono causare e hanno già causato.
Guardate l’Italia per prevenire i danni
Nello stesso articolo abbiamo sottolineato quanto gli italiani fossero esposti verso il sistema bancario. Oltre 31 miliardi di euro di obbligazioni subordinate erano state vendute a ordinari risparmiatori, investitori e pensionati. Sono questi i titoli che verranno risucchiati e portati via ogni volta che una banca crolla.
Uno studio del Fondo Monetario Internazionale del 2015 ha trovato che per la maggior parte delle 15 maggiori banche italiane un salvataggio “implicherebbe un bail-in dei piccoli investitori e del debito subordinato“. Solo due terzi del potenziale bail-in colpirebbe gli obbligazionisti senior, cioè coloro che più probabilmente sarebbero investitori istituzionali e non pensionati con pochi fondi.
 
Perché è proprio così? Come abbiamo spiegato in precedenza:
 
Gli obbligazionisti vengono visti come creditori. Lo stesso tipo di creditori che le regole UE ritengono responsabili dei fallimenti finanziari delle banche, e distinti dai contribuenti. Questo è lo scenario del bail-in.
 
In uno scenario di bail-in i titoli junior detenuti dai piccoli investitori sono i primi a essere colpiti. Quando la più antica banca del mondo, Monte dei Paschi di Siena, è crollata, persone comuni (che sono anche contribuenti) detenevano 5 miliardi di euro di debito subordinato. Tutto svanito.
Nonostante il più grande bail-in della storia sia avvenuto dentro la UE, poche persone hanno prestato attenzione e protestato contro queste misure. Un bail-in non è cosa esclusiva dell’Italia, ma è possibile per tutti quelli che vivono e hanno conti in banca nella UE.
 
Ciononostante, fino a questo punto non ci sono state proteste. Non stiamo parlando di proteste per le strade, stiamo parlando di proteste là dove vi fa più male, per il vostro denaro.
bce12
Come abbiamo visto dalle risposte della UE alla Brexit e alla Catalogna, ai funzionari non importa un fico secco dei reclami dei loro cittadini. Per cui quando si tratta delle banche, analogamente,  ha poco senso esprimere disgusto. Invece, gli investitori devono prendere i loro beni e valutare quale sia il modo migliore di proteggere i propri risparmi dalla tirannia delle politiche della banca centrale.
 
Per rinfrescarvi la memoria, la BCE sta proponendo che in caso di bail-in  vi sia data una quota dei vostri stessi risparmi. Una quota che riguarderebbe:
 
“…durante il periodo di transizione, i depositanti dovrebbero avere accesso a un ammontare dei loro depositi garantiti adeguato a coprire il loro costo della vita entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta”

“L’UE prevede miliardi di spesa per la mobilità militare in Europa”

Si capisce perché la stampa per nni li ha sbeffeggiati definendoli burattini di Grillo, ora che si sono smarcati, sono liberi di essere omologati e plasmati come come piace al sistema, liberi di fare marcette per la legalità insieme al Pd (ad Ostia per esempio dove il comune fu sciolto per infiltrazioni mafiose della giunta PIDDINA) che tanto professano di combattere.
Vedi anche il comunicato della Ue con il quale annuncia tale decisione per ovviamente difendere i propri cittadini (liberazione dei paesi baltici..) …che cara la dolce Ue, quanto ama i suoi popoli…. E tu cittadino europeo paga le tasse, spilorcio evasore populista!

“L’UE prevede miliardi di spesa per la mobilità militare in Europa”
(Notizie dal Deutsche Wirtschafts Nachrichten) L’UE  è diventata la  NATO
 mogherini-stoltenberg
L’UE vuole semplificare la mobilità militare in Europa con miliardi di spesa. Il generale degli Stati Uniti Hodges chiede la libera circolazione per le forze armate NATO
“[…]  …Il generale Hodges  pone come obiettivo strategico militare della NATO in Europa: “È di enorme importanza strategica che le forze armate in Europa possano muoversi liberamente e senza ostacoli. Dobbiamo essere in grado di muoverci più velocemente  delle forze russe…. in caso di emergenza come ad esempio, una guerra di liberazione nei Paesi Baltici. “Hodges non spiega quali alternative militari la NATO vede nei confronti della Russia.
[.Ovviamente] Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha affermato che la mobilità militare tra i paesi dell’UE dovrebbe essere ulteriormente rafforzata in cooperazione con la NATO.
[..]  L’iniziativa PESCO (“Cooperazione strutturata permanente”) riguarda l’approfondimento della cooperazione militare UE nel settore della sicurezza.Coinvolgerà 23 su 28 stati. Non saranno coinvolti: Regno Unito, Malta, Portogallo, Danimarca e Irlanda.
Per finanziarlo,  la Commissione europea scrive: “Entro il 2020, la Commissione assegnerà fondi al Fondo europeo di difesa per un importo di 590 milioni di euro. La Commissione propone di stanziare almeno 1,5 miliardi di euro all’anno dal 2020 in poi. Il Fondo non è destinato a sostituire gli investimenti nel settore della difesa degli Stati membri  [dunque vi si aggiunge ma a consentire e accelerare la loro cooperazione. Insieme ai contributi finanziari degli Stati membri a progetti di sviluppo congiunti, il Fondo potrebbe generare un investimento totale annuo nella ricerca e nello sviluppo delle capacità nel settore della difesa di 5,5 miliardi di euro segue i seguenti obiettivi:
– Aumentare il bilancio della difesa di ogni paese dell’UE
 
– Aumento del 20% della spesa militare per il bilancio della difesa
 
– Finanziamento congiunto di progetti di difesa da parte del Fondo europeo di difesa
 
– Aumentare la spesa per la ricerca  nella difesa  al 2%
 
– Migliorare l’interoperabilità delle forze armate nazionali e dei loro sistemi d’arma
 
– Finanziamento congiunto delle missioni della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)
 
 
  • Rafforzare la cooperazione nella difesa informatica
 
[AEI: la centrale della lobby israeliana che ha concepito l’11 Settembre, ndr.]) ha affermato in un’analisi che il governo degli Stati Uniti dovrebbe sostenere la PESCO e chiedere ancora di più agli europei. L’AEI ha dichiarato: “In concomitanza con il modesto Fondo europeo di difesa lanciato all’inizio di quest’anno, il PESCO rappresenta un passo nella giusta direzione e nell’interesse degli Stati Uniti. Un approccio europeo comune agli impegni di difesa è un presupposto necessario perché il “pilastro europeo” della NATO mostri il suo peso “.
 
MB.:
 
Dunque la NATO e la UE ci stanno per  lanciare in una “guerra di  liberazione dei paesi baltici”. Occorre sapere – perché mai ve l’hanno detto – che  –    mentre la UE  l’ONU e El Papa esigono da noi italiani che accogliamo tutti  i clandestini negri che sbarcano qui, e diamo loro la cittadinanza per jus soli –   l’Estonia e gli altri baltici negano  impunemente  il passaporto e il diritto di voto alle elezioni politiche –  dunque la cittadinanza piena –  alla minoranza  nata lì, che ha la colpa di parlare russo In pratica i russi abitanti in Estonia sono prigionieri nel paese.    Una odiosa discriminazione  basata sulla lingua, su cui la UE non ha niente da eccepire – mentre s’ingerisce di come noi trattiamo gli immigrati  e gli LGBT.  Non dobbiamo discriminare  i sodomiti, ma è normale   per i baltici discriminare i russofoni. Insomma, l’ennesima dimostrazione che la UE è una organizzazione criminale, che stupra i principi del diritto  che lei stessa si è data,  imponendoli ad alcuni e non ad altri, viola il principio di uguaglianza politica e sociale  all’interno della sua compagine.
 
Mosca sta facendo di tutto per allentare la paranoia dei baltici:  Putin quest’anno ha presenziato alla celebrazione del centenario dell’indipendenza di Finlandia, ricevuto con le premure del casoda presidenbnte Ninisto. All’Estonia, un “alto funzionario russo” ha fatto sapere che Mosca gradrebbe l’invito per il prossimo centenario dell’indipendenza…
 
Altri titoli interessanti sul Deutsche Wirtschafts NAchrichten: GEOPOLITICA
Il Pentagono rifiuta di riferire sull’accordo USA con l’IS
La BBC riporta un accordo americano con la milizia terrorista IS. Il Pentagono rifiuta il rapporto come falso.
Migliaia di proteste contro Siemens per la perdita di posti di lavoro
A Siemens  comincia  l’ondata di proteste contro lo smantellamento di quasi 7.000 posti di lavoro e la chiusura di diversi stabilimenti . A Offenbach, circa 600 impiegati e sindacalisti hanno protestato contro i piani minerari per la divisione di centrale elettrica di venerdì, che li ha visti soli a minacciare 700 posti di lavoro,
BCE: la protezione dei depositi può essere sospesa in caso di crisi
la Banca centrale europea (BCE ) discute l’abolizione dei sistemi di garanzia dei depositi in vigore attualmente  nei paesi dell’area dell’euro . La relazione è stata preparata su richiesta del Consiglio dell’UE e del Parlamento dell’UE e intende presentare le opinioni della BCE su questioni finanziarie quali la protezione dei depositi, gli obblighi di riserva bancaria, il rischio di controparte e il rischio di mercato.
 
 
La BCE sembra essere in procinto di sospendere l’accesso dei clienti delle banche ai loro risparmi per un certo periodo di tempo e di consentire loro solo di ritirare importi “per soddisfare le loro esigenze quotidiane. “
 
Ormai da diversi mesi, nell’Unione europea sono in corso dei piani su come le banche possano essere congelate per diversi giorni in caso di bancarotta. Il capo dell’Amministrazione bancaria europea, Elke König, vuole fare un ulteriore passo in avanti. Martedì, chiede che in caso di minaccia di bancarotta, le banche dovrebbero essere completamente congelate con tutti i loro conti attivi e passivi
Secondo il  regolamento per le banche dell’area dell’euro ,  in vigore dall’inizio del 2016, è previsto  che  incombenti carenze finanziarie presso le banche devono prima essere mitigati con prestiti creditori subordinati, crediti azionari e risparmi  dei clienti  fino all’8% del patrimonio totale della banca prima che possa essere utilizzato il denaro delle imposte”.
18 novembre 2017

E SE LA UE FOSSE IN RECESSIONE DEL -3%?

ma non è vero, la Ue è il templio dei popoli….vive per far star bene i popoli, ah ma alleuro-symbol-recession-graph-drawingora è populista?
 

“La   crescita accelera, ha raddoppiato le previsioni: erano dell’0,8%, la realtà sarà di una Italia che crescerà probabilmente dell’1,8%  non siamo  più il fanalino di coda della UE”, sta ripetendo in questi giorni Gentiloni come da istruzioni.  I loro ministri Padoan  e l’israeliano  Yoram Gutgeld, commissario alla Spending review e deputato Pd, sono tutti impegnati a  rimbeccare il finlandese Katainen, vicepresidente   della Kommissjia Evropeski  che gli ha dato  dei bugiardi: “La situazione in Italia non migliora. Tutti gli italiani dovrebbero sapere qual è la vera situazione economica in Italia” ossia che i conti pubblici non migliorano…. in Paesi dove ci sono le elezioni i cittadini meritano di sapere qual è la situazione in modo da poter scegliere liberamente”. In attesa che ci dica  Katainen chi dobbiamo votare, notiamo che probabilmente  anche lui non dice la verità. Non lui, non la UE, non la Banca Centrale, non Berlino,   che ci dicono che l’Europa è in ripresa,  che la Germania cresce del 2,2%, eccetera eccetera.
Ma quale crescita dell’1,8 e o del 2,2!  L’Europa sta calando del 3,2 % almeno. Ciò, secondo l’economista Charles Sannat.  Ha   letto un documento della banca centrale europea che  vanta  di aver aumentato – a forza di “stampa”  – la massa monetaria M1 (le banconote circolanti e i depositi a vista)  del 9%   all’anno, e  la massa monetaria M3 (oltre M1,  tutto ciò che la speculazione  crede “monetabile”)  del 5% annuo.
Ora, c’è un  rapporto diretto fra massa monetaria immessa nel sistema, e crescita di quel sistema.  “Quando si fa 1,8% di crescita mentre la  massa monetaria aumenta del 5%, equivale a dire che si è in recessione del 3,2”
Non so fino a che punto si possa stabilire una relazione così meccanica, ma certo Sannat coglie un punto e la sua uscita spiega molte cose. Spiega come mai,  nel  pieno della “rigogliosa crescita tedesca”,   il gigante Siemens sta tagliando 6900  posti di lavoro, di cui 6100 nella divisione elettrica, e 2600 in Germania – nonostante  un “anno record, 6,2 miliardi di profitti, in aumento dell’11 per cento, e 83 miliardi di euro di cifre d’affari”.  Spiega come mai in Francia, nonostante la crescita dell’1,8 per cento, il tasso di disoccupazione cresciuto anche il terzo trimestre, in  Lombardia –  Lombardia! –  portano i libri in tribunale aziende  leader di mercato mondiale in produzioni d’alto livello tecnologico
“il crollo della materie prime scuote le borse asiatiche per via dalla domanda cinese che si sta indebolendo” (così il Deutsche Wirtschaft  Nachrichten ….  E soprattutto mentre  Wall Street sale e sale in trionfo (alimentato dai padroni che con il denaro prestato dalla Federal Reserve comprano le proprie azioni), però  le azioni General Electric crollano. “E storicamente quando General Electric collassa, è   il preludio a  un crollo generale” dell’economia reale.
Chissà perché, con tutta questa ripresa, con tutta questa massa monetari iniettata da Draghi nel sistema. Una massa monetaria che poi le imprese, in Italia, mica vedono. Le banche non la mettono in circolo. Sarà che, come dice Sannat, “la natura stessa del capitalismo è deflazionista”. Sarà che quando diciamo che la BCE  crea liquidità “stampando”, usiamo una  vecchia  metafora che,  come sapete, non vale più: la moneta oggi si crea “indebitando”  qualcuno, che paga gli interessi.   E  questo è oggi “il prezzo reale della crescita: 1 euro  di crescita costa  oggi 3,57 euro di debiti”.
Magari c’entra un pochettino anche il fallimento dell’euro:  prometteva crescita aggiuntiva  (ricordate Prodi?) e invece ha apportato agli europei miseria e in  più,asservimento.
Un curioso servizio della AFP spiega come negli anni  ’90 ci fossero  nel mondo molti progetti di moneta unica: in Sudamerica stavano per farla i paesi del Mercosur,  in Asia quelli dell’Asean, ci  pensavano diversi paesi africani, la volevano ad ogni costo le sei monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo  (pensate: Arabia Saudita e Qatar…). Piccole nazioni intendevano così acquistare importanza geopolitica, darsi una  politica monetaria indipendente e  non agganciata al dollaro –  guardavano con caldo interesse all’Europa, che stava lanciando   la prima unione monetaria del dopoguerra:  una delle zone più ricche del mondo,  la  più colta e civile,  con la classe politica più evoluta, gli economisti più intelligenti  e i tecnocrati più brillanti – un modello da seguire.
Ebbene: visti i risultati del “modello”,  tutti i progetti monetari di cui sopra  sono stati messi in frigorifero.  Hanno visto in corpore vili (il nostro) che “le unioni monetarie  sono complicate da costruire, ma anche da mantenere”,  che esse richiedono il totale abbandono della sovranità monetaria, ossia l’abbandono di un margine di manovra, di possibilità d’azione, in una parola di libertà di cogliere congiunture economiche.  Hanno visto che il prezzo  di questo sacrificio è stato  che “da un decennio gli europei hanno sofferto di difficoltà economiche e, con certi paesi che hanno sofferto di  terribile recessione e disoccupazione molto elevata”, ed hanno rinunciato alla moneta unica. Beati loro.

Altro che pagarci le Pensioni. Scoperta Incredibile, ecco cosa combinano le Imprese dei Migranti!

numeri-falsi-immigrazioneci sono evasori ed evasori. Confesercenti populista, condanniamola per incitamento all’odio..Meno male che le autorità antirazziste chiudono un occhio, eguaglianza fino a che non si ledono gli affari delle cosche tanto care al governo di mafia capitale che fa le marcette per la legalità. Dai su, domani sta notizia sarà classificata come “fake news”
 

Ci è sempre stato detto che i Migranti servono, che il nostro sistema pensionistico è al collasso e che per riprendersi ha bisogno dei migranti, il cui lavoro ci aiuterebbe in futuro a pagarci le pensioni.  Ma la notizia che giunge nuova potrebbe mettere in dubbio tutto questo, e far cadere anche l’ultima convinzione.
Sì perché Confesercenti ha rilasciato delle statistiche che mostrerebbero una realtà davvero agghiacciante.
Ma andiamo per ordine. Stiamo parlando di imprese, aziende, o comunque, attività che sono state aperte qui in Italia da immigrati.
Confesercenti dice che ci sono ben 70.421 aziende aperte da stranieri che risultano irregolari.
In molti casi sono semplicemente usate come copertura per ottenere i permessi di soggiorno.
E così mentre sempre in questi giorni la Caritas dice che i giovani e giovanissimi (18-34 anni) versano in tragiche condizioni, basti pensare che essi possono contare su meno della metà della “ricchezza” di cui godevano i loro coetanei solo nel 1995, veniamo a sapere anche quest’altra novità.
 
Ci aveva sempre detto che i migranti erano risorse, che grazie a loro avremmo vissuto meglio anche noi. Eppure ora viene fuori un’altra realtà. Ben l’83% delle attività di commercio ambulante aperte da migranti è irregolare.
Queste 70.421 aziende non pagano nemmeno i famosi contributi all’INPS che ci servirebbero per pagarci, le così tante famose, pensioni. E per capire l’enorme gravità della cosa basti guardare ai prossimi dati.
In regioni come la Calabria questo tipo di attività di stranieri, rappresenta ben il 70% delle attività commerciali della Regione, quindi stiamo parlando mica di bruscolini, ma un vero e proprio giro milionario di evasione fiscale.
Quindi oltre il danno, la beffa, perché queste attività oltre ad essere una forte concorrenza, molto spesso anche sleale, verso i negozianti italiani, sono anche irregolari e non aiuteranno giammai gli italiani a ricevere, in futuro, la tanto agognata pensione. Questa è la situazione. E c’è chi preferisce fare orecchi da mercante, e tapparsi gli occhi.
 
Fonte: edizione odierna de “La Verità”, pagina 1 e 3
Foto CreditQui
Maura Alpaca Bathory su fb
In Italia, secondo Confesercenti, l’83% delle attività commerciali gestite da immigrati (pari a 70.421 Imprese) , sono irregolari e non versano nessun contributo all’Inps. Molte di queste vengono aperte solo per richiedere permessi di soggiorno o usate come tramite per spaccio di droga.
 
In un Paese che si presta a votare lo ius soli, paventando un inesistente diritto umanitario, lasciamo che ci siano piccoli Imprenditori italiani costretti a chiudere per mancanza di liquidità, Aziende trentennali, lasciando a casa decine di lavoratori, perchè strozzati dalle tasse, ma lasciamo che impunemente vengano aperte Imprese, gestite da stranieri, di dubbia legalità. Altro che lotta all’evasione.
 
Ora possiamo dormire tranquilli. La pensione non ce la pagherà nessuno. Neanche noi stessi.