Veronesi: “Sei povera? Valuta la maternità surrogata”

lo chiamano progresso
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di Ilaria Muggianu Scano | 8 dicembre 2015
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.Ai lettori più attenti non può esser passato inosservato il clamore sollevato dal recente articolo di biasimo a firma di Marina Terragni sulle pagine di “Io Donna”, inserto femminile de Il Corriere della Sera, circa alcune riflessioni espresse da Umberto Veronesi, oncologo di comprovata fama planetaria, sulla pratica dell’utero in affitto.
Scorrendo tra le pagine della recente autobiografia “Confessioni di un anticonformista“, pubblicata da Marsilio editore, leggiamo la dichiarazione esortativa che nelle ultime ore continua a spaccare le coscienze:
“Per una donna povera prestare il proprio utero a pagamento può essere l’occasione per migliorare sensibilmente il proprio tenore di vita, per aiutare i figli a pagare gli studi”.
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Il ricercatore italiano è noto in tutto il mondo per aver partecipato alla fondazione dell’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) e per aver avviato, nel 1973, una sperimentazione su 700 donne, conclusa otto anni dopo, al termine della quale veniva stabilito che davanti a un tumore di piccole dimensioni, non superiore ai due centimetri di diametro, la chirurgia conservativa sarebbe stata in grado di garantire percentuali di guarigione completa pari a quelle ottenibili con la mastectomia radicale, ovvero la rimozione totale della mammella. Riuscirà a dimostrare come salvare la vita della donna aggredita dal cancro e a come migliorarla dopo la malattia.
 
Umberto Veronesi, ex parlamentare e senatore a vita, anche in passato mai è stato ambiguo sulla sua posizione circa l’utero in affitto; nel sito della fondazione a lui intitolata il Ricercatore dichiarò nel novembre 2011: “Se facciamo un discorso ampio, si possono moltiplicare gli esempi di “affitto”. Il minatore che scende in miniera per ricavare il carbone prezioso alla società, “affitta” le sue braccia che usano il martello pneumatico. Anche lo scienziato che offre il suo cervello a pagamento affitta un suo organo. È certamente una visione forse troppo razionalizzata, che probabilmente scandalizza e fa arrabbiare, ma il fatto di “affittarsi” fa parte della nostra società“.
 
L’insorgere di un problema di natura etica è legato al fatto che in Europa non esista una regolamentazione giuridica circa la maternità surrogata, e nemmeno un dibattito in cui il ventre di una donna poverissima possa decretare la felicità di una famiglia tradizionale, senza suscitare il pensiero che la pratica avvenga secondo una piena libertà della gestante.
 
Intanto un fermo “no” e un appello contro la pratica dell’utero in affitto (in maniera indipendente dalle dichiarazioni di Veronesi) arriva, inaspettatamente, dalle donne del movimento femminista “Se Non Ora Quando”. A firmarlo numerosi volti noti del mondo dello spettacolo e della cultura, tra gli altri: Dacia Maraini, Francesca Neri, Stefania Sandrelli, Fabrizio Gifuni, Claudio Amendola e Aurelio Mancuso già presidente di Arcigay. L’appello recita: “Noi rifiutiamo di considerare la ‘maternità surrogata’ un atto di libertà o di amore. In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è qui: ‘committenti’ italiani possono trovare in altri Paesi una donna che “porti” un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione”.
 
La regista Cristina Comencini, dalle pagine di Repubblica di venerdì 4 dicembre è categorica sull’argomento: “Una madre non è un forno. Abbiamo sempre detto che il rapporto tra il bambino e la mamma è una relazione che si crea. Concepire che il diritto di avere un figlio possa portarti all’uso del corpo di donne che spesso non hanno i mezzi, che per questo vendono i loro bambini, riconduce la donna e la maternità a un rapporto non culturale, non profondo”.
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La maternità surrogata è sempre una forma di sfruttamento soggetta a ricatti e guadagni illeciti? Stati Uniti, Canada e Inghilterra hanno legiferato in merito alla Gpa, ottenendo che la donna che concede l’affitto del proprio utero disponga di una certa serenità economica in modo da scongiurare l’ipotesi di guadagno, al contrario di quanto invece aupica Veronesi. Limitazioni arrivano anche dai Paesi in via di sviluppo, dove la pratica è diffusissima da decenni, in seguito al rifiuto della coppia impegnata nella maternità surrogata, dopo la scoperta che la madre biologica ha dato alla luce un bimbo down.
C’è chi rifiuta che lo spazio sacro della maternità divenga oggetto di legge, e fonte di sopravvivenza in casi di totale indigenza, e non di una scelta legata all’etica individuale allontana da una seria riflessione sull’ipotesi di ogni forma di possibile tutela per qualsiasi persona chiamata a far parte del tessuto sociale, qualsiasi natale abbia avuto.
Veronesi: “Sei povera? Valuta la maternità surrogata”ultima modifica: 2015-12-10T21:32:27+01:00da davi-luciano
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