Inps, Boeri: tutte le risorse ai poveri, bene governo su pensioni

oooh che fortuna che si impone il governo dei giusti che lotta per i deboli….caspita si sono accorti che ci sono i poveri…..un bel passo in avanti ma chissà come mai si sono impoveriti….colpa della Germania magari….Ma ora il Pd salverà tutti dall’indigenza….forza difendiamo il terzo governo non eletto minacciato da Salvini…..
 
di: WSI | Pubblicato il 19 maggio 2015| Ora 16:17
 
“Vorremmo intervenire nella fascia critica tra i 55 e i 65 anni“. Interventi sotto 55 anni o reddito minimo? Quelle sono “scelte politiche”.
 
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Tito Boeri, economista e numero uno dell’Inps.
 
ROMA (WSI) – L’aumento della povertà che ha caratterizzato l’Italia negli ultimi anni, causa la crisi economica, poteva essere evitato. E’ quanto ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri, nel corso di un’audizione alla Commissione Affari sociali della Camera.
 
L’incremento di “un terzo” della povertà in sei anni “non era affatto inevitabile”, anche perchè “in altri Paesi con crisi comparabili” tale aumento non si è verificato. Il problema è che in Italia non esiste “un sistema di erogazione, trasferimenti alle famiglie in grado di contrastare efficacemente la povertà”.
 
Nei “sei anni” della crisi, ha sottolineato Boeri, le persone povere sono aumentate in Italia “da 11 a 15 milioni”, con la percentuale dei nuclei familiari “al di sotto” della “soglia di povertà che è salita dal 18 al 25%, aumentando dunque di un terzo”.
 
Di conseguenza, è “molto importante riflettere sull’eredità della crisi interminabile subita in questo paese” dove il “dato più grave è legato alla povertà”.
 
“E’ la povertà il problema centrale, molto più delle diseguaglianze tra i redditi in quanto tali”.
 
Boeri ha mostrato sostegno verso la decisione del governo Renzi di non restituire tutto quanto dovuto ai pensionati, dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla riforma Fornero. “Se il governo avesse impiegato 18 miliardi, il costo della sentenza della Consulta, per aumentare le pensioni, è chiaro che oggi la possibilità di adottare misure di contrasto alla povertà sarebbe stata molto più difficile”.
 
E “oggi in Italia la priorità è adottare misure di contrasto alla povertà”. Dunque, “tutte le risorse oggi disponibili devono andare alle fasce povere”.
 
Le proposte che arriveranno dall’Inps “parleranno principalmente di assistenza oltre che di previdenza, e in particolare dei nuovi poveri: la fascia dei 55-65 anni, di coloro che se perdono il lavoro poi non lo ritrovano. È un’emergenza sociale molto grave”, ha detto Boeri. “Entro il mese di giugno ci siamo impegnati a fornire risposte per l’asse assistenza-previdenza” e “vorremmo intervenire nella fascia critica tra i 55 e i 65 anni”: l’intervento è possibile, in quanto “possiamo farlo con risorse di cui oggi già si dispone”.
 
“Il problema centrale riguarda soprattutto le persone che hanno meno di 65 anni, è qui che abbiamo conosciuto l’aumento di povertà e manchiamo di strumenti di sostegno” quando queste persone perdono il lavoro.
 
Diverso il discorso sull’introduzione di “reddito minimo o di prestazione universale di contrasto alla povertà”; in questo caso su tratterebbe infatti di una “scelta politica”.
 
Sono “consapevole che abbiamo problemi seri anche al di sotto di questa soglia di età” (ovvero sotto i 55 anni), ma “lo spirito di queste proposte che noi formuleremo è di essere delle proposte che possono essere messe in pratica immediatamente con le sole forze ed energie di cui dispone l’istituto e con la strumentazione legislativa che verrà proposta”.
 
“Se vogliamo introdurre un reddito minimo sotto i 55 di età noi abbiamo bisogno di avere un’efficiente amministrazione delle politiche del lavoro e delle politiche attive”, ma tutto questo “in Italia purtroppo non esiste, in molte regioni non c’è; l’Inps non ha compiti riguardo a questo e non possiamo proporre cose che non sono immediatamente fattibili. Ci sono tante cose che si possono fare” per la fascia di età al di sotto dei 55 anni “ma lì ci vuole un intervento e delle scelte politiche a riguardo”.
 
Boeri ha riferito anche sui risultati dell’operazione bonus bebè, sottolineando che l’Inps ha ricevuto 15mila domande per l’erogazione dell’assegno mensile da 80 euro.

Fmi: per la Grecia pronta soluzione alla Cipro

il FMI sarà senz’altro colpa della Germania se impone l’austerità, è nota infatti la infinita bontà di questa associazione delle banche verso i deboli

di: WSI | Pubblicato il 20 maggio 2015| Ora 15:04
 
Ultimatum: prendere o lasciare. Moody’s ventila ipotesi controlli di capitale. Eurogruppo respinge ancora piano di bilancio: D-day il 5 giugno.
 
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Ultimatum dell’Fmi: prendere o lasciare. È una soluzione alla Cipro. Leader europei respingono ancora una volta il piano di bilancio greco.
 
ATENE (WSI) – Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato alla Grecia una sorta di ultimatum alla Cipro, della serie prendere o lasciare. Il tempo stringe e se i creditori e il governo, che ha già fatto sapere che non farà concessioni sulle ‘linee rosse’ indicate su pensioni, salario minimo e privatizzazioni, non troveranno un’intesa la soluzione dell’istituto di Washington sarebbe drastica.
 
Nel caso di Cipro, il governo fu messo davanti a una scelta: ristrutturare il sistema bancario, imporre controlli di capitale e ottenere i prestiti dal Fondo oppure andare avanti da sola con le proprie forze finanziarie. L’isola del Mediterraneo, che ha un debito irrisorio rispetto ai 330 miliardi di Atene, scelse la prima via. Il governo deve inoltre 80% di quella somma a diversi enti pubblici europei e al Fmi.
 
La stessa agenzia di Moody’s ha osservato, che dal momento che le pressioni difficilmente si allenteranno nei prossimi mesi, ci sono “elevate probabilità che vengano imposte restrizioni sui capitali e blocchi sui depositi”. L’agenzia di rating dice in un’analisi che preoccupa il “grave deterioramento” che coinvolge liquidità e accesso ai finanziamenti delle banche elleniche. L’outlook è negativo sul rating creditizio del settore.
 
Nel frattempo i leader europei hanno respinto ancora una volta il piano di bilancio greco e ora il governo dovrà presentare nei prossimi giorni una lista di riforme più convincente e decisa. Un portavoce della Commissione Ue ha detto ieri che ci vorrà ancora tempo per ridurre le differenze tra le due parti interessate. Atene non riceve soldi da Ue e Fmi da agosto 2014.
 
Nonostante le innegabili persistenti difficoltà, sui negoziati per la verità il governo e la troika hanno dispensato ottimismo ultimamente, con il primo che spera di raggiungere un accordo con i creditori entro una settimana. Motivo per il quale la Borsa di Atene è salita ieri sui massimi dal 6 marzo e i bond europei sono poco variati, in una seduta che si preannuncia stabile.
 
Non rimane molto tempo però: il governo ha individuato come data definitiva il 5 giugno. Trascorso quel giorno le finanze saranno prosciugate e il paese rischierà di fare default.
 
I creditori dell’Eurogruppo sembrano pronti a fare concessioni sulle riforme e ridurne la pesantezza, mentre non approverreberro un taglio del debito. L’Fmi, da parte sua, al contrario delle autorità europee non può permettersi di firmare un’intesa che non garantisca la sostenibilità del debito ellenico.
 
La fetta che potrebbe garantire l’istituto di Washington è importante, specialmente per un paese ormai a secco che ha confessato di non aver potuto onorare con le sue sole risorse il debito da 750 milioni nei confronti del Fondo in scadenza il 12 maggio. In gioco ci sono 3,6 miliardi di euro dei 7,2 miliardi della nuova tranche di prestito di cui si parla nelle trattative.
 
Il Fondo non può acconsentire che venga stretta un’intesa frettolosa e pasticciata (“quick and dirty”), come si legge in un documento interno del Fondo trapelato sui mezzi stampa. L’Fmi è terrorizzato all’idea che un rilassamento sulle riforme concesso eventualmente dagli europei debba essere compensato da una riduzione del debito.
 
Al massimo, secondo fonti interne al governo greco, quello che potrebbe fare il Fondo in caso di mancato accordo sarebbe scaricare il credito dovuto alla Grecia nel fondo salva stati, il famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM in inglese).

INGERENCE NEOCOLONIALE AU BURUNDI : LA BELGIQUE ENTEND DICTER L’AGENDA POLITIQUE A BUJUMBURA !

Luc MICHEL/ 2015 05 20 / Avec Belga – PCN-SPO/

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

http://www.lucmichel.net/

LM.NET - LM néocolonialisme belge au burundi (2015 05 20) FR

« La République du Burundi connaitra des élections présidentielles fin juin prochain. Le président en exercice, Pierre Nkurunziza, a décidé de se porter candidat pour un troisième mandat présidentiel. Une annonce qui a vraisemblablement déplu aux représentants des élites occidentales, qui avaient déjà un plan bien à eux en ce qui concerne le futur de ce pays. Plus encore, des tentatives évidentes de déstabilisation sont aujourd’hui observées au Burundi (comme dans d’autres pays africains), ou en d’autres termes des révolutions de couleur (déjà en cours ou à venir), made in USA »

– Sputnik News (Moscou).

 La crise du Burundi n’a rien à voir avec une révolte populaire.

Mais tout à voir avec une opération néocolonialiste : la recolonisation de l’Afrique par les USA et leurs supplétifs belges et français, au travers d’une révolution de couleur appuyant un changement de régime décidé par l’Administration Obama. Aujourd’hui les médias russes et chinois partagent l’analyse que j’ai initiée il y a déjà de nombreux mois.

 Pour ceux qui ne veulent pas toujours voir, la dernière opération belge, l’ancien mandataire colonial, qui porte ici les valises des USA, est pourtant éclairante !

 LA BELGIQUE « OPPOSEE A UN TROISIEME MANDAT DU PRESIDENT BURUNDAIS » !

 Le ministre des Affaires étrangères, Didier Reynders, a en effet exprimé ce mercredi publiquement « l’opposition de la Belgique à un troisième mandat du président burundais Pierre Nkurunziza », qui a maintenu son pouvoir légitime dans le pays malgré un coup d’Etat. “Il est évident que la Belgique y est opposée dans la mesure où ce 3e mandat n’est pas conforme à l’accord d’Arusha qui est pour nous le socle de la réconciliation et de la démocratie burundaises”, a déclaré le ministre lors d’un échange de vues en Commission des Relations extérieures de la Chambre. Un donneur de leçons oublieux du rôle sinistre de la Belgique coloniale dans l’établissement du clivage ethnique au Burundi (et au Rwanda) et de celui de la Cour belge du Roi Baudouin dans la crise des Années 1990 !

 Jusqu’à présent, la Belgique s’était montrée prudente sur cette question alors que d’autres pays occidentaux, à la remorque des USA, ont condamné explicitement un troisième mandat. Jeudi dernier, en séance plénière de la Chambre, le ministre de la Coopération, Alexander De Croo, avait été pris à partie par l’opposition chrétienne-démocrate, sociale-démocrate et écologiste (les  écolos jadis pacifistes, il y a 25 ans, sont devenus comme partout en Europe des Verts-Kakis atlantistes) pour son “ambiguïté”. Dans la majorité, la N-VA avait jugé logique la condamnation explicite d’un troisième mandat.

 « Le message délivré ce mercredi n’est pas neuf », a affirmé Reynders. « Il a été répété à plusieurs reprises, en particulier lors d’une rencontre avec le président burundais en janvier. Mais la Belgique a préféré la voie d’une diplomatie discrète (…) Il nous a semblé que la diplomatie discrète avait plus de chance d’aboutir (…) J’ai bien vu récemment que certaines grandes puissances ont appelé publiquement le président Nkurunziza à revenir sur sa décision mais vous constaterez comme moi que ça n’a pas eu beaucoup d’effet », a-t-il fait remarquer.

 ARROGANCE BELGICAINE : BRUXELLES SE CROIT EN POSITION DE DECIDER DU MANDAT D’UN PRESIDENT AFRICAIN ELU !

 « La diplomatie belge n’exclut toutefois pas que le président burundais aille jusqu’au bout de sa candidature » (sic) car l’arrogance belgicaine na aucune limite. Bruxelles se croyant donc en position de décider du mandat d’un président africain élu ! Ceux qui ne comprennent toujours pas sont des aveugles …

 Reynders a aussi fait référence au « Sommet de la Communauté de l’Afrique de l’est », perturbé par le coup d’Etat burundais, où l’acceptation d’un troisième mandat a été évoquée contre certaines garanties (élections libres, liberté de la presse, pas de 4e mandat, etc.). « Si tel est le cas, il est d’autant plus important que les élections législatives soient libres afin qu’il y ait un pluralisme et donc un certains contrepoids au parlement », a expliqué sans complexe le ministre belge.

 LA BELGIQUE SE CROIT AUSSI JUSTIFIEE A DECIDER DU CALENDRIER ELECTORAL D’UN PAYS AFRICAIN SOUVERAIN !

 M. Reynders a insisté sur « l’importance d’une relance du processus électoral dans de bonnes conditions ». Les autorités burundaises, mandatées par leurs pairs africains, ont en effet annoncé un report de 10 jours des élections législatives prévue le 26 mai. « Ce report, décidé sans concertation, nous paraît insuffisant pour organiser des élections libres et sereines d’ici là », a « averti » le ministre belge qui « réclame d’abord un apaisement et la reprise du dialogue dans le pays ». Vous avez dit ingérence néocoloniale ?

 Bruxelles jette là de l’huile sur le feu et met à mal la volonté de pacification initiée par Communauté de l’Afrique de l’est . Et encourage ceux qui soutiennent la révolution de couleur made in USA au Burundi. Malgré un report annoncé des élections au 5 juin, les manifestations hostiles au président burundais Pierre Nkurunziza ont en effet continué de plus belle mercredi à Bujumbura, où la police a repris le contrôle d’un quartier contestataire.

 La présidence a annoncé mercredi matin le report du 26 mai au 5 juin des élections législatives et communales, première étape d’élections générales avec en point d’orgue la présidentielle le 26 juin prochain. Selon lagence Belga (Bruxelles), « cette décision a été prise pour répondre aux demandes de l’opposition et sous la pression de la communauté internationale » (en fait, les USA et leurs vassaux, les BRICS soutenant le régime burundais et dénonçant « une révolution de couleur »), qui « juge impossible la tenue de ces élections dans le contexte de tension actuelle », alors que la capitale Bujumbura connait depuis le 26 avril un vaste mouvement insurrectionnel, piloté par les USA, contre une candidature du président Nkurunziza à un troisième mandat.

 Selon la présidence, « le chef de l’Etat a décidé de ce report sur recommandations de la Commission électorale (Céni) ». Des responsables de l’opposition et de la société civile (notamment les Ong financée par Soros), en pointe dans la contestation, ont balayé d’un revers de main cette annonce.

 LA SOLUTION AFRICAINE QU’IL S’AGIT D’EMPECHER !

 Le but des Belges, qui portent les valises des américains, est en fait d’empêcher la solution africaine à la crise du Burundi. La révolution de couleur doit à tout prix se poursuivre, jusqu’au changement de régime. Ce qui implique que la radicalisation du « Maidan burundais », comme dit la presse russe, continue !

 Pourtant la solution pacifique proposée par les Africains est la voie de la sagesse. Les pays des Grands Lacs ont en effet recommandé » le report sine die des élections au Burundi », a indiqué hier mardi le président sud-africain Jacob Zuma dans un communiqué, à son retour d’un sommet extraordinaire en Angola consacré notamment à la crise burundaise. « Le sommet est tombé d’accord pour dire que le report des élections ne doit pas être limité dans le temps car il y a des troubles dans le pays, et que les élections doivent être reportée sine die jusqu’au retour d’une stabilité permettant la tenue d’élections libres et justes », a déclaré M. Zuma, dont le pays, membre observateur de la Conférence internationale de la région des Grands Lacs (CIRGL), « suit attentivement la situation au Burundi depuis la présidence de Nelson Mandela ».

 L’Afrique du Sud « s’apprête à envoyer une délégation au Burundi, avec le Kenya, l’Ouganda et la Tanzanie pour évaluer la situation et contribuer à une résolution pacifique de la situation actuelle », a rappelé M. Zuma. Cela doit se faire « dans les plus brefs délais », a-t-il dit.

 La semaine dernière, les chefs d’État de la Communauté est-africaine (EAC) en sommet à Dar es-Salaam avaient également appelé « à un report des élections mais pas au-delà de la date d’échéance légale prévue pour l’actuel pouvoir ». Des législatives devaient en principe se tenir le 26 mai au Burundi avant la présidentielle un mois plus tard. Les voici reportées au 5 juin.

 JEU DANGEREUX AVEC LES EXPATRIES BELGES

 Il y a 770 Belges qui vivent au Burundi. « Un plan de crise est prêt et, en cas d’évacuation, la Belgique coopérera avec la France », lire à une opération militaire de plus. « La responsabilité belge sera importante dans un tel scénario puisque l’ambassade a sous sa compétence 1.600 personnes en comptant les ressortissants d’autres pays. Actuellement, 10 militaires belges sont présents à l’ambassade de Belgique, qui n’a pas été pris pour cible lors des derniers événements », a précisé le ministre.

 Reynders s’est montré prudent sur « l’accueil à l’ambassade d’opposants qui seraient menacés par le régime en place (…) Nous ne pouvons prendre une telle mesure que de manière exceptionnelle », a-t-il indiqué, en insistant sur « les problèmes pratiques et politico-juridiques que cela pourrait susciter » (sic).

 LA VIEILLE ARME OCCIDENTALE DES SANCTIONS !

 « Les Affaires étrangères n’ont jusqu’à présent pas d’indication de répression massive des opposants ou défenseurs des droits de l’homme mais évoquent un climat d’intimidation fait de contrôles et de menaces verbales » précise Reynders qui évoque « l’éventualité de sanctions individuelles des auteurs de violences est à l’étude, comme le gel des avoirs bancaires et des interdictions de voyager ». « Il ne nous serait pas trop difficile d’obtenir des noms. Nous surveillons en particulier le comportement des Imbonerakure (ligue de jeunesse du parti au pouvoir) », a averti Reynders, qui entend aussi faire la justice au Burundi.

 Luc MICHEL

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